Week-end a Ischia, consigli per il viaggio
Ischia è una bellissima isola di origine vulcanica, situata nel Golfo di Napoli. È una delle mete turistiche più ambite d’Italia e ha molto da offrire ai suoi visitatori. L’isola offre spiagge uniche nel loro genere, il cibo è da leccarsi i baffi e sono presenti alcuni dei paesaggi più belli d’Italia. Nei prossimi paragrafi […]
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Piantedosi, la porcata della ‘selezione’, la Costituzione, la Francia
Il diritto d'asilo, l'obbligo di salvare vite umane in mare, il diritto di uscire dal proprio Paese e andare in Europa. E poi la follia di selezionare tra i naufraghi le persone da sbarcare e quelle da lasciare a bordo delle navi, che ricorda molto da vicino altre 'persone' che selezionavano persone da inviare qua o là. Infine, arriva Macron
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Norme e messaggi, se la legge diventa un simbolo
Provvedimenti dal contenuto volutamente vago e impreciso, che lasciano una amplissima sfera di libertà nell’interpretazione che ne daranno amministratori e magistrati
Dalla legge-comando alla legge-simbolo. Forse i giuristi devono rivedere il modo in cui suddividono e classificano la legislazione. Il decreto sul rave party ha suscitato e sta suscitando proteste per il fatto che i suoi contenuti potrebbero in futuro prestarsi a interpretazioni lesive del diritto costituzionale di radunarsi e manifestare. Il Foglio ha subito indicato alcune evidenti somiglianze fra questo decreto e il disegno di legge Zan, bocciato dal Parlamento nella passata legislatura. In entrambi si intravvede una ispirazione panpenalista (anche se di segno politico opposto), la spinta ad allargare l’area dei comportamenti penalmente punibili.
Ma c’è forse anche un altro aspetto da considerare. I due provvedimenti in questione ma anche tanti altri decreti e tante altre leggi che non hanno attirato uguale attenzione da parte dell’opinione pubblica, hanno una cosa in comune. Non sono complessi di norme che, grazie alla loro chiarezza, al loro rigore e alla loro precisione, debbano essere applicati da un’amministrazione a cui restano margini di interpretazione ristretti e sul cui rispetto sia chiamata a vegliare la magistratura. No, sono leggi dal contenuto volutamente vago e impreciso, leggi che, a causa della loro fattura, lasciano una amplissima sfera di libertà nell’interpretazione che ne daranno amministratori e magistrati. I giuristi si mettono le mani nei capelli e parlano di analfabetismo giuridico dei nostri politici.
Ma a parte il fatto che nella schiacciante maggioranza, se non nella totalità di questi testi, ci mettono le mani i funzionari, il problema è che invocare una vera o presunta incapacità tecnico-giuridica non è sufficiente. E forse è persino sbagliato. Perché potrebbero essersi verificati cambiamenti strutturali, che, giunti a questo punto, rendono superflua la competenza giuridica. Anzi tale competenza, in molti casi, potrebbe essere addirittura un ingombro. Questo vale per molte leggi e, sicuramente, per tutte le leggi che hanno, dal punto di vista di chi le confeziona, un valore politico-identitario.
In questi casi ciò che conta della legge non è altro che il «messaggio» che si manda ai propri elettori nonché l’indirizzo di massima a cui si invitano amministratori e magistrati ad attenersi. Tanto, comunque, toccherà a loro, (amministratori e magistrati), e solo a loro, dare delle norme l’interpretazione che preferiscono e, eventualmente — ma è raro che ciò avvenga — sostituire rigore a sciatteria, chiarezza a confusione. Se la legge non è altro che un messaggio e un indirizzo politico di massima non c’è bisogno di altra competenza se non quella politica, la capacità di agire con efficacia entro l’arena politica.
Il cambiamento strutturale riguarda il declino relativo della politica rappresentativa e il contestuale rafforzamento della potenza delle magistrature e dei vertici dell’amministrazione civile. È un processo in atto da decenni, da quando entrò in crisi il sistema dei partiti che aveva dominato la Repubblica dalla fine della Seconda guerra mondiale fino ai primi anni Novanta.
Da allora, ai partiti con il fortissimo radicamento sociale di un tempo si sono sostituite formazioni politiche molto più fragili al servizio dei rispettivi leader. Inoltre, causa la forte eterogeneità delle coalizioni di governo , non è mai stato possibile dare vita a esecutivi forti e stabili. La debolezza della politica, mentre, dal lato dell’elettorato, generava frustrazione, elevata mobilità elettorale, alto astensionismo e movimenti di protesta, dal lato dei rapporti fra governi, amministrazione e magistrature, consolidava una tendenza i cui inizi risalgono alla rivoluzione giudiziaria dei primi anni Novanta: lo spostamento del baricentro del potere dalla politica rappresentativa alle istituzioni amministrative e giudiziarie.
Oggi, si dice (forse troppo frettolosamente) che si è ricostituito un potere politico forte con la vittoria delle destre. Per giunta, lo stato comatoso dell’opposizione lascia pensare che la destra potrebbe governare più o meno indisturbata per più di una legislatura. Vedremo. Ma resta comunque il fatto che anche una leader con la forza e le capacità di Giorgia Meloni si trova alla testa di una coalizione di governo sgangherata. Come tutte le precedenti coalizioni di governo.
C’è da dubitare che possa riuscire a ribaltare i rapporti di forza fra politica rappresentativa e Stato burocratico-giudiziario. E, anzi, potrebbe contribuire ad aggravare il problema. Più leggi-simbolo vengono accatastate, più libertà di interpretazione si assegna a amministratori e magistrati e più si espande lo spazio della politica «burocratico-giudiziaria» (l’autonoma attività degli apparati dello Stato) a scapito dello spazio di cui dispone la politica rappresentativa.
Al momento, ciò che chiamiamo democrazia, ossia la politica rappresentativa, è ancora insostituibile. Fornisce la necessaria legittimazione, e le necessarie coperture, senza le quali lo Stato burocratico-giudiziario non potrebbe reggersi in piedi. La democrazia rappresentativa è ancora l’unico gioco politico ufficialmente possibile, l’unico che porti stampato il bollino della legalità (costituzionale). Legalità e legittimità politica non sono sinonimi e possono non coincidere ma in questo caso sì.
Al momento, e nonostante tutti gli sfilacciamenti, anche gravi, che si verificano praticamente ovunque, la democrazia rappresentativa gode ancora di forti protezioni nel mondo occidentale. Basti pensare al club europeo. Non se ne può fare parte se non si è una democrazia. L’Ungheria che ne ha indebolito alcuni istituti, è diventata un sorvegliato speciale. Anche la Polonia era nella stessa condizione ma poi la guerra in Ucraina, la sua posizione anti-russa e la sua collocazione strategica, hanno messo momentaneamente la sordina alle proteste per certe sue scelte istituzionali di segno illiberale.
In ogni caso, la democrazia, in Occidente, gode ancora di forti sostegni interni e di una rete di ancoraggi internazionali. Ma se quella rete si indebolisse troppo, che accadrebbe a un Paese come il nostro? Al momento, e si spera anche in futuro, lo Stato burocratico-giudiziario non può disfarsi della politica rappresentativa. Non può farlo perché ha cento teste e non una soltanto. E non può farlo perché non dispone di una fonte di legittimazione autonoma. Ma se la crisi della democrazia in Occidente dovesse aggravarsi, un giorno le cose potrebbero cambiare. Chi continua ad apprezzare la democrazia nell’unica forma possibile, quella rappresentativa, spera che quel giorno non arrivi mai.
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Midterm 2022: la politica estera che verrà
Se i repubblicani prenderanno il controllo del Congresso degli Stati Uniti, le conseguenze si faranno sentire in tutto il mondo, dicono gli osservatori di Washington. Ecco come potrebbe cambiare la politica estera di Biden: dall'Ucraina, alla Cina, passando per l'Iran, l'Arabia Saudita, l'Afghanistan
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La posizione della Germania nel nuovo ordine mondiale americano
La Germania è diventata un satellite economico della Nuova Guerra Fredda americana con la Russia, la Cina e il resto dell’Eurasia. Alla Germania e ad altri paesi della NATO è stato detto di imporre sanzioni commerciali e di investimento su se stessi che sopravviveranno all’odierna guerra per procura in Ucraina. Il presidente degli Stati Uniti […]
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Italy a national network to fight LNG regasifiers
LA LOTTA DI PIOMBINO FA NASCERE LA RETE NO RIGASSIFICATORI NO GNL NAZIONALE
LA LOTTA DI PIOMBINO FA NASCERE LA RETE NO RIGASSIFICATORI NO GNL NAZIONALE ASSEMBLEA NAZIONALE DEI COMITATI A PIOMBINO IL ...nadia darco (Blogger)
Su Repubblica l’intervista del Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara.
Potete leggerla qui ▶️ repubblica.it/cronaca/2022/11/…
Ministero dell'Istruzione
Su Repubblica l’intervista del Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara. Potete leggerla qui ▶️ https://www.repubblica.it/cronaca/2022/11/07/news/valditara_scuola_merito_studenti_contratto-373320415/Telegram
III edizione Concorso nazionale per promozione di percorsi di educazione alla Cittadinanza europea ispirati al Manifesto di Ventotene per l'Europa unita e ai valori della Costituzione.
