Comunicazione di servizio: nei prossimi giorni saranno possibili disservizi per la migrazione dei server poliverso.org e poliversity.it
A causa dell'incremento dei costi dovuti alla necessità di disporre di una sempre più elevata potenza di calcolo, abbiamo valutato l'impiego di un unico server dedicato a entrambe le comunità social poliverso.org e poliversity.it
Questa migrazione, che potrebbe comportare diverse ore di indisponibilità del sistema, avverrà nei prossimi giorni, ma a causa delle incipienti vacanze non sappiamo dirvi precisamente quando verrà effettuata se non con un breve anticipo.
Gli annunci saranno effettuati anche dagli account di @informapirata :privacypride: e di @Poliverso :friendica: e verranno pubblicati sulla comunità Lemmy @Che succede nel Fediverso? dedicata al Fediverso, in modo che potrete essere informati anche durante i momenti di indisponibilità del sistema.
Vi ricordiamo che potete supportare il nostro progetto attraverso due canali di finanziamento:
1) Ko-Fi: ko-fi.com/poliverso
2) Liberapay: liberapay.com/poliverso
poliverso's profile - Liberapay
Poliverso è la più grande istanza italiana di Friendica. I fondi raccolti verranno utilizzati per finanziare la manutenzione di poliverso.org (friendica), di poliversity.it …Liberapay
like this
reshared this
GAZA. In 77 giorni 20.000 morti e 53.000 feriti. Nella Striscia 1 bagno ogni 220 persone
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
di Eliana Riva –
Pagine Esteri, 22 dicembre 2023. Dopo 48 ore di blackout delle telecomunicazioni, il Ministero della Salute di Gaza ha oggi comunicato il numero dei palestinesi uccisi negli ultimi due giorni: 390, 734 i feriti.
Il numero totale dei morti accertati nella Striscia, sempre su comunicazione del Ministero della Sanità, supera i 20.000 (20.057) dal 7 ottobre 2023. Di questi circa 8.000 sono bambini e minori. I feriti sono almeno 53.320. Ma tenere un conteggio preciso diventa giorno dopo giorno più difficile: non ci sono più ospedali realmente funzionanti nel nord di Gaza, al sud la situazione è disperata e sono decine i palestinesi che ogni giorno lasciano i rifugi per provare a recuperare i corpi dei parenti rimasti sotto le macerie delle proprie abitazioni. La Mezzaluna Rossa palestinese ha fatto sapere questa mattina che la sala operativa continua a ricevere decine di telefonate di persone che supplicano e piangono per ricevere un soccorso che non potrà arrivare: non esiste un coordinamento per un accesso sicuro nelle aree sotto bombardamento e a Jabalia l’esercito israeliano ha bloccato le ambulanze, impedendo alle squadre mediche di muoversi.
🚨 Colleague Rana Al-Faqiha from the central operations room at the PRCS reports, “We receive dozens of calls from people pleading and crying for ambulance vehicles 🚑 to transport the wounded and injured in the airstrikes, whether in Gaza, the north, or some areas in… pic.twitter.com/dD5oTV9ljQ— PRCS (@PalestineRCS) December 21, 2023
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che la “combinazione letale di fame e malattie causerà molti altri morti nella Striscia di Gaza”. La fame che attanaglia la popolazione della Striscia, composta oramai quasi interamente da sfollati, porterà a un aumento delle malattie soprattutto tra i bambini, le donne incinte, quelle che allattano e gli anziani. Almeno una famiglia su 4, secondo le stime pubblicate oggi, si trova in “condizioni catastrofiche”, ossia muore letteralmente di fame oppure sperimenta una carenza estrema di cibo o, ancora, ha venduto i suoi beni primari per potersi procurare un pasto. I membri dell’OMS presenti nel nord di Gaza hanno dichiarato che ogni persona con cui hanno parlato soffriva la fame. Anche feriti, personale medico, tutti gli hanno chiesto loro del cibo. “Ci spostiamo nella Striscia per consegnare forniture mediche ma la gente quando ci vede corre verso i nostri camion sperando che sia cibo”. Secondo le testimonianze degli staff medici e di sicurezza, anche i feriti che soffrono terribili dolori non chiedono medicine ma acqua e cibo, e questo fa ben comprendere “la cifra della disperazione”. La malnutrizione aumenta la possibilità che malattie come diarrea, polmonite, morbillo, diventino letali per i bambini, soprattutto nei casi, sempre più numerosi, in cui non esiste un accesso ai servizi sanitari.
Di 1 milione e 900mila sfollati, 1 milione e 400mila persone vivono in rifugi di fortuna, sovraffollati, senza acqua potabile né bagni, in balìa delle piogge, del vento, degli allagamenti. Oggi a Gaza, in media c’è un bagno ogni 220 persone, una doccia ogni 4.500.
Un’indagine della CNN, pubblicata questa mattina, rivela che almeno in tre casi verificati dall’emittente televisiva statunitense, l’esercito israeliano ha bombardato una zona da esso stesso definita come sicura, verso la quale, solo poche ore prima, aveva invitato la popolazione a dirigersi. In alcuni di quei bombardamenti sono state compiute delle vere e proprie stragi, che hanno portato alla distruzione totale di intere famiglie, scomparse in un attimo dalla faccia della terra. Le Nazioni Unite e altre organizzazioni umanitarie internazionali hanno denunciato decine di bombardamenti nei luoghi indicati come “sicuri” dalle mappe che Israele ha fornito alla popolazione palestinese, contenenti il più delle volte indicazioni confuse e contrastanti. L’ONU ha dichiarato che questo tipo di attacchi conferma ciò che da settimane i suoi portavoce stanno dichiarando: “A Gaza non esistono posti sicuri”. In queste ore arriva la notizia che un ordine di evacuazione è stato consegnato dall’esercito israeliano ai residenti del campo profughi di Bureij, perché si muovano tutti verso Deir al-Balah, a sud.
Una delle mappe di evacuazione consegnate dall’esercito israeliano ai civili di Gaza
Il Washington Post ha pubblicato poche ore fa una sua inchiesta indipendente sull’ospedale Al-Shifa, giungendo alla conclusione che l’esercito israeliano non è riuscito a consegnare nessuna prova convincente per dimostrare che la struttura sanitaria fosse utilizzata da Hamas come centrale operativa: “L’attacco da parte di un alleato degli Stati Uniti [Israele, nda] di un complesso che ospita centinaia di pazienti malati e morenti e migliaia di sfollati non ha precedenti negli ultimi decenni. La marcia su al-Shifa ha causato il blocco dei servizi ospedalieri. Mentre le truppe israeliane si avvicinavano e i combattimenti si intensificavano, il carburante si esauriva, le forniture non potevano entrare e le ambulanze non erano in grado di raccogliere le vittime dalle strade. Prima che le truppe entrassero nel complesso, i medici avevano scavato una fossa comune per ben 180 persone, come hanno detto le Nazioni Unite, citando il personale ospedaliero. L’obitorio aveva da tempo cessato di funzionare. Diversi giorni dopo, quando i medici dell’OMS sono arrivati per evacuare quelli ancora all’interno, hanno detto che da luogo di guarigione l’ospedale si era trasformato in una “zona di morte”. Almeno 40 pazienti – tra cui quattro bambini prematuri – sono morti nei giorni precedenti il raid e le sue conseguenze, secondo le Nazioni Unite […] Ma secondo un’analisi del Washington Post compiuta attraverso immagini open source, immagini satellitari e tutti i materiali dell’IDF rilasciati pubblicamente, le prove presentate dal governo israeliano non dimostrano che Hamas avesse usato l’ospedale come centro di comando e controllo. Ciò solleva domande critiche, dicono gli esperti legali e umanitari, sul fatto che il danno civile causato dalle operazioni militari israeliane contro l’ospedale – circondando, assediando e infine facendo irruzione nella struttura e nel tunnel sottostante – fossero proporzionati alla minaccia valutata”. L’Associazione Al–Awda Health and Community ha denunciato ieri l’uccisione, da parte dei cecchini dell’esercito israeliano, di diversi membri del personale sanitario dell’ospedale Al Awda, una delle ultime strutture rimaste parzialmente funzionanti nel nord della Striscia. Pagine Esteri
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
L'articolo GAZA. In 77 giorni 20.000 morti e 53.000 feriti. Nella Striscia 1 bagno ogni 220 persone proviene da Pagine Esteri.
Odi et amo per l’impero americano
Chi è Xi Jinping? Che storia ha e di quali idee, interessi nazionali, economici e geopolitici è portatore? La lunga marcia di un ragazzo diventato adulto in fretta, figlio di un importante collaboratore di Mao Zedong caduto in disgrazia e poi riabilitato. Dalla rivoluzione culturale nelle campagne, vissuta come un trauma, all’incontrastata ascesa allo scranno più alto del Partito comunista cinese: i sogni, le ambizioni e i progetti del nuovo “grande timoniere”.
L'articolo Odi et amo per l’impero americano proviene da China Files.
In Cina e Asia – Riprende la comunicazione militari tra Cina e Stati Uniti
I titoli di oggi: Riprende la comunicazione militari tra Cina e Stati Uniti Nuova stretta sui videogame: crollano le azioni di Tencent Cina, nuovi controlli su esportazione di tecnologie strategiche Cina-Argentina, congelato accordo swap da 6,5 miliardi di dollari Gli Usa avvieranno indagine sui chip cinesi Aiea: la Corea del Nord ha attivato nuovo reattore nucleare Thailandia, il matrimonio egualitario ...
L'articolo In Cina e Asia – Riprende la comunicazione militari tra Cina e Stati Uniti proviene da China Files.
Milei: liberismo e repressione a colpi di motosega
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 22 dicembre 2023 – Durante le iniziative della campagna elettorale che lo ha visto trionfare, il turboliberista Javier Milei aveva più volte agitato una motosega a simboleggiare il metodo con cui intendeva intervenire. Le prime misure adottate da presidente dell’Argentina dimostrano che non esagerava.
“Più mercato meno Stato”, la mannaia di Milei
La sera del 20 dicembre il leader de “La libertad avanza” ha presentato uno scioccante pacchetto che prevede l’eliminazione o la modifica di un totale di 300 leggi, con l’intento di aggredire le funzioni e le proprietà dello Stato e affidarle alle leggi di mercato e ai privati.
Il leader di un’estrema destra atipica quanto rabbiosa ha presentato un “megadecreto di necessità e urgenza” (DNU) che prevede la deregulation del mercato interno e del commercio estero, la deroga della legge sugli affitti, la riduzione dei diritti dei lavoratori e la creazione delle condizioni per la privatizzazione di un gran numero di imprese finora sotto il controllo pubblico.
