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ChatGPT è stato Hackerato? Va In Crash All’inserimento Della Parola David Mayer!


Un membro di Red Hot Cyber, Agostino pellegrino, ci porta all’attenzione un comportamento molto strano di Chat-GPT, il modello linguistico di OpenAI. Il modello va costantemente in crash quando viene inserito un nome di una persona all’interno del prompt.

Tale crash si verifica ogni volta che viene digitato il nome di “David Mayer”, indipendentemente dal tipo di prompt utilizzato. Questo problema potrebbe far pensare a dei segnali di compromissione del LLM portando a sospetti che qualcosa stia alterando il normale processo di risposta.
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Il comportamento anomalo riscontrato


Agostino ha segnalato che una volta inserito il nome di una persona in una richiesta a ChatGPT, il sistema si blocca o va in crash. Questo malfunzionamento non sembra essere limitato a singoli utenti, ma si presenta a chiunque tenti di utilizzare il modello. Questo avviene indipendentemente dal contesto o dalla natura della domanda.

I test condotti su più prompt e su diversi dispositivi confermano che il problema è replicabile, suggerendo che non si tratti di un errore casuale. Potrebbe trattarsi di un difetto intrinseco nel sistema ed avviene anche con particolari “escape”.
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Cosa Potrebbe Essere Accaduto?


Ci potrebbero essere svariate motivazioni relativamente a questo comportamento anomalo che possono essere:

  1. Hacking del modello: Attività malevola che ha fornito input al modello per evitare di elaborare richieste per specifiche di testo. Potrebbe trattarsi di un attacco di avvelenamento dei dati e dei dataset.
  2. Filtro o Censura: Un’altra possibilità è che il nome in questione venga erroneamente trattato come un termine sensibile o inappropriato. Questi filtri sono progettati per prevenire l’uso improprio del sistema, ma talvolta possono generare risultati indesiderati.
  3. Problemi Legati al Training del Modello: Un’altra ipotesi è che il modello sia stato addestrato su dati che includono problematiche relative a quel nome specifico. In tal caso, il modello potrebbe incorrere in conflitti durante la generazione di risposte, causando crash o interruzioni. Potrebbe trattarsi di un risultato di un training impreciso, dove la presenza di certe informazioni porta a un comportamento anomalo.
  4. Problema con le Risorse di Sistema: In alcuni casi, l’inserimento di determinati input può comportare un utilizzo eccessivo delle risorse di calcolo, come la memoria o la CPU. Se il nome richiama una serie complessa di calcoli o riferimenti, potrebbe essere la causa del crash. Questo potrebbe essere dovuto a un problema di ottimizzazione del codice che non gestisce correttamente grandi quantità di dati associati a determinati input.
  5. Infiltrazione di Malicious Input: Sebbene meno probabile, c’è anche la possibilità che il nome inserito sia stato utilizzato per testare vulnerabilità nel sistema da parte di attaccanti. Un nome specifico potrebbe essere parte di un tentativo di exploit che mira a far fallire il sistema, anche se al momento non ci sono prove concrete a supporto di questa teoria.


Conclusioni


Il malfunzionamento rilevato con ChatGPT, legato all’inserimento di un nome specifico, solleva diverse ipotesi riguardo le cause di questo comportamento. Sebbene non sia chiaro se si tratti di un bug tecnico, un filtro mal configurato o un problema legato al training del modello, è evidente che il problema merita attenzione. OpenAI dovrà approfondire l’indagine su questo caso per garantire che il modello funzioni correttamente senza compromettere l’affidabilità e la sicurezza del sistema. Finché la causa non sarà chiarita, gli utenti potrebbero trovarsi di fronte a comportamenti imprevisti, e l’esperienza con ChatGPT potrebbe risentirne.

Chi è David Mayer?


Andando a ricercare su Wikipedia, David Mayer è un membro della famiglia Rothschild , il più giovane dei tre figli di Victoria Lou Schott (1949 – 18 gennaio 2021) e Sir Evelyn de Rothschild (1931–2022) della famiglia di banchieri Rothschild d’Inghilterra .

Il suo secondo nome “Mayer” deriva dal nome del fondatore dell’impero bancario della famiglia Rothschild , Mayer Amschel Rothschild . Il più giovane erede della fortuna bancaria della sua famiglia, Rothschild è nato nel 1978 a Londra, Inghilterra. Sua madre era americana, figlia di Marcia Lou (nata Whitney) e dello sviluppatore immobiliare Lewis M. Schott. È il fratello minore di Anthony de Rothschild e Jessica de Rothschild.

Da adolescente, Rothschild era un saltatore di cavalli di alto livello nella squadra juniores britannica. In seguito abbandonò lo sport per proseguire gli studi, affermando in un’intervista al The New Yorker “Ho capito che nella vita c’era di più che passare ore e ore e ore su un cavallo”. Dopo aver lasciato la Harrow School nel 1996, frequentò l’Oxford Brookes, dove ottenne una laurea triennale (con lode) in Scienze politiche e Sistemi informativi . Nel 2002, Rothschild studiò al College of Naturopathic Medicine di Londra, dove ricevette un diploma avanzato in Medicina naturale, ND.

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Zero-Day For Sale! n4pster mette in vendita una RCE su Control-WebPanel (CWP)


Un attore di minacce, noto come “n4pster“, ha recentemente pubblicato un annuncio sul forum Underground Exploit per la vendita di exploit zero-day, prendendo di mira Control-WebPanel (CWP), il sistema operativo Uniview DVR e il sistema operativo Raisecom Router.

Questi exploit offrono capacità di esecuzione di codice remoto (RCE) in pre-autenticazione, consentendo agli attaccanti di ottenere l’accesso root ai sistemi vulnerabili. I prezzi richiesti per questi exploit variano da $45,000 a $150,000, a seconda del sistema di destinazione.
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Motivazioni dell’Attore di Minacce


L’attore di minacce è motivato dal guadagno finanziario attraverso la vendita di exploit zero-day e la potenziale collaborazione su altre vulnerabilità non divulgate. Questo approccio strategico indica una sofisticata comprensione del mercato cybercriminale e un intento chiaro di monetizzare le vulnerabilità scoperte.

Tecnologie e Settori Mirati


Sebbene il post non specifichi settori particolari, le tecnologie prese di mira suggeriscono potenziali impatti su infrastrutture IT, sorveglianza e telecomunicazioni. Le organizzazioni che utilizzano Control-WebPanel, Uniview DVR OS e Raisecom Router OS sono particolarmente a rischio, con milioni di istanze vulnerabili esposte online.

Dettagli degli Exploit


  • Control-WebPanel (CWP): RCE (senza autenticazione) per root – Prezzo richiesto: $150,000
  • Uniview DVR OS: RCE (senza autenticazione) per root – Prezzo richiesto: $80,000
  • Raisecom Router OS: RCE (senza autenticazione) per root – Prezzo richiesto: $45,000

N4pster afferma che queste vulnerabilità sono state sviluppate di recente, testate e non vendute, suggerendo che sono sconosciute alle aziende interessate e alla comunità di cybersecurity più ampia. Inoltre, n4pster è aperto a collaborazioni su altre vulnerabilità zero-day non divulgate, indicando un approccio strategico alla collaborazione e alla monetizzazione nell’ecosistema cybercriminale.

Conclusione


Le organizzazioni che utilizzano Control-WebPanel, Uniview DVR o Raisecom Router OS dovrebbero dare priorità alla gestione delle patch e scansionare regolarmente le vulnerabilità. Mantenere i sistemi aggiornati con le ultime patch di sicurezza può mitigare il rischio posto dagli exploit zero-day. La vendita di exploit zero-day da parte di attori di minacce come n4pster rappresenta un rischio significativo per le organizzazioni che utilizzano le tecnologie prese di mira. È essenziale che i team di sicurezza implementino misure proattive per proteggere le loro infrastrutture e ridurre il rischio di compromissioni. La collaborazione tra le aziende e la comunità di cybersecurity è fondamentale per affrontare queste minacce emergenti e proteggere le risorse critiche.

