“Premio Lagrange-Fondazione CR”
Lunedì 10 luglio avrò il piacere di partecipare al Premio Lagrange-Fondazione CRT a partire dalle ore 18, presso il Binario 3 delle OGR Torino. Qui le informazioni complete all’evento fondazionecrt.it/premio-lagran…
Bombe a grappolo all’Ucraina? Jean spiega la controversa decisione Usa
Gli Usa forniranno all’Ucraina proiettili a grappolo per obici da 155 mm e forse per lanciarazzi multipli HIMARS. Le bombe a grappolo (cluster bomb), sviluppate dalla Germania durante la Seconda Guerra Mondiale, sono armi areali, lanciabili da vettori terrestri o aerei. Gli Usa forniranno all’Ucraina quelle per artiglieri da 155 mm, considerate fondamentali per neutralizzare le fanterie russe trincerate nel Sud-Est dell’Ucraina, al fine di guadagnare il tempo necessario allo sminamento indispensabile per la creazione di brecce nel dispositivo russo, potentemente fortificato, senza far subire perdite eccessive alle truppe d’assalto ucraine. L’artiglieria costituisce il mezzo indispensabile per la controffensiva di Kiev, che si trova a corto di munizioni, dati i ritardi che subisce la mobilitazione industriale occidentale e l’esaurimento delle scorte Nato.
Le bombe a grappolo modello M 864 – che costituiscono almeno in un primo tempo la massa di quelle che saranno fornite dagli Usa – contengono, a seconda dell’anno di fabbricazione, da 72 a 86 sub-munizioni o bombette, che si disperdono in un’area delle dimensioni di un campo di calcio. Entrano nelle trincee, rendendole impercorribili. Un numero ridotto dei tipi più recenti è programmato per autodistruggersi entro 48 ore dall’arrivo sul terreno, in modo da non costituire per anni, come le mine antiuomo, un pericolo per la popolazione e obbligare a difficili e costose operazioni di bonifica. Particolarmente vulnerabili sono i bambini attirati dal fatto che le bombette sono simili a palline. Si è rinunciato a colorarle per facilitare la bonifica, dato che la cosa ne faciliterebbe la neutralizzazione da parte del nemico.
La percentuale dei mancati funzionamenti (dud rate) delle M 864 è discussa: varia dall’1,2 al 5% (mediamente 2,35% secondo il Pentagono). Raggiunge il 20% secondo le organizzazioni umanitarie, portate a sottolinearne la pericolosità nel post-conflitto.
Sono condannate dalla “Convenzione di Dublino” del 2008 le cluster bomb, 111 Stati l’hanno firmata, rinunciando al loro uso, stoccaggio, trasferimento e costruzione. Gli Usa, come la Russia, la Cina l’India, ecc. non vi hanno aderito. Allora il Pentagono affermò che non poteva rinunciarvi, data la loro efficacia e il fatto che Stati potenzialmente ostili agli Usa le mantenevano nei loro arsenali. Le organizzazioni umanitarie assimilano le bombe a grappolo alle mine antiuomo e le condanno con l’eccezione di quelle utilizzate per lanciare fili metallici per creare cortocircuiti alle reti elettriche, impiegate dalla Nato nel 1999 nella guerra del Kosovo. Gli Stati europei – incluso l’UK – hanno firmato la Convenzione e si sono dichiarati contrari alla decisione Usa di consegnare all’Ucraina di “bombe a grappolo”.
Di fatto, sia Kiev che Mosca hanno impiegato consistenti quantità di bombe a grappolo attingendo ai depositi ex-sovietici. La decisione di Biden è stata contestata anche da parte di taluni parlamentari democratici, preoccupati non solo della reazione avversa degli alleati (anche dell’Italia, con qualche “distinguo” da parte di Londra), ma anche dalla preoccupazione di perdere la “verginità morale” nel sostegno all’Ucraina. Interessante è perciò esaminare i motivi che hanno indotto Biden a prendere tale decisione, da tempo sollecitata da Zelensky.
Dell’efficacia militare contro le linee fortificate russe, si è già parlato, unitamente alla preoccupazione di Kiev di ridurre le perdite dei propri soldati e di accelerare la controffensiva, in modo anche da consolidare il sostegno occidentale all’Ucraina. Sono fatti più importanti delle critiche rivolte all’uso di armi tanto odiose per le opinioni pubbliche. Il loro trasferimento a Kiev mobiliterà non solo “gli utili idioti di Putin” ma anche le organizzazioni umanitarie. A poco vale la promessa di Zelensky di utilizzarle solo sul territorio ucraino, in aree non abitate. In caso di successo, le forze ucraine nella loro avanzata dovranno attraversare le aree contaminate da bombette inesplose, subendo perdite, come quelle Usa che in Iraq nel 2003 persero 21 soldati.
Oltre che per la loro efficacia contro i trinceramenti, il motivo essenziale che ha indotto Biden a decidere di fornire bombe a grappolo all’Ucraina consiste nella carenza delle scorte di munizionamento convenzionale, a cui fanno riscontro i grandi “stocks” di quelli di bombe a grappolo (si parla di 4,7 milioni di proietti, di cui mezzo milione di M 864) e nel fatto che la controffensiva ucraina, sta proseguendo con consistenti perdite e a velocità inferiore a quanto desiderabile per neutralizzare il punto più debole della resistenza ucraina: la saldezza della coalizione che appoggia Kiev. È probabile che l’argomento entrerà nel dibattito politico italiano, con le solite accuse di un’Europa asservita agli Usa.
In ogni caso, la sofferta decisione di Biden non verrà mutata. Verrà sicuramente discussa al Summit Atlantico. Ma si troverà qualche giustificazione per confermarla. L’unica possibilità di una sua modifica sta nel rafforzarsi dell’opposizione della sinistra dei democratici americani. Il costo di una rinuncia sarebbe comunque molto pesante per gli ucraini. Pagherebbero con un aumento di caduti per la mancanza di adeguati rifornimenti di munizioni e i “pudori” delle opinioni pubbliche occidentali.
Etiopia, manifestazione delle donne in Tigray per chiedere giustizia e rispetto dell’accordo di tregua per le vittime
Le donne a Maychew, Tigray meridionale, hanno tenuto una dimostrazione venerdì 7 luglio 2023
Le manifestanti hanno chiesto che le donne ei bambini del Tigray non vengano puniti per quello che hanno definito “l’errore degli altri”, come recitava lo striscione durante la manifestazione.
Le donne hanno anche fatto appello alla giustizia e alla responsabilità tempestive e la piena attuazione dell’accordo di Pretoria.
Rehmet Ayana e Mehret Redie, tra coloro che si sono riuniti per esprimere la loro frustrazione, hanno affermato che le donne sfollate sono in miseria mentre implorano l’amministrazione regionale ad interim del Tigrai e il governo federale a compiere uno sforzo concertato per affrontare i loro problemi secondo il patto di pace.
Anche la rappresentante dell’Associazione delle donne del Tigray meridionale, Tsega Gebremariam, ha affermato che la situazione delle donne sfollate sta peggiorando anche dopo l’accordo sulla cessazione delle ostilità (CoHA).
Ha aggiunto, durante la guerra genocida, 7000 famiglie sono state sfollate, di cui il 50% erano donne.
Domenica 9 luglio 2023 le donne del Tigrai si sono radunate nuovamente in diverse parti della regione, compresa la capitale Mekelle.
Manifestazioni per 3 richieste fondamentali:
- il ritorno degli sfollati nelle loro case,
- la ripresa degli aiuti alla popolazione del Tigray, stato regionale etiope
- la giustizia per le vittime di violenze sessuali, come arma di guerra.
Centinaia di migliaiai di donne di ogni età e ceto sociale stuprate durante la guerra genocida iniziata il novembre 2020 e durata 2 anni. Oggi crisi umanitaria per milioni di persone.
Secondo il reporter Solomon Berhe di Tigrai TV la manifestazione ad Adigudem, nel sud-est del Tigray, chiede l’urgente ripresa degli aiuti umanitari sospesi, nonché giustizia e responsabilità in tempi utili.
Le donne manifestanti ad Adigudem dichiarano di sostenere pienamente l’accordo di cessazione ostilità, firmato a Pretoria il 2 novembre 2020, affermando la loro disponibilità per la sua piena attuazione, condannando quelli che hanno definito spoiler del patto.
Su uno degli striscioni della manifestazione ad Adigudem si legge:
“Ci opponiamo fermamente a chi ostacola l’attuazione dell’accordo di Pretoria”
Dimostrazioni anche a Shire, Tigrai nord occidentale e Mokoni, Tigrai meridionale.
Abeba Haileslassie, capo della Tigrai Women Association, come indica Tigrai TV, denuncia che le donne stanno fuggendo da Zalambessa, Irob woreda [distretto], Tigray orientale, e dalle parti meridionali della regione per paura di violenze sessuali da parte delle forze eritree e amhara. Due gruppi che sull’accordo di Pretoria sono definite implicitamente “forze straniere” che devono obbligatoriamente ritirarsi, ma sono ancora presenti ed occupanti varie aree dello staot regionale del Tigray. Sono passati 8 mesi dal rilascio dell’accordo e gli obblighi di quel patto di tregua quindi sono ancora disattesi.
