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SputniX - LinuxDay 2025 Palermo


sputnix.it/jit/index.php?optio…
Segnalato da Linux Italia e pubblicato sulla comunità Lemmy @GNU/Linux Italia
26 Ottobre 2024 - Aula Magna Vincenzo Li Donni - Viale delle Scienze - Università degli studi di Palermo
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This Plane Flies Slow Because Its Wings Really Blow


The key to Short Takeoff and Landing (STOL) operations is the ability to fly slow– really slow. That’s how you get up fast without a long takeoff roll to build up speed. Usually, this involves layers of large flaps and/or leading edge slots, but [rctestflight] on YouTube decided he wanted to take a more active approach with a fully blown wing.

The airplane in question is R/C, of course, and good thing: these wings would be a safety nightmare for a manned aircraft. With a blown wing, air is blown out of a slot on the top end of the wing, producing a high-speed, high-pressure zone that keeps the wing flying when it would otherwise be completely stalled out. As long as everything works, that’s great! If an engine fails, well, suddenly you aren’t flying anymore — and you’re going too slow to glide. It ends badly.

[rctestflight] doesn’t have to worry about that, though, because this foamboard and pink styro R/C aircraft carries nothing that can’t survive a crash. (A couple of electric ducted fans (EDCs), an Ardupilot, a radio, and a battery are all pretty shock-resistant.) The EDCs sit midway down the chord of the wings, and blow air into a plenum carved into the foam. On each wing, the exhaust from the fans is driven rearward from a slot created by a piece of carbon fiber. This air serves not only as a lift-enhancement but also as the plane’s sole propulsion and a component of its control system.

Propulsion makes sense: all that air washing back of the wing was bound to create thrust, but control? Well, if you run the EDCs at different speeds, you’re going to create a different amount of thrust on each side of the aircraft. Differential thrust on a twin-engined aircraft can usually control yaw, but on this plane, it will also speak to pitch as the wing with more thrust will experience greater lift, causing that wing to rise and forcing the other to drop. It’s an interesting control scheme, but ultimately [rctestflight] decided he did not trust it enough not to add in ailerons.

The blown wing does work, however, with the plane having a very, very impressively short takeoff distance– doubly so for a seaplane. We shouldn’t be surprised, though. [rctestflight] has been at this a long time; we’ve seen everything from human-carrying hydrofoils to a series of solar soarers, to a 3D-printed rover-tank from the prolific YouTuber.

We still wouldn’t ride in it, though.

youtube.com/embed/o6FMjOl0TRA?…


hackaday.com/2025/08/02/this-p…



Thanks, Tamiya-san


We’re saddened to report the passing of Shunsaku Tamiya, the man behind the Tamiya line of models. What was surprising about this, though, is how many of our readers and writers alike felt touched by the Tamiya model company. I mean, they made great models, and they’re definitely a quality outfit, but the outpouring of fond memories across a broad spectrum was striking.

For example, we originally ran the story as breaking news, but our art director Joe Kim spent a good part of his childhood putting together Tamiya kits, and felt like he absolutely had to do a portrait of Mr. Tamiya to pay his respects. I presume Joe is more on the painting-the-models end of the spectrum of Tamiya customers, given his artistic bent. Jenny’s writeup is absolutely touching, and her fond remembrances of the kits shines through her writing.

Myself, I’m on the making-small-robots end of the spectrum, and was equally well served. Back in the early ’90s, the “twin motor gearbox” was a moderately challenging and tremendously rewarding build for me, but it was also the only variable-ratio small motor gearbox that we had easy access to for making small bots to run around the living room.

Indeed, the Tamiya line included a whole series of educational models and components that were just perfect for the budding robot builder. I’m sure I have a set of their tank treads or a slip clutch in a box somewhere, even today.

It’s nice to think of how many people’s lives were touched by their kits, and to get even a small glimpse of that, you just need to read our comment section. We hope the company holds on to Mr. Tamiya’s love for quality kits that inspire future generations, whether they end up becoming artists, engineers, or simply hackers.

