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La Schlein come il Papa invoca la “pace” senza dire come


C’è sempre da preoccuparsi, o quantomeno da scoraggiarsi, quando un leader politico parla come fosse il Papa. C’è da preoccuparsi, o da scoraggiarsi, perché, quando accade, significa che la politica ha smarrito la bussola e, abbandonata la via del realism

C’è sempre da preoccuparsi, o quantomeno da scoraggiarsi, quando un leader politico parla come fosse il Papa. C’è da preoccuparsi, o da scoraggiarsi, perché, quando accade, significa che la politica ha smarrito la bussola e, abbandonata la via del realismo, procede a tentoni lungo i labirinti dell’utopia. I capi religiosi possono, e per certi aspetti debbono, lasciarsi guidare dall’etica dei principi; i capi politici debbono, o meglio dovrebbero, seguire unicamente l’etica della responsabilità. Ovvero, adattare i principi alle loro possibilità concrete di realizzazione e quando enunciano gli uni preoccuparsi sempre di indicare le altre.

Intervistata dal Corriere della Sera, Elly Schlein ha parlato come fosse il Papa. Cosa significa, infatti, appellarsi al governo italiano affinché assuma una “iniziativa di pace” in Medio Oriente? Mistero. Se la segretaria del Pd ritiene che a minacciare la pace sia il presidente israeliano Benjamin Netanyahu, le sue parole lasciano intendere che la capacità di persuasione del ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani sia superiore a quella del segretario di Stato americano Antony Blinken. Il che appare francamente improbabile. Se invece ritiene che a minacciare la pace sia l’indisponibilità di Hamas a rilasciare gli ostaggi sequestrati dopo il pogrom del 7 ottobre, beh, avrebbe fatto meglio a dirlo chiaramente. Ma non l’ha fatto. E non è francamente probabile che fosse questo il senso del suo tanto accorato quanto generico appello. E allora, che senso ha avuto l’uscita “pacifista” di Elly Schlein? Semplice, non ha avuto alcun senso. Alcun senso politico.

Era già capitato a Matteo Salvini rispetto alla guerra in Ucraina. Più volte il leader della Lega ha invocato la “pace” citando il Papa, più volte ha teorizzato una non meglio identificata “soluzione diplomatica” in apparente sintonia con la Santa Sede. Un atteggiamento irresponsabile, che mal si concilia con i ripetuti voti della Lega a favore dell’invio di armi all’Ucraina e che ha avuto come unico scopo quello di strizzare l’occhio all’elettorato del centrodestra più incline ad infischiarsene del destino del popolo ucraino, e con esso della democrazia in Europa. Lo schema utilizzato da Elly Schlein rispetto al conflitto mediorientale è analogo. Si capisce che, come buona parte della propria base elettorale, la segretaria del Pd ritiene che a recitare la parte del cattivo in Medio Oriente sia lo Stato di Israele. Ma non ha il coraggio di dirlo né di indicare sbocchi politici conseguenti. Non le resta, dunque, che invocare la “pace” come il Papa, nella speranza che tanta vacuità non le attiri il risentimento sia dei suoi elettori filoisraeliani sia di quelli filo Hamas.

Huffington Post

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Pirates don’t support flawed AI Act


Today, the European Parliament’s lead committees on the Artificial Intelligence Act (AI Act), the IMCO and LIBE committees, approved the trilogue results of the law in a joint vote. In its …

Today, the European Parliament’s lead committees on the Artificial Intelligence Act (AI Act), the IMCO and LIBE committees, approved the trilogue results of the law in a joint vote. In its current form, the legislative text will allow Member States to introduce biometric mass surveillance using flawed facial recognition technology. That’s why Pirate Party Members of the European Parliament are opposing the deal. Nevertheless, the Pirate Party succeeded in protecting fundamental rights and privacy to a huge extent, for instance by banning social scoring systems or including e-proctoring on the list of high-risk applications.

Marcel Kolaja, Member and Quaestor of the European Parliament for the Czech Pirate Party and Member of the Internal Market committee (IMCO), comments:

“Unfortunately, despite the good position of the European Parliament, the national governments managed to cripple the AI Act. Hence, the Pirates cannot support it. That does not mean that the legislation doesn’t have some positive aspects. Thanks to improvements which I proposed, students won’t be discriminated when during exams. The practice called e-proctoring may falsely accuse students of cheating, especially those with disabilities or those with dark skin. And the AI Act will put a stop to that by requiring stricter criteria for such AI usage. I also appreciate the ban on social scoring systems as we know them from China. It is an endless pity how such promising legislation has gone awry at the last minute and that we therefore cannot vote in favor.”

Patrick Breyer, Member of the European Parliament for the German Pirate Party and Member of the Civil Liberties committee (LIBE), comments:

“With this AI law, it appears the EU intends to compete with China not only technologically but also in terms of high-tech repression. Chilling monitoring of our behaviour and ubiquitious real-time face surveillance in public spaces, error-prone biometric identification used on CCTV recordings even for petty offences, racial classification of persons, unscientific AI ‚video lie detector‘ technology – none of these dystopian technologies will be off limits for EU governments, including illiberal governments such as Hungary’s. Rather than protecting us from these authoritarian instruments, the AI Act provides an instruction manual for governments to roll out biometric mass surveillance in Europe. As important as it is to regulate AI technology, defending our democracy against being turned into a high-tech surveillance state is not negotiable for us Pirates.

The EU’s AI Act opens the door to permanent facial surveillance in real time: Over 6,000 people are wanted by European arrest warrant for the offences listed in the AI Act. Any public space in Europe can be placed under permanent biometric mass surveillance on these grounds. This law legitimises and normalises a culture of mistrust. It leads Europe into a dystopian future of a mistrustful high-tech surveillance state.”


patrick-breyer.de/en/pirates-d…



Contro i palestinesi di Gaza ci sono anche cannoni Made in Italy


La conferma giunge dalla Marina di Israele: alle operazioni dal mare partecipano unità navali armate con i cannoni di OTO Melara, del gruppo italiano Leonardo SpA. L'articolo Contro i palestinesi di Gaza ci sono anche cannoni Made in Italy proviene da Pa

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di Antonio Mazzeo*

Pagine Esteri, 13 febbraio 2023 – In un’intervista al sito specializzato Israel Defense, il tenente colonnello Steven in forza alla 3^ flotta della Marina Militare israeliana, si è soffermato sulla tipologia e l’armamento delle unità navali impegnate nelle operazioni di guerra contro Gaza. “Nella 3* flotta ci sono attualmente 15 corvette missilistiche della classe Sa’ar – modelli 4.5, 5, e 6, le ultime arrivate”, ha dichiarato l’ufficiale israeliano. “Le corvette di classe 4.5 sono equipaggiate con gli stessi mezzi della classe 6, eccetto per un elicottero sul ponte, Ogni unità è armata con un cannone da 76mm, un cannone Typhoon da 25 mm, con capacità offensive e difensive. sistemi elettronici EL/M e per la guerra anti-sottomarini”.

“La maggior parte dei sistemi d’arma – ha concluso Steven – è stata prodotta da industrie israeliane, eccetto i cannoni da 76mm, che sono stati prodotti invece dall’azienda italiana OTO Melara”.

Gli OTO Melara 76/62 sono cannoni multiruolo prodotti dall’omonima società del gruppo Leonardo SpA con quartier generale a Roma e stabilimenti a La Spezia e Brescia. Questi strumenti bellici sono caratterizzati da una cadenza di tiro molto elevata, soprattutto nella versione Super Rapido (120 colpi al minuto), per la “difesa” antiaerea e anti-missile e il bombardamento navale e costiero.

Nel corso della sua intervista a Israele Defense, il tenente colonnello Steven ha rivelato altri inquietanti particolari sulle operazioni di guerra condotte delle unità navali israeliane. “Nei primi giorni di guerra le navi sotto il mio comando sono state impegnate in missioni difensive usando il fuoco, principalmente per impedire ai terroristi di avvicinarsi alle forze armate di Israele”, ha dichiarato l’ufficiale. “Tuttavia, molto rapidamente, la forza navale si è spostata dalla difesa all’offesa. Noi siamo in guerra da quattro mesi adesso e già tre settimane dopo l’inizio dei combattimenti noi partecipavamo alla battaglia con una duplice missione: sorveglianza e fuoco”.

“Le nostre capacità di sorveglianza rivestono una grande importanza, perché possiamo osservare la Striscia di Gaza da occidente, dal mare”, ha aggiunto il tenente colonnello Steven. “Dda una corvetta missilistica possiamo vedere qualsiasi cosa. Possiamo osservare le persone così come i pattugliatori fuori dalla costa. Posiamo vedere sia il nemico che le nostre forze armate. Anche se ci sono pessime condizioni atmosferiche, specie adesso che siamo in inverno, la nostra sorveglianza rimane efficace perché tutti i sistemi sono funzionanti anche quando la nave ondeggia”.

L’ufficiale israeliano ha concluso la sua intervista spiegando che la missione primaria odierna della flotta navale è quella di fornire il supporto di fuoco, con una potenza che non ha precedenti nella storia della Marina Militare di Tel Aviv. “Solo io posso vedere da ovest gli obiettivi terroristi nella Striscia di Gaza”, ha dichiarato cinicamente Steven. “Quando spariamo, così come tutte le forze armate di Israele, stiamo molto attenti di non colpire i civili non coinvolti nel conflitto; il fuoco è accurato ed efficace. Quando i cannoni sparano (cioè quelli da 76 mm di OTO Melara/Leonardo, nda), non c’è nessuno sul ponte delle unità navali. Tutti i cannoni sono controllati da remoto dalle posizioni di comando. Gli stessi vessilli sono a pilotaggio remoto. Non si può dire che non ci sia il rischio di sparare nelle unità navali. Ma noi sappiamo come difenderci, e fino adesso, dall’inizio della guerra, non c’è stato nessun incidente nella nostra flotta”.

I morti, si sa, stanno dall’altra parte, a Gaza. E sono civili, non combattenti, donne e bambini. Pagine Esteri

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La dinastia Jokowi pesa sul voto in Indonesia


La dinastia Jokowi pesa sul voto in Indonesia Joko Widodo Prabowo Subianto Indonesia
In Indonesia sia vota sia per eleggere il nuovo presidente, sia per le elezioni parlamentari e locali. La corsa a tre per diventare capo di stato è guidata dal ministro della Difesa, Prabowo Subianto, che potrebbe vincere già al primo turno. A sostenerlo c'è il presidente uscente Joko "Jokowi" Widodo.

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In Cina e Asia – La Cina esorta Israele a fermare l’operazione a Rafah


In Cina e Asia – La Cina esorta Israele a fermare l’operazione a Rafah
I titoli di oggi: La Cina esorta Israele a fermare l’operazione a Rafah Pacific Island Forum: Giappone e territori insulari si oppongono alle azioni di forza cinesi nel Pacifico Cina, è pronta la bozza di legge per regolamentare il tutoring privato Laos, ferrovia finanziata dalla Belt and Road Initiative crea boom di turisti Divisione del mondo in blocchi e protezionismo ...

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VERSIONE ITALIANA USA NUOVA CLASS ACTION CONTRO TEMU PER LA VIOLAZIONE DEI DIRITTI ALLA PRIVACY DEI CLIENTI In Illinoius è stata intentata contro Temu, noto portale di commercio on line, un’azione legale collettiva per presunti problemi di privacy dei dati dei clienti. Lo studio legale Hagens Berman ha presentato la denuncia per conto di sette …


Il disegno di legge rumeno sul deep fake si avvicina più al modello cinese che a quello europeo; lo affermano diverse ONG che, dopo che il disegno di legge è tornato alle commissioni specializzate. Il disegno di legge, già approvato...


Il Numero unico di emergenza europeo 1.1.2 ( e l’App Whereareu)


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L’11 febbraio ricorre in tutta la #UE la Giornata europea celebrativa del Numero unico di emergenza (NUE) europeo 1.1.2 (uno-uno-due), istituita sin dal 2009, con l’adozione di una dichiarazione congiunta del #parlamentoEuropeo, del #consigliodellUnioneeuropea e della #commissioneEuropea, al fine di incrementare la conoscenza del servizio e dei suoi vantaggi da parte dei cittadini europei.
Per quanto riguarda l’Italia, Il Numero unico europeo delle emergenze è operativo in 13 Regioni, con 18 Centrali uniche di risposta (CUR), che garantiscono la copertura del servizio ad oltre 38 milioni di abitanti, pari a circa il 65% della popolazione nazionale.
Il servizio permette, digitando l'uno-uno-due sia da rete fissa che da rete mobile, di richiedere il tipo di soccorso di cui necessita (sanitario, Forze di polizia, Vigili del fuoco e soccorso in mare). La chiamata viene raccolta dalla CUR (Centrale unica di risposta) che, dopo le prime verifiche, la inoltra con i dati di localizzazione del chiamante e del tipo di soccorso richiesto alla sala operativa competente (carabinieri, polizia di stato, eccetera) per materia e territorio al fine di garantire l’intervento. I cittadini possono così raggiungere, naturalmente gratuitamente, attraverso un solo numero, tutti i servizi di emergenza forniti dalle Istituzioni pubbliche, con la garanzia di un accesso multilingue.