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Balancing Balls With A Touchpad


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Energy is expensive these days. There’s no getting around it. If, like [Giovanni], you want to keep better track of your usage, you might find value in his DIY energy meter build.

[Giovanni] built his energy meter to monitor energy usage in his whole home. An ESP32 serves as the heart of this build. It’s hooked up with a JSY-MK-194G energy metering module, which uses a current clamp and transformer in order to accurately monitor the amount of energy passing through the mains connection to his home. With this setup, it’s possible to track voltage, current, frequency, and power factor, so you can really nerd out over the electrical specifics of what’s going on. Results are then shared with Home Assistant via the ESPHome plugin and the ESP32’s WiFi connection. This allows [Giovanni] to see plots of live and historical data from the power meter via his smartphone.

A project like this one is a great way to explore saving energy, particularly if you live somewhere without a smart meter or any other sort of accessible usage tracking. We’ve featured some of [Giovanni’s] neat projects before, too. Video after the break.

youtube.com/embed/hP4fDkFyy3w?…


hackaday.com/2024/12/02/balanc…



Futuro ipersonico. Si apre un nuovo capitolo per la Uss Zumwalt

@Notizie dall'Italia e dal mondo

La USS Zumwalt, il primo dei tre cacciatorpediniere stealth della sua classe, è attualmente in fase di retrofit presso un cantiere navale in Mississippi, dove gli operai stanno installando nuovi tubi di lancio per missili ipersonici. Questo intervento è finalizzato a sostituire i due sistemi di artiglieria “nativi” del



AFRICA. Biden in Angola, lo scontro con la Cina ora corre su una linea ferroviaria


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Il presidente uscente comincia il viaggio in Africa, annunciato da anni, per dare il via a una rotta alternativa a quella di Pechino per il trasporto di minerali strategici
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Israele. Ministri insistono per colonizzare Gaza e “ridurre la popolazione”.


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Coloni e attivisti di destra, portati di nascosto nella Striscia dai soldati, affermano che sono pronti a trasferirsi nel territorio palestinese
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Cammina per 8 ore al giorno in una tuta spaziale per 6000 dollari. No, non è uno scherzo!


Elon Musk, noto per le sue ambiziose iniziative nei veicoli elettrici, nell’esplorazione spaziale e persino nei
social media, sta ora rivolgendo la sua attenzione alla robotica in grande stile. Tesla, sotto la guida di Musk, sta lavorando attivamente allo sviluppo di robot umanoidi, in particolare del robot “Optimus“, e questo nuovo annuncio di lavoro fa parte di tale sforzo.

La posizione in sé è un po’ fuori dall’ordinario. Comporta l’indossare una tuta di motion capture e un visore VR per simulare il movimento umano per i robot Tesla. L’obiettivo? Insegnare a questi robot come muoversi ed eseguire compiti nel mondo reale. Da azioni semplici come sedersi, stare in piedi e girarsi a movimenti più complessi, i dipendenti aiuteranno a costruire la prossima generazione di robot umanoidi che potrebbero potenzialmente rivoluzionare settori che vanno dalla produzione alle faccende domestiche quotidiane.

Sebbene l’idea di lavorare con tecnologie all’avanguardia possa sembrare entusiasmante, le esigenze fisiche di questo ruolo non sono per i deboli di cuore. I dipendenti devono camminare fino a otto ore al giorno, indossando una tuta con sensore di movimento e un visore VR. La tuta, che traccia i movimenti e i gesti, e il visore VR, che immerge chi lo indossa in un ambiente digitale, presentano entrambi una serie di sfide.

Tesla fa notare che questo tipo di lavoro può essere fisicamente impegnativo, con alcuni dipendenti che sperimentano disorientamento o addirittura nausea a causa dell’uso di apparecchiature VR. L’azienda è sincera riguardo al potenziale disagio, avvisando i candidati che le esperienze di realtà virtuale possono talvolta causare sintomi di cinetosi, qualcosa da tenere a mente prima di iscriversi.

Ma le potenziali ricompense sono significative. Il ruolo è accompagnato da uno stipendio competitivo, con alcune posizioni che offrono fino a 6.000 € al mese. Considerati gli orari impegnativi e la natura fisica del lavoro, quello stipendio è più di una semplice compensazione per il tuo tempo: è un riconoscimento dell’energia e dello sforzo necessari per aiutare a insegnare ai robot come replicare i movimenti umani.

L’ambiziosa mossa di Tesla nella robotica non riguarda solo la creazione di un robot per il bene dell’innovazione; Musk ha affermato da tempo che i robot umanoidi rivoluzioneranno il mercato del lavoro e la sua visione sta iniziando a prendere forma. Il robot Optimus, presentato per la prima volta alla fine del 2023, è progettato per svolgere compiti che vanno dallo spostamento di oggetti allo svolgimento delle faccende domestiche.

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Gli Hacker Criminali di BASHE rivendicano un Attacco Informatico allo  Stadio San Siro


Dopo l’attacco al Bologna calcio da noi anticipato e successivamente confermato dalla Bologna Calcio con un comunicato stampa apposito, alle 12:00 del 30 novembre la cyber gang BASHE rivendica un presunto attacco informatico ai danni dello Stadio Sansiro di Milano.

Il gruppo sostiene di avere avuto un accesso totale alle macchine delle postazioni principali, le anagrafiche dei calciatori, i contatti anagrafici UEFA, l’accesso ai maxischermi e macchine di controllo. Viene riportato che Sarebbero stati esfiltrati 1TB di dati. Al momento il countdown è fissato a 4 giorni, data dopo la quale i criminali informatici renderanno le informazioni esfiltrate dall’azienda pubbliche.

Attualmente, non possiamo confermare l’autenticità della notizia, poiché l’organizzazione non ha ancora pubblicato un comunicato ufficiale sul proprio sito web in merito all’incidente. Le informazioni riportate provengono da fonti pubbliche accessibili su siti underground, pertanto vanno interpretate come una fonte di intelligence e non come una conferma definitiva.
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La gang cybercriminale ha pubblicato una serie di samples nel post, includendo schermate provenienti da postazioni Windows e sistemi di controllo interni dell’azienda. Questa strategia mira a dimostrare l’autenticità dei dati rubati, esercitando una forte pressione sulla vittima.

I criminali minacciano di rendere pubbliche le informazioni, aumentando il rischio per l’azienda, a meno che non venga pagato il riscatto. Tale tattica sfrutta la paura delle conseguenze reputazionali e legali per forzare il pagamento.

All’interno del loro post è presente quanto segue:
*Se vedete che nel blocco della vostra azienda è in corso un timer, avete la possibilità di evitare una fuga di dati. Per farlo, dovete scriverci nel modulo “Contattaci” e indicare i vostri dati. Il nostro team di assistenza vi contatterà a breve per aiutarvi.

Dovete capire che non c'è tempo per pensare, dovete prendere una decisione in fretta, il timer è partito.

Se vedete un pulsante “DOWNLOAD” in fondo alla pubblicazione della vostra azienda, significa che tutti i dati sono disponibili pubblicamente.

Garanzie dopo la transazione:
- La vostra pubblicazione sarà cancellata da questo sito
- Tutte le informazioni scaricate, i dati riservati, i dati personali, i database saranno cancellati dai server.
- Se necessario, vi verranno forniti gli strumenti per decriptare il vostro sistema.
- Vi forniremo informazioni su come evitare attacchi simili in futuro.
Come nostra consuetudine, lasciamo sempre spazio ad una dichiarazione da parte dell’azienda qualora voglia darci degli aggiornamenti sulla vicenda. Saremo lieti di pubblicare tali informazioni con uno specifico articolo dando risalto alla questione.