This article is part of the Hackaday.com newsletter, delivered every seven days for each of the last 200+ weeks. It also includes our favorite articles from the last seven days that you can see on the web version of the newsletter. Want this type of article to hit your inbox every Friday morning? You should sign up!


hackaday.com/2025/08/02/thanks…

Oloturia reshared this.



Costa 5 iPhone, salta, tira pugni ma ancora non lava i piatti. R1, il robot cinese che sta sconvolgendo il web


Nel panorama sempre più affollato dei robot umanoidi, il nuovo Unitree R1 ha fatto notizia non solo per le sue capacità acrobatiche, ma soprattutto per un prezzo che rompe gli schemi: circa 5.900 dollari (circa 5.500 euro). Un costo sorprendente se pensiamo che i modelli precedenti – come il G1 della stessa Unitree – arrivavano a sfiorare i 99.000 yuan (oltre 12.000 euro).

Ma cosa può fare davvero il R1? E possiamo immaginarlo davvero come assistente domestico?

youtube.com/embed/bxa93wSbtDQ?…

Tecnologia e caratteristiche


R1 è alto circa 1,21 metri, pesa 25 kg e ha ben 26 gradi di libertà che gli permettono movimenti complessi e fluidi: capriole, pugni, calci rotanti, perfino verticali. Il tutto grazie a una combinazione di motori ad alta coppia, giunti avanzati e un modulo di intelligenza artificiale capace di riconoscere voce, immagini e rispondere ai comandi.

Integra:

  • Telecamera binoculare per la visione 3D
  • Microfoni e altoparlanti stereo
  • Connettività Wi‑Fi 6 e Bluetooth 5.2
  • Batteria rimovibile che garantisce circa 1 ora di autonomia


E nelle faccende di casa?


Qui arriva la (parziale) delusione:

  • La versione base del R1 non ha mani funzionanti; può muovere le braccia, ma non afferrare o manipolare oggetti.
  • L’autonomia ridotta e la necessità di script o comandi manuali rendono complesso pensare a un robot che lavi i piatti o passi l’aspirapolvere.

Chi vuole davvero provare a trasformarlo in un aiuto domestico deve guardare alla versione EDU, dotata di mani tattili e modulo di calcolo più potente, ma a un prezzo più alto.

A cosa serve davvero oggi?


Il R1 non è (ancora) il maggiordomo robotico che sogniamo, ma ha un potenziale enorme:

  • Robotica educativa e ricerca
  • Sperimentazione di IA e algoritmi di percezione e movimento
  • Dimostrazioni ed eventi (immaginate un robot che fa parkour dal vivo)
  • Sviluppo di applicazioni custom per aziende o università


Perché è importante


Il vero punto forte del R1 è il prezzo: meno di 6.000 dollari significano che startup, ricercatori e maker possono finalmente mettere le mani su un umanoide programmabile, senza dover investire cifre a sei zeri.

In più, Unitree ha dimostrato che è possibile progettare robot complessi con costi relativamente accessibili, accelerando una corsa che potrebbe trasformare profondamente mercati come:

  • la formazione tecnica e universitaria
  • l’intrattenimento live e digitale
  • l’industria e la robotica collaborativa


Conclusione


Il Unitree R1 oggi è più performer da palco che domestico. Ma, se guardiamo alla velocità con cui l’azienda cinese sta migliorando design e prezzi, possiamo immaginare un futuro non troppo lontano in cui avere un robot umanoide in casa non sarà più fantascienza, ma una realtà accessibile.

Per ora, chi vorrà provare a farlo cucinare o pulire dovrà armarsi di pazienza, tanto codice… e probabilmente qualche upgrade hardware.

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Allarme Backdoor! La Cina preoccupata di possibili interferenze tramite i chip Nvidia


La Cyberspace Administration of China (CAC) ha espresso preoccupazione per la recente proposta degli Stati Uniti di integrare funzionalità di tracciamento e localizzazione nei chip avanzati destinati all’esportazione. Questa misura potrebbe compromettere le prospettive di vendita di Nvidia nel mercato cinese, proprio poche settimane dopo la revoca del divieto statunitense all’esportazione dei chip H20 dell’azienda.