«Cominciamo a distruggere questo castello giuridico-istituzionale oppressivo che ha distrutto il nostro paese» ha sentenziato Milei dal Salón Blanco della Casa Rosada nel corso di un discorso televisivo di appena 15 minuti. «Oggi è un giorno storico, dopo decenni di fallimenti e impoverimento iniziamo il cammino della ricostruzione» ha aggiunto dopo aver brevemente elencato i punti salienti del suo feroce piano di aggiustamento fiscale. Al suo lato, oltre a una decina di ministri, c’era anche Federico Sturzenegger, l’ideatore delle misure appena annunciate, ex governatore della Banca Centrale chiamato da Milei a coordinare le politiche economiche del governo, in cui pure non ha nessun incarico.
Milei ha affermato di ispirarsi alle politiche economiche di Carlos Menem, da lui definito «il miglior presidente della storia» e di voler «restituire la libertà e l’autonomia agli individui, togliendogli lo Stato di dosso». Ma il timbro turboliberista dei Chicago Boys e delle dittature sudamericane degli anni ’70 e ’80 è evidente.
“El loco” ha spiegato che intende «trasformare tutte le imprese statali in società anonime per poi poterle privatizzare» e che ha già autorizzato «la cessione del pacchetto azionario di Aerolineas Argentinas», la compagnia di bandiera nazionale. Milei ha inoltre annunciato che le società che gestiscono le squadre di calcio potranno trasformarsi in società per azioni.
Per quanto riguarda il capitolo lavoro, Milei ha anticipato che la sua riforma stabilisce una diminuzione degli indennizzi ai lavoratori licenziati, aumenta il periodo di prova precedente all’eventuale assunzione fino a otto mesi e include i blocchi e le occupazioni degli spazi aziendali durante le vertenze sindacali come possibile causa di licenziamento. Il decreto presidenziale stabilisce inoltre un aumento dei livelli minimi garantiti nei comparti ritenuti essenziali in caso di sciopero, nei quali l’attività lavorativa non potrà essere ridotta a meno del 50%, e una massiccia estensione dei suddetti servizi essenziali a molti settori finora esentati.
Attaccando e riducendo i diritti dei lavoratori, ha promesso il presidente, ridurrà i «salari da miseria» e «il lavoro precario». A detta dell’eccentrico 52enne «l’aumento indiscriminato e continuo delle tasse attenta al diritto di proprietà degli argentini, al risparmio, agli investimenti e genera salari reali miserabili». “El Loco” ha denunciato che a causa del deficit fiscale l’Argentina è un paese «in cui il 50% della popolazione vive sotto la linea della povertà, e più del 10% della popolazione è indigente in un paese che produce alimenti per 400 milioni di esseri umani, con una pressione fiscale sul settore agroalimentare del 70%». La ricetta, ha spiegato, è “meno stato e più mercato”, una cura neoliberista che però le popolazioni dell’America Latina hanno a lungo provato sulla propria pelle e pagato carissima nei decenni scorsi.
Il rischio iperinflazione
Secondo molti economisti argentini, le misure appena varate da Milei getteranno sul lastrico milioni di argentini, già colpiti dalla brutale svalutazione del 52% del Peso decisa il 12 dicembre dal Ministro dell’Economia Luis Caputo, insieme all’aumento di alcune tariffe e al taglio delle pensioni, con l’intento di ridurre il deficit statale. Il Governo stima che la svalutazione potrebbe generare un’inflazione mensile compresa tra il 30% e il 40% per almeno un trimestre; Milei spera che l’inflazione galoppante venga ridotta dal calo della domanda quando le classi medie e popolari, a causa del repentino crollo del loro potere d’acquisto, dovranno rinunciare a molti beni e servizi. Ma si tratta di una scommessa molto rischiosa. Ammesso che non si scateni un’iperinflazione fuori controllo, nel frattempo milioni di persone potrebbero essere ridotte in povertà.
Come se non bastasse “El Loco” ridurrà i sussidi attualmente applicati all’energia e ai trasporti, non bandirà più appalti per i lavori pubblici (da cui dipendono almeno 400 mila lavoratori) e congelerà la spesa pubblica, causando un’ondata di licenziamenti. Inoltre, contrariamente a quanto promesso in campagna elettorale, riprenderà il precedente sistema di imposta sul reddito che il governo del peronista moderato Alberto Fernandez aveva ridotto, e istituirà un’imposta del 17,5% sulle importazioni, allo scopo di risparmiare il 5% sul Pil per raggiungere l’equilibrio fiscale.
Le prime proteste
Le opposizioni parlamentari hanno immediatamente denunciato il “carattere nullo e incostituzionale” del decretone, annunciando l’organizzazione di una campagna di proteste nel paese. Ma secondo l’ordinamento costituzionale argentino i “decreti di necessità e urgenza” come quello appena varato da Milei non vengono sottoposti all’esame degli organismi elettivi, e per essere respinti devono essere cassati in blocco da entrambi i rami del parlamento, una circostanza che nella storia dell’Argentina non si è mai verificata.
Intanto lo scontento di molti quartieri di Buenos Aires e degli altri centri della sua area metropolitana si è manifestato a colpi di clacson e di pentole subito dopo la messa in onda del discorso del presidente. Migliaia di persone hanno marciato verso Plaza de Mayo scontrandosi con le forze dell’ordine nel giorno dell’anniversario della rivolta popolare del 2001 contro il peronista di destra Fernando de la Rua, la cui repressione costò la vita a 39 persone. Al termine della marcia, organizzata da alcuni movimenti della sinistra radicale, gli organizzatori hanno chiesto ai sindacati di proclamare immediatamente uno sciopero generale.
Divieti e repressione: il governo annuncia la mano dura
Il nuovo governo sembra temere molto le proteste popolari e infatti nei giorni scorsi la ministra della Sicurezza, Patricia Bullrich, subito dopo l’insediamento ha annunciato il divieto de facto delle mobilitazioni annunciate dalle organizzazioni sociali e sindacali, in nome del «diritto degli argentini a vivere e circolare tranquillamente». L’ex candidata alla presidenza della destra tradizionale (rivale di Milei prima dell’accordo per la formazione dell’esecutivo) ha ordinato alla polizia di impedire i blocchi stradali garantendo mano libera agli agenti. L’ordinanza del Ministero della Sicurezza include il ricorso massiccio all’identificazione dei manifestanti, all’uso dei droni e al riconoscimento facciale, tutte misure denunciate dalle associazioni dei giuristi democratici come lesive delle libertà costituzionali fondamentali.
Bullrich ha promesso addirittura il varo di una norma per imporre alle organizzazioni che indicono le proteste l’obbligo di sobbarcarsi la spesa necessaria alla mobilitazione delle forze dell’ordine; la sua collega Sandra Pettovello – ministra del Capitale Umano – lunedì ha minacciato di sospendere le sovvenzioni sociali ai manifestanti che parteciperanno ai picchetti e ai blocchi stradali o che porteranno con sé anche i figli.
Paradossalmente sia Bullrich sia Milei hanno partecipato abbastanza recentemente a manifestazioni e blocchi stradali non autorizzati. L’attuale ministra della Sicurezza, in particolare, nel 2020 fu in prima fila nelle proteste contro le restrizioni alla circolazione dettate dal governo di Alberto Fernández per far fronte alla pandemia. Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
L'articolo Milei: liberismo e repressione a colpi di motosega proviene da Pagine Esteri.
BRASILE. Ignorati i veti di Lula, il Congresso segue la linea Bolsonaro
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
Pagine Esteri, 15 dicembre 2023. Il Congresso brasiliano ha approvato una nuova legge contenente una serie di misure anti-indigene estreme, annullando gran parte dei veti che il Presidente Lula aveva posto sugli elementi più gravi.
Queste misure, che ora diventano legge, costituiscono “l’attacco più grave e feroce ai diritti indigeni degli ultimi decenni” secondo Survival International.
Il Congresso è dominato dalla lobby mineraria e dell’agrobusiness e da ricchi proprietari terrieri alleati dell’ex Presidente Bolsonaro, nonostante questo sia stato sconfitto dal Presidente Lula alle ultime elezioni di un anno fa.
Con la nuova legge, trafficanti di legname, allevatori e altri che hanno invaso illegalmente i territori indigeni potranno restare a distruggere le foreste fino a quando quelle terre non saranno ufficialmente demarcate – un processo che normalmente richiede decenni.
Molti popoli indigeni potrebbero non poter fare mai più ritorno alla loro terra perché la legge riconosce anche il Marco Temporal (limite temporale), nonostante la Corte Suprema del paese lo abbia respinto solo pochi mesi fa giudicandolo anticostituzionale. Il Marco Temporal è uno stratagemma pro-business che afferma che i popoli indigeni che non possono provare che nell’ottobre 1988 (quando fu promulgata la Costituzione brasiliana) abitavano nelle loro terre non vedranno più riconosciuti i loro diritti su di esse.
L’Associazione dei popoli indigeni del Brasile, APIB, ha annunciato che farà nuovamente ricorso alla Corte Suprema.
“Questa legge fa a pezzi molte delle protezioni legali sulle terre indigene garantite dalla Costituzione, e le butta nella spazzatura” ha dichiarato oggi la Direttrice generale di Survival International, Caroline Pearce. “Dà a grandi aziende e bande criminali che stanno dietro la maggior parte della deforestazione e delle attività minerarie in Brasile ancora più libertà di invadere i territori indigeni e di farvi ciò che vogliono. Segna la rovina di gran parte dell’Amazzonia e di tutte le foreste del Brasile.”
“Questa legge è assolutamente disastrosa per le tribù incontattate del Brasile – che, quando le loro terre vengono invase, sono tra i popoli più vulnerabili del pianeta – e per tutti i popoli indigeni del paese. Questi popoli continueranno a resistere con la stessa determinazione che hanno dimostrato durante il regime genocida di Bolsonaro. E i loro alleati in tutto il mondo, come Survival, continueranno a restare con forza al loro fianco. Permettere che tutto questo passi incontrastato annullerebbe decenni di graduali progressi nel riconoscimento dei diritti indigeni.”
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
L'articolo BRASILE. Ignorati i veti di Lula, il Congresso segue la linea Bolsonaro proviene da Pagine Esteri.
Gli account Bot del Fediverso che pubblicano automaticamente da Feed RSS e un punto di vista sulla loro funzione.
La riflessione di @informapirata :privacypride: in un thread di questi giorni
like this
reshared this
Spese per la difesa fuori dal patto? In Europa la voce dell’Italia è ascoltata. Parla Loperfido (FdI)
“Resterà deluso chi mesi fa in Aula accusava furbescamente il governo di togliere i fondi agli asili o alla sanità per pagare gli aiuti all’Ucraina”. Si riferisce evidentemente alle accuse grilline il deputato di FdI, Emanuele Loperfido, membro della commissione Difesa nel commentare a Formiche.net la decisione europea di accettare la linea dell’Italia e di tenere le spese della Difesa al di fuori dei parametri del Patto di stabilità.
Quali le prospettive di questa scelta?
