GAZA. Israele ammette la strage di Al Maghazi. «Danni collaterali»
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di Michele Giorgio
(questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto)
Pagine Esteri, 29 dicembre 2023 – Un bagno di sangue. Non si può descrivere in altro modo ciò che è avvenuto domenica scorsa tra gli abitanti del campo profughi palestinese di Al Maghazi, nella zona centrale di Gaza. Decine di morti da bombe, in prevalenza donne e bambini. Qualcuno ha parlato di oltre cento vittime considerando i tanti rimasti sotto le macerie. Una strage avvenuta mentre parte del mondo cristiano celebrava la vigilia del Natale. Morti per un «errore» hanno ammesso le Forze armate israeliane. Con candore un ufficiale ha spiegato ieri all’emittente pubblica Kan che l’aviazione ha sganciato «ordigni impropri». Il tipo di bombe, ha aggiunto, «non corrispondeva alla natura dell’attacco, cosa che ha causato ingenti danni collaterali che avrebbero potuto essere evitati». I «danni collaterali» sono i civili palestinesi. Poi, come sempre, la responsabilità delle morti di queste persone innocenti è stata attribuita ad Hamas. Il movimento islamico si «nasconde tra la gente», ha detto il portavoce, gli aerei hanno preso di mira «diversi agenti di Hamas», prima dell’attacco «sono state adottate misure per ridurre al minimo il danno ai non combattenti» ma sono stati colpiti «altri edifici» accanto agli obiettivi. Infine «le Idf (le forze armate israeliane, ndr) si rammaricano del danno subito da coloro che non erano coinvolti». In poche parole, sono state sganciate bombe di eccezionale potenza su una zona densamente popolata di Maghazi, esattamente come aveva spiegato Ashraf Al Kidra, il portavoce del ministero della sanità a Gaza che Israele considera una struttura fantoccio nelle mani di Hamas che riferirebbe numeri «non credibili». Numeri che l’Onu invece considera realistici. Incluso l’ultimo bilancio diffuso ieri di vittime palestinesi dal 7 ottobre: 21.320 morti e 55mila feriti. Almeno 210 palestinesi sono stati uccisi dai bombardamenti tra mercoledì e giovedì, gran parte dei quali in attacchi violenti su Beit Lahiya e, ieri pomeriggio, su alcuni edifici di Rafah.
Veniva descritta come una fake news anche l’indiscrezione circolata nei giorni scorsi che dava lo stadio Yarmouk di Gaza trasformato dall’esercito israeliano in un campo di detenzione. Poi sono usciti i video di decine di palestinesi mezzi nudi, bendati, in ginocchio sul terreno di gioco, ripresi in apparenza proprio da militari israeliani e finiti sui social. Ora la Federazione calcio palestinese vuole che il Cio, la Fifa e la Confederazione calcio asiatica prendano una posizione chiara contro l’uso che Israele fa dell’impianto sportivo di Gaza in violazione, ha scritto in un comunicato, della Carta olimpica e delle convenzioni internazionali.
Da ieri i carri armati israeliani avanzano verso al Bureij nel centro di Gaza, dopo giorni di bombardamenti incessanti che hanno costretto decine di migliaia di famiglie palestinesi già sfollate a fuggire di nuovo. Un giornalista ha pubblicato la foto di mezzi corazzanti fermi accanto a una moschea nel centro di Bureij. Più a sud, le forze israeliane hanno colpito l’area intorno all’ospedale Al Amal nel cuore di Khan Younis, affollato di famiglie rimaste senza casa: 10 palestinesi sono stati uccisi e altri 12 feriti riporta la Mezzaluna rossa. Decine di migliaia di persone sono in fuga dai distretti di Nusseirat, Bureij e Maghazi e si dirigono a sud o a Deir al-Balah dando vita a campi di tende improvvisati.
Proseguono i combattimenti casa per casa. Hamas, l’obiettivo dichiarato dell’invasione israeliana di Gaza, subisce forti perdite ma realizza ancora agguati mortali. Altri tre soldati israeliani sono stati uccisi, portando il bilancio dell’offensiva di terra a 169. La scorsa settimana l’esercito israeliano ha riconosciuto le perdite più pesanti in pochi giorni dall’inizio della guerra. Intanto non si sa più nulla degli oltre 100 israeliani e cittadini stranieri sequestrati durante l’attacco di Hamas del 7 ottobre e portati a Gaza. Judy Weinstein Haggai, uno degli ostaggi, ieri è stata dichiarata morta come suo marito, Gadi (Gad) Haggai. I loro corpi sono a Gaza.
Il gabinetto di guerra presieduto dal premier Netanyahu ieri sera doveva riunirsi per discutere, per la prima volta, la posizione di Israele riguardo al futuro di Gaza dopo la guerra. Una riunione contestata dal ministro della Sicurezza e leader dell’estrema destra Itamar Ben-Gvir secondo il quale il gabinetto non dovrebbe discutere di questioni politiche ma solo di come condurre le operazioni militari. Sullo sfondo ci sono le voci autorevoli di alcuni ufficiali della riserva che criticano i resoconti molto favorevoli della situazione a Gaza offerti all’opinione pubblica dal governo e dal portavoce dell’esercito, Daniel Hagari. Resoconti che secondo gli ex generali Yitzhak Brik e Aharon Zeevi Farkash danno un’immagine fortemente alterata della realtà sul terreno. Su Haaretz Brik ha descritto come false le dichiarazioni ufficiali «sulle migliaia di morti nelle file di Hamas» che a suo dire ha subito perdite molto inferiori a quelle riferite dal portavoce dell’esercito. Secondo l’ex generale la vittoria data per certa nei prossimi mesi, invece è lontana e la distruzione dei tunnel di Hamas richiederà anni e molte perdite in vite umane. Da parte sua, Aharon Zeevi Farkash, un ex capo dell’intelligence militare, parlando alla radio pubblica, ha sottolineato che l’obiettivo di eliminare Hamas da Gaza proclamato dal governo è «irrealistico» e che, pertanto, occorre «puntare a obiettivi più a portata di mano».
In Cisgiordania ieri altri due palestinesi sono stati uccisi, a Betunia e Betlemme dall’esercito. Un altro, ferito dieci giorni fa a Nablus, è spirato in ospedale. Il numero dei palestinesi uccisi in Cisgiordania da soldati e coloni israeliani dal 7 ottobre è salito a 315 e a 523 quello dall’inizio dell’anno. Pagine Esteri
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Nell’anno del Drago: nuove e vecchie sfide per la Cina
Secondo il calendario lunare, il prossimo 10 febbraio comincia l’anno del Drago, simbolo di forza, fortuna e successo. Eppure, sebbene sotto i migliori auspici, il 2024 non si preannuncia un anno facilissimo per la Cina. A
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La pace attraverso il diritto: l’ONU e la questione palestinese (5) l Pressenza
"Questi documenti ricordano inesorabilmente le risoluzioni passate e non applicate da Israele. Trattano sempre gli stessi argomenti: la sovranità permanente del popolo palestinese sulle risorse naturali, il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione, le azioni illegali israeliane e gli attacchi militari a Gaza, l’assistenza ai rifugiati palestinesi, l’espansione delle colonie di Israele, le persone sfollate dal giugno 1967, i beni appartenenti ai rifugiati palestinesi, le pratiche israeliane nei Territori palestinesi occupati (TPO)."
Kim Jong Un avvisa gli USA: “la Corea del Nord accelera i preparativi di guerra”
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Pagine Esteri, 28 dicembre 2023. Il 2023 è stato un anno record per la quantità di test militari realizzati dalla Corea del Nord. Nonostante non nasconda la soddisfazione, il leader Kim Jung Un non intende fermarsi né rallentare. Anzi.
Intervenendo questa mattina a una riunione del Partito dei Lavoratori, ha dichiarato di aver ordinato all’esercito di “accelerare” i preparativi militari, comprese le operazioni nucleari. L’obiettivo dichiarato è di rispondere a quelle cha ha definito “mosse senza precedenti” da parte degli Stati Uniti.
Il riferimento è ai legami di cooperazione sempre più stretti tra USA, Giappone e Corea del Sud.
Il primo incontro ufficiale tra il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, quello sudcoreano, Yoon Suk-yeol e il Primo Ministro giapponese Fumio Kishida si è tenuto ad Agosto a Camp David, dove parole di condanna sono state espresse dai tre leader nei confronti della Cina e della Corea del Nord.
Washington prova ad approfittare del recente disgelo tra Tokyo e Seul, sfruttando la distensione dei rapporti per strutturare nuovi campi di forza in Oriente che si oppongano alla Cina e pongano un freno alle esercitazioni belliche di Pyongyang. La situazione nella penisola è divenuta “estrema” secondo Kim Jong Un, a causa di “uno scontro senza precedenti con gli Stati Uniti”.