In un comunicato diffuso giovedì, la CAC ha reso noto di aver convocato Nvidia per chiarire se il chip H20 contenesse potenziali rischi di sicurezza, in particolare la presenza di una “backdoor”: un meccanismo nascosto in grado di aggirare le normali misure di autenticazione o sicurezza, aprendo la strada a possibili accessi non autorizzati. Nvidia, dal canto suo, ha negato categoricamente ogni rischio. Un portavoce dell’azienda ha dichiarato:

“La sicurezza informatica è di fondamentale importanza per noi. Nei chip Nvidia non sono presenti meccanismi di backdoor a cui altri possano accedere o che possano controllare da remoto”.

Questa vicenda si inserisce in un contesto di tensioni crescenti nella guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina. La revoca del divieto all’esportazione dell’H20 – imposto ad aprile – è arrivata dopo che Nvidia aveva progettato questo chip appositamente per il mercato cinese, cercando di aggirare le restrizioni introdotte dagli Stati Uniti alla fine del 2023 sui chip AI più avanzati.

All’inizio del mese, il CEO di Nvidia, ha compiuto una visita ufficiale in Cina, partecipando a numerosi eventi pubblici e incontrando funzionari governativi. Durante il viaggio, Huang ha ribadito l’impegno dell’azienda per sostenere lo sviluppo dell’intelligenza artificiale nel Paese, cercando di consolidare il rapporto con Pechino.

Una domanda che resta forte


Secondo Charlie Chai, analista presso la società di ricerca tecnologica 86Research, l’iniziativa della Cina avrebbe più un significato simbolico che pratico:

“Non crediamo che la Cina imporrà vincoli così severi da compromettere realmente l’operatività di Nvidia. La carenza di alternative fa sì che la Cina abbia ancora bisogno dei chip Nvidia per alimentare la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico”.

Oltre alle aziende private, i chip Nvidia risultano fondamentali anche per istituti di ricerca statali, università e persino enti militari. Stando a quanto riportato da Reuters, la scorsa settimana Nvidia avrebbe ordinato 300.000 chip H20 alla propria fonderia partner, la Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. (TSMC), per rispondere alla forte domanda del mercato cinese.

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Un nuovo partito di sinistra per la Colombia di Petro


@Notizie dall'Italia e dal mondo
La condanna storica di Uribe scuote gli equilibri in vista delle elezioni del 2026, mentre la sinistra colombiana si riorganizza in un nuovo partito per arginare il ritorno dell’estrema pagineesteri.it/2025/08/02/ame…





An ATTiny GPU Fan Controller That Sticks


ATTiny85 as fan controller

When your GPU fan goes rogue with an unholy screech, you either shell out for a new one or you go full hacker mode. Well, [ashafq] did the latter. The result is a delightfully nerdy fan controller powered by an ATTiny85 and governed by a DS18B20 temperature sensor. We all know a silent workstation is golden, and there’s no fun in throwing money at an off-the-shelf solution. [ashafq]’s custom build transforms a whiny Radeon RX 550 into a cool, quiet operator. Best of all: it’s built from bits likely already in your junk drawer.

To challenge himself a bit, [ashafq] rolled his own temperature-triggered PWM logic using 1-wire protocol on an ATtiny85, all without libraries or bloated firmware. The fan’s speed only ramps up when the GPU gets toasty, just like it should. It’s efficient and clever, and that makes it a fine hack. The entire system runs off a scavenged 12V fan. He could have used a 3D printer, but decided to stick onto the card with double-sided tape. McGyver would approve.

The results don’t lie: idle temps at 40 °C, load peaking at 60 °C. Quieter than stock, smarter than stock, and way cheaper too. The double-sided tape may not last, but that leaves room for improvement. In case you want to start on it yourself, read the full write-up and feel inspired to build your own. Hackaday.io is ready for the documentation of your take on it.

