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Nuovo terremoto in Afghanistan: colpita Herat, altri morti si aggiungono alle migliaia di sabato


Una nuova, forte scossa nelle prime ore di mercoledì, dopo il sisma che ha colpito sabato le regioni occidentali del Paese. Sono più di 2.500 i morti accertati, ai quali si aggiungeranno altre vittime L'articolo Nuovo terremoto in Afghanistan: colpita He

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Pagine Esteri, 11 ottobre 2023. Un nuovo, pesante terremoto ha colpito questa mattina l’Afghanistan, dopo quello che sabato 7 ottobre ha ucciso più di 2.400 persone.

Alle prime luci dell’alba la zona di Herat, già in ginocchio per il sisma precedente, ha subito un’ulteriore forte scossa, di magnitudo 6,3.

L’ufficio del governatore di Herat ha fatto sapere che ci sono numerose perdite ma non si capisce ancora quante persone siano morte e quante ancora sotto le macerie.


di Valeria Cagnazzo –

Pagine Esteri, 8 ottobre. La mattina di sabato 7 ottobre, un terremoto di magnitudo 6.3 con epicentro a circa 40 km a nord-ovest di Herat ha scosso l’Afghanistan. Nelle ore successive, ulteriori scosse di assestamento hanno continuato a far tremare il Paese, che già contava a centinaia le proprie vittime. A circa ventiquattro ore dal sisma, il bilancio è drammatico: oltre 2.000 sono i morti e almeno 9.000 le vittime, mentre nelle regioni colpite, almeno 8 i villaggi distrutti, si continua a scavare e a cercare i dispersi.

La tragedia si abbatte su un Paese che già sta attraversando una profonda crisi umanitaria, i cui fondi statali sono congelati e in cui gli aiuti internazionali sono stati tagliati da quando nell’agosto 2021 le truppe americane hanno abbandonato i loro ultimi avamposti e i talebani hanno autoproclamato il loro governo.

“Questo terribile terremoto avviene in un momento di estremo bisogno umanitario in cui 15 milioni di persone non sanno da dove arriverà il loro prossimo pasto”, si legge sull’account del World Food Programme.

🚨#Afghanistan: “This terrible earthquake comes at a time of immense humanitarian needs when 15 million people do not know where their next meal will come from.”

More about the #AfghanistanEarthquake: t.co/ouwPNSQwNi pic.twitter.com/t9GSvHknFt

— World Food Programme in Afghanistan (@WFP_Afghanistan) October 8, 2023

Il rappresentante delle Nazioni Unite Stephane Dujarric ha intanto dichiarato che l’Onu e i suoi partner in Afghanistan stanno coordinando le proprie azioni di soccorso con le autorità de facto per raggiungere le comunità colpite. Il governo talebano, intanto, ha chiesto alle organizzazioni assistenziali locali di recarsi nelle regioni colpite per fornire aiuto ai superstiti e contribuire al recupero dei corpi intrappolati sotto le macerie e alla ricerca dei dispersi. Ha, inoltre, chiesto “ogni possibile collaborazione e aiuto ai fratelli afflitti” da parte dei loro “ricchi compatrioti”.

Nel giugno 2022, l’Afghanistan era stato colpito da un altro terremoto che aveva provocato almeno 1.500 morti.

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PODCAST. Situazione disperata a Gaza, aumentano le tensioni in Cisgiordania


Con l'embargo, l'assedio e la chiusura totale, la situazione all'interno della Striscia di Gaza si fa ora per ora più disperata. Da Ashqelon, vicino al confine con la Striscia di Gaza, il direttore di Pagine Esteri, Michele Giorgio, ci aggiorna sulla situ

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Pagine Esteri, 11 ottobre 2023. Da Ashqelon, vicino al confine con la Striscia di Gaza, il direttore di Pagine Esteri, Michele Giorgio, ci aggiorna sulla situazione. La città del sud di Israele è raggiunta da numerosi razzi lanciati da Hamas.

Ieri Israele ha compiuto ben 200 missioni su al-Furqan, un’area di Gaza City ritenuta roccaforte di Hamas. In una situazione di completo embargo e di chiusura totale, la situazione all’interno della Striscia di Gaza si fa ora per ora più disperata.

Al nord Hezbollah ha lanciato un razzo anticarro e Israele ha subito risposto bombardando aree del Libano. Truppe israeliane si stanno spostando verso il confine.

Intanto in Cisgiordania si moltiplicano le manifestazioni a sostegno della popolazione di Gaza ma esercito e polizia aprono il fuoco a vista. Sono 23 i palestinesi uccisi in Cisgiordania. Per Venerdì Hamas ha chiamato una sollevazione generale in Cisgiordania e a Gerusalemme Est.
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I suoceri del premier scozzese intrappolati a Gaza


I suoceri di Humza Yousaf sono intrappolati nella Striscia di Gaza. Il premier scozzese chiede l'apertura di un corridoio umanitario L'articolo I suoceri del premier scozzese intrappolati a Gaza proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/10

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di Redazione

Pagine Esteri, 11 ottobre 2023 – Il primo ministro scozzese Humza Yousaf ha dichiarato che i genitori di sua moglie, la palestinese Nadia El Nakla, sono intrappolati a Gaza, ed ha espresso tutta la sua preoccupazione per i bombardamenti indiscriminati che Israele sta conducendo contro la popolazione civile palestinese e che in pochi giorni hanno causato più di mille morti.
Maged ed Elizabeth El-Nakla erano andati a trovare la madre 92enne di suo suocero quando sabato scorso ha avuto luogo il primo attacco di Hamas.
«Sono intrappolati a Gaza. Gli israeliani dicono loro di lasciare Gaza, gli è stato detto che Gaza sarà effettivamente trasformata in un cumulo di macerie, ma non hanno nessun posto dove andare, non possono andarsene, Gaza è sotto assedio» ha denunciato il leader del Partito Nazionale Scozzese in un’intervista alla BBC.
Martedì sera, Yousaf ha detto di esser riuscito a contattare i suoi suoceri e che erano terrorizzati. Ha aggiunto che suo cognato, che è un medico a Gaza, ha raccontato che le scorte mediche «sono al livello più basso mai visto, al punto che devono usare pezzi dei loro vestiti per cercare di fasciare le ferite».