Info ▶️ miur.gov.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola III edizione Concorso nazionale per promozione di percorsi di educazione alla Cittadinanza europea ispirati al Manifesto di Ventotene per l'Europa unita e ai valori della Costituzione. Info ▶️ https://www.miur.gov.Telegram
European Health Data Space: Threat to self-determination and privacy
This afternoon, the EU Commission will present draft legislation to the Committee on Civil Liberties, Justice and Home Affairs (LIBE) to create a “European Health Data Space” (EHDS). The proposal aims to connect patients‘ health data across Europe. For example, patients’ medical histories, test results or prescriptions are to be shared with hospitals and doctors treating a patient throughout the EU, unless the patient restricts access. Industry, research and authorities would also be given access to personal health data.
Member of the European Parliament Patrick Breyer (Pirate Party) is shadow rapporteur in the LIBE committee and comments on the proposal:
“Information revealing my physical and mental health is extremely sensitive. If I can’t rely on this information being treated confidentially by my attending physicians, then I may no longer feel confident to seek treatment at all. This puts sick people and their families at risk. That’s why the proposed EU-wide exchange of health data needs to meet the following requirements:
- Only the attending physician should have access to their own health records in the absence of the patient’s free consent. This includes the fact that a person is being treated by a particular doctor in the first place. There are good reasons, for example, to obtain a second opinion without the doctors involved knowing about each other.
- Without the free consent of the patient, treatment information may only be stored locally by the patient‘s trusted doctor and not automatically in centralised databases, where patients lose control over it. There is a risk that in the event of a loss of centrally stored data, the data of the entire population will suddenly be lost.
- If there is ever to be access by industry, by research or even by politics, then only to anonymised and aggregated data. It is not enough to simply remove the names of the patients. After all, treatment histories are so unique making it is easy to reassign them to the person in question.
The EU Commission’s legislative proposal fullfills none of these requirements. Obviously, the proposal was not designed in the interest of the patients, but of industry. There is a lot of work ahead to ensure that patients can continue to trust in the confidentiality and security of their highly sensitive health information and that their right to self-determination over their data is respected!”
Roma e Milano piazze inconciliabili, sulla pace il Pd tagli la sirena populista
Da una parte lo spirito adolescenziale del corteo della Capitale a cui hanno partecipato i dem, dall’altra un doloroso realismo che fa davvero i conti con il conflitto. Miope non capire le differenze
La reazione civile del nostro Paese al conflitto in corso in Ucraina, che si è manifestata nelle adunate di piazza a Roma e a Milano nei giorni scorsi, rivela plasticamente due atteggiamenti politici differenti e antitetici nei confronti del dramma della guerra. Se la ragione di fondo che ha portato migliaia di cittadini a prendere parte a queste due manifestazioni è il rifiuto della guerra e l’esigenza comune della pace, la differenza inconciliabile tra di esse è il giudizio sul valore della resistenza ucraina.
Da Roma il giudizio è che l’Italia, nel nome della pace, dovrebbe sottrarsi al compito intrapreso sino a oggi di fornire armi al popolo ucraino, perché in questo modo si sta contribuendo a fomentare una fatale escalation bellica dagli esiti incerti e potenzialmente devastanti per l’intero pianeta. Questo giudizio rende ancora una volta inevitabilmente contraddittoria la presenza del Pd in quella piazza, poiché questo partito ha sempre coerentemente perseguito una linea di solidarietà politica e militare con il popolo ucraino. Sintomo che dovrebbe fare riflettere sullo stato di disorientamento profondo nel quale esso si trova.
Il problema non sono stati gli insulti rivolti a Letta, ma la sua presenza in quella piazza accanto a quella di altri importanti dirigenti del partito. Ai miei occhi si tratta di un doppio segnale: la sua attuale classe dirigente non è all’altezza del compito di una sua rifondazione; l’oscillazione continua su grandi temi indica la presenza interna di due anime profondamente inconciliabili: una massimalista e una riformista. Fintanto che questo nodo gordiano non verrà tagliato, il Pd si troverà sempre più in affanno e privo di una identità politicamente definita.
Il pacifismo che si è manifestato a Roma esprime in sostanza la vecchia logica dell’equidistanza: né con la Nato, né con Russia. Lo stesso che accadeva a sinistra sinistra nel tempo del terrorismo: né con lo Stato né con le Br. È quella logica del né/né che continua a permeare parti significative del Pd. Se la guerra è stata generata da una ambizione neo-imperiale e neo-coloniale che sospinge il totalitarismo di Putin a rivendicare la supremazia sui territori di un altro Paese giudicato strategicamente significativo, è necessario e doveroso aiutare il popolo aggredito con tutti i mezzi a nostra disposizione. Non dunque né/né, ma solidarietà piena alla democrazia offesa, alla libertà di un popolo e di uno Stato sovrano.
Indubbiamente la piazza di Milano appare agli occhi di quella di Roma come una piazza cinica e guerrafondaia. Ma il sillogismo della piazza romana resta purtroppo un sillogismo da anima bella: la guerra è in sé un orrore e, dunque, bisogna fermarla. Bisogna uscire dalla nostra inermità, afferma intrepidamente il vero leader politico di quella piazza e cioè Giuseppe Conte. Il carattere adolescenziale del movimento che guida ha trovato effettivamente un giusto erede. Sì, perché uscire dalla nostra inermità significherebbe consegnare il popolo ucraino, privato di armi e del sostegno delle sanzioni anti-russe, al disarmo impotente di fronte ad un aggressore spietato. L’appello alla pace e alla forza dissuasiva della parola di fronte ad una volontà criminale è sempre impotente.
In realtà, tutti noi avremmo voluto essere nella piazza di Roma, come tutti noi vorremmo credere che l’essere umano sia un essere di pace, dedito all’amore per il prossimo, disposto all’altruismo e alla amicizia. Ma il sogno adolescente del “mondo buono” si dissolve sotto i colpi acidi della realtà. Quella del pacifismo populista è la posizione che Hegel attribuiva all’anima bella che pretende di giudicare la storia dall’alto della sua condizione di purezza ideale senza accorgersi che lei stessa è intaccata sin nelle sue radici dall’infezione della storia. La piazza di Milano appare pertanto, nel suo realismo ostinato e doloroso, la piazza della vita adulta, del carattere duro, spigoloso, persino antipatico della vita adulta. Significa tenere la barra dritta, non rincorrere le illusioni puberali del populismo di ogni sorta.
Avere il coraggio politico di sostenere la necessità della guerra per difendere una pace che non sia una resa all’aggressore. È lo stesso atteggiamento – fatte le dovute proporzioni – che si dovrebbe tenere nei confronti delle nuove generazioni ecologiste che imbrattano i capolavori della nostra arte e bloccano il traffico nel nome della salvezza del pianeta mostrando come la difesa di un giusto ideale che non sa trovare i mezzi politici adeguati si trasformi fatalmente in un boomerang che rende quella stessa causa invisa. L’irresponsabilità adolescenziale della piazza romana consiste nel porre Russia e Ucraina sullo stesso piano.
In questo modo il pacifismo si ribalta su se stesso e diviene uno dei maggiori alleati del progetto neo-imperiale e neo coloniale di Putin. L’appello alla parola e al dialogo, alla pace e alla fine del conflitto che non tiene conto della realtà dei fatti, appare come una consegna di un intero popolo alla violenza criminogena della Russia putiniana. La piazza di Milano si rileva perciò come una piazza austera e severa. Non c’è niente da festeggiare. Nessuna bandiera arcobaleno. Per lo più solo bandiere ucraine. La guerra deve continuare, dichiara il “mostro” Zelensky, perché un popolo ha diritto alla sua libertà.
Ma cosa ci faceva il Pd nella piazza di Roma? Ancora una volta mescolato all’equivoco populista di una pace invocata a slogan contro ogni esigenza di giustizia per il popolo ucraino? Cosa ci facevano lì i suoi dirigenti che ancora oggi rivendicano incomprensibilmente il valore politico della loro presenza? Non sarebbe l’esistenza stessa di queste due piazze a gridare la necessità di una dimissione politica di massa dell’attuale gruppo dirigente? Milano non è Roma.
Sono due piazze dell’anima che non si possono confondere. In quella piazza decide di stare il Pd nel suo prossimo futuro? È vero che molti di quelli che sono stati a Milano avrebbero voluto essere a Roma perché l’esistenza della guerra apre in ciascuno di noi un dissidio profondo. Ma la politica implica il peso delle scelte e delle decisioni.
Scegliere Milano e non Roma è tagliare con la sirena populista, è fare i conti con il carattere inemendabile della realtà. Invocare la pace quando la guerra è necessaria a salvare la libertà è una scelta politica che ha delle conseguenze profonde. Come può il Pd ignorare queste conseguenze? Come può non distinguere tra la piazza di Milano e quella di Roma?