All’inizio di dicembre un sottomarino statunitense a propulsione nucleare è arrivato in Sud Corea, nel porto di Busan e i bombardieri USA a lungo raggio sono schierati per manovre di esercitazione accanto a quelli sudcoreani e giapponesi.
Solo una settimana fa le Nazioni Unite hanno fatto sapere che un secondo reattore in Corea del Nord è stato reso operativo.
Nonostante il leader nordcoreano parli apertamente di “preparazione alla guerra” non è da escludere che i toni decisi, peraltro tipici della sua personale retorica, non gli impediranno, dopo le elezioni statunitensi, di ritentare un approccio diplomatico con gli USA, nel tentativo di limitare gli effetti delle sanzioni conseguenti ai test nucleari.
Ma un freno in questo senso sarà senz’altro rappresentato dai legami che lo stesso Jong Un ha stretto, soprattutto negli ultimi mesi, con la Russia di Vladimir Putin, ritenuta uno dei Paesi “anti-capitalisti indipendenti”. Non è un caso che a settembre, in uno dei suoi rari viaggi, Kim Jong Un sia approdato nella Russia orientale visitando, in compagnia del presidente russo, fabbriche di armi e basi militari.
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La sonda Juno si prepara al sorvolo più ravvicinato della luna gioviana Io l AstroSpace
"Con tutti i dati che riuscirà a raccogliere Juno indagherà sulla fonte della massiccia attività vulcanica di Io, aiutando gli scienziati a capire se esista un oceano di magma sotto la sua crosta e l’importanza delle forze di marea provenienti da Giove, che stanno incessantemente schiacciando questa luna."
Etiopia, la nuova carestia nel Tigray & le morti silenziose
Nel villaggio di Yechila, nel villaggio di Yechila, così tante persone stanno morendo di fame che i funzionari locali hanno perso il conteggio. Gli agricoltori hanno abbandonato i loro campi perché sono pieni di mine mortali, e la fame si sta diffondendo.
Le strade e le case del villaggio sono ancora gravemente danneggiate dagli attacchi missilistici nella recente guerra. L’ospedale locale è diventato un rifugio per i senzatetto.“Stiamo tutti aspettando il nostro turno per morire di fame”, dice Tsehay Assefa di Yechila, in Etiopia, che ha recentemente sepolto un figlio e un nipote uccisi dalla fame.Photography by Samuel Getachew/The Globe and Mail
“Stiamo tutti aspettando il nostro turno di morire di fame”, ha detto Tsehay Assefa, una anziana abitante del villaggio che ha recentemente sepolto suo figlio, un contadino morto di fame e uno dei suoi nipoti.
Nella regione del Tigray, nel nord dell’Etiopia , migliaia di persone sono morte per mancanza di cibo nei 14 mesi trascorsi dalla fine della disastrosa guerra durata due anni in cui soldati etiopi ed eritrei combatterono contro le forze del Tigray. Ora la siccità sta aggravando la devastazione. Si profila una carestia che potrebbe rivaleggiare con le peggiori carestie del passato, dicono gli operatori umanitari.
Ogni giorno, gli abitanti disperati si riuniscono in un magazzino umanitario a Yechila sperando nel cibo, che è arrivato solo una volta nell’ultimo mese. Molti siedono tutto il giorno fuori dall’ufficio amministrativo del villaggio, spesso chiedendo aiuto, a volte dormono lì durante la notte.
La signora Assefa fatica ad aiutare la figlia incinta, che non mangia da giorni ma è prossima al parto. Non ha osato dire a sua figlia che la morte ha già toccato la loro famiglia.
“Sopravviviamo di elemosina e mangiamo grano tostato quando possiamo”, ha detto al Globe and Mail.I residenti di Yechila aspettano le donazioni di cibo in un magazzino gestito dall’agenzia americana USAID. Negli ultimi tre mesi a Yechila sono state registrate più di 80 morti per carestia.
[Yechila è una città di diverse migliaia di abitanti a sud-ovest di Mekelle, la capitale del Tigray. I ricordi della guerra sono ancora presenti: in una strada gli abitanti si rifugiano sotto un vecchio camion militare colpito da un drone.]
Nel 1984 e nel 1985, Tigray è stata una delle regioni più colpite della carestia etiope che ha innescato un’ondata di pubblicità globale e raccolta fondi, incluso il concerto Live Aid. Ma la nuova crisi potrebbe essere peggiore. Molte delle fattorie della regione, cliniche sanitarie e uffici governativi sono stati saccheggiati o incendiati durante la guerra, e non ci sono soldi per ripararli. La mancanza di pioggia e la sospensione temporanea degli aiuti hanno esacerbato la situazione.
La Famine Early Warning Systems Network, un gruppo di ricerca umanitaria, ha recentemente affermato che la carestia potrebbe essere diffusa nel Tigray all’inizio del 2024. I funzionari del Tigrayan stimano che 3,5 milioni di persone abbiano bisogno di aiuti urgenti, tra cui 2,3 milioni di agricoltori, in una regione di circa 6 milioni di persone. L’aiuto esistente sta aiutando solo un quinto dei bisognosi, dicono.
“Quest’ultima carestia è molto più grande della carestia del 1984”, ha detto Gebrehiwot Gebregzabher, capo della Commissione per la gestione del rischio di disastri del Tigray.
“Questa carestia è invisibile, sta influenzando più persone, e la risposta è stata minima, sfortunatamente”, ha detto al The Globe in un’intervista.
Mark Lowcock, capo umanitario delle Nazioni Unite e coordinatore degli aiuti di emergenza dal 2017 al 2021, afferma che la situazione a Yechila rafforza la sua preoccupazione per la crisi. “Gli esperti esperti e competenti mi dicono che i dati che stanno vedendo – e la loro recente esperienza di viaggiare in alcune parti del Tigray rurale – potrebbe indicare una catastrofe che si sta svolgendo nel 2024 paragonabile alla famigerata tragedia del 1984-85”, ha detto a The Globe.
“È essenziale che i responsabili politici rispondano a questo con maggiore velocità e urgenza, e con un aiuto molto più pratico per coloro che soffrono, di quanto stiamo vedendo in questo momento”.
Il mondo ha prestato poca attenzione alla crisi del Tigray. Le guerre a Gaza e in Ucraina hanno dominato i riflettori globali. La copertura mediatica è stata ostacolata dalle restrizioni del governo etiope sui viaggi. L’accesso al cellulare nelle regioni rurali è ancora intatto. Le forze eritree continuano a occupare parti della regione, limitando ulteriormente l’accesso.
Gli aiuti umanitari delle agenzie delle Nazioni Unite e dei governi occidentali sono stati sospesi per diversi mesi dopo che i soccorritori hanno trovato prove che gli aiuti alimentari sono stati dirottati da funzionari corrotti etiopi e tigrii. Solo ora gli aiuti vengono lentamente ripristinati, ma non è sufficiente, dicono i Tigrayan.Yemserach Alelegn dice che il suo neonato è vicino alla morte perché la fame le impedisce di allattare.
“La nostra è una morte lenta”, ha detto Yemserach Alelegn, una madre di sei figli di sei anni che chiede cibo a Yechila.
Suo marito spesso salta i magri pasti della famiglia per dare ai loro figli più cibo, ma la fame è diventata insopportabile. “Non riesco nemmeno ad allattare il mio neonato, che è vicino alla morte, e mio marito è troppo debole per stare in piedi e camminare”, ha detto la signora. Ha detto Alelegn.
L’eredità della guerra è stata catastrofica. Quasi un milione di tigrini sono stati sfollati dalle loro case. Le rotte commerciali e i servizi governativi sono ancora interrotti in molti luoghi. Il bestiame e altri beni rurali sono stati saccheggiati o venduti. I programmi di welfare non sono stati completamente ripristinati.
L’ambasciatore del Canada in Etiopia, Joshua Tabah, si è recato a Tigray questo mese per vedere le riforme nel sistema di distribuzione alimentare delle Nazioni Unite. “Ora dobbiamo portare più cibo a persone più vulnerabili per il soccorso, la resilienza, l’alimentazione scolastica e l’alimentazione di emergenza”, ha detto in un post sui social media.
Yechila, a circa 100 chilometri a sud-ovest della capitale del Tigray, Mekelle, ha una popolazione di diverse migliaia. Per conteggio ufficiale, 83 persone sono morte di fame qui negli ultimi tre mesi, ma il numero reale è molto più alto.
I segni di teschio rosso e ossa incrociate sono visibili nei campi dei contadini, avvertendo delle mine antiuomo.
“Ci sono molte persone che muoiono sempre e abbiamo perso le tracce”, ha detto l’amministratore del villaggio di Yechila Gessese Tadesse.