RHC monitorerà l’evoluzione della vicenda in modo da pubblicare ulteriori news sul blog, qualora ci fossero novità sostanziali. Qualora ci siano persone informate sui fatti che volessero fornire informazioni in modo anonimo possono utilizzare la mail crittografata del whistleblower.
26765908Data Leak Site (DLS) della cyber gang BASHE

Come proteggersi dal ransomware


Le infezioni da ransomware possono essere devastanti per un’organizzazione e il ripristino dei dati può essere un processo difficile e laborioso che richiede operatori altamente specializzati per un recupero affidabile, e anche se in assenza di un backup dei dati, sono molte le volte che il ripristino non ha avuto successo.

Infatti, si consiglia agli utenti e agli amministratori di adottare delle misure di sicurezza preventive per proteggere le proprie reti dalle infezioni da ransomware e sono in ordine di complessità:

  • Formare il personale attraverso corsi di Awareness;
  • Utilizzare un piano di backup e ripristino dei dati per tutte le informazioni critiche. Eseguire e testare backup regolari per limitare l’impatto della perdita di dati o del sistema e per accelerare il processo di ripristino. Da tenere presente che anche i backup connessi alla rete possono essere influenzati dal ransomware. I backup critici devono essere isolati dalla rete per una protezione ottimale;
  • Mantenere il sistema operativo e tutto il software sempre aggiornato con le patch più recenti. Le applicazioni ei sistemi operativi vulnerabili sono l’obiettivo della maggior parte degli attacchi. Garantire che questi siano corretti con gli ultimi aggiornamenti riduce notevolmente il numero di punti di ingresso sfruttabili a disposizione di un utente malintenzionato;
  • Mantenere aggiornato il software antivirus ed eseguire la scansione di tutto il software scaricato da Internet prima dell’esecuzione;
  • Limitare la capacità degli utenti (autorizzazioni) di installare ed eseguire applicazioni software indesiderate e applicare il principio del “privilegio minimo” a tutti i sistemi e servizi. La limitazione di questi privilegi può impedire l’esecuzione del malware o limitarne la capacità di diffondersi attraverso la rete;
  • Evitare di abilitare le macro dagli allegati di posta elettronica. Se un utente apre l’allegato e abilita le macro, il codice incorporato eseguirà il malware sul computer;
  • Non seguire i collegamenti Web non richiesti nelle e-mail;
  • Esporre le connessione Remote Desktop Protocol (RDP) mai direttamente su internet. Qualora si ha necessità di un accesso da internet, il tutto deve essere mediato da una VPN;
  • Implementare sistemi di Intrusion Prevention System (IPS) e Web Application Firewall (WAF) come protezione perimetrale a ridosso dei servizi esposti su internet.
  • Implementare una piattaforma di sicurezza XDR, nativamente automatizzata, possibilmente supportata da un servizio MDR 24 ore su 24, 7 giorni su 7, consentendo di raggiungere una protezione e una visibilità completa ed efficace su endpoint, utenti, reti e applicazioni, indipendentemente dalle risorse, dalle dimensioni del team o dalle competenze, fornendo altresì rilevamento, correlazione, analisi e risposta automatizzate.

Sia gli individui che le organizzazioni sono scoraggiati dal pagare il riscatto, in quanto anche dopo il pagamento le cyber gang possono non rilasciare la chiave di decrittazione oppure le operazioni di ripristino possono subire degli errori e delle inconsistenze.

La sicurezza informatica è una cosa seria e oggi può minare profondamente il business di una azienda.

Oggi occorre cambiare immediatamente mentalità e pensare alla cybersecurity come una parte integrante del business e non pensarci solo dopo che è avvenuto un incidente di sicurezza informatica.

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Italia ed ENI primi nel Supercalcolo in Europa! Acceso il Supercomputer HPC6 a Ferrara


L’Italia, nonostante le difficoltà strutturali e un panorama non sempre favorevole all’innovazione tecnologica, dimostra di poter eccellere nel campo dell’innovazione quando esistono visione e investimenti adeguati.

Un esempio concreto è l’accensione del supercomputer di Eni a Ferrara, un risultato che sottolinea come sia possibile raggiungere livelli di eccellenza anche nel nostro Paese. Il supercomputer, primo in Europa per potenza di calcolo, rappresenta una testimonianza tangibile che, con le giuste condizioni, l’Italia può competere e primeggiare a livello internazionale.

Il nuovo sistema di calcolo ad alte prestazioni (HPC) di Eni, HPC6 , completato e avviato a novembre 2024, potenzia significativamente la capacità di calcolo del Green Data Center Eni di Ferrera Erbognone , in provincia di Pavia, aumentandone le prestazioni da 70 a 606 milioni di miliardi di operazioni matematiche complesse al secondo, equivalenti a un picco di 606 PFlops .

Classificato al quinto posto a livello mondiale e al primo in Europa nella lista Top500, il sistema è progettato secondo standard di efficienza energetica all’avanguardia.

Una delle innovazioni chiave di HPC6 è il suo nuovo sistema di raffreddamento a liquido , che ottimizza l’assorbimento del calore dalla nuova macchina, rendendola più efficiente dal punto di vista energetico e sostenibile.

HPC6 rafforza i processi di digitalizzazione e innovazione di Eni, fungendo al contempo da risorsa cruciale per implementare la strategia di ENI relativa alla decarbonizzazione e affrontare le sfide della transizione energetica.

HPC6 è l’ultima generazione dei supercomputer moderni. Le sue prestazioni lo rendono il più potente in Europa e uno dei più potenti a livello mondiale, condividendo l’architettura dei sistemi più avanzati al mondo. Queste caratteristiche gli consentono di svolgere un ruolo fondamentale nell’intera filiera energetica. Sarà utilizzato in particolare per ottimizzare le operazioni degli impianti industriali , migliorare l’accuratezza degli studi geologici e fluidodinamici per lo stoccaggio di CO2 e sviluppare batterie ad alte prestazioni.

Sarà inoltre utilizzato per ottimizzare la filiera dei biocarburanti , sviluppare materiali innovativi per applicazioni nei settori della biochimica e simulare il comportamento del plasma nella fusione a confinamento magnetico.

L’elevata potenza di calcolo di HPC6 rafforza il processo di trasformazione di ENI, accelerando lo sviluppo di nuovi business ad alto potenziale legati alla transizione energetica. Inoltre, rafforza la sinergia tra Eni e le sue società Satellite.

HPC6 utilizza la tecnologia Cray EX4000 e Cray ClusterStor E1000 di HPE, raggiungendo una potenza di calcolo di picco di 606 PFlops (Rpeak) e 477 PFlops sostenuti (Rmax), che lo colloca tra le infrastrutture più avanzate del suo genere. Inaugurato nel 2024, il supercomputer HPC6 è installato in un’area dedicata all’interno del Green Data Center di Eni, uno dei data center più efficienti dal punto di vista energetico in Europa, con uno dei più bassi carbon footprint. Qui, il nuovo sistema di raffreddamento a liquido utilizza un approccio liquido “diretto”, che dissipa il 96% del calore generato.

Per ridurre ulteriormente le emissioni di carbonio, il Green Data Center di Ferrera Erbognone , che ospita il supercomputer, è alimentato anche da un impianto fotovoltaico da 1 MW.

HPC6 è costituito da 3.472 nodi di elaborazione , che incorporano un totale di 13.888 GPU. Ogni nodo è dotato di una CPU AMD EPYC™ a 64 core, abbinata a quattro potenti GPU AMD Instinct™ MI250X. La rete HPE Slingshot che supporta il supercomputer garantisce un’interconnessione ad alte prestazioni, veloce e affidabile tra i nodi, consentendo un rapido trasferimento dei dati.