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Einaudi l’austriaco
Mises e Hayek, liberisti incompresi. Il ritardo con cui l’Italia li recepì (e si vede), poi recuperato grazie all’economista che salì al Quirinale
La prima recezione nel nostro paese delle teorie formulate dagli esponenti della Scuola austriaca di economia è avvenuta in ritardo e con difficoltà. Apparsi originariamente nel 1871, i “Grundsätze der Volkswirtschatslehre” di Carl Menger sono stati tradotti in italiano solamente nel 1909 e sono stati accompagnati da una prefazione in cui Maffeo Pantaleoni affermava che la prima lacuna dell’opera stesse nella mancanza della “concezione dell’equilibrio generale economico”.
Il maggior pregio delle pagine mengeriane, la spiegazione del processo economico tramite le scelte individuali, veniva in tal modo presentato come il loro maggiore limite. Per avere una più attenta valutazione del contributo teorico della Scuola austriaca di economia, occorrerà attendere Luigi Einaudi, il quale ha visto in tale Scuola una fervida fucina di strumenti concettuali e una straordinaria fonte di impegno morale. Avendo in mente soprattutto Ludwig von Mises e Friedrich A. von Hayek, Einaudi non ha esitato a scrivere: “Pretendono costoro di spiegare (…) i fatti che accadono attorno a noi.
Alcuni di essi, i più pugnaci dell’eletta schiera, i giovani viennesi eredi della gloriosa scuola dei Menger, dei Böhm-Bawerk e dei Wieser pretendono, con quelle sottigliezze, di spiegare la vera causa della distruzione, la quale va compiendosi giorno per giorno sotto i loro occhi, della economia austriaca; e poiché la vera causa non è, se non in piccolissima parte, il divieto alla piccola Austria di unirsi alla grande Germania, essi difendono, senza farlo di proposito, l’indipendenza del loro paese”. Questi giovani economisti, i cui concetti hanno una rara “potenza chiarificatrice”, “danno speranza di diventare una delle maggiori forze spirituali del mondo”.
Nel momento in cui Einaudi esprimeva tale giudizio, aveva già una conoscenza diretta di Ludwig von Mises. Quest’ultimo si trovava nel 1926 negli Stati Uniti, con una borsa Laura Spelman, offerta dalla Rockefeller Foundation. Assieme a lui c’erano Johan Huizinga, Bronislaw Malinowski e altri. Facevano tutti parte di un gruppo di studiosi, impegnati in un tour di lezioni in varie università americane.
E’ stata un’esperienza che si è protratta per alcuni mesi e che si è conclusa con la partecipazione, presso la facoltà di Economia della Harvard University, a un dibattito presieduto da Frank W. Taussig. Einaudi e Mises si sono conosciuti in quella circostanza. E il loro scambio intellettuale è continuato per il resto della loro vita. Quando in fuga dal nazismo Mises ha trovato accoglienza negli Stati Uniti, stabilendosi a New York, Mario Einaudi gli ha reso visita, recandogli messaggi del padre. I coniugi Mises sono stati ospiti nell’agosto del 1953 al Quirinale e poi nel settembre 1961 a Dogliani.
Per ovvia questione anagrafica, i rapporti fra Hayek ed Einaudi sono nati più tardi. In una lettera del 19 marzo 1932, Einaudi ringrazia Hayek per l’invio dell’edizione tedesca di “Prices and Production” e gli promette una recensione su La Riforma sociale. Tale recensione appare subito dopo a firma di Attilio Cabiati. Non solo. Hayek aveva curato nel 1931 l’edizione tedesca dell’ “Essai sur la nature du commerce en général” di Richard Cantillon.
Ed Einaudi gli chiede l’autorizzazione a ospitarne, tradotta in italiano, l’introduzione su La Riforma sociale. La risposta di Hayek non tarda (25 marzo). Lo studioso austriaco accoglie con compiacimento la proposta: “Le sono molto grato per l’interesse rivolto al mio saggio su Cantillon e mi sentirò lusingato di vederlo sulla sua rivista”. Da raffinato bibliofilo, Einaudi possedeva una copia della prima edizione dell’“Essai”, recante la firma di Antoine-Laurent de Lavoisier, il grande chimico ghigliottinato sotto il Terrore. E, quando nel 1955 ha voluto rendere disponibile in italiano una nuova traduzione dell’opera di Cantillon, ha giudicato l’introduzione hayekiana come “il migliore strumento sinora venuto alla luce per la conoscenza della vita e del pensiero” di quell’autore.
L’attenzione rivolta da Hayek e da Einaudi all’“Essai sur la nature du commerce en général” non è questione di poco conto. Hayek si è soffermato su quell’opera nello stesso periodo in cui stava lavorando alle sue lezioni su “Prices and Production” che segnano il suo ingresso alla London School of Economics. Quelle lezioni si aprono esattamente con una citazione di Cantillon, riguardante il carattere sequenziale del processo inflazionistico: il fatto cioè che i prezzi non aumentano simultaneamente e che non tutti gli attori possono adeguare nella stessa misura le proprie remunerazioni. Cambiano così i prezzi relativi e, quando ciò avviene, si realizza una redistribuzione della ricchezza. A tutto ciò è stato dato il nome di “effetto Cantillon”. Il che costituisce uno degli elementi di base della teoria austriaca del ciclo economico.
La parte più significativa delle relazioni fra Hayek ed Einaudi si è svolta nel secondo dopoguerra. Lo studioso austriaco pensava già da tempo alla costituzione di quella che sarebbe poi stata la Mont Pèlerin Society, un’associazione internazionale fra i maggiori esponenti della cultura liberale. Lo stesso Hayek ha ricordato: “Ho abbozzato per la prima volta il progetto (…) davanti a un piccolo gruppo (la Political Society) presieduto da Sir John Clapham”. Era il 28 febbraio del 1944; la relazione di Hayek era titolata “Historians and the Future of Europe”; la riunione si teneva al King’s College di Cambridge, città in cui, dopo i primi bombardamenti di Londra, la London School of Economics si era trasferita.
Non appena ripristinate le comunicazioni postali, Hayek comincia a coinvolgere nel suo piano i più accreditati studiosi di orientamento liberale. E il 28 dicembre del 1946 invia una lettera a un cospicuo numero di destinatari, specificando che l’obiettivo sarebbe stato quello di costituire “un’associazione internazionale di studiosi, una sorta di accademia internazionale di filosofia politica”. Fra i destinatari italiani, ci sono Luigi Einaudi, Carlo Antoni e Costantino Bresciani-Turroni.
La copia pervenuta a Einaudi contiene delle aggiunte fatte di pugno, in cui c’è l’insistente richiesta di “sostegno” e di “collaborazione”. La risposta di Einaudi è del 22 gennaio del 1947. Egli era in quel momento impegnato, attraverso lo svolgimento di vari incarichi pubblici, nella ricostruzione dell’economia italiana. Nella sua lettera, si legge fra l’altro: “All’inizio dello scorso dicembre, ho avuto l’opportunità di incontrare a Zurigo il professor Röpke e il Signor Hunold, i quali mi hanno informato della riunione programmata per la prossima Pasqua nelle vicinanze di Vevey. Ho già dato loro, in via di principio, il mio consenso. Dico in via di principio, perché non posso prevedere, con tanto anticipo, quali saranno gli impegni derivanti dai miei doveri di ufficio. (…) Il prof. Antoni mi ha informato che verrà con piacere”.
Qualche giorno dopo, il 4 febbraio, Einaudi si dichiara disponibile ad aprire la discussione assieme a Hans Kohn e a Bertrand de Jouvenel. Ribadisce però l’impossibilità di dare certezza alla sua presenza. In realtà, Carlo Antoni è stato l’unico italiano a partecipare alla riunione costitutiva della Mont Pèlerin Society.
Nel corso della sua relazione introduttiva, Hayek ha tuttavia letto una lunga lista di studiosi che, seppure non presenti, avevano dato la propria adesione all’iniziativa. E, soffermandosi in occasione successiva su quei nomi, ha precisato che tutti hanno poi aderito alla Mont Pèlerin Society. Nella lista di quegli studiosi, compaiono Luigi Einaudi e Bresciani-Turroni (quest’ultimo aveva da poco curato l’edizione italiana di “Collectivistic Economic Planning”, il volume in cui Hayek aveva raccolto nel 1935 le maggiori critiche che fino al momento erano state formulate nei confronti dell’economia pianificata).
Il 20 settembre dello stesso anno, Hayek si trova in vacanza a Soprabolzano. E di lì invia una lettera manoscritta a Einaudi, con la quale annuncia di essere stato invitato a tenere due lezioni a Roma da Roberto Ago e di volere approfittare della circostanza per organizzare un incontro. Hayek prega Einaudi di rendere partecipi anche gli “amici” Bresciani e Antoni. Il segretario di Einaudi, Antonio d’Aroma, comunica il 30 settembre a Hayek, già a Roma, che l’incontro avverrà il giorno dopo a cena e che Bresciani-Turroni e la moglie passeranno dall’albergo (Ludovisi) e lo accompagneranno in automobile.