È la dimostrazione che un’Europa diversa è possibile: da quando ci siamo insediati come governo, a furia di insistere, si è diventati meno rigidi e più comprensivi rispetto alle buone proposte. Il fatto di togliere le spese della difesa da quei parametri è un risultato molto positivo, perché vuol dire che possiamo destinare quelle risorse alla sanità, al sociale, all’istruzione, a al contempo continuare a fare investimenti per l’Italia in un settore strategico. Proveremo ad arrivare a quel famoso 2% che è un obiettivo condiviso da tutti i paesi Nato. Per cui la considero una vittoria dell’Italia e del governo Meloni, quindi capisco la soddisfazione del ministro Crosetto.
L’opposizione spesso vi ha accusato di togliere fondi al sociale per comprare armi. Da oggi cosa cambia?
Resterà deluso chi mesi fa in Aula accusava furbescamente il governo di togliere i fondi agli asili o alla sanità per pagare gli aiuti all’Ucraina. In questo modo abbiamo liberato le risorse per la sanità, il sociale e la fiscalità: inoltre abbiamo dimostrato che in Europa la voce dell’Italia è ascoltata. Noi continueremo a investire nel sociale, nell’istruzione e nella sanità ma anche nelle armi così come fanno tutti i Paesi europei e soprattutto per il momento delicato in cui ci troviamo, dal momento che proseguiremo nel sostegno all’Ucraina.
Come impatta questa decisione su fronti aperti come il dossier Ucraina?
Noi continuiamo a essere i principali sostenitori di una coalizione unita per l’Ucraina e continueremo anche a fornire armamenti che saranno sempre più omogenei: ciò aiuterà anche un facile addestramento dei membri degli eserciti europei. Ricordo che noi siamo quelli che da tempo parlavano di una politica di difesa comune e di un esercito europeo, magari occorreranno ancora degli anni, ma penso che questi sono dei piccoli passi che potranno aiutare quantomeno ad avere agilità nelle risposte. Ma non è tutto.
Ovvero?
Penso anche alla questione di un centro unico di fornitura in vista della costituzione di un mercato unico europeo nel settore degli armamenti. Lo si evince da un documento del Centro alti studi per la difesa che spiega in dettaglio come sia un obiettivo comune a lungo termine. Un obiettivo che porterà dei vantaggi anche all’industria italiana della difesa che può contare su aziende tecnologicamente avanzate su scala mondiale: potranno fare davvero la differenza e con una serie di ripercussioni positive sull’economia italiana anche dal punto di vista occupazionale.
@FDepalo
Difesa e vincoli di stabilità, una buona notizia per le Forze armate. Il commento del gen. Del Vecchio
Il fatto che le risorse per il nostro settore della Difesa siano state escluse dai vincoli del Patto di stabilità è un elemento positivo, fondamentale per assicurare l’impiego delle Forze armate a difesa della pace. Questo il cuore dell’analisi affidata ad Airpress dal generale Mauro Del Vecchio, già comandante del Comando operativo di vertice interforze (Coi), con alle spalle una carriera che lo ha visto impegnato, tra gli altri, nei Balcani e in Afghanistan, sulla decisione di escludere gli investimenti per la difesa dal calcolo degli obbiettivi di bilancio nel Patto di stabilità, rinegoziato a Bruxelles. “Il Patto di stabilità e crescita su cui si sono confrontati nei giorni scorsi i Paesi europei a Bruxelles – ha detto il generale –è un passaggio fondamentale per la sicurezza economica dell’Ue, che impone talvolta misure economiche restrittive nei riguardi degli Stati, tra cui il nostro, che non presentano totalmente i richiesti parametri economici”. Per questo, sottolinea Del Vecchio “va certamente registrato positivamente il fatto che le risorse per il nostro settore della Difesa siano state escluse dai suddetti vincoli e non siano state penalizzate nel senso sopra indicato”.
L’impatto sull’impiego delle Forze armate
Per il generale, infatti “non si tratta di provvedimenti di poco conto, perché sono strettamente legati all’impegno che le nostre Forze armate esercitano ormai da molti anni nel contesto internazionale per la salvaguardia della pace e il superamento delle controversie, ma anche alla necessità di garantire efficienza operativa ad uno strumento di sicurezza (quello militare) che richiede un continuo ammodernamento ed adeguamento alle sempre diverse esigenze operative”. Per il generale il tema degli investimenti per la difesa è collegato direttamente alla capacità militare di agire nel contesto internazionale. “Sarebbe lungo ripercorrere le caratteristiche di questo impegno, basti ricordare che la nostra componente militare, grazie alle sue articolazioni, opera da decenni in ogni parte del mondo ed in diverse configurazioni (terrestre, navale, aeronautica e di sicurezza) per garantire il superamento dei contrasti internazionali, sovente caratterizzati da violenze e sopraffazioni, e per salvaguardare o ripristinare la pace”. Di conseguenza “in un contesto così complesso e di tale portata, non può essere assolutamente sottovalutata l’importanza che, ai fini di un suo appropriato impiego, riveste la sicura e sempre indispensabile efficienza operativa della componente militare nazionale”.
La posizione italiana
Una posizione che fa eco a quella del ministro della difesa Guido Crosetto, che commentando la decisione di Bruxelles ha sottolineato come con la scelta il comparto difesa non entra più in contrasto con sanità, scuola, ambiente, com’è giusto che sia. Per il ministro, infatti, “in un momento difficile come questo era giusto liberare risorse per sanità, sociale, interventi per la fiscalità e per la competitività delle aziende, senza rinunciare alla sicurezza”. Una posizione che, per il ministro, recepisce in pieno la posizione italiana: “è una vittoria storica del governo – ha ribadito Crosetto, aggiungendo come – il nostro lavoro di squadra e la serietà delle nostre posizioni sono state coronate dal successo”. Il ministro ha infatti rivolto i suoi ringraziamenti al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e al ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti, “per il grande risultato ottenuto nella ridefinizione delle regole e dei parametri europei per i prossimi anni”.
La battaglia di Crosetto
Del resto, lo scorporo delle spese della difesa dal Patto è un tema che il ministro ha portato avanti da tempo, anche in sede europea. Proprio nel corso di un’audizione a novembre davanti alle commissioni Difesa della Camera e Affari Esteri e Difesa del Senato, Crosetto aveva ribadito i motivi dietro la necessità di svincolare le spese per la Difesa da patto di stabilità. “Sono stato il più sincero tra i ministri della Difesa a dire ‘forse non ce la facciamo’, a fronte della situazione di bilancio”, ha evidenziato Crosetto. “Il ragionamento che l’Italia può fare in Europa è sottolineare come l’aumento degli stanziamenti per la Difesa sia un obiettivo di investimento imposto dall’esterno che non può essere in contrasto con le necessità di spesa in altri settori”. Per il ministro, infatti “le spese per la Difesa non possono diventare argomento di discussione politica, dobbiamo superare la stucchevole polemica ideologica che associa alle spese per la difesa solo un concetto di costo”. Per il ministro, questi investimenti rappresentano piuttosto un valore strategico per il sistema-Paese, per la difesa europea e per la crescita economica di tutti gli Stati membri.
Video del capo militare di Hamas: «È vivo e sta bene»
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
di Michele Giorgio
(questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto)
Pagine Esteri, 21 dicembre 2023 – Per una ventina di anni tutti l’hanno immaginato su di una sedia a rotelle, senza più gambe, un occhio e un braccio, con il volto deturpato dalle esplosioni dei missili sganciati da Israele. Invece Mohammed Deif, l’inafferrabile capo delle Brigate al Qassam, l’ala militare di Hamas, sopravvissuto ad almeno sette tentativi di assassinio, l’ultimo dei quali nel 2021, cammina e sembra essere in buono stato di salute a giudicare da un video ritrovato a Gaza nei giorni scorsi dai soldati israeliani. Immagini che hanno suscitato clamore nell’opinione pubblica di Israele e fatto calare nuove ombre sulle capacità dell’intelligence israeliana già sotto accusa per non aver saputo impedire l’attacco a sorpresa nel sud di Israele compiuto il 7 ottobre dal movimento islamico. Deif non solo è vivo ma è uscito con danni limitati dai tentativi di assassinio. Questo ha lasciato sbigottiti gli israeliani perché il capo del braccio armato di Hamas è ritenuto l’ideatore del blitz di ottobre. Attacco di cui è stato supervisore Yahya Sinwar, capo politico di Hamas a Gaza nonché primula rossa sfuggita per almeno due volte nelle ultime settimane alla cattura da parte dei soldati israeliani entrati nelle gallerie sotterranee di Khan Yunis. Più Israele fatica a catturarli e più entrambi conquistano prestigio nei Territori palestinesi occupati.
Nato nel 1965 nel campo profughi di Khan Yunis, Mohammed Al Masri, detto «Deif», l’ospite, dall’abitudine che ha di non dormire per ragioni di sicurezza nello stesso luogo più di due notti, si unì ad Hamas nel 1987. È stato uno stretto collaboratore di Yahya Ayyash, «l’ingegnere» degli attentati-kamikaze in Israele nei primi anni ’90, quindi vice del capo delle Brigate Qassam, Salah Shahade, assassinato da Israele nel 2002. Da allora Deif è il capo dell’ala militare di Hamas. Sua moglie, suo figlio neonato e la figlia di tre anni sono stati uccisi in un tentativo di omicidio del 2014.
Ci sono solo due foto conosciute di Deif, la più recente delle quali è stata scattata nel 2000. Non appare mai in pubblico e preferisce lasciare spazio al suo portavoce Abu Obeida, anch’egli popolare tra i palestinesi. Varie fonti, palestinesi e israeliane, descrivono Deif come il realizzatore della trasformazione delle Brigate Qassam da un gruppo di cellule amatoriali a unità militari organizzate, nonché il fautore principale della rete di gallerie sotterranee costruite da Hamas sotto Gaza a scopo di rifugio e di via di attacco in Israele. Considerando il peso enorme che l’ala militare ha nelle decisioni di Hamas, sono in molti a ritenere che la sua approvazione sia necessaria per qualsiasi scelta del movimento islamico. Non sorprende perciò che il 7 ottobre Deif abbia tenuto un discorso audio, il primo dal 2021, giustificando l’attacco nel sud di Israele come una risposta alla «profanazione» della moschea di Al-Aqsa e all’uccisione e al ferimento di centinaia di palestinesi nel 2023, tra gennaio e ottobre.
La popolarità di Deif tra i palestinesi, in Cisgiordania più che a Gaza, già ampia da anni – durante le manifestazioni spesso si sente scandire «Siamo i soldati di Mohammed Deif» – è cresciuta ulteriormente negli ultimi due mesi perché il capo delle Brigate Qassam riesce sempre a sfuggire ai soldati israeliani. La cattura o uccisione di Deif, assieme a quella di Yahya Sinwar, sarebbe una vittoria fondamentale per Benyamin Netanyahu, da spendere nell’opinione pubblica israeliana. In caso contrario, quando sarà proclamato il cessate il fuoco definitivo, saranno i leader di Hamas a proclamarsi vincitori. Pagine Esteri
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
L'articolo Video del capo militare di Hamas: «È vivo e sta bene» proviene da Pagine Esteri.