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Stripping GoPros To The Bone For Model Rocketry


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The small size of action cameras has made them a great solution for getting high-quality experimental footage where other cameras don’t fit. GoPros are [Joe Barnard]’s camera of choice for his increasingly advanced rockets, but even the smallest models don’t quite fit where he needs them. They also overheat quickly, so in the video after the break, he demonstrates how he strips and customizes them to fit his required form factor.

[Joe] starts out with a GoPro HERO10 Bones, which is a minimalist version intended for FPV drones. He likes the quality of the 4K 120 FPS video and the fact that he can update the settings by simply holding up a QR code in front of the camera. The case appears to be ultrasonically welded, so careful work with a Dremel is required to get it open. The reveals the control board with an aluminum heat sink plate, and the sensor module on a short ribbon cable. For minimal drag[Joe] wants just the lens to poke out through the side of the rocket, so he uses slightly longer aftermarket ribbon cables to make this easier.

The camera’s original cooling design, optimized for drone airflow, meant the device would overheat within 5 minutes when stationary. To increase the run time without the need for an external heat sink, [Joe] opts to increase the thermal mass by adding thick aluminum to the existing cooling plate with a large amount of thermal paste. In an attempt to increase heat transfer from the PCB, he also covers the entire PCB with a thick layer of thermal paste. Many of the video’s commenters pointed out that this may hurt more than it helps because the thermal paste is really intended to be used as a thin layer to increase the contact surface to a heat sink. It’s possible that [Joe] might get better results with just a form-fitting thermal block and minimal thermal paste.

[Joe] is permanently epoxying three of these modified cameras into his latest rocket, which is intended to fly at Mach 3, and touch space. This may look like a waste of three relatively expensive cameras, but it’s just a drop in the bucket of a very expensive rocket build.

We’ve seen GoPros get (ab)used in plenty of creative ways, including getting shot from a giant slingshot, and reaching the edge of space on a rocket and a balloon.

youtube.com/embed/JOLnZ3mK8kQ?…


hackaday.com/2024/12/01/stripp…



Electrostatic Puck: Making An Electret


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You might have heard of electrets being used in microphones, but do you know what it is? Electrets produce a semi-permanent static electric field, similar to a magnet produces a magnetic field. The ones in microphones are very small, but in the video after the break [Jay] from the Plasma Channel makes a big electret and demonstrates it’s effects.

Electrets have been arounds since the 1800s, and are usually produced by melting an insulating material, and letting it solidify between two high-voltage electrodes. The original recipe used a mix of Carnauba wax, beeswax and rosin, which is what [Jay] tried first. He built a simple electric field detector, which is just a battery, LED and FET, with and open-ended resistor on the FET’s gate.

[Jay] 3D printed a simple cylindrical mold and stuck aluminum foil to the outer surfaces to act as the electrodes. He used his custom 6000:1 voltage transformer to hold the electrodes at ~40 kV. The first attempt did not produce a working electret because the electrodes were not in contact with the wax, and kept arcing across, which causes the electric charge to trop of repeatedly. Moving the aluminum electrodes the the inner surfaces of the molds top and larger distance between the plates eventually produced and electret detectable out to 10 inches.

This was with the original wax recipe, but there are now have much better materials available, like polyethylene. [Jay] heated a a block of it in the oven until it turned into a clear blob, and compressed it in a new mold with improved insulation. This produced significantly better results, with an electric field detectable out to 24 inches.

[Jay] also build an detector array, with 25 detectors in a 5×5 array, to help him visualize the size and shape of the field. One of the commenters had an interesting idea to use the detector with long exposure photography to visually map the shape of the electric field.

Besides microphones, static electricity is also useful for motors and speakers.

youtube.com/embed/oTNXXiMO3e8?…


hackaday.com/2024/12/01/electr…



When Transistor Count Mattered


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Many Hackaday readers have an interest in retro technology, but we are not the only group who scour the flea markets. Alongside us are the collectors, whose interest is as much cultural as it is technological, and who seek to preserve and amass as many interesting specimens as they can. From this world comes [colectornet], with a video that crosses the bridge between our two communities, examining the so-called transistor wars of the late 1950s and through the ’60s. Just as digital camera makers would with megapixels four or five decades later, makers of transistor radios would cram as many transistors as they could into their products in a game of one-upmanship.

A simple AM transistor radio can be made with surprisingly few components, but for a circuit with a reasonable performance they suggest six transistors to be the optimal number. If we think about it we come up with five and a diode, that’s one for the self-oscillating mixer, one for IF, an audio preamplifier, and two for the audio power amplifier, but it’s possible we’re not factoring in the relatively low gain of a 1950s transistor and they’d need that extra part. In the cut-throat world of late ’50s budget consumer electronics though, any marketing ploy was worth a go. As the price of transistors tumbled but their novelty remained undimmed, manufacturers started creating radios with superfluous extra transistors, even sometimes going as far as to fit transistors which served no purpose. Our curious minds wonder if they bought super-cheap out-of-spec parts to fill those footprints.

The video charts the transistor wars in detail, showing us a feast of tiny radios, and culminating in models which claim a barely credible sixteen transistors. In a time when far more capable radios use a fraction of the board space, the video below the break makes for a fascinating watch.

youtube.com/embed/UJpggY_R5rs?…


hackaday.com/2024/12/01/when-t…



Creating a Signature Wood Joint


A pair of hands hold two dark brown boards perpendicular two each other on a light brown benchtop. There are two light brown oval dowels in the end of one board that then project toward holes in the opposite board. Circular holes in the oval dowels are visible perpendicular to the second board, and will match up with holes in the board once pressed in. A cylindrical dowel is laying next to the joint and will be placed into the circular holes once assembled.

We really love when makers make their construction techniques evident in an aesthetically-pleasing way, and [Laura Kampf] has created a clever joint that reveals how a piece is made.

[Kampf] is a big fan of using her domino joiner, which is similar to biscuits or dowel joinery, but she didn’t love how it hid the construction of the joint. She first figured out an “off label” use of the joiner by running it from the outside of the joint to show the exposed domino from one end.

Building on the concept to show an interesting contrast on both sides of the joint, she drilled a hole perpendicular the domino and placed a dowel through it, creating a locking joint. The choice looks great once a finish is applied to really accentuate the contrast, and another bonus is that if glue is only applied to the dowel and domino, it becomes trivial to separate the joint if needed by drilling out the dowel.

If you’d like to see some other interesting ways to join wood, how about this laser-cut wedge tenon, soda bottle heat shrink, or this collection of CNC joints.

youtube.com/embed/YeT3lrI34bM?…


hackaday.com/2024/12/01/creati…



Bootkitty: Il primo Bootkit UEFI per Linux che rivoluziona il panorama delle minacce informatiche


Negli ultimi anni, il panorama delle minacce informatiche ha visto una continua evoluzione, con attacchi sempre più sofisticati e mirati. Una delle scoperte più recenti e preoccupanti in questo ambito è “Bootkitty”, il primo bootkit UEFI progettato per colpire i sistemi Linux. Identificato dai ricercatori di ESET, Bootkitty segna una nuova era di attacchi mirati al cuore dei sistemi operativi, infrangendo la percezione di Linux come una piattaforma relativamente sicura.

Che cos’è Bootkitty?


Bootkitty è un malware avanzato che sfrutta le vulnerabilità del processo di avvio dei sistemi Linux attraverso il firmware UEFI. Per capire la portata di questa minaccia, è necessario comprendere che un bootkit UEFI agisce a un livello estremamente profondo del sistema, intervenendo nei primi stadi dell’avvio per compromettere l’integrità del sistema operativo. Questo rende il malware non solo difficile da rilevare, ma anche estremamente resistente alle operazioni di rimozione.
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Scoperto per la prima volta il 5 novembre 2024, Bootkitty sembra essere ancora in una fase iniziale, forse un proof-of-concept. Tuttavia, la sua sofisticazione tecnica suggerisce che potrebbe essere utilizzato in futuro per attacchi mirati di alto profilo.