L’elezione di Einaudi al Quirinale non ha interrotto i rapporti con Hayek. Il carteggio lo testimonia ampiamente. Una lettera di Einaudi del 29 settembre 1951 si conclude con la seguente affermazione: “Non dimentichi che, nel caso abbia la possibilità di visitare l’Italia, sarò ben lieto di spendere qualche ora con lei”. Hayek avrebbe voluto che Einaudi aprisse i lavori della riunione di Venezia (settembre 1954) della Mont Pèlerin Society. Ha reso pubblica questa sua idea tramite una comunicazione del 27 marzo 1954, diretta ai membri dell’associazione. Ma non dava per certa la presenza dell’allora presidente della Repubblica italiana. Metteva al riparo il suo progetto con un “probabilmente”. In una lettera a Hayek dell’11 maggio 1954, Antonio d’Aroma prende tempo. Dichiara che gli impegni istituzionali di Einaudi non permettono ancora una decisione definitiva. E tuttavia, come aveva già osservato Antoni (lettera a Hayek del 23 aprile), forse Einaudi riteneva che la sua posizione non gli consentisse di fare quanto gli veniva chiesto.
Hayek avrebbe voluto Einaudi a Venezia. Ed Einaudi avrebbe voluto accogliere l’invito. Ma il ruolo da questi svolto in quel momento ha impedito alle loro personali preferenze di realizzarsi. Un ristretto gruppo di partecipanti a quella riunione della Mont Pèlerin Society ha comunque incontrato Einaudi. Era assente Mises, trattenuto a New York da ragioni di salute. Tramite Mary Sennholz, Einaudi gli ha mandato un caloroso messaggio. C’è testimonianza di ciò in una lettera del 4 giugno 1956, in cui Mises auspica di potersi presto rivedere. Einaudi ha partecipato, nel settembre del 1961 alla riunione della Mont Pèlerin Society, organizzata a Torino da Bruno Leoni. E’ stato quello il suo ultimo intervento pubblico. C’è un momento dei rapporti fra Luigi Einaudi e Hayek che merita una particolare sottolineatura. Era il 1945. Su suggerimento di Luigi Einaudi, il figlio Giulio chiede a Hayek, tramite l’agenzia Sanford J. Greenburger, i diritti per la traduzione italiana di “The Road to Serfdom”.
Il contratto viene firmato da Mario Einaudi. Trascorrono circa undici mesi, senza alcuna “diretta informazione” da parte della casa editrice. Hayek decide allora di rivolgersi a Luigi Einaudi. E scrive: “Ho comunque saputo da più di una fonte che, in conseguenza del mutamento delle convinzioni politiche dell’editore, la traduzione non viene fatta (…). Non desidero procrastinare a tempo indeterminato la pubblicazione della traduzione italiana del mio libro e le sarei molto grato se potesse assistermi nella chiarificazione di quanto accaduto e, se possibile, nella tutela dei miei diritti. Penso che, in considerazione del suo stretto legame con l’editore, potrebbe esserle facile aiutarmi. Ma se, e può essere possibile, ciò la rende esitante a interferire, avrà ovviamente la mia comprensione e agirò tramite i canali ordinari”.
La risposta di Luigi Einaudi è dell’8 febbraio 1946. E riporta il testo di una lettera firmata da un dirigente della casa editrice di Giulio Einaudi, formalmente rassicurante: “La preghiamo di scrivere al professor Hayek che è sempre nostra intenzione pubblicare ‘The Road to Serfdom’. Come impresa, non ci proponiamo di seguire una direzione politica di parte; abbiamo pubblicato e intendiamo pubblicare lavori di diversa tendenza, da Togliatti a Lippman, da Roepke a Schumpeter. Durante gli anni del fascismo, abbiamo perseguito, non senza pericolo, la stessa linea.
Il nostro scopo è dare un contributo alla rinascita morale e civile del nostro paese, su basi democratiche. Il ritardo nella pubblicazione del libro non è imputabile a noi; ma alla molto brutta traduzione fatta da una signora presentataci dal senatore Benedetto Croce. Dopo aver cercato di convincerla a migliorare il manoscritto, siamo stati costretti a restituirlo. La Signora Elena Craveri, figlia di Croce, ha anche lei considerato la traduzione improponibile. Stiamo ora cercando di assicurarci, prima possibile, una nuova traduzione”.
Al testo di tale lettera Luigi Einaudi aggiunge di suo di essere felice di potere fornire la spiegazione richiesta. Rammenta inoltre di essere stato egli stesso a suggerire al figlio di assicurarsi i diritti per l’edizione italiana dell’opera. Sembrava che tutto dovesse andare a buon fine. Ma non è stato così: perché la risposta fatta dare da Giulio Einaudi al padre e a Hayek si è poi rivelata un inganno. E la traduzione di “The Road to Serfdom” è apparsa da Rizzoli nel 1948.
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Cronache di Lavoro & Welfare – Smartworking: una trappola per la produttività?
Il 15 novembre, alle ore 18.30, presso l’Aula Malagodi della Fondazione Luigi Einaudi, in via della Conciliazione 10, a Roma, si terrà un incontro dal titolo “Smartworking: una trappola per la produttività?”.
L’evento è il primo del ciclo di incontri “Cronache di Lavoro & Welfare”, un percorso composto di cinque sessioni, durante le quali saranno affrontati i maggiori temi di attualità inerenti la cosiddetta politica sociale. A questa materia, infatti, Luigi Einaudi si dedicò nel semestre di primavera del 1944 nei due campus universitari dell’Università di Ginevra e della Scuola di ingegneria di Losanna, tenendo un corso rivolto a studenti italiani iscritti nelle facoltà di giurisprudenza.
Durante questi seminari – in modo profetico – anticipava molte, per non dire tutte, le tematiche che avrebbero occupato e ancora occupano il campo di discussione del welfare state, dal salario alla previdenza, dall’assistenza sanitaria alla previsione di una pensione generale.
Relazione introduttiva:
Riccardo Fratini, Dottore di ricerca in diritto del lavoro e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Luigi Einaudi
Intervengono:
Raffaele Bonanni, già Segretario Generale della Cisl e Presidente della Fondazione Spaventa
Cesare Damiano, Deputato della Repubblica e già Ministro del Lavoro
Roberta Toffanin, già Senatrice della Repubblica e imprenditrice
Modera:
Raffaele Marmo, giornalista
Il convegno sarà fruibile anche in diretta streaming sul canale YouTube e sulla pagina Facebook della Fondazione.
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EU governments open the door for biometric mass surveillance in public spaces
Today, the EU Council Presidency’s proposal for a regulation on the use of Artificial Intelligence (AI) was leaked. Patrick Breyer, German Pirate Member of the European Parliament, warns that the proposal would open the door for biometric mass surveillance in public spaces on a broad scale:
„This proposal would justify the permanent and ubiquitious deployment of face surveillance to look for the thousands of ‚victims‘, ‚threats‘ and suspects of ‚serious crime‘ that are wanted at any time. We need to prevent a China-style dystopian future of biometric mass surveillance in Europe! This technology is being abused by authoritarian countries such as Russia or Iran, is this the direction our governments want to take us?With error rates (false positives) of up to 99%, ineffective facial surveillance technology bares no resemblance to the targeted search that proponents are trying to present it as. There is not a single example of real-time biometric surveillance preventing a terrorist attack, finding „missing children“ or other such events.
We must stand up against biometric mass surveillance in our public spaces because these technologies wrongfully report large numbers of innocent citizens, systematically discriminate against under-represented groups and have a chilling effect on a free and diverse society. Legislation allowing for indiscriminate mass surveillance has consistently been annulled by the courts due to their incompatibility with fundamental rights. The European Parliament will need to fight to have this ban implemented in the AI Act!“
According to a representative survey conducted by YouGov in 10 EU countries, a majority of Europeans opposes biometric mass surveillance in public spaces.
The European Data Protection Board and European Data Protection Supervisor have called for a „general ban on any use of AI for an automated recognition of human features in publicly accessible spaces“ due to its „resulting in a direct negative effect on the exercise of freedom of expression, of assembly, of association as well as freedom of movement“.
More than 200 civil society organizations, activists, tech specialists, and other experts around the world are advocating a global ban on biometric recognition technologies that enable mass and discriminatory surveillance, arguing that „[t]hese tools have the capacity to identify, follow, single out, and track people everywhere they go, undermining our human rights and civil liberties“.
The UN High Commissioner for Human Rights is also speaking out against the use of remote biometric recognition technologies in public spaces, referring to a „lack of compliance with privacy and data protection standards“, „significant accuracy issues“ and „discriminatory impacts“.
The European Parliament in a resolution voted in favour of a ban last year. Tomorrow an event on „Banning Biometric Mass Surveillance“ will take place in the European Parliament, bringing together high-level Members of the European Parliament.
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È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione.
🔸 Primo incontro tra il Ministro Valditara e i sindacati della scuola
🔸 Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate: la lettera del Min…
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione. 🔸 Primo incontro tra il Ministro Valditara e i sindacati della scuola 🔸 Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate: la lettera del Min…Telegram
Contare
In vista della legge di bilancio – in comprensibile ritardo a causa delle elezioni – ritoccate le previsioni di finanza. Comprensibile che serva un po’ di tempo, per impostare la legge di bilancio. Con una crescita dello 0,6% (quindi non la recessione), con un deficit alto, ma non sfondando e, anzi, tagli alla spesa corrente (800 milioni nel 2023, 1,2 miliardi nel 2024 e 1,5 nel 2025, a valere sulle spese ministeriali). Continuità, quindi.