«Nonostante l’assistenza del Ministero degli Esteri britannico, nessuno può garantire un passaggio sicuro verso nessuno dei confini. Pertanto, potete immaginare quanto io e mia moglie siamo tormentati dalla preoccupazione sulle condizioni dei miei suoceri» ha detto Yousaf.

Yousaf, 38 anni, all’inizio dell’anno ha vinto le primarie dello Scottish National Party, diventando così il primo musulmano a guidare un paese dell’Europa occidentale nella storia recente.
Il premier scozzese ha pronunciato una “condanna inequivocabile” degli attacchi di Hamas e ha avvertito che i civili innocenti di entrambe le parti soffriranno maggiormente a causa dell’escalation del conflitto.

Pur condannando nettamente l’azione di Hamas, il premier scozzese ha invitato il ministro degli Esteri britannico a esercitare pressioni su Israele per la creazione immediata di un corridoio umanitario per evacuare i civili da Gaza. «La punizione collettiva di civili innocenti non può essere giustificata e non contribuirà a creare le condizioni per la pace nella regione» ha detto Yousaf. – Pagine Esteri

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LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 5: Israele è pronto all’invasione di terra.


La centrale di Gaza potrà fornire elettricità solo per le prossime 10-12 ore. Se l'embargo continua sarà una catastrofe umanitaria L'articolo LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 5: Israele è pronto all’invasione di terra. proviene da Pagine Esteri. https://pagin

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Pagine Esteri, 11 ottobre 2023. Si continuano a recuperare corpi, in Israele e il bilancio delle vittime dell’attacco improvviso di Hamas, sabato 7 ottobre, è salito a 1.200 persone. Parenti e amici di coloro che risultano attualmente dispersi, attendono di sapere se i propri cari sono stati uccisi oppure sono a Gaza come ostaggi. In una struttura militare sono stati allineati decine di corpi, per permetterne l’identificazione. L’esercito israeliano, che ha ammassato centinaia di migliaia di truppe al confine con Gaza, è pronto a lanciare un’offensiva di terra.


→ GLI EVENTI DEL QUARTO GIORNO


Non si sono mai fermati i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza e continuano anche oggi, per il quinto giorno consecutivo. Sono stati uccisi 950 palestinesi tra cui almeno 260 bambini. Interi quartieri sono stati rasi al suolo, colpiti campi profughi e mercati, scuole, università, ospedali, moschee e ambulanze. Sono almeno 6 i giornalisti uccisi. La situazione umanitaria è catastrofica: Israele ha ordinato l’assedio totale della Striscia e non possono entrare aiuti umanitari, farmaci, acqua. L’unico possibile passaggio per i cittadini di Gaza, il valico di Rafah al confine con l’Egitto, è stato prima chiuso e smantellato dall’Egitto stesso, per “ragioni di sicurezza”, poi bombardato dall’aeronautica israeliana, mentre centinaia di palestinesi erano in attesa, nel tentativo di lasciare Gaza. Anche il porto è stato bombardato, non ci sono vie di fuga. La centrale elettrica interna alla Striscia, secondo il presidente dell’Autorità energetica palestinese Thafer Melhem, potrebbe spegnersi completamente entro 10-12 ore, a causa dell’embargo di carburante e lasciare così 2 milioni e 300mila persone completamente al buio e senza elettricità.


SCARICA IL DOSSIER → PALESTINA-ISRAELE. LE RAGIONI DEL CONFLITTO


Sono rimasti inascoltati gli appelli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dell’ONU e delle ONG per aprire un corridoio umanitario che porti a Gaza medicine, alimenti e acqua.

Hamas ieri ha continuato a sparare razzi su Israele, colpendo soprattutto Ashqelon, a sud di Israele, senza fare vittime.

Leggeri scambi di fuoco, tra Israele e Hezbollah in Libano si sono registrati ieri, dopo l’uccisione da parte di Israele di 4 membri del partito libanese. In serata un razzo partito dalla Siria è finito in un’area nel Golan, la zona occupata da Israele nel 1967, senza fare danni.

Nella Cisgiordania occupata si sono tenute manifestazioni a sostegno della popolazione palestinese di Gaza. Al momento sono 23 i palestinesi, soprattutto giovani, uccisi in Cisgiordania da Israele. Secondo The Times of Israel, il Ministro israeliano della sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, sta acquistando 10.000 pistole da distribuire ai coloni e agli israeliani residenti nelle città abitate anche da cittadini arabi.

L’Unione Europea ha deciso ieri, a maggioranza dei leader dei Paesi che ne fanno parte, di non sospendere gli aiuti economici ai palestinesi. Al contrario, dopo l’Austria, anche la Svezia e la Danimarca hanno deciso di sospendere gli aiuti.


LEGGI → ISRAELE-GAZA: IL MONDO SI DIVIDE


Gli Stati Uniti hanno inviato una potentissima portaerei in supporto a Israele che era già la potenza armata più temibile dell’area. Un primo carico di munizioni USA sarebbe già stato consegnato.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha commentato negativamente l’invio, da parte degli Stati Uniti, della portaerei che dovrà rimanere nella regione a sostegno di Israele, dichiarando che non potrà far altro che portare altra violenza e altre stragi.

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In Cina e Asia – Un libro bianco sulla BRI rilancia l’iniziativa di Xi


In Cina e Asia – Un libro bianco sulla BRI rilancia l’iniziativa di Xi belt and road
I titoli di oggi: Cina, un libro bianco sulla Belt and Road Initiative rilancia l’iniziativa chiave di Xi La Cina rilascia la giornalista australiana Cheng Lei Country Garden, una nuova scadenza mette la società a rischio default Cina-Usa, la delegazione del Congresso: “Straordinario successo” Cina-Arabia Saudita, al via le esercitazioni militari congiunte Myanmar, strage tra gli sfollati interni in Kachin ...

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Il percorso scolastico è fatto di tanti momenti di crescita. Saper scegliere la direzione giusta è...

Il percorso scolastico è fatto di tanti momenti di crescita. Saper scegliere la direzione giusta è fondamentale per percorrere al meglio la strada, conoscere la destinazione, sapere come e quando chiedere supporto.