Il funzionamento di Bootkitty


Il funzionamento di Bootkitty è illustrato in un diagramma dettagliato che ne rivela l’architettura e le modalità di attacco. Vediamo i principali passaggi:

  1. L’ingresso nella partizione UEFI L’attacco inizia con l’infiltrazione nella partizione di sistema UEFI, dove il malware modifica o sostituisce file critici come shimx64.efi. Questo componente diventa il veicolo principale per caricare il bootkit all’interno del sistema, bypassando le protezioni di sicurezza standard.
  2. La manipolazione del bootloader GRUB Una volta penetrato nel sistema, Bootkitty prende di mira GRUB, il bootloader comunemente utilizzato su Linux. Modifica GRUB per disabilitare la verifica delle firme digitali, garantendo così il caricamento di file binari malevoli durante il processo di avvio.
  3. Compromissione del kernel Linux Il malware si spinge ancora oltre, intervenendo durante la decompressione del kernel Linux. Qui, Bootkitty modifica le funzioni di controllo dell’integrità e inietta codice malevolo, consentendo di aggirare i controlli di sicurezza e caricare moduli dannosi.
  4. Caricamento di binari ELF malevoli Attraverso la manipolazione della variabile LD_PRELOAD, Bootkitty carica file ELF sconosciuti, identificati come /opt/injector.so e /init. Questi file vengono eseguiti prima dell’inizializzazione completa del sistema, permettendo al malware di installarsi profondamente e garantire il proprio funzionamento.
  5. Persistenza e occultamento Infine, Bootkitty utilizza un modulo kernel associato chiamato “BCDropper” per mantenere la propria persistenza. Questo modulo implementa funzioni tipiche dei rootkit, come l’occultamento di file, processi e porte di comunicazione, rendendo estremamente difficile per i sistemi di sicurezza rilevarlo.


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Un attacco rivoluzionario


Il diagramma del flusso di attacco evidenzia quanto sia avanzata l’architettura di Bootkitty. Ogni passaggio è progettato con cura per eludere i controlli di sicurezza, sfruttando vulnerabilità sia del firmware UEFI che del kernel Linux. L’introduzione di un bootkit per Linux rappresenta un cambiamento importante, dimostrando che anche piattaforme considerate sicure non sono immuni agli attacchi mirati.

Un aspetto interessante è che Bootkitty è firmato con un certificato auto-generato. Questo significa che su sistemi con UEFI Secure Boot abilitato, il malware non può essere eseguito a meno che l’attaccante non abbia già installato il proprio certificato. Tuttavia, su sistemi con Secure Boot disabilitato o configurato in modo errato, Bootkitty può agire senza restrizioni.

Una possibile connessione con BlackCat


Alcuni componenti di Bootkitty, come il modulo “BCDropper”, hanno spinto i ricercatori a ipotizzare una possibile connessione con il noto gruppo ransomware ALPHV, conosciuto anche come BlackCat. Tuttavia, al momento non ci sono prove concrete che colleghino Bootkitty a questo gruppo, lasciando aperta la questione sulla vera origine del malware.

Le implicazioni di Bootkitty


Bootkitty rappresenta un segnale d’allarme per la comunità della sicurezza informatica. Linux, tradizionalmente visto come una piattaforma più sicura rispetto a Windows, è ora chiaramente un bersaglio per attacchi sofisticati. Questa scoperta evidenzia l’importanza di rafforzare le difese anche su sistemi che in passato potevano essere considerati meno vulnerabili.

Come difendersi


Per mitigare il rischio di attacchi come Bootkitty, è fondamentale adottare misure preventive:

  1. Mantenere aggiornati i sistemi: Assicurarsi che il firmware UEFI e il sistema operativo siano sempre aggiornati con le ultime patch di sicurezza.
  2. Abilitare UEFI Secure Boot: Configurare Secure Boot in modo sicuro per accettare solo certificati affidabili.
  3. Monitorare la partizione UEFI: Utilizzare strumenti avanzati per rilevare modifiche non autorizzate ai file di sistema critici.
  4. Implementare soluzioni di sicurezza avanzate: Adottare software in grado di monitorare e analizzare il processo di avvio per identificare comportamenti anomali.


Conclusioni


Bootkitty non è solo un malware; è un campanello d’allarme che ci ricorda come la sicurezza informatica debba essere sempre considerata una priorità, indipendentemente dalla piattaforma. La sua complessità tecnica e il livello di sofisticazione dimostrano che gli attaccanti stanno spingendo i limiti delle loro capacità per compromettere sistemi apparentemente sicuri.

Per affrontare queste nuove sfide, è necessario un approccio proattivo e una collaborazione continua tra esperti di sicurezza, aziende e sviluppatori. Solo così possiamo prepararci a difendere i nostri sistemi dalle minacce emergenti come Bootkitty, che rappresentano la nuova frontiera della cybercriminalità.

L'articolo Bootkitty: Il primo Bootkit UEFI per Linux che rivoluziona il panorama delle minacce informatiche proviene da il blog della sicurezza informatica.



🎯"Colleghi, sarò estremamente felice di vedervi in prima linea al fronte, visto che siete così contenti di illustrare dalla mattina alla sera in quest'aula come dobbiamo condurre una guerra infinita contro la Federazione russa"

L'intervento dell' eurodeputato Mazurek tradotto in italiano
Guerra, deputato umilia l'Europarlamento ▷ "Sarò felice di vedervi al fronte. Ma no, voi non ci andrete"
radioradio.it/2024/12/guerra-d…



Accendendo la tv spunta Carlo Conti che presenta dei bambini che cantano... non è che stanno esagerando con #Sanremo Giovani?



Tailwheel Trainer Go-Cart To Avoid Wrecked Planes


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Taildraggers remain a popular configuration for small aircraft, but they come with a significant risk during ground handling: ground loops. If the tail gets too far off course, it can swing around completely, often damaging or destroying aircraft if a wing hits the ground. Avoiding ground loops requires good rudder and brake control, and there currently isn’t a good way to learn it without getting into an actual aircraft. [Trent Palmer] is a pilot and who has been thinking about this problem for a few years, so he built a 3-wheeled electric go-cart to help pilots train their ground handling.

The cart is controlled exactly like a taildragger, with a pair of rudder pedals connected to the single steerable via cables, and springs to add some response delay. Independent hydraulic brakes on each main wheel, operated by toe pedals, further simulate the control on many aircraft. The main wheel are controlled with a throttle lever, with a differential to allow them to rotate at different speeds. The cart is unforgiving, and requires constant corrections with the pedals to keep it going straight.[Trent] had few pilot and non-pilot friends try out the cart, and even the experienced tailwheel pilots got into ground loop. It might be bit too sensitive, but everyone agreed that mastering this cart would significantly improve ground handling skills in actual aircraft.

Repairing a damaged aircraft can cost several thousand dollar, so a cheap training tool like this could prove invaluable flight schools and even individual pilots. [Trent] doesn’t have big plans for commercialization, but we wouldn’t be surprised if it goes that way.

