Bombe a grappolo, tra necessità e doppiopesismi. Scrive il gen. Tricarico
Confidai proprio a Formiche nell’ottobre 2015 l’incredulità nel constatare come i russi facessero ricorso, senza battere ciglio, alle cluster bomb in Siria, all’avvio delle operazioni militari a sostegno del regime di Assad.
Le immagini televisive che mi capitò di vedere sul Tg5, inequivoche nel mostrare l’impatto di bombe a grappolo, e che a un riscontro si confermarono autentiche perché messe in circolazione proprio dai media russi, non suscitarono però allarme e disapprovazione. L’onda di sdegno di oggi di tutti i Paesi che hanno bandito l’uso delle cluster bomb, nel caso siriano (e in tutte le altre circostanze meno note) non diede alcun cenno di vita, sostanziando un doppiopesismo che pare ormai la regola imperante in ogni valutazione.
Eppure nel caso di Zelensky vi sono numerose ragioni, non solo tecniche, che dovrebbero far chiudere un occhio a chi grida, più o meno forte, allo scandalo e si adopera affinché gli ucraini non abbiano un sistema d’arma quanto mai necessario in questo momento.
Innanzitutto sul terreno si sono verosimilmente create le condizioni perché non si metta a rischio la vita di non combattenti, di civili innocenti.
Infatti i territori contesi paiono in larga parte popolati da soli soldati, separati da una linea di confronto lungo la quale, per profondità contenute, i reparti russi tentano di resistere alla pressione Ucraina. Con i loro armamenti più o meno pesanti, acquartieramenti, comandi, depositi di munizioni, carburante, mezzi di traporto e altro. Il tutto contenuto in ben identificabili e perimetrabili aree geografiche.
Pare insomma lo scenario ideale per l’impiego delle bombe a grappolo, l’esatto scenario per cui queste furono pensate; come scenario ideale era ad esempio quello delle chilometriche carovane di mezzi militari russi in marcia verso Kiev, quando si pensava che questa potesse cadere in pochi giorni.
Poi, per far dormire sonni tranquilli – se questo è il problema – a chi oggi cerca di intralciare la fornitura agli ucraini di bombe a grappolo, sarebbe sufficiente pretendere la garanzia – facilmente verificabile – di una pianificazione oculata delle missioni di volo o di artiglieria, in modo che le aree ad alta densità di reparti russi sia delimitata geograficamente con adeguato margine di sicurezza. Con una Intelligence da fonte satellitare o anche da piccoli droni, indispensabile a disegnare con esattezza l’area da saturare, e i più appropriati parametri dei sistemi d’arma, primo tra tutti lo spolettamento della quota di apertura dei contenitori delle bombette.
Si eviterebbe così con sufficiente accuratezza che le cluster bomb provochino significativi e indesiderati danni collaterali.
C’è però il concreto problema delle bombe inesplose, un problema per il quale sono circolate informazioni artefatte, soprattutto nelle cifre, nelle dimensioni del pericolo derivante dall’incappare in una bomba ancora attiva. Si è parlato addirittura del 40% sul totale dell’armamento lanciato, una cifra che francamente non trova riscontro nelle percentuali medie osservate sul campo.
Gli Stati Uniti pare si siano impegnati nel fornire Cluster il cui tasso di mancata attivazione sia contenuto al 3% o qualcosa di simile e credo che attorno a tale cifra si aggiri di norma il tasso di inefficienza degli armamenti in circolazione.
In ogni caso andrebbe attivata, a ostilità concluse, una opera di bonifica, che sarebbe però certamente meno ardua di quella comunque da attuare e volta a disattivare le ben più insidiose mine antiuomo delle quali i russi hanno disseminato i territori occupati.
Il problema pertanto non esiste, considerato che siamo in guerra; o comunque non è nei termini in cui è stato rappresentato dai media.
Esso inoltre andrebbe inquadrato in un’ottica complessiva in cui un Paese, aggredito, ridotto in una sua cospicua parte a un cumulo di macerie da un avversario che non ha risparmiato barbarie e crudeltà, che ha usato ogni arma propria ed impropria in maniera indiscriminata, ecco si vorrebbe che questo paese, già costretto da una serie di bizzarre limitazioni come quella di non poter usare la forza fuori dai propri confini, non potesse venire dotato di un tipo di armamento tutto sommato meno letale di ogni altro osservato in questa guerra e che più di ogni altro ora gli sarebbe necessario per liberare i propri territori da un invasore, tra l’altro aduso ad impiegare senza restrizioni, anche e soprattutto morali, proprio quel tipo di armi.
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Responsabili
Tutto questo è di indicibile noia e inutilità. Gli uni continueranno ad accusare il magistrato che inquisisce un politico amico d’essere politicizzato, mentre il problema è l’incapacità della politica di stabilire regole che preservino l’indipendenza del giudizio e il rispetto dei diritti individuali. Fra i quali non c’è soltanto la libertà, ma anche l’onorabilità. Mentre gli altri politici continueranno a chiamare “giustizia” l’ipotesi d’accusa, perché incapaci di elaborare accuse men che generiche e sloganistiche in campo politico. Gli uni e gli altri rimproverandosi a vicenda d’essere forcaioli a fasi alterne. Se può servire: lo siete stati quasi tutti ed è uno spettacolo penoso.
Concentriamoci sulle vie d’uscita. Ne segnalo due, pertinenti a quanto succede in queste ore. Una normativa e l’altra culturale o, se si preferisce, di costume.
1. In nessuno Stato di diritto esiste la possibilità che si impedisca a un procuratore di svolgere un’indagine. O, per meglio dire, sistemi come quello francese o tedesco prevedono che si possa farlo – dato che il procuratore dipende dal governo – ma presuppongono che il governo si assuma la responsabilità di quella scelta. Difatti accade assai di rado e mai riguardo a politici. Il procuratore non è un “giudice”, ma un magistrato che non giudica nessuno, cura le indagini e sostiene l’accusa. Se qualcuno chiama “giudice” il procuratore pensate all’ortopedico che chiami “femore” l’osso del vostro braccio e scappate via lontano: quello vi ammazza. Non è un giudice, ma deve essere libero di indagare, naturalmente nel rispetto della legge.
Quel che serve non è esercitare un controllo politico sull’attività delle Procure, ma farlo sui risultati che ottengono. La produttività può ben essere misurata anche in questo campo e chi lo nega cerca soltanto di non essere misurato. Si cancelli l’obbligatorietà dell’azione penale e si introduca la responsabilità: sei libero di indagare e accusare, ma se cumuli casi di cittadini che hai accusato e che sono stati assolti togli il disturbo. Può darsi che tu sia sfortunato, più facilmente sei incapace e potresti essere prevenuto o politicizzato, in ogni caso vai allontanato.
2. Dalle stanze del governo sono uscite parole intrise di preoccupante nervosismo circa i casi Delmastro e Santanchè. Che sono pure due cose di non gran rilievo. Se la prendono con questo piglio, se immaginano di potere condurre una battaglia non per la riforma della giustizia (più che giusta) ma per difendersi dalle iniziative giudiziarie, hanno già perso in partenza. Come altri prima di loro. Usino la civiltà, con un pizzico di sana malizia.
In questi giorni un politico del Partito democratico, Mario Oliverio, ha ricevuto un avviso di garanzia. È stato sparato sui mezzi d’informazione con il solito clamore conformista, con il solito servile ossequio copista nei confronti dell’accusa. Non si ricorderà mai abbastanza che non ci sarebbe una politica così ridotta se non avessimo un giornalismo corrivo al peggio. Soltanto che quella stessa persona è già stata accusata di altri reati infamanti, s’è messa in scena la stessa danza tribale, salvo poi – in silenzio e dopo tempo – essere assolta. Dunque, fra i tanti che ne avete, trovate un parlamentare della destra che dica: non conosco la posizione personale di Oliverio, non tocca a me giudicare, ma per me resta, ai sensi della Costituzione, un innocente fino a prova del contrario. Punto. Non aggiunga altro, che gli viene male. Punto.