Weekly Chronicles #49


La chimera della protezione dei dati nelle smart cities. Il caso del giudice Apostolico. Google dice addio alle password. Meme e citazione della settimana.

La chimera della protezione dei dati nelle smart cities


Le città intelligenti, o "Smart Cities" sono la buzzword del momento.

L’idea sarebbe di usare grandi quantitativi di dati e tecnologie per migliorare la qualità della vita urbana. Tuttavia, quello a cui assistiamo è invece una raccolta massiva di dati personali e l’uso di tecnologie di sorveglianza di vario tipo: dalle telecamere, ai droni, fino ad arrivare ai sensori wi-fi, bluetooth e celle telefoniche.

Un documento pubblicato dall’International Working Group on Data Protection in Technology, disponibile qui, esplora a livello giuridico il tema della privacy nelle smart city, fornendo alcune raccomandazioni alle città che vorrebbero cimentarsi nel diventare “smart” nel rispetto della legge e dei dati delle persone.

Il documento fornisce spunti interessanti per chi lavora nel settore e per i politici che vorrebbero cimentarsi in tali attività. Le raccomandazioni, in estrema sintesi, sono queste:

  • Valutare i rischi e la proporzionalità del trattamento prima della raccolta dei dati
  • Garantire che i dati utilizzati nelle decisioni siano adeguati e rappresentativi della popolazione
  • Stabilire chiare procedure per soddisfare i diritti dei cittadini e assicurare trasparenza nella filiera del trattamento

La protezione dei dati nelle “smart cities” sembra però una chimera irrealizzabile. Le amministrazioni locali ricevono fondi nazionali ed europei per installare sistemi di sorveglianza evoluta che non capiscono e che non sanno usare, né comprenderne l’utilità. Come se non bastasse, ne ignorano completamente i rischi.

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Nel documento si cita un caso empirico che fa ben comprendere la natura del problema.

Il comune di Enschede, nei Paesi Bassi, per più di tre anni ha implementato un sistema di tracciamento wi-fi degli smartphones attivo 24/7 nel centro della città. L’obiettivo era quello di misurare l’efficacia degli investimenti municipali — qualsiasi cosa volesse dire.

Nella pratica, per tre anni i cittadini di Enschede sono stati spiati mentre passeggiavano in strada. Il sistema infatti raccoglieva dati (tra cui anche l’indirizzo MAC, identificativo unico del dispositivo) per analizzare il traffico pedonale, il tempo trascorso nelle diverse vie del centro e le abitudini delle persone.

In che modo quest’attività ha portato un beneficio agli abitanti di Enschede? Come sono stati valutati i rischi? Non è dato sapersi.

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Il caso del giudice Apostolico


In questi giorni sta facendo molto rumore il caso del giudice Iolanda Apostolico. Alcuni giorni fa è stato pubblicato un video risalente al 2018 in cui si vedeva la Apostolico partecipare a una manifestazione di protesta contro le politiche sull’immigrazione clandestina del governo di quel periodo.

Matteo Salvini, dopo la pubblicazione del video, ha presto chiesto le sue dimissioni per evidente mancanza di imparzialità. La giudice aveva infatti recentemente deciso in merito alla revoca dell’ordine di detenzione di alcuni tunisini in un centro in Sicilia.

Sulla questione prettamente politica non c’è molto da dire: chiunque pensi che i magistrati siano imparziali e che non si lascino influenzare dalle loro personalissime opinioni è un povero fesso.

Detto questo, la vicenda sottolinea l’importanza del concetto di privacy come capacità di controllare i propri dati e la propria identità, sia fisica che digitale. La giudice non aveva “nulla da nascondere” partecipando alla manifestazione politica, eppure a distanza di anni quel video, diffuso al pubblico, ha avuto un grande impatto negativo sulla sua persona.

Pensiamo ora al contesto dei social network. Potremmo dire che un social network sia un po’ come una manifestazione politica permanente. Capita a chiunque di esprimere più o meno palesemente le proprie opinioni. Che succederebbe se le autorità iniziassero un’opera di schedatura e dossieraggio su tutto ciò che abbiamo detto e fatto online? Le conseguenze sarebbero disastrose più o meno per chiunque.

Se vuoi approfondire il concetto di privacy, leggi qui:

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Google dice addio alle password


Pare che Google presto inizierà a spingere gli utenti verso un sistema di autenticazione senza password (passwordless) per migliorare la sicurezza1. L’autenticazione senza password utilizzerà i sistemi di identificazione biometrica presenti sui nostri dispositivi per il login nelle varie app di Google, facendo quindi a meno delle password.

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Se da un certo punto di vista è indubbiamente comodo, dall’altro potrebbe essere un ulteriore passo in avanti verso una crescente dipendenza nei confronti della Big Tech per utilizzare i nostri account e servizi. Sebbene infatti i dati biometrici siano salvati sul dispositivo, esistono meccanismi di backup in Cloud per mitigare il rischio in caso di perdita di cui difficilmente si potrebbe fare a meno.

Mi piacerebbe conoscere la vostra opinione. Userete questo nuovo metodo di autenticazione o continuerete a preferire le password?

Meme della settimana


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Citazione della settimana

Questo cetriolo è amaro? Gettalo! Ci sono rovi nel cammino? Devia! È tutto ciò che occorre. Non dire sull'argomento: "Perché accadono queste cose nel mondo?"

Marco Aurelio

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theverge.com/2023/10/10/239109…


privacychronicles.it/p/weekly-…



Negative Approach Interview


Negative Approach May 12, 2022 at The Paramount

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Il mondo si divide, non tutti sostengono Israele


Se dopo l'operazione militare a sorpresa di Hamas i governi dei paesi aderenti o vicini alla Nato hanno espresso totale sostegno a Israele, nel resto del mondo le reazioni sono stato in genere più equilibrate se non schierate dalla parte del popolo sottop

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di Redazione

Pagine Esteri, 11 ottobre 2023 – Se dopo l’operazione militare a sorpresa del movimento palestinese Hamas contro Israele i governi dei paesi aderenti o vicini alla Nato hanno espresso totale sostegno a Israele, nel resto del mondo le reazioni sono stato in genere più equilibrate se non schierate dalla parte del popolo sottoposto a occupazione dall’ormai lontano 1948.