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Tutte le chiamate sono localizzate; una funzione utile in città, che può rivelarsi indispensabile per le chiamate provenienti da aree extra urbane, dove può risultare difficile fornire indicazioni precise e tempestive per essere raggiunti dai soccorsi. A tale proposito, dal 2022 l’Italia si è adeguata ai migliori standard tecnologici aggiungendo ai dati di localizzazione provenienti dalla rete telefonica quelli generati dallo smartphone. In questo ambito, ci piace segnalare una app per smartphone collegata al servizio uno-uno-due: si tratta di < Where Are U>, una app per l'emergenza collegata alle Centrali Uniche di Risposta (CUR) del NUE 112, che permette di effettuare una chiamata di emergenza con il contestuale invio della posizione esatta del chiamante (rileva la posizione tramite GPS e/o rete dati e la mostra sul telefono; al momento della chiamata la posizione viene trasmessa tramite rete dati o tramite SMS se la rete dati non è disponibile. Il doppio canale di trasmissione assicura sempre l'invio della posizione ogniqualvolta sia possibile effettuare una telefonata) che ha l’utilissima funzione della “chiamata silenziosa”: l'app consente infatti di effettuare volontariamente una chiamata muta; con appositi pulsanti è possibile segnalare il tipo di soccorso richiesto. Nelle immagini sottostanti la schermata della app e le città metropolitane/province in cui è attivo il servizio.

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Pensate inoltre che le Centrali uniche di risposta effettuano una rilevante azione di filtro delle chiamate improprie (non di emergenza) pari – nel 2023 - a ben il 45% del totale delle richieste. Questo consente di liberare le centrali operative degli enti di pronto intervento da una significativa mole di lavoro, consentendo di concentrare le risorse sugli effettivi soccorsi richiesti.
In Italia, ogni chiamata di emergenza riceve normalmente una risposta in poco più di 7 secondi, con tempi complessivi di gestione della chiamata in linea con il disciplinare tecnico. Nel caso in cui il contatto con la centrale non avvenga per qualsivoglia ragione, l’utente viene immediatamente richiamato. Nel corso del 2023, le Centrali uniche di risposta operanti sul territorio hanno gestito oltre 21 milioni di telefonate, assicurando la ricezione anche delle chiamate di emergenza generate direttamente dalle autovetture in caso di incidente automobilistico grazie al sistema e-Call. Nel 2023, le segnalazioni gestite con tale modalità sono state oltre 120.000, con l’inoltro di 7084 chiamate per interventi riconosciuti dalla C.U.R. come effettivamente necessari.

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L’Italia ha sempre avuto una particolare attenzione a garantire l’accesso delle persone sorde al servizio di emergenza. Già dal 2021 è attivo il servizio “112Sordi” erogato su tutto il territorio nazionale con un sistema completamente gratuito, che consente l’utilizzo di una chat testuale in tempo reale, la condivisione della posizione geografica, la possibilità di ricevere immagini utili in attesa dei soccorsi e di rispondere a domande interattive estremamente semplici e veloci. Lo scorso anno 482 persone sorde sono state soccorse con questo speciale sistema a loro dedicato.
Il modello di Numero unico di emergenza europeo sviluppato in Italia, fortemente permeato da tecnologie sempre più sofisticate, messe gratuitamente al servizio della sicurezza dei cittadini, esprime una forte collaborazione istituzionale che vede il governo del sistema affidato ad una regia integrata tra Stato e Regioni.
Tutte le componenti del NUE 1.1.2. (ministero dell’Interno, ministero delle Imprese e del Made in Italy, ministero della Difesa, ministero dell’Economia e Finanze, dipartimento delle Politiche europee della Presidenza del consiglio dei ministri, ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ministero della Salute e Conferenza Stato Regioni) sono rappresentate nella Commissione consultiva del ministero dell’Interno. A livello territoriale sono le Prefetture capoluogo di Regione a coordinare i gruppi di monitoraggio, nel cui ambito sono rappresentate tutte le componenti istituzionali coinvolte.




  di Laura Tussi La terrestrità unisce donne e uomini e ogni essere vivente in spazi e tempi di fraternità e sororità. Agenda Onu 2030: pensare

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Darwin, tecnologia, società e il caso del Fediverso


DarwinDay: Darwin tecnologia, società e il caso del Fediverso Per la quarta volta cercheremo di festeggiare il #DarwinDay con una riflessione che, prendendo spunto da quella teoria del caos che viene fissata per la prima volta nell'opera darwiniana, cerca

Siamo al quarto anno di Darwin Day e anche stavolta cercheremo di festeggiarlo con una (lunga) riflessione che, prendendo spunto da quella teoria del caos che viene fissata per la prima volta nell’opera darwiniana, cerca di applicarla a realtà molto diverse. L’abbiamo fatto con le bufale, con la democrazia e la politica, con la comunicazione e i social in tempi di guerra e oggi lo faremo con…

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DarwinDay: Darwin tecnologia, società e il caso del Fediverso

Per la quarta volta cercheremo di festeggiare il #DarwinDay con una riflessione che, prendendo spunto da quella teoria del caos che viene fissata per la prima volta nell’opera darwiniana, cerca di applicarla a realtà molto diverse. Oggi lo faremo con una riflessione sul fediverso, la tecnologia e la società.

informapirata.it/2024/02/12/da…


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Chiediamo le immediate dimissioni dell'AD Roberto Sergio e dell’intero consiglio di amministrazione della Rai che con la “complicità” di Mara Venier hann

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📊 #IscrizioniOnline: i Licei continuano a essere preferiti da oltre la metà delle studentesse e degli studenti che devono effettuare la scelta della Secondaria di II grado, con il 55,63% di domande effettuate sulla piattaforma #Unica.


#NotiziePerLaScuola
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito
🔶 Iscrizioni, il 55% per i licei, trend in crescita per istituti tecnici e professionali
🔶 Celebrazione del Giorno del Ricordo al Quirinale


Separare le Carriere per unire la Rapubblica


Venerdì 23 febbraio 2023, ore 16:00 – Auditorium Petruzzi, Via dellew Caserme, 60, Pescara Intervengono: Avv. Giuseppe Benedetto, President Fondazione Einaudi Avv. Vania Marinello, Solicitor of the Senior Courts of England & Wales Avv. Bepi Pezzulli, Dire

Venerdì 23 febbraio 2023, ore 16:00 – Auditorium Petruzzi, Via dellew Caserme, 60, Pescara

Intervengono:
Avv. Giuseppe Benedetto, President Fondazione Einaudi
Avv. Vania Marinello, Solicitor of the Senior Courts of England & Wales
Avv. Bepi Pezzulli, Direttore Centro Studi Italia Atlantica, Solicitor of the Senior Courts of England & Wales

Introduce
Dott. Simone D’Angelo, President ENDAS Abruzzo

Modera
Dott. Mauro Di Pietro, Giornalista

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“Monitoraggio dei dipendenti: la CNIL multa Amazon France Logistique” La Commission Nationale de l’Informatique et des Libertés (“CNIL”) ha annunciato di aver multato Amazon France Logistique di 32 milioni di euro – equivalente a circa il 3% del fatturato dell’azienda – per quello che la CNIL ha definito un sistema di sorveglianza “eccessivamente intrusivo” istituito …

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Pakistan. Le elezioni vinte dal partito semiclandestino di Imran Khan


Nonostante la repressione e la criminalizzazione sono stati i candidati del Movimento per la giustizia di Imran Khan, rinchiuso in carcere, a vincere le elezioni in Pakistan L'articolo Pakistan. Le elezioni vinte dal partito semiclandestino di Imran Khan

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di redazione

Pagine Esteri, 12 febbraio 2024 – Nonostante la repressione e la criminalizzazione, alla fine, sono stati i candidati indipendenti espressione del “Movimento per la giustizia del Pakistan” (Pti) dell’ex primo ministro Imran Khan (incarcerato e condannato a 30 anni di carcere) a prevalere nelle elezioni di giovedì scorso, ottenendo il maggior numero dei seggi dell’Assemblea nazionale, la camera bassa del parlamento.

Tuttavia, la Lega musulmana del Pakistan Nawaz (Pnl-N) di Nawaz Sharif, subentrato alla guida dell’esecutivo dopo il voto di sfiducia a Khan, sta ora negoziando la formazione di un governo di coalizione col Partito popolare pachistano (Ppp) di Bilawal Bhutto Zardari e altre forze politiche. A trattare per la Lega è Shehbaz Sharif, fratello di Nawaz e anche lui ex premier, che ha già governato insieme a Bhutto Zardari.

I ritardi nella comunicazione dei risultati da parte della Commissione Elettorale hanno alimentato sospetti e contestazioninel Paese ed anche all’estero. Il dipartimento di Stato Usa, ad esempio, ha condannato «gli episodi di violenza, le restrizioni all’esercizio delle libertà fondamentali, gli attacchi contro i giornalisti e le limitazioni imposte all’accesso ai servizi internet e di comunicazione» prima e durante le operazioni di voto, e ha esortato a indagare sulle accuse di interferenze elettorali

La Commissione elettorale ha dichiarato i risultati di 253 collegi uninominali dell’Assemblea nazionale, su 265 contesi con sistema maggioritario (sarebbero 266, ma in un caso il voto è stato rinviato). I candidati del Pti di Khan, privato del simbolo, censurato dai media e costretto a condurre una campagna elettorale semiclandestina, hanno ottenuto 93 seggi. La Lega musulmana ne ha conquistati solo 73, seguita dal Partito popolare pachistano con 54 e dal Movimento Muttahida Qaumi (Mqm-P) con 17. Su base proporzionale verranno attribuiti altri 70 seggi.

Nelle elezioni dell’8 febbraio si è votato anche, con le stesse modalità (maggioritario uninominale più quote suddivise in proporzione ai voti), per il rinnovo delle assemblee legislative delle quattro province: Punjab, Sindh, Khyber Pakhtunkhwa e Belucistan. Nel Punjab sono stati annunciati i risultati di 295 collegi su 296 (in un collegio c’è stato un rinvio). Sia gli indipendenti sia la Lega Nawaz sono a quota 137. Nel Sindh sono stati dichiarati i risultati per tutti i 130 seggi, 84 dei quali sono andati al Ppp. Anche nel Khyber Pakhtunkhwa sono stati dichiarati i risultati di tutti i collegi (tranne due per i quali c’è stato un rinvio): su 113, gli indipendenti ne hanno vinti 91. Infine, nel Belucistan, c’è una situazione più frammentata, con i risultati dichiarati per 48 seggi, divisi tra varie forze politiche. Pagine Esteri

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Figec Cisal e Fondazione Einaudi: libertà è diversità


ROMA – Figec Cisal e Fondazione Luigi Einaudi insieme per pensare in grande al futuro del nostro Paese. Questa la parola d’ordine scaturita, ieri, dall’incontro tra il presidente della Fondazione Luigi Einaudi, Giuseppe Benedetto, e una delegazione della

ROMA – Figec Cisal e Fondazione Luigi Einaudi insieme per pensare in grande al futuro del nostro Paese. Questa la parola d’ordine scaturita, ieri, dall’incontro tra il presidente della Fondazione Luigi Einaudi, Giuseppe Benedetto, e una delegazione della Figec Cisal formata dal segretario generale Carlo Parisi, dal componente della Giunta esecutiva con delega agli affari giuridici e legislativi, Pierluigi Roesler Franz, e dal consigliere nazionale con delega all’informazione Pino Nano.
«Un incontro – evidenzia Carlo Parisi – di pura cortesia istituzionale per testimoniare il ruolo di grande prestigio che, da anni, la Fondazione Luigi Einaudi svolge al servizio del Paese e di apprezzamento per le scelte e le prese di posizione del suo presidente sui temi più attuali del dibattito politico e giuridico di queste ore: dalla presunzione d’innocenza alla separazione della carriere in magistratura, a cui Giuseppe Benedetto ha dedicato uno dei suoi saggi di maggiore interesse generale: “Non diamoci del tu”».
Il segretario generale della Federazione Italiana Giornalismo Editoria Comunicazione ha illustrato al presidente della Fondazione Luigi Einaudi la specificità del «nuovo sindacato unitario aperto non solo ai giornalisti ma a tutti gli operatori dell’informazione, della comunicazione, dell’arte e della cultura, con particolare riferimento a quei settori di nuova formazione o da sempre esclusi da una seria e concreta tutela sindacale».