In Cina e in Asia – Mini trade war tra Pechino e Taipei
I titoli di oggi: Mini trade war tra Pechino e Taipei L’Ue avvia un’indagine antidumping sulle importazioni di biodiesel dalla Cina Xi incontra il premier russo Mishustin: “Le forti relazioni sono una scelta strategica” I funzionari del Pcc danno l’ultimo saluto al padre di SenseTime La Nuova Zelanda nell’Aukus? Il Giappone pronto a spedire missili Patriot agli Stati Uniti Nippon ...
L'articolo In Cina e in Asia – Mini trade war tra Pechino e Taipei proviene da China Files.
Flipboard ha aperto una propria istanza PeerTube!
Dopo aver annunciato l'implementazione della federazione attraverso il protocollo ActivityPub, il social magazine @Flipboard ha aperto una propria istanza basata su @PeerTube
Si tratta di una notizia importante perché mostra un forte interesse verso la decentralizzazione e l'interoperabilità da parte di un importante attore mondiale del panorama social.
Flipboard PeerTube
Flipboard PeerTube, an ActivityPub-federated video streaming platform using P2P directly in your web browser.flipboard.video
like this
reshared this
like this
Maronno Winchester reshared this.
Ultima lezione di Storia della filosofia (Corso di laurea in Educazione sociale e tecniche dell’intervento educativo)
Sul portale E Learning Unisalento – Storia della filosofia, e ricordo ancora che chi ha intenzione di sostenere l’esame deve iscriversi mediante mail istituzionale unisalento e con la pw fornita da…fabiosulpizioblog
Dublino contro Londra dopo il colpo di spugna sulle violenze in Nord Irlanda
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
di Redazione
Pagine Esteri, 20 dicembre 2023 – L’Irlanda porterà il Regno Unito davanti alla “Corte europea dei diritti dell’uomo” (Cedu) contro la decisione di Londra di impedire nuove azioni legali sui crimini commessi dalle truppe britanniche nel corso del conflitto nordirlandese.
Il vicepremier irlandese Micheál Martin ha annunciato oggi che la decisione è stata presa «dopo molte riflessioni e attente considerazioni». Martin ha detto di essere rammaricato per il fatto «di trovarci nella posizione in cui tale scelta doveva essere fatta», ma ha accusato il governo britannico di rinnegare i precedenti accordi bilaterali a favore di un approccio unilaterale che viola la Convenzione europea sui diritti dell’uomo.
L’ultima denuncia dell’Irlandacontro il Regno Unito alla Corte di Strasburgo risale al 1971, anno in cui i soldati britannici e la polizia nordirlandese furono accusati di aver torturato alcuni sospetti militanti dell’Esercito Repubblicano Irlandese (IRA). In quel caso la Corte stabilì che le forze di sicurezza britanniche erano colpevoli di “trattamenti degradanti e inumani” ma non di tortura.
Il “Northern Ireland Troubles (Legacy and Reconciliation) Act”, approvato a settembre, è stato espressamente redatto dal governo di Londra per proteggere gli ex soldati britannici da future accuse o azioni legali. La legge specifica che, a partire dal maggio del 2024, non potranno essere aperte nuove indagini penali, inchieste o cause civili legate al trentennale conflitto nordirlandese. Gli autori dell’eventuale reato, in cambio dell’immunità legale, saranno invece invitati a testimoniare davanti ad una commissione d’inchiesta ad hoc (Commissione indipendente per la riconciliazione e il recupero delle informazioni, Icrir) appena costituita, un approccio respinto da quasi tutti i partiti politici dell’Irlanda del Nord oltre che da quelli irlandesi. Entrambi i partiti nazionalisti irlandesi a nord del confine, il Sinn Féin e il Partito socialdemocratico e laburista, in particolare, chiedevano da mesi a Dublino di portare la Gran Bretagna in tribunale nel tentativo di bloccare la nuova legge.
Dublino intende ora sostenere che la legge britannica è incompatibile con gli obblighi che il Regno Unito ha preso nei confronti della Convenzione. Micheál Martin ha affermato che il Legacy Act infrange inoltre il precedente impegno della Gran Bretagna del 2014, contenuto nell’accordo di Stormont House firmato con Dublino, di mantenere aperte tutte le vie giudiziarie per le vittime delle violenze commesse prima dell’accordo di pace del Venerdì Santo del 1998.
I casi legati ad alcuni dei peggiori atti di violenza del conflitto continuano a caratterizzare oggi la vita legale nell’Irlanda del Nord. La scorsa settimana, i pubblici ministeri dell’Irlanda del Nord hanno annunciato che un ex paracadutista britannico, identificato solo come “Soldato F”, sarà processato per omicidio per il suo ruolo nell’uccisione di 13 manifestanti irlandesi disarmati da parte dell’esercito britannico durante il Bloody Sunday di Derry del 30 gennaio 1972.
Quel giorno migliaia di persone si radunarono nella città nordirlandese per una manifestazione organizzata dalla “Northern Ireland Civil Rights Association” contro una nuova legge che conferiva alle autorità il potere di incarcerare le persone senza processo. Il governo britannico vietò la protesta e schierò l’esercito per impedirne lo svolgimento ma senza risultati. Di fronte alla resistenza dei manifestanti un reggimento di paracadutisti aprì il fuoco sulla folla uccidendo 13 persone e ferendone altre 15. Pagine Esteri
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
L'articolo Dublino contro Londra dopo il colpo di spugna sulle violenze in Nord Irlanda proviene da Pagine Esteri.
Marte nasconde tracce di attività vulcanica più recente del previsto l AstroSpace
"I risultati indicano che in questa zona non più tardi di un milione di anni fa sono eruttate enormi quantità di lava da numerose fessure nel terreno che hanno interagito con l’acqua dentro e sotto la superficie. Questi eventi avrebbero provocato grandi inondazioni, che hanno scavato profondi canali.
I risultati della ricerca, che presentano questa attività vulcanica e sismica così recente nella storia di Marte, suggeriscono che il passato geologico di questo pianeta sia molto più tumultuoso del previsto."
O mio cuor non dubitare
La risposta di Gesù sono di riferire i fatti, non opinioni. E i fatti parlano chiaro: Gesù è proprio Colui che doveva arrivare, è il Cristo. Natale ci ricorda che Gesù Cristo realizza con il suo arrivo sulla terra la nostra salvezza.pastoredarchino.ch/2023/12/17/…
Guarda la distorsione dello spaziotempo nell’ultima straordinaria immagine del James Webb l Passione Astronomia
"Questo è un esempio spettacolare di lente gravitazionale, un fenomeno che si verifica quando un oggetto celeste massiccio come un ammasso di galassie deforma lo spaziotempo e fa sì che il percorso della luce proveniente dalle galassie più distanti venga deviato, quasi come se una lente monumentale lo stesse reindirizzando."
DPIA in azienda, come si fa: la guida completa per le imprese
@Informatica (Italy e non Italy 😁)
Indice degli argomenti
Quando la DPIA è un obbligo per le aziende
Cosa dicono le autorità
Come redigere il documento DPIA passo per passo
Passaggi chiave per una DPIA efficace
--- Step 1 – La descrizione delle attività
--- Step 2 – La valutazione dei trattamenti e dei rischi
--- Step 3 – Individuare le misure di sicurezza
Strumenti e risorse utili per la DPIA
Best practice per la valutazione di impatto sulla protezione dei dati
Case study: DPIA sul sistema di videosorveglianza aziendale
Note
agendadigitale.eu/sicurezza/pr…
DPIA in azienda, come si fa: la guida completa per le imprese
Passo per passo tutte le indicazioni per redigere il documento della valutazione di impatto - DPIA, fondamentale per la data protection aziendale: ecco le istruzioni e un esempio pratico dedicato alla videosorveglianza nelle impreseLorenzo Giannini (Agenda Digitale)
like this
Informatica (Italy e non Italy 😁) reshared this.
China Files Focus – Decifrare le elezioni di Taiwan 2024
Il prossimo 13 gennaio si elegge il nuovo presidente della Repubblica di Cina (Taiwan). In occasione del voto, China Files organizza due incontri pre e post voto per conoscere meglio temi e volti di questa tornata elettorale, così come il suo possibile impatto. Ecco come iscriversi
L'articolo China Files Focus – Decifrare le elezioni di Taiwan 2024 proviene da China Files.
In Cina e Asia – TikTok è la social app più redditizia al mondo
TikTok è la social app più redditizia al mondo
Cina-Russia, incontro tra premier nel segno della "stabilità" nonostante tutto
Cina, arriva la normativa per regolarizzare i pagamenti sui circuiti digitali
L'articolo In Cina e Asia – TikTok è la social app più redditizia al mondo proviene da China Files.
La propaganda nelle strade di Firenze. Emanuele Cocollini (neanche della Lega) e la lobby pro vita e famiglia
"Pro vita e famiglia" è una conventicola che agisce come lobby nello stato che occupa la penisola italiana e delle cui istanze poco o nulla interessa in questa sede.
Interessa invece il fatto che la sua propaganda abbia trovato in Emanuele Cocollini -un consigliere comunale che è riuscito persino a farsi cacciare dalla Lega e che ha bucato i media solo quando si è fatto ritirare la patente di guida per essersi comportato come un avanzo di apericena qualsiasi- un difensore nell'amministrazione fiorentina.
Cocollini non ha apprezzato la scarsa visibilità che la propaganda di questa lobby ha avuto a Firenze. Un problema pluridecennale per chi intende imporre in città contenuti e messaggi prodotti altrove, specie se molto lontani dal clima politico che ancora -per fortuna- vi si respira, e che anche nei casi meglio riusciti riescono a farne considerare i diffusori come totalmente estranei alla realtà fiorentina.
Altre iniziative dello stesso genere non hanno avuto gli stessi problemi, come dimostra la foto a corredo. La definizione di genocidio per quanto sta accadendo a Gaza è senz'altro discutibile. Indiscutibile, invece, è l'impopolarita che lo stato sionista -nato da una impresa coloniale e sviluppatosi come stato di apartheid- ha riscosso, riscuote e continuerà a riscuotere presso moltissime persone serie di Firenze.
Mugatu, il primo robot bipede autonomo che si orienta da solo I Digi.Tech.News
"Mugatu è autonomo e autosufficiente e mantiene la stabilità nella sua camminata senza bisogno di feedback. Inoltre può cambiare direzione a sinistra, a destra o andare dritto. [...]
Grazie alla semplificazione della camminata, è stato possibile capire come il ridimensionamento influisce sulla locomozione, come ad esempio prendere qualcosa che già esiste e modificarne le dimensioni per fare cose come adattarsi a tubi più stretti o trasportare più peso."