Alcune decisioni sono rivelatrici: riavviare le perforazioni e l’estrazione di gas dall’Adriatico – così come impostato dal governo precedente – dimostra un salutare pragmatismo, considerato che chi oggi governa (come tanta parte di chi oggi s’oppone) portò il proprio chiassoso e masochista (forse direbbero: antinazionale) contributo al referendum “NoTriv”. Si trivella, dunque. Fortunatamente sono stati incoerenti.
Ragionevole che i primi incontri fra il nuovo governo italiano e i vertici delle istituzioni dell’Unione europea siano serviti a presentarsi e prendere contatti. E, del resto, solo la propaganda antieuropeista poteva pensare esistesse una quale che sia preclusione verso un governo democratico: contano i fatti.
Visto che la propaganda ha portato alla vittoria, si torna alla realtà. Bene, quindi. Anche se risulta un filo retorico e azzardato sostenere che “ora” si vuole “contare di più”, perché sarà dura che l’Italia conti più di quel che le è stato possibile per un paio d’anni, a cura di un Draghi che non è stato affatto accomodante ma decisamente competente.
Ha ragione la presidente del Consiglio quando, dopo quegli incontri, ha affermato: «Ho smontato una narrativa». Vero, quella di chi descriveva le istituzioni europee come ostili ai nostri interessi nazionali. Dall’altra parte si era solo curiosi di sapere se il Paese più finanziato fosse veramente governato da chi considera i finanziatori «una banda di usurai».
Non è così e speriamo di averla chiusa lì, con quella stolta narrativa. Meloni ha anche fatto sapere di avere chiesto, per fronteggiare i guasti sul fronte dell’energia, di strutturare debito comune «sul modello Sure». Dove la notizia non è averlo chiesto (lo aveva già proposto il governo precedente, in accordo con la Francia), ma l’essersi accorti che esiste un «modello Sure» e che è già attivo del debito comune. Benvenuti nella realtà, che non coincide affatto con la precedente «narrativa».
Debito comune significa vincoli comuni. Corresponsabilità nell’onorarlo significa meno margini di autonomia nella spesa pubblica, quindi nella legge di bilancio. E qui si torna al punto di partenza, senza ancora approdo. Se si hanno debiti, vincoli e responsabilità comuni, poi non si può pensare di spendere a piacimento. I bilanci e i contribuenti di altri Paesi Ue rispondono anche delle nostre scelte, per questa ragione vincolate. Lo si tenga presente, cambiando «narrativa».
A tal proposito: ci sono crediti inesigibili, soldi che devo legittimamente avere e che so essere non incassabili, nel qual caso – sebbene con dolore – devo cancellare quel credito. Vale anche per cartelle esattoriali, tasse e imposte non pagate. Ma perché siano inesigibili occorre che si sia fatto tutto il necessario per esigerli, altrimenti la cancellazione si chiama condono.
E il condono è uno schiaffo agli onesti. Una pernacchia in faccia. Come lo è avere stabilito delle multe per chi non si vaccina e poi toglierle spiegando che ha avuto ragione a sottrarsi a un obbligo. Tale «narrativa» è l’opposto di “legge e ordine”, essendo prepotenza e disordine.
A settembre l’occupazione è cresciuta di 46mila unità, lo 0,2% in un mese e 316mila in un anno, +1,4%. La maggior parte sono contratti a tempo indeterminato. Cresce anche il numero dei giovani disoccupati (23,7% nella fascia d’età 15-24 anni), ma questo ha un suo risvolto positivo: non sono persone che hanno perso il lavoro ma che si sono decise a cercarlo, ritenendolo possibile. Dati, questi, coerenti con la crescita della ricchezza nazionale, che è stata positiva anche nel trimestre previsto in negativo. Questa è la realtà, ben diversa dalla trasversale «narrativa» elettorale.
Crescita e serietà hanno reso possibili margini significativi per finanziare aiuti per le bollette, che si aggiungo a quelli già attivi. Il realismo aiuta a contare, senza sbagliare i conti.
L'articolo Contare proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Fr.#14 / Fu il welfare a uccidermi
La morte, il miglior servizio di welfare
Uccidere i pazienti potrebbe portare a un risparmio per il sistema sanitario nazionale fino a 136 milioni di dollari. Così si leggeva nel 2017 sul sito della CBC canadese, che riportava i dati di uno studio della Canadian Medical Association. Per arrivare a queste conclusioni pare che i ricercatori usarono i dati pervenuti dall’Olanda e dal Belgio, dove la pratica dell’eutanasia è già legale da tempo.
L’eutanasia in Canada divenne legale dopo che la Corte Suprema ribaltò una storica sentenza che vietava il “suicidio assistito”. Arrivò poi la legge, il Bill C-14 (“medical aid in dying”, o MAiD), entrato in vigore nel 2016, che per la prima volta prevedeva la possibilità di eutanasia per gli adulti con malattie terminali. Qualche tempo dopo, la legge fu emendata per estendere l’ambito legale dell’eutanasia anche ad ogni adulto vittima di “sofferenze permanenti e intollerabili (“enduring and intolerable suffering”) o “ragionevoli aspettative di morte (“reasonably foreseeable death”). Da marzo 2022 l’eutanasia è un’opzione anche per adulti che soffrono di malattie mentali.
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Qualcuno potrebbe dire: se le persone vogliono morire, perché non aiutarle, risparmiando anche dei soldi pubblici? Purtroppo, la realtà è molto più grottesca di così. Le storie di persone “gentilmente spinte” verso la morte dal sistema si stanno moltiplicando a vista d’occhio.
Come Denise, in sedia a rotelle, che da sette anni cerca inutilmente un alloggio economicamente accessibile a Toronto che possa essere adeguato alle sue necessità. Denise non riesce, e ha iniziato a considerare un’altra opzione: il suicidio assistito. Due medici hanno già approvato la procedura.
O come Alan, che per 20 anni ha vissuto con dei dolori cronici e per 18 ha cercato di ottenere un intervento chirurgico che gli avrebbe risolto ogni problema. Purtroppo il sistema sanitario nazionale non l’ha mai approvato, riempiendolo invece di oppioidi. Così, dato che non può essere curato, ha deciso di farsi ammazzare.
O ancora, come Sathya, una donna di 44 anni che soffriva di SLA e che decise di farsi ammazzare dai medici, non a causa della sua malattia, ma a causa dell’assenza di un sistema di supporto adeguato da parte dello stato. Nelle sue ultime parole, dedicate agli amici e alla famiglia, scriveva: “Ultimately it was not a genetic disease that took me out, it was a system.”
Quando l’uomo diventa un ingranaggio del sistema
L’eutanasia in Canada, che incentiva le persone che sono un “peso” per la società (leggi: casse dello Stato) ad ammazzarsi, è una finestra sul futuro del (post)welfare universale.
È il risultato della vittoria dell’ideologia del sacrificio personale a favore della collettività. È ciò che abbiamo intravisto anche nel 2020 e 2021, quando le masse, i medici e i politici chiedevano alle persone di sacrificare le proprie convinzioni e la loro libertà per evitare di pesare sul sistema sanitario.
Sempre più le persone stanno perdendo la loro individualità, per trasformarsi in parte di un ingranaggio il cui fine ultimo è la realizzazione del “bene comune” (che non esiste): animali sacrificali che confondono ideologia di stato e valori morali, finendo per annientare se stessi in un circolo vizioso che non genera altro che odio, divisione sociale e morte.
Questo è il futuro del welfare universale. E come sempre, per comprendere il futuro non c’è nulla di meglio che guardare al passato. Richard Theodore Ely, intellettuale economista e principale leader del movimento Progressista, che diede vita alla nostra idea di welfare universale, era un fervido sostenitore dell’eugenetica. Cos’è questa, se non la sua degna eredità?
Gli incentivi funzionano
Che succederà quando gli stati occidentali concluderanno infine i loro progetti di identità digitale, sistemi interconnessi e profilazione1 continuativa della popolazione?
Che succederà quando inevitabilmente la pressione sociale verso categorie di persone già estremamente suscettibili, sarà tale da incentivarle ad ammazzarsi su parere del medico, invece di pretendere le cure per cui già pagano coi soldi estorti dalle tasse?
Che succederà quando una persona invalida o depressa si vedranno notificare dalla loro app di Stato qualcosa del tipo: “sappiamo che stai soffrendo, ecco perché hai diritto al suicidio assistito gratuito - contatta il tuo medico di fiducia”.
D’altronde, lo diceva già Colao: con l’identità digitale sarà lo Stato ad anticipare i bisogni delle persone. E tu hai davvero bisogno di ammazzarti, vero?
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Meme del giorno
Citazione del giorno
They paint the world full of shadows and then tell their children to stay close to the light. Their light. Their reasons, their judgment. Because, in the darkness...there be dragons.
But it isn't true. We can prove that it isn't true. In the dark there is discovery, there is possibility, there is...freedom. In the dark, once someone has illuminated it...
Captain Flint (Black Sails)
Frammenti è la rubrica gratuita in cui commento brevemente le notizie più interessanti della settimana. Un modo leggero e meno impegnativo di leggere Privacy Chronicles.