Il presidente della Fondazione Luigi Einaudi, da parte sua, ha manifestato allo stesso Carlo Parisi la «disponibilità a immaginare delle cose da poter fare insieme, dibattiti, incontri, forum di conoscenza e di confronto comune sui temi più attuali del momento, partendo da quella che è – ha sottolineato Giuseppe Benedetto – la nostra tradizione liberale, per arrivare a delle soluzioni comuni che siano di interesse generale e al servizio del mondo della cultura del Paese».

Intenso anche il confronto di idee tra lo stesso Benedetto e Pierluigi Roesler Franz sui temi più caldi della giustizia e sulle possibili iniziative comuni da mettere in campo per aiutare il mondo dell’informazione e della comunicazione a capire meglio quanto sta accadendo oggi nei palazzi del potere».

Commentando l’eco sit-in del giorno prima, davanti alla sede Rai di Viale Mazzini, in difesa dell’autonomia professionale dei giornalisti, del pluralismo e della libertà, Pino Nano ha, invece, parlato del ruolo fondamentale di UniRai, il dipartimento autonomo della Figec Cisal delegato ad occuparsi delle attività sindacali all’interno della Rai.
Prima dei saluti finali, e prima di lasciare il palazzo di via della Conciliazione che ospita la Einaudi, il presidente Benedetto ha fatto omaggio ai suoi ospiti degli ultimi volumi editi dalla Fondazione sui temi della riforma della giustizia e, in particolare, del suo ultimo saggio “Non diamoci del tu” sulla “Separazione delle carriere”, che vanta la prefazione del ministro della giustizia Carlo Nordio ed è stato già presentato in almeno 50 diverse manifestazioni pubbliche in tutta Italia. Dal canto suo, la delegazione della Figec Cisal ha avuto parole d’elogio per il rigore scientifico con cui il team della Fondazione Einaudi lavora per il Paese.

«La Fondazione Luigi Einaudi costituita nel 1962 da Giovanni Malagodi – ha ricordato Giuseppe Benedetto – si impegna perché ogni cittadino sia in condizione di vivere, di crescere, di rapportarsi con gli altri e di prosperare in pace, attraverso il riconoscimento delle diversità, la difesa delle libertà individuali e della dignità umana, la promozione del confronto libero e costruttivo sui fatti e le idee».
«Una visione – ha sottolineato Carlo Parisi – che coincide perfettamente con lo spirito che ha ispirato la nascita della Figec Cisal: un sindacato per la tutela e la difesa del lavoro esistente, ma anche per la ricerca e lo sviluppo del lavoro che non c’è. Un sindacato nel quale la diversità rappresenta un’occasione di riflessione e di crescita, non un problema da eliminare annientando chi non si adegua al pensiero unico».

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Naso: protocollo d’intesa tra il comune e la Fondazione Einaudi – AMNotizie


La città di Naso e la Fondazione Luigi Einaudi insieme per esaltare scambi interculturali e coesione sociale. Il sindaco Gaetano Nanì ed il presidente Giuseppe Benedetto hanno firmato un protocollo d’intesa che permetterà al Comune siciliano di valorizzar

La città di Naso e la Fondazione Luigi Einaudi insieme per esaltare scambi interculturali e coesione sociale.

Il sindaco Gaetano Nanì ed il presidente Giuseppe Benedetto hanno firmato un protocollo d’intesa che permetterà al Comune siciliano di valorizzare al meglio, l’enorme patrimonio culturale di cui dispone.

“Per la nostra città quella con la Fondazione Einaudi è una convenzione di altissimo prestigio – spiega Nanì – una collaborazione che ci permetterà di esaltare e far conoscere meglio all’Italia e all’Europa, la millenaria storia di Naso. Grazie a questo protocollo saranno organizzate ricerche, osservatori, convegni, seminari e mostre: avremo l’onore di ospitare studiosi, storici, politici e rappresentanti delle istituzioni. La Fondazione organizzerà iniziative che punteranno a promuovere e stimolare il dibattito pubblico sui temi di attualità, della giustizia, della storia e dell’economia”.

La convenzione stipulata prevede anche il coinvolgimento, nelle attività progettuali, degli istituti scolastici. “Un momento di crescita e formazione non solo per i nostri ragazzi, ma anche per quelli dei comuni limitrofi – continua il primo cittadino – e per fare ciò la Fondazione Einaudi metterà a disposizione a titolo gratuito, materiale informativo e divulgativo, prevedendo, altresì, incontri preparatori con docenti ed educatori scolastici. Per la firma di questo protocollo – conclude Gaetano Nanì – mi preme ringraziare il presidente Giuseppe Benedetto che ha dimostrato fin dal primo nostro incontro, sensibilità e grande disponibilità”.

amnotizie.it

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Scrivere a mano fa bene


L a calligrafia non viene più insegnata nelle scuole elementari italiane dal 1985. Da obbligatoria è diventata opzionale, così molti docenti non vi si dedicano più. Del resto, tanti bambini entrano in prima sapendo già scrivere o così credono: lo fa

L a calligrafia non viene più insegnata nelle scuole elementari italiane dal 1985. Da obbligatoria è diventata opzionale, così molti docenti non vi si dedicano più. Del resto, tanti bambini entrano in prima sapendo già scrivere o così credono: lo fanno ricorrendo alle maiuscole.Imparare a scrivere non è facile. Prima dei 5 o 6 anni è raro che un bambino riesca a farlo in modo adeguato, poiché tra l’omero e il pollice ci sono 29 ossa il cui coordinamento è un effetto progressivo dello sviluppo delle attività psico-motorie. Per questo ai piccoli, che in età prescolare impugnano una matita o una penna a sfera per imitare gli adulti, viene più facile la scrittura maiuscola. Così avviene, come ha riscontrato Bianca de Fazio scrivendo delle scuole italiane, che l’assenza dell’apprendimento del corsivo riduca le capacità cognitive dei ragazzi. Come sanno gli allievi delle scuole steineriane, Waldorf, frequentate nella Silicon Valley dai figlidei dipendenti delle industrie tecnologiche, scuole in cui ogni strumento di scrittura e lettura elettronica è bandito, le attività manuali come la scrittura corsiva, il lavoro a maglia o l’intarsio del legno favoriscono le capacità cosiddette problem solving. Ci sono studi che dimostrano che imparare l’alfabeto a mano manifesta una maggior memoria rispetto all’orientamento delle lettere, e sia pprende a leggere con più rapidità riconoscendo le lettere in anticipo. Perché? Lo spiega Roland Barthes in Variazioni sulla scrittura (Einaudi): la scrittura impegna l’intero corpo ed è una esperienza singolare, unica. Ogni scrittura è diversa dall’altra, e scrivere non è solo una attività tecnica ma implica una pratica corporea di godimento. Maria Montessori suggeriva ai maestri d’iniziare sempre con le forme rotonde. Certo imparare a scrivere in corsivo — il corsivo in uso nelle scuole italiane è il “corsivo stile inglese” — non è agevole e implica fatica, tuttavia comporta effettip ositivi: si armonizzano meglio le attività manuali e intellettuali. L’abolizione della pratica calligrafica non è, come si crede, il necessario portato della modernità. In un suo libro la calligrafa Francesca Biasetton ( La bellezza del segno, Laterza) ha fatto notare che parliamo di calligrafia come se fosse una unica pratica, mentre si tratta di tre realtà diverse: la scrittura amano che s’apprende a scuola; la scrittura a mano educata, ora scomparsa nelle aule; la calligrafia che è arte conquistata per lo più da adulti con un addestramento specifico. La scrittura è la cosa più personale che abbiamo. Ciascuno di noi possiede un segno specifico che un archivista tedesco, Wilhelm Wattenbach, nel 1866 ha chiamato ductus, che consiste non in una forma quanto in un movimento e in un ordine: “è il gesto umano nella sua ampiezza antropologica”. Il gesto più breve che possiamo compiere mentre scriviamo non è mai inferiore a 8 centesimi di secondo, e ognuno di noi ha una diversa velocità di tracciamento che corrisponde a una forma, la quale si modifica nel corso della nostra vita così come si modifica il nostro corpo. La perdita della parte tattile delle nostre azioni quotidiane, a causa della pervasività delle tecnologie visive, ci rende meno recettivi, e meno abili, nelle interconnessioni neuronali. Barthes ha scritto che la scrittura è dalla parte del gesto e mai del volto. A fronte delle immense possibilità cognitive offerte dalle tecnologie, quello che stiamo perdendo è prima di tutto il senso dello spazio, quello di essere dei corpi che si muovono in una estensione che non è una stanza o un appartamento, ma la superficie del mondo aperto intorno a noi com’è stato per migliaia e migliaia di anni per i nostri predecessori. Uno studioso di geometria scomparso di recente, Narciso Silvestrini, ha detto una volta che la nostra scrittura somiglia al nostro modo di camminare: con entrambe noi creiamo delle cicloidi. Se si potesse collegare alle nostre gambe un pennino e vedere il tracciato che facciamo mentre camminiamo, si scoprirebbe che il segno che rilasciamo è molto simile a quello che produciamo con le nostre mani: scrivere e camminare sono due attività profondamente collegate ed entrambe fanno bene al pensiero.

di Marco Belpoliti, La Repubblica

L'articolo Scrivere a mano fa bene proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



La vera realtà criminale degli atlantisti, mimetizzata e pubblicizzata come associazione "benefica", viene sempre a galla, solo che molti governi sono complici o si girano dall'altra parte invece di uscirne.
ilfattoquotidiano.it/2024/02/1…


Israele libera con un blitz due ostaggi. Intensi bombardamenti su Rafah, decine di morti palestinesi


Pesanti bombardamenti su Rafah hanno preceduto e seguito il blitz israeliano. Sono decine i morti palestinesi. L'articolo Israele libera con un blitz due ostaggi. Intensi bombardamenti su Rafah, decine di morti palestinesi proviene da Pagine Esteri. htt

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della redazione

Pagine Esteri, 12 febbraio 2024 – L’esercito israeliano ha annunciato di aver liberato la scorsa notte, con l’azione di un commando, due israeliani, Fernando Marman, 60 anni, e Fernando Luis Herr, 70 anni, sequestrati il 7 ottobre nel Kibbutz Nir Yitzhak durante l’attacco di Hamas nel sud di Israele. Il portavoce militare ha detto che l’esercito è riuscito a liberarli durante un’operazione condotta in una abitazione della città di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, con il servizio di intelligence Shin Bet e un’unità speciale della polizia. Marman e Herr sono in buone condizioni.

Israele ha comunicato l’uccisione di due suoi militari ieri a Gaza – in totale dalla fine di ottobre sono 229 – ma non legata all’operazione della scorsa notte che avrebbe provocato solo un ferito tra i membri del commando.

Il premier Netanyahu ha elogiato i soldati protagonisti dell’incursione e ribadito la sua linea di attacco anche contro Rafah.

L’annuncio è arrivato dopo una serie di pesanti raid aerei contro diverse aree di Rafah che hanno fatto decine di morti. La Mezzaluna Rossa riferisce di almeno 60 persone uccise tra cui donne e bambini, il movimento islamic0 Hamas ha parlato di un centinaio di morti. Molte decine i feriti. Le immagini giunte da Rafah, mostrano ampie distruzioni in aree residenziali e anche in almeno un accampamento di sfollati.

RAFAH DOPO IL BOMBARDAMENTO

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Questi attacchi, secondo alcuni, potrebbero essere il preludio dell’offensiva israeliana contro Rafah di cui si parla di giorni e che Netanyahu intende portare avanti – “fino alla vittoria”, afferma – nonostante le critiche e le preoccupazioni internazionali per la sorte di 1,4 milioni di civili palestinesi che negli ultimi mesi si sono ammassati nella città sulla frontiera con l’Egitto nella speranza di sfuggire ai bombardamenti. Dove sfollati e residenti a Rafah potrebbero spostarsi se Israele lancerà la sua operazione militare non è chiaro. A Gaza non ci sono luoghi sicuri per i civili come dimostra il bilancio di morti dal 7 ottobre: tra gli oltre 28mila palestinesi uccisi dai bombardamenti israeliani, il 70% sono donne e minori.