Taildraggers are especially popular as bush planes, with many tracing their heritage from the humble Piper J-3 Cub. We’ve seen some extreme extreme modern bush planes, like [Mike Patey]’s Scrappy and Draco builds.

youtube.com/embed/CkeKbVq42Iw?…


hackaday.com/2024/12/01/tailwh…



Qualche giorno fa sono cascata dalle nuvole quando la farmacista mi ha detto che il vaccino per l'HPV che avevo comprato (200 €, grazie assicurazione che me li rimborserai) va conservato in frigo. Nessun problema per il trasporto verso casa (5 minuti a piedi e fuori faceva freddo), ma mi si è posto il problema di come portarlo dal dottore, visto che in quel caso il tragitto è di circa 20 minuti.
Non ho il freezer, per cui l'opzione borsa termica col siberino dentro non è percorribile.
Cerca che ti cerca, ho scoperto delle geniali pochette per insulina che si attivano solo con acqua e tengono in fresco fino a 45 ore. Ne ho ordinata una: la provo appena arriva, sono curiosa di vedere quanto raffredda!
(Marca Frio, se interessa a qualcuno)
#hpv #vaccinazione #medicinali

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Rockstar 2FA: Il Kit di Phishing che Bypassa l’MFA e Rende il Crimine Accessibile


Considerare l’autenticazione multifattore (MFA) come una difesa assolutamente inviolabile non solo è un errore, ma una pericolosa sottovalutazione. Un toolkit chiamato Rockstar 2FA, sta prendendo di mira gli utenti di Microsoft 365 e Google con attacchi sofisticati che sfruttano la tecnica Adversary-in-the-Middle (AiTM). Questo metodo permette agli attaccanti di intercettare in tempo reale credenziali e cookie di sessione, bypassando anche le protezioni MFA più avanzate.

Il Toolkit


Rockstar 2FA è un kit di phishing-as-a-service (PhaaS) che, per una cifra contenuta di $200 per due settimane o $350 al mese, consente anche ai criminali informatici meno esperti di lanciare campagne sofisticate. Questo strumento avanzato offre funzionalità come il bypass dell’MFA, permettendo il furto dei cookie di sessione, protezione antibot per evitare i rilevamenti automatizzati, e la possibilità di creare temi personalizzabili che replicano perfettamente le pagine di login di servizi noti. Inoltre, i link generati sono FUD (Fully Undetectable), cioè totalmente invisibili ai sistemi di sicurezza, e l’interfaccia fornisce un pannello di controllo intuitivo, che consente ai criminali di gestire e monitorare facilmente le loro campagne. Queste caratteristiche rendono Rockstar 2FA uno strumento potente e pericoloso, accessibile anche a chi ha poca esperienza tecnica, trasformando il crimine informatico in un’attività sempre più strutturata e professionale.

26706015Dashboard del portale Rockstar 2FA. Questo screenshot è stato preso dal sito Trustwave

Come funziona l’attacco?


Rockstar 2FA sfrutta una combinazione di vettori di attacco per colpire le sue vittime, utilizzando URL camuffati, codici QR e allegati dannosi inviati tramite account compromessi o strumenti di spamming. Una delle sue caratteristiche più insidiose è l’uso di piattaforme legittime come Google Docs Viewer e Microsoft OneDrive per ospitare i link di phishing, sfruttando così la fiducia degli utenti in questi servizi. Le false pagine di login, create con un’accuratezza estremamente dettagliata, imitano perfettamente quelle dei servizi reali. Una volta che l’utente inserisce le credenziali, queste vengono immediatamente inviate al server dell’attaccante, consentendogli di ottenere anche i cookie di sessione e aggirare le misure di autenticazione MFA.

26706018Email di phishing inviate da Rockstar 2FA. Questo screenshot è stato preso dal sito Trustwave

La minaccia di Rockstar 2FA si inserisce in una tendenza più ampia, in cui il phishing diventa sempre più accessibile e sofisticato grazie a strumenti come i phishing-as-a-service. Campagne parallele, come quella recentemente individuata da Malwarebytes e denominata Beluga, mostrano come i criminali utilizzino allegati dannosi per sottrarre credenziali, mentre altre operazioni fraudolente continuano a diffondere applicazioni dannose con la promessa di guadagni facili. Questi esempi sottolineano quanto sia fondamentale per le aziende e gli utenti finali mantenere alta la guardia contro attacchi sempre più avanzati e su misura.

Come difendersi?


In un contesto dove persino l’MFA può essere aggirato, la sicurezza richiede un approccio a 360 gradi. Ecco alcune misure essenziali:

  • Monitoraggio continuo dei sistemi: monitorare in tempo reale per rilevare accessi sospetti e comportamenti anomali.
  • Implementazione di soluzioni anti-phishing avanzate: soluzioni in grado di analizzare i link in tempo reale e bloccare quelli dannosi prima che raggiungano l’utente.
  • Sensibilizzazione degli utenti: fornire formazione continua per riconoscere e gestire correttamente email sospette, in modo che diventino una prima linea di difesa contro il phishing.


Conclusione


Rockstar 2FA non è solo una minaccia, ma un campanello d’allarme che segnala l’evoluzione del crimine informatico. Con la capacità di aggirare l’autenticazione MFA, il phishing non è più una semplice minaccia, ma un attacco strutturato e mirato che richiede una protezione adeguata.

Le aziende non possono più permettersi di basarsi esclusivamente su soluzioni tradizionali. La protezione contro questi attacchi sofisticati è una necessità strategica, che richiede investimenti in soluzioni avanzate e una vigilanza continua per proteggere le risorse più critiche e salvaguardare la fiducia degli utenti.

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8-Bit Computers Crunch Advanced Scientific Computations


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Although largely relegated to retrocomputing enthusiasts and embedded systems or microcontrollers now, there was a time when there were no other computers available other than those with 8-bit processors. The late 70s and early 80s would have seen computers with processors like the Motorola 6800 or Intel 8080 as the top-of-the-line equipment and, while underpowered by modern standards, these machines can do quite a bit of useful work even today. Mathematician [Jean Michel Sellier] wanted to demonstrate this so he set up a Commodore 64 to study some concepts like simulating a quantum computer.

The computer programs he’s written to do this work are in BASIC, a common high-level language of the era designed for ease of use. To simulate the quantum computer he sets up a matrix-vector multiplication but simplifies it using conditional logic. Everything is shown using the LIST command so those with access to older hardware like this can follow along. From there this quantum computer even goes as far as demonstrating a quantum full adder.

There are a number of other videos on other topics available as well. For example, there’s an AmigaBasic program that simulates quantum wave packets and a QBasic program that helps visualize the statistical likelihood of finding an electron at various locations around a hydrogen nucleus. While not likely to displace any supercomputing platforms anytime soon, it’s a good look at how you don’t need a lot of computing power in all situations. And, if you need a refresher on some of these concepts, there’s an overview on how modern quantum computers work here.


hackaday.com/2024/12/01/8-bit-…



E' lecito considerare un'opinione legittima come un'alta quella di chi considera il muro Berlino, con quello che consegue, accettabile, se non addirittura auspicabile?



Ho sempre avuto una specie di strana passione per i system #monitor, mi piacciono tutti, da top in giù.

Tra quelli grafici, credo di avere appena provato il mio nuovo preferito:
flathub.org/apps/net.nokyan.Re…



Upgrading the M4 Mac Mini with More Storage


A hand holds a small PCB with an edge connector over the exposed, mostly black components of an M4 Mac mini. The bottom cover is hanging by an FFC cable off to the left of the

Apple’s in-house chips have some impressive specs, but user serviceability is something Apple left behind for consumer machines around a decade ago. Repair legend [dosdude1] shows us how the new M4 Mac mini can get a sizeable storage upgrade without paying the Apple tax.

The Mac mini is Apple’s least expensive machine, and in the old days you could swap a SATA drive for more storage and not pay the exorbitant prices that OEMs demand. Never one to turn down a walled garden, later Intel machines and now the ARM-based M-series chips soldered storage into the machine leaving an upgrade out of the hands of anyone without a hot air station.

Both the Mac Studio and Mac mini now have proprietary storage cards, and after some tinkering, [dosdude1] has successfully upgraded the storage on the base model M4 mini. While most people don’t casually reball NAND chips while chatting on a video, his previous work with others in the space to make a Mac Studio upgrade kit give us hope we’ll soon see economical storage upgrades that keep the Mac mini affordable.