“Il bisogno è travolgente. Con poche risorse per sostenerli, possiamo vederli morire solo davanti ai nostri occhi. Sono in molte centinaia, se non migliaia, e molti altri sono a rischio.Haregwein Fitsum aspetta gli aiuti alimentari con il figlio disabile, il marito e un contadino. Dice che la famiglia a volte resta senza cibo per giorni.
Haregwein Fitsum, 41 anni, sperando nel cibo mentre si rifugia vicino all’ufficio dell’amministrazione del villaggio, non lontano dai veicoli bruciati di proiettili e che sono stati colpiti da attacchi aerei durante la guerra. La fattoria del marito è sparita. Vendette tre delle sue mucche e perse le altre quattro per fame.
Hanno un figlio con disabilità fisiche che ha bisogno di medicine, ma la fame è diventata una minaccia più grande. “Ciò che alla fine lo ucciderà non è la sua malattia, ma il fatto che non abbia nulla da mangiare”, ha detto. L’ha detto Fitsum. “Ci tutti andiamo per giorni senza mangiare.”
“Ciò che alla fine lo ucciderà non è la sua malattia, ma il fatto che non abbia nulla da mangiare”
Molti tigrini si sono trasferiti a Yechila per chiedere assistenza dopo aver rinunciato ai loro villaggi, ma hanno trovato poco aiuto.
“Stiamo tutti cercando di sopravvivere”, ha detto Aleka Zegaye Gebrehawaria, 37 anni, che si è trasferito nel villaggio con i suoi sei figli.
“Stiamo tutti cercando di sopravvivere”
Ha detto che vede morti ogni giorno nella sua nuova casa. I morti sono sepolti con poca cerimonia.
“Abbiamo tutti perso caro amici e familiari”, ha detto. “Se morissimo, qualcuno se ne accorgerebbe?”
“Se morissimo, qualcuno se ne accorgerebbe?”
Report di Geoffrey York a Johannesburg.
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Incursione israeliana a Ramallah, ucciso un palestinese
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della redazione
Pagine Esteri, 28 dicembre 2023 – Incursione dell’esercito israeliano la scorsa notte a Ramallah – la città-quartier generale dell’Autorità nazionale palestinese – e nei suoi sobborghi, in particolare a Beitunia dove all’alba è stato ucciso un giovane, Abdel Fattah Qatawi. Altri 14 palestinesi sono rimasti feriti, tra i quali un giornalista, nel corso di proteste contro i soldati giunti nelle strade centrali Shirin Abu Aqla e Al-Hisbah e nei quartieri periferici di Al-Balou e Tira. Un raid è avvenuto anche nel campo profughi di Jalazon.
Testimoni riferiscono che a Ramallah i militari israeliani hanno preso d’assalto negozi di cambio valuta dove hanno sequestrato le telecamere di sorveglianza e arrestato i proprietari. Irruzioni analoghe sono avvenute in altri otto negozi simili in Cisgiordania – Jenin, Nablus, Tulkarm, Halhul – perché sospettati da Israele di trasferire denaro ai movimenti Hamas e Jihad islami. I soldati, denunciano i palestinesi, hanno preso fondi per un valore di 10 milioni di shekel (circa 2,5 milioni di euro).
Ieri l’esercito israeliano aveva ucciso, con un drone, sei palestinesi a Nur Shams, un campo profughi alle porte di Tulkarem da mesi teatro di frequenti raid dei militari.
Stamattina inoltre è spirato all’ospedale un 21enne, Tariq Shakhshir, ferito dieci giorni fa a Nablus. Il numero dei palestinesi uccisi da soldati e coloni israeliani dal 7 ottobre è salito a 314 e a 522 quelli dall’inizio dell’anno secondo i dati del ministero della Sanità palestinese. Pagine Esteri
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Liberati dagli elementi del mondo e resi figli
Ancora oggi molte persone vivono però la loro vita temendo gli elementi e le potenze del mondo o -sia pure in modo non religioso- si vogliono sentire perfetti rispetto agli altri.
Ebbene l'incarnazione di Gesù Cristo, solidale con la nostra umanità, ci libera e ci dà salvezza. Anzi ci fa divenire figli di Dio. E lo Spirito santo fa che non sia solo un'annuncio, ma una speranza viva e nuova energia per la nostra vita e ci fa essere in familiarità con il Signore.pastoredarchino.ch/2023/12/25/…
Favoloso
Bisognerebbe tornare a raccontare le favole. Non le frottole, che abbondano, le favole. Le favole dicono molto di noi stessi e dicono moltissimo quando non le si racconta ai più piccoli.
Le festività non possono non ricordare il racconto di Natale per eccellenza, il Canto scritto da Charles Dickens nel 1843, la storia di Ebenezer Scrooge: vecchio, solo, avaro. Quattro fantasmi lo vanno a visitare, nella notte di Natale. Il primo è quello del suo socio, che lo mette in guardia dalcontinuare a vivere come anche lui visse. Il secondo è il fantasma dei passati Natale, quando lui, piccolo, ancora ne gioiva. Il terzo è quello del Natale presente, che gli mostra la felicità del suo impiegato, che lui sfrutta e affama, con il figlio più piccolo gravemente malato, ma che si ritrova in famiglia, si vogliono bene e gli sono anche grati. Il quarto è il fantasma del futuro, nero come l’inferno. Scrooge non cambia perché toccato dalla redenzione, ma perché devastato dalla paura. Perché la paura c’è, nelle favole. Ed è nelle favole perché è nel mondo.
Il Pinocchio di Disney non mette paura, ma in quello di Collodi il burattino vede crepare davanti ai suoi occhi l’amico, Lucignolo, trasformato in ciuco. Stramazza per la fatica di tirare su il bindolo dal pozzo e lui, per sfamare il padre, prenderà il suo posto. Quel Geppetto che soffrì il freddo per comprargli i vestiti e i libri della scuola e patì la fame, per offrire al figlio anche i torsoli che aveva avanzato. Pinocchio non diventa un “bravo bambino” perché la fatina lo miracola, ma perché prova il dolore e la paura, perché subisce l’umiliazione del Grillo parlante, cui si rivolge chiedendo aiuto dopo avere provato a spiaccicarlo sul muro.
Pollicino non è la storia di un bambino che ritrova la strada di casa, ma quella di sette fratelli che i genitori vogliono abbandonare nel bosco, non avendo di che sfamarli, affinché muoiano di fame lontano dai loro occhi. Teneroni. Ma Pollicino prima li frega, tornando a casa, poi si perde, ma non si arrende. È il più grande, ha la responsabilità dei fratelli, vede una casa e una brava donna li sfama, ma è la moglie dell’Orco. Si ritrova a letto, nella stanza con le loro sette figlie, ma Pollicino sgama il pericolo e cambia i sette cappellini dei suoi fratelli con quelli delle orchine. L’Orco torna, sente l’odore dei bambini e, al buio, li sbrana. Ma mangia le proprie figlie. Ce la raccontavano per farci addormentare. Aveva un senso: hai già cenato, hai il tuo letto, i genitori non ti mollano, pensa a Pollicino e vedi di non creare problemi. Buona notte.
Cenerentola è una ragazza sfruttata da una megera che il padre, vedovo, sceglie come seconda moglie. Lei e le sue laide figlie ne fanno una sguattera, ma Cenerentola conserva candore innanzi al dolore. Biancaneve è un caso di tentato femminicidio ad opera di una donna, per il motivo più vecchio del mondo e che ricorda quanto assassine possano essere l’invidia e la gelosia. Tralascio Hänsel e Gretel, che la vecchia prova a ingrassare e quelli, in gabbia, approfittando del fatto che è guercia, gli fanno toccare un ossicino, per non essere macellati.
Le favole ci hanno insegnato che il male e la malvagità esistono. E possono essere sconfitti. È un grosso errore provare a togliere il male dalla vita dei bambini, perché il male è parte della realtà. Può sembrare protettivo tenerli all’oscuro del male, edulcorando le favole o sostituendole con i tablet che rilasciano a getto continuo storie insulse e frettolose, ma è protettivo degli adulti, che possono così rinunciare a fare la parte dura del mestiere di genitori.
I bambini dei cartoni Disney, bellissimi, sono oggi adulti. Molti di loro pensano che il male si possa cancellarlo cambiando canale o chiedendosi perché mai tutti non si voglia il bene. Una domanda fuori dalla storia e dalla realtà, che li colloca in un infantilismo senile che è la più trucedelle favole. Narrata a sé stessi. Riprendiamo i libri delle favole, quelli veri, aiuterà a capire il mondo.
La Ragione
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Cent’anni di Associazione nazionale bersaglieri. Il calendario tra storia e rinnovamento
L’Associazione Nazionale Bersaglieri ha presentato il Calendario 2024 presso la Camera dei deputati, alla presenza del presidente nazionale, generale Ottavio Renzi; del vice presidente, generale Nunzio Paolucci; del generale Francesco Ceravolo e della capogruppo Commissione Difesa, Paola Maria Chiesa.