Resta nel frattempo resta incerta la sorte dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che assiste i profughi palestinesi, accusata da Israele di “operare per conto di Hamas” perché 12 suoi dipendenti palestinesi avrebbero partecipato all’attacco del 7 ottobre. Sulla scia delle accuse, paesi tra cui Regno Unito, Australia, Finlandia, Italia, Germania, Paesi Bassi, Canada e Stati Uniti hanno sospeso i finanziamenti all’agenzia.

L’agenzia ha detto che spera che i donatori rivedano le loro decisioni sui finanziamenti entro poche settimane, avvertendo che potrebbe rimanere senza fondi per gestire i servizi entro la fine di febbraio. L’Unrwa denuncia che da diversi giorni Israele blocca nel porto di Ashdod, materiale e aiuti umanitari dell’agenzia necessari per l’assistenza alla popolazione di Gaza.

Le accuse contro l’Unrwa hanno riacceso le richieste israeliane di vecchia data di smantellare un’agenzia che ritiene un simbolo della questione dei rifugiati palestinesi e del loro diritto al ritorno nella terra d’origine, che risale alla Nakba del 1948. Pagine Esteri

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Partito il “piano finale” israeliano. Netanyahu: “Attaccheremo Rafah. La popolazione deve evacuare”


Nonostante il timido e tardivo “no” di Biden, Israele attaccherà Rafah, dove ci sono 1,2 milioni di palestinesi su una popolazione totale che a Gaza, prima della guerra, era di 2,3 milioni. L'articolo Partito il “piano finale” israeliano. Netanyahu: “Att

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di Eliana Riva –

Pagine Esteri, 9 febbraio 2024. “È impossibile raggiungere l’obiettivo di eliminare Hamas lasciando quattro battaglioni di Hamas a Rafah. Al contrario, è chiaro che l’intensa attività a Rafah richiede che i civili evacuino le zone di combattimento”. La dichiarazione del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato ciò che già da giorni si immaginava sarebbe accaduto e che metà della popolazione palestinese, per la maggior parte sfollati mandati a Rafah dall’esercito israeliano, più di tutto ora teme.

Il “piano finale” israeliano è partito. Nonostante il seppur timido e tardivo “no” del presidente degli Stati Uniti d’America. “Israele sta esagerando” ha dichiarato Biden dopo 28.000 morti. “Ogni operazione a Rafah, con oltre un milione di palestinesi che vi si rifugiano, sarebbe un disastro e non la sosterremmo senza un’appropriata pianificazione” gli ha fatto eco il segretario di Stato Blinken dopo la sua ultima, infruttuosa visita a Tel Aviv.

E il momento della pianificazione, per bocca dello stesso Netanyahu, è subito arrivato. Il premier ha infatti ordinato alle forze armate di presentare al governo un “piano combinato per l’evacuazione della popolazione e la distruzione di Hamas”.

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Dopo il via libera americano alle “ammonizioni” per Israele, anche l’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha scritto su X che l’attacco israeliano a Rafah avrebbe “conseguenze catastrofiche, peggiorando la già terribile situazione umanitaria e l’insopportabile bilancio civile”

1.4 million Palestinians are currently in #Rafah without safe place to go, facing starvation.

Reports of an Israeli military offensive on Rafah are alarming. It would have catastrophic consequences worsening the already dire humanitarian situation & the unbearable civilian toll.
— Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) February 9, 2024

Sono almeno 21 le persone uccise oggi dai cecchini israeliani appostati sui tetti delle abitazioni a Khan Yunis. Tutte provavano a entrare nell’ospedale Nasser o a uscirne. Anche il personale sanitario è stato attaccato. Un video mostra una giovane ragazza colpita dai cecchini a pochi metri dalle scuole piene di sfollati di fronte alla struttura sanitaria. Il sangue si è allungato in una lunga pozzanghera ed era ancora lì quando, ore dopo, decine di persone disperate provavano a conquistare due taniche di acqua potabile senza affacciarsi in strada. Con una lunga corda tiravano un piccolo carretto che doveva arrivare dall’ospedale alle scuole, attraversando così la strada, diventata ormai letale per gli esseri umani e, talvolta, anche per gli animali.

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L’Autorità Nazionale Palestinese ha condannato le dichiarazioni di Netanyahu e ha dichiarato che l’intenzione di attaccare Rafah e di evacuare i cittadini palestinesi costituisce “un serio preludio all’attuazione della politica israeliana volta a cacciare il popolo palestinese dalla propria terra”. L’ANP ha aggiunto, con toni minacciosamente impotenti, che riterrà il governo israeliano e gli Stati Uniti responsabili delle ripercussioni. Facendo appello al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l’Autorità ha chiesto un intervento che possa evitare “un’altra Nakba che spingerà l’intera regione in infinite guerre”.

In serata, dal Libano, Hezbollah ha effettuato uno dei più numerosi lanci di missili (60 verso Kiryat Shmona) da quando il confronto armato con Israele ha avuto inizio.

A Rafah ci sono circa 1,2 milioni di palestinesi su una popolazione totale che a Gaza, prima della guerra, era di circa 2,3 milioni. Secondo Save the Children la maggior parte dei 610.000 bambini sfollati sono ora intrappolati a Rafah in un’area inferiore a un quinto della superficie totale della Striscia. Molti di loro sono stati già sfollati più volte dall’esercito israeliano, dal nord di Gaza verso il centro e poi dal centro verso il sud. Le autorità israeliane hanno lanciato volantini per avvisare la popolazione di andar via, nell’imminenza di attacchi aerei e incursioni dei mezzi di terra, indicando loro con complicate numerazioni, le zone designate come sicure. Una per una quelle zone sono state attaccate e alla popolazione è stato detto ancora di spostarsi. Sempre più al sud, fino a raggiungere il punto più estremo, al confine con l’Egitto, che è appunto Rafah.

Intanto al nord e al centro i bulldozer, i carri armati e gli esplosivi israeliani distruggevano interi quartieri residenziali, campi coltivati, stadi sportivi, moschee, scuole. Con l’obiettivo, non di rado pubblicamente dichiarato, anche sui social network, di rendere impossibile il ritorno dei cittadini gazawi mandati via dalle proprie case.

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La situazione umanitaria a Rafah è disperata. Vi è affollata ormai circa metà dell’intera popolazione della Striscia. Non c’è spazio e non ci sono risorse per tutti. Si dorme in rifugi di fortuna, nelle scuole, negli ospedali, nelle macchine o per strada. Manca l’acqua e procurarsela, con i cecchini israeliani appostati, è estremamente difficile e pericoloso. I feriti non possono raggiungere gli ospedali e quelli che lo fanno trovano una situazione agghiacciante: non c’è spazio, non c’è personale, non bastano le medicine, i pazienti sono stesi a terra, tra i rifiuti medici non più smaltibili. La notizia di un’imminente attacco israeliano manda nel panico la popolazione già inumanamente provata. Non c’è altra via da percorrere per fuggire. Schiacciati al confine con l’Egitto che non intende prendersi cura di una popolazione che non vorrebbe lasciare la propria terra, il “piano finale” di cui lo stesso governo israeliano parlava a inizio guerra e che era stato apparentemente messo da parte, pare ore l’unico sviluppo possibile. A meno che non si trovi il modo di costringere Netanyahu a desistere, “l’evacuazione” della popolazione non potrebbe che avvenire al di fuori della Striscia di Gaza, fatta a pezzi, saccheggiata, deflagrata, resa inabitabile, cancellata.

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In Cina e Asia – Capodanno lunare, viaggi in Cina a un livello "storico”


In Cina e Asia – Capodanno lunare, viaggi in Cina a un livello capodanno
I titoli di oggi: BASF chiude con due joint venture cinesi per violazione diritti umani Cina, il galà di capodanno torna un un aumento del 13% dello share Capodanno lunare, viaggi in Cina a un livello “storico” Usa, presidente del Comitato della Camera sulla Cina annuncia ritiro dalla politica Taylor Swift porta il femminismo anche in Cina Myanmar, entra in ...

L'articolo In Cina e Asia – Capodanno lunare, viaggi in Cina a un livello “storico” proviene da China Files.



VERSIONE ITALIANA UE, ENISA CELEBRA 20ESIMO ANNIVERSARIOL’ENISA – Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza informatica – festeggia quest’anno il suo 20° anniversario in un momento molto complesso per il mondo legato ai dati, alla conservazione e alla loro trasmissione. Il Documento Unico di Programmazione 2024-2026 dell’ente descrive la pianificazione dell’agenzia e che sarà il punto …

@Informatica (Italy e non Italy 😁)

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Darwin, tecnologia, società e il caso del Fediverso. Torna il nostro consueto appuntamento con il #DarwinDay

Il post poliverso.org/display/0477a01e… è stato pubbicato anche su @Che succede nel Fediverso?

Come ogni anno (questa è la quarta volta) cercheremo di festeggiare il #DarwinDay con una riflessione che, prendendo spunto da quella teoria del caos che viene fissata per la prima volta nell'opera darwiniana, cerca di applicarla a realtà molto diverse. Oggi lo faremo parlando di fediverso, tecnologia e società.

Tra la fine del 2022 e quella del 2023 il Fediverso si è evoluto da fenomeno di nicchia, conosciuto al massimo da una comunità ristretta e orgogliosamente alternativa, ad argomento di tendenza per un pubblico generalista.
Contro ogni previsione e malgrado la sua apparente marginalità, le recenti condizioni ambientali (come l’insofferenza degli utenti verso il giardino recintato dei social tradizionali o la necessità delle aziende informatiche di reinventarsi) hanno premiato le caratteristiche del Fediverso che è diventato esso stesso un fattore di condizionamento ambientale per tutto il mondo dei social e del web.

Su quanto sia determinante il condizionamento ambientale e i meccanismi con cui esso agisce, la biologia evolutiva ci ha fornito un quadro concettuale così valido da poter essere impiegato anche oltre l’ambito biologico, per capire ad esempio il motivo per cui nella storia si sono affermate certe popolazioni, certe ideologie, certe tecnologie: non per un particolare merito, ma solo perché spesso le condizioni ambientali ne rendevano vantaggiose alcune caratteristiche. Inoltre l’affermazione di queste realtà determinavano a loro volta alcune modificazioni dello scenario che in seguito avrebbero premiato coloro che erano già forti o, paradossalmente, avrebbero agevolato altri nuovi attori concorrenti.

Il Fediverso rappresenta uno di questi casi: esiste da quasi un decennio, ma fino alla metà del 2022 non aveva riscosso particolare successo, né aveva inciso su alcun aspetto della tecnologia o, tantomeno, della società. A un osservatore imparziale il Fediverso sarebbe anzi sembrato un “caso di insuccesso” anche solo per il disinteresse di quello che doveva essere il suo pubblico ideale: infatti, benché una buona parte degli utenti storici del Fediverso fosse costituita da attivisti appartenenti alle più note comunità legate al software libero (quella dei linuxiani o quella dei wikipediani o quella degli hacker, per esempio), solo una minoranza di questi attivisti aveva un account nel Fediverso, mentre la maggior parte di essi preferiva frequentare i social commerciali.

Che il Fediverso potesse avere un successo così grande da poter diventare un fattore di condizionamento ambientale, abbiamo faticato a capirlo anche noi amministratori di istanza (se non lo sapete, siamo amministratori di tre istanze: poliverso.org, feddit.it e poliversity.it), sebbene quella del Fediverso fosse già la comunità basata su software open source più numerosa al mondo (già a inizio 2022 si contavano più di 400.000 utenti attivi nel Fediverso, contro i 32.000 di Wikipedia che pure è una comunità costituita da centinaia di milioni di utenti!); eppure tutto è cambiato quando nell’arco di un anno sono avvenuti tre eventi dirompenti: gli effetti dell’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk, la svolta "autoritaria" di Reddit e il lancio di Threads da parte di Meta.

Questi tre eventi sono stati sicuramente causati dalle recenti politiche USA sui tassi di interesse che, impedendo alle Big Tech di attingere a finanziamenti a costo zero, le costringe a reinventarsi dopo anni di vita facile; ma al di là delle cause che li hanno determinati, quello che importa è che tali eventi hanno agito sul Fediverso come farebbe una fionda gravitazionale su una sonda interplanetaria: l’immensa massa critica delle tre piataforme, Twitter Reddit e Instagram, ha attratto il fediverso e l’ha rilanciato a una velocità impensabile.