Soltanto questo autorizzerebbe a chiedere reciprocità, nel rispetto del diritto e dei diritti individuali. Mentre da decenni, con oramai bolsa barbarie, praticano la reciprocità nell’inciviltà. Avviso ai deliranti: è diventato noioso, si sa già che è inutile, ciascuno resterà prigioniero delle infamità che dice e l’inquisitore oggi accusato d’essere rosso domani lo sarà d’essere nero, in un massacro della giustizia di cui fa le spese non il politico inquisito (e dai suoi protetto), ma il cittadino di cui a nessuno importa un fico secco.
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Il Programma alimentare mondiale (WFP) userà i robot per distribuire aiuti in aree di conflitto
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della redazione
Pagine Esteri, 10 luglio 2023 – Con una mossa innovativa volta a proteggere gli operatori umanitari e a migliorare la distribuzione di aiuti alimentari, il Programma Alimentare Mondiale (WFP/PAM) pianifica di introdurre veicoli robotici alimentati da intelligenza artificiale per la consegna di pacchi alimentari nelle zone di conflitto e di disastri naturali. Questi veicoli autonomi debutteranno l’anno prossimo, segnando un avanzamento nelle operazioni umanitarie.
Secondo un funzionario del PAM, l’aumento della violenza contro gli operatori umanitari negli ultimi anni ha reso necessarie soluzioni alternative. L’uso di robot potrebbe potenzialmente mitigare i rischi associati alla consegna di aiuti in zone pericolose. Bernhard Kowatsch, responsabile del dipartimento di innovazione del PAM, sostiene che i veicoli potrebbero rivoluzionare la situazione, consentendo la consegna di cibo, medicine e acqua in situazioni ritenute troppo a rischio per gli operatori umanitari.
Il concetto di veicoli robotici è stato inizialmente sviluppato durante il conflitto ad Aleppo, in Siria, tra il 2012 e il 2016. I metodi tradizionali per la distribuzione di aiuti con gli aerei erano difficili ed costosi nelle aree di combattimento, hanno reso necessario un approccio più efficiente. Il PAM, in collaborazione con il Centro Aerospaziale Tedesco (DLR), ha lavorato al progetto AHEAD (Autonomous Humanitarian Emergency Aid Devices) per perfezionare questi veicoli.
I robot dotati di capacità anfibie e di trasportare fino a 2 tonnellate di cibo, utilizzano una combinazione di dati satellitari e sensori. Questa tecnologia consente ai conducenti remoti di guidare i veicoli in modo efficace. Tuttavia, il PAM programma di effettuare test di veicoli senza conducente all’inizio dell’anno prossimo, un passo cruciale per raggiungere la piena autonomia nella consegna di aiuti alimentari.
La messa in campo di robot con intelligenza artificiale per la consegna di aiuti offre un enorme potenziale, specialmente in aree di conflitto come il Sud Sudan, dove l’insicurezza alimentare grave colpisce milioni di persone. Pagine Esteri
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Israele, Jenin e la prossima guerra
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di Miriam Zenobio*
(le foto di Jenin dopo l’ultima operazione militare israeliana sono di Michele Giorgio)
Pagine Esteri, 10 luglio 2023 – La domanda che riecheggia in molti titoli di giornale è se Israele abbia raggiunto i suoi obiettivi a Jenin, segnando quella che viene già definita come la più significativa operazione militare israeliana nel campo profughi della Cisgiordania settentrionale dopo la famigerata operazione Scudo difensivo del 2002. Tuttavia, in mezzo a queste discussioni, ciò che rimane inesplorato è la vera natura di questi obiettivi. Mentre alcuni non prendono nemmeno in considerazione la legalità o legittimità di questa operazione proclamata come azione di antiterrorismo, gli osservatori più accorti sottolineano giustamente che tali sforzi alimentano la resistenza armata palestinese invece di sradicarla. A più di settant’anni dalla Nakba e in più di mezzo secolo di occupazione, sembra che i presunti obiettivi “antiterroristici” di Israele continuino a non essere raggiunti. In sostanza, nonostante le fluttuazioni, la resistenza armata palestinese continua a riemergere. Persino gli Stati Uniti, dopo aver tratto insegnamenti dalla guerra urbana contro-insurrezionale di Israele, alla fine hanno riconosciuto la loro inadeguatezza nel sedare la resistenza in Iraq e in Afghanistan. Di conseguenza, il generale Petraeus si è rivolto alla Pacificazione dell’Algeria del generale francese David Galula come quadro di riferimento per integrare le strategie di contro-insurrezione con mezzi di persuasione politica.
In altre parole, la violenza genera violenza, ma Israele non sembra essere preoccupato da questa prospettiva. E questo pone una domanda: chi trae veramente vantaggio dalla continua campagna di Israele tra le guerre? Jenin potrebbe essere la chiave della risposta.
La routinizzazione della guerra e l’integrazione del conflitto armato nella vita quotidiana hanno portato il famoso sociologo israeliano Baruch Kimmerling a descrivere Israele come l’incarnazione del “militarismo totale”. Egli sosteneva che il militarismo civile fosse centrale nella percezione di sé della società e nello sviluppo delle sue dottrine sociali, militari, interne e di politica estera. Kimmerling ha sostenuto che la militarizzazione della società israeliana era così pervasiva che anche istituzioni apparentemente non correlate, come il sistema scolastico e giudiziario, ne mostravano l’influenza diffusa. Analogamente alla sua notevole analisi dello statalismo israeliano come religione di Stato, Kimmerling ha osservato come il militarismo in Israele funzioni come religione civile della sicurezza. Quindi, come qualsiasi altra religione, il militarismo sarebbe adottato da ogni cittadino israeliano in tenera età senza alcuna discussione. A livello istituzionale, ciò si traduce in una sacra enfasi sulle considerazioni militari e strategiche come fattori primari che influenzano il processo decisionale civile, sociale e politico. In sostanza, tutti gli aspetti della società israeliana sono orientati alla preparazione e all’impegno costante nella guerra.
Così come alimenta l’autoidentificazione collettiva e guida tutti gli aspetti della vita in modo evidente, il militarismo israeliano ha una portata anche sulla sfera economica?
Il miracolo economico di Israele, nonostante le sue continue guerre, è stato ampiamente discusso. Tuttavia, è plausibile che queste guerre non abbiano ostacolato il suo successo, ma piuttosto vi abbiano contribuito. I critici sostengono da tempo che l’occupazione di Israele ha avuto un impatto negativo sull’economia del Paese, con costi significativi. Essi affermano che l’enfasi del Paese sul militarismo ha portato a continui investimenti nell’espansione delle infrastrutture degli insediamenti, spesso a spese degli svantaggiati all’interno di Israele. Tuttavia, un esame più attento rivela che l’approccio militarista di Israele è stato la forza trainante della crescita, della prosperità e persino dell’ingegno del suo settore economico più importante, facendogli guadagnare la stimata reputazione di “start-up nation”. Mi riferisco in particolare al settore tecnologico e all’industria militare, che, come ha commentato Yotam Feldman, “non appartiene a pochi venditori, ma è di proprietà dell’intero Paese”.
Nel suo stimolante documentario “The Lab” (2013), Feldman mostra efficacemente le connessioni tra l’operazione Scudo difensivo (2002) a Jenin e lo sviluppo di importanti prodotti di punta della fiorente industria israeliana del commercio di armi, come il CornerShot brevettato dal tenente colonnello Amos Golan. In effetti, le esportazioni di armi di Israele hanno subito un’impennata senza precedenti nel 2002, sfruttando il clima post 11 settembre. Il valore di queste esportazioni è salito alle stelle, più che raddoppiando rispetto all’anno precedente e culminando in uno sbalorditivo record di oltre 4 miliardi di dollari. Sorprendentemente, due decenni dopo, questa cifra è salita a ben 12 miliardi di dollari. In particolare, i Paesi firmatari degli Accordi di Abramo contribuiscono per il 24% a questa somma, mentre i Paesi europei rappresentano il 29% della composizione delle esportazioni, al secondo posto dopo i Paesi asiatici.
Perché c’è una domanda così alta di armi israeliane? La risposta potrebbe inizialmente apparire ovvia: Israele si è affermato come produttore leader e innovativo di armi, guadagnandosi il plauso per le sue avanzate capacità tecnologiche che consentono di massimizzare gli obiettivi militari con un bassissimo costo di vita (militare, non civile) in quella che viene ormai condotta come una guerra sempre più remota. In una candida conversazione con Feldman, Binyamin Ben-Eliezer, ex generale, ministro dell’Industria, delle Infrastrutture e della Difesa a più riprese, ha risposto con sicurezza che la gente gravita naturalmente verso prodotti che sono stati rigorosamente testati. Molte compagnie dell’industria militare israeliana affermano con orgoglio che le loro creazioni sono state sottoposte a test approfonditi per diversi decenni, vantando fiducia nella loro qualità e affidabilità.