Come ricordato da Chiesa, “è la prima volta che un calendario viene presentato presso la sala stampa della Camera dei deputati – ed è solo l’inizio, visto che, come aggiunto dall’onorevole – ci saranno importanti novità per l’esibizione della fanfara in luoghi istituzionali”.
Il Calendario 2024 è stato illustrato dal generale Nunzio Paolucci che lo ha definito “particolare, perché nel 2024 scocca il centenario dell’Associazione, nata a Bologna nel 1924”. Infatti, dopo le prime due pagine dedicate ai saluti del ministro della Difesa, Guido Crosetto e del presidente dell’Associazione Francesco Ceravolo, il calendario ripercorre la storia dell’Associazione attraverso foto e descrizioni di momenti significativi.
Il valore della storia
I primi mesi sono dedicati alla storia dell’Associazione e ai valori del bersaglierismo. Nello specifico, il Calendario ripercorre la vita dell’Associazione dal primo dopoguerra, quando, come ricordato da Paolucci, “si è toccato il punto più basso del bersagliersmo, con solo dodici reggimenti attivi”, alla sua rifondazione a seguito del secondo conflitto mondiale.
…e dei simboli
Uno spazio significativo viene dedicato ai simboli, tra questi il Medagliere, definito dallo stesso generale, “il simbolo che racchiude la storia di tutti i bersaglieri”. Vengono infatti riportate tutte le 185 medaglie d’oro al valore militare che sono state concesse ai bersaglieri in servizio dalla fondazione del corpo durante il Risorgimento ai giorni nostri.
Tra i simboli ricordati nel Calendario 2024, non potevano mancare le Fanfare associative, più di settanta dislocate su tutto il territorio nazionale e considerate dal general Paolucci “un passe-par-tout per fare arrivare l’Associazione ai giovani”.
…per affacciarsi al futuro
Il calendario 2024 non vuole solo raccontare la storia, presenta anche delle informazioni sull’associazione e sui suoi sforzi di cambiamento e rinnovamento. Rinnovamento, questo, che passa da una maggiore presenza sul territorio attraverso un crescente impegno di protezione civile e un coinvolgimento della cittadinanza attraverso manifestazioni ed eventi sportivi. L’importanza di una maggiore presenza dell’Associazione è stata sottolineata anche dal generale Renzi, secondo cui “per tornare sulla scena nazionale, non possiamo essere legati solo alla memoria, ma dobbiamo andare verso altre direzioni”. Il generale ha poi concluso richiamando l’importanza della collaborazione tra i bersaglieri e le istituzioni per rafforzare la presenza del corpo e dell’associazione nel tessuto sociale nazionale, a partire dalle scuole.
Etiopia non tutela i diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo eritrei
La Commissione etiope per i diritti umani (ESMECO) ha annunciato che, a causa dell’interruzione della registrazione dei rifugiati ad Addis Abeba negli ultimi 3 anni, molti eritrei rifugiati in Etiopia hanno visto limitati i loro diritti di movimento e alcuni di loro sono stati arrestati . Secondo il rapporto pubblicato dalla commissione (2022/2023), più di 200 eritrei sono stati costretti a tornare in Eritrea dove temevano che ci sarebbe stato pericolo per la loro vita.
Molti eritrei sono stati arrestati e torturati
Il rapporto conteneva evidenze e preoccupazioni riguardo al trattamento dei diritti umani dei rifugiati e dei richiedenti asilo. Ha ricordato inoltre che dopo l’instaurazione delle relazioni tra i governi di Etiopia ed Eritrea, molti rifugiati eritrei sono entrati in Etiopia. Tuttavia ha annunciato che gli eritrei sono ora in pericolo a causa della cessazione della registrazione dei rifugiati in territorio etiope.
La Commissione ha dichiarato di aver capito che gli eritrei sono attualmente detenuti in “mancanza di prove”, il loro diritto di muoversi liberamente è limitato e gli sforzi per fornire soluzioni permanenti ai loro problemi, compresa la protezione individuale e la protezione dei rifugiati, sono in pericolo. La Commissione ha aggiunto che il fatto che si tratti di rifugiati, richiedenti asilo o migranti senza indagini adeguate e senza che il loro caso sia preso legalmente in carico (così come l’abuso dei diritti umani se dovessero essere rimpatriati in Eritrea) sono contesti non presi in considerazione ed approfonditi dai responsabili.
Quando i servizi di registrazione e documenti per i rifugiati furono interrotti, il fatto che gli eritrei furono costretti a ritornare nel loro paese d’origine fu una delle violazioni dei diritti umani più gravi che la commissione avesse osservato ed ha spiegato di aver chiesto la fine della detenzione arbitraria di rifugiati e richiedenti asilo.
Nel suo lavoro di monitoraggio e indagine, l’ESMECO ha annunciato di aver monitorato e indagato la gestione dei diritti umani di oltre 650.000 rifugiati e richiedenti asilo in 17 campi e siti per rifugiati.
La Commissione ha affermato che nei campi profughi di Buramino e Helawyin nella regione somala, il servizio di carta d’identità precedentemente fornito ai rifugiati somali è stato interrotto e la maggior parte dei rifugiati non era in grado di muoversi liberamente poiché non aveva un documento d’identità. Anche se i rifugiati a cui è stata consegnata la carta d’identità hanno chiesto che la loro carta d’identità fosse rinnovata perché scaduta, non hanno ricevuto risposta dagli enti preposti, afferma il rapporto.
Sebbene il numero di persone che immigrano in Etiopia sia in aumento a causa dei conflitti su larga scala nei paesi vicini, la commissione ha annunciato che i nuovi immigrati non vengono adeguatamente protetti per vari motivi.
Sebbene il Servizio per i rifugiati e i rimpatriati abbia annunciato di aver iniziato a rilasciare carte d’identità ai rifugiati, nonché a emettere nuove carte d’identità, la Commissione ha dichiarato che la registrazione dei richiedenti asilo nella città di Addis Abeba non è iniziata fino al momento del rilascio dei richiedenti asilo dagli arresti arbitrari.
Il rapporto indica che alcuni rifugiati vengono arrestati quando si spostano da un posto all’altro a causa della sospensione dei servizi di carte d’identità, e che alcuni rifugiati cercano di spostarsi da una città all’altra utilizzando carte d’identità false e documenti medici di riferimento a causa del problema di ottenimento dei documenti legali.
Tra i rifugiati di Addis Abeba ai quali non è stata rinnovata la carta d’identità, oltre a limitare il loro diritto di spostarsi liberamente da un luogo all’altro, si segnala nel rapporto che sono stati arrestati.
ESMECO ha inoltre esortato a riprendere immediatamente la registrazione dei rifugiati ad Addis Abeba, sospesa da più di 3 anni.
Tra gli oltre 900.000 immigrati stranieri in Etiopia, 417.419 (45%) provengono dal Sud Sudan, 302.195 (31%) dalla Somalia, 167.391 (18%) dall’Eritrea, 50.564 (5%) dal Sudan e 4.034 (1%) dal Kenya.
Secondo i dati della Commissione, suddividendo il numero dei profughi e il loro insediamento per regione:
- Gambella: 383.000
- Somali Region: 301.000
- Benishangul Gumuz: 79.000
- Addis Abeba: 76.000
- Afar: 58.0000
- Amhara: 22.000
- Ex nazioni e popoli del sud: 5.000
- Oromia: 4.000
- Tigray: 2.000
- 14000 in varie località
Secondo il rapporto della Commissione, il sostegno fornito a donne, bambini, anziani e disabili non tiene conto dello stato di salute, dell’età, del sesso e della disabilità, e il sostegno fornito dal governo etiope e dalle organizzazioni non governative è molto limitato in termini di quantità e tipologia.
FONTE: ethiopianreporter.com/125350/
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Pidocchi, Migrazioni e Analisi Genetica
Una recente analisi sulla diversità genetica dei pidocchi umani rivela che questi parassiti sono arrivati nelle Americhe in due occasioni distinte: inizialmente con la migrazione umana attraverso lo Stretto di Bering e successivamente con laContinue reading
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La raccomandazione europea sull’insegnamento dell’informatica nella scuola
Mercoledì 6 dicembre si è svolta alla Camera la conferenza stampa, organizzata dall’Intergruppo Innovazione (gruppo bipartisan di parlamentari che hanno a cuore i temi dell’innovazione), dedicata all'approvazione da parte del Consiglio dell'Unione Europea della proposta di Raccomandazione della Commissione Europea sull'insegnamento dell'informatica nella scuola. Per l'Intergruppo hanno partecipato il senatore Lorenzo Basso (PD) e i deputati Giulio Centemero (Lega) e Giulia Pastorella (Azione). Per il mondo produttivo: Agostino Santoni (vicepresidente per il digitale di Confindustria) e Giorgio Binda (presidente nazionale Unimatica di Confapi). Il video della conferenza stampa è disponibile a questo link.