Una fabbrica di omicidi di massa: il bombardamento calcolato di Gaza da parte di Israele (parte seconda)
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
Di Yuval Abraham – In collaborazione con Local Call*
(Traduzione a cura di Federica Riccardi)
LEGGI QUI LA PRIMA PARTE DELL’ARTICOLO
Pagine Esteri, 20 dicembre 2023. Secondo il portavoce dell’IDF, al 10 novembre, durante i primi 35 giorni di combattimenti, Israele ha attaccato un totale di 15.000 obiettivi a Gaza. Secondo diverse fonti, si tratta di una cifra molto alta rispetto alle quattro precedenti grandi operazioni nella Striscia. Durante “Guardian of the Walls” nel 2021, Israele ha attaccato 1.500 obiettivi in 11 giorni. Durante “Protective Edge” del 2014, durata 51 giorni, Israele ha colpito tra i 5.266 e i 6.231 obiettivi. Durante “Pillar of Defense” del 2012, sono stati attaccati circa 1.500 obiettivi in otto giorni. In “Cast Lead”, nel 2008, Israele ha colpito 3.400 obiettivi in 22 giorni.
Fonti dell’intelligence che hanno prestato servizio nelle precedenti operazioni hanno anche riferito a +972 e Local Call che, per 10 giorni nel 2021 e per tre settimane nel 2014, un tasso di attacco di 100-200 obiettivi al giorno ha portato a una situazione in cui l’aviazione israeliana non aveva più obiettivi di valore militare. Perché allora, dopo quasi due mesi, l’esercito israeliano non ha ancora esaurito gli obiettivi nell’attuale guerra?
La risposta potrebbe risiedere in una dichiarazione del portavoce dell’IDF del 2 novembre, secondo la quale l’IDF sta utilizzando il sistema di intelligenza artificiale Habsora (“Il Vangelo”), che secondo il portavoce “consente l’uso di strumenti automatici per produrre obiettivi ad un ritmo veloce e funziona migliorando il materiale di intelligence accurato e di alta qualità in base alle esigenze [operative]”.
Nella dichiarazione, un alto funzionario dell’intelligence afferma che grazie ad Habsora è possibile creare obiettivi per attacchi di precisione “causando grandi danni al nemico e danni minimi ai non combattenti. Gli operativi di Hamas non sono immuni – non importa dove si nascondano”.
Secondo fonti di intelligence, Habsora genera, tra l’altro, raccomandazioni automatiche per attaccare le residenze private dove vivono persone sospettate di essere agenti di Hamas o della Jihad islamica. Israele effettua poi operazioni di assassinio su larga scala bombardando pesantemente queste abitazioni.
Habsora, ha spiegato una delle fonti, elabora enormi quantità di dati che “decine di migliaia di agenti dell’intelligence non potrebbero elaborare” e raccomanda siti di bombardamento in tempo reale. Poiché la maggior parte degli alti dirigenti di Hamas si reca nei tunnel sotterranei all’inizio di qualsiasi operazione militare, le fonti affermano che l’uso di un sistema come Habsora consente di localizzare e attaccare le abitazioni di agenti relativamente giovani.
Un ex ufficiale dei servizi segreti ha spiegato che il sistema Habsora consente all’esercito di gestire una “fabbrica di assassini di massa”, in cui “l’enfasi è sulla quantità e non sulla qualità”. Un occhio umano “esaminerà gli obiettivi prima di ogni attacco, ma non ha bisogno di dedicare loro molto tempo”. Poiché Israele stima che ci siano circa 30.000 membri di Hamas a Gaza, e che siano tutti condannati a morte, il numero di potenziali obiettivi è enorme.
Nel 2019, l’esercito israeliano ha creato un nuovo centro che mira a utilizzare l’intelligenza artificiale per accelerare la generazione di obiettivi. “La Divisione Amministrativa degli Obiettivi è un’unità che comprende centinaia di ufficiali e soldati e si basa sulle capacità dell’IA”, ha dichiarato l’ex capo di Stato maggiore dell’IDF Aviv Kochavi in un’intervista approfondita con Ynet all’inizio di quest’anno.
“Si tratta di una macchina che, con l’aiuto dell’IA, elabora molti dati meglio e più velocemente di qualsiasi umano, e li traduce in obiettivi da attaccare”, ha proseguito Kochavi. “Il risultato è stato che nell’operazione Guardian of the Walls [nel 2021], dal momento in cui questa macchina è stata attivata, ha generato 100 nuovi obiettivi ogni giorno. Vedete, in passato a Gaza c’erano periodi in cui creavamo 50 obiettivi all’anno. E qui la macchina ha prodotto 100 obiettivi in un giorno”.
“Prepariamo gli obiettivi in modo automatico e lavoriamo secondo una checklist”, ha dichiarato a +972 e Local Call una delle fonti che ha lavorato nella nuova divisione amministrativa degli obiettivi. “È davvero come una fabbrica. Lavoriamo velocemente e non c’è tempo per approfondire l’obiettivo. Si ritiene che siamo giudicati in base al numero di obiettivi che riusciamo a generare”.
Un alto funzionario militare responsabile della banca degli obiettivi ha dichiarato al Jerusalem Post all’inizio di quest’anno che, grazie ai sistemi di intelligenza artificiale dell’esercito, per la prima volta l’esercito è in grado di generare nuovi obiettivi a un ritmo più veloce di quello degli attacchi. Un’altra fonte ha detto che l’impulso a generare automaticamente un gran numero di obiettivi è una realizzazione della Dottrina Dahiya.
Sistemi automatizzati come Habsora hanno quindi facilitato enormemente il lavoro degli ufficiali dell’intelligence israeliana nel prendere decisioni durante le operazioni militari, compreso il calcolo delle potenziali vittime. Cinque diverse fonti hanno confermato che il numero di civili che potrebbero essere uccisi in attacchi contro residenze private è noto in anticipo all’intelligence israeliana e appare chiaramente nel file dell’obiettivo sotto la categoria di “danni collaterali”.
Secondo queste fonti, esistono gradi di danno collaterale, in base ai quali l’esercito determina se è possibile attaccare un obiettivo all’interno di una residenza privata. Quando la direttiva generale diventa “Danno collaterale 5″, significa che siamo autorizzati a colpire tutti gli obiettivi che uccideranno cinque o meno civili – possiamo agire su tutti gli obiettivi che sono cinque o meno”, ha detto una delle fonti.
“In passato, non segnalavamo regolarmente le case dei membri minori di Hamas per i bombardamenti”, ha detto un funzionario della sicurezza che ha partecipato agli attacchi durante le operazioni precedenti. “Ai miei tempi, se la casa su cui stavo lavorando era contrassegnata come danno collaterale 5, non sempre veniva approvata [per l’attacco]”. Tale approvazione, ha detto, veniva data solo se si sapeva che un alto comandante di Hamas viveva nella casa.
“A quanto mi risulta, oggi possono contrassegnare tutte le case di [qualsiasi militare di Hamas, indipendentemente dal grado]”, ha continuato la fonte. “Si tratta di molte case. I membri di Hamas che non contano nulla vivono ovunque a Gaza. Quindi contrassegnano la casa, la bombardano e uccidono tutti”.
Una politica concertata per bombardare le case delle famiglie
Il 22 ottobre, l’aviazione israeliana ha bombardato la casa del giornalista palestinese Ahmed Alnaouq nella città di Deir al-Balah. Ahmed è un mio caro amico e collega; quattro anni fa abbiamo fondato una pagina Facebook in ebraico chiamata “Across the Wall“, con l’obiettivo di portare le voci palestinesi da Gaza al pubblico israeliano.
L’attacco del 22 ottobre ha fatto crollare blocchi di cemento sull’intera famiglia di Ahmed, uccidendo il padre, i fratelli, le sorelle e tutti i loro figli, compresi i neonati. Solo la nipote Malak, di 12 anni, è sopravvissuta ed è rimasta in condizioni critiche, con il corpo coperto di ustioni. Pochi giorni dopo, è morta anche Malak.
In totale sono stati uccisi ventuno membri della famiglia di Ahmed, sepolti sotto la loro casa. Nessuno di loro era un militare. Il più giovane aveva 2 anni; il più anziano, suo padre, ne aveva 75. Ahmed, che attualmente vive nel Regno Unito, è ora il solo sopravvissuto di tutta la sua famiglia.
Il gruppo WhatsApp della famiglia di Ahmed si intitola “Better Together”. L’ultimo messaggio che vi compare è stato inviato da lui stesso, poco dopo la mezzanotte della notte in cui ha perso la sua famiglia. “Qualcuno mi ha fatto sapere che va tutto bene”, ha scritto. Nessuno rispose. Si è addormentato, ma si è svegliato in preda al panico alle 4. Inzuppato di sudore, ha controllato di nuovo il telefono. Silenzio. Poi ha ricevuto un messaggio da un amico con la terribile notizia.
Il caso di Ahmed è comune a Gaza in questi giorni. Nelle interviste rilasciate alla stampa, i direttori degli ospedali di Gaza hanno ripetuto la stessa descrizione: le famiglie entrano negli ospedali come una successione di cadaveri, un bambino seguito dal padre e dal nonno. I corpi sono tutti coperti di terra e sangue.
Secondo ex ufficiali dell’intelligence israeliana, in molti casi in cui viene bombardata un’abitazione privata, l’obiettivo è “l’assassinio di agenti di Hamas o della Jihad”, e tali obiettivi vengono attaccati quando l’agente entra in casa. I ricercatori dell’intelligence sanno se anche i membri della famiglia o i vicini dell’operativo potrebbero morire in un attacco e sanno come calcolare quanti di loro potrebbero morire. Ognuna delle fonti ha detto che si tratta di case private, dove nella maggior parte dei casi non si svolgono attività militari.
+972 e Local Call non dispongono di dati sul numero di militari uccisi o feriti da attacchi aerei su abitazioni private durante la guerra in corso, ma è ampiamente dimostrato che, in molti casi, non si trattava di militari o politici appartenenti ad Hamas o alla Jihad islamica.
Il 10 ottobre, l’aviazione israeliana ha bombardato un edificio di appartamenti nel quartiere Sheikh Radwan di Gaza, uccidendo 40 persone, la maggior parte delle quali donne e bambini. In uno dei video scioccanti girati dopo l’attacco, si vedono persone che urlano, tengono in mano quella che sembra essere una bambola estratta dalle rovine della casa e se la passano di mano in mano. Quando la telecamera zooma, si vede che non si tratta di una bambola, ma del corpo di un bambino.
Uno dei residenti ha detto che 19 membri della sua famiglia sono stati uccisi nell’attacco. Un altro sopravvissuto ha scritto su Facebook di aver trovato solo la spalla di suo figlio tra le macerie. Amnesty ha indagato sull’attacco e ha scoperto che un membro di Hamas viveva in uno dei piani superiori dell’edificio, ma non era presente al momento dell’attacco.