Sembra fantascienza ma non lo è: lo Stato già profila finanziariamente ogni cittadino. Dal 2021 in Italia il Ministero della Salute ha anche il potere di profilare la popolazione dal punto di vista sanitario. Ne ho parlato qui a gennaio.
Lowlife - Diminuendo (Full Album)
Track listing1. A Sullen Sky2. Big Uncle Ugliness3. Ragged Rise To Tumbledown4. From Side to Side5. Off Pale Yellow6. Tongue Tied and Twisted7. Licking One's...YouTube
Caspariae perpetua et firma Libertas
Nel confine fra l’Umbria e la provincia di Arezzo, sopra una lieve alzatura che fa da contrafforte all' Appennino, sorge il Villaggio di Cospaia, già capo-luogo della repubblica o meglio dello Stato Libero di questo nome, che dal 1440 al 1826 conservò la sua autonomia e indipendenza, quantunque si reggesse senza leggi scritte, senza capi, senza milizie, senza imposte.
La Repubblica di Cospaia fu uno stato anarchico e libero, che per più di quattro secoli, dal 1440 al 1826, venne riconosciuto e rispettato come indipendente dagli stati limitrofi (Stato Pontificio e Repubblica di Firenze).
Oggi vedremo come nacque e finì lo Stato Libero di Cospaia, come funzionava l’economia e la vita sociale e quali sono le lezioni che possiamo imparare da questa incredibile storia italiana.
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Caspariae perpetua et firma Libertas
La Repubblica di Cospaia nacque per errore il 24 febbraio del 1440. In quel giorno venne stipulato un concordato fra Papa Eugenio IV e la Repubblica di Fiorenza (Firenze) per la cessione di alcuni territori dello Stato Pontificio. Le casse erano vuote ed Eugenio IV non si faceva problemi a vendere terreno per pagarsi le numerose spese.
L’errore maldestro venne fatto dai funzionari inviati dal Papa e da Firenze a delimitare i nuovi confini tra i due Stati. Questi avevano ricevuto ordine di segnarli tra il territorio di San Sepolcro e San Giustino, lungo il torrente Rio. Un’operazione apparentemente semplice.
Se non fosse che di torrenti Rio ce n’erano due: uno settentrionale e uno meridionale. I funzionari dello Stato Pontificio e della Repubblica di Fiorenza, che evidentemente non si parlavano tra loro, segnarono rispettivamente i confini presso il Rio meridionale e quello settentrionale.
In mezzo ai due torrenti, come a formare un triangolo con la base verso il Tevere e la punta verso le colline, rimase così una terra di circa 330 ettari (3km²) che improvvisamente non era più di nessuno. Gli abitanti, circa 350-500 persone, non ci misero molto a rendersene conto, e presto si auto-proclamarono liberi. I due Stati decisero di rispettare questa dichiarazione, non valeva la pena spendere denaro e risorse per farsi guerra su un territorio così piccolo.
Filippo Natali, nel libro “Lo Stato Libero di Cospaia” (1892), descrive così la Repubblica: Un caso pratico di anarchia in mezzo ad una società basata sul principio autoritario il più assoluto […]
Liberismo e guerra: l’eterno oblio del passato
«Da tempo purtroppo mi sono accorto che è inutile informarsi: in un regime neoliberista verificare ed eventualmente contestare i “fatti” spacciati dall’apparato mediatico è vano; non perché non sia possibile dimostrarne, alla fine, l’eventuale mendacità, ma perché quando faticosamente ci si riesca, nel frattempo quei fatti già non contano più nulla per nessuno: il culto della novità e la pratica dell’innovazione continua, rapidissima e fine a sé stessa, ha come effetto l’oblio del passato, incluso quello recente, cancellato ancor prima che diventi passato da nuove pressanti novità che, sia pure per poche ore, assorbono tutta l’attenzione, peraltro scarsissima grazie a un sistematico addestramento, anche scolastico, alla superficialità.»
Pensieri di notte
Forse è davvero il momento di tirare i remi in barca. Forse è giunto il momento di lasciar perdere. Odio, cattiveria e ignoranza mi stanno soffocando. O forse sto solo diventando vecchia, troppo vecchia per certe cose. O forse, ancora, è il momento di pensare ad altro, a vivere questo spazio con la leggerezza che molti riescono ad avere, ma che a me è sempre stata impossibile da raggiungere. La verità è che non mi diverto più, che le polemiche e le discussioni su temi inutile e stupidi mi hanno stancata.
E se il mondo virtuale fosse uno specchio della mia esistenza reale? Se fosse quella ad avermi stancata? Se in questo momento la bilancia tra l'odio e l'amore che da oltre quarant'anni provo contemporaneamente verso me stessa pendesse ora dalla parte del secondo?
Non ho una risposta a questa domanda, la sola cosa che so è che sono stanca, di tutto e terribilmente schifata e non vedo vie d'uscita nel breve periodo.
Per questo forse è il momento di trovare, almeno nel mondo virtuale, una nuova dimensione, più intima, più privata, lontana dalle discussioni sterili e inutilmente faziose e ideologiche.
Questo non significa smettere di pensare e osservare le cose con occhio critico, ma semplicemente non discutere di esse in un luogo e con persone che non meritano che io perda del tempo.
Chissà, magari tornerò a scrivere quello che mi passa per la mente, brandelli di sogni, pensieri, desideri, a raccontare storie o scrivere racconti.
Forse non sarebbe poi così male, come modo per affrontare questo periodo così pieno di cose brutte.
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@Chiara R da parte mia, ti leggo con piacere.
Personalmente, salvo rari e brevi periodi, anch'io ho perso l'abitudine e il piacere di scrivere e condividere. Forse manca il tempo, forse è per i motivi che hai descritto per te.
Rimane l'interesse di leggere chi scrive su Internet, credo sia normale per chi era qui alla fine degli anni 90
In particolare in questi spazi che hanno ancora un po' il sapore del Web di una ventina d'anni fa, di irc, usenet, delle homepage e dei primi blog.
Quando influencer non era un mestiere e il prodotto non eravamo noi.
Chiara R likes this.
Il decreto che vieta i #rave è un guazzabuglio che si presta alla più arbitraria interpretazione da parte delle forze di polizia.
Tuttavia, il fatto di intensificare i provvedimenti di "confisca delle cose che servono" a organizzare il raduno è un attacco frontale al #fediverso come mezzo di supporto all'aggregazione di eventi.
E non non stiamo parlando soltanto di software come @Gancio e @Mobilizon Italia :mobilizon: che pure saranno colpiti in maniera estremamente violenta dai recenti provvedimenti; il rischio però è per TUTTO il fediverso, oltre che per i sistemi di messaggistica distribuiti.
È forse giunto il momento di ragionare su una protesta generale da parte della comunità del fediverso?
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@g10bl4ck la maggiore resilienza del sistema è che tu puoi salvare in qualsiasi momento i dati del tuo account e, nel caso in cui venisse sospesa la tua istanza, puoi sempre importarli in una istanza differente.
Riportiamo la traduzione italiana di un post di @Fabian Schaar :friendica: pubblicato in tedesco sul blog di @GNU/Linux.ch
Friendica: funzionalità ricca ma comprensibile
Il social network Friendica è una delle piattaforme più versatili del Fediverse, che non deve nascondersi da Mastodon per le sue utili funzionalità. Tempo di lettura: 13 minuti
> Lun, 31 ottobre 2022, Fabian Schaar
I social media sono e saranno sempre un'arma a doppio taglio. Da un lato, offrono un grande potenziale per quanto riguarda i movimenti democratici su Internet, dall'altro c'è sempre il pericolo di essere influenzati da minoranze rumorose o di essere appropriati da potenti multinazionali e brusche divagazioni.
Soprattutto in tempi in cui l'uomo più ricco del mondo può semplicemente acquistare una delle piattaforme più influenti e ricostruirla secondo le proprie preferenze personali, ma ovviamente anche in base alle sue opinioni politiche, c'è un bisogno indissolubile di reti indipendenti che possano essere controllate dal grande pubblico: La risposta è "Fediverse"!
Non solo da quando Elon Musk ha acquistato Twitter è stato chiaro che Mastodon è di gran lunga il servizio di maggior successo nel Fediverse. Tuttavia, la rete federata offre molto di più; questo post dovrebbe riguardare Friendica. Un servizio gratuito Fediverse che, per me, rappresenta la ricchezza di funzioni di Fediverse come nessun altro, pur rimanendo semplice e di facile comprensione.
Come probabilmente molti altri, ho avuto la mia prima esperienza con i social network attraverso servizi proprietari. Dopo un po', però, Twitter e Instagram non sono stati più in grado di prendermi in giro: per me, Twitter rimane una piattaforma che non sa più dove si trovino alti e bassi tra pubblicità, tempesta di merda e una cultura malsana del dibattito; Non ho nemmeno bisogno di iniziare con Instagram: potrebbe essere interessante per tutti coloro che amano la forma assoluta di commercio su Internet, ma sicuramente non per me.