La Raccomandazione approvata affronta la necessità di far sì che l'istruzione supporti la trasformazione digitale, fornendo le competenze necessarie a questo scopo. Pertanto, viene raccomandato a tutti gli Stati Membri di sviluppare un’istruzione di qualità in informatica nell’istruzione sia primaria che secondaria.
In modo più specifico, si raccomanda di:
- inserire un insegnamento di alta qualità in informatica dall’inizio dell’educazione obbligatoria, avendo stabilito in modo chiaro gli obiettivi di apprendimento, il tempo dedicato e i metodi di valutazione, allo scopo di offrire a tutti gli studenti la possibilità di sviluppare le loro competenze digitali in modo scientificamente ben fondato,
- far sì che l’insegnamento dell’informatica sia erogato da insegnanti qualificati, che abbiano a disposizione risorse didattiche di qualità, approcci didattici ben fondati, e appropriati metodi di valutazione degli obiettivi di apprendimento.
Si manifesta quindi chiaramente a tutti gli Stati Membri la necessità di avere l’informatica come disciplina scientifica fondamentale per l’istruzione di tutti i cittadini nel 21-mo secolo. È un’indicazione quanto mai opportuna. Ricordiamo infatti che, con il passare da una società agricola ad una società industriale, il processo educativo delle persone è mutato, introducendo nell’istruzione obbligatoria elementi di quelle scienze (fisica, biologia, chimica, …) che sono alla base di ogni macchina industriale. Analogamente, nel passaggio dalla società industriale alla società digitale è necessario aggiungere nell’istruzione obbligatoria lo studio dell’informatica, indispensabile per comprendere le macchine digitali.
Questa raccomandazione è dunque una svolta epocale, che speriamo serva ad avviare finalmente in tutti i Paesi Europei una seria attività di formazione sull’informatica nella scuola. Ricordo che l’istruzione è una materia di competenza degli Stati Membri, per cui il ruolo dell’Unione Europea rimane sussidiario.
Tutti gli intervenuti sono stati concordi nel ribadire l’auspicio che in Italia venga avviata nella scuola un’intensa attività educativa in questa direzione, sottolineando l’importanza di fare sistema tra pubblico e privato.
In Italia, il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha già da tempo dichiarato di voler rafforzare le preparazione scolastica nelle materie scientifiche, obiettivo quanto mai meritorio. Inoltre, dal momento che questa proposta della Commissione indica in modo evidente l’informatica come la materia scientifica alla base della preparazione per la società digitale, sarebbe opportuno integrare quanto previsto in tale settore, anche nell’ambito del PNRR, dove sono discusse solo le competenze operative di utilizzo della tecnologia digitale.
A questo fine, nella missione M4 (Istruzione e Ricerca) del PNRR è presente la sotto-componente C1.3 (Ampliamento delle competenze e potenziamento delle infrastrutture), che prevede l’investimento 3.1 (Nuove competenze e nuovi linguaggi), con l’obiettivo di «promuovere l’integrazione, all’interno dei curricula di tutti i cicli scolastici, di attività, metodologie e contenuti volti a sviluppare le competenze STEM, digitali e di innovazione», con a disposizione fondi per 1.100 milioni di euro.
Con il DM n.184 del 2023 sono state pubblicate le linee guida STEM, che danno solo indicazioni, necessariamente non dettagliate, su cosa fare relativamente alle competenze digitali. A tal proposito, si fa notare che il Laboratorio Informatica e Scuola del CINI, il Consorzio che raggruppa più di 50 università statali italiane attive nel settore dell’informatica ed è quindi l’istituzione di riferimento in Italia per la formazione in informatica, aveva preparato, già da dicembre 2017, una proposta molto dettagliata dei traguardi di competenze e degli obiettivi di apprendimento per l’insegnamento dell’informatica in tutte le fasce dell’istruzione obbligatoria, che viene citata in una nota delle linee guida stesse.
Il Ministero, con DM n.65 del 12 aprile 2023, ha già assegnato 600 milioni di euro alle scuole per lo sviluppo delle competenze STEM degli studenti: ogni istituto dovrà preparare i relativi progetti seguendo tali linee guida. Osserviamo preliminarmente che, per garantire sostenibilità nel lungo periodo ai processi di trasformazione digitale, in aggiunta alla formazione degli studenti è necessaria quella degli insegnanti, così da consentire di preparare i ragazzi anche negli anni successivi ai fondi PNRR. Inoltre, riteniamo che per aumentare l’efficacia dell’azione ministeriale occorra fornire agli istituti coinvolti, ben inteso senza ledere l’autonomia scolastica, indicazioni precise sui contenuti.
In quest’ottica, è utile guardare a chi, dei grandi paesi Europei, ha affrontato questo snodo prima di noi e può quindi indicarci una strada. Vi è l’esempio del Regno Unito. Nell’a.s. 2014-15 aveva inserito un curricolo di informatica obbligatorio per tutte le scuole. Nel novembre 2017 un rapporto della Royal Society aveva evidenziato che però la situazione era addirittura peggiorata. Allora nel novembre 2018 il governo ha deciso uno stanziamento di 84 milioni di sterline per la creazione, concretizzatasi nel 2019, di un istituto nazionale per l’insegnamento dell’informatica, il National Centre for Computing Education, che sta per essere rifinanziato.
Sulla linea di investimento 3.1 dovrebbero essere rimasti fondi in quantità sufficiente per un intervento di questo genere, imprescindibile se si vuol preparare il Paese alla transizione digitale.
È quindi indispensabile una chiara determinazione in questa direzione da parte della politica, che sia anche supportata da intese larghe e trasversali, per guidare una trasformazione che richiederà almeno un decennio per essere completata. Solo così potremo garantire alle future generazioni la possibilità di governare il loro futuro digitale.
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Versione originale pubblicata su "StartMAG" il 23 dicembre 2023.
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GAZA. Un giorno nella vita di una madre e di sua figlia
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di Azhaar Amayreh – Mondoweiss
(foto di Archivio)
Nonostante i continui bombardamenti israeliani, i bombardamenti, il terrore che si diffonde nell’aria da vicino e da lontano, in qualche modo, essendo una creatura abitudinaria, mi sveglio alla chiamata alla preghiera, ogni mattina presto. E dopo essermi prostrata in direzione della Mecca, in direzione della mia fede nell’Onnipotente, la domanda immediata che si impone alla mia mente, ogni volta che si fa la preghiera del Fajr, è: come e da dove oggi io, giovane donna palestinese, giovane madre palestinese, mi assicurerò il cibo necessario e l’acqua preziosa per me e per mia figlia di sei anni. Sempre che riusciamo a sopravvivere fino al tramonto e oltre, con la grazia dell’Onnipotente, al quale sono profondamente fedele in quanto musulmana osservante.
Poi c’è una corsa folle per riempire d’acqua le nostre taniche di plastica da un litro. La quota assegnata alla mia famiglia ieri è stata di pochi litri di acqua sporca e sudicia per il giorno successivo. Siamo sei adulti, oltre ai piccoli, i bambini, ammassati in questo piccolo appartamento fatiscente. Questo è il nostro attuale rifugio da tutta la morte, la distruzione e l’inimmaginabile, semplicemente indicibile sofferenza umana che ci circonda. Usiamo questa preziosa acqua assegnata per lavarci rapidamente con le spugne e per il bucato, che ci sembra un lusso stravagante. È un lusso apparentemente stravagante, che mi costa una faticosa scalata quotidiana dal piano terra fino al quinto piano dell’edificio, senza elettricità e senza ascensore funzionante. Trascinare tutta quest’acqua pesante ma preziosa come una bestia da soma e tenere costantemente d’occhio la mia bambina che si aggrappa, si avvinghia a qualche parte dei miei vestiti, e mi accompagna. Questa assillante e costante paura che, molto probabilmente, potrebbe esserci un attacco missilistico dal cielo e tutto sarebbe finito in un attimo. Non solo per me, ma per tutti, da terra fino al quinto piano.
Una normale visita alla toilette deve essere programmata, pianificata e pensata con precisione per non sprecare acqua: è un equilibrio costante tra un normale impulso umano, il mantenimento della propria salute mentale e la possibilità di perdere tutto in un attimo (acqua, vita e persone care).
I sei adulti di questo bilocale fanno i turni per andare in bagno, per fare una specie di doccia con le spugne, per prendersi cura dei rispettivi figli, per mantenere una certa dignità umana e un minimo di igiene. C’è una competizione non dichiarata per l’acqua del bagno. C’è una competizione per il pane che ci arriva, una competizione molto sgradevole, un modo di vivere molto disumano: tanti adulti sono costretti a scrutarsi, a predarsi a vicenda le misere fette di pane e le lenticchie, se sono disponibili quel giorno. Il prezzo della farina di frumento è altissimo, ammesso che sia disponibile; oggi a Gaza non ci si può permettere la farina di frumento se si è il Jack o Jill medio, ordinario. La farina per fare il pane, per nutrire il vostro stomaco affamato, non è per voi.