Il bombardamento delle case delle famiglie in cui presumibilmente vivono operatori di Hamas o della Jihad islamica è probabilmente diventato una politica più concertata dell’IDF durante l’operazione “Protective Edge” del 2014. Allora, 606 palestinesi – circa un quarto dei morti civili durante i 51 giorni di combattimenti – erano membri di famiglie le cui case erano state bombardate. Nel 2015 un rapporto delle Nazioni Unite ha definito queste operazioni sia come un potenziale crimine di guerra sia come “un nuovo modello” di azione che “ha portato alla morte di intere famiglie”.
Nel 2014, 93 bambini sono stati uccisi a causa dei bombardamenti israeliani sulle case delle famiglie, di cui 13 avevano meno di un anno. Un mese fa, 286 bambini di età non superiore a 1 anno erano già stati identificati come uccisi a Gaza, secondo un elenco dettagliato con l’età delle vittime pubblicato dal Ministero della Sanità di Gaza il 26 ottobre. Da allora il numero è probabilmente raddoppiato o triplicato.
Tuttavia, in molti casi, e soprattutto durante le attuali operazioni a Gaza, l’esercito israeliano ha effettuato attacchi che hanno colpito residenze private anche quando non c’era un obiettivo militare noto o chiaro. Ad esempio, secondo il Committee to Protect Journalists, al 29 novembre Israele aveva ucciso 50 giornalisti palestinesi a Gaza, alcuni dei quali nelle loro case con le loro famiglie.
Roshdi Sarraj, 31 anni, giornalista di Gaza nato in Gran Bretagna, ha fondato un’agenzia di stampa a Gaza chiamata “Ain Media”. Il 22 ottobre, una bomba israeliana ha colpito la casa dei suoi genitori dove stava dormendo, uccidendolo. Anche la giornalista Salam Mema è morta sotto le macerie della sua casa dopo il bombardamento; dei suoi tre figli piccoli, Hadi, 7 anni, è morto, mentre Sham, 3 anni, non è ancora stata trovata sotto le macerie. Altre due giornaliste, Duaa Sharaf e Salma Makhaimer, sono state uccise insieme ai loro figli nelle loro case.
Gli analisti israeliani hanno ammesso che l’efficacia militare di questo tipo di attacchi aerei sproporzionati è limitata. Due settimane dopo l’inizio dei bombardamenti a Gaza (e prima dell’invasione di terra) – dopo che nella Striscia di Gaza erano stati contati i corpi di 1.903 bambini, circa 1.000 donne e 187 anziani – il commentatore israeliano Avi Issacharoff ha twittato: “Per quanto sia difficile da sentire, al 14° giorno di combattimenti, non sembra che il braccio militare di Hamas sia stato danneggiato in modo significativo. Il danno più significativo alla leadership militare è l’assassinio del [comandante di Hamas] Ayman Nofal”.
“Combattere contro animali umani”
I militari di Hamas operano regolarmente da un’intricata rete di tunnel costruiti sotto ampie zone della Striscia di Gaza. Questi tunnel, come confermato dagli ex ufficiali dell’intelligence israeliana con cui abbiamo parlato, passano anche sotto le case e le strade. Pertanto, i tentativi israeliani di distruggerli con attacchi aerei rischiano in molti casi di provocare l’uccisione di civili. Questa potrebbe essere un’altra ragione dell’alto numero di famiglie palestinesi spazzate via nell’attuale offensiva.
Gli ufficiali dell’intelligence intervistati per questo articolo hanno affermato che il modo in cui Hamas ha progettato la rete di tunnel a Gaza sfrutta consapevolmente la popolazione civile e le infrastrutture in superficie. Queste affermazioni sono state anche alla base della campagna mediatica che Israele ha condotto nei confronti degli attacchi e delle incursioni all’ospedale Al-Shifa e dei tunnel scoperti sotto di esso.
Israele ha anche attaccato un gran numero di obiettivi militari: operatori armati di Hamas, siti di lancio di razzi, cecchini, squadre anticarro, quartieri generali militari, basi, posti di osservazione e altro ancora. Fin dall’inizio dell’invasione di terra, i bombardamenti aerei e il fuoco dell’artiglieria pesante sono stati utilizzati per fornire supporto alle truppe israeliane sul terreno. Secondo gli esperti di diritto internazionale, questi obiettivi sono legittimi, purché gli attacchi rispettino il principio di proporzionalità.
In risposta a una richiesta di +972 e Local Call per questo articolo, il portavoce dell’IDF ha dichiarato: “L’IDF si impegna a rispettare il diritto internazionale e agisce in base ad esso, e nel farlo attacca obiettivi militari e non attacca i civili. L’organizzazione terroristica Hamas colloca i suoi agenti e i suoi mezzi militari nel cuore della popolazione civile. Hamas usa sistematicamente la popolazione civile come scudo umano e conduce i combattimenti da edifici civili, compresi siti sensibili come ospedali, moschee, scuole e strutture delle Nazioni Unite”.
Fonti dell’intelligence che hanno parlato con +972 e Local Call hanno affermato che in molti casi Hamas “mette deliberatamente in pericolo la popolazione civile di Gaza e cerca di impedire con la forza l’evacuazione dei civili”. Due fonti hanno affermato che i leader di Hamas “capiscono che il danno israeliano ai civili li legittima a combattere”.
Allo stesso tempo, anche se oggi è difficile da immaginare, l’idea di sganciare una bomba da una tonnellata con l’obiettivo di uccidere un agente di Hamas, ma che finisce per uccidere un’intera famiglia come “danno collaterale”, non è sempre stata accettata così facilmente da ampie fasce della società israeliana. Nel 2002, ad esempio, l’aviazione israeliana bombardò la casa di Salah Mustafa Muhammad Shehade, allora capo delle Brigate Al-Qassam, l’ala militare di Hamas. La bomba uccise lui, la moglie Eman, la figlia quattordicenne Laila e altri 14 civili, tra cui 11 bambini. L’uccisione ha suscitato un clamore pubblico sia in Israele che nel mondo, e Israele è stato accusato di aver commesso crimini di guerra.
Queste critiche hanno portato alla decisione dell’esercito israeliano, nel 2003, di sganciare una bomba più piccola, da un quarto di tonnellata, su una riunione di alti funzionari di Hamas – tra cui l’inafferrabile leader delle Brigate Al-Qassam, Mohammed Deif – che si svolgeva in un edificio residenziale di Gaza, nonostante il timore che non sarebbe stata abbastanza potente da ucciderli. Nel suo libro “Conoscere Hamas”, il giornalista israeliano veterano Shlomi Eldar ha scritto che la decisione di usare una bomba relativamente piccola era dovuta al precedente di Shehade e al timore che una bomba da una tonnellata avrebbe ucciso anche i civili nell’edificio. L’attacco fallì e gli alti ufficiali dell’ala militare fuggirono dalla scena.
Dopo Protective Edge del 2014, durante il quale Israele ha iniziato a colpire sistematicamente le case delle famiglie dal cielo, gruppi per i diritti umani come B’Tselem hanno raccolto testimonianze di palestinesi sopravvissuti a questi attacchi. I sopravvissuti hanno raccontato che le case sono crollate su se stesse, che i frammenti di vetro hanno tagliato i corpi di coloro che si trovavano all’interno, che le macerie “puzzano di sangue” e che le persone sono state sepolte vive.
Questa politica mortale continua ancora oggi, in parte grazie all’uso di armi distruttive e di tecnologie sofisticate come Habsora, ma anche grazie a un establishment politico e di sicurezza che ha allentato le redini dell’apparato militare israeliano. Quindici anni dopo aver insistito sul fatto che l’esercito si stava impegnando per ridurre al minimo i danni ai civili, Gallant, ora ministro della Difesa, ha chiaramente cambiato idea. “Stiamo combattendo contro animali umani e agiamo di conseguenza”, ha dichiarato dopo il 7 ottobre.
*Yuval Abraham è un giornalista e attivista basato a Gerusalemme
972mag.com/mass-assassination-…
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
L'articolo Una fabbrica di omicidi di massa: il bombardamento calcolato di Gaza da parte di Israele (parte seconda) proviene da Pagine Esteri.
Gli Usa rafforzano la presenza militare in Scandinavia per controllare il Baltico
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 20 dicembre 2023 – Gli Stati Uniti continuano a rafforzare la propria presenza militare a ridosso dei confini della Federazione Russa, presentando ovviamente la strategia come “preventiva” e “deterrente”, diretta cioè a disincentivare Mosca da un eventuale attacco che secondo molti analisti occidentali potrebbe colpire la Scandinavia e i paesi baltici. Ed è proprio in questi quadranti che si concentra l’estensione del dispiegamento militare di Washington e dell’Alleanza Atlantica più in generale.
Truppe USA in Danimarca
La Casa Bianca ha appena siglato un accordo di cooperazione con la Danimarca che consentirà alle truppe statunitensi di essere stanziate in maniera permanente in tre basi aeree del piccolo paese nordico, quelle di Karup, Skrydstrup e Aalborg. L’accordo non si applica invece alla Groenlandia e alle Isole Faroe che godono di uno status semi-indipendente rispetto a Copenaghen.
«L’accordo è una svolta importante e vale sia per periodi brevi che per periodi più lunghi», ha spiegato nel corso di una conferenza stampa la premier danese Mette Frederiksen. «In questo modo rafforziamo l’accesso degli Stati Uniti all’Europa e al Mar Baltico e contribuiamo alla difesa collettiva della Nato in Europa» ha aggiunto la leader socialdemocratica.
«Abbiamo delle motivazioni nel rafforzare la nostra sicurezza. Lo facciamo oggi con una collaborazione storica con gli Stati Uniti. (…) L’obiettivo non è solo garantire la pace in Danimarca adesso, ma anche per le generazioni che verranno dopo di noi» ha proseguito la premier.
La strategia di Washington però non si limita all’aumento della propria presenza in Danimarca. Gli Stati Uniti hanno infatti scelto tutta la regione scandinava come fulcro della loro proiezione nel Baltico a ridosso dei confini della Federazione Russa.
Nel giro di poche settimane la Casa Bianca ha quindi siglato accordi di cooperazione simili a quelli concordati con la Danimarca anche con Svezia e Finlandia per consentire il dispiegamento di truppe in quei territori.
Accordo di cooperazione con la Svezia
Il 6 dicembre gli Stati Uniti hanno firmato un accordo di cooperazione militare con la Svezia, che «rafforzerà in maniera significativa» i legami in materia di sicurezza tra i due Paesi. Per le autorità svedesi l’intesa fornisce un importante passo in attesa della ratifica del protocollo di adesione alla Nato, finora ritardato dalla Turchia che in cambio dell’ok continua a chiedere a Washington di sbloccare la vendita ad Ankara di una squadriglia di caccia F16.