Quindi nell'aprile 2021 volevo cercare delle alternative, quindi mi sono imbattuto in Mastodon. Ovviamente, è un bel cambiamento a cui abituarsi all'inizio, passare da una rete basata su algoritmi come Twitter a una piattaforma Fediverse, ma ne è valsa la pena. Dopo alcuni mesi, alcuni tentativi di camminare e l'uno o l'altro cambio di autorità, secondo la mia esperienza entri in conversazione con le persone quando ti avvicini attivamente a loro:
Per me, Mastodon ha un problema: le sue restrizioni. Continuo a non capire perché la maggior parte delle istanze di mastodonte si limiti a soli 500 caratteri: i dibattiti possono essere tenuti proprio quando non sono limitati artificialmente, quando non sono limitati ma possono essere pienamente supportati da argomenti.
Quando stavo cercando un'istanza di mastodonte che potesse almeno darmi un po' più di spazio (sì, esiste davvero), i simpatici Fedinauts hanno attirato la mia attenzione su Friendica. Per me, il tutto all'inizio sembrava un po' distante, ma anche molto affascinante.
Chi usa Friendica spesso lo giura, anche rispetto a Mastodon e simili: Friendica non è solo pensato per il microblogging, ma offre anche ai suoi utenti praticamente tutte le opzioni che ci si può aspettare dai noti social e, nel caso di servizi proprietari, piuttosto antisociali I media lo sanno: con Friendica puoi scrivere testi brevi e lunghi, condividere foto e video, mantenere contatti, pianificare appuntamenti e molto altro.
Le impostazioni di Friendica consentono un'ampia configurazione, sia in termini di interfaccia che di comportamento della piattaforma.
Rispetto ad altre piattaforme di Fediverse, Friendica colpisce chiaramente per la sua portata: quasi tutto può essere regolato, indipendentemente dal fatto che si tratti dell'aspetto di Friendica stessa, della gestione dei contatti o delle notifiche. Di seguito, quindi, vorrei approfondire alcune delle funzioni che mi piacciono particolarmente di Friendica e che, secondo me, distinguono la piattaforma dalle altre:
vorrei iniziare con le notifiche. Questo può sembrare noioso; Posso capirlo. Le notifiche sono solo notifiche, cosa dovrebbe esserci di speciale in questo? In effetti, è quello che ho pensato quando ho iniziato a usare Friendica. Col tempo, tuttavia, ho imparato ad amare il sistema che sta dietro.
Sui social media, è comune far sapere all'utente quando si verificano eventi speciali in relazione ai propri post, bene e bene. Tuttavia, mentre Mastodon e Twitter si basano sulla notifica agli utenti quando un post è preferito o condiviso, Friendica va dall'altra parte.
Qui l'utente viene anche informato se un post con cui si è interagito in precedenza ha ricevuto risposta da un altro. Non intendo qui dire che sarò informato quando saranno incluse le mie stesse risposte, no. Per me è importante che Friendica mi tenga costantemente aggiornato al riguardo.
Quando interagisco con un post, mi iscrivo a quell'argomento in una certa misura. Ad esempio, non appena rispondo a un post, Friendica sa che mi interessa e di conseguenza condivide con me tutte le interazioni relative ai contenuti.
Nel tempo, la piattaforma rivela una forza sopra la media: tanto più che Friendica, come è consuetudine in Fediverse, non si basa su algoritmi di filtraggio, devo scegliere qui i miei contatti da solo. Cosa c'è di più utile che trovare persone che condividono i miei interessi attraverso gli argomenti stessi?
Quando ero nuovo di Mastodon, ho avuto difficoltà a trovare account da seguire. Le persone che soggiornano in Fediverse e poi appartengono anche alla mia cerchia relativamente ristretta di conoscenze sono ancora una rarità assoluta; le poche eccezioni di solito sono solo eccezioni perché ho parlato loro del Fediverse.
Soprattutto quando puoi portare con te pochi contatti analogici su una piattaforma digitale, è ancora più importante incontrare persone interessanti nel mondo digitale: Friendica dà un contributo importante per far girare la palla.
Ovviamente, una volta trovati i contatti, puoi anche vedere i post condivisi dai contatti esistenti nella sequenza temporale: a quel punto, è facile mantenere la piattaforma interessante e varia per te stesso. All'inizio, tuttavia, può essere un po' noioso riempire un feed solo con query di ricerca.
Ora, il mio feed di Friendica è pieno, ma non traboccante: non vedo solo i post di poche persone che pubblicano molto o di siti di notizie che non pubblicano solo per interesse. Contrariamente al mio feed Twitter a lungo dimenticato, la mia cronologia di Friendica sembra colorata, ogni volta che carico la pagina potrei catturare impressioni da qualcun altro ed è piuttosto interessante.
Se non ne avessi voglia o semplicemente fossi troppo pigro per scorrere, posso anche dare i miei due centesimi ai contributi delle personalità di Fediverse che stanno emergendo ora; quindi tutto ciò che devo fare è aspettare che il fantastico meccanismo di notifica di Friendica mi alimenti i contenuti.
Certo, capita anche che mi venga in mente qualcosa di cui vorrei liberarmi. Ancora una volta, Friendica non mi limita. Se voglio, posso scrivere davvero molto. Non esiste o esiste solo un limite di caratteri irrilevante. Naturalmente, Friendica è adatta anche come piattaforma di blogging interattivo; per me, il sito sta diventando sempre più un tuttofare quando si tratta di social media.
Dopo aver postato un post #neuhier, come è consuetudine, ho avuto la sensazione per la prima volta di essere approdato su una piattaforma che in realtà era all'altezza del nome del "social" che generalmente le veniva attribuito.
L'istanza su cui risiede il mio Friendicaaccout è preconfigurata in modo tale da non essere esplicitamente informato sui preferiti o sulle condivisioni dei miei post. Vedo un piccolo segno di notifica sull'icona della sezione I miei post, ma questo è tutto. Friendica si concentra sottilmente sul contenuto e non sulla ricerca di Mi piace e condivisioni. Questo è molto rinfrescante, soprattutto rispetto a Instagram e Twitter.
Friendica è suddivisa in diverse sezioni attraverso le quali è possibile filtrare i contenuti in modo significativo.
Un'altra grande caratteristica di Friendica è la varietà di protocolli che supporta: posso vedere i post condivisi tramite Mastodon, Pleroma, Peertube o writefreely, ovvero usare il protocollo ActivityPub o anche entrare in contatto con persone che fanno uso della diaspora. Su piattaforme come Mastodon, questi non vengono visualizzati affatto, poiché Diaspora utilizza un protocollo interno che Mastodon non conosce - viceversa, ovviamente, sembra anche vuoto.
Molti sono anche i contributi interessanti degli utenti di Friendica, che vengono trasmessi tramite il protocollo DFRN. Inoltre, Friendica può essere utilizzato come lettore RSS/Atom, i feed possono essere semplicemente aggiunti al feed e quindi trattati quasi come un normale account. Per fare ciò è sufficiente inserire l'indirizzo del feed nella riga di ricerca e seguire lo pseudo profilo che viene poi visualizzato.
In Friendica, i feed RSS possono essere trattati come normali account.
A differenza di Mastodon, Friendica offre anche gruppi, a cui non solo puoi iscriverti qui; con Friendica puoi anche inserire i tuoi contenuti al suo interno. In particolare, piattaforme basate su forum come Lemmy come alternativa Reddit a Fediverse saranno probabilmente in grado di integrarsi molto meglio in Friendica che in Mastodon o Pleroma in futuro.
Ovviamente, questa è solo una frazione di ciò che offre Friendica, ma per me sono anche, se non esattamente le piccole cose, che rendono la piattaforma interessante. Certo, devi prima abituarti, ma una volta fatto, puoi davvero sentirti a casa su Friendica.
Ma solo perché ti sei "allenato" non significa che non ci siano più sorprese positive in attesa di utenti interessati; Ad esempio, ho appena scoperto oggi che il calendario di Friendica può essere compilato non solo da te, ma anche dai contatti: ad esempio, qui vengono visualizzati i compleanni o gli eventi delle persone che seguo.
È una buona cosa quando ti viene in mente quanti compleanni ti sei perso questo mese!
Un'altra caratteristica che ho davvero imparato ad amare è il mirroring dell'attività dell'account: Friendica consente ai suoi utenti di impostare post su determinati profili da condividere sempre: per me, questa è una delle funzionalità più utili che una piattaforma social può avere. Ad esempio, ho un account mastodon; se pubblico qualcosa con questo, il mio profilo Friendica condividerà il post corrispondente in pochi secondi, rendendo più semplice l'utilizzo di più piattaforme contemporaneamente o in una fase di transizione dall'una all'altra.
Vorrei che ci fosse un'opzione come questa su così tanti altri servizi Fediverse basati su testo -- sì, voglio dire tu, Mastodon!
Per combinare i vantaggi qui menzionati: posso, ad esempio, importare un feed RSS per un blog su Friendica e quindi impostare il mirroring automatico di tutti i post pubblicati. Per i tuoi blog, questo potrebbe risparmiare un sacco di lavoro manuale che sarebbe altrimenti necessario per informare i follower di Fediverse sui nuovi post del blog.
Quando viene eseguito il mirroring di un profilo, ogni nuova voce viene condivisa.