Proprio ieri, la mia bambina aveva tanta fame, ma non sono riuscita a ottenere nulla da nessuno degli operatori umanitari, che si presentano sempre meno spesso in questa zona. E, vergognandomi, le ho chiesto di correre nell’appartamento vicino, allo stesso piano, per chiedere un po’ di pane. La bambina di sei anni, su suggerimento della madre, si è avvicinata ai vicini, ma è tornata indietro altrettanto rapidamente. E’ tornata piangendo e ha detto: “Mamma, i vicini mi hanno severamente vietato di presentarmi alla loro porta per chiedere qualcosa di prezioso come il pane da mangiare”.
Sembra sempre più probabile, quasi sicuro, che non riusciremo ad uscire vive da qui, vista la scarica di ordigni e bombardamenti diretti contro di noi da ogni direzione immaginabile. Nel caso in cui non ce la facessimo, spero che quando saremo fisicamente morte, qualcuno là fuori comprenderà l’inferno che io e mia figlia abbiamo passato nei nostri ultimi giorni, sperando solo in qualche pezzo di pane fresco, in una zuppa calda, in un po’ di frutta succosa, ma desiderando soprattutto un po’ d’acqua pulita per bere e pulirci, lavarci – i nostri bisogni umani così basilari e così terreni.
E ciò che mi ha fatto andare avanti fino all’ultimo sono tre cose: la mia fede in Dio, l’amore per la mia giovane figlia e il sangue palestinese che mi scorre nelle vene.
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L'articolo GAZA. Un giorno nella vita di una madre e di sua figlia proviene da Pagine Esteri.
EEE, avvelenamento dei pozzi, mietitura dei dati e sostituzione etnica: ecco i quattro rischi esistenziali che Threads può determinare per il fediverso ed ecco perché il Fediverso ce la può fare
Rimanere ingarbugliati nei "threads": sta per caderci il cielo addosso o si apre un nuovo mondo?
Il cambiamento spaventa, soprattutto quando tanti dettagli sembrano cambiare direzione e polarità. Il fatto che #Threads faccia parte di questo posto sembra un paradosso per alcuni e un sacrilegio per altri. Nessuno di noi vuole vedere il #Fediverso trasformarsi in una discarica tossica per il peggio che i social media hanno da offrire. Nessuno vuole che i Google del mondo dirottino uno standard Internet.
Sean Tilley fa parte del social web federato da oltre 15 anni, a partire dalle sue esperienze con Identi.ca nel 2008. Sean è stato coinvolto nel progetto Diaspora come Community Manager dal 2011 al 2013 e ha aiutato il progetto a muoversi ad un modello autogovernato. Da allora, Sean ha continuato a studiare, discutere e documentare l'evoluzione dello spazio e delle nuove piattaforme che sono sorte al suo interno.
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Pratica applicazione open source self host per prendere appunti e catturare pensieri
Ormai da molti mesi sul mio NAS Synology DS220+ ho installato Memos un blocco note online per prendere appunti personali e decidere se condivedere pubblicamente.
Molto più di una semplice app per prendere appunti, ma una vera instanza che gira in selfhosting accessibile da qualunque browser.
Devo dire che le risorse occupate sono pressochè nulle e mi piace l’idea di salvare idee e appunti privatamente ma allo stesso tempo decidere se rendere pubblico il memos.
È disponibile perfino un’app di terze parti per android e l'integrazione con Telegram Bot per inviare memos direttamente all'instanza Memos
Memos - Easily capture and share your great thoughts. Open Source and Free forever
A privacy-first, lightweight note-taking service. Easily capture and share your great thoughts.www.usememos.com
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Interagire con GPT da terminale con tgpt
tgpt è uno strumento CLI (interfaccia a riga di comando) multipiattaforma che ti consente di utilizzare il chatbot AI nel tuo terminale senza richiedere chiavi API.
GitHub - aandrew-me/tgpt: ChatGPT in terminal without needing API keys
ChatGPT in terminal without needing API keys. Contribute to aandrew-me/tgpt development by creating an account on GitHub.GitHub
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James Webb, due anni nello spazio! Ecco le più importanti scoperte degli ultimi due anni l AstroSpace
"Nel corso di questi due anni trascorsi dal lancio, il telescopio ha attraversato mesi di test, dato il via alle attività scientifiche all’inizio dell’estate 2022, e sondato il cosmo vicino e lontano con il suo potente occhio infrarosso. Ciò ha consentito agli scienziati di compiere scoperte straordinarie, anche completamente rivoluzionarie, sul nostro Universo. E ci ha regalato dei mosaici colorati e ricchissimi di dettagli (e di scienza) di molti oggetti cosmici, tra pianeti, galassie, nebulose e sorgenti primordiali."
🎄Buone feste a tutte e a tutti dal Ministero dell’Istruzione e del Merito!
Qui il videomessaggio del Ministro Giuseppe Valditara ▶️
youtu.be/aj4NHcUHv4Y
Ministero dell'Istruzione
🎄Buone feste a tutte e a tutti dal Ministero dell’Istruzione e del Merito! Qui il videomessaggio del Ministro Giuseppe Valditara ▶️ https://youtu.be/aj4NHcUHv4YTelegram
Allarme rosso: stanno sfasciando la sanità pubblica l Contropiano
«Nell’anno che sta volgendo a conclusione, più di 3 milioni di cittadini hanno rinunciato a curarsi per mancanza di risorse. Il 21% degli italiani, poi, risparmia denaro per poter effettuare prestazioni sanitarie mentre un italiano su quattro (23%) “drammaticamente non riesce a risparmiare denaro per far fronte alle spese sanitarie”.
E sono tornate ad affacciarsi, con campagne pubblicitarie aggressive, le grandi compagnie di assicurazioni, anche grazie al lavoro di sponda offerto dai sindacati complici: il 17% della popolazione ne ha sottoscritta una.»
Regalo di Natale! Rilasciata la nuova versione di Friendica “Yellow Archangel” 2023.12: tra le novità, il supporto bidirezionale per Bluesky e nuove funzioni di moderazione
Siamo molto felici di annunciare la disponibilità della nuova versione stabile di Friendica “Yellow Archangel” 2023.12. Finalmente concludiamo le modifiche da maggio: i punti salienti di questa versione sono
1. il connettore bluesky è stato reso bidirezionale,
2. i rapporti di moderazione ora possono essere inviati dagli utenti ed esaminati dagli amministratori del nodo,
3. i gruppi definiti dall'utente ora sono chiamati Cerchie e gli account del forum sono ora account di gruppo e, ultimo ma non meno importante, gli utenti ora hanno un controllo migliore sui propri flussi di rete con la nuova funzionalità Canali .
Tieni presente che la versione minima di PHP per Friendica è stata portata a PHP 7.4 con questa versione.
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Ecco il video del seminario sul Fediverso a cura di Gianmarco Gargiulo
Nel video @Gianmarco Gargiulo :archlinux: spiega brevemente il Fediverso, i suoi software più importanti e il motivo per cui il @Napoli GNU/Linux Users Group APS dovrebbe avvalersene in maniera sistematica.
Qui le diapositive della conferenza
PeerTube: videos.gianmarco.gg/w/nVSXCEKB…
Piped: piped.adminforge.de/watch?v=wJ…
YT: youtube.com/watch?v=wJUKMAgaxl…
Odysee: odysee.com/nalug-riunione-16di…
Buon Natale di speranza
L’annuncio del Natale, del “Dio con noi”, dell’Emmanuele, è così potente non solo perché Egli è il Salvatore, ma perché è anche il Re di gloria, il Signore. Gesù Cristo, se non fosse anche Re, non potrebbe darci indicazioni per il nostro vivere, guidarci e insieme sostenerci nella nostra esistenza.
Il mondo è invitato ad accoglierlo e a festeggiarlo con gioia, per riconoscerne la Signoria e la Grazia, per sentire come sia vicino a noi, come umanità: umano con gli umani e insieme Dio con gli umani. Questo annuncio è il dono che possiamo fare come cristiane e cristiani e come chiese ai nostri contemporanei, non tanto il buonismo natalizio, ma il significato vero del Natale che è ciò che dà vera speranza e permette un nuovo inizio.
Un augurio, dunque, di un buon Natale di gioia per ogni fase della nostra vita.
Giuseppe Conte, parabola di un “turboatlantista”
C’è stato un tempo in cui il senso delle Istituzioni suggeriva agli ex presidenti del Consiglio la massima coerenza e la minor demagogia in materia di politica estera e di difesa. I tempi sono evidentemente cambiati.