Modifying fans is a tradition around here. Does it always take a processor? Nope.


hackaday.com/2025/08/02/an-att…



Ecco come l’intelligenza artificiale (e non solo) sta ridisegnando la guerra

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Tra droni, visori, e robot, la violenza è sempre più simile a un videogioco, più facile e più economica. Così si diffonde più in fretta. L’approfondimento di Laura Turini, estratto




Paul Weller – Find El Dorado
freezonemagazine.com/articoli/…
A 67 anni, Paul Weller non ha più nulla da dimostrare. Eppure, continua a cercare. Non la novità a tutti i costi, ma ciò che resiste: le melodie dimenticate, le parole che ancora dicono qualcosa, le storie rimaste inascoltate. Find El Dorado, suo nuovo album, non è un semplice disco di cover: è un atto […]
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A 67 anni, Paul


Microsoft Edge lancia la modalità Copilot seguendo quanto fatto da Chrome


Dopo due anni di piccole modifiche alle funzionalità di intelligenza artificiale del browser Edge, recentemente Microsoft ha aggiunto la modalità Copilot al browser Edge, entrando ufficialmente nel mercato dei browser con intelligenza artificiale.

Nello specifico, la funzione AI nel browser Edge non è più solo una barra laterale di chat come in precedenza. La nuova modalità Copilot consente all’AI di leggere e comprendere il contenuto delle pagine web, ad esempio aiutando a interpretare una pagina di documentazione tecnica o a fornire una panoramica di visualizzazione per un video di YouTube.

Può anche navigare contemporaneamente su tutte le pagine web aperte e, quando hai difficoltà a passare da una pagina all’altra di un prodotto o di un hotel, può aiutarti a creare una tabella di confronto per aiutarti a prendere una decisione. Microsoft ha anche aggiunto funzionalità di chat vocale, che ti consentono di comprendere le pagine web e di comunicare con l’intelligenza artificiale in tempo reale.

Queste funzionalità potrebbero sembrare simili a quelle dei browser AI attualmente sul mercato, ma il CEO di Microsoft Satya Nadella le ha elogiate molto, affermando: “Questo è il primo passo per ridefinire il browser per l’era dell’intelligenza artificiale”.

Questa funzionalità è attualmente in fase sperimentale e Microsoft afferma che aggiungerà gradualmente nuove funzionalità alla modalità Copilot. Un’altra implicazione di questa sperimentazione è che la modalità Copilot è attualmente “gratuita per un periodo di tempo limitato”. Considerando che Copilot si basa ancora sui modelli di base di OpenAI, ciò significa che è possibile utilizzare gratuitamente molte delle funzionalità a pagamento di ChatGPT.

Ad esempio, è possibile utilizzare la funzionalità a pagamento DeepResearch di ChatGPT in modalità Copilot. Nadella ha anche rivelato che lancerà una funzionalità di task agent, che consentirà agli utenti di delegare attività a Copilot durante la navigazione sul web. Un imprenditore nel campo dell’intelligenza artificiale l’ha definita un’alternativa gratuita a ChatGPT Agent. ChatGPT Agent è attualmente disponibile solo per gli utenti Plus e superiori, con una quota mensile minima di 20 dollari.

Questa è probabilmente la maggiore attrattiva di Edge rispetto ad altri browser basati su intelligenza artificiale. Prima che OpenAI lanci ufficialmente il proprio browser, è possibile utilizzare la versione alternativa di ChatGPT in Edge, il che fornisce a Sam Altman un’ulteriore scusa per lasciare Microsoft.

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Vibe Coding fuori controllo. L’IA Genera codice vulnerabile, ma tutti se ne fregano


L’intelligenza artificiale sta diventando sempre più un assistente per i programmatori, ma uno studio di Veracode ha dimostrato che la praticità comporta un rischio per la sicurezza. Un’analisi di 100 modelli linguistici principali (LLM) ha rivelato uno schema allarmante: in quasi la metà dei casi, i modelli generano codice vulnerabile.

Secondo un rapporto di Veracode, il 45% del codice generato dalle attività conteneva vulnerabilità note. E questo vale anche per i modelli più nuovi e potenti. La situazione non è cambiata molto negli ultimi due anni, nonostante il progresso tecnologico.