Le donne in Tigray hanno anche espresso la loro frustrazione per la mancanza di farmaci che sta causando la morte di innumerevoli madri.
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Axum, nel Tigrai centrale, e Adigrat nel Tigrai orientale, lunedì saranno testimoni di un’altra coraggiosa manifestazione per rivendicare i loro diritti come individui, come popolo oppresso da una guerra dai risvolti genocidi, per cui oggi quelle stesse donne, vittime, come tutti i civili coinvolti, ne stanno pagando le catastrofiche conseguenze.
FONTE:
Gli Usa e il fianco Sud. Il vertice Nato visto dall’amb. Julianne Smith
A Vilnius la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina sarà al centro delle riflessioni dei Paesi alleati, ma si affronteranno anche le sfide del futuro con una visione a 360 gradi. Saranno annunciate diverse iniziative legate alla missione principale della Nato – la deterrenza e la difesa – e vedremo anche proposte legate alle nuove questioni della competizione globale, dalla sicurezza informatica e dal clima ai problemi economici e sanitari globali. Questa è la forza della Nato: continuare a evolversi, creare nuovi partenariati e rafforzare quelli esistenti, rimanendo impegnati fornire ai nostri amici ucraini tutto il sostegno di cui hanno bisogno.
I partenariati saranno preziosi, soprattutto perché la Nato è intenzionata ad allargare il suo sguardo a livello globale. Per la prima volta l’Alleanza transatlantica ha incluso la Cina come competitor nel suo Concetto strategico, lanciato al vertice di Madrid dello scorso anno. Per la prima volta gli alleati hanno convenuto che Pechino rappresenta una sfida sistemica. Riteniamo, infatti, che i cinesi stiano cercando di erodere l’attuale sistema internazionale basato sulle regole, creato più di settant’anni fa. Di conseguenza, l’Alleanza sta cercando di rafforzare le sue relazioni con alcuni Paesi dell’Indo-Pacifico. Al vertice di Vilnius parteciperanno i leader di quattro di questi partner: Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud e Giappone. Insieme, potremo affrontare le sfide comuni. Inoltre, l’Alleanza sta cercando di creare una serie di strumenti per proteggere la Nato da alcune delle sfide che la Cina potrebbe porre nell’area euroatlantica. Su questo punto, alcuni ritengono che la Nato stia cercando di espandersi nella regione indo-pacifica. Non è così. La Nato è un’alleanza difensiva nella regione europea e nordatlantica, ma la sua missione è proteggere i Paesi membri dalle sfide che si profilano all’orizzonte anche da altri quadranti.
Quindi il nostro obiettivo non è l’eventuale adesione di questi Paesi partner alla Nato, ma piuttosto lavorare insieme su grandi questioni globali come la sicurezza informatica, la disinformazione e altre sfide comuni. Oltre all’Indo-Pacifico, inoltre, l’Alleanza ha obiettivi chiari anche per il fianco meridionale. La Nato ha attualmente più di quaranta Paesi partner in tutto il mondo, molti dei quali si trovano proprio nella regione meridionale della Nato, nel Mediterraneo, in Africa e in Medio Oriente. Gli alleati hanno numerosi programmi in queste regioni e molti di questi Stati hanno espresso interesse a rafforzare i loro partenariati con l’Alleanza in varie forme. Alcuni desiderano avere maggiori input dalla Nato nella riforma dei loro sistemi di sicurezza interna; altri vorrebbero la partecipazione degli Alleati per migliorare la loro sicurezza informatica; altri ancora chiedono aiuto per contrastare le campagne di disinformazione che Cina e Russia stanno portando avanti nelle loro regioni. Su tutti questi partenariati incombe tuttavia una minaccia comune: l’instabilità.
Diversi partner vorrebbero rafforzare il loro rapporto con la Nato proprio per garantire una maggiore stabilità ai loro vicini e alle loro regioni. Questo ruolo è fondamentale per l’Alleanza e al vertice si cercheranno nuove iniziative da mettere in atto ora e nei prossimi anni. Su questi temi gli Stati Uniti e l’Italia possono dare un grande contributo lavorando insieme. I nostri due Paesi condividono relazioni bilaterali molto forti, abbiamo una lunga storia di lavoro e collaborazione in sfide sia nella zona euroatlantica sia in altre regioni del mondo. L’Italia ospita 30mila soldati statunitensi con le loro famiglie e svolge un ruolo cruciale di leadership all’interno dell’Alleanza, continuando a sostenere l’Ucraina con assistenza economica, umanitaria e di sicurezza, oltre a essere leader in diverse operazioni e missioni della Nato. Per quanto riguarda il futuro, ci sarà sicuramente una maggiore cooperazione, anche nel G7, nelle relazioni tra Stati Uniti e Unione europea e nelle Nazioni Unite. Insieme, Washington e Roma continueranno a lavorare sulle sfide globali come il cambiamento climatico, la migrazione o le questioni sanitarie ed economiche.
Articolo apparso sul numero 144 della rivista Airpress
Dialogo e partenariati, la ricetta dell’amb. Peronaci per il summit di Vilnius
Ci troviamo in un momento di preparazione del prossimo vertice Nato a Vilnius, un appuntamento importante, che servirà a riaffermare l’unità tra alleati e la determinazione a contrastare la guerra di aggressione all’Ucraina. In Lituania, l’Alleanza prenderà delle decisioni strategiche che porteranno non solo al rafforzamento degli assetti, ma a una riorganizzazione complessiva con uno sguardo di medio-lungo periodo. Come ribadito anche nel corso del recente tour europeo del presidente ucraino Zelensky, il messaggio che la Nato vuole mandare è chiaro: “Siamo più forti di quando la guerra è iniziata”.
Il secondo messaggio che i Paesi alleati intendono veicolare è quello di una Nato aperta e interessata a dialogare a 360 gradi attraverso l’attivazione di diversi partenariati politici, secondo una direttiva illustrata anche dal Concetto strategico di Madrid.
Non è un caso che al summit lituano saranno presenti anche i partner dell’Asia-Pacifico, i cosiddetti Paesi AP4 (Australia, Giappone, Repubblica di Corea e Nuova Zelanda), in una visione della sicurezza globale concretamente integrata. Non mancheranno, del resto, decisioni rispetto al rafforzamento delle partnership con i Paesi del fianco sud, dall’Africa del nord al Golfo. Un’azione che la Nato sta portando avanti da diversi anni attraverso programmi come i Dialoghi mediterranei e l’Iniziativa di cooperazione di Istanbul. Progetti importanti, che prevedono anche lo sviluppo di missioni operative. Ne è un esempio la missione Nato in Iraq, che si sta evolvendo da una presenza puramente difensiva a un’attività di partenariato per la riforma della sicurezza interna con una piena ownership degli iracheni.
La Nato, dunque, può offrire un contributo concreto a quella che nel Concetto strategico è stata definita la sicurezza cooperativa. Un contributo reso più importante, in questo momento, dalla necessità di rispondere a una guerra ma che ci deve veder lavorare anche, e forse soprattutto, prima e dopo i conflitti, attraverso quelle attività di prevenzione e stabilizzazione che rappresentano uno dei core task identificati dal documento redatto a Madrid nel 2022.
Il Concetto strategico, infatti, individua due minacce principali; la Russia e il terrorismo. La prima è concentrata sul fianco est, la seconda a sud. Ma il punto centrale è la consapevolezza di come tutte queste minacce siano integrate tra loro. Atlantico e Mediterraneo, del resto, sono collegati attraverso il Golfo all’oceano Indiano e al Pacifico. Uno degli obiettivi di Vilnius, allora, sarà approfondire tutti i partenariati politici. Dobbiamo essere consapevoli, infatti, che senza una presenza forte di Paesi che si basano sui valori democratici e sullo stato di diritto, in molte regioni del mondo altri attori, come Russia e Cina, stanno occupando spazi che un domani sarà molto difficile recuperare.
Di fronte a questo scenario, fondamentale sarà ribadire l’unità di intenti tra gli alleati, e in particolare la relazione che lega l’Italia e gli Stati Uniti. Gli Usa, infatti, sanno di trovare nel nostro Paese oltre che un alleato, un amico. Gli italiani hanno una tradizionale presenza degli Stati Uniti e una profonda gratitudine per il loro ruolo dopo la Seconda guerra mondiale nel percorso che ha portato alla Nato e a questo sistema internazionale che riteniamo sia da difendere. Una comprensione che va al di là dei semplici rapporti tra governi e che lega le due comunità di cittadini. L’Italia, inoltre, può dare agli Stati Uniti una presenza nelle organizzazioni internazionali, a partire dall’Unione europea, aperta alla continua cooperazione transatlantica.