We’ve previously covered the first time Apple tried to make its own processors, and some of their more recent attempts at repairability.

youtube.com/embed/cJPXLE9uPr8?…


hackaday.com/2024/12/01/upgrad…



Zero-Day MotW su Windows 2021 Server: La Patch Che Microsoft Non Ti Offrirà è su 0Patch


I sistemi in End of Life (EOL), come Microsoft Windows Server 2012, hanno superato il loro ciclo di vita e non ricevono più supporto ufficiale da Microsoft. Questo significa che non vengono rilasciate patch di sicurezza, lasciando i bug noti non corretti e facilmente sfruttabili dagli attaccanti, aumentando notevolmente i rischi per la sicurezza.

La piattaforma 0patch ha rilasciato patch di sicurezza non ufficiali per risolvere una vulnerabilità zero-day nel meccanismo Mark of the Web (MotW) del sistema operativo Windows, scoperta più di due anni fa. Questa vulnerabilità consente di ignorare etichette di sicurezza aggiunte da Windows ai file provenienti da fonti non attendibili.

MotW contrassegna automaticamente i file scaricati, avvisandoti di una possibile minaccia. Ciò aiuta Microsoft Office, i browser e altre applicazioni a considerare i rischi durante l’apertura di tali documenti. Tuttavia, la vulnerabilità consente di aggirare questo meccanismo per determinati tipi di file.

Il co-fondatore di 0patch Mitja Kolshek ha affermato che il problema è stato identificato sui server Windows Server 2012 e 2012 R2. Secondo lui il bug è rimasto irrisolto anche sui sistemi con gli ultimi aggiornamenti e il programma Extended Security Updates. In questo modo un potenziale attacco può passare inosservato.

ACROS Security, proprietaria di 0patch, nasconde temporaneamente i dettagli sulla vulnerabilità per non provocare potenziali attacchi fino al rilascio delle patch ufficiali da parte di Microsoft. Tuttavia, gli utenti possono installare gratuitamente le micropatch per Windows Server 2012 e 2012 R2 aggiornati fino a ottobre 2023.

L’installazione delle patch richiede la registrazione di un account 0patch e l’esecuzione dell’agent, dopodiché gli aggiornamenti vengono applicati automaticamente, senza la necessità di riavviare il sistema. Ciò è particolarmente importante per le versioni precedenti di Windows che non ricevono più aggiornamenti di sicurezza ufficiali.

Mitja Kolšek ha osservato che tali vulnerabilità vengono regolarmente identificate e sfruttate attivamente dagli aggressori. Le soluzioni 0patch aiutano a proteggere i sistemi anche se non ricevono aggiornamenti da Microsoft per un motivo o per l’altro.

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Matrix: Il misterioso attore dietro una botnet IoT globale per attacchi DDoS


Gli esperti di Aqua avvertono che un gruppo o una persona con il soprannome di Matrix è associato ad attacchi DDoS su larga scala. Dietro questi attacchi si nasconde una botnet di dispositivi Internet of Things (IoT) che vengono violati attraverso varie vulnerabilità ed errori di configurazione.

Si tratta di una soluzione completa e universale per la ricerca e lo sfruttamento delle vulnerabilità, la distribuzione di malware e la creazione di kit già pronti. Questo approccio agli attacchi informatici può essere descritto come un approccio “fai da te””, affermano i ricercatori.

Secondo gli esperti, dietro questa attività potrebbe esserci una sola persona e c’è motivo di credere che si tratti di uno script kiddie in lingua russa.

Gli attacchi di Matrix prendono di mira principalmente indirizzi IP situati in Cina e Giappone, nonché Argentina, Australia, Brasile, Egitto, India e Stati Uniti. A quanto pare gli aggressori sono guidati esclusivamente da motivazioni finanziarie.

Le catene di attacco si basano sullo sfruttamento di vulnerabilità note, nonché sulla forza bruta di credenziali predefinite o non attendibili per ottenere l’accesso a vari dispositivi IoT (tra cui telecamere IP, DVR, router e apparecchiature di telecomunicazione).

Inoltre, secondo quanto riferito, gli aggressori hanno preso di mira server Telnet, SSH e Hadoop configurati in modo errato, con particolare attenzione agli intervalli di indirizzi IP associati ai fornitori di servizi cloud come Amazon Web Services (AWS), Microsoft Azure e Google Cloud.

È interessante notare che l’aggressore ha utilizzato elenchi speciali di fornitori di servizi cloud, prestando molta attenzione ai loro intervalli IP. Inoltre sono stati attaccati piccoli cloud privati ​​e aziende. Ad esempio, gli obiettivi includevano l’indirizzo IP di Intuit, nonché dispositivi IoT e numerose organizzazioni nella regione Asia-Pacifico, in particolare Cina e Giappone”, afferma il rapporto Aqua.

Allo stesso tempo, l’attività dannosa si basa in gran parte su script e strumenti disponibili gratuitamente ospitati su GitHub.

Alla fine, gli attacchi portano alla distribuzione del malware Mirai e di altri malware per attacchi DDoS su dispositivi e server compromessi. Tra questi: PYbot , pynet , DiscordGo , Homo Network , una soluzione JavaScript che implementa il crowding HTTP/HTTPS, nonché uno strumento per disabilitare la protezione di Microsoft Defender sulle macchine Windows.

I ricercatori hanno concluso che anche l’account GitHub di Matrix, creato nel novembre 2023, contiene una serie di artefatti relativi agli attacchi DDoS.
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Si ritiene che la botnet sia pubblicizzata come un servizio di attacco DDoS a noleggio e operi tramite un bot di Telegram che consente ai clienti di scegliere diversi livelli di “abbonamento” per eseguire attacchi (in cambio di un pagamento in criptovaluta).

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Attacco Informatico alla Snatt: Sistemi in Recupero e Cassa per 500 Lavoratori


Un attacco informatico ha colpito Snatt, riporta Il Resto Del Carlino, azienda leader nel settore logistico dell’abbigliamento. Una cyber gang criminale è riuscita a bloccare i sistemi per tre giorni, paralizzando le attività e causando una settimana di cassa integrazione per circa 500 lavoratori.

Secondo Federico Leoni, segretario della Filt Cgil reggiana intervistato dal Carlino, ha riportato che “la richiesta di cassa integrazione ha interessato 450 lavoratori nella provincia di Reggio“. La priorità è stata affidata a una task force di tecnici che, in pochi giorni, ha ripristinato l’operatività e installato protezioni di sicurezza informatica più potenti. Tuttavia, permangono lievi problematiche in alcune aree aziendali.

L’attacco, avvenuto due settimane fa, potrebbe essere stato preparato in anticipo tramite un’infezione malware. Non è chiaro se sia stato necessario pagare un riscatto, ma è certo che l’azienda ha subito un danno significativo. La Procura indaga per identificare i responsabili, con il sospetto che dietro vi sia una delle bande internazionali note per colpire aziende italiane di spicco.

Le modalità con cui la cyber gang ha agito rimangono coperte da riserbo. Al momento dalle nostre analisi di Cyber Threat Intelligence all’interno delle underground ancora non si rilevano rivendicazioni da parte di Cyber gang conosciute.

Nonostante la rapida ripresa, questi eventi sottolineano la vulnerabilità delle aziende italiane di fronte alla crescente minaccia del cybercrime.

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Pushing 802.11ah to the Extreme with Drones


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It might come as a surprise to some that IEEE, the Institute for Electrical and Electronics Engineers, does more than send out mailers asking people to renew their memberships. In fact, they also maintain various electrical standards across a wide range of disciplines, but perhaps the one most of us interact with the most is the 802.11 standard which outlines WiFi. There have been many revisions over the years to improve throughput but the 802.11ah standard actually looks at decreasing throughput in favor of extremely increased range. Just how far you can communicate using this standard seems to depend on how many drones you have.