Il ministro degli Esteri cinese ha fatto sapere ieri che «la Cina si oppone ad azioni che intensificano i conflitti e minano la stabilità regionale» ma il governo cinese non ha esplicitamente condannato il sanguinoso blitz di Hamas in territorio israeliano, irritando non poco Washington, Bruxelles e Tel Aviv. La portavoce della diplomazia di Pechino ha comunque aggiunto di augurarsi di vedere presto un rapido cessate il fuoco».

Da parte sua la Federazione Russa ha condannato lunedì la violenza contro ebrei e palestinesi, ma ha criticato gli Stati Uniti per quello che definisce il loro approccio distruttivo che ha ignorato la necessità di uno Stato palestinese indipendente. Il Cremlino ha chiesto il ritorno alla pace e si è detto “estremamente preoccupato” per il fatto che la violenza possa degenerare in un conflitto più ampio in Medio Oriente. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha condannato la violenza, ma ha detto che l’Occidente sarebbe miope se credesse di poter semplicemente condannare gli attacchi contro Israele e poi sperare in una vittoria israeliana senza risolvere la causa dell’instabilità, cioè l’occupazione della Palestina.

Le relazioni diplomatiche del Sudafrica con Israele sono tese, perché il governo dell’African National Congress lo definisce uno “stato di apartheid”. L’ANC afferma che Tel Aviv tratta i palestinesi nello stesso modo in cui il governo dell’apartheidopprimeva i neri sudafricani, «segregandoli e impoverendoli» per il solo fatto di essere palestinesi. Il governo sudafricano ha ribadito la sua solidarietà incondizionata alla causa palestinese.

Tra i Brics si distingue l’India che ha adottato una posizione simile a quella dei paesi del blocco euro-atlantico. «Il popolo indiano è con fermezza al fianco di Israele in questo momento difficile» ha scritto su X il primo ministro Narendra Modi dopo un colloquio telefonico con l’omologo israeliano Benjamin Netanyahu.

L’Indonesia è «profondamente preoccupata dall’escalation del conflitto tra Palestina e Israele» e chiede «l’immediata cessazione della violenza per evitare ulteriori perdite umane» recita un comunicato pubblicato dal ministero degli Esteri di Giacarta. Secondo l’Indonesia, storicamente sostenitrice della causa palestinese, «devono essere risolte le radici del conflitto, in particolare l’occupazione dei Territori palestinesi da parte di Israele, in accordo con i termini stabiliti dalle Nazioni Unite».

Simile la posizione espressa dal governo della Malesia che ha esortato tutte le parti coinvolte a esercitare la moderazione e ad adoperarsi per la distensione ribadendo comunque il sostegno al diritto del popolo palestinese di vivere all’interno di uno stato indipendente. «I palestinesi sono stati soggetti alla prolungata occupazione illegale, al blocco e alle sofferenze, alla profanazione di Al Aqsa, così come alla politica di esproprio da parte di Israele in quanto occupante» ricorda una nota del ministero degli Esteri di Kuala Lumpur che definisce quella di Israele «un’amministrazione dell’apartheid».

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Moqtada al-Sadr

Rispetto al passato alcuni paesi arabi hanno espresso giudizi relativamente equidistanti, per lo meno quelli che negli anni scorsi sono stati protagonisti dei cosiddetti “Accordi di Abramo” mediati dagli Stati Uniti e volti alla normalizzazione dei rapporti con Israele. È il caso di Emirati Arabi, Bahrein e Marocco. Il Marocco ha condannato «gli attacchi contro i civili ovunque accadano» mentre gli Emirati hanno espresso «sincere condoglianze a tutte le vittime della crisi». Gli Emirati però hanno anche chiesto alla Siria di non intervenire nel conflitto tra Israele e i movimenti palestinesi e di non consentire attacchi dal territorio siriano.

Egitto e Giordania, che riconoscono Israele rispettivamente dal 1978 e dal 1994, hanno denunciato i gravi rischi di una possibile escalation militare. Il ministro degli Esteri di Amman ha però ricordato «gli attacchi e le violazioni dei diritti dei palestinesi in Cisgiordania». Il governo di Amman ha poi negato che gli Stati Uniti stiano utilizzando delle basi militari del paese per rifornire Israele di armi, accusa diffusa da alcuni media mediorientali.

L’Arabia Saudita, protagonista di un relativo processo di normalizzazione con Israele che però procede molto lentamente, ha chiesto l’immediata sospensione dell’escalation tra israeliani e palestinesi, la protezione dei civili e la moderazione, e ha invitato la comunità internazionale ad attivare un processo di pace credibile che porti a una soluzione a due Stati in Medio Oriente. Il Ministero degli Esteri di Riad ha ricordato i suoi «ripetuti avvertimenti sul pericolo che la situazione esploda a causa dell’occupazione e della privazione dei suoi diritti legittimi inflitta al popolo palestinese». Secondo molti analisti uno degli obiettivi dell’azione di Hamas di sabato scorso era proprio quella di far saltare l’avvicinamento tra Riad e Tel Aviv.

Anche il Qatar – che sostiene la Fratellanza Musulmana, corrente dell’Islam politico alla quale aderisce Hamas – ha indicato nelle politiche israeliane nei confronti dei palestinesi le cause della recente crisi.
Invece il presidente turco Erdogan ha espresso una posizione più equidistante. «Chiediamo a Israele di fermare i suoi bombardamenti sul territorio palestinese e ai palestinesi di fermare le loro aggressioni contro gli insediamenti civili israeliani» ha detto Erdogan in un discorso televisivo, aggiungendo che «anche la guerra ha i suoi modi e la sua morale». La Turchia è l’altra capofila internazionale dei Fratelli Musulmani e sostiene Hamas economicamente e politicamente, ma teme che la crisi attuale causi la rottura delle sue buone relazioni (economiche e militari) con Israele. Ankara e Tel Aviv hanno in cantiere la realizzazione di un gasdotto che consenta il passaggio via Turchia del gas estratto nel grande giacimento israeliano denominato “Leviatano”.