Con l’ingresso della Finlandia, e presto della Svezia, ci sarà anche molta più Europa nella Nato, e sarà di conseguenza ancora più importante costruire un rapporto forte tra le due sponde dell’Atlantico. Il supporto degli alleati americani potrà anche aiutare i Paesi membri dell’Ue a costruire il progetto della Difesa comune. Nel Vecchio continente, infatti, spendiamo molto per la nostra sicurezza, ma se continueremo a spendere divisi, lo faremo male. La collaborazione transatlantica potrebbe invece aiutare a investire meglio le risorse europee. Una necessità che caratterizza anche l’Italia, che a Vilnius riconfermerà in pieno l’impegno al necessario incremento delle spese per la Difesa fino a raggiungere l’obiettivo del 2% del Pil.
Abbiamo un percorso di avvicinamento a questo traguardo, rafforzato dalla consapevolezza che, come indicano i dati economici, l’Italia è il Paese che in Europa crescerà di più, a 1,2%. Ma oltre a quanto spendere, è importante come spendere. L’Italia fornisce all’alleanza anche capacità e contributi effettivi. Il nostro Paese partecipa ai battlegroup che vanno dalla Lettonia fino alla Bulgaria e fornisce assetti aerei pregiati per le attività di air policing dell’Alleanza lungo tutto il fianco settentrionale e orientale. A Vilnius, dunque, verranno gettate le basi per il futuro dell’Alleanza, un futuro che dipende dalla capacità della Nato di adattarsi alle nuove realtà. Il prossimo anno, a Washington, festeggeremo i 75 anni della fondazione del Patto atlantico, e come italiani, e soprattutto come alleati, avremo davvero qualcosa di cui essere orgogliosi.
Articolo apparso sul numero 144 della rivista Airpress
Dall’Italia servono proposte concrete per il Sud della Nato. I consigli di Minuto-Rizzo
Quello di Vilnius è un vertice molto atteso, anche perché si trova proprio ai confini con la Russia mentre perdura la sua invasione dell’Ucraina. Si tratterà quindi di un evento dalla grande valenza simbolica. Sarà importante anche perché, almeno nelle previsioni, dovrebbe essere scelto il prossimo segretario generale della Nato, con il mandato di Jens Stoltenberg che scade a settembre. Un tema tutt’altro che scontato, anche perché al momento l’unico candidato in qualche modo ufficializzato è il ministro della Difesa britannico, mentre c’è meno chiarezza su eventuali altri nomi. Naturalmente tra i molti temi sul tavolo delle discussioni, al centro ci sarà l’andamento della guerra in Ucraina. Fare previsioni in questo senso è molto difficile, perché si corre sempre il rischio di essere smentiti da come evolve la situazione sul campo. Quello che tuttavia sembra emergere è che in occidente ci sia una certa aria di vittoria. L’impressione generale, insomma, è quella che la Russia si stia dimostrando più debole di quello che si pensava all’inizio, e che in qualche modo i russi siano arrivati al massimo della loro penetrazione all’interno dell’Ucraina invasa.
Questo fa emergere due elementi importanti. Primo, la riconferma degli aiuti per Kiev. Qui si inserisce un tema che riguarda gli Stati Uniti, dal momento che l’indebitamento complessivo americano impatterà sulle spese future degli Usa, e l’aiuto americano potrebbe quindi rallentare. L’aiuto americano potrebbe quindi rallentare, per evitare lo sfondamento del tetto del deficit. Sul tema sono in corso i negoziati a Washington per vedere come estendere tale termine, ma nel frattempo questo elemento caratterizzerà di certo il dibattito tra gli alleati. Il secondo elemento rilevante è il possibile allargamento della Nato anche alla Svezia. Il vertice avviene dopo la rielezione di Erdogan in Turchia, ed è una questione che non può ulteriormente essere rinviata. A luglio, allora, potremmo assistere all’adesione formale anche di Stoccolma. Questo porta a un cambiamento forte dell’Alleanza, con la dimensione nordica che diventa molto più preponderante rispetto a prima.
Altra questione, invece, è l’ipotesi di un ingresso ucraino nella Nato, che per ora resta molto improbabile, almeno nei termini di una membership ufficiale. Quello che più probabilmente avverrà, in linea con quanto già è in atto, è un avvicinamento ucraino al Patto atlantico per quanto riguarda l’operatività e altre forme di sostegno alla sicurezza. Accanto a questi temi centrali, l’agenda Nato dovrà affrontare anche la sfida sistemica posta dalla Cina: non è un caso che al summit siano stati invitati quattro Paesi amici della Nato dell’indo-pacifico, com’era già successo a Madrid. Tuttavia, per quanto l’Asia sia assolutamente un tema centrale, esistono anche sfide sistemiche che arrivano dal sud, dal Mediterraneo, dal Medio Oriente, dal Sahel e dalla regione dei grandi laghi africani. Sono contesti molto fragili, in cui si intrecciano temi come la migrazione, la sicurezza e il terrorismo, che è tutt’altro che scomparso. Tuttavia non possiamo aspettarci, come Paese, che siano i lituani (solo per fare un esempio) a portare al tavolo delle discussioni il fianco sud. C’è una sensibilità nordico-orientale che vede come minaccia esistenziale la Russia, nei cui confronti è necessario vincere (nonostante i termini di questa ricercata vittoria rimangano poco chiari) e che al vertice avrà sicuramente enfasi.
L’Italia, allora, dovrebbe farsi portatrice di un’attenzione più specifica nei confronti del Mare nostrum, se possibile alleandosi con gli altri Paesi mediterranei a partire dalla Spagna, il Portogallo, la Grecia e magari la Francia, anche perché non si può parlare genericamente di una “attenzione verso il Mediterraneo”. Certo molte iniziative sono già state prese: la Nato ha già avviato diversi partenariati in tutta la regione, dal Medio Oriente, al Golfo, fino al Maghreb, basati su azioni concrete per rafforzare i contatti, creare una cultura comune, fornire assistenza tecnica perché questi Paesi possano costruire istituzioni di sicurezza moderne. È quella che la Nato chiama “cooperative security”. E l’Alleanza Atlantica ha due iniziative che si citano ormai troppo poco, e che andrebbero recuperate: il Dialogo mediterraneo e l’Iniziativa di cooperazione di Istanbul. Due progetti multilaterali, cui partecipano in totale undici Paesi, che dovrebbero essere rivitalizzati. Sembra invece che la Nato si sia un po’ dimenticata di tali questioni, con la maggioranza degli alleati che guarda ad altro. Ne è un esempio il fatto che a Madrid siano state invitate solo Giordania e Mauritania. Sono allora i Paesi Nato del sud che hanno interesse a cercare di creare un consenso intorno a questi temi.
I partenariati, del resto, sono fondamentali per un’alleanza nata per difendere i Paesi dell’Europa occidentale (oggi allargata anche a quella centrorientale) e del Nord America dalla minaccia dell’allora Unione Sovietica. Oggi l’Alleanza Atlantica si è trasformata, dopo la fine della Guerra fredda e le crisi in Jugoslavia, in un’organizzazione di sicurezza, il cui compito è quello di proiettare stabilità anche a livello regionale e globale. Questo si traduce nella necessità di creare legami, condividere idee e coltivare una rete di Paesi che la pensa, più o meno, allo stesso modo. Nel nostro Paese non c’è storicamente una grande cultura tecnica sulla sicurezza. Ci sono certamente alcuni grandi obiettivi di carattere generale, ma non basta. Questo governo in realtà parte bene, a livello dei principi. Vediamo il presidente del Consiglio, il ministro degli Esteri e quello della Difesa tutti orientati nello stesso senso su questi temi. Ora, però, bisogna formulare proposte specifiche, anche recuperando i partenariati già avviati. Troppo spesso l’opinione pubblica dimentica che l’Italia è un membro fondatore della Nato, che ha partecipato e partecipa da protagonista a tutte le operazioni dell’Alleanza, assumendone talvolta anche il comando. È stata per vent’anni in Afghanistan ed è il quinto contributore dell’Alleanza. Anche di recente il nostro Paese ha dislocato le sue Forze armate per la protezione aerea dei Paesi baltici, oltre a schierare truppe in battlegroup nell’Europa dell’est.
La situazione attuale è caratterizzata naturalmente dalla guerra in Ucraina, con tutte le incognite sul quando e come finirà, al netto di un indebolimento russo i cui effetti sono ancora da comprendere. Quindi, come si è detto, l’attenzione è fortemente spostata verso oriente e, in prospettiva, a settentrione. Di fronte a questa evoluzione c’è dunque bisogno di azioni e proposte. E l’Italia ha tutte le carte in regola per farsi sentire.