Sono stati condotti test su 80 task in quattro linguaggi di programmazione: Java, JavaScript, C# e Python. Sono state verificate le vulnerabilità più comuni: SQL injection, XSS, log injection e utilizzo di crittografia non sicura.

Java ha mostrato i risultati peggiori: solo il 28,5% delle soluzioni era sicuro. I migliori sono stati Python (61,7%) e JavaScript (57%). Gli sviluppatori attribuiscono questo risultato alla qualità dei dati di training: Java era spesso utilizzato prima dello studio attivo delle SQL injection e i modelli erano in grado di “imparare” i cattivi esempi.

Gli LLM sono particolarmente scarsi nel gestire XSS e log injection, con un punteggio di superamento non superiore al 13%. La situazione è migliore con SQL injection ed errori crittografici, con un livello di sicurezza del codice che raggiunge l’80-85%.

La dimensione del modello non ha praticamente alcun effetto sul risultato. Anche i modelli LLM con più di 100 miliardi di parametri mostrano lo stesso tasso di successo del 50% dei modelli più piccoli con meno di 20 miliardi.

I ricercatori sottolineano che gli LLM generalmente non sono efficaci nel sanificare i dati di input, soprattutto senza contesto. Il problema è aggravato dal fatto che la maggior parte dei modelli è stata addestrata su codice disponibile pubblicamente su GitHub e altri siti, che spesso contengono esempi non sicuri, a volte anche intenzionalmente, come in progetti educativi come WebGoat.

Veracode avverte che le aziende che stanno già implementando l’intelligenza artificiale nella fase di sviluppo, sia tramite piattaforme open source, appaltatori o low-code, potrebbero aumentare inconsapevolmente il rischio di violazioni dei dati e attacchi.

Il CEO di Val Town, Steve Kraus, chiama questo codice “vibe code” nel suo blog: è instabile, si rompe continuamente e richiede molto debug. Secondo lui, il “vibe coding” crea debito tecnico alla stessa velocità con cui l’intelligenza artificiale genera righe di codice. Può andare bene per i prototipi, ma non per progetti seri.

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I media on line saranno ammazzati dall’intelligenza artificiale di Google? Report Guardian

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Uno studio sostiene che i siti precedentemente al primo posto possono perdere il 79% del traffico se i risultati appaiono sotto la panoramica di Google.

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Gaza, Segre sull'ammonimento di Grossman: “La parola genocidio è troppo carica di odio”

fa più paura una parola della carneficina che sta facendo israele (uno stato teoricamente democratico e responsabile) su bambini e civili? forse la Segre non è quella brava persona che pensavo.



Custom Bedroom Lighting Controlled By Alexa


[Arkandas] had a problem. They liked reading in bed, but their bedroom lamps weren’t cutting it—either too bright and direct, or too dim and diffuse. The solution was custom lighting, and a new project began.

The concept was simple—build a custom controller for a set of addressable LED lighting strips that would be installed in the bedroom. Specifically, in the headboard of the bed, providing controllable light directly where it was needed. The strips themselves were installed in aluminum channel with plastic diffusers to give a nice smooth light. [Arkandas] then tasked an ESP32 to control the strips, using the FastLED library to work with WS2812B LEDs, and also the Adafruit NeoPixel library for using SK6812 LEDs and their extra white channel. The ESP32 was set up to provide a web interface for direct control over the local network. [Arkandas] also made good use of the FauxmoESP library to enable the device to be controlled via Amazon Alexa, which fit nicely into their existing smarthome setup. Files are on Github for the curious.

The final build works well, creating a soft light in the habitable area of the bed that can also be readily controlled via voice commands or via web. We’ve seen the ESP32 do other great feats in this arena before, too, albeit of the more colorful variety. Meanwhile, if you’re cooking up your own smart lighting solutions, don’t hesitate to tell the tipsline!


hackaday.com/2025/08/02/custom…



Le Chat con ChatGPT condivise su Google! Minaccia per la privacy o opportunità SEO?


Google ha iniziato a indicizzare le conversazioni di ChatGPT che gli utenti condividono tramite il pulsante “Share“. Il problema è venuto alla luce per la prima volta grazie a un’inchiesta giornalistica di Fast Company, che ha rivelato – attraverso l’utilizzo delle Google Dorks – che nei risultati di ricerca di Google apparivano circa 4.500 conversazioni ChatGPT.