Nessun giornale ne ha dato conto e, tutto sommato, anche questo è un segno dei tempi. Resta, tuttavia, il fatto che l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte nei giorni scorsi abbia sparato a palle demagogiche incatenate contro la decisione dell’Italia di partecipare, con la fregata Virginio Fasan, alla missione internazionale volta a ripristinare la navigabilità dello stretto di Suez e del Mar Rosso, compromessa dalle incursioni militari dei ribelli jememiti, sciti, Huthi. Coalizione a cui partecipano circa 35 paesi tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Spagna, Paesi Bassi, Norvegia, Canada e che mercoledì ha avuto il via libera del capo della politica estera europea, Josep Borrel.
L’intrepido Conte l’ha messa così: “L’Italia si sta caratterizzando come turboatlantista… Non mi sembra che farci coinvolgere in un ulteriore conflitto sia il nostro obiettivo, ma siccome bisogna essere ossequiosi a Washington, manderemo una fregata e forse ne manderemo delle altre”. Un uomo tutto d’un pizzo.
Si da però il caso che per l’Italia, così come per gli altri paesi della coalizione, non si tratti si assecondare un diktat americano, ma di impedire che i ribelli Huthi blocchino una rotta da cui passa circa il 30% del traffico commerciale mondiale e l’intero interscambio tra il nostro Paese e l’Asia. Evitare Suez per i mercantili e le petroliere significherebbe dover circumnavigare l’Africa: sette giorni di navigazione in più, con relativa impennata dei costi che dagli armatori si ripercuoterebbero sui consumatori, Ma questo a Giuseppe Conte non interessa. A lui, oggi, interessa screditare l’immagine del governo facendolo apparire servile nei confronti degli Stati Uniti così come, in materia di riforma del Patto di stabilità, di Francia e Germania. Calcoli di bottega elettorale che mal si conciliano con il recente status istituzionale del nuovo capo grillino.
Resta, così, la nostalgia per lo stile dei tempi andati. Tempi lontani. Comunque lontanissimi dalla sensibilità del camaleontico Giuseppe Conte. Lo abbiamo riscontrato ieri alla Camera, quando il Movimento 5stelle si è allineato a FdI e Lega nel respingere la riforma del Mes i cui negoziati erano stati avviati nel 2021, con Conte premier. Lo abbiamo visto sin dall’inizio della legislatura sull’Ucraina. Il Conte “pacifista” ha più volte criticato la scelta del governo Meloni, così come dell’Unione europea, di sostenere lo sforzo bellico del popolo ucraino inviando armi e munizioni. Soldi sottratti agli italiani in difficoltà, è stata ed è la retorica contiana. Narrazione che mal si concilia col fatto che sia nel 2018 sia nel 2019 l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte abbia assicurato alla Nato che l’Italia avrebbe portato al 2% del Pil le proprie spese militari e che con lui a palazzo Chigi le spese militari siano effettivamente passate dai 23,4 miliardi del 2018 ai 25,6 miliardi del 2021. Oltre due miliardi di euro in più. Ma è inutile stupirsi, allora il “turboatlantista” era Giuseppe Conte, il quale aveva evidentemente ritenuto opportuno mostrarsi “ossequioso a Washington”.
Huffington Post
L'articolo Giuseppe Conte, parabola di un “turboatlantista” proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
I CARABINIERI RECUPERANO IN OLANDA STATUA TRAFUGATA IN COSTIERA AMALFITANA
I CARABINIERI RECUPERANO IN OLANDA STATUA TRAFUGATA IN COSTIERA AMALFITANA
La storica statua italiana della Madonna del Monte Carmelo, di grande importanza religiosa, è stata restituita all'Italia dai Paesi Bassi con il sostegno giudiziario di Eurojust. Il reperto religioso è stato rubato nel 2014 da una chiesa a Pastena, nella Costiera Amalfitana e successivamente acquistato da un collezionista olandese. Eurojust ha assistito le autorità italiane nella rapida esecuzione di un ordine europeo di indagine (OEI) per organizzarne la restituzione alla parrocchia di Pastena.
L’ordine europeo di indagine è una decisione giudiziaria emessa o convalidata dall’autorità giudiziaria di un paese dell’UE per ottenere atti di indagine effettuati in un altro paese dell’UE al fine di raccogliere elementi di prova in materia penale. L'esecuzione deve essere eseguita con le stesse modalità che si seguirebbero che l'atto investigativo in questione fosse stato ordinato da un'autorità dello Stato di esecuzione.
La statua, che ha circa 700 anni, è stata rubata dalla chiesa nell'agosto 2014 e messa in vendita tramite un antiquario italiano. È stata acquistata in buona fede da un collezionista olandese che intendeva rivenderla e ha postato le foto sui social. Ad avvistarli è stato il parroco di Pastena, che ha contattato le autorità italiane.
Un'indagine era stata avviata dai carabinieri della Tutela dei Beni Culturali e dalla Procura della Repubblica di Salerno, che hanno poi contattato Eurojust per avviare l'iter di recupero e restituzione del reperto in Costiera Amalfitana. L'Agenzia ha prestato assistenza nell'esecuzione dell'OEI, ed ha fornito ulteriore supporto giudiziario transfrontaliero alle autorità in Italia e nei Paesi Bassi. Il trasferimento della statua è avvenuto nei giorni scorsi.
Per saperne di più sull’ordine europeo di indagine: e-justice.europa.eu/content_eu…
Export militare, la svolta giapponese con vista sul Gcap
Sarà possibile per il governo di Tokyo esportare materiale d’armamento, attrezzature militari e tecnologie di difesa prodotte in Giappone sia verso i Paesi proprietari delle licenze, sia verso le Nazioni che si difendono da un’invasione. La riforma voluta dal governo del Sol levante segna un cambio di passo notevole per un Paese la cui rigida costituzione pacifista impediva fino a questo momento il trasferimento di attrezzature militari. L’obiettivo dichiarato da Tokyo è quello di rafforzare i legami di sicurezza con i Paesi partner, una necessità nel quadro internazionale sempre più insicuro e instabile. La decisione ancora non ricomprende il caso di prodotti co-sviluppati con partner internazionali a Paesi terzi, mancando un accordo tra i vari partiti di maggioranza, e in questo senso un progetto come il Global Combat Air Programme per sviluppare, insieme a Italia e Regno Unito, il caccia di sesta generazione resta per ora escluso dalla possibilità di esportazione da parte di Tokyo. Tuttavia, il segnale resta importante, e non è escluso che in attesa degli sviluppi del Gcap, non possa avvenire un ulteriore passo in questa direzione da parte nipponica.
La recente riforma segnala infatti la prosecuzione del processo di revisione delle norme sulle esportazioni iniziate nel 2014, quando il Giappone rimosse le misure di embargo netto sulle armi della sua Costituzione. In generale, il Paese del Sol levante ha intrapreso con sempre maggiore decisione la strada di una riforma generale del suo comparto difesa, superando le resistenze storiche anche della popolazione, di fronte alla necessità ravvisata dal governo di assicurare una maggiore sicurezza al Paese in uno scenario globale e regionale sempre più fragile. La minaccia missilistica nordcoreana e l’assertività crescente di Pechino nel mar Cinese meridionale (dove oltre a Taiwan, Pechino rivendica anche le isole Senkaku amministrate da Tokyo) hanno spinto il Giappone a rivedere le proprie politiche di disarmo, verso un potenziamento delle Forze di auto-difesa e una maggiore collaborazione internazionale di Difesa, a partire dagli Stati Uniti e dagli altri Partner regionali.
Sono tre i principi emendati sul trasferimento di attrezzature e tecnologie per la difesa. Con le nuove norme, il Giappone può adesso trasferire i sistemi d’arma prodotti su licenza straniera in Giappone ai Paese licenziatari. È il caso recente dei missili terra-aria Patriot (e in particolare i modelli Pac-2 e Pac-3) prodotti in territorio giapponese sotto licenza dell’azienda americana Raytheon, che il governo di Tokyo sta per inviare agli Stati Uniti. Gi arsenali di Washington stanno infatti fronteggiando una forte carenza di questi sistemi, in parte forniti alle forze armate di Kyiv e in parte dispiegati in Medio Oriente, ma anche nella regione Indo-Pacifica. La revisione consente inoltre al Paese di vendere parti di armi a condizione che i componenti di per sé non siano letali, come i motori dei jet da combattimento, e infine di fornire attrezzature di difesa a Paesi che si difendono da invasioni che violano il diritto internazionale, come l’Ucraina.
Per quanto riguarda il caccia di nuova generazione sviluppato congiuntamente da Giappone, Regno Unito e Italia, il governo Fumio Kishida sta cercando di eliminare il divieto di esportare prodotti co-sviluppati ad altri Paesi. Questo rappresenterebbe un boost sostanziale alla sostenibilità del progetto non solo per il Giappone, ma in generale per lo sviluppo dell’intero programma. Permetterebbe, infatti, al consorzio di avere nel Giappone un partner cruciale per la sua presenza nell’Indo-Pacifico, diventando una potenziale piattaforma per l’esportazione del sistema a Paesi partner come Australia o Corea del Sud.