Articolo apparso sul numero 144 della rivista Airpress
“Mediamare – Mediazione e I.A”
Lunedì 10 di luglio a partire dalle 16.00 parteciperò alla 7a edizione di Mediamare – Mediazione e I.A.per parlare di quali impatti avrà la AI nelle dinamiche negoziali e come si potrà governare il cambiamento. Un incontro promosso da ANF e UNAM Per informazioni dettagliate ordineavvocatiascolipiceno.it/…
“Dati, salute, digitale. Sbloccare il potenziale, proteggere la privacy”
Martedì 11 luglio avrò il piacere di partecipare con Diletta Huyskes, CEO di Immanence, alla Recordati Lectures “Dati, salute, digitale. Sbloccare il potenziale, proteggere la privacy” organizzato a Milano a partire dalle 14.30 da Casa Recordati e trasmesso in streaming Qui potete trovale le informazioni complete healthverse.recordati.it/edito… Qui il link per iscriversi healthverse.recordati.it/recor…
Feddit: come può un utente #Mastodon seguire una comunità #Lemmy? Quali sono le comunità italiane nate dopo l'esplosione della redditmigration? Quali sono quelle nate prima? Si può aprire un nuovo thread da Mastodon?
Tutte le risposte nel post linkato (qui leggibile su feddit)
Basta un Patto nord-atlantico o la sfida si è allargata? Risponde Benedikt Franke
Il prossimo vertice Nato di Vilnius sarà un’importante occasione per fare il punto sulla guerra in corso in Europa e sulle sue conseguenze per la futura posizione dell’Alleanza. Oltre all’integrazione della Finlandia e, si spera, della Svezia, il futuro rapporto con l’Ucraina sarà in primo piano nelle discussioni. Sebbene un’adesione immediata alla Nato sia altamente improbabile, potremmo finalmente assistere a un piano d’azione per l’adesione di Kiev chiaramente definito, che delinei i passi da compiere e le condizioni da soddisfare. Sarebbe un grande miglioramento rispetto alla continua ripetizione del memorandum di Budapest ai vertici precedenti. Come minimo, dovremmo sperare in alcune concrete garanzie di sicurezza. Il vertice sarà anche un momento cruciale per pensare al di là dell’Ucraina e allinearsi ulteriormente sulle sfide più ampie che dobbiamo affrontare.
La brutale invasione della Russia è solo il segno più evidente del tentativo delle potenze revisioniste di erodere l’ordine internazionale basato sulle regole, ma non è certo l’unico. Che si tratti delle ambizioni sfrenate della Cina nel mar Cinese meridionale o della disintegrazione in corso del Sudan, del conflitto persistente in Medio Oriente o del crescente malcontento nel sud globale, le sfide agli interessi fondamentali dell’Alleanza sono numerose. La Nato dovrà farci i conti, e non solo con queste. Se a ciò si aggiungono pressanti meta-sfide come il cambiamento climatico, la competizione tecnologica o il non allineamento, si arriva al vertice più geopolitico di sempre.
Ciò pone la questione di quanto “nord-atlantica” possa e debba rimanere la Nato alla luce di sfide così globali. Possiamo davvero blindare la nostra stanza e permetterci di ignorare ciò che accade nel resto della casa? Oppure dobbiamo aprirci ad altre regioni e alleanze, coinvolgere altri alleati ed elaborare una strategia in cui la forza della Nato aiuti la più ampia comunità liberaldemocratica a prevalere contro coloro che cercano di eroderla, minarla e, infine, sconfiggerla? La Nato ha già dato la risposta e credo che sia quella giusta. Il raggiungimento e il contemporaneo rafforzamento del nucleo principale sono stati al centro della strategia della Nato per decenni, ma ciò che abbiamo visto in preparazione del vertice di Vilnius ha una marcia in più. Avendo accettato l’imperativo di alzare il tiro di fronte a quella che noi tedeschi chiamiamo affettuosamente zeitenwende (cioè un punto di inflessione nella geopolitica), gli alleati stanno spingendo molto in patria e, a quanto pare, ancora di più all’estero.
L’intensificarsi delle relazioni tra Nato e Giappone ne è un esempio. Il Giappone si è recentemente dotato di una nuova strategia di sicurezza nazionale che privilegia la cooperazione con Paesi e alleanze affini. La Nato è un alleato naturale per quel Paese. Non solo condivide gli stessi valori fondamentali, ma la sua esperienza nel dissuadere (con successo) un rivale espansionistico chiaramente definito per decenni contiene molti insegnamenti preziosi per lo Stato asiatico, sempre più preoccupato per le ambizioni incontrollate della Cina. Per sottolineare questa crescente amicizia, la Nato ha annunciato l’apertura di un ufficio a Tokyo e il primo ministro giapponese parteciperà al vertice di Vilnius. Alcuni sperano addirittura che questo sia il primo passo verso un’eventuale adesione del Giappone – e anche dell’Australia e della Nuova Zelanda – all’Alleanza.
Sebbene un’alleanza regionale basata sul modello della Nato (e in definitiva sugli stessi standard operativi e militari) sia probabilmente quanto di più lontano si possa (e si debba) sognare, il passaggio a una maggiore cooperazione è sotto gli occhi di tutti. Non è necessario guardare fino all’Indo-Pacifico per riconoscere la necessità e l’utilità che la Nato si spinga oltre l’Atlantico settentrionale. Che si tratti del Mediterraneo meridionale, del mar Nero o del golfo di Guinea, la difesa del territorio e dei valori Nato non inizia dai confini dell’Alleanza. Difesa e deterrenza globali non sono certo un approccio inedito per la Nato, ma le crescenti ambizioni illiberali e revisioniste obbligano l’Alleanza a riempirlo rapidamente di contenuti. È importante sottolineare che questo non deve essere visto (e definito) come “espansione”.
La Nato non si sta spostando verso est o verso sud, ma i Paesi dell’est e del sud si stanno spostando verso nord e verso ovest. Questi Stati si rendono sempre più conto degli enormi vantaggi che derivano da relazioni più strette con l’alleanza di maggior successo al mondo. In qualsiasi modo la si guardi, la Nato ha mantenuto tutti i suoi membri al sicuro in un lungo periodo di cambiamenti senza precedenti. È quindi il potere di attrazione (non di spinta) della Nato che gli illiberali di questo mondo dovrebbero temere di più. Dovremmo mantenerlo tale!
Articolo apparso sul numero 144 della rivista Airpress
Yellen in Cina: la tempesta del «disaccoppiamento»
La segretaria del Tesoro degli Stati uniti accusa Pechino di «pratiche economiche inique». E garantisce di non volere una separazione delle economie. La Cina non si fida
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PRIVACYDAILY
Uccisi tre palestinesi in Cisgiordania
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della redazione
Pagine Esteri, 7 luglio 2023 – L’esercito israeliano ha ucciso due combattenti palestinesi nella città di Nablus, questa mattina, in un raid sfociato in scontri a fuoco che hanno provocato il ferimento altri di due giovani e l’arresto di altri tre. Khairy Shaheen e Hamza Maqbool sono stati circondati all’interno di una casa nella Città Vecchia e hanno detto di non volersi arrendere. Quindi sono stati uccisi quando le truppe israeliane hanno lanciato l’attacco all’edificio.
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Secondo Israele, Shahee e Maqboul avevano attaccato a colpi di arma da fuoco una pattuglia della polizia sul Monte Gerizim due giorni fa.
Un terzo palestinese Abdel Jawad Saleh, colpito al petto durante proteste contro l’occupazione a Umm Safa (Ramallah), è morto poco dopo l’arrivo all’ospedale.
Con Abdel Jawad Saleh, sale a 201 il numero dei palestinesi uccisi da soldati e coloni dall’inizio del 2023, di cui 161 in Cisgiordania e a Gerusalemme, 37 a Gaza e tre nel territorio israeliano. Pagine Esteri
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Kenya. Proteste contro l’aumento delle tasse, scontri e arresti
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di Redazione
Pagine Esteri, 7 luglio 2023 – Scontri si sono verificati oggi in diverse città del Kenya tra la polizia e i sostenitori dell’opposizione che protestano contro una serie di aumenti delle tasse.
Alcuni manifestanti hanno bloccato temporaneamente le strade con pneumatici in fiamme che la polizia ha successivamente spento e hanno lanciato pietre contro gli agenti.
Solo nella capitale Nairobi la polizia avrebbe arrestato 17 manifestanti. Altri 11 attivisti sono stati arrestati in altre città.
I notiziari televisivi hanno mostrato filmati che mostravano la polizia che sparava gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti nella città portuale di Mombasa, nella città occidentale di Kisumu e nella città di Kisii, anch’essa a ovest.
«Abbiamo visto manifestanti trascinati a terra» hanno denunciato i leader dell’opposizione in una dichiarazione, chiedendo un’indagine sulla condotta della polizia contro le proteste.
Il leader dell’opposizione Raila Odinga ha convocato le proteste per opporsi agli aumenti delle tasse imposti dall’esecutivo in un momento in cui sulla popolazione già pesa una elevata inflazione determinata dall’automento dei prezzi di prodotti di base come la farina di mais.