Con il primo evento, l’epifania del Fediverso ha assunto la forma di Mastodon, un software nato dall’ingegneria inversa operata su Twitter. Il primo fattore ambientale ad averlo agevolato è stato l’aumento dell’avversione per Twitter da parte del pubblico più progressista (o, come dicono gli anglosassoni, “liberal”) e il fatto che proprio quel pubblico potesse contare su un prodotto nato a immagine e somiglianza (ma anche in opposizione a Twitter). Le reazioni scomposte del suo nuovo proprietario (il blocco degli account che pubblicizzavano Mastodon e degli stessi link verso le istanze più importanti) insieme ad altri provvedimenti (i licenziamenti, la limitazione delle API, le spunte blu a pagamento), hanno confermato il già pessimo pregiudizio degli utenti più insofferenti, accelerando la migrazione già in atto.

Il secondo evento è stato determinato dalle scelte dell’AD di Reddit, Steve Huffman che, annunciando l’accesso a pagamento alle API, avrebbe reso impossibile l’esistenza delle amatissime app non ufficiali. In questo caso, la migrazione è avvenuta verso un altro progetto del Fediverso, ossia Lemmy: la migliore alternativa federata a Reddit ha avuto un incremento tale da diventare il secondo servizio del Fediverso dopo Mastodon per utenti attivi.

A differenza dei due precedenti, il terzo evento non è stato provocato da una qualche tempesta reputazionale (non sarebbe stato insolito, considerando l’impatto talvolta drammatico delle creature di Zuckerberg sulla politica o la società), ma da un contributo attivo. Meta ha inaugurato Threads, un social di microblogging ispirato a Mastodon, pensato per attrarre gli utenti del vecchio Twitter (e del nuovo Bluesky) e già predisposto per interoperare con il Fediverso. Con Threads il Fediverso è diventato un “inserto” allegato a Instagram, il social più attivo e giovanile della scuderia di Meta, e l’entità di questa operazione ci racconta forse più cose sulla grandezza di Instagram che sull’importanza del Fediverso, ma il risultato è stato comunque l’adesione (anche se per ora quasi totalmente incompleta) di centinaia di milioni di utenti al Fediverso.

All’impatto determinato da questi tre eventi si è aggiunto anche quello, meno rilevante ma comunque significativo, dell’apertura al Fediverso di realtà come Wordpress, TumbIr, Flipboard, Discourse: questa “corsa all’apertura” ha probabilmente fatto preoccupare lo stesso Bluesky, che non fa parte del Fediverso, ma che ha deciso finalmente di aprire i suoi post al pubblico almeno in sola lettura e che nei giorni scorsi ha liberalizzato le iscrizioni che prima erano consentite solo su invito.

L’impatto sulla società digitale

L’impatto di Threads sui social network e sulla stessa comunità del “Fediverso libero” è stato spiegato su diverse testate e noi stessi ne abbiamo parlato su quste pagine, ma (anche se quasi tutti i nostri lettori conoscono il Fediverso) conviene fermarsi un momento sul concetto di interoperabilità tra piattaforme federate: questa è la possibilità di trasmettere in modo comprensibile, tra i diversi software installati su diversi server, tutte le informazioni su come descrivere “oggetti” (utenti o messaggi), “eventi” (dare o ricevere like, chi segue chi) e “visibillità” (chi può vedere cosa).

Il “protocollo” che fissa queste regole, il cosiddetto ActivityPub, fa funzionare il fediverso come un sistema di centri ricreativi convenzionati tra loro: i social come Mastodon o Friendica (su qualsiasi server si trovino) sono come comunità abitative: gli utenti li “abitano” come farebbero con motel, resort o campeggi e fruiscono di piattaforme di pubblicazione come Peertube e Funkwhale come farebbero con cinema e auditorium; tutti possono andare dovunque e restare vicendevolmente in contatto.

ActivityPub non è certo il migliore dei protocolli possibili, ma alcune sue caratteristiche ne hanno reso possibile il successo:

1. la diffusione: dieci milioni di utenti sono un pubblico interessante;
2. la versatilità: tanti utenti con esigenze diverse hanno fatto nascere progetti diversi: una palestra di ingegneria del software e ingegneria inversa (spesso si tratta di cloni di piattaforme famose) che ha attirato l’interesse delle aree ricerca e sviluppo;
3. il fattore “conoscenza aperta”: uno standard aperto attira chi sviluppa software libero ed ecco una biblioteca aperta in cui gli sviluppatori hanno potuto leggersi, copiarsi, infettarsi, ispirarsi e ramificare le proprie esperienze;
4. l’indeterminazione: ActivityPub non è un protocollo perfetto (complesso, documentato male e soggetto a processi decisionali poco chiari) ma questo ha fatto germinare tante idee utili a risolvere volta per volta problemi inattesi;
5. compatibilità con le attuali condizioni abientali: per i social commerciali in crisi reputazionale, reduci da fallimenti (qualcuno ha detto Metaverso?), incapaci di attirare nuovi utenti, colpiti dalle normative europee e sempre meno innovativi, il Fediverso è diventato un serbatoio di soluzioni e di utenti; e una terra promessa, per gli utenti delusi dai social.

Come spesso avviene, la fitness darwiniana conta più delle qualità intrinseche e così ormai nessun soggetto dei social, del web in generale e della produzione e fruizione dei contenuti potrà fare a meno di implementare strumenti di comunicazione con il Fediverso, né di riservare risorse allo sviluppo di soluzioni compatibili con il protocollo ActivityPub.

Il Fediverso è così diventato una di quelle realtà che modificano la realtà, così come quando l’atmosfera terrestre, satura di CO2, ha agevolato gli organismi che la utilizzavano per accrescersi ed espellevano ossigeno come prodotto di scarto; ma in tal modo la proliferazione di quegli organismi ha modificato l’ambiente rendendo l’atmosfera più ricca di ossigeno e determinando lo sviluppo delle specie più adattate a respirarlo.

Una società interoperabile?

Ma ActivityPub riverserà ossigeno nella nostra società reale? Quale sarà questo ossigeno? Quali saranno le specie che questo ecosistema potrà avvantaggiare?

L’interoperabilità ha diverse analogie con l’ossigeno, che può essere un gas instabile e infiammabile ma anche necessario a respirare: nell’economia dei servizi, l’interoperabilità espone i “gestori” a più imprevisti rispetto a un sistema chiuso, oltre al fatto che chi detiene un monopolio guarda all’interoperabilità come a un rischio esistenziale; tuttavia il consumatore-utente può solo essere avvantaggiato quando si sottrae al controllo di un unico fornitore.

Il valore dell’interoperabilità non è stato ancora apprezzato nella cultura di massa: i cittadini, le associazioni civiche, le unioni sindacali o gli stessi partiti, preferiscono ancora le strutture piramidali chiuse (o “federate” solo al proprio interno). D’altra parte le migliori élites intellettuali dell’Unione Europea hanno intuito da qualche anno che il valore dell’interoperabilità deve essere promosso.

La tecnologia è naturalmente l’aspetto in cui è più facile favorire l’interoperabilità, cosa che la Commissione Europea sta facendo sia in generale, con la pressione normativa determinata da Digital Markets Act e Digital Service Act, sia nello specifico, col finanziamento di progetti basati proprio su ActivityPub: la Next Generation Internet Initiative, che ha finanziato diversi progetti del Fediverso come Mastodon, PeerTube, Pixelfed, GoToSocial, Lemmy e Owncast, ha motivato chiaramente la finalità di queste iniziative:

“Nell’ambito della Next Generation Internet Initiative, abbiamo lavorato verso futuri alternativi di Internet per creare un’Internet resiliente, affidabile e sostenibile. Questi futuri alternativi hanno una cosa in comune: si basano su tecnologie comuni: standard aperti, software e hardware libero&open‑source e dati aperti. Questi sono ingredienti ideali per ripristinare la salute di Internet perché consentono ai singoli utenti e alla comunità di gestire i propri servizi Internet piuttosto che elevare una singola entità aziendale in una sovrapposizione dominante (link)”

e, più oltre,

“Offrendo ai cittadini un'alternativa ai principali attori commerciali, ActivityPub fornisce gli elementi concettuali per una cooperazione trasversale. Apre inoltre la porta a un’adozione diffusa del Fediverso, rendendo Internet nuovamente un’infrastruttura decentralizzata in grado di accogliere la diversità (grassetto nostro), formando un’alternativa libera e più democratica alla situazione odierna”

La diversità è quindi ufficialmente uno dei valori guida dell’Unione Europea: non solo la semplice tutela della diversità, ma la promozione della diversità futura. Con la NGI Initiative, la UE è forse la prima entità che abbia investito deliberatamente sulla diversità come risorsa per il futuro.

Infatti la lezione di Darwin ci ha insegnato che se una “specie” presenta maggiore variabilità, allora alcuni dei suoi membri potranno avere più spesso caratteristiche diverse che in futuro potranno determinare una capacità adattativa utile al momento opportuno, portando alla sopravvivenza di quei membri o, almeno, allo sviluppo di una nuova specie “figlia”. E infatti, avere stanziato degli investimenti (cifre tutto sommato limitate, ma indicative comunque di un certo coraggio visionario), su progetti diversi basati su ActivityPub, ci ha consentito oggi di disporre di un bouquet di soluzioni nuove, forse non sempre del tutto mature, ma che possono costituire dei semilavorati o almeno laboratori di idee utili ad affrontare problemi che ieri non eravamo neanche in grado di pensare.

E l’interoperabilità, intesa come il modo di mettere in comunicazione e far collaborare entità diverse malgrado le rispettive differenze, potrebbe essere l’ossigeno che, anche al di fuori dell’ambito tecnologico, offrirà un habitat ideale alla diversità ed è proprio qui che la nostra società potrà fare tesoro del modello del Fediverso e valutare quanto sia possibile investire in una ricerca etica e politica finalizzata a sperimentare forme di aggregazione sociali partecipate, interoperabili e aperte.

La gestione delle diversità può essere il principio per la costituzione di nuove organizzazioni sociali e, a offrirci un interessante modello “in vitro” dei sistemi di convivenza civica, potrebbero essere proprio le differenti gestioni delle istanze del Fediverso, le loro prassi di moderazione, i rapporti tra un’istanza e un’altra, le forme con cui queste istanze si organizzano e si autoregolano in funzione dei fattori ambientali.

Ancora più attuale è il modo in cui il fediverso ha gestito la convivenza a fronte delle recenti “grandi migrazioni”, del ricambio generazionale (i geek della prima ora, gli ex tweeter della prima migrazione, i redditors della terza, i curiosi dell’ultima), della gentrificazione di alcune istanze, dell’affermazione identitaria o dello spopolamento che ne ha caratterizzato altre: tutto ciò ci offre esempi di come può essere gestito un mondo policentrico e interculturale a “demografia differenziata” come quello in cui ci troviamo oggi.

Infine il modo in cui queste comunità reagiscono all’invazione da parte di BigTech come Meta, in base alla propria cultura di comunità o agli strumenti messi a disposizione dai software con cui funzionano le diverse istanze, è un interessante “ambiente di simulazione” per studiare come una società può reagire e resistere a una rivoluzione religiosa, a campagne di marketing politico e disinformazione oppure a una privatizzazione o, al contrario, a una collettivizzazione della società.

Sia chiaro: il Fediverso è un tema ancora troppo recente perché rilevare il suo influsso sulle teorie sociali e politiche; gli stessi seguaci di Abdullah Öcalan non si sono ancora accorti che il “confederalismo democratico” è oggi l’elaborazione politica che meglio rispecchia la gestione delle istanze del Fediverso e del sistema di cittadinanze trasversali dei suoi utenti. E se già è più pensabile calare la struttura federata nella società reale, ancora più complesso è traslare il concetto di interoperabilità nei processi sociali e politici.

Forse il “protocollo ActivityPub” della società futura risiederà nei nuovi metodi di democrazia partecipativa, ausiliaria a quella delle cadenze elettorali; o in nuove modalità per far comunicare e mettere a fattor comune diverse organizzazioni sindacali e associazioni di quartiere; o nell’elaborazione di nuovi concetti di transazione economica e di proprietà; e tutto ciò magari porterà a una rielaborazione di forme già conosciute in passato, come il corporativismo o il modello dei soviet, ma senza la struttura piramidale che li caratterizzava.