Pertanto, l’industria militare israeliana considera l’occupazione della Palestina come un fertile terreno di prova. Naomi Klein ha osservato come, grazie all’occupazione, Israele sia diventato “uno showroom aperto ventiquattro ore su ventiquattro, un esempio vivente di come si possa godere di una relativa sicurezza in mezzo a una guerra costante”. Con orgoglio, gli sviluppatori di armi israeliani, molti dei quali sono veterani dell’esercito, affermano che la Cisgiordania e la Striscia di Gaza agiscono come laboratori reali, consentendo loro di sperimentare nuove tecnologie e armi direttamente sul campo.
D’altronde, perché limitarsi a impiegare un ambiente di simulazione, con ritagli di cartone in finti villaggi palestinesi, quando si possono apprendere le più avanzate tecniche di guerra urbana, come il “mouse-holing”, le manovre dei bulldozer blindati e i nidi di trappole esplosive, proprio nel mezzo di un vero
villaggio con veri palestinesi? E’ questo il caso delle esercitazioni militari svolte a Masafer Yatta, aka Zona di tiro 918, nelle colline a sud di Hebron, dove un migliaio di persone oltre a vivere sotto continua minaccia di espulsione, vedono i loro villaggi trasformarsi in qualcosa di simile al set cinematografico di Fauda – se non fosse che le ferite sono vere.
In questo complesso scenario, l’importanza di Jenin non può essere sottovalutata. È stato, infatti, proprio, nell’aprile 2002 che l’IDF ha effettuato una svolta strategica, scatenando una forza devastante che l’ha distinta dai precedenti sforzi militari israeliani in Cisgiordania. Stephen Graham racconta questo momento cruciale, sottolineando l’impareggiabile potenza dimostrata dall’IDF a Jenin, e in misura minore in altre città della Cisgiordania, con un numero impressionante di morti e sfollati, a fronte di pochissime perdite israeliane. Inoltre, Michael Evans sostiene che l’operazione Scudo difensivo a Jenin non solo ha segnato un punto di svolta nella strategia di guerra urbana di Israele, ma è anche servita come esempio paradigmatico di una nuova forma di guerra asimmetrica. L’operazione Defensive Shield ha mostrato l’evoluzione delle strategie successivamente impiegate da altri eserciti statali tecnologicamente avanzati quando si sono confrontati con gruppi di insorti, a scapito delle ingenti perdite civili che si sono verificate nei teatri urbani densamente popolati dove hanno avuto luogo.
Inutile dire che gli Stati Uniti sono stati i primi a adottare le tattiche pionieristiche di contro-insurrezione urbana potenziate dai sofisticati armamenti israeliani e dalle loro tecnologie avanguardistiche – come dimostrano i casi documentati di soldati americani, vestiti con l’equipaggiamento dell’IDF, che hanno diligentemente osservato e assimilato le lezioni dello sfollamento e demolizione del campo profughi di Jenin nel 2002. Tuttavia, le forze armate americane non sono state le sole a riconoscere il valore dell’incorporazione di metodi israeliani e di armi avanzate nelle loro strategie antiterroristiche, che hanno poi impiegato in Iraq e Afghanistan. Attirando l’attenzione a livello globale, gli ufficiali militari di varie nazioni convergono ogni anno in Israele per partecipare alle simulazioni militari organizzate dai principali produttori di armi del Paese. Tra i principali beneficiari, il Brasile ha dimostrato una notevole scrupolosità, tanto che uno dei quartieri più afflitti dalla Guerra alla droga a Salvador, noto come Baixa dos Sapateiros, si è guadagnato il soprannome di Striscia di Gaza bahiana.
Il rapporto dell’Europa con il settore degli armamenti di Israele, come ha osservato Antony Loewenstein nel suo ultimo libro “The Palestine Laboratory”, non è da meno e Horizon ha giocato un ruolo cruciale nello scambio. Il generale israeliano Yoav Gallant ha criticato l’ipocrisia dell’Europa. Da un lato, l’Europa critica le azioni politiche di Israele, ma dall’altro, ammira con convinzione la capacità di Israele di infliggere danni significativi con perdite minime. È interessante notare che, secondo alcuni rapporti, la presidenza francese avrebbe chiesto consiglio alle autorità israeliane durante gli ultimi violenti disordini popolari in Francia.
Tutto ciò suggerisce che Israele non dipende solo ontologicamente dall’occupazione dei palestinesi, ma anche economicamente. L’occupazione della Palestina funge da incubatrice di idee per la risoluzione dei problemi che vengono tradotte in modo fruttuoso nell’industria delle armi ed esportate in tutto il mondo accrescendo il suo status a livello internazionale. Come nel 2002, anche oggi, ciò che resta da vedere da quest’ultima operazione a Jenin non è se abbia raggiunto gli obiettivi antiterrorismo di Israele, ma piuttosto cosa prospetta per la guerra futura. Pagine Esteri
*Ricercatrice in Middle Eastern Studies e International Security Studies. Ha vissuto e studiato in Israele-Palestina e ha esperienze lavorative presso le Nazioni Unite e l’Istituto Affari Internazionali.
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Yan Pei-Ming a Firenze: pittore di storie
Yan Pei-Ming arriva a Firenze con le sue tele monumentali: dal 7 luglio al 3 settembre Palazzo Strozzi presenta Yan Pei-Ming – Pittore di storie, la più grande mostra in Italia dedicata all’artista franco-cinese. A cura di Arturo Galasino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi, l’esposizione propone un percorso di oltre trenta opere che portano lo spettatore dentro la potente ...
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In Cina e Asia – Terminata la visita di Yellen in Cina. Dialogo "diretto e produttivo”
Terminata la visita di Yellen in Cina. Dialogo "diretto e produttivo"
Multa per Ant e Tencent. La campagna di rettifica è davvero conclusa?
Cina: prezzi alla produzione ai minimi dal 2015
AIIB: revisione interna ritiene le accuse di influenza del Pcc "prive di ogni fondamento"
Cina, venticinquenne arrestato per furto di dati di migliaia di universitari
Uzbekistan: Mirziyoyev verso il terzo mandato consecutivo da presidente
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PRIVACYDAILY
“Il trojan 2.0 che attiva la fotocamera da remoto. La legge francese figlia di un processo lungo un secolo”
Ne scrivo oggi su HuffingtonPost Italia nella rubrica Governare il Futuro Qui il testo completo huffingtonpost.it/rubriche/gov…
Personaggi di estrema destra, tra cui sostenitori del nazismo, estremisti anti-gay e suprematisti bianchi, si affollano su Threads
Grazie a @:fedora: filippodb :cc: :gnu: per avere segnalato questo interessante articolo di Camden Carter e Jack Winstanley pubblicato su Media Matters.
Mi ricorda molto quando, durante la #twittermigration di ottobre 2022 e di marzo 2023, mastodon è stato invaso da una certa quantità di razzisti e suprematisti, negazionisti di ogni genere che hanno subito voluto mettere alla prova la moderazione delle diverse istanze.
C'è da dire che quelle persone non sono durate molto qui nel fediverso, ma il punto è che quelle persone qui da noi non davano alcun valore che non fosse la loro partecipazione: se la loro partecipazione era problematica li si invitava ad andare altrove!
Meta invece sarà interessata a liberarsene? Del resto, per Meta, quegli utenti costituiscono uno scrigno di dati personali e comportamentali...
Vedremo cosa succederà!
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Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ likes this.
Ma in definitiva io sono per semplificare e secondo me i progetti minori dovrebbero approffittare dell'enorme popolarità di mastodon.