A prima vista (come riporta un post su linkedin di Jean Bonnenfant), per molti questa novità suona come un incubo per la privacy: le proprie domande, riflessioni o perfino idee di business rischiano di diventare pubbliche e ritrovarsi visibili nei risultati di ricerca. Tuttavia, guardando più in profondità, questa mossa potrebbe trasformarsi in una rivoluzione per il mondo del digital marketing, offrendo opportunità senza precedenti in ottica SEO e content marketing.

Chiunque abbia mai lavorato nel marketing digitale conosce l’importanza della search intent: capire cosa cercano davvero gli utenti, quali problemi vogliono risolvere e quali domande si pongono. Fino a ieri, per scoprirlo si utilizzavano strumenti di keyword research, forum, social media e interviste dirette.

Ora, grazie a questa indicizzazione, basta cercare su Google usando la formula site:chatgpt.com/share seguita da una parola chiave per scoprire le domande reali che le persone stanno ponendo a un’intelligenza artificiale su un determinato tema.

Questo è un vero e proprio tesoro nascosto di ricerche di mercato gratuite: centinaia, migliaia o addirittura milioni di conversazioni che rivelano dubbi, paure e curiosità del pubblico. È come accedere direttamente alla parte più spontanea e intima dei processi di ricerca, senza filtri e senza la timidezza che talvolta blocca gli utenti sui social o nei forum pubblici.

Ma non finisce qui. Per chi crea contenuti, queste conversazioni sono una miniera d’oro: domande che nessuno ha ancora trattato, problemi troppo specifici per emergere dai tradizionali tool SEO, o curiosità che le persone non osano chiedere apertamente in pubblico. Tutto questo materiale può diventare fonte di articoli, video, podcast e post social estremamente mirati e utili per il proprio pubblico.

In pratica, si sta creando una sorta di database pubblico di conversazioni AI-utente: un nuovo tipo di contenuto generato dagli utenti (UGC) che racconta in modo diretto le esigenze reali delle persone. Le aziende e i brand che sapranno sfruttare per primi questa risorsa potranno ottenere un vantaggio competitivo notevole, anticipando trend, rispondendo a domande non ancora coperte e intercettando nuovi segmenti di pubblico.

Naturalmente, resta il tema della privacy: molti non si rendono conto che, condividendo una conversazione, questa diventa potenzialmente pubblica e indicizzabile. La buona notizia è che OpenAI offre un’opzione per disattivare questa condivisione pubblica semplicemente deselezionando la casella “Share” al momento della condivisione. In ogni caso, questo cambiamento segna l’inizio di una nuova era per il content marketing, dove la voce autentica delle persone che dialogano con l’IA diventa parte integrante del web che tutti possiamo esplorare.

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libero reshared this.

in reply to Fabio

@Fabio AHAHAHA, non avevo capito! 😅

Comunque non credo: se non ho capito male, il blog in questione non è altro che un canale di contatto che consente all'autore di spedire articoli di vecchie riviste in formato cartaceo originale e agli acquirenti di comprarli al solo costo di spedizione di stampe (il famoso piego postale) 🤣

@Franc Mac @Ska



Segre, “La parola genocidio è troppo carica di odio”


La senatrice Segre parlando di quanto sta facendo Israele ai palestinesi usa termini forti, "abominio", "disumanità", "squadrismo" non fa certo sconti, ma il genocidio ancora non lo vede, oppure lo vede ma ancora non riesce a denunciarlo.

È una persona che ha attraversato l'inferno scalza e probabilmente dopo averlo fatto risulta troppo difficile ammettere che quell'inferno è ancora lì e che adesso ad alimentarne il fuoco sono "i salvati", il gruppo di cui ci siamo sentiti parte per una vita intera.

Usare il termine "genocidio" per lei è troppo ma quello che dice a me basta.

Credo siano altri quelli a cui dobbiamo chiedere conto delle loro reticenze.

rainews.it/articoli/2025/08/ga…

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