L’esperienza tuttavia ci mostra che capire quale sarà l’ActivityPub dietro al “Fediverso della società”, va al di là del nostro perimetro di conoscibilità. La lezione del Fediverso è che un nuovo modello arriva con più facilità se ci si allena a elaborare più “modelli possibili” e per farlo bisogna esercitare la fantasia: non solo quella che nasce dalla spontaneità, ma anche quella che deriva dalla conoscenza, quella grazie alla quale si possono realizzare costruzioni intellettuali come i protocolli informatici e il codice con cui sono scritti i software, come le regole di convivenza e i processi previsti per tutelare la privacy degli utenti, come la cultura progettuale e finanziaria per rendere i progetti sostenibili dal punto di vista economico e ambientale, e come la cultura sociale di tutti quegli utenti che si sono mostrati pronti ad apprezzare un ambiente piacevole, paritario e aperto come il Fediverso.

Le condizioni che hanno decretato il “successo” di ActivityPub e del Fediverso sono quindi contingenti, ma quelle -ben più importanti- che hanno permesso di realizzarlo prima che avesse successo, dipendono dal fatto che utenti e sviluppatori sono il prodotto di una società mediamente molto istruita e che dispone di un agevole accesso alla conoscenza.

Probabilmente riconosceremo il “fediverso della società” solo quando ci comparirà davanti ben vestito e con un grande cartello in mano, ma per ora possiamo renderne più facile la sua nascita, creando un sistema che incentivi sempre più istruzione (istruzione, non formazione) per tutte le fasce sociali e -non meno importante- tutte le fasce di età, incoraggiando il confronto transfrontaliero per renderlo più sostenibile e accessibile a tutti coloro che vogliano imparare o insegnare: un tale rimescolamento consentirà di contaminare culture e generazioni diverse con metodologie, conoscenze e didattiche diverse e sarà il miglior antidoto all’impoverimento, all’obsolescenza o al vero e proprio sottosviluppo che già colpisce alcuni sistemi educativi nazionali.

Ecco allora che lo scenario che ha prodotto il Fediverso può farci capire quanto il diritto all’istruzione e il diritto alla conoscenza siano ancora gli ingredienti più importanti per costruire una società evoluta. E forse proprio la tecnologia del Fediverso ci aiuterà a creare ambienti e strumenti per promuovere attivamente questi due diritti fondamentali, rivolgendosi con qualcuno dei suoi progetti, alle realtà che più di tutte ne condizionano l’esercizio: la scuola, la ricerca e l’editoria, ossia i tre settori fondamentali per costruire nuovi linguaggi o per recuperarne di meno nuovi, così da consentire a culture e società differenti di comunicare, riconoscersi e “interoperare” più facilmente l’una con l’altra.


Cos’è Lemmy?


Il nostro canale Le Alternative Fresh prende automaticamente i post pubblicati sulla nostra comunità Lemmy (Feddit). Ma che cos’è Lemmy?

lealternative.net/2022/04/06/c…


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TURCHIA. Raid e arresti. L’appello internazionale dei giuristi: “rilasciate gli avvocati”


A seguito dell'attacco al tribunale di Istanbul sono state numerose e violente le retate dei servizi di sicurezza turchi, che hanno perquisito 67 abitazioni, comprese case private e sedi di associazioni che si occupano di diritti umani. Anche l’Ufficio le

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Eliana Riva –

Pagine Esteri, 12 febbraio 2024. Il 6 febbraio 2024 due persone, Emrah Yayla e Pinar Birkoc, un uomo e una ragazza, hanno attaccato, armati, il tribunale di Çaglayan, a Istanbul, morendo poi sotto i colpi delle forze armate.

Secondo fonti della polizia, si tratta di due membri del Partito-Fronte Rivoluzionario di Liberazione del Popolo (in turco Devrimci Halk Kurtuluş Partisi-Cephesi, DHKP-C), una formazione politica marxista-leninista considerata dal governo turco organizzazione terroristica. Nell’azione armata sono rimaste ferite sei persone, tra cui tre agenti di polizia. Uno dei civili coinvolti è morto a causa delle ferite riportate.

A seguito dell’attacco sono state numerose e violente le retate dei servizi di sicurezza turchi, che hanno perquisito 67 diverse abitazioni, comprese case private e sedi di associazioni che si occupano di diritti umani. Anche l’Ufficio legale popolare è stato preso d’assalto e sono stati arrestati quattro avvocati, tutt’ora trattenuti senza accuse. Nel giro di due giorni sono state più di 90 le persone fermate. A tutte, per 24 ore, è stato vietato consultare i propri legali.

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Tra gli arrestati figurano membri dell’associazione TAYAD, partecipata dai parenti dei prigionieri politici detenuti nelle carceri turche. Molti dei membri di Tayad sono persone anziane, che hanno figli, mariti o mogli in prigione, condannati a pene pesanti, a volte con accuse pretestuose.

La polizia ha attaccato e vandalizzato l’Idil Cultural Centre, sede della band musicale Grup Yorum, gruppo da sempre politicamente impegnato.

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Tra gli arrestati, Ayten Öztürk, l’oppositrice politica turca che ha denunciato di essere stata sequestrata e torturata per sei mesi dalla polizia segreta. Ayten era agli arresti domiciliari da più di due anni e mezzo, costantemente sorvegliata e perquisita. La polizia non ha concesso che le si staccasse la cavigliera elettronica neanche per il tempo necessario all’operazione chirurgica alla quale è stata lo sottoposta qualche mese fa.

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Ayten Ozturk

È in attesa della pronuncia della Corte che potrebbe condannarla in via definitiva a due ergastoli con accuse che, secondo i suoi legali e le organizzazioni dei diritti umani, sono un obbrobrio normativo e rappresentano un’arma politica utilizzata per punire le sue denunce di tortura. Durante il raid a casa di Ayten, la polizia ha distrutto armadi, rovesciato librerie e sotto gli occhi di testimoni ha trascinato fuori la prigioniera sui vetri delle finestre rotte.

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Tra gli avvocati arrestati, Didem Baydar Unsal, Berrak Çaglar, Seda Saraldi e Betül Vangölü Kozagaçli, ci sono anche i legali che seguono i casi di Ayten.

La Comunità giuridica internazionale, in un comunicato pubblicato l’8 febbraio, ha condannato l’incursione delle forze armate turche nell’Ufficio legale popolare e l’arresto dei membri dell’Associazione degli avvocati progressisti (CHD). Anche loro, come le altre persone arrestate, non hanno potuto incontrare familiari né legali. Né è consentito accedere ai propri fascicoli e dunque conoscere le accuse formulate e le ragioni dell’arresto. Cinque avvocati dell’Ufficio legale popolare sono in carcere ormai da anni. Secondo la Comunità giuridica internazionale, rappresentata da numerose associazioni, fondazioni, enti di diversi Paesi del mondo, gli avvocati sono stati arrestati in quanto si occupano o si sono occupati della difesa di presunti membri e sostenitori del DHKP-C: “questa inaccettabile identificazione degli avvocati con i loro clienti sembra essere anche la ragione dell’attacco del 6 febbraio all’Ufficio legale popolare […] Ricordiamo alle autorità turche che il mondo vi sta osservando”.

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Anche il Consiglio Nazionale forense della Turchia ha espresso preoccupazione per gli arresti e chiesto di garantire l’esercizio di diritto alla difesa. Quattordici Organizzazioni internazionali di avvocati e di osservatori per i diritti legali, tra i quali UA Institute for the Rule of Law, The Law Society of England and Wales, International Observatory for Lawyers in Danger (OIAD), Institut des droits de l’Homme du Barreau de BRUXELLES, European Association of Lawyers for Democracy & Human Rights, World Organisation Against Torture (OMCT), FIDH (International Federation for Human Rights) e Giuristi Democratici italiani, hanno chiesto il rilascio immediato e incondizionato degli avvocati.

Abbiamo incontrato Ayten solo pochi mesi fa, a novembre, presso la sua abitazione e anche all’interno del tribunale Çaglayan di Istanbul, dove abbiamo assistito all’udienza per una nuova accusa, quella di “propaganda per un’organizzazione terroristica”, formulata in seguito alla pubblicazione di un libro in cui denuncia gli abusi subiti dalla polizia segreta. In quell’occasione, alla presenza di giornalisti e osservatori internazionali, il suo team di avvocati è riuscito a ottenere l’assoluzione. In una lunga intervista rilasciataci, l’Avv. Seda Saraldi, ora in prigione insieme agli altri legali, ci ha parlato dell’inconsistenza delle accuse mosse contro Ayten Öztürk e di come avesse scelto di sostenere legalmente la sua lotta contro la tortura di stato e quella di altre donne vittime di orribili violenze, comprese quelle sessuali.

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Seda Şaraldı, avvocata di Ayten Öztürk

Ayten è in prigione dal 7 febbraio. Non si sa, al momento, quale sarà la sua sorte. Il fatto che non si possa rivolgere ai suoi stessi avvocati, tutt’ora agli arresti, rende la sua posizione ancora più complicata. All’inizio del mese aveva denunciato la decisione del tribunale di non consentirle di effettuare una visita medica di controllo in seguito all’operazione chirurgica di asportazione di alcune masse per la quale è rimasta ricoverata in ospedale diversi giorni. “Esaminando il contenuto della richiesta, considerando l’entità della pena inflitta all’imputato, la richiesta viene respinta”. Queste sono state le motivazioni del tribunale.

Lo stato della giustizia in Turchia e le condizioni dei detenuti nelle carceri sono stati oggetto di numerose critiche e denunce da parte di organizzazioni internazionali e delle Nazioni Unite.

Il documentario “La rivoluzione di Ayten”, prodotto da Pagine Esteri, racconta la storia sua storia e quella di atri oppositori e oppositrici politici in Turchia.

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Locandina del documentario “La rivoluzione di Ayten. Realizzato da Eliana Riva e prodotto da Pagine Esteri

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L'articolo TURCHIA. Raid e arresti. L’appello internazionale dei giuristi: “rilasciate gli avvocati” proviene da Pagine Esteri.



The major news of the week is that Bluesky drops the invite codes, and that it turns out to be massively popular in Japan. The network grew from just over 3 million to some 4.7 million accounts this week.



Spunti di riflessione


Cambiano nomi, date, luoghi, ma la strategia è sempre quella.

Cambiano nomi, date, luoghi, ma la strategia è sempre quella.


tommasin.org/blog/2024-02-11/s…



Dallo Spazio agli abissi. Ecco i progetti su cui punta il Pentagono


Dalle profondità cosmiche alle profondità marine, il Dipartimento della Difesa di Washington mira a mantenere quella superiorità tecnologica che ha caratterizzato sino ad ora la sua postura militare. Suddividendo in modo equilibrato le risorse, ma al temp

Dalle profondità cosmiche alle profondità marine, il Dipartimento della Difesa di Washington mira a mantenere quella superiorità tecnologica che ha caratterizzato sino ad ora la sua postura militare. Suddividendo in modo equilibrato le risorse, ma al tempo stesso prestando particolare attenzione a determinati domini.

Come ad esempio quello spaziale. La Space Force del Pentagono sta lavorando all’espansione delle capacità dei suoi satelliti Gps, e sta chiedendo alle aziende di proporre idee per la fornitura di veicoli spaziali dimostrativi a basso costo finalizzati a testare nuove tecnologie. “Il governo sta studiando modi per ridurre i costi del ciclo di vita e aumentare il ritmo di sviluppo, produzione e messa in orbita dei satelliti GPS”, ha dichiarato il Comando dei sistemi spaziali, che con un avviso pubblicato il 5 febbraio ha affermato pubblicamente di star conducendo una ricerca di mercato per perfezionare il suo concetto di costellazione di satelliti dimostrativi Gps. “Il governo sta sviluppando una visione per tranche di satelliti prototipo dimostrativi con capacità sempre più complesse”.

Al momento la Space Force ha in orbita circa trentuno satelliti operativi, un mix vecchie e nuove che forniscono vari livelli di capacità. I satelliti più recenti (denominati Gps III) sono costruiti da Lockheed Martin e forniscono una precisione tre volte superiore, oltre che capacità anti-jamming molto migliorate rispetto alle varianti precedenti. Offrono inoltre una capacità chiamata M-code, che garantisce un segnale sicuro e preciso agli utenti militari. Lockheed sta già lavorando a un modello più avanzato (Gps IIIF), il cui lancio è previsto per il 2027. Accanto a questi satelliti, la Space Force sta valutando l’impiego di sistemi alternativi, più piccoli, più economici, più facili da produrre e in grado di operare in aree degradate dove il Gps non è oggi accessibile.