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“Premio Lagrange-Fondazione CR”
Lunedì 10 luglio avrò il piacere di partecipare al Premio Lagrange-Fondazione CRT a partire dalle ore 18, presso il Binario 3 delle OGR Torino. Qui le informazioni complete all’evento fondazionecrt.it/premio-lagran…
Bombe a grappolo all’Ucraina? Jean spiega la controversa decisione Usa
Gli Usa forniranno all’Ucraina proiettili a grappolo per obici da 155 mm e forse per lanciarazzi multipli HIMARS. Le bombe a grappolo (cluster bomb), sviluppate dalla Germania durante la Seconda Guerra Mondiale, sono armi areali, lanciabili da vettori terrestri o aerei. Gli Usa forniranno all’Ucraina quelle per artiglieri da 155 mm, considerate fondamentali per neutralizzare le fanterie russe trincerate nel Sud-Est dell’Ucraina, al fine di guadagnare il tempo necessario allo sminamento indispensabile per la creazione di brecce nel dispositivo russo, potentemente fortificato, senza far subire perdite eccessive alle truppe d’assalto ucraine. L’artiglieria costituisce il mezzo indispensabile per la controffensiva di Kiev, che si trova a corto di munizioni, dati i ritardi che subisce la mobilitazione industriale occidentale e l’esaurimento delle scorte Nato.
Le bombe a grappolo modello M 864 – che costituiscono almeno in un primo tempo la massa di quelle che saranno fornite dagli Usa – contengono, a seconda dell’anno di fabbricazione, da 72 a 86 sub-munizioni o bombette, che si disperdono in un’area delle dimensioni di un campo di calcio. Entrano nelle trincee, rendendole impercorribili. Un numero ridotto dei tipi più recenti è programmato per autodistruggersi entro 48 ore dall’arrivo sul terreno, in modo da non costituire per anni, come le mine antiuomo, un pericolo per la popolazione e obbligare a difficili e costose operazioni di bonifica. Particolarmente vulnerabili sono i bambini attirati dal fatto che le bombette sono simili a palline. Si è rinunciato a colorarle per facilitare la bonifica, dato che la cosa ne faciliterebbe la neutralizzazione da parte del nemico.
La percentuale dei mancati funzionamenti (dud rate) delle M 864 è discussa: varia dall’1,2 al 5% (mediamente 2,35% secondo il Pentagono). Raggiunge il 20% secondo le organizzazioni umanitarie, portate a sottolinearne la pericolosità nel post-conflitto.
Sono condannate dalla “Convenzione di Dublino” del 2008 le cluster bomb, 111 Stati l’hanno firmata, rinunciando al loro uso, stoccaggio, trasferimento e costruzione. Gli Usa, come la Russia, la Cina l’India, ecc. non vi hanno aderito. Allora il Pentagono affermò che non poteva rinunciarvi, data la loro efficacia e il fatto che Stati potenzialmente ostili agli Usa le mantenevano nei loro arsenali. Le organizzazioni umanitarie assimilano le bombe a grappolo alle mine antiuomo e le condanno con l’eccezione di quelle utilizzate per lanciare fili metallici per creare cortocircuiti alle reti elettriche, impiegate dalla Nato nel 1999 nella guerra del Kosovo. Gli Stati europei – incluso l’UK – hanno firmato la Convenzione e si sono dichiarati contrari alla decisione Usa di consegnare all’Ucraina di “bombe a grappolo”.
Di fatto, sia Kiev che Mosca hanno impiegato consistenti quantità di bombe a grappolo attingendo ai depositi ex-sovietici. La decisione di Biden è stata contestata anche da parte di taluni parlamentari democratici, preoccupati non solo della reazione avversa degli alleati (anche dell’Italia, con qualche “distinguo” da parte di Londra), ma anche dalla preoccupazione di perdere la “verginità morale” nel sostegno all’Ucraina. Interessante è perciò esaminare i motivi che hanno indotto Biden a prendere tale decisione, da tempo sollecitata da Zelensky.
Dell’efficacia militare contro le linee fortificate russe, si è già parlato, unitamente alla preoccupazione di Kiev di ridurre le perdite dei propri soldati e di accelerare la controffensiva, in modo anche da consolidare il sostegno occidentale all’Ucraina. Sono fatti più importanti delle critiche rivolte all’uso di armi tanto odiose per le opinioni pubbliche. Il loro trasferimento a Kiev mobiliterà non solo “gli utili idioti di Putin” ma anche le organizzazioni umanitarie. A poco vale la promessa di Zelensky di utilizzarle solo sul territorio ucraino, in aree non abitate. In caso di successo, le forze ucraine nella loro avanzata dovranno attraversare le aree contaminate da bombette inesplose, subendo perdite, come quelle Usa che in Iraq nel 2003 persero 21 soldati.
Oltre che per la loro efficacia contro i trinceramenti, il motivo essenziale che ha indotto Biden a decidere di fornire bombe a grappolo all’Ucraina consiste nella carenza delle scorte di munizionamento convenzionale, a cui fanno riscontro i grandi “stocks” di quelli di bombe a grappolo (si parla di 4,7 milioni di proietti, di cui mezzo milione di M 864) e nel fatto che la controffensiva ucraina, sta proseguendo con consistenti perdite e a velocità inferiore a quanto desiderabile per neutralizzare il punto più debole della resistenza ucraina: la saldezza della coalizione che appoggia Kiev. È probabile che l’argomento entrerà nel dibattito politico italiano, con le solite accuse di un’Europa asservita agli Usa.
In ogni caso, la sofferta decisione di Biden non verrà mutata. Verrà sicuramente discussa al Summit Atlantico. Ma si troverà qualche giustificazione per confermarla. L’unica possibilità di una sua modifica sta nel rafforzarsi dell’opposizione della sinistra dei democratici americani. Il costo di una rinuncia sarebbe comunque molto pesante per gli ucraini. Pagherebbero con un aumento di caduti per la mancanza di adeguati rifornimenti di munizioni e i “pudori” delle opinioni pubbliche occidentali.
Etiopia, manifestazione delle donne in Tigray per chiedere giustizia e rispetto dell’accordo di tregua per le vittime
Le donne a Maychew, Tigray meridionale, hanno tenuto una dimostrazione venerdì 7 luglio 2023
Le manifestanti hanno chiesto che le donne ei bambini del Tigray non vengano puniti per quello che hanno definito “l’errore degli altri”, come recitava lo striscione durante la manifestazione.
Le donne hanno anche fatto appello alla giustizia e alla responsabilità tempestive e la piena attuazione dell’accordo di Pretoria.
Rehmet Ayana e Mehret Redie, tra coloro che si sono riuniti per esprimere la loro frustrazione, hanno affermato che le donne sfollate sono in miseria mentre implorano l’amministrazione regionale ad interim del Tigrai e il governo federale a compiere uno sforzo concertato per affrontare i loro problemi secondo il patto di pace.
Anche la rappresentante dell’Associazione delle donne del Tigray meridionale, Tsega Gebremariam, ha affermato che la situazione delle donne sfollate sta peggiorando anche dopo l’accordo sulla cessazione delle ostilità (CoHA).
Ha aggiunto, durante la guerra genocida, 7000 famiglie sono state sfollate, di cui il 50% erano donne.
Domenica 9 luglio 2023 le donne del Tigrai si sono radunate nuovamente in diverse parti della regione, compresa la capitale Mekelle.
Manifestazioni per 3 richieste fondamentali:
- il ritorno degli sfollati nelle loro case,
- la ripresa degli aiuti alla popolazione del Tigray, stato regionale etiope
- la giustizia per le vittime di violenze sessuali, come arma di guerra.
Centinaia di migliaiai di donne di ogni età e ceto sociale stuprate durante la guerra genocida iniziata il novembre 2020 e durata 2 anni. Oggi crisi umanitaria per milioni di persone.
Secondo il reporter Solomon Berhe di Tigrai TV la manifestazione ad Adigudem, nel sud-est del Tigray, chiede l’urgente ripresa degli aiuti umanitari sospesi, nonché giustizia e responsabilità in tempi utili.
Le donne manifestanti ad Adigudem dichiarano di sostenere pienamente l’accordo di cessazione ostilità, firmato a Pretoria il 2 novembre 2020, affermando la loro disponibilità per la sua piena attuazione, condannando quelli che hanno definito spoiler del patto.
Su uno degli striscioni della manifestazione ad Adigudem si legge:
“Ci opponiamo fermamente a chi ostacola l’attuazione dell’accordo di Pretoria”
Dimostrazioni anche a Shire, Tigrai nord occidentale e Mokoni, Tigrai meridionale.