Sostegno incondizionato ad Hamas è giunto immediatamente dal governo dell’Iran. Secondo la guida suprema della Rivoluzione iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, di fronte all’attacco sferrato dal movimento di resistenza islamica palestinese il 7 ottobre Israele ha subito un «fallimento irreparabile» dal punto di vista militare e di intelligence. L’ayatollah ha quindi elogiato la «gioventù palestinese che ha ordito un’operazione di tale intelligenza» smentendo le accuse circolate nei giorni scorsi a proposito di un coinvolgimento dell’Iran. «Quando la crudeltà e il crimine passano il segno e la rapacità giunge al parossismo, bisogna attendersi la tempesta» ha commentato il leader iraniano.

Ieri il presidente della Repubblica dell’Algeria, Abdelmadjid Tebboune, ha espresso «la piena solidarietà con il popolo e il governo della Palestina» al leader dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas (che in realtà è il principale rivale del movimento Hamas), denunciando «le gravissime violazioni commesse dalle forze di occupazione contro il popolo palestinese a Gaza e in Cisgiordania». «Questi sviluppi ricordano a tutti che una pace giusta e completa, come opzione strategica, potrà essere raggiunta solo attraverso la creazione di uno Stato palestinese indipendente e sovrano con Gerusalemme come capitale, in conformità con il diritto internazionale» ha sottolineato il capo di stato algerino. Nei giorni scorsi il presidente della camera alta del parlamento di Algeri ha condannato fermamente i «vergognosi attacchi dell’occupazione israeliana contro il popolo palestinese» nella Striscia di Gaza definendola «una scena di vergognosa umiliazione internazionale di fronte alla crescente arroganza coloniale». Il presidente del parlamento ha denunciato «la continua ipocrisia internazionale che applica doppi standard nei suoi rapporti con la giusta causa palestinese, attraverso la procrastinazione intenzionale, palesi pregiudizi e la vergognosa giustificazione dello spargimento di sangue da parte israeliana e dei suoi crimini contro l’umanità».
Anche il ministero degli Esteri algerino ha preso una netta posizione a sostegno di Hamas e rivendicando il diritto dei palestinesi a combattere contro «l’occupazione sionista».

Una posizione simile è stata espressa dal regime tunisino. La Tunisia intende sostenere il popolo palestinese sia sul piano diplomatico che su quello sanitario, ha detto il presidente Kais Saied dopo una riunione con alcuni ministri. Intanto il sindacato Unione Generale dei Lavoratori sta organizzando una grande manifestazione di solidarietà nei confronti del popolo palestinese.

Le operazioni militari intraprese dal popolo palestinese sono il risultato naturale di decenni di «oppressione sistemica» da parte «dell’autorità di occupazione sionista», ha dichiarato il portavoce ufficiale del governo dell’Iraq. Nella dichiarazione si mette in guardia le autorità israeliane dall’evitare una continua escalation nei Territori palestinesi occupati, che potrebbe compromettere la stabilità della regione.
Da parte sua il leader sciita iracheno Moqtada al-Sadr ha condannato i leader arabi per il loro continuo fallimento nel sostenere adeguatamente il popolo palestinese. In una conferenza stampa nella quale ha annunciato un grande raduno a Baghdad in solidarietà con la Palestina, al-Sadr ha detto «siamo pronti a fornire cibo e acqua a Gaza attraverso l’Egitto, la Siria o altrove” e ha invitato gli stati arabi a garantire la fornitura di energia elettrica e acqua all’enorme prigione a cielo aperto bombardata incessantemente dall’aviazione israeliana. Il leader sciita iracheno ha anche denunciato il doppio standard della comunità internazionale: «Tutti i paesi si sono affrettati a sostenere l’Ucraina. Perché non fare lo stesso per Gaza?».

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Gustavo Petro

Passando all’America Latina, scontata la incondizionata solidarietà espressa ai palestinesi da parte dei governi di Cuba e del Venezuela.

Commentando una dichiarazione del ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant che annunciava un “assedio completo” contro gli “animali” di Gaza il Presidente della Colombia Gustavo Petro ha detto: «Questo è ciò che i nazisti hanno detto degli ebrei».
Petro ha pubblicato dozzine di commenti sui social media sugli eventi da sabato, provocando uno scambio aspro con l’ambasciatore israeliano a Bogotà, Gali Dagan, che ha esortato la Colombia a condannare un «attacco terroristico contro civili innocenti». Nella sua risposta, Petro ha affermato che «il terrorismo consiste nell’uccidere bambini innocenti, sia in Colombia che in Palestina», esortando le due parti a negoziare la pace.

Sostanzialmente equidistante la posizione del governo brasiliano. Il Brasile non risparmierà alcuno sforzo per prevenire l’escalation del conflitto in Medio Oriente, anche mediante il proprio ruolo di presidente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ha scritto il presidente Luiz Inacio Lula da Silva, che si dice «scioccato dagli attacchi terroristici compiuti oggi contro i civili in Israele». Il leader brasiliano invita la comunità internazionale a lavorare per una ripresa immediata di negoziati che portino a una soluzione del conflitto e che garantisca l’esistenza di uno Stato palestinese economicamente vitale, che coesista pacificamente con Israele entro confini sicuri per entrambe le parti.

Simile la posizione del presidente di centrosinistra del Cile Gabriel Boric che ha scritto: «Condanniamo senza riserve i brutali attacchi, omicidi e rapimenti da parte di Hamas. Niente può giustificarli o relativizzare il loro rifiuto più energico». Boric ha poi sottolineato che condanna anche «gli attacchi indiscriminati contro i civili portati avanti dall’esercito israeliano a Gaza e l’occupazione illegale del territorio palestinese».

«Il Messico è favorevole a una soluzione globale e definitiva al conflitto, con la premessa di due Stati, che affronti le legittime preoccupazioni di Israele in materia di sicurezza e consenta il consolidamento di uno Stato palestinese politicamente ed economicamente vitale che coesista con Israele all’interno di confini sicuri e riconosciuti a livello internazionale» ha ricordato il governo di Città del Messico. «Il Messico condanna inequivocabilmente gli attacchi insensati avvenuti contro il popolo di Israele il 7 ottobre da parte di Hamas e di altre organizzazioni palestinesi a Gaza» ha dichiarato il Ministero degli Esteri.
Israele ha però espresso lunedì la sua “insoddisfazione” per le dichiarazioni del presidente Andrés Manuel López Obrador, definite poco incisive.