“L’intento di questo sforzo complessivo è quello di esplorare le opportunità per i fornitori spaziali non tradizionali e/o tradizionali di produrre rapidamente, integrare e rendere disponibili per il lancio, carichi utili per la navigazione che siano interoperabili con le apparecchiature utente GPS esistenti e future, riducendo al minimo le modifiche ai segmenti di controllo a terra GPS attuali e futuri”, ha dichiarato il Comando.

Ma oltre allo Spazio, ci sono anche gli abissi marini. La Defense Innovation Unit (unità responsabile dell’innovazione commerciale) del Pentagono ha assegnato ad Anduril Industries un contratto che porterà la sua famiglia di droni subacquei dalle grandi dimensioni nelle mani della Us Navy.

L’aggiudicazione avviene sulla base dei risultati di un test promosso l’anno scorso dalla Diu. In questo test i droni subacquei di grandi dimensioni già disponibili in commercio venivano messi alla prova per valutarne la maturità e l’applicabilità nel condurre “rilevamenti subacquei distribuiti, a lungo raggio e persistenti e per la consegna di carichi utili in ambienti contesi” secondo quanto si legge in un comunicato stampa rilasciato da Anduril l’8 febbraio.

La US Navy sta registrando difficoltà nel dotarsi di veicoli di questa tipologia. Nel 2017 ha avviato il programma di veicoli subacquei senza equipaggio di grande diametro Snakehead, anche se il programma di ricerca originale risale a prima del 2015. Il primo prototipo di Snakehead è stato battezzato solo nel 2022 e la Marina e il Congresso hanno deciso di cancellare il programma nel corso dello stesso anno. Tuttavia, è stato in qualche modo resuscitato come ricerca di mercato per identificare la tecnologia disponibile in commercio che potrebbe essere utile alla flotta statunitense. Parallelamente, la US Navy ha portato avanti anche il programma Orca, che a sua volta sta riscontrando dei ritardi, ma che continua a mantenere late le aspettative.


formiche.net/2024/02/spazio-ab…



#laFLEalMassimo – Episodio 114: DDL Capitali Gattopardi e Silver Bullet


Questa rubrica, mantiene la consuetudine di ribadire in apertura il proprio sostegno al popolo ucraino e la ferma condanna della dell’invasione perpetrata dalla Russia, che rimane una minaccia per tutte le società aperte e i paesi democratici. Di recente

Questa rubrica, mantiene la consuetudine di ribadire in apertura il proprio sostegno al popolo ucraino e la ferma condanna della dell’invasione perpetrata dalla Russia, che rimane una minaccia per tutte le società aperte e i paesi democratici.

Di recente si è parlato del provvedimento legislativo che con un tocco di bacchetta magica dovrebbe guarire tutti i mali del nostro mercato dei capitali, indurre piccole e medie aziende a quotarsi con entusiasmo, investitori stranieri accorrere con le tasche piene e dulcis in fundo convincere marchi storici come la Ferrari a ritornare a quotarsi in patria.

Trattandosi di materia molto tecnica non mi permetto di emettere giudizi definitivi e mi limito a formulare qualche considerazione di principio. Troppe volte in questo paese, quando i problemi strutturali non vengono impunemente ignorati, si procede con una strategia diversiva per la quale si attribuiscono virtù taumaturgiche a provvedimenti marginali, attraverso staw man argument retorici, neanche troppo nascosti, che suggeriscono di sparare a un mosca con un cannone, per risolvere i mali del mondo.

Vorrei concedere il beneficio del dubbio al nuovo DDL capitali auspicando che possa portare qualche miglioramento al nostro sistema, se non altro per il merito di aver sottolineato diversi dei limiti che lo caratterizzano.

Rimane tuttavia opportuno mantenere un sano e scettico realismo: se i risparmiatori, piccoli e grandi, italiani e stranieri, non trovano abbastanza attraente o conveniente investire nella borsa di Milano, così come rare e poche sono le aziende che scelgono di quotarsi, non è modificando qualche regola macchinosa sui diritti di voto che si può immaginare di modificare radicalmente la situazione.

Uno dei benefici indiretti della libera circolazione dei capitali e delle persone è che innesca una salutare concorrenza tra i diversi ordinamenti. L’Italia per il momento ha battuto un colpo e il tempo ci dirà se si tratta di una misura efficace e utili oppure dell’ennesimo miagolio del gattopardo che si a parole si propone di cambiare tutto, ma nei fatti sta bene attento a che nulla cambi.

youtube.com/embed/KwyxiM_p2ik

L'articolo #laFLEalMassimo – Episodio 114: DDL Capitali Gattopardi e Silver Bullet proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Il boomerang delle sanzioni. Russia e Cina aumentano le loro capacità ai danni del potere strategico degli USA l Red Hot Cyber

"Le recenti dinamiche geopolitiche stanno evidenziato un fenomeno già anticipato nel panorama tecnologico internazionale. Le sanzioni imposte dagli Stati Uniti nei confronti di paesi antagonisti stanno spingendo questi ultimi verso una maggiore autonomia e indipendenza tecnologica."

redhotcyber.com/post/il-boomer…



La rivoluzione dei droni. Dottrina militare e nuove tecnologie viste da Borsari (Cepa)


Negli scenari di crisi del mondo attuale, l’impiego dei droni continua a crescere sempre di più. E questo incremento oggettivo rappresenta uno stimolo che le strutture politico-militari dei singoli attori internazionali non possono assolutamente ignorare.

Negli scenari di crisi del mondo attuale, l’impiego dei droni continua a crescere sempre di più. E questo incremento oggettivo rappresenta uno stimolo che le strutture politico-militari dei singoli attori internazionali non possono assolutamente ignorare. Federico Borsari, analista del Cepa ed esperto in materia, ne ha parlato con Formiche.net.

Quali sono i principali aspetti su cui si concentrano gli sforzi di ricerca e sviluppo nel mondo degli Uncrewed Aerial Systems (Uas)?

Il trend che stiamo vedendo a livello globale è quello di una trasformazione dei droni da semplici velivoli a pilotaggio remoto, de facto spostando il pilota dalla cabina di pilotaggio al centro di comando e controllo, in sistemi che possono fare tutto, o quasi, in modo autonomo. Da semplici velivoli pilotati da remoto a veri e propri computer volanti. Gli sforzi tecnologici mirando a rendere i droni sempre più autonomi per quel che riguarda tutte le loro capabilities. Quindi raccogliere dati, trasmetterli in tempo reale, ma anche processarli sul velivolo stesso, così da permettere al drone di sfruttare tali dati per scegliere quali courses of action seguire, dal continuare il monitoraggio all’ingaggiare un tale obiettivo piuttosto che un altro; ma anche processare le informazioni in modo complesso per estrapolare determinati indicatori che poi vengono trasmessi alla rete comando e controllo a distanza. Poi c’è ovviamente tutta la parte più legata alla fisica del volo e alle performance aereonautiche, al raggio d’azione, alla capacità di carico. Sotto questo aspetto l’impegno è profuso nella ricerca di nuovi materiali più leggeri, o di nuovi sensori che migliorino le prestazioni, o ancora nel miglioramento dell’efficienza della propulsione per garantire minor consumo e maggior durata della missione. Ma il “core” dei processi di ricerca e sviluppo è lo sforzo per rendere i droni, se non completamente autonomi, completamente automatizzati e semi-autonomi. Per arrivare, in un futuro, a droni completamente autonomi. Che apre le porte per il concetto di swarming.

Che si intende per swarming?

La capacità di operare in grande numero e all’unisono. Un determinato numero di droni, cento come un migliaio, connessi l’uno con l’altro, capaci di condividere informazioni in tempo reale e compiere scelte sulla base di quello che il contesto fornisce loro, reagendo anche a cambiamenti repentini dello stesso.

Un concetto affascinante. Per renderlo operativo ed efficiente però sembra che sia più importante la quantità, che la qualità…

Certo. Non a caso c’è una tendenza generale nel cercare di abbassare i costi, investendo su tecnologie dual-use facilmente rimpiazzabili e replicabili, favorendo sistemi considerati come “sacrificabili” proprio per i costi contenuti che ne consentono la produzione su larga scala. E in caso di conflitto sarebbe un fattore importante, poiché ci sarebbe la necessità di sostituire un gran numero di sistemi che vengono persi per varie ragioni, e che però visto il costo più ridotto rispetto non solo agli aerei tradizionali, ma anche rispetto a droni più costosi e sofisticati, sarebbe decisamente più sostenibile come processo. Perdere un qualsiasi drone First-Person View non è come perdere un MQ-9 Reaper. Ma anche perderne cento, o mille. Il concetto di affordable mass si basa proprio questo principio.

Un’evoluzione tecnologica che presuppone anche un adattamento dottrinario. Secondo quale processo?

Se ci pensiamo i droni non sono una tecnologia nuova. La sua introduzione nei sistemi militari era già avvenuta anni fa. Prima però i droni venivano perlopiù utilizzati quasi esclusivamente con funzioni di ricognizione in contesti a bassa intensità, come in operazioni di counterinsurgency caratterizzate da spazi arei praticamente non contesi e con larghissimo spazio di manovra. Oggi invece i droni vengono impiegati in una serie di missioni diverse, dalla ricognizione all’attacco, dalla soppressione delle difese aeree nemiche al combat search and rescue. C’è quindi la necessità di adattare la dottrina militare a questi nuovi ruoli, integrando al suo interno la componente tecnologica. E allo stesso tempo serve testare la “nuova dottrina” sul campo, per sviluppare determinati concetti operativi necessari ad una dottrina generale più ampia, che serve per determinare che ruolo avrà il drone in ciascuna situazione, e come integrarlo con altre capabilities.

Secondo una notizia recente, le forze armate ucraine starebbero istituendo al loro interno una vera e propria branca dedicata esclusivamente ai droni. Cosa significa?

Il caso dell’Ucraina è esemplare. Kyiv si stava accorgendo dell’importanza dei droni già nelle settimane immediatamente successive all’invasione russa, e stava già adattando di conseguenza la propria dottrina. Ricordiamoci che l’Ucraina è stato uno dei primi Paesi occidentali a introdurre delle vere e proprie unità specializzate esclusivamente nell’impiego di Uas. Lo abbiamo visto soprattutto nel dominio navale, dove queste unità hanno impiegato “droni suicidi” per infliggere duri colpi alla flotta russa del Mar Nero. Ma il loro utilizzo si sta ampliando sempre di più, anche nelle altre dimensioni. Ogni unità dell’esercito ucraino ha le proprie capacità unmanned integrate, e questo permette grande flessibilità. A cambiare non è solo la dottrina, ma la struttura stessa delle forze armate. Il nuovo servizio che Kyiv sta istituendo, dedicato all’addestramento all’uso dei droni e allo sviluppo dei concetti operativi, che va proprio in questa direzione, è una cosa senza precedenti. Ed è ovviamente conseguenza delle necessità dell’Ucraina impegnata in guerra. Questi aspetti sono tanto importanti quanto la tecnologia stessa.

Maggiore l’importanza che assumono questi sistemi, maggiore l’importanza di avere a disposizione contromisure efficaci. Si è visto un adattamento proporzionale in questo senso?

I sistemi counter-Uas hanno acquisito sempre più importanza di pari passo con il ruolo offensivo di questi sistemi, che è aumentato esponenzialmente nell’ultimo periodo. Fino a poco tempo fa c’era una situazione di sostanziale svantaggio per chi doveva difendersi dai droni, soprattutto di piccole dimensioni, per via del loro numero sempre maggiore. Svantaggio che derivava non tanto dall’ incapacità di colpirli, quanto da una sostanziale diseconomicità nell’utilizzo di difese aeree tradizionali. Abbattere droni che costano ventimila o trentamila dollari impiegando sistemi intercettori con un costo unitario di un milione di dollari non era assolutamente sostenibile. Inoltre, l’utilizzo di Uas in numero sempre maggiore, anche all’interno della stessa operazione offensiva, rende difficile un loro contrasto con sistemi di difesa aerea tradizionali. Quindi le soluzioni sono due: o si aumenta il numero di sistemi aerei difensivi e di intercettori, con gli enormi costi che ne conseguono, oppure si cercano soluzioni alternative che possano offrire flessibilità e modularità nell’approccio.