Abeba Haileslassie, capo della Tigrai Women Association, come indica Tigrai TV, denuncia che le donne stanno fuggendo da Zalambessa, Irob woreda [distretto], Tigray orientale, e dalle parti meridionali della regione per paura di violenze sessuali da parte delle forze eritree e amhara. Due gruppi che sull’accordo di Pretoria sono definite implicitamente “forze straniere” che devono obbligatoriamente ritirarsi, ma sono ancora presenti ed occupanti varie aree dello staot regionale del Tigray. Sono passati 8 mesi dal rilascio dell’accordo e gli obblighi di quel patto di tregua quindi sono ancora disattesi.
Le donne in Tigray hanno anche espresso la loro frustrazione per la mancanza di farmaci che sta causando la morte di innumerevoli madri.
youtube.com/embed/YCH_b2RaMFY?…
Axum, nel Tigrai centrale, e Adigrat nel Tigrai orientale, lunedì saranno testimoni di un’altra coraggiosa manifestazione per rivendicare i loro diritti come individui, come popolo oppresso da una guerra dai risvolti genocidi, per cui oggi quelle stesse donne, vittime, come tutti i civili coinvolti, ne stanno pagando le catastrofiche conseguenze.
FONTE:
Gli Usa e il fianco Sud. Il vertice Nato visto dall’amb. Julianne Smith
A Vilnius la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina sarà al centro delle riflessioni dei Paesi alleati, ma si affronteranno anche le sfide del futuro con una visione a 360 gradi. Saranno annunciate diverse iniziative legate alla missione principale della Nato – la deterrenza e la difesa – e vedremo anche proposte legate alle nuove questioni della competizione globale, dalla sicurezza informatica e dal clima ai problemi economici e sanitari globali. Questa è la forza della Nato: continuare a evolversi, creare nuovi partenariati e rafforzare quelli esistenti, rimanendo impegnati fornire ai nostri amici ucraini tutto il sostegno di cui hanno bisogno.
I partenariati saranno preziosi, soprattutto perché la Nato è intenzionata ad allargare il suo sguardo a livello globale. Per la prima volta l’Alleanza transatlantica ha incluso la Cina come competitor nel suo Concetto strategico, lanciato al vertice di Madrid dello scorso anno. Per la prima volta gli alleati hanno convenuto che Pechino rappresenta una sfida sistemica. Riteniamo, infatti, che i cinesi stiano cercando di erodere l’attuale sistema internazionale basato sulle regole, creato più di settant’anni fa. Di conseguenza, l’Alleanza sta cercando di rafforzare le sue relazioni con alcuni Paesi dell’Indo-Pacifico. Al vertice di Vilnius parteciperanno i leader di quattro di questi partner: Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud e Giappone. Insieme, potremo affrontare le sfide comuni. Inoltre, l’Alleanza sta cercando di creare una serie di strumenti per proteggere la Nato da alcune delle sfide che la Cina potrebbe porre nell’area euroatlantica. Su questo punto, alcuni ritengono che la Nato stia cercando di espandersi nella regione indo-pacifica. Non è così. La Nato è un’alleanza difensiva nella regione europea e nordatlantica, ma la sua missione è proteggere i Paesi membri dalle sfide che si profilano all’orizzonte anche da altri quadranti.
Quindi il nostro obiettivo non è l’eventuale adesione di questi Paesi partner alla Nato, ma piuttosto lavorare insieme su grandi questioni globali come la sicurezza informatica, la disinformazione e altre sfide comuni. Oltre all’Indo-Pacifico, inoltre, l’Alleanza ha obiettivi chiari anche per il fianco meridionale. La Nato ha attualmente più di quaranta Paesi partner in tutto il mondo, molti dei quali si trovano proprio nella regione meridionale della Nato, nel Mediterraneo, in Africa e in Medio Oriente. Gli alleati hanno numerosi programmi in queste regioni e molti di questi Stati hanno espresso interesse a rafforzare i loro partenariati con l’Alleanza in varie forme. Alcuni desiderano avere maggiori input dalla Nato nella riforma dei loro sistemi di sicurezza interna; altri vorrebbero la partecipazione degli Alleati per migliorare la loro sicurezza informatica; altri ancora chiedono aiuto per contrastare le campagne di disinformazione che Cina e Russia stanno portando avanti nelle loro regioni. Su tutti questi partenariati incombe tuttavia una minaccia comune: l’instabilità.
Diversi partner vorrebbero rafforzare il loro rapporto con la Nato proprio per garantire una maggiore stabilità ai loro vicini e alle loro regioni. Questo ruolo è fondamentale per l’Alleanza e al vertice si cercheranno nuove iniziative da mettere in atto ora e nei prossimi anni. Su questi temi gli Stati Uniti e l’Italia possono dare un grande contributo lavorando insieme. I nostri due Paesi condividono relazioni bilaterali molto forti, abbiamo una lunga storia di lavoro e collaborazione in sfide sia nella zona euroatlantica sia in altre regioni del mondo. L’Italia ospita 30mila soldati statunitensi con le loro famiglie e svolge un ruolo cruciale di leadership all’interno dell’Alleanza, continuando a sostenere l’Ucraina con assistenza economica, umanitaria e di sicurezza, oltre a essere leader in diverse operazioni e missioni della Nato. Per quanto riguarda il futuro, ci sarà sicuramente una maggiore cooperazione, anche nel G7, nelle relazioni tra Stati Uniti e Unione europea e nelle Nazioni Unite. Insieme, Washington e Roma continueranno a lavorare sulle sfide globali come il cambiamento climatico, la migrazione o le questioni sanitarie ed economiche.
Articolo apparso sul numero 144 della rivista Airpress
Dialogo e partenariati, la ricetta dell’amb. Peronaci per il summit di Vilnius
Ci troviamo in un momento di preparazione del prossimo vertice Nato a Vilnius, un appuntamento importante, che servirà a riaffermare l’unità tra alleati e la determinazione a contrastare la guerra di aggressione all’Ucraina. In Lituania, l’Alleanza prenderà delle decisioni strategiche che porteranno non solo al rafforzamento degli assetti, ma a una riorganizzazione complessiva con uno sguardo di medio-lungo periodo. Come ribadito anche nel corso del recente tour europeo del presidente ucraino Zelensky, il messaggio che la Nato vuole mandare è chiaro: “Siamo più forti di quando la guerra è iniziata”.
Il secondo messaggio che i Paesi alleati intendono veicolare è quello di una Nato aperta e interessata a dialogare a 360 gradi attraverso l’attivazione di diversi partenariati politici, secondo una direttiva illustrata anche dal Concetto strategico di Madrid.
Non è un caso che al summit lituano saranno presenti anche i partner dell’Asia-Pacifico, i cosiddetti Paesi AP4 (Australia, Giappone, Repubblica di Corea e Nuova Zelanda), in una visione della sicurezza globale concretamente integrata. Non mancheranno, del resto, decisioni rispetto al rafforzamento delle partnership con i Paesi del fianco sud, dall’Africa del nord al Golfo. Un’azione che la Nato sta portando avanti da diversi anni attraverso programmi come i Dialoghi mediterranei e l’Iniziativa di cooperazione di Istanbul. Progetti importanti, che prevedono anche lo sviluppo di missioni operative. Ne è un esempio la missione Nato in Iraq, che si sta evolvendo da una presenza puramente difensiva a un’attività di partenariato per la riforma della sicurezza interna con una piena ownership degli iracheni.
La Nato, dunque, può offrire un contributo concreto a quella che nel Concetto strategico è stata definita la sicurezza cooperativa. Un contributo reso più importante, in questo momento, dalla necessità di rispondere a una guerra ma che ci deve veder lavorare anche, e forse soprattutto, prima e dopo i conflitti, attraverso quelle attività di prevenzione e stabilizzazione che rappresentano uno dei core task identificati dal documento redatto a Madrid nel 2022.