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La differenza tra Threads e il Fediverso libero
Threads è Come andare in crociera: stai in mezzo a mille persone, ognuna che pensa di essere Gesù Cristo in Terra e in più paghi un sacco di soldi. Quando invece stai in una istanza del fediverso libero è come se fossi in barca a vela invitato da un gruppo di amici: Se vuoi puoi contribuire alle spese e soprattutto non ti "senti" libero, ma sei "davvero" libero!
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@Gianlu 🇮🇹 – 🇪🇺 vaglielo a spiegare agli sviluppatori di Friendica... 😁 😄 🤣
(purtroppo il tag [share][/share]
di Friendica, viene transcodificato così sia da Mastodon sia da Misskey 🤷🏽♂️
Ministero dell'Istruzione
#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta quattro scuole di Lecce e provincia. Grazie ai fondi del #PNRR saranno realizzati laboratori digitali negli Istituti “De Pace” e “De Giorgi” di Lecce.Telegram
OPERAZIONE “KULMI” CONTRO IL TRAFFICO DI STUPEFACENTI DALL’ALBANIA. ARRIVANO LE CONDANNE DEFINITIVE
Può essere presa ad esempio come attività di polizia internazionale che ha sfruttato tutte le possibilità legislative ed operative: si tratta della Operazione “Kulmi”, orchestrata sin dal 2017 dal Centro operativo della Direzione Investigativa Antimafia (#DIA) di Bari, con la costituzione di una Squadra Investigativa Comune da parte della Procura Distrettuale Antimafia del capoluogo pugliese, la Procura Speciale contro la corruzione e la criminalità organizzata della Repubblica d’Albania (SPAK) ed Eurojust, nonché delle Divisioni Interpol e S.I.Re.N.E. del Servizio di Cooperazione Internazionale (SCIP) del Ministero dell’Interno, dell’Ufficio di Collegamento Interforze di Tirana e dell’Esperto per la Sicurezza presso l’Ambasciata d’Italia a Londra.
L’attività congiunta ha consentito di disarticolare una associazione criminale transnazionale di narcotrafficanti italiani ed albanesi operante nel barese, con ramificazioni oltre che nel Paese “delle due aquile”, in Puglia e Basilicata.
L’operazione, nel suo sviluppo, aveva permesso l’arresto di 27 affiliati e il sequestro di oltre 3,3 tonnellate di droga (marjuana, cocaina ed eroina).
Ora la Direzione Investigativa Antimafia ha dato esecuzione a 19 ordini di carcerazione emessi dalla Procura Generale di Bari nei confronti di altrettanti condannati in via definitiva a pene detentive fino ad 11 anni e 6 mesi di reclusione per il traffico internazionale di stupefacenti, a seguito di pronunciamento dello scorso 14 dicembre della Suprema Corte di Cassazione.
Il video qui: direzioneinvestigativaantimafi…
#SPAK #Albania #INTERPOL #SIRENE #SCIP #EUROJUST #ESPERTOPERLASICUREZZA
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Memoru la daton! 🗣 La interesgrupo de Adoleska Agado entuziasme invitas vin partopreni sian retan eventon: ARTo (Adoleskantara Reta Tago) estas organizita de adoleskuloj por adoleskuloj, kaj okazos la 24-an de Decembro. 🎄
Pretiĝu por mojosa tago (horoj aperas laŭ UTC):
🎉 16:00 - 16:30 · Malfermo (gvidas Oliver)
🗣️ 16:30 - 17:30 · Diskutado pri disvastigo de Esperanto kaj adoleskoj (gvidas Óscar)
🎯 17:30 - 18:30 · Ni ludu kune! (gvidas Oliver)
🐶 de 18:30 · Libera babilado pri hejmbestoj (sen gvidanto)
La evento okazos per Jitsi: meet.jit.si/ARTO-TEJO 🎧
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PORTI E CRIMINALITÀ. IL RAPPORTO DI “LIBERA”
L’ambito portuale può essere crocevia di traffici illeciti internazionali.
“Libera” (rete di associazioni, cooperative sociali, movimenti e gruppi, scuole, sindacati, diocesi e parrocchie, gruppi scout, coinvolti in un impegno contro mafie, corruzione, fenomeni di criminalità) ha preso in esame in un suo Rapporto (“Diario di Bordo”) le infiltrazioni criminali in 29 porti italiani, di cui 23 di rilievo nazionale.
Dei 140 casi di criminalità emersi nel 2022:
- l’85,7% riguarda attività illegali di importazione di merce o prodotti,
- il 7,9% riguardano attività illegali di esportazione di merce o di prodotti,
- il 2,9% riguarda sequestri di merce in transito,
- il restante è relativo ad altri fenomeni illeciti non classificabili.
Il dato che spicca maggiormente riguarda il traffico di merce contraffatta, pari al 49,3% dei casi mappati, seguito dal traffico di stupefacenti con il 23,2% e il contrabbando con l’11,6%.
Analizzando le relazioni della Direzione Nazionale Antimafia e della Direzione Investigativa Antimafia, pubblicate tra il 2006 e il 2022, più di un porto italiano su sette è stato oggetto degli interessi della criminalità organizzata. Sono almeno 54 i porti italiani che sono stati oggetto di proiezioni criminali, con la partecipazione di almeno 66 clan, che hanno operato in attività di business illegali e legali. Tra di esse, spiccano le tradizionali mafie italiane: ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra.
Si rileva inoltre la presenza di diversi gruppi di cui: asiatici, dell’Est Europa, del Nord Africa, o di provenienza dall’ Albania, Cina, Messico e Nigeria. Su 66 clan censiti, 41 sono gruppi di ‘ndrangheta che operano in diversi mercati illeciti.
Spesso è necessario il contributo di più soggetti, in molti casi appartenenti all’area dell’economia legale: lavoratori del porto, dipendenti pubblici, imprenditori e professionisti dell’economia marittima, mentre per i traffici illegali è necessario il contributo di chi produce, chi imbarca, chi si occupa del trasferimento, chi recupera il carico, chi lo fa uscire dall’area portuale e chi si occupa della distribuzione.
Secondo il Rapporto: “gli scali sembrano essere uno snodo strategico e di fondamentale importanza per i gruppi criminali, che possono sfruttare l’infrastruttura e i collegamenti per svariati scopi”.
Il rapporto completo è scaricabile qui: libera.it/documenti/schede/dia… , mentre un video di presentazione è disponibile qui yewtu.be/-XP4UO2ZvQo?t=37
Piero Bosio
in reply to Informa Pirata • • •marcolo
in reply to Piero Bosio • • •Veramente, signor Piero Bosio, esistono altri dati da trattare oltre a quelli personali e privati dei cittadini, senza avere il diritto di accedervi.
Piero Bosio
in reply to marcolo • • •@marcolo
Esatto, ed è proprio quello il problema: il diritto di accesso ai dati. Senza quel diritto, la scienza dell'informazione, cioè l'Informatica va ko, a scapito della qualità dell'informazione e a beneficio dell'ignoranza. Da qui emerge, secondo me, la contraddizione della UE.
Informa Pirata
in reply to Piero Bosio • •@Piero Bosio non c'è nessun diritto ad accedere ai dati in maniera indiscriminata!
@marcolo
Piero Bosio
in reply to Informa Pirata • • •marcolo
in reply to Piero Bosio • • •@pierobosio
Scusi sig. Bosio, mi pare che le sue affermazioni pecchino di logica. Da un lato sembra sostenere che sia necessario che vi sia libero accesso ai dati di tutti (e critica il GPRS europeo che li protegge), dall' altra dice che l' informatica non accede ai dati in maniera indiscriminata (quindi una selezione, che ne escluda parte, sembra conseguente). Piccola curiosità: ma lei è umano o no?
@informapirata
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Piero Bosio
in reply to marcolo • • •@marcolo
A me il Gdpr non piace. Lo ritengo un assurdo provvedimento che non aiuta l'informatica, ma la penalizza. Che i dati personali vadano protetti e tutelati ci sta, ma non nei termini stabiliti dal Gdpr che non accetto.
Marco Bresciani
in reply to Informa Pirata • • •Preparare alla transizione digitale... se aspettiamo ancora un po'... 😅
E spero che con "informatica" non intendano il poVerpoint, il grassetto in Word o formule Excel (tralasciando che non conoscono, temo, il software libero), ma che invece guardino alle regole di funzionamento delle "macchine digitali" 🙄, alla comprensione delle logiche booleane e delle basi e dei concetti del software, in generale: gli algoritmi, le basi dati, i protocolli di comunicazione, ...
Informa Pirata
in reply to Marco Bresciani • •Marco Bresciani
in reply to Informa Pirata • • •