Intanto, in base all’accordo, le truppe Usa avranno accesso ad alcune basi e strutture sul territorio svedese, dove potranno dispiegare in maniera permanente non solo soldati ma anche armi ed equipaggiamento militare. Il ministro della Difesa di Stoccolma, Pal Jonson ha spiegato che l’accordo esclude lo stoccaggio in territorio svedese di armi nucleari Usa anche se nel testo non si fa menzione esplicita della questione. Nello specifico, le forze Usa avranno la possibilità di impiegare 17 strutture sul territorio svedese, tra cui cinque basi aeree e un porto. Quattro delle strutture in questione sono localizzate all’interno del Circolo polare artico.
Per diversi commentatori, la base più importante dove gli Stati Uniti potranno stanziare personale e materiale sarà quella di Visby, sull’isola di Gotland, situata proprio nel mezzo del Mar Baltico il che concede a Washington la possibilità di controllare il traffico marittimo tra Mosca e l’exclave russa di Kaliningrad. L’isola di Gotland venne demilitarizzata dalla Svezia nel 2005, ma nel 2016 le autorità di Stoccolma decisero di stabilirvi una base permanente; nel 2021, poi, a Gotland sono state dispiegate alcune batterie di missili terra-aria a medio raggio e sull’isola sono aumentate le esercitazioni a cui partecipano vari paesi membri della Nato.
La firma del trattato tra USA e Finlandia
Truppe USA in Finlandia
Il 18 dicembre a Washington è stato siglato un accordo di cooperazione militare anche con la Finlandia, che condivide un confine di 1340 km con la Russia e che è entrata a far parte dell’Alleanza Atlantica nell’aprile scorso dopo decenni di neutralità.
L’intesa consentirà alle truppe di Washington di accedere a ben 15 diverse strutture finlandesi, tra cui una base navale nel sud, un’area di addestramento in Lapponia e alcuni aeroporti nelle aree interne. Il Pentagono avrà a disposizione anche l’isola di Russaro, nel Golfo di Finlandia, che ospita già una base militare finlandese e che garantirebbe agli USA un ulteriore punto di controllo sulla porzione del Baltico su cui si affaccia anche San Pietroburgo. Gli Stati Uniti avranno inoltre a disposizione un deposito vicino a una ferrovia che conduce al confine russo.
Come ha documentato nei mesi scorsi l’agenzia Reuters, la Finlandia sta attualmente migliorando la propria infrastruttura ferroviaria al confine svedese, per rendere più facile per la Nato l’invio di rinforzi e attrezzature dall’altra parte dell’Atlantico fino a Kemijarvi, a un’ora di macchina dal confine russo. Nelle ultime settimane, inoltre, alla frontiera con la Russia è già stato inviato dalla Nato un contingente di soldati polacchi.
I rapporti tra Russia e Finlandia si sono fatti particolarmente tesi negli ultimi giorni anche a causa della decisione da parte di Helsinki di chiudere tutti i valichi di frontiera con Mosca, accusata di spingere un alto numero di immigrati verso il territorio finlandese per destabilizzare il paese.
Con la Norvegia un accordo di cooperazione è stato firmato dagli Stati Uniti già nel 2021. Nel giro di pochi anni e prima dell’invasione russa dell’Ucraina, Washington ha iniziato a estendere notevolmente il raggio di azione del proprio dispositivo militare nell’Europa nord-orientale, anche per ottenere vantaggi nella corsa al controllo della regione artica dove Mosca ha già aumentato i propri presidi e dove anche la Cina potrebbe presto sbarcare.
Mosca reagisce
Il governo russo non ha gradito soprattutto l’intesa tra Washington e la Finlandia, che Mosca – ha avvisato – «non lascerà senza risposta». La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha affermato che l’intesa «minaccia la sicurezza» del Paese al punto che saranno necessarie «misure per rispondere alle decisioni aggressive della Finlandia e dei suoi alleati della Nato».
Domenica scorsa Vladimir Putin ha già annunciato la realizzazione di una nuova base militare nel nord-ovest della Russia, nella regione di San Pietroburgo, per «garantire la sicurezza del paese di fronte all’espansione dell’alleanza militare guidata dagli Stati Uniti». Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
L'articolo Gli Usa rafforzano la presenza militare in Scandinavia per controllare il Baltico proviene da Pagine Esteri.
Fuori controllo
Il film “Leave the World Behind”, uscito su Netflix, racconta di due famiglie più o meno normali che si trovano a fare i conti con le conseguenze improvvise di un attacco cibernetico su larga scala contro gli Stati Uniti.
Nel 2020 il World Economic Forum descrisse uno scenario del genere come “cyberpandemia”, con una metafora che paragonava le capacità di diffusione planetaria di un virus informatico al COVID. Un attacco cibernetico su larga scala e con elevata capacità di diffusione, avrebbe conseguenze disastrose e diffuse in tutta la nostra società, con la capacità di mettere in ginocchio un intero Paese — forse più di un attacco atomico.
L’autore Nassim N. Taleb nel suo libro “The Black Swan”, descrisse una tipologia di evento catastrofico imprevedibile dal quale difficilmente ci si può proteggere, con conseguenze diffuse e disastrose, chiamato Cigno Nero.
L’interconnessione delle nostre economie, dei sistemi di comunicazione e delle infrastrutture critiche, così come la dipendenza assoluta dalle tecnologie ICT in ogni ambito umano ben potrebbero esporre le nostre società a un Cigno Nero cibernetico.
Come sarebbe vivere uno scenario del genere e cosa potremmo fare per essere preparati a reagire? Non è facile, ma ho provato a immaginarlo.
Giorno 1
Al mattino, la tua giornata inizia come al solito, anche se con qualche scocciatura. Mentre ti prepari per andare a lavoro noti che la connessione internet è lenta e il router di casa si disconnette spesso. Vuoi vedere che la pioggia di ieri sera ha fatto danni alla centralina?
Arrivando in ufficio, scopri che non sei l’unica persona ad aver avuto problemi di linea. Anche lì ci sono problemi con internet; a malapena riesci a rispondere alle email e accedere agli applicativi web con cui lavori.
Alla sera, molti treni sono in ritardo. Tornando a casa, scopri che anche i tuoi vicini hanno guasti alla linea internet. Accendi la TV e ascolti il notiziario: pare che in molte zone del Paese siano stati segnalati guasti diffusi. Che diavolo sta succedendo?
✅ Finisce qui la preview gratuita. Se vuoi, considera l’abbonamento mensile o annuale per supportare Privacy Chronicles.
Con l’abbonamento avrai:
- accesso a tutte le Weekly Chronicles
- accesso agli articoli di approfondimento e all’archivio degli articoli passati
- uno sconto per l’acquisto dei prodotti anti-sorveglianza SLNT
Grugni
Davvero dobbiamo credere che sia in corso un feroce scontro fra Meloni e Schlein? Talora la comunicazione prova a coprire con l’ampollosità dei vocaboli il sostanziale vuoto che ha alimentato un fine settimana di campagna elettorale. Laddove le cose preoccupanti sono due: a. si voterà a giugno, e un sì lungo strazio sembra destinato ad alimentare più l’indifferenza che la partecipazione; b. ci sono problemi seri e scadenze internazionali di rilievo – dal G7 di cui avremo a giorni la presidenza al Patto di stabilità e crescita, nel mentre abbiamo due guerre alle soglie di casa – che il furoreggiare delle propagande s’industria però a scantonare. Sicché più che uno scontro sembra un incontro, scegliendo l’una nell’altra l’avversario con cui motivare le tifoserie.
Chi governa ha, ancora una volta, evocato il nemico occulto e i suoi metodi oscuri, ma se chiedi conto di queste affermazioni ti rispondono con sguardi corrucciati e ammiccamenti a quel che tutti si suppone sappiano. Ma no, non lo sappiamo. Abbiamo visto il ministro della Difesa evocare un ordito giudiziario, ma lo abbiamo anche poi visto gettare acqua sul fuoco.
Chi si oppone contrappone l’elencazione dei guasti e dei drammi, naturalmente con il piglio del rimprovero. Ma poi emerge che ciascuna di quelle note dolenti non è stata suonata ora per la prima volta, ce le trasciniamo dietro da tempo, quindi coinvolgono anche la responsabilità degli elencatori. E comunque, a parte l’accorata evocazione, non c’è l’ombra di una proposta di soluzione.
Due esempi aiutano a capire. Ha fatto bene il governo a porre un freno (ulteriore, perché altri erano già stati attivati dal governo Draghi), anche brusco, all’oscenità del bonus 110%. Ma a generare quel disastro furono le scelte del secondo governo Conte, salvo poi essersi aperta una irresponsabile gara a chi ne prometteva e proponeva più proroghe. Gara ancora aperta, a cura di forze che pure sono al governo.
Il governo ha fatto bene anche a fermare il reddito di cittadinanza, almeno per come era stato concepito, ma a protestare contro questo provvedimento è la sinistra che votò contro quella legge. Così è tutto un fiorire di contrapposizioni senza ancoraggio al merito delle questioni e senza cura alcuna della coerenza.
Che in Italia i salari siano bassi e siano scivolati indietro, mentre quelli medi europei sono andati di molto avanti, non è un’opinione ma un fatto. Ripeterlo non serve a niente, semmai si dovrebbe avere qualche cosa da dire sulle cause e sui possibili rimedi. La responsabilità non è delle regole europee, altrimenti non ci sarebbero altri in enorme vantaggio. Quel dato è una media: se ci si guarda dentro si vede che l’Italia che compete ed esporta non è ferma manco per niente, quindi è l’altra che scivola indietro. A determinare quel dato medio è la scarsezza degli investimenti in ricerca e innovazione, stabilizzando produzioni a basso valore aggiunto che non possono certo generare redditi alti. Ad avere un peso notevole è l’insoddisfacente formazione, sia quella scolastica che quella permanente nel mondo del lavoro. Un insieme di questioni che giustificherebbe eccome idee e ricette diverse, ma riconoscendo un interesse comune: far uscire l’Italia dal tempo perso delle chiacchiere a vuoto, costringere l’Italia protetta e non competitiva a uscire dalle sabbie mobili in cui sprofonda chiedendo sovvenzioni che non evitano lo sprofondare.
Ci fu un tempo in cui la sceneggiata politica fu animata dalle due ‘grinte’, quella di Craxi e quella di De Mita. Che erano in competizione, ma alleati. E che pagarono a caro prezzo il non accorgersi di quel che cambiava nel mondo. Non porta da nessuna parte la versione odierna e ingrugnita. E se il governo ha il collante del potere, l’opposizione non troverà il mastice della competizione nella sola contrapposizione. Converrebbe riconoscere subito l’interesse nazionale nella collocazione internazionale, come profittevolmente fece Meloni quando a governare era Draghi.