L’Alta corte del Kenya ha ordinato la sospensione degli aumenti, ma il governo ha comunque elevato l’IVA sui carburanti portandola dall’8 al 16%. Da parte sua il senatore dell’opposizione che ha presentato il ricorso al massimo organismo giudiziario ha chiesto l’arresto, per oltraggio, del capo dell’autorità di regolamentazione del settore energetico. L’Alta corte dovrebbe pronunciarsi lunedì su questa richiesta.
Il governo afferma che gli aumenti delle tasse, che dovrebbero aumentare di 200 miliardi di scellini (1,42 miliardi di dollari) all’anno, sono necessari per aiutare a far fronte ai crescenti rimborsi del debito e per finanziare iniziative per la creazione di posti di lavoro in Kenya, la più grande economia dell’Africa orientale.
Rivolgendosi a circa 2.000 sostenitori, Odinga ha accusato però il presidente William Ruto di non essere riuscito a frenare l’aumento del costo della vita e di perseguitare i deputati dell’opposizione. «I membri del parlamento hanno tradito il popolo» ha accusato, aggiungendo che Ruto ha anche disatteso le sue stesse promesse.
Da quando i due uomini si sono affrontati in un’elezione ravvicinata vinta da Ruto lo scorso agosto, si sono scontrati su una serie di questioni relative all’alto costo della vita e alla gestione delle future elezioni.
Alla manifestazione, Odinga ha annunciato la sua intenzione di raccogliere 10 milioni di firme per rimuovere il suo rivale dall’incarico. – Pagine Esteri
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Taiwan, nel G7 studiano altre sanzioni alla Cina: avranno un impatto devastante sull’economia globale
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di Michelangelo Cocco*
Pagine Esteri, 7 luglio 2023– Almeno 3.000 miliardi di dollari andrebbero subito in fumo se i paesi del G7 sanzionassero la Cina in caso di crisi su Taiwan. L’economia globale perderebbe una cifra equivalente al Pil del Regno Unito nel 2022. Il dato è al centro di una ricerca congiunta pubblicata da Atlantic Council e Rhodium Group, Sanctioning China in a Taiwan Crisis, Scenarios and Risks. Lo studio del think tank con sede a Washington che si occupa di «stimolare la leadership degli Stati Uniti nel mondo» e del centro di ricerca con focus sul settore privato in Cina muove da un confronto in corso tra policymaker e aziende dei sette paesi pesi più avanzati (ufficialmente non se ne parla all’interno dei governi). Tuttavia queste discussioni rivelano che un’ennesima crisi dello Stretto (sarebbe la quarta, dopo quelle del 1954-55, 1958 e 1995-96) rappresenta uno scenario tutt’altro che fantapolitico.
Secondo il rapporto, il coordinamento costante tra funzionari statunitensi ed europei ha evidenziato che «l’invasione russa dell’Ucraina ha rimodellato i contorni di ciò che era possibile nel regno della politica economica».
Quando parliamo di “crisi” intendiamo non solo uno scontro militare, ma anche altri due scenari, che a Taipei ritengono più probabili: un blocco dell’Isola da parte della marina e dell’aviazione cinese, e/o un grande attacco informatico contro le sue infrastrutture. Entrambi metterebbero in ginocchio l’economia di Taiwan, fortemente dipendente dall’export.
Prima di esaminare i risultati del paper, è importante riflettere sulle sue conclusioni. Secondo Atlantic Council e Rhodium Group, contro queste eventuali mosse di Pechino le contromisure economiche non basterebbero: esse sono «complementari, piuttosto che sostitutive, degli strumenti militari e diplomatici per mantenere la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan». Tuttavia a chi abbia analizzato l’ascesa di Xi Jinping e la riorganizzazione alla quale ha sottoposto negli ultimi dieci anni il partito e l’esercito appare evidente che nella “Nuova era” proclamata dal presidente cinese la questione taiwanese ha assunto una rinnovata centralità. In questo quadro, nessuna pressione militare e diplomatica potranno far recedere Pechino dalla “riunificazione” del territorio che considera una provincia ribelle. Pertanto, ciò che servirebbe con urgenza è una soluzione politica, basata su un nuovo accordo complessivo tra la potenza egemone e quella in ascesa.
Al contrario, si studiano le sanzioni, che colpirebbero tre ambiti principali: le banche (divieto di utilizzare il sistema SWIFT; limitazioni delle transazioni; mercato internazionale precluso ai titoli di debito cinesi); le élite politiche e militari (blocco dei beni e restrizioni ai visti); le compagnie legate all’esercito (restrizioni al commercio e agli investimenti; su obbligazioni e azioni; controlli sull’export).
Tuttavia, date le dimensioni (dieci volte quella russa) e i legami dell’economia cinese, per i governi del G7 sarebbe molto più difficile approvarle rispetto alle punizioni contro Mosca per l’invasione dell’Ucraina. I due think tank evidenziano «gli interessi nazionali differenti, la diversa disponibilità a sopportare le ripercussioni economiche e le sfaccettature uniche delle loro relazioni con Washington». In effetti, se al Congresso Usa è già stato introdotto (il 29 marzo scorso) un progetto di legge ad hoc (lo “STAND with Taiwan Act”) per sanzionare la Cina se «l’Esercito popolare di liberazione avvia un’invasione di Taiwan», il presidente francese, Emmanuel Macron, pochi giorni dopo (il 9 aprile), ha avvertito in un’intervista a Politico che «la cosa peggiore sarebbe pensare che noi europei su questa questione (Taiwan, ndr) dobbiamo seguire l’agenda degli Stati Uniti e una reazione eccessiva cinese». Per Washington Taiwan rappresenta una questione di sicurezza nazionale, per le capitali europee no. Le divergenze politiche riflettono quelle dell’opinione pubblica, con l’83 per cento degli statunitensi che ha un’idea “negativa” della Cina (Pew Research Center, aprile 2023), mentre il 62 per cento degli europei vorrebbe rimanere neurale in caso di conflitto tra Cina e Stati Uniti su Taiwan (European Council on Foreign Relations, giugno 2023).
Shanghai
Anche se l’ultimo vertice, a Hiroshima, ha ostentato unità sulla Cina, raggiungere un accordo tra i paesi del G7 per applicare eventuali sanzioni contro Pechino richiederebbe tempo e difficili compromessi. Un embargo contro la Cina equivarrebbe secondo alcuni alla “distruzione reciproca assicurata” immaginata in caso di impiego in guerra degli ordigni nucleari. Si tratta certamente di un’iperbole: in realtà quella delle punizioni e delle rappresaglie è una strada che Stati Uniti, Unione Europea e Cina hanno imboccato già da qualche tempo. Con il dialogo politico che si è fatto difficile e intermittente, avanzano le sanzioni. Come, ad esempio, quelle varate il 22 marzo 2021 da Bruxelles (in base al nuovo EU Global Human Rights Sanctions Regime) contro quattro funzionari e un’entità cinese per la repressione dei musulmani nella provincia del Xinjiang, reciprocate il giorno stesso da Pechino – uno scontro che ha contribuito alla sospensione del Comprehensive Agreement on Investiment (Cai) negoziato per sette anni tra la Cina e l’Ue. Oppure le tre compagnie cinesi (di Hong Kong) colpite, per la prima volta, da un pacchetto di sanzioni dell’Ue sulla guerra in Ucraina, l’undicesimo, approvato il 21 giugno scorso (Asia Pacific Links Ltd; Tordan Industry Limited; Alpha Trading Investments Limited) per il loro contributo finanziario o tecnologico allo sforzo bellico russoL’esposizione del sistema finanziario globale nei confronti di quello cinese è relativa soprattutto ai flussi commerciali internazionali: le banche cinesi mantengono conti (in dollari e in euro) presso istituti di credito internazionali per facilitare i pagamenti cross border. Stando così le cose, il G7 avrebbe due opzioni: sanzionare solo alcune banche con legami con il settore militare e tecnologico, senza alcun impatto sostanziale sui flussi finanziari complessivi del paese, oppure colpire le grandi banche di stato, causando i succitati 3.000 miliardi di ammanco al commercio e agli investimenti globali.
Punire alti funzionari del governo e dell’Esercito popolare di liberazione rappresenta invece un’eventualità alla quale i soggetti presi di mira si sono già preparati, rendendo molto complicato identificare i loro patrimoni detenuti all’estero.
C’è infine il controllo sulle esportazioni di componenti chiave, che potrebbe avere anch’esso un effetto boomerang sui paesi del G7. Prendiamo ad esempio il settore aerospaziale, predestinato alle sanzioni in caso di scontro su Taiwan. Sarebbero interessati 2,2 miliardi di dollari di export dei paesi del G7 verso la Cina, la quale potrebbe mettere in campo una rappresaglia da 33 miliardi di dollari, attraverso il blocco dell’acquisto di aerei e componenti dai paesi più avanzati.