I cinque aspiranti alla presidenza dell’Argentina hanno dedicato al conflitto in Medio Oriente del secondo e ultimo confronto televisivo, tenuto domenica sera. «In primo luogo, la mia solidarietà con Israele e il suo pieno diritto a difendere il territorio dai terroristi» ha detto il candidato dell’estrema destra liberista Javier Milei, favorito al primo turno del 22 ottobre, Milei ha da sempre indicato Israele come punto di riferimento della sua politica estera, primo Paese cui si recherà in visita in caso di vittoria delle elezioni. Solidarietà «con il popolo di Israele, in questo momento triste dell’attacco terroristico di Hamas» è stata espressa anche dalla conservatrice Patricia Bullrich, già ministro della Sicurezza nel governo dell’ex presidente, Mauricio Macri. La candidata della sinistra, Myriam Bregman, parla del dolore per «le vittime civili, registrate in un conflitto che ha alla base la politica dello Stato di Israele, di occupazione e apartheid contro il popolo palestinese». Il ministro dell’Economia Sergio Massa, candidato del centrosinistra, ha voluto rendere «chiara la sua solidarietà con tutte le vittime di un attacco terroristico brutale che oggi mette a lutto il mondo». Pagine Esteri

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N. 181/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: Un ascoltatore del programma On en Parle, che stava facendo domanda per affittare un appartamento, ha scoperto che la società di gestione immobiliare aveva utilizzato una società privata per ottenere informazioni molto dettagliate su di lui e sulla sua famiglia, a sua insaputa.Nella lettera con cui l’agenzia immobiliare...


Nella giornata di ieri il Ministro Valditara ha affermato che avrebbe inviato ispettori nelle scuole dopo che un collettivo milanese ha sostenuto la causa pales


interessante, posso ascoltare i led sul mio computer


mi sono appena reso conto che se mi metto a registrare audio con il cavo del microfono staccato, dalla registrazione si sente solo un suono quando la spia di utilizzo del disco è accesa


Come collegare il tuo blog WordPress al Fediverso: iniziare con l'installazione e la configurazione di base, provvedere alle diverse opzioni di configurazione e familiarizzare con alcune buone pratiche

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Serino presenta il Calendario dell’Esercito 2024


Capitano Francesco Donnini Vannetti, colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, sergente Mario Paolini, caporal maggiore Gino Fruschelli. Sono solo alcuni dei decorati con la medaglia d’oro al valor militare per il loro sacrificio durante la guerra

Capitano Francesco Donnini Vannetti, colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, sergente Mario Paolini, caporal maggiore Gino Fruschelli. Sono solo alcuni dei decorati con la medaglia d’oro al valor militare per il loro sacrificio durante la guerra di Liberazione italiana condotta dall’Esercito che compaiono nelle pagine dell’edizione 2024 del calendario dell’Esercito italiano. Dodici mesi dedicati alle esperienze di alcuni, in rappresentanza dei molti, che fedeli al giuramento prestato, continuarono a combattere nelle fila delle ricostituende forze armate italiane. Ufficiali, sottufficiali e soldati, insigniti della medaglia d’oro al valor militare per atti eroici compiuti dopo l’armistizio e che si sono particolarmente distinti anche nel periodo precedente. Alcuni di essi militarono nelle formazioni partigiane nel centro-nord del Paese, facendosi spesso promotori della loro formazione, altri raggiungendo il cosiddetto Regno del Sud, entrando nell’Esercito cobelligerante e contribuendo alla costruzione dei Gruppi di combattimento, le unità che sarebbero poi state alla base dell’Esercito repubblicano.

Il valore della scelta

Come raccontato da capo di Stato maggiore dell’Esercito, generale Pietro Serino: “Quest’anno abbiamo voluto raccontare la storia degli uomini che combatterono a difesa della Patria, e non di una ideologia; quei tanti protagonisti in uniforme della Guerra di Liberazione”. La Forza armata ha infatti selezionato dodici medagliati al valore, tra le migliaia di soldati decorati prima e dopo l’armistizio, nell’intento di raccontare la storia di tutti, e dare il senso “dei valori che caratterizzavano allora, e caratterizzeranno sempre, l’Esercito italiano”. Il generale Serino ha raccontato come la scelta del tema sia dovuta alla volontà di onorare la memoria di chi ha rispettato sempre il giuramento di fedeltà prestato alla Patria: “soldati sempre convinti e consapevoli di quale fosse il loro dovere e quale posizione l’Esercito dovesse assumere”.

Un esempio per l’oggi

Come registrato dal sottosegretario alla Difesa, la senatrice Isabella Rauti, “rievocare e raccontare gli episodi che hanno segnato la storia della nostra Repubblica, vuol dire onorare chi ha combattuto per la Patria; significa ricostruire e tramandare la memoria”. Un impegno che, dal passato, deve caratterizzare anche il nostro presente, ricordando “la grande sensibilità che l’Esercito dimostra ogni giorno nel mantenere vivo questo patrimonio ideale condiviso”. Per Rauti, essere consapevoli della nostra storia, “è indispensabile per comprendere il presente, per disegnare il futuro e per interpretare al meglio il momento che stiamo vivendo”.