La Ragione
L'articolo Grugni proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
La sinistra italiana. Ma quale sinistra? Ed esiste ancora la sinistra? I Il Mago di Oz
"La nuova sinistra, a forza di metamorfosi, è diventata una nuova destra, atlantica, neoliberale, seppur sempre progressista. Hanno vinto tra tante correnti e tra tante lotte di potere interno i democristiani di quell’area. C’è stato uno spostamento al centro. È diventato di fatto più centro che sinistra e sappiamo dai tempi della Dc che il centro in Italia è sempre stato una destra mascherata, occulta, seppur annacquata, rielaborata in chiave moderata e politicamente corretta. [...] La nuova sinistra mette come primo punto i diritti civili, ma non i diritti dei lavoratori e il diritto di lavorare; non parla di come risolvere il grave problema dei morti sul lavoro; se difende i diritti degli immigrati, non si occupa più di tanto delle ragioni e delle paure dei penultimi, ovvero degli italiani disoccupati, precari, in difficoltà economica, che a stento arrivano a fine mese, quando ci arrivano."
Threads & Tumblr: l'impatto sul Fediverso. Il commento di Laurens Hof
I due giganti del social hanno davvero le idee chiare su come interoperare attraverso #ActivityPub
like this
reshared this
L’Italia con Kyiv anche nel 2024. Strada spianata per l’ottavo pacchetto di aiuti
Ancora una volta, l’Italia sceglie di essere dalla parte della libertà delle Nazioni e del rispetto del diritto internazionale. Questo il commento del ministro della Difesa, Guido Crosetto, riguardo l’approvazione in Consiglio dei ministri del decreto-legge che proroga di un ulteriore anno le cessioni di sistemi d’arma, mezzi, munizioni e forniture di difesa, militari e no, all’Ucraina. Il decreto-legge è stato presentato su iniziativa dei ministri della Difesa, Crosetto, degli Esteri, Antonio Tajani, e dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, con il consenso dell’intero governo.
Coperto il 2024
La proroga va dal 1° gennaio al 31 dicembre del 2024, e stabilisce l’autorizzazione al governo, previo atto di indirizzo di Camera e Senato, alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti alle autorità dell’Ucraina. Il prolungamento del conflitto russo-ucraino, in uno scenario internazionale aggravato dalla crisi mediorientale e dalla guerra tra Israele Hamas, ha imposto all’esecutivo l’allungamento dei tempi per gli aiuti all’Ucraina, in linea con gli impegni internazionali assunti dall’Italia in sede Ue e Nato. Il decreto-legge, quindi, consentirà al governo, per un ulteriore anno e previo obbligatorio mandato del Parlamento, di supportare la popolazione ucraina, mettendo a disposizione, come fatto finora, non solo armi, ma anche equipaggiamenti, gruppi elettrogeni e quanto necessario a sostenere le operazioni militari a difesa di civili.
Il sostegno italiano
“L’obiettivo – ha detto Crosetto, è – di arrivare, in linea con la posizione assunta dagli alleati Nato e Ue, a una pace giusta e duratura”. Per questo, ha proseguito il ministro, “abbiamo scelto di prorogare un atto di indirizzo, deciso ormai già un anno fa, dal governo precedente, lasciando immutato il dettato del decreto e decidendo di ottemperare, appena ve ne saranno le condizioni, a un passaggio parlamentare, e abbiamo scelto di farlo senza utilizzare strumenti secondari come il decreto Mille Proroghe o altri provvedimenti non omogenei per materia”. Rispetto al supporto italiano a Kyiv e, soprattutto, riguardo le possibili tensioni all’interno degli alleati di governo, il ministro a sottolineato come “non esiste alcun problema politico all’interno della maggioranza di Governo che intende invece rispettare il ruolo e il vaglio del Parlamento”. Del resto, anche nella sua ultima riunione, il Consiglio supremo di difesa riunitosi ieri “ha ribadito la ferma condanna dell’aggressione operata dalla Federazione Russa e il pieno sostegno dell’Italia all’Ucraina nella sua difesa contro l’invasore”.
L’ottavo pacchetto aiuti
Pochi giorni prima dell’approvazione del decreto, tra l’altro, Crosetto aveva confermato la preparazione dell’ottavo pacchetto di aiuti che entro fine anno verrà riproposto al Copasir per poi essere effettivo. “A fine anno scadrà il decreto per l’invio di armi all’Ucraina, la Camera dovrà esprimersi per vedere se nuovamente, per il prossimo anno, vorrà autorizzare il governo”, aveva spiegato Crosetto pochi giorni fa al palazzo dell’Informazione per il Forum Adnkronos. Come noto, il contenuto del decreto è secretato. Secondo alcune ipotesi avanzate, viste anche le richieste ucraine, l’invio potrebbe riguardare sistemi o munizioni di contraerea e apparecchiature antidrone.
Gli aiuti italiani
Lo scorso giugno il governo ha approvato il settimo pacchetto di aiuti (il secondo dalla nascita dell’esecutivo Meloni) comprensivo di sistemi per la difesa antimissilistica, equipaggiamenti contro il rischio nucleare, biologico, chimico e radiologico. Nel 2022 Roma aveva fornito a Kyiv 17,5 milioni di dollari posizionandosi così tra i primi dieci donatori. I sette pacchetti di aiuti a sostegno della Forze armate di Kyiv, che hanno visto l’approvazione del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), oggi guidato da Lorenzo Guerini, all’epoca dei primi cinque ministro della Difesa (quando presidente del Copasir era l’attuale ministro delle Imprese, Adolfo Urso).
Owncast ha avviato la propria newsletter mensile, curata da Kit Aultman, per fornire a tutti noi un posto dove aggiornarci su ciò che accade tra gli stream Owncast
owncast.ghost.io/owncast-newsl…
Questa newsletter è il prodotto e un servizio offerto alla comunità di sviluppatori, streamer, spettatori e appassionati di Owncast. Non possiamo essere una cassa di risonanza per la comunità senza il vostro sostegno. Non esitare a contattarci con notizie interessanti su progetti, eventi o altre notizie degne di nota e, se desideri contribuire a costruire il tessuto sociale della comunità Owncast, ti invitiamo a dare un'occhiata al canale owncast-community su rocket.chat.
owncast.ghost.io/owncast-newsl…
Owncast Newsletter, December 2023
Greetings from the editor, big changes at Jnktn, Owncast at Ubuntu Summit 2023, upcoming events, and more!Kit Rhett Aultman (Owncast)
Discourse sta lavorando da tempo per unirsi al fediverso e il loro ultimo aggiornamento mostra a che punto sono.
Una categoria Discourse ora può seguire qualsiasi attore del fediverso.
Questo è un passo importante nell'espansione del fediverso e vale la pena tenerlo d'occhio.
meta.discourse.org/t/activityp…
ActivityPub Plugin
Just to let you guys know, we just merged the PR that allows a Discourse category to follow any actor in the fediverse, including other Discourse categories. Yes, that means you can now federate a category between two (or three, or more) Discourses.Discourse Meta
like this
don't like this
reshared this
Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ likes this.
Basso Daniele likes this.
La sanità pubblica ormai non esiste più: il 68% degli italiani costretto a rivolgersi ai privati l La Notizia
"Il XXI Rapporto di Cittadinanzattiva sulle politiche della cronicità, presentato oggi a Roma al ministero della Salute, evidenzia che i cittadini sono sempre più spesso costretti a rivolgersi alla sanità privata. D’altronde le liste d’attesa infinite non sono ormai una novità e la situazione continua a peggiorare giorno dopo giorno in tutto il territorio nazionale."
Scuola di Liberalismo 2023 – Messina: lezione della prof.ssa Angela Villani sul tema “Foi en l’Europe”
Quindicesimo ed ultimo appuntamento dell’edizione 2023 della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e la Fondazione Bonino-Pulejo. Il corso, giunto alla sua tredicesima edizione, si è articolato in 15 lezioni, che si sono svolte sia in presenza che in modalità telematica, dedicate alle opere degli autori più rappresentativi del pensiero liberale.
L’ultima lezione si svolgerà lunedì 18 dicembre, dalle ore 17 alle ore 18.30, presso l’Aula n. 6 del Dipartimento “COSPECS” (ex Magistero) dell’Università di Messina (sito in via Concezione n. 6, Messina); dell’incontro sarà altresì realizzata una diretta streaming sulla piattaforma ZOOM.
La lezione sarà tenuta dalla prof.ssa Angela Villani (Ordinaria di Storia delle Relazioni internazionali presso l’Università di Messina), che relazionerà sull’opera “Foi en l’Europe” di Gaetano Martino.
In tale occasione verranno altresì comunicate le tracce delle tesine, la cui redazione (riservata a chi abbia un’età inferiore ai 32 anni e abbia frequentato almeno i 2/3 delle lezioni del corso) dà diritto a concorrere alla aggiudicazione delle borse di studio messe in palio. La consegna degli elaborati da parte dei corsisti interessati è fissata alle ore 12.00 di sabato 30 dicembre, mentre la premiazione dei vincitori è fissata per giovedì 11 febbraio 2024, in occasione della cerimonia di chiusura della XIII edizione della Scuola di Liberalismo di Messina.
La partecipazione all’incontro è valida ai fini del riconoscimento di 0,25 CFU per gli studenti dell’Università di Messina.
Come da delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Messina e della Commissione “Accreditamento per la formazione” di AIGA, è previsto il riconoscimento di n. 12 crediti formativi ordinari in favore degli avvocati iscritti all’Ordine degli Avvocati di Messina per la partecipazione all’intero corso.
Per ulteriori informazioni riguardanti la Scuola di Liberalismo di Messina, è possibile contattare lo staff organizzativo all’indirizzo mail SDLMESSINA@GMAIL.COM
Pippo Rao, Direttore Generale della Scuola di Liberalismo di Messina
Visita la pagina della Scuola di Liberalismo 2023 – Messina
L'articolo Scuola di Liberalismo 2023 – Messina: lezione della prof.ssa Angela Villani sul tema “Foi en l’Europe” proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
La missione Dragonfly partirà per Titano nel 2028 l reccom.org
"Unica missione della NASA sulla superficie di un altro mondo oceanico, Dragonfly è progettata per indagare la complessa chimica che è il precursore della vita. Il veicolo, che il Johns Hopkins Applied Physics Laboratory (APL) di Laurel, nel Maryland, costruirà e utilizzerà, sarà dotato di telecamere, sensori e campionatori per esaminare aree di Titano note per contenere materiali organici che potrebbero essersi precedentemente mescolati con liquidi. acqua ormai congelata sulla superficie ghiacciata."
Sabino Cassese – Intellettuali
youtube.com/embed/yHr2siAtEBs?…
L'articolo Sabino Cassese – Intellettuali proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Sabrina Web 📎
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ • • •informapirata ⁂
in reply to Sabrina Web 📎 • • •@sabrinaweb71 il nostro orientamento è pregiudizialmente negativo nei confronti di Meta. Al momento comunque stiamo valutando se avviare sperimentalmente la federazione con Threads, quanto meno per capire se funziona oppure no (non è scontato: Threads è stato fatto per comunicare principalmente con Mastodon!).
In ogni caso, prima di avviare la federazione, daremo una preventiva comunicazione agli iscritti
@notizie @fediverso @poliverso
Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂
Unknown parent • •