Col ricorso sempre maggiore alle sanzioni contro la Cina, il governo di Pechino ha iniziato ad affinare gli strumenti per contrastarle. Anzitutto spingendo i paesi amici a utilizzare la sua divisa, in luogo del dollaro, nei commerci bilaterali. Lo yuan – che rappresenta tuttora una percentuale trascurabile delle riserve valutarie internazionali, il 2,7% – è sempre più utilizzato da paesi come Argentina, Brasile, oltre alla Russia, che hanno firmato con Pechino accordi ad hoc per regolare in yuan i loro commerci con la Cina.
In conseguenza di questo cambiamento, a marzo le banconote con l’effigie di Mao (48,4 per cento) hanno superato il biglietto verde (46,7 per cento), diventando la valuta più utilizzata dalla seconda economia del pianeta nei suoi scambi con l’estero. Non solo, a Pechino ritengono che in futuro lo yuan potrà essere impiegato sempre di più nelle transazioni tra paesi terzi, proprio in risposta a quella che stigmatizzano come l’“utilizzo del dollaro come arma” da parte degli Stati Uniti che i paesi non allineati stanno osservando contro la Russia (espulsa dal sistema interbancario SWIFT) e la Cina.
In secondo luogo Pechino sta spingendo per la promozione a livello globale del CIPS. L’alternativa “made in China” allo SWIFT, lanciata nel 2015 dalla Banca centrale, nel 2022 ha “processato” transazioni pari a 96.700 miliardi di yuan (oltre 14.000 miliardi di dollari) con 1.420 istituzioni finanziarie connesse in 109 paesi e regioni del mondo. Il sud del mondo ha iniziato a vedere sempre più il CIPS come una alternativa al CHIPS (utilizzato per le grandi transazioni, in dollari) proprio in seguito alle sanzioni imposte contro la Russia. Infine, la Cina sta sperimentando anche lo yuan digitale (e-CNY), che l’anno scorso è stato il gettone digitale (token) più utilizzato nelle transazioni internazionali. Pagine Esteri
*Questo articolo è stato pubblicato in origine da Rassegna Cina, del Centro Studi sulla Cina Contemporanea
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In Cina e Asia – Yellen chiede a Pechino riforme economiche
Yellen chiede riforme economiche
Xi visita il comando militare responsabile per Taiwan
Fukushima: la Cina limita ulteriormente le importazioni dal Giappone
Le fregate russe attraccano a Shanghai
BYD apre stabilimento in Brasile, è il primo fuori dall'Asia
Hong Kong: approvata controversa riforma delle elezioni distrettuali
Funzionari del Tesoro a Hong Kong per fermare il flusso di tecnologia in Russia
Vietnam: l'industria culturale inciampa nel Mar cinese meridionale
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Conoscere ADHD
Conoscere ADHD è importante, in particolare per gli insegnanti, e la sanità pubblica deve essere dalla parte delle famiglie rilasciando le certificazioni in tempi brevi
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Mazzoni (Prc-S.E.): L’assesora Alfonsi non si presenta. L’amministrazione Capitolina teme le motivazioni limpide e le proposte sostenibili di chi è contrario al mega bruciatore
Ad aspettarla c'erano tutti. Gli organizzatori, che su sua precisa indicazione avevano stabilito data ed orario. Il segretario della CGIL Roma e Lazio, NataleRifondazione Comunista
Beat!
Ecco un altro libro di quelli che suonano - questo però oltre che suonare, urla pure, protesta e soprattutto cerca di difendersi.
Dentro ci sono "quei ragazzi e ragazze che nella metà degli anni Sessanta hanno desiderato la libertà totale al posto dell'ipocrisia e la dignità umana al posto dell'arrivismo". Quelli che hanno anticipato le grandi rivolte del Sessantotto, quelli che "hanno trovato l'anarchia sulla loro strada, spesso senza saperlo, spesso senza alcun filo diretto con quel movimento, pur parlando la stessa lingua senza che alcuno l'abbia insegnata".
Cosa ci guadagna Meta a "entrare nel Fediverso"? Nulla di economicamente rilevante, almeno nell'immediato. Il progetto è "soltanto" di natura strategica
Riportiamo per intero la nostra risposta a un thread comparso su feddit.it e in particolare all'osservazione di @Darjuz (È un’azienda è ovvio che cerca di inserirsi in un ambito che le sembra promettente per farsi i soldi…)
Non saprei. Il Fediverso non è facilmente monetizzabile e quella che sta facendo Meta non è un’operazione ad alto rendimento sebbene sia sicuramente un’operazione a bassissimo costo.Quello che Facebook non può sopportare è il fatto che gli utenti socializzino al di fuori del suo giardino recintato, in cui le persone sono costrette a consumare nel baretto aziendale! Per il momento sono pochi utenti, ma la minaccia può essere devastante sul lungo termine.
Ora, in qualsiasi azienda, se esiste un rischio esistenziale, si cerca di di battersi fino in fondo per eliminarlo o mitigarne gli effetti. Come ultima soluzione ci si può assicurare contro quel rischio.
Siamo arrivati al nocciolo della questione: questa iniziativa di Meta, non è altro che un piccolo costo assicurativo.
Come funziona questa assicurazione? Mi sembra abbastanza chiaro: Meta si trova a muovere truppe in un terreno sconosciuto per portare, come direbbe un’altra simpatica realtà che abbiamo imparato a conoscere meglio in quest’ultimo anno e mezzo, un’operazione speciale per degratuitizzare il Fediverso.
Questa operazione presenta una grandissima possibilità di successo, considerando l’immensa sproporzione a favore di Meta. Inoltre, sempre per riprendere la metafora Ucraina, Zuckerberg confida nell’avidità di alcuni importanti amministratori di istanza: «questi amministratori hanno concentrato sulle proprie istanze la maggior parte degli utenti del Fediverso, quindi parlano la mia stessa lingua e quindi saranno alleati della mia impresa contro il temibile spettro della gratuità. Basterà far avere loro quattro spicci e un piatto di lenticchie»
Funzionerà questa strategia? Ci sono molti elementi che suggeriscono di sì. Esattamente come la Russia aveva sufficienti elementi per immaginare una conquista dell’Ucraina in tempi piuttosto rapidi, perché « Noi siamo una superpotenza e tutti i russofoni d’Ucraina ci saluteranno come liberatori e imbraceranno le armi contro il loro governo antirusso»
Naturalmente, Questa è l’unica cosa che insegni la storia, anche i piani ben studiati non per questo si concretizzano…
Ecco perché è importante dare seguito alla proposta di defederazione delle istanze di Zuckerberg: Il motivo è che non bisogna mai dare nulla per scontato!
PS: riportiamo anche le osservazioni completamente diverse di @Uriel Fanelli (no, molto probabilmente non lo troverete perché avrà bloccato voi o la vostra istanza... 🙃) che prevede la volontaria non federazione da parte di Meta.
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Threads e il Fediverso. Alcune considerazioni sul nuovo social di Meta e la federazione con le altre istanze ActivityPub
C'e' una certa eccitazione nel Fediverso (o "Mastodon" per i cefalopodi) per via della notizia che "Threads" abbia un'interfaccia ActivityPub, ovvero sarebbe capace di federarsi con il Fediverso, cioe' con qualsiasi altra cosa parli ActivityPub. Ci sono gia' le petizioni dei sysadmin , che rifiutano a priori di federarsi. E che a mio avviso sono tempo perso.
#37 / Pesca a strascico
Causa miliardaria contro OpenAI (chatGP)
Dopo le peripezie italiche arrivano guai anche oltre oceano per OpenAI, l’azienda acquisita da Microsoft che sviluppa e gestisce chatGPT. Pare infatti che il 28 giugno un gruppo di persone abbiano intentato un’azione legale congiunta per chiedere a OpenAI un risarcimento danni di ben tre miliardi di dollari.
OpenAI è accusata di aver allenato il suo algoritmo usando dati acquisiti illegalmente dal web1 con la tecnica dello scraping. In italiano si potrebbe tradurre con raschiare o grattare, ed è quella tecnica automatizzata che permette di raccogliere a strascico dati disponibili pubblicamente su Internet — come ad esempio post e foto sui social network.
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I casi analoghi non mancano, come ad esempio quello di ClearViewAI che ha raccolto ben trenta miliardi di foto dal web per allenare i suoi algoritmi di riconoscimento facciale e poi vendere i servizi a polizia e intelligence statunitensi. In quel caso ci furono diverse sanzioni milionarie da parte delle autorità ma non mi risulta che l’azienda se ne sia curata più di tanto.
In almeno un caso la Federal Trade Commission ha intimato la distruzione di algoritmi allenati senza il consenso dei soggetti a cui facevano riferimento i dati. Se i giudici dovessero decidere che OpenAI ha allenato i suoi modelli in modo illecito, giungerebbero alla stessa decisione? Probabilmente no, dato che anche ClearViewAI è ancora in piedi.
Le reti a strascico di Google
Un recente aggiornamento alla privacy policy di Google lascia intendere che è ufficialmente iniziata una gara con OpenAI che sarà combattuta a suon di reti da pesca virtuali.