La testimonianza

Per “sottolineare il valore della scelta del giuramento prestato nel rimanere fedele allo Stato e quindi alla Patria”, tra i vari nomi di decorati è stato ricordato anche Renato del Din, attraverso un video messaggio della sorella, Paola del Din, entrambi medaglia d’oro al valor militare che lo scorso 22 agosto ha compiuto cento anni. Dopo la morte del fratello alla testa delle prime formazioni delle brigate partigiane Osoppo-Friuli, la professoressa del Din, nome di battaglia “Renata” seguì l’esempio del fratello combattendo con il Comitato di liberazione nazionale, e diventando nota per essere stata la prima donna paracadutista italiana a fare un lancio di guerra, attraversando più volte la linea del fronte per portare messaggi alle brigate partigiane del nord-est.


formiche.net/2023/10/serino-pr…



Domani, mercoledì 11 ottobre, sarà online Unica! La nuova piattaforma del MIM, annunciata dal Ministro Giuseppe Valditara a Forlì durante la cerimonia di inaugurazione del nuovo anno scolastico, ideata per offrire un solo punto di accesso ai servizi …


L'intervista a Max Schrems su Computer World: "Dopo cinque anni di GDPR vediamo ancora come le autorità non stiano facendo bene il loro lavoro"

L'avvocato e attivista austriaco che ha ribaltato i primi due precedenti accordi sul trasferimento di dati tra UE e USA valuta in CSO il ruolo dei regolatori nella protezione dei dati e accusa la mancanza di interesse da parte delle autorità nel legiferare a favore dei diritti digitali.

«dal punto di vista giuridico [il Data Privacy Framework è] un po' problematico, perché in fondo la legge non lo prevede ma la politica lo fa comunque. Ed è per questo che penso che per la terza volta dovremmo parlare un po' anche del tessuto costituzionale dell'UE perché, se l'esecutivo si limita ad approvare sempre la stessa cosa, sperando che la magistratura si stanchi di dirgli qual è la legge È, ciò non è realmente rispettoso dello Stato di diritto. È particolarmente interessante perché i commissari europei tendono a parlare a tutti dello stato di diritto e di quanto sia importante, ma sembra che una volta che si concentrano su questi problemi o una volta che sono sul lato ricevente, non ne sono poi così interessati.»

@Privacy Pride

Qui l'intervista completa a @Max Schrems



Il Demente collettivo


Negli ultimi due decenni è diventato di moda prendersela con l’egemonia americana, parlare derisoriamente dell’eccezionalismo americano, ridicolizzare la funzione autoproclamata dall’America di ‘polizia mondiale’ e aspirare a un mondo multipolare. Bene, c

Negli ultimi due decenni è diventato di moda prendersela con l’egemonia americana, parlare derisoriamente dell’eccezionalismo americano, ridicolizzare la funzione autoproclamata dall’America di ‘polizia mondiale’ e aspirare a un mondo multipolare. Bene, congratulazioni: ora quel mondo ce l’abbiamo. Dite voi se è migliore dell’altro”. Sono parole di Noah Smith, da un testo di Substack, citate finalmente anche sul New York Times da un analista, David Leonhardt, di parte liberal. Devono aver intuito, con qualche vent’anni di ritardo, che i neoconservatori non avevano tutti i torti. Il risultato del ripudio della loro dottrina sul nuovo secolo americano, e del leading from behind che ha prevalso sia con Obama sia con Trump, è sotto i nostri occhi: la più cruenta guerra europea dopo la Seconda guerra mondiale, l’aggressività della Cina nell’Indo-Pacifico, il nazionalismo indiano, la drammatica radicalizzazione del conflitto tra Israele e Hamas in linea con Hezbollah e la Teheran dei mullah, con il bel recente fatto delle centinaia di migliaia di morti in Ucraina e di un numero di ammazzati, civili indifesi, giovani che ballavano, vecchi e bambini, e rapiti, che in rapporto alla popolazione israeliana, per tacere del resto e della memoria, è come se il terrorismo islamico a Parigi avesse fatto quattro, cinquemila morti.

Il Demente Collettivo è convinto che la colpa sia degli americani, dei neoliberisti, del capitalismo, della globalizzazione dei mercati, del passato coloniale europeo, dell’imperialismo americano cosiddetto (che non è mai esistito), della guerra in Iraq o in Afghanistan, della risposta all’11 settembre che ora ritorna in forme nuove, e naturalmente del sionismo, dei governi israeliani, dell’occupazione e dell’estremismo parolaio dei sostenitori della colonizzazione in Cisgiordania, la colpa è di tutto e di tutti tranne che dell’occidente che ha rinunciato alla logica unica possibile, quella di riscrivere nel segno della democrazia e della libertà, del nation building contro il dilagare degli stati canaglia, la mappa mondiale. E ci stavamo anche per far fottere la Nato, se non ci avesse pensato Putin, ma a quale costo si sa, a ridarle vita. Gli accordi di Dayton che misero fine al carnaio dei Balcani, l’eliminazione di Saddam e dei talebani, il contenimento a est delle ambizioni neoimperiali della Russia, la resistenza alle ambizioni nucleari del mostruoso regime degli ayatollah, l’isolamento esistenziale della caserma mortifera di Kim Jong Un, la guerra asimmetrica al terrorismo urbano nell’Europa occidentale: le poche cose buone furono fatte come espansione e eco di una stagione di reattività occidentale che abbiamo voluto spegnere nell’ovatta di presunte convenienze di pace, per incrementare la multipolarità ritenuta necessaria in un mondo ora disceso nel caos più completo.

L’Iran ora fa asse con Mosca e la Corea, mentre il retroterra africano del medio oriente, dove l’assadismo è stato premiato dalla resa di Obama e dagli sparacchiamenti ineffettuali del Trumpshow, è in una situazione disperata.

Litighiamo su patti monetari e immigrazione mentre la guerra è letteralmente alle nostre porte in dimensioni mai viste prima, e le quinte colonne del nemico progrediscono a ogni elezione per svuotare la democrazia con le sue stesse armi. Al centro di questo bel capolavoro sta dunque la rinuncia. La rinuncia a isolare e abbattere la quasi cinquantennale teocrazia di Teheran, direttamente implicata nei disegni di destabilizzazione più pericolosi dell’epoca, e noi qui a obiettare sulle mani pulite di Bin Salman, un ceffo regale che esprime comunque un paese che ha contratto da decenni l’ambiguo patto del denaro e delle riserve petrolifere con l’occidente, quello che Lyndon Johnson avrebbe chiamato un figlio di puttana sì, ma il nostro figlio di puttana. Moralismo, antiamericanismo, sussiego vecchia Europa, antisemitismo nella forma dell’antisionismo, odio e boicottaggio per Israele, mitizzazione della sua destra osservante e fanatica, sono le componenti decisive della ritirata, che apre il grande vuoto riempito dalla baldanza della guerra e del terrore, dell’assassinio e del martirio delle democrazie. Finché Ali Khamenei, la sua polizia morale che fa strage di donne e di civiltà, i suoi servizi che tessono la tela fino alla propaggine di Hamas, con l’ausilio dei dollari qatarioti, finché questi saranno al potere, speranza non c’è. Almeno lo si sappia, nel giorno in cui giustamente ci si ritrova per manifestare solidarietà e amore a un popolo che si batte per esistere e che gli aguzzini hanno aggredito con spavalderia e inaudita certezza del successo a cinquant’anni dalla guerra del Kippur.