Come ad esempio?

Come ad esempio il ricorso alla guerra elettronica, che sta vedendo un interesse rinnovato in questo periodo. La guerra elettronica offre una vasta gamma di “soluzioni”, dall’interruzione del segnale di navigazione del drone o della connessione con l’operatore, all’invio di dati di navigazione falsi all’apparecchio (il cosiddetto spoofing). Un approccio molto efficace, soprattutto quando integrato con sistema di difesa aerea “tradizionali” per offrire un ulteriore livello di protezione. Ma anche sistemi d’intercettazione “tradizionali” specifici per droni, di dimensioni relativamente piccole e basati sull’uso di testate a frammentazione che rilasciano tantissimi frammenti proprio per distruggerei droni avversari, stanno vedendo un uso sempre più estensivo. E ancora, ci sono soluzioni “passive”, e anche banali, ma comunque efficaci: pensiamo alle reti anti-drone impiegate con successo in Ucraina.

E per il futuro a cosa si guarda, da questo punto di vista?

A metodi sofisticati come le armi che utilizzano l’energia diretta: laser ad alta intensità, emettitori di microonde, et cetera. Queste tecnologie va ad agire sul drone in diversi modi: mentre i laser sfruttano l’energia della luce per fondere il drone, o comunque danneggiarlo, le microonde distruggono o danneggiano i circuiti interni dello stesso. Queste tecnologie sono ancora in una fase embrionale, anche se alcune sono già operative. Israele è uno dei pionieri nel campo, soprattutto per le armi che sfruttano il laser. Tel Aviv sta concentrando sforzi importanti nel programma noto come “Iron beam”, un sistema non ancora operativo, ma che è stato già testato con successo. Lo svantaggio di queste armi sono le dimensioni molto grandi, che rendono complesso l’aspetto logistico. Ma sono già in sviluppo sistemi più piccoli e portatili che possono essere installate su piattaforme mobili. Gli Usa lo stanno testando con il loro programma “M-Shorad”, di cui vedremo le prime applicazioni entro due anni circa. E anche dei “droni anti-droni” stanno venendo testati con successo.


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Io scendo qua – Pensieri disordinati di una povera pazza


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Così la Russia ruba Starlink all’Ucraina


Per Kyiv, Starlink potrebbe essere un’arma a doppio taglio. Pare infatti che le forze russe stiano utilizzando il servizio di comunicazione che SpaceX aveva messo a disposizione delle truppe ucraine e che ora invece starebbe aiutando anche i suoi invasori

Per Kyiv, Starlink potrebbe essere un’arma a doppio taglio. Pare infatti che le forze russe stiano utilizzando il servizio di comunicazione che SpaceX aveva messo a disposizione delle truppe ucraine e che ora invece starebbe aiutando anche i suoi invasori, ha spiegato DefenseOne.

Fonti ucraine riportano che le truppe di Kyiv avrebbero rilevato per la prima volta l’utilizzo in prima linea da parte della Russia dei dispositivi collegati al satellite diversi mesi fa, a cui sono poi seguiti altri episodi dove veniva registrato un simile utilizzo. Al momento, le forze russe sembrano utilizzare decine di terminali Starlink lungo l’intero fronte. A diffondere questa notizia non sono solo fonti ucraine: anche importanti gruppi di volontari russi che sostengono l’invasione hanno mostrato i terminali Starlink acquistati per le unità dell’esercito.

Il portavoce del Pentagono Jeff Jurgensen ha dichiarato che i funzionari statunitensi sono a conoscenza delle notizie, ma ha rimandato le domande ai “nostri partner ucraini per qualsiasi informazione operativa attuale riguardante attività di comunicazione satellitare di questo tipo”.

In un post su X dell’8 febbraio, i funzionari di SpaceX hanno dichiarato che l’azienda “non fa affari di alcun tipo con il governo russo o con i suoi militari. Starlink non è attivo in Russia, il che significa che il servizio non funzionerà in quel Paese. SpaceX non ha mai venduto o commercializzato Starlink in Russia, né ha spedito attrezzature a località russe […] Se i negozi russi affermano di vendere Starlink per il servizio in quel Paese, stanno truffando i loro clienti”, si legge nel tweet.

Ma questo divieto può essere aggirato: i russi possono facilmente acquistare i servizi Starlink all’estero e poi distribuirli alle loro forze armate, ha osservato la seconda fonte ucraina. Non a caso, nel post SpaceX non ha fatto riferimento all’effettivo impiego dei servizi di Starlink in Ucraina.

In linea teorica, SpaceX sarebbe in grado di impedire l’uso dei dispositivi Starlink nel territorio occupato dalla Russia. Il suo fondatore Elon Musk afferma di aver rifiutato una richiesta dell’Ucraina di abilitare l’accesso a Starlink nella Crimea occupata dai russi, così da permettere di sfruttarlo in operazioni offensive. Tuttavia, secondo Bryan Clark, senior fellow dell’Hudson Institute, le truppe russe potrebbero nascondere a SpaceX l’uso di Starlink.

La Russia potrebbe semplicemente “fornire un falso segnale GPS al terminale Starlink in modo da fargli credere che l’utente si trovi in territorio ucraino” ha detto Clark, che ha anche sostenuto l’idea che l’Ucraina potrebbe capire se la Russia sta usando Starlink, poiché i segnali dei terminali possono essere identificati con apparecchiature di intelligence dei segnali.

I dispositivi consentono alle truppe di prima linea di creare reti di comunicazione mobili da utilizzare nei centri operativi e per coordinare i colpi di artiglieria. Anche l’esercito americano utilizza sempre più spesso i dispositivi Starlink, come si è visto nelle recenti esercitazioni presso il National Training Center in California. A settembre il Comando spaziale ha assegnato a SpaceX un ordine di 70 milioni di dollari per Starshield, una versione militare di Starlink.


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Ucraina due anni dopo. Il ruolo della deterrenza secondo Caruso (Sioi)


Il 24 febbraio verrà ricordato nei libri di storia e da tutti noi come lo è stato per la caduta del muro di Berlino o l’attacco alle Torri gemelle. Le conseguenze e le ripercussioni dell’invasione russa dell’Ucraina hanno avuto un impatto profondo su dive

Il 24 febbraio verrà ricordato nei libri di storia e da tutti noi come lo è stato per la caduta del muro di Berlino o l’attacco alle Torri gemelle. Le conseguenze e le ripercussioni dell’invasione russa dell’Ucraina hanno avuto un impatto profondo su diversi aspetti della geopolitica e della sicurezza internazionale. A due anni dall’inizio dell’invasione russa, il conflitto ha segnato profondamente il panorama internazionale, con ripercussioni che vanno ben oltre i confini dei due Paesi coinvolti.

Indubbiamente l’invasione russa dell’Ucraina ha causato un riorientamento dell’ordine internazionale accelerando un riassetto geopolitico già in corso e spingendo molti Paesi a rivalutare le loro alleanze e le loro strategie di sicurezza. La risposta dell’Occidente, in particolare dell’Unione europea e degli Stati Uniti, ha mostrato un rafforzamento della solidarietà transatlantica, ma anche l’emergere di divisioni più profonde a livello mondiale, accentuandone la polarizzazione globale.

Il conflitto ha evidenziato l’importanza della tecnologia e dell’innovazione militare, con un particolare focus sull’uso dei droni, della difesa missilistica, della guerra cibernetica e delle tecniche di informazione e disinformazione. Questo ha portato ad una riconsiderazione delle priorità di difesa e degli investimenti in tecnologia da parte di molti Paesi. L’Ucraina si è rapidamente militarizzata in risposta all’invasione, ricevendo un significativo supporto militare da parte dei Paesi occidentali con un conseguente cambiamento nelle dinamiche di potere nella regione. Allo stesso tempo, la minaccia percepita dall’aggressione russa ha accelerato i dibattiti sull’ampliamento della Nato, con la Svezia e la Finlandia che hanno cercato l’adesione all’alleanza, marcando una significativa evoluzione nella politica di sicurezza europea che ha cambiato profondamente gli equilibri geo-strategici, in Europa e nel mondo intero. La guerra ha spinto i Paesi Nato, e non solo, a rivedere le loro strategie di deterrenza e di difesa, con un’enfasi rinnovata sulla prontezza militare, la difesa collettiva, la sicurezza energetica e nuovi strumenti per affrontare le minacce ibride e cibernetiche.

La situazione sul campo di battaglia, secondo esperti consultati dall’Atlantic Council, è lontana dall’essere in stallo, evidenziando invece una dinamica di costante cambiamento. In particolare, l’Ucraina ha ottenuto successi significativi nel mar Nero, compromettendo le operazioni di blocco russe e aprendo corridoi marittimi per l’esportazione del grano ucraino sui mercati globali. Questi sviluppi dimostrano l’adattabilità e la resilienza ucraina, mentre la Russia non ha ottenuto il totale controllo del mar Nero, area che Vladimir Putin ritiene di vitale importanza per considerare la Russia come una potenza continentale.

Permangono, tuttavia, molteplici interrogativi riguardo alla sufficienza dell’aiuto militare fornito, con rilievi sulla necessità di un supporto più significativo per garantire successi concreti anche sul fronte terrestre. Le titubanze di molte cancellerie occidentali, l’incapacità delle economie europea e statunitense – a differenza di quella russa – di trasformarsi rapidamente in economie di guerra, hanno evidenziato l’incapacità dei Paesi occidentali di affrontare conflitti su larga scala e per lunghi periodi di tempo, che richiedono grande impegno di risorse economiche e umane.

Risorse umane che l’Ucraina ha dimostrato di saper impegnare sia in campo militare che civile. Se le Forze armate ucraine hanno subito perdite significative, la popolazione civile ucraina ha subito perdite devastanti e sfide umanitarie immense. Milioni sono stati sfollati, sia internamente che come rifugiati nei Paesi vicini, affrontando la distruzione delle infrastrutture e gravi crisi umanitarie. La resilienza civile, tuttavia, è stata notevole, con un forte senso di unità nazionale e di resistenza culturale emergente in risposta all’aggressione.

Dal punto di vista economico, le sanzioni economiche imposte alla Russia da una larga coalizione di Paesi hanno avuto un impatto significativo sulle relazioni commerciali internazionali, accelerando i processi di decoupling economico e la ricerca di catene di approvvigionamento più resilienti e diversificate. Fattori che stanno anche influenzando il dibattito su temi come la sicurezza energetica, la fragilità delle supply chain globali, specialmente in settori critici come quello energetico e alimentare. Paesi in tutto il mondo hanno risentito degli shock alle supply chain, con conseguenze sulla sicurezza alimentare, sui prezzi dell’energia e sull’inflazione globale.

Sul fronte della ricostruzione, la guerra ha imposto un pesante fardello all’Ucraina. Secondo Rand corporation, il costo per la ricostruzione del Paese è stato stimato in 349 miliardi di dollari già a settembre 2022, superiore al Pil pre-invasione dell’Ucraina e tre volte maggiore rispetto all’assistenza militare, umanitaria e finanziaria fornita dall’inizio del conflitto. Nonostante le richieste di riparazioni, appare improbabile che l’Ucraina riceva compensazioni dirette dalla Russia, preparandosi piuttosto a un conflitto prolungato e su larga scala.

In conclusione, l’invasione russa dell’Ucraina ha generato una complessa rete di sfide e cambiamenti che vanno dalla sicurezza militare alla geopolitica, dall’economia alla sicurezza energetica. La risposta internazionale e la resilienza ucraina continuano a essere fondamentali nel plasmare il futuro di questa crisi, con implicazioni che vanno ben oltre i confini regionali. Guardando al futuro, è chiaro che la guerra in Ucraina continuerà ad avere un impatto profondo a livello globale. La sfida per la comunità internazionale sarà non solo quella di sostenere l’Ucraina nel suo percorso di ricostruzione e resistenza, ma anche di riconfigurare le relazioni internazionali in un modo da prevenire conflitti futuri di questa scala. Il presidente americano Theodore Roosevelt usava dire: “Parla con gentilezza e portati dietro un grosso bastone”.

La deterrenza giocherà un ruolo essenziale in questi equilibri tra potenze sempre più polarizzate. La prevenzione dei conflitti si potrà ottenere solo con una visione lungimirante, un saggio impiego della diplomazia unito ad uno strumento militare credibile, ingredienti essenziali per affrontare le sfide poste da questa crisi senza precedenti e cruciali per navigare nelle acque turbolente dei prossimi anni.


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