Nell’ultima versione dell’informativa si legge che l’azienda userà dati disponibili pubblicamente per allenare i suoi modelli di intelligenza artificiale come Google Translate, Bard (il competitor di ChatGPT) e altri servizi in Cloud2.
“Se tu o le tue informazioni sono presenti su un sito web, potremmo indicizzarle ed esporle sui servizi Google”.
Sembra davvero non esserci scampo. Siamo tutti condannati ad essere cavie da laboratorio e fattori di produzione per i nuovi scintillanti strumenti di intelligenza artificiale che amiamo. Ora scusate ma vado a rinnovare l’abbonamento a ChatGPT, che mi è più simpatico di Bard.
Alcuni documenti interni a Twitter mostrano che l’FBI ha collaborato con l’intelligence Ucraina (SBU - Security Service of Ukraine) per censurare alcuni account Twitter e ottenere informazioni personali sui proprietari.
Non dovrebbe essere una novità per chi ha seguito le vicende dei Twitter Files, di cui fanno parte anche questi documenti più recenti, ma dovrebbe certamente ricordarci il livello di sorveglianza e censura costante a cui siamo assoggettati noi altri del mondo libero.
“Thank you very much for your time to discuss the assistance to Ukraine, I am including a list of accounts I received over a couple of weeks from the Security Service of Ukraine. These accounts are suspected by the SBU in spreading fear and disinformation. For your review and consideration.”
La lista è di circa 163 account, tra cui alcuni di giornalisti americani e canadesi colpevoli di aver espresso la loro opinione sulla guerra in Ucraina in termini non favorevoli alla propaganda occidentale.
Il referente interno, Yoel Roth, il dirigente che gestiva direttamente i rapporti con l’FBI, è stato licenziato a novembre 2022 da Elon Musk poco prima della diffusione dei Twitter Files.
Per chi avesse perso le puntate precedenti, consiglio questo breve ripasso:
Strike: news e trend topic di privacy
Per chi bazzica LinkedIn, ogni lunedì sera c’è STRIKE, un nuovo format video in cui insieme a due colleghi parlo di news e trend topic di privacy.
Sono già usciti i primi due episodi, in cui abbiamo parlato della nuova stagione di Black Mirror (spoiler alert) e del nuovo sistema IT-Alert.
È probabile che nel prossimo futuro verrà proposto anche su altre piattaforme social, ma per ora è solo su LinkedIn. È una produzione di Privacy Week, la media company che si occupa di privacy, cybersecurity, nuove tecnologie e diritti umani.
Qui trovate i primi due episodi:
Meme del giorno
Citazione del giorno
“On matters of style, swim with the current, on matters of principle, stand like a rock.”
Thomas Jefferson
Articolo consigliato
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Dante Alighieri - Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
Immaginare di fare un viaggio in barca a vela con i due amici del cuore. Senza una meta precisa, in compagnia delle tre donne amate, passando il tempo a parlare(?!) di amore. Dante.
Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio;
sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ’l disio.
E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:
e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi
Completata la traduzione di Riprendersi la città. Guida per i cittadini, con 40 idee per riappropriarsi della città.
Cinque mesi fa era stata pubblicata la prima parte della traduzione italiana, ora finalmente abbiamo completato tutta la traduzione della guida (44 pagine in formato .pdf).
La guida si può scaricare da qui: dgxy.link/riprendersi_la_citta
#MobilitàSostenibile #PianificazioneUrbanistica #città #PisteCiclabili #bicicletta #SpazioPubblico
Come avevo già scritto, "Recuperar la ciudad. Reclaim the city", è una guida scritta da un gruppo di attivisti spagnoli che si propone di individuare degli strumenti e delle azioni concrete per limitare lo strapotere del traffico automobilistico privato, promuovere una mobilità sostenibile e ridare alla città il suo carattere di spazio pubblico fruibile da tutti i cittadini.
Si è trattato di una traduzione collaborativa: come attività di educazione civica ho proposto alla mia classe quinta linguistico dell’IIS Carlo Emilio Gadda di Paderno Dugnano di suddividersi in gruppi e ciascun gruppo aveva il compito di tradurre una parte delle 40 idee che venivano presentate nella guida. Per i molti impegni degli studenti, il lavoro di traduzione si è sviluppato in un periodo di tempo più lungo del previsto e ha richiesto un’ulteriore revisione linguistica, visto che l’argomento e la terminologia della guida non erano dei più familiari, almeno per le studentesse della mia classe (che comprende un solo impavido studente). Anche la successiva impaginazione di testi e immagini, di cui mi sono occupato io, ha richiesto un tempo superiore al previsto. Alla fine però ce l’abbiamo fatta e la guida è stata messa a disposizione di tutta la classe per poter essere usata eventualmente nel colloquio orale dell’esame di stato. Naturalmente sia la traduzione che l’impaginazione si possono sempre migliorate.
Le 40 idee presentate nella seconda parte della guida offrono un catalogo davvero ampio di buone pratiche che i cittadini possono intraprendere, si tratta in realtà di un piccolo manuale di educazione civica che potrebbe essere davvero utile per aumentare la consapevolezza di tutti sull’importanza dell’utilizzo e della condivisione degli spazi pubblici e sulla necessità di promuovere una mobilità davvero sostenibile.
Salvo alcune idee che contengono specifici riferimenti al contesto e alla legislazione spagnoli, le altre idee hanno una validità davvero universale.
Perché non diffondere questa guida nelle amministrazioni pubbliche e nelle scuole?
Per intanto la traduzione italiana è a disposizione di tuttə, condividetela pure senza risparmio 😀
La guida è distribuita con licenza Creative Commons BY-NC-SA
Naturalmente un grandissimo grazie (muchissimas gracias 😀 a @Marcos M. e a tutte le persone che hanno collaborato alla stesura della versione originale in spagnolo.
Si può scaricare il testo da qui: dgxy.link/riprendersi_la_citta
#MobilitàSostenibile #PianificazioneUrbana #SpazioPubblico #città #PisteCiclabili #bicicletta #traduzioni @macfranc @Rivoluzione mobilità urbana🚶🚲🚋
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Ottima iniziativa questa traduzione!
Ho subito preso a prestito un'immagine (dal sito spagnolo) per una risposta sul fediverso: sociale.network/@Pare/11065994…
Due domande.
In futuro si potrebbe prevedere una pubblicazione in un formato che faciliti l'esercizio dei diritti della licenza CC BY-NC-SA?
Perché forse servirebbe un secondo passaggio di localizzazione. Controllando qui e là che i codici stradali italiano e spagnolo concordino. Che ne dite?
Ciao, sì sono d'accordo, sarebbe utile fare un confronto tra il codice stradale spagnolo e quello italiano, probabilmente qualche differenza c'è, ma arrivare a questa prima versione è stato già un bel successo.
Spero di aver capito bene l'altra domanda, se serve un'edizione editabile della guida, la puoi scaricare da qui (in formato .odt): framadrive.org/s/6KzEnrYZCjkNW…
Grazie per l'apprezzamento 😀
Poland slams child sexual abuse material regulation as unnecessary
Paweł Lewandowski, Polish Undersecretary of State at the Chancellery of the Prime Minister told EURACTIV that the regulation to fight child sexual abuse material (CSAM) online is unnecessary as there are other regulations about safety on the internet.
GDPR Procedures Regulation: "Stripping citizens of procedural rights"
Regolamento GDPR sulle procedure: "Spogliare i cittadini dei diritti procedurali" Oggi la Commissione europea ha presentato una proposta per risolvere la (mancanza di) cooperazione tra alcune autorità di protezione dei dati (DPA). Si tratta di un passo indietro, non di un passo avanti.
CJEU declares Meta/Facebook's GDPR approach largely illegal
La CGUE dichiara ampiamente illegale l'approccio di Meta/Facebook al GDPR Nella decisione odierna, la CGUE ha dichiarato ampiamente illegale l'approccio di Meta/Facebook al GDPR, analogamente al precedente contenzioso di noyb davanti all'EDPB che ha portato a una multa di 390 milioni di euro.
Oggi inizia la Sessione Suppletiva degli #EsamiDiStato2023.
Alle 8.30 è stata pubblicata la chiave ministeriale per decrittare il testo della cornice nazionale generale di riferimento per i percorsi professionali di nuovo ordinamento contenuto nel p…
Ministero dell'Istruzione
Oggi inizia la Sessione Suppletiva degli #EsamiDiStato2023. Alle 8.30 è stata pubblicata la chiave ministeriale per decrittare il testo della cornice nazionale generale di riferimento per i percorsi professionali di nuovo ordinamento contenuto nel p…Telegram
noyb win: First major fine (€ 1 million) for using Google Analytics
vittoria di noyb: Prima multa importante (1 milione di euro) per l'utilizzo di Google Analytics L'autorità svedese per la protezione dei dati (IMY) ha emesso decisioni contro quattro società e ha imposto una multa di 12 milioni di corone svedesi (1 milione di euro) a Tele2 e di 300.000 corone svedesi a CDON
Intelligenza artificiale: implicazioni etiche e politiche | La Fionda
«Si chiede alle macchine di pensare al nostro posto, perché chi usa senso critico rallenta il processo e non è funzionale.