Alla fine, ovviamente, resta una questione di gusto personale su quale piattaforma Fediverse ti basi, su quale istanza vuoi vivere, o se la ospiti tu stesso. Per dirla senza mezzi termini, Friendica può diventare una vera amica quando si tratta di social media. Per coloro che sopravvivono alla muscocalisse passando da Twitter a Fediverse, penso che Friendica dovrebbe almeno essere considerata.
Forse Friendica ha bisogno di un po' più di abitudine rispetto a servizi più semplici come Mastodon; alla fine può sicuramente valerne la pena. Secondo alcuni, l'interfaccia di Friendica ricorda Facebook: non posso dire se sia vero, non ho mai usato Facebook e non lo farò in futuro.
Per me il fatto è: vale sicuramente la pena provare Friendica, oltre a tutte le funzioni utili, una calda community attende i nuovi arrivati a braccia aperte.
Friendica è un software gratuito rilasciato sotto la GNU Affero General Public License (AGPL), una forte licenza copyleft. Ulteriori dettagli, compresi i dettagli tecnici, possono essere trovati sul sito web del progetto . Un'istanza altamente consigliata è poliverso.org, ma è giusto ricordare che l'autore del post originale ha suggerito l'istanza tedesca anonsys.net.
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#RecuperarLaCiudad (Riprendersi la città) è un gruppo di attivisti spagnoli che si occupa di uso degli spazi urbani, di sostenibilità e in particolare di mobilità sostenibile.
Hanno pubblicato una bella guida dal titolo “Guía para la ciudadanía con 40 ideas para una recuperación urbana” (Guida per i cittadini con 40 idee per riprendersi la città), disponibile anche in inglese e pubblicano una newsletter periodica che affronta gli stessi temi della guida.
Qui sotto trovate la traduzione parziale della newsletter del 30 settembre 2022 intitolata:
Perché abbiamo bisogno di più ciclistə nelle nostre città?
L’articolo presenta alcune delle conseguenze positive che l’aumento dell’uso della bicicletta in città può produrre in ambito ambientale, economico e sanitario.
Il testo completo dell’articolo si può scaricare da qui:
nilocram.eu/edu/newsletter_Rec…
Buona lettura e... pedalate piano 😀
Perché abbiamo bisogno di più ciclistə nelle nostre città?
Spostarci in bicicletta ci fa guadagnare in salute e in denaro. Ma non è solo il ciclista a trarne beneficio: l'impatto degli spostamenti in bicicletta interessa l'intera popolazione. Anche quelli che non pedalano mai.
Negli articoli precedenti abbiamo discusso di come la proprietà di un'auto non sia solo un costo individuale, ma anche sociale, a causa delle conseguenze negative collegate al suo possesso.
L'altra faccia della medaglia è rappresentata dalle conseguenze positive, ossia qualsiasi azione che abbia un impatto globale positivo. Nel caso della bicicletta, queste sono molteplici e significative.
Riduzione delle emissioni
Nessuno si sorprende più che l'uso della bicicletta riduca le emissioni di gas che causano l’effetto serra. Uno studio pubblicato sulla rivista Nature nell'agosto 2022 ha analizzato le tendenze nell'acquisto e nella produzione di biciclette, insieme alle conseguenze del loro utilizzo. La conclusione è che:
• se tutti percorressero 1,6 km in bicicletta, le emissioni di anidride carbonica potrebbero essere ridotte di 414 milioni di tonnellate (414 miliardi di chilogrammi). Per contestualizzare il dato, si tratta del 98% delle emissioni totali del Regno Unito nel 2015;
• se questa distanza viene aumentata a 2,6 km, la riduzione ammonta a 686 tonnellate di CO₂, pari all'86% delle emissioni della Germania nel 2015.
Anche un altro studio, condotto a Pechino per analizzare le conseguenze positive dei sistemi di noleggio delle biciclette, conferma la riduzione delle emissioni collegata all'uso della bicicletta grazie all'"effetto di sostituzione". Grazie all’accesso facilitato alla bicicletta, alcuni utenti dell'auto sono passati a questa modalità. Si stima che se il 75% degli spostamenti effettuati a Pechino nel 2015 venisse effettuato in bicicletta, le emissioni di CO₂ si ridurrebbero di 616.000 tonnellate insieme ad altri inquinanti atmosferici come il particolato inferiore a 2,5 micron, il biossido di zolfo e il NO₂.
Qui il testo completo dell’articolo:
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Fr.#13 / Vola uccellino, vola
Dopo mesi, finalmente Elon Musk ha davvero comprato Twitter. In una lettera aperta, pubblicata anche su Twitter, Elon ha spiegato le motivazioni che l’hanno spinto all’acquisto e le sue future intenzioni per la piattaforma:
Dice che è importante per il futuro dell’umanità avere una “piazza digitale comune” dove è possibile dibattere senza violenza. Questa violenza, secondo lui, nasce dalle famigerate casse di risonanza e bolle create dagli algoritmi di profilazione tipici di questi social, che provocano divisione sociale e odio. A questo si collegano anche le testate giornalistiche, il cui business è ormai il clickbait e
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Certo, Elon omette di dire esplicitamente che l’algoritmo di Twitter e la relativa moderazione sono stati finora pesantemente a favore della sinistra liberal. In questo caso però i fatti contano più delle parole, e certamente il licenziamento in tronco del CEO Parag Agrawal, il CFO Ned Segal e Vijaya Gadde, head of legal policy, trust, and safety, lascia ben sperare.
Moltissimi utenti in queste ore stanno scherzosamente testando l’algoritmo di moderazione scrivendo cose come “I vaccini covid non funzionano”. Non c’è molto da scherzare però, considerando che numerosi account sono ancora oggi shadowbannati o sospesi per aver semplicemente espresso opinioni contrastanti con l’ideologia liberal.
Un caso paradigmatico è la sospensione dell’account di Babylon Bee, una testata giornalistica sarcastica simile a The Onion o al nostro Lercio.
L’account venne sospeso dopo aver pubblicato su Twitter una storia in risposta a una notizia reale: il 13 marzo 2022 Usa Today decise di nominare Rachel Levine (precedentemente Richard) “Woman of the year”, commentando così la notizia:
Rachel Levine is one of USA TODAY’s Women of the Year, a recognition of women across the country who have made a significant impact.The annual program is a continuation of Women of the Century, a 2020 project that commemorated the 100th anniversary of women gaining the right to vote. Meet this year’s honorees at womenoftheyear.usatoday.com.
Alla notizia, Babylon Bee rispose nominando sarcasticamente Rachel Devine “Man of the year”:
The Babylon Bee has selected Rachel Levine as its first annual Man of the Year.Levine is the U.S. assistant secretary for health for the U.S. Department of Health and Human Services, where he serves proudly as the first man in that position to dress like a western cultural stereotype of a woman. He is also an admiral in the U.S. Public Health Service Commissioned Corps. What a boss!
Babylon Bee, accusati di hate speech, hanno pagato caro l'aver osato affermare in modo ironico una realtà oggettiva e fattuale letteralmente sotto gli occhi di chiunque.
La speranza è che la pulizia interna di Elon Musk possa riportare Twitter in una situazione di presunta neutralità, ripristinando gli account sospesi ingiustamente e dando così modo alle persone di dibattere tra loro in modo pacifico e senza censura. Le parole, soprattutto quando esprimono verità oggettive, non sono violenza, né hate speech. La censura, quella sì.
The bird is freed, ma non nell’Unione Europea
Noi europei faticheremo invece a spiccare il volo, nonostante l’acquisizione di Elon Musk.
Il motivo si chiama Digital Services Act - ne avevamo già parlato insieme qualche mese fa. La legge, che ha l’unico scopo di controllare e limitare la capacità di esprimere liberamente il pensiero degli europei su Internet, entrerà in vigore fra circa 20 giorni.
Thierry Breton, padrino del Digital Services Act, non ha esitato a tarpare le ali di Elon Musk:
Le nuove regole porteranno alla creazione di super fact-checkers, daranno alla Commissione europea poteri illimitati di censura in “situazioni di crisi” (cioè sempre) e obbligheranno le piattaforme come Twitter a sviluppare algoritmi automatizzati per la moderazione e la mitigazione dei rischi di “disinformazione”.
All’Unione Europea la libertà di pensiero e parola non piace, tanto che Alexandra Geese, nel commentare ad aprile la notizia del possibile acquisto di Twitter da parte di Musk, parlava del rischio democratico del “free speech absolutism”.
Cos’è il free speech absolutism? Se la storia ci insegna qualcosa: pensare e dire tutto ciò che non piace ai liberal. Tipo che Rachel Levine è un uomo.
Meme del giorno
Citazione del giorno
There are two sides to every issue: one side is right and the other is wrong, but the middle is always evil. The man who is wrong still retains some respect for truth, if only by accepting the responsibility of choice.
But the man in the middle is the knave who blanks out the truth in order to pretend that no choice or values exist, who is willing to sit out the course of any battle, willing to cash in on the blood of the innocent or to crawl on his belly to the guilty, who dispenses justice by condemning both the robber and the robbed to jail, who solves conflicts by ordering the thinker and the fool to meet each other halfway.
In any compromise between food and poison, it is only death that can win. In any compromise between good and evil, it is only evil that can profit.
Ayn Rand
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