Il Concetto strategico, infatti, individua due minacce principali; la Russia e il terrorismo. La prima è concentrata sul fianco est, la seconda a sud. Ma il punto centrale è la consapevolezza di come tutte queste minacce siano integrate tra loro. Atlantico e Mediterraneo, del resto, sono collegati attraverso il Golfo all’oceano Indiano e al Pacifico. Uno degli obiettivi di Vilnius, allora, sarà approfondire tutti i partenariati politici. Dobbiamo essere consapevoli, infatti, che senza una presenza forte di Paesi che si basano sui valori democratici e sullo stato di diritto, in molte regioni del mondo altri attori, come Russia e Cina, stanno occupando spazi che un domani sarà molto difficile recuperare.
Di fronte a questo scenario, fondamentale sarà ribadire l’unità di intenti tra gli alleati, e in particolare la relazione che lega l’Italia e gli Stati Uniti. Gli Usa, infatti, sanno di trovare nel nostro Paese oltre che un alleato, un amico. Gli italiani hanno una tradizionale presenza degli Stati Uniti e una profonda gratitudine per il loro ruolo dopo la Seconda guerra mondiale nel percorso che ha portato alla Nato e a questo sistema internazionale che riteniamo sia da difendere. Una comprensione che va al di là dei semplici rapporti tra governi e che lega le due comunità di cittadini. L’Italia, inoltre, può dare agli Stati Uniti una presenza nelle organizzazioni internazionali, a partire dall’Unione europea, aperta alla continua cooperazione transatlantica.
Con l’ingresso della Finlandia, e presto della Svezia, ci sarà anche molta più Europa nella Nato, e sarà di conseguenza ancora più importante costruire un rapporto forte tra le due sponde dell’Atlantico. Il supporto degli alleati americani potrà anche aiutare i Paesi membri dell’Ue a costruire il progetto della Difesa comune. Nel Vecchio continente, infatti, spendiamo molto per la nostra sicurezza, ma se continueremo a spendere divisi, lo faremo male. La collaborazione transatlantica potrebbe invece aiutare a investire meglio le risorse europee. Una necessità che caratterizza anche l’Italia, che a Vilnius riconfermerà in pieno l’impegno al necessario incremento delle spese per la Difesa fino a raggiungere l’obiettivo del 2% del Pil.
Abbiamo un percorso di avvicinamento a questo traguardo, rafforzato dalla consapevolezza che, come indicano i dati economici, l’Italia è il Paese che in Europa crescerà di più, a 1,2%. Ma oltre a quanto spendere, è importante come spendere. L’Italia fornisce all’alleanza anche capacità e contributi effettivi. Il nostro Paese partecipa ai battlegroup che vanno dalla Lettonia fino alla Bulgaria e fornisce assetti aerei pregiati per le attività di air policing dell’Alleanza lungo tutto il fianco settentrionale e orientale. A Vilnius, dunque, verranno gettate le basi per il futuro dell’Alleanza, un futuro che dipende dalla capacità della Nato di adattarsi alle nuove realtà. Il prossimo anno, a Washington, festeggeremo i 75 anni della fondazione del Patto atlantico, e come italiani, e soprattutto come alleati, avremo davvero qualcosa di cui essere orgogliosi.
Articolo apparso sul numero 144 della rivista Airpress
Feddit: come può un utente #Mastodon seguire una comunità #Lemmy? Quali sono le comunità italiane nate dopo l'esplosione della redditmigration? Quali sono quelle nate prima? Si può aprire un nuovo thread da Mastodon?
Tutte le risposte nel post linkato (qui leggibile su feddit)
Yellen in Cina: la tempesta del «disaccoppiamento»
La segretaria del Tesoro degli Stati uniti accusa Pechino di «pratiche economiche inique». E garantisce di non volere una separazione delle economie. La Cina non si fida
L'articolo Yellen in Cina: la tempesta del «disaccoppiamento» proviene da China Files.
Ministero dell'Istruzione
#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta la Scuola primaria “Padre Pio da Pietrelcina” di Valmontone, a pochi chilometri dalla Capitale.Telegram
Godflesh - Purge
@Musica Agorà iyezine.com/godflesh-purge
Conoscere ADHD
Conoscere ADHD è importante, in particolare per gli insegnanti, e la sanità pubblica deve essere dalla parte delle famiglie rilasciando le certificazioni in tempi brevi
Aiuta Alberto Vallortigara a far crescere questa petizione! 🚀
Certi bambini non dovrebbero neanche nascereChange.org
Pubblicata la ricerca INDIRE su libri di testo e contenuti didattici digitali.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola Pubblicata la ricerca INDIRE su libri di testo e contenuti didattici digitali.Telegram
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Mazzoni (Prc-S.E.): L’assesora Alfonsi non si presenta. L’amministrazione Capitolina teme le motivazioni limpide e le proposte sostenibili di chi è contrario al mega bruciatore
Ad aspettarla c'erano tutti. Gli organizzatori, che su sua precisa indicazione avevano stabilito data ed orario. Il segretario della CGIL Roma e Lazio, NataleRifondazione Comunista
Beat!
Ecco un altro libro di quelli che suonano - questo però oltre che suonare, urla pure, protesta e soprattutto cerca di difendersi.
Dentro ci sono "quei ragazzi e ragazze che nella metà degli anni Sessanta hanno desiderato la libertà totale al posto dell'ipocrisia e la dignità umana al posto dell'arrivismo". Quelli che hanno anticipato le grandi rivolte del Sessantotto, quelli che "hanno trovato l'anarchia sulla loro strada, spesso senza saperlo, spesso senza alcun filo diretto con quel movimento, pur parlando la stessa lingua senza che alcuno l'abbia insegnata".
Cosa ci guadagna Meta a "entrare nel Fediverso"? Nulla di economicamente rilevante, almeno nell'immediato. Il progetto è "soltanto" di natura strategica
Riportiamo per intero la nostra risposta a un thread comparso su feddit.it e in particolare all'osservazione di @Darjuz (È un’azienda è ovvio che cerca di inserirsi in un ambito che le sembra promettente per farsi i soldi…)
Non saprei. Il Fediverso non è facilmente monetizzabile e quella che sta facendo Meta non è un’operazione ad alto rendimento sebbene sia sicuramente un’operazione a bassissimo costo.Quello che Facebook non può sopportare è il fatto che gli utenti socializzino al di fuori del suo giardino recintato, in cui le persone sono costrette a consumare nel baretto aziendale! Per il momento sono pochi utenti, ma la minaccia può essere devastante sul lungo termine.
Ora, in qualsiasi azienda, se esiste un rischio esistenziale, si cerca di di battersi fino in fondo per eliminarlo o mitigarne gli effetti. Come ultima soluzione ci si può assicurare contro quel rischio.
Siamo arrivati al nocciolo della questione: questa iniziativa di Meta, non è altro che un piccolo costo assicurativo.
Come funziona questa assicurazione? Mi sembra abbastanza chiaro: Meta si trova a muovere truppe in un terreno sconosciuto per portare, come direbbe un’altra simpatica realtà che abbiamo imparato a conoscere meglio in quest’ultimo anno e mezzo, un’operazione speciale per degratuitizzare il Fediverso.
Questa operazione presenta una grandissima possibilità di successo, considerando l’immensa sproporzione a favore di Meta. Inoltre, sempre per riprendere la metafora Ucraina, Zuckerberg confida nell’avidità di alcuni importanti amministratori di istanza: «questi amministratori hanno concentrato sulle proprie istanze la maggior parte degli utenti del Fediverso, quindi parlano la mia stessa lingua e quindi saranno alleati della mia impresa contro il temibile spettro della gratuità. Basterà far avere loro quattro spicci e un piatto di lenticchie»
Funzionerà questa strategia? Ci sono molti elementi che suggeriscono di sì. Esattamente come la Russia aveva sufficienti elementi per immaginare una conquista dell’Ucraina in tempi piuttosto rapidi, perché « Noi siamo una superpotenza e tutti i russofoni d’Ucraina ci saluteranno come liberatori e imbraceranno le armi contro il loro governo antirusso»
Naturalmente, Questa è l’unica cosa che insegni la storia, anche i piani ben studiati non per questo si concretizzano…
Ecco perché è importante dare seguito alla proposta di defederazione delle istanze di Zuckerberg: Il motivo è che non bisogna mai dare nulla per scontato!
PS: riportiamo anche le osservazioni completamente diverse di @Uriel Fanelli (no, molto probabilmente non lo troverete perché avrà bloccato voi o la vostra istanza... 🙃) che prevede la volontaria non federazione da parte di Meta.