L’abbiamo visto anche durante la pandemia in cui i dati scientifici venivano portati come verità assolute. Abbiamo sentito dire frasi come “qui parlano i dati”, ma i dati non parlano da soli, si tratta sempre di interpretazioni di risultati che dipendono dalle conoscenze e dall’esperienza dei ricercatori e delle ricercatrici.
E così sempre più ci si affida all’intelligenza artificiale come un qualcosa di magico, di salvifico, di oggettivo, con l’illusione che le macchine potenti e infallibili, ci portino verso verità neutre e imparziali.»
Inizia il viaggio di Euclid: osserverà l’Universo “oscuro” | Astronomia.com
"L’obiettivo scientifico di Euclid è generare una mappa 3D dell’Universo. [...] Le precise rilevazioni che Euclid fornirà permetteranno di mappare le due entità più elusive dell’Universo e che tuttavia ne costituiscono ben il 95%: la materia oscura e l’energia oscura, così aggettivate perché gli astronomi non hanno fondamentalmente idea di cosa siano."
L'ennesima coglionata di Elon Musk sta mettendo sotto pressione Mastodon.
Il server di mastodon.uno è al momento irragiungibile: oggi c'è stata una nuova migrazione di massa da parte degli utenti di Twitter...
@filippodb - fddt sta lavorando insieme agli altri sistemisti per risolvere il problema.
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Account divulgativi
Un elendo di utenti mastodon diviso per argomenti
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Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ reshared this.
@ekZeno Ecco qualche altro suggerimento nel fediverso italiano
Università e ricerca
@Marco Castellani
@Andrea Mariuzzo
@Maria Chiara Pievatolo
Factchecking
@Disinformatico
@David Puente :mastodon:
@Bufale.net :verified:
@BUTAC
Teatro
@Daniele Luttazzi
@giuliocavalli@sociale.network
Satira e fumetti
@Francesco Artibani
Giornalismo
@stefania maurizi
@Marco Camisani Calzolari
@Nico Piro
@Viola Stefanello 👩💻
Diritto
@Vitalba
@Bruno Saetta
Digitale
@quinta :ubuntu:
@Andrea Borruso
@Marco A. L. Calamari
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Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ likes this.
@quinta @brunosaetta @calamarim @factcheck @marcocc @violastefanello @Vitalba @smaurizi @DavidPuente @artibani @luttazzi @mcp @butac @MariuzzoAndrea @_Nico_Piro_ @ildisinformatico @mcastel @ekZeno
Grazie per avermi inserito in questa lista!
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Stati Uniti, la vergogna fa 37 | Cumpanis
«Washington non ha mai accettato quanto sentenziato dalla massima autorità giuridica internazionale e, 37 anni dopo, continua a non farlo. Dietro le opposizioni giuridiche, c’è una verità politica: accettare la sentenza implicherebbe il riconoscimento degli Stati Uniti come nazione tra le altre, costretta cioè al rispetto del Diritto Internazionale e delle istituzioni chiamate a tutelarlo. Inconciliabile con lo status di “eccezionalità”, che si sono assegnati in Costituzione e poi nell’agire criminale che ha contraddistinto i loro 249 anni di esistenza, fatti di 232 anni di guerre e circa 30 milioni di vittime sacrificate per l’affermazione di un modello folle, darwiniano ed escludente.»
Robaque
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ • • •Boh, io sono qui da poco e ammetto di essere ignorante di queste cose, ma io sarei per la defederazione immediata. Con le corporazioni è bene sempre non fidarsi.
— e non solo non fidarsi di loro, ma sopratutto sempre opporsi 😅
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UprisingVoltage, fran, skariko, Rozaŭtuno, LadroDiGalline e Pissio like this.
fran doesn't like this.
LadroDiGalline
in reply to Robaque • • •like this
skariko e Robaque like this.
Robaque
in reply to LadroDiGalline • • •Però certo è meglio anche approfondire la propria conoscenza haha
Mi ha convinto molto questa pagina linkata da questo comment
UprisingVoltage
2023-07-05 14:55:24
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Casiraghi
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ • • •Ciao, sono qui da poco anche io, ma sinceramente non capisco perché questa situazione viene vista come un attacco o una guerra.
Meta è una azienda informatica che sta lanciando un nuovo prodotto. Per farlo ha scelto di utilizzare un linguaggio ed una piattaforma già esistenti, e qualunque siano i suoi motivi ha tutto il diritto di farlo.
Non può imporre scelte agli altri attori della piattaforma. Farà delle proposte, forse, come possono essere le richieste di federazione, ma poi ogni altro attore deciderà come reagire.
Chi scrive qui probabilmente non è un fan dell'impostazione di business di aziende come meta, e fa bene a segnalare tutte le nefandezze (vedi il meme sui permessi richiesti dalle app), ma allo stesso tempo tutti noi siamo clienti di quelle stesse aziende (usiamo WhatsApp, usiamo Google maps, ecc.).
Insomma, non penso che sia utile per nessuno fare la guerra alle cose nuove che nascono. Guardiamole, studiamole e magari spieghiamo i loro potenziali pericoli a chi non li coglie. Ma non rimaniamo nemmeno ciechi di fronte alle possibilità che offrono.
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skariko
in reply to Casiraghi • • •Sono abbastanza d'accordo con il tuo discorso tranne per questa parte:
Molti di quelli che sono qui non utilizzano e soprattutto non vorrebbero utilizzare WhatsApp e Google Maps ma spesso e volentieri ne sono obbligati. Per WhatsApp ne sono obbligati perché utilizza un protocollo proprietario e se tutta la tua famiglia usa WhatsApp ne sei obbligato anche tu. Google invece ha creato un ecosistema così dipendente da sé stesso che alcune applicazioni (non sue, degli altri!) non funzionano se non si ha installato Google Maps sul proprio smartphone.
Insomma seppur capisco il tuo discorso non darei così per scontato che tutti (soprattutto qui dentro) utilizzino senza problemi le applicazioni delle Big Tech. Sul mio smartphone per esempio c'è installato GrapheneOS e non c'è traccia di alcuna applicazione Google.
Detto questo, come dicevo sono abbastanza d'accordo con quanto dici. Un po' perché non amo molto la narrativa bellicosa né quella del bene vs male o del noi contro loro. Sono tendenzialmente per il costruire anziché demolire. Tuttavia comprendo le paure di molti: dietro l'ascia di guerra si nasconde soprattutto paura. Paura che Meta, e non è difficile immaginarlo, imbracci la strategia dell'EEE arrivando qui come un bulldozer e spianando tutto. La paura è che i server che si federano con loro esplodano per via del numero gigantesco di utenti che si porta dietro e la paura che inizino, come hanno sempre fatto tutte le corporazioni, a fare forzature sui protocolli liberi per poi distinguersi e farne uno tutto loro lasciando tutti gli altri con le braghe calate.
Se posso ti consiglio questo articolo chiamato WhatsApp e l’addomesticamento degli utenti che ho personalmente tradotto in italiano e portato su Le Alternative per farlo conoscere a più persone possibili. La trovo una bella esperienza passata da non dimenticare.
Microsoft business strategy in acquiring software platforms
Contributors to Wikimedia projects (Wikimedia Foundation, Inc.)skariko
2021-12-13 08:00:00
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Casiraghi
in reply to skariko • • •Grazie, spunti molto interessanti e mi trovo d'accordo, hai specificato meglio di me il tema whatsapp / maps 👍🏻
Aggiungo anche io un link che ho trovato molto interessante, ed è la posizione ufficiale del curatore di Mastodon sulla questione.
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in reply to Casiraghi • • •Per questo va bene il "guardiamole, studiamole", però credo sia il caso di evitarle come la peste, perché tanto già sappiamo quali sono queste "opportunità".
Inoltre il fatto che grandi aziende si interessino al protocollo ActivityPub, che è aperto, mi preoccupa un bel po'. Non è mai successo che un azienda che detiene un monopolio de facto abbia usato la sua potenza per influenzare uno standard vero? VERO? [meme di anakin e padme]
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LadroDiGalline
Unknown parent • • •Eggià. Quando un servizio è in posizione dominante diventa difficile da estirpare. Per questo sarebbe il caso di agire prima che Meta diventi dominante sul fediverso.
Comunque di questa cosa se ne parla da un bel po', vedi
[https://www.lealternative.net/2019/10/28/alternative-a-gmail/] e
[https://www.lealternative.net/2021/12/15/degooglizzazione/]
skariko
2019-10-28 08:33:47
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andw93
Unknown parent • • •Io per primo ho un mare di amici ancora con libero e qualcuno migrato su mail tipo Proton
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