802.11ah, otherwise known as Wi-Fi HaLow, operates in the sub-gigahertz range which is part of why it has the capability of operating over longer distances. But [Aaron] is extending that distance even further by adding a pair of T-Halow devices, one in client mode and the other in AP (access point) mode, on a drone. The signal then hops from one laptop to a drone, then out to another drone with a similar setup, and then finally down to a second laptop. In theory this “Dragon Bridge” could allow devices to communicate as far as the drone bridge will allow, and indeed [Aaron] has plans for future revisions to include more powerful hardware which will allow even greater distances to be reached.

While there were a few bugs to work out initially, eventually he was able to get almost two kilometers of distance across six devices and two drones. Something like this might be useful for a distributed network of IoT devices that are just outside the range of a normal access point. The Dragon Bridge borrowed its name from DragonOS, a Linux distribution built by [Aaron] with a wide assortment of software-defined radio tools available out of the box. He’s even put in on the Steam Deck to test out long-distance WiFi.

youtube.com/embed/8GYzzZYQY3Y?…


hackaday.com/2024/12/01/pushin…



Oggi, 1 dicembre, nel 1955


Rosa_Parks_being_fingerprinted_by_Deputy_Sheriff_D.H._Lackey_after_being_arrested_on_February_22-_1956-_during_the_Montgomery_bus_boycott

In violazione delle leggi sulla segregazione, a Montgomery, in Alabama, Stati Uniti, Rosa Parks, una attivista dei diritti civili, si rifiutò di cedere il suo posto sull'autobus a un passeggero bianco e fu arrestata, innescando un boicottaggio degli autobus di 381 giorni guidato da Martin Luther King, Jr.
@Storia
#otd

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Making a Stool from Clay


A brown sphere with a flat top, a nose and circular eyes sits on the ground surrounded by low vegetation. A wooden fence is behind it.

We’ve seen furniture made out of all sorts of interesting materials here, but clay certainly isn’t the first one that comes to mind. [Mia Mueller] is expanding our horizons with this clay stool she made for her garden.

Starting with an out-of-budget inspiration piece, [Mueller] put her own spin on a ceramic stool that looks like a whimsical human head. An experienced potter, she shows us several neat techniques for working with larger pieces throughout the video. Her clay extruder certainly beats making coils by hand like we did in art class growing up! Leaving the coils wrapped in a tarp allows her to batch the process coils and leave them for several days without worrying about them drying out.

Dealing with the space constraints of her small kiln, her design is a departure from the small scale prototype, but seeing how she works through the problems is what really draws us to projects like this in the first place. If it was easy, it wouldn’t be making, would it? The final result is a beautiful addition to her garden and should last a long time since it won’t rot or rust.

If you’re thinking of clay as a medium, we have some other projects you might enjoy like this computer mouse, 3D printing with clay, or a clay battery.

youtube.com/embed/X-EqYmgg6pc?…


hackaday.com/2024/11/30/making…



Arduino VGA, The Old Fashioned Way


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Making a microcontroller speak to a VGA monitor has been a consistent project in our sphere for years, doing the job for which an IBM PC of yore required a plug-in ISA card. Couldn’t a microcontroller talk to a VGA card too? Of course it can, and [0xmarcin] is here to show how it can be done with an Arduino Mega.

The project builds on the work of another similar one which couldn’t be made to work, and the Trident card used couldn’t be driven in 8-bit ISA mode. The web of PC backwards compatibility saves the day though, because many 16-bit ISA cards also supported the original 8-bit slots from the earliest PCs. The Arduino is fast enough to support the ISA bus speed, but the card also needs the PC’s clock line to operate, and it only supports three modes: 80 x 25, 16 colour text, 320 x 200, 256 colour graphics, and 640 x 480, 16 colour graphics.

Looking at this project, it serves as a reminder of the march of technology. Perhaps fifteen years or more ago we’d have been able to lay our hands on any number of ISA cards to try it for ourselves, but now eight years after we called the end of the standard, we’d be hard placed to find one even at our hackerspace. Perhaps your best bet if you want one is a piece of over-the-top emulation.


hackaday.com/2024/11/30/arduin…



Uncle Sam Wants You to Recover Energy Materials from Wastewater


Stylized silver text with the the word: "arpa-e" over the further text: "Changing What's Possible"

The U.S. Department of Energy’s (DOE) Advanced Research Projects Agency-Energy (ARPA-E) was founded to support moonshot projects in the realm of energy, with a portfolio that ranges from the edge of current capabilities to some pretty far out stuff. We’re not sure exactly where their newest “Notice of Funding Opportunity (NOFO)” falls, but they’re looking for critical materials from the wastewater treatment process. [via CleanTechnica]

As a refresher, critical materials are those things that are bottlenecks in a supply chain that you don’t want to be sourcing from unfriendly regions. For the electrification of transportation and industrial processes required to lower carbon emissions, lithium, cobalt, and other rare earth elements are pretty high on the list.

ARPA-E also has an interest in ammonia-based products which is particularly interesting as industrial fertilizers can wreak havoc on natural ecosystems when they become run off instead of making it into the soil. As any farmer knows, inputs cost money, so finding an economical way to recover those products from wastewater would be a win-win. “For all categories, the final recovered products will need to include at least two targeted high energy-value materials, have greater than 90% recovery efficiency, and be commercially viable in the U.S. market.” If that sounds like the sort of thing you’d like to try hacking on, consider filling out an Applicant Profile.

If you’re curious about where we’re getting some of these materials from right now, checkout our series on Mining and Refining, including the lithium and cobalt ARPA-E wants more of.


hackaday.com/2024/11/30/uncle-…



It’s Like LightScribe, But For Floppies!


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Back when CD-Rs were the thing, there were CD burner drives which would etch images in the unoccupied areas of a CD-R. These so-called LightScribe drives were a novelty of which most users soon tired, but they’re what’s brought to our mind by [dbalsom]’s project. It’s called PNG2disk, and it does the same job as LightScribe, but for floppies. There’s one snag though; the images are encoded in magnetic flux and thus invisible to the naked eye. Instead, they can be enjoyed through a disk copying program that shows a sector map.

The linked GitHub repository has an example, and goes in depth through the various options it supports, and how to view images in several disk analysis programs. This program creates fully readable disks, and can even leave space for a filesystem. We have to admit to being curious as to whether such an image could be made physically visible using for example ferrofluid, but we’d be the first t admit to not being magnetic flux experts.

PNG2disk is part of the Fluxfox project, a library for working with floppy disk images. Meanwhile LightScribe my have gone the way of the dodo, but if you have one you could try making your own supercaps.


hackaday.com/2024/11/30/its-li…



NIS2, al via il censimento dei soggetti interessati: tutto quello che c’è da sapere


Dal primo dicembre i soggetti impattati dalla NIS2 potranno cominciare a registrarsi sulla piattaforma digitale dell’ACN, pena l’applicazione di sanzioni. Si rende quindi necessario comprendere quali siano le organizzazioni potenzialmente coinvolte dai nuovi obblighi e gli elementi centrali della normativa

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Attacchi deepfake e ransomware: Italia nel mirino


Dal nuovo report di Tinexta Cyber emerge un calo delle vittime, anche in Italia dove il declino è a due cifre, ma aumentano le cyber gang e si allarga il numero dei Paesi bersaglio di attacchi. Ecco i rischi maggiori secondo Risk Report 2024 e come mitigare il rischio

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Software gestionali, c’è il codice di condotta che fissa regole e limiti per il trattamento dati


Il Garante privacy ha approvato il primo codice di condotta destinato alle imprese operanti in Italia nell’ambito della produzione di software gestionali. Promosso da Assosoftware, il documento fissa le regole e i limiti per il trattamento di dati personali. Ecco i punti salienti

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Gli attacchi DDoS sono in aumento. E difendersi è tutt’altro che facile


Un rapporto di F5 Labs mostra che gli attacchi DDoS sono vivi e prolificano anche a danno di organizzazioni italiane. Tra le vittime illustri anche il sito web del Vaticano. Il parere dell’esperto

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