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Threads e il Fediverso. Alcune considerazioni sul nuovo social di Meta e la federazione con le altre istanze ActivityPub
C'e' una certa eccitazione nel Fediverso (o "Mastodon" per i cefalopodi) per via della notizia che "Threads" abbia un'interfaccia ActivityPub, ovvero sarebbe capace di federarsi con il Fediverso, cioe' con qualsiasi altra cosa parli ActivityPub. Ci sono gia' le petizioni dei sysadmin , che rifiutano a priori di federarsi. E che a mio avviso sono tempo perso.
#37 / Pesca a strascico
Causa miliardaria contro OpenAI (chatGP)
Dopo le peripezie italiche arrivano guai anche oltre oceano per OpenAI, l’azienda acquisita da Microsoft che sviluppa e gestisce chatGPT. Pare infatti che il 28 giugno un gruppo di persone abbiano intentato un’azione legale congiunta per chiedere a OpenAI un risarcimento danni di ben tre miliardi di dollari.
OpenAI è accusata di aver allenato il suo algoritmo usando dati acquisiti illegalmente dal web1 con la tecnica dello scraping. In italiano si potrebbe tradurre con raschiare o grattare, ed è quella tecnica automatizzata che permette di raccogliere a strascico dati disponibili pubblicamente su Internet — come ad esempio post e foto sui social network.
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I casi analoghi non mancano, come ad esempio quello di ClearViewAI che ha raccolto ben trenta miliardi di foto dal web per allenare i suoi algoritmi di riconoscimento facciale e poi vendere i servizi a polizia e intelligence statunitensi. In quel caso ci furono diverse sanzioni milionarie da parte delle autorità ma non mi risulta che l’azienda se ne sia curata più di tanto.
In almeno un caso la Federal Trade Commission ha intimato la distruzione di algoritmi allenati senza il consenso dei soggetti a cui facevano riferimento i dati. Se i giudici dovessero decidere che OpenAI ha allenato i suoi modelli in modo illecito, giungerebbero alla stessa decisione? Probabilmente no, dato che anche ClearViewAI è ancora in piedi.
Le reti a strascico di Google
Un recente aggiornamento alla privacy policy di Google lascia intendere che è ufficialmente iniziata una gara con OpenAI che sarà combattuta a suon di reti da pesca virtuali.
Nell’ultima versione dell’informativa si legge che l’azienda userà dati disponibili pubblicamente per allenare i suoi modelli di intelligenza artificiale come Google Translate, Bard (il competitor di ChatGPT) e altri servizi in Cloud2.
“Se tu o le tue informazioni sono presenti su un sito web, potremmo indicizzarle ed esporle sui servizi Google”.
Sembra davvero non esserci scampo. Siamo tutti condannati ad essere cavie da laboratorio e fattori di produzione per i nuovi scintillanti strumenti di intelligenza artificiale che amiamo. Ora scusate ma vado a rinnovare l’abbonamento a ChatGPT, che mi è più simpatico di Bard.
Alcuni documenti interni a Twitter mostrano che l’FBI ha collaborato con l’intelligence Ucraina (SBU - Security Service of Ukraine) per censurare alcuni account Twitter e ottenere informazioni personali sui proprietari.
Non dovrebbe essere una novità per chi ha seguito le vicende dei Twitter Files, di cui fanno parte anche questi documenti più recenti, ma dovrebbe certamente ricordarci il livello di sorveglianza e censura costante a cui siamo assoggettati noi altri del mondo libero.
“Thank you very much for your time to discuss the assistance to Ukraine, I am including a list of accounts I received over a couple of weeks from the Security Service of Ukraine. These accounts are suspected by the SBU in spreading fear and disinformation. For your review and consideration.”
La lista è di circa 163 account, tra cui alcuni di giornalisti americani e canadesi colpevoli di aver espresso la loro opinione sulla guerra in Ucraina in termini non favorevoli alla propaganda occidentale.
Il referente interno, Yoel Roth, il dirigente che gestiva direttamente i rapporti con l’FBI, è stato licenziato a novembre 2022 da Elon Musk poco prima della diffusione dei Twitter Files.
Per chi avesse perso le puntate precedenti, consiglio questo breve ripasso:
Strike: news e trend topic di privacy
Per chi bazzica LinkedIn, ogni lunedì sera c’è STRIKE, un nuovo format video in cui insieme a due colleghi parlo di news e trend topic di privacy.
Sono già usciti i primi due episodi, in cui abbiamo parlato della nuova stagione di Black Mirror (spoiler alert) e del nuovo sistema IT-Alert.
È probabile che nel prossimo futuro verrà proposto anche su altre piattaforme social, ma per ora è solo su LinkedIn. È una produzione di Privacy Week, la media company che si occupa di privacy, cybersecurity, nuove tecnologie e diritti umani.
Qui trovate i primi due episodi:
Meme del giorno
Citazione del giorno
“On matters of style, swim with the current, on matters of principle, stand like a rock.”
Thomas Jefferson
Articolo consigliato
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Dante Alighieri - Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
Immaginare di fare un viaggio in barca a vela con i due amici del cuore. Senza una meta precisa, in compagnia delle tre donne amate, passando il tempo a parlare(?!) di amore. Dante.
Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio;
sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ’l disio.
E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:
e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi
Completata la traduzione di Riprendersi la città. Guida per i cittadini, con 40 idee per riappropriarsi della città.
Cinque mesi fa era stata pubblicata la prima parte della traduzione italiana, ora finalmente abbiamo completato tutta la traduzione della guida (44 pagine in formato .pdf).
La guida si può scaricare da qui: dgxy.link/riprendersi_la_citta
#MobilitàSostenibile #PianificazioneUrbanistica #città #PisteCiclabili #bicicletta #SpazioPubblico
Come avevo già scritto, "Recuperar la ciudad. Reclaim the city", è una guida scritta da un gruppo di attivisti spagnoli che si propone di individuare degli strumenti e delle azioni concrete per limitare lo strapotere del traffico automobilistico privato, promuovere una mobilità sostenibile e ridare alla città il suo carattere di spazio pubblico fruibile da tutti i cittadini.
Si è trattato di una traduzione collaborativa: come attività di educazione civica ho proposto alla mia classe quinta linguistico dell’IIS Carlo Emilio Gadda di Paderno Dugnano di suddividersi in gruppi e ciascun gruppo aveva il compito di tradurre una parte delle 40 idee che venivano presentate nella guida. Per i molti impegni degli studenti, il lavoro di traduzione si è sviluppato in un periodo di tempo più lungo del previsto e ha richiesto un’ulteriore revisione linguistica, visto che l’argomento e la terminologia della guida non erano dei più familiari, almeno per le studentesse della mia classe (che comprende un solo impavido studente). Anche la successiva impaginazione di testi e immagini, di cui mi sono occupato io, ha richiesto un tempo superiore al previsto. Alla fine però ce l’abbiamo fatta e la guida è stata messa a disposizione di tutta la classe per poter essere usata eventualmente nel colloquio orale dell’esame di stato. Naturalmente sia la traduzione che l’impaginazione si possono sempre migliorate.
Le 40 idee presentate nella seconda parte della guida offrono un catalogo davvero ampio di buone pratiche che i cittadini possono intraprendere, si tratta in realtà di un piccolo manuale di educazione civica che potrebbe essere davvero utile per aumentare la consapevolezza di tutti sull’importanza dell’utilizzo e della condivisione degli spazi pubblici e sulla necessità di promuovere una mobilità davvero sostenibile.
Salvo alcune idee che contengono specifici riferimenti al contesto e alla legislazione spagnoli, le altre idee hanno una validità davvero universale.
Perché non diffondere questa guida nelle amministrazioni pubbliche e nelle scuole?
Per intanto la traduzione italiana è a disposizione di tuttə, condividetela pure senza risparmio 😀
La guida è distribuita con licenza Creative Commons BY-NC-SA
Naturalmente un grandissimo grazie (muchissimas gracias 😀 a @Marcos M. e a tutte le persone che hanno collaborato alla stesura della versione originale in spagnolo.
Si può scaricare il testo da qui: dgxy.link/riprendersi_la_citta
#MobilitàSostenibile #PianificazioneUrbana #SpazioPubblico #città #PisteCiclabili #bicicletta #traduzioni @macfranc @Rivoluzione mobilità urbana🚶🚲🚋
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Ottima iniziativa questa traduzione!
Ho subito preso a prestito un'immagine (dal sito spagnolo) per una risposta sul fediverso: sociale.network/@Pare/11065994…
Due domande.
In futuro si potrebbe prevedere una pubblicazione in un formato che faciliti l'esercizio dei diritti della licenza CC BY-NC-SA?
Perché forse servirebbe un secondo passaggio di localizzazione. Controllando qui e là che i codici stradali italiano e spagnolo concordino. Che ne dite?
Ciao, sì sono d'accordo, sarebbe utile fare un confronto tra il codice stradale spagnolo e quello italiano, probabilmente qualche differenza c'è, ma arrivare a questa prima versione è stato già un bel successo.
Spero di aver capito bene l'altra domanda, se serve un'edizione editabile della guida, la puoi scaricare da qui (in formato .odt): framadrive.org/s/6KzEnrYZCjkNW…
Grazie per l'apprezzamento 😀
Poland slams child sexual abuse material regulation as unnecessary
Paweł Lewandowski, Polish Undersecretary of State at the Chancellery of the Prime Minister told EURACTIV that the regulation to fight child sexual abuse material (CSAM) online is unnecessary as there are other regulations about safety on the internet.
GDPR Procedures Regulation: "Stripping citizens of procedural rights"
Regolamento GDPR sulle procedure: "Spogliare i cittadini dei diritti procedurali" Oggi la Commissione europea ha presentato una proposta per risolvere la (mancanza di) cooperazione tra alcune autorità di protezione dei dati (DPA). Si tratta di un passo indietro, non di un passo avanti.
CJEU declares Meta/Facebook's GDPR approach largely illegal
La CGUE dichiara ampiamente illegale l'approccio di Meta/Facebook al GDPR Nella decisione odierna, la CGUE ha dichiarato ampiamente illegale l'approccio di Meta/Facebook al GDPR, analogamente al precedente contenzioso di noyb davanti all'EDPB che ha portato a una multa di 390 milioni di euro.
Oggi inizia la Sessione Suppletiva degli #EsamiDiStato2023.
Alle 8.30 è stata pubblicata la chiave ministeriale per decrittare il testo della cornice nazionale generale di riferimento per i percorsi professionali di nuovo ordinamento contenuto nel p…
Ministero dell'Istruzione
Oggi inizia la Sessione Suppletiva degli #EsamiDiStato2023. Alle 8.30 è stata pubblicata la chiave ministeriale per decrittare il testo della cornice nazionale generale di riferimento per i percorsi professionali di nuovo ordinamento contenuto nel p…Telegram
noyb win: First major fine (€ 1 million) for using Google Analytics
vittoria di noyb: Prima multa importante (1 milione di euro) per l'utilizzo di Google Analytics L'autorità svedese per la protezione dei dati (IMY) ha emesso decisioni contro quattro società e ha imposto una multa di 12 milioni di corone svedesi (1 milione di euro) a Tele2 e di 300.000 corone svedesi a CDON
Intelligenza artificiale: implicazioni etiche e politiche | La Fionda
«Si chiede alle macchine di pensare al nostro posto, perché chi usa senso critico rallenta il processo e non è funzionale.
L’abbiamo visto anche durante la pandemia in cui i dati scientifici venivano portati come verità assolute. Abbiamo sentito dire frasi come “qui parlano i dati”, ma i dati non parlano da soli, si tratta sempre di interpretazioni di risultati che dipendono dalle conoscenze e dall’esperienza dei ricercatori e delle ricercatrici.
E così sempre più ci si affida all’intelligenza artificiale come un qualcosa di magico, di salvifico, di oggettivo, con l’illusione che le macchine potenti e infallibili, ci portino verso verità neutre e imparziali.»
Inizia il viaggio di Euclid: osserverà l’Universo “oscuro” | Astronomia.com
"L’obiettivo scientifico di Euclid è generare una mappa 3D dell’Universo. [...] Le precise rilevazioni che Euclid fornirà permetteranno di mappare le due entità più elusive dell’Universo e che tuttavia ne costituiscono ben il 95%: la materia oscura e l’energia oscura, così aggettivate perché gli astronomi non hanno fondamentalmente idea di cosa siano."
L'ennesima coglionata di Elon Musk sta mettendo sotto pressione Mastodon.
Il server di mastodon.uno è al momento irragiungibile: oggi c'è stata una nuova migrazione di massa da parte degli utenti di Twitter...
@filippodb - fddt sta lavorando insieme agli altri sistemisti per risolvere il problema.
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Account divulgativi
Un elendo di utenti mastodon diviso per argomenti
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@ekZeno Ecco qualche altro suggerimento nel fediverso italiano
Università e ricerca
@Marco Castellani
@Andrea Mariuzzo
@Maria Chiara Pievatolo
Factchecking
@Disinformatico
@David Puente :mastodon:
@Bufale.net :verified:
@BUTAC
Teatro
@Daniele Luttazzi
@giuliocavalli@sociale.network
Satira e fumetti
@Francesco Artibani
Giornalismo
@stefania maurizi
@Marco Camisani Calzolari
@Nico Piro
@Viola Stefanello 👩💻
Diritto
@Vitalba
@Bruno Saetta
Digitale
@quinta :ubuntu:
@Andrea Borruso
@Marco A. L. Calamari
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@quinta @brunosaetta @calamarim @factcheck @marcocc @violastefanello @Vitalba @smaurizi @DavidPuente @artibani @luttazzi @mcp @butac @MariuzzoAndrea @_Nico_Piro_ @ildisinformatico @mcastel @ekZeno
Grazie per avermi inserito in questa lista!
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Stati Uniti, la vergogna fa 37 | Cumpanis
«Washington non ha mai accettato quanto sentenziato dalla massima autorità giuridica internazionale e, 37 anni dopo, continua a non farlo. Dietro le opposizioni giuridiche, c’è una verità politica: accettare la sentenza implicherebbe il riconoscimento degli Stati Uniti come nazione tra le altre, costretta cioè al rispetto del Diritto Internazionale e delle istituzioni chiamate a tutelarlo. Inconciliabile con lo status di “eccezionalità”, che si sono assegnati in Costituzione e poi nell’agire criminale che ha contraddistinto i loro 249 anni di esistenza, fatti di 232 anni di guerre e circa 30 milioni di vittime sacrificate per l’affermazione di un modello folle, darwiniano ed escludente.»
Christian Gajewski
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in reply to Christian Gajewski • •@C_Gajewski
> scolarizzazione
sì, anche se non necessariamente in senso stretto. Diciamo che chi è qui non ci è capitato per caso, ma si è iscritto perché aveva accesso a una conoscenza non certo comunissima
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Unknown parent • •@(zerouno) @C_Gajewski
Certo. E Instagram è 4 volte twitter...
Molto meno di quanto ti possa sembrare
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Unknown parent • •@Kir @C_Gajewski
> Credo sia banalmente una questione di
> A) numeri
> B) altoritmo
Anche, ma non solo. La componente culturale del fediverso è caratterizzata da una conoscenza di strumenti non mainstream. Anche gli utenti provenienti da Twitter grazie alla notorietà acquisita da mastodon, hanno ormai avuto modo di conoscere temi come il software libero, la netiquette, la decentralizzazione, il self hosting, l'impatto algoritmico, il puratismo, l'hacking virtuoso e il crowdfunding.
Questi temi sono di nicchia, ma chi li viene a conoscere non può più ignorarli.
Quindi sì: l'aspetto culturale è determinante.
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Informa Pirata
Unknown parent • •@Kir
veramente @C_Gajewski parlava di questo
e ipotizzava:
al ché si è aperta la discussione sul nesso tra scolarizzazione (intesa in senso lato) e "qualità dell'aria". Ora tu sei libero di pensare che il motivo esclusivo della differenza ambientale tra Twitter e Fediverso
Ma la realtà è che in un ambiente come il fediverso, molto più consapevole della media su tematiche come:
che trovano una rilevante parte del loro fondamento su ragioni squisitamente etiche, l'etica della comunicazione è avvertita in maniera molto più intensa.
Ecco perché bisognerebbe prendere respiro e valutare tutto lo scenario prima di dire che questo aspetto