Il Foglio

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Gasdotto colpito in Finlandia. Nei mesi scorsi le manovre della flotta russa


Il presidente finlandese Sauli Niinistö ha denunciato “attività esterne” che sarebbero la causa del danneggiamento del gasdotto sottomarino Balticconnector, chiuso domenica a causa del timore di perdite, e di un cavo di telecomunicazioni che collegano la

Il presidente finlandese Sauli Niinistö ha denunciato “attività esterne” che sarebbero la causa del danneggiamento del gasdotto sottomarino Balticconnector, chiuso domenica a causa del timore di perdite, e di un cavo di telecomunicazioni che collegano la Finlandia (Paese entrato ufficialmente nella Nato nei mesi scorsi in risposta all’aggressione russa dell’Ucraina) e l’Estonia. Il luogo dell’interruzione è stato identificato, ha spiegato in una nota. Secondo l’operatore finlandese Gasgrid potrebbero volerci mesi o più per la riparazione. Intanto, ad Amsterdam si registra un rialzo del prezzo del gas.

LE INDAGINI

Il punto di perdita del gasdotto Balticconnector tra la Finlandia e l’Estonia si trova nell’area economica della Finlandia, ha spiegato il primo ministro Petteri Orpo. Secondo una prima valutazione, il danno non potrebbe essersi verificato a causa del normale utilizzo del gasdotto o dalle fluttuazioni della pressione, ha aggiunto Orpo. Le autorità finlandesi hanno avviato un’indagine che viene condotta dalla polizia criminale.

IL POSSIBILE SABOTAGGIO

Il calo della pressione “è stato piuttosto rapido, il che indicherebbe che non si tratta di una violazione di lieve entità”, ha spiegato una fonte all’agenzia Reuters. In precedenza anche l’agenzia Bloomberg aveva rilanciato l’indiscrezione di un sabotaggio: “L’indagine su una perdita dal gasdotto sottomarino tra la Finlandia e l’Estonia si svolge presupponendo che si sia trattato di un atto di distruzione deliberato, secondo persone a conoscenza della questione”, aveva scritto.

IL DIALOGO CON LA NATO

“Oggi ho parlato con Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato”, ha aggiunto Niinisto. “La Nato è pronta a fornire assistenza nelle indagini”, ha spiegato ancora. “La Nato sta condividendo informazioni ed è pronta a sostenere gli alleati interessati”, ha scritto Stoltenberg su X. I primi sospetti puntano verso la Russia, alla luce dell’avvistamento nel Mar Baltico della nave oceanografica Sibiryakov, considerata in grado di condurre sorveglianza sottomarina, nei mesi scorsi.

Although much is to be determined, in mid-Sep @gapinskimj wrote in our Kaliningrad Military Digest about the Russian Sibiryakov hydrographic survey vessel’s movements near the Balticconnector. We’re not pointing fingers, but it’s highly likely that Russians surveyed the pipe. t.co/SWFfSWiyzu pic.twitter.com/6EyGQqDzL4

— Konrad Muzyka – Rochan Consulting (@konrad_muzyka) October 9, 2023


formiche.net/2023/10/balticcon…



UK Information Commissioner concerned about Snapchat chatbot’s privacy risks


The British Information Commissioner’s Office (ICO) issued a preliminary enforcement notice against Snapchat last Friday (6 October) due to the social platform possibly failing to assess the privacy risks of “My AI”, its artificial intelligence (AI) bot. My AI is...


euractiv.com/section/data-priv…



La Nato continui a guardare a Sud. L’appello alla Farnesina


Le priorità e le sfide strategiche dell’Alleanza Atlantica a seguito del mutamento del quadro geopolitico internazionale sono rivolte anche a sud. Per farne fronte serve rivitalizzare gli sforzi di cooperazione con i Paesi a sud della Nato, attraverso tav

Le priorità e le sfide strategiche dell’Alleanza Atlantica a seguito del mutamento del quadro geopolitico internazionale sono rivolte anche a sud. Per farne fronte serve rivitalizzare gli sforzi di cooperazione con i Paesi a sud della Nato, attraverso tavoli di confronto già esistenti come il Mediterranean Dialogue and la Istanbul Cooperation Initiative.

Di questo si è discusso alla Farnesina, nell’ambito della conferenza “Nato 2023. Balancing priorities after the Vilnius Summit”, organizzata dalla Nato Defense College Foundation, in collaborazione con il ministero degli Esteri, il Nato Defense College, la Fondazione Compagnia di San Paolo e Elettronica S.p.A.. Un’iniziativa che ha visto confrontarsi, tra gli altri, il presidente della Nato Defense College Foundation, l’ambasciatore Alessandro Minuto-Rizzo, il presidente della commissione del Senato Politiche dell’Unione europea, l’ambasciatore e senatore Giulio Terzi di Sant’Agata; il rappresentante permanente italiano presso l’Alleanza Atlantica, Marco Peronaci; il presidente di Leonardo, Stefano Pontecorvo; il presidente del Gulf Research Center Abdulaziz Sager e il vice presidente e direttore esecutivo del German Marshall Fund degli Stati Uniti, Ian Lesser.

La dimensione meridionale

Africa, Medio Oriente, Paesi del Golfo e Indo-pacifico sono quadranti che hanno bisogno di trovare una maggiore inclusione nel quadro strategico della Nato post-Vilnius. Sulla dimensione meridionale dell’Alleanza, in particolare, sulla rivitalizzazione delle partnership con i Paesi Mena e dell’Indo-Pacifico, si è concentrato Ian Lesser ribadendo la rilevanza strategica dell’area e osservando l’affinità tra sud e nord globale in merito alla condanna all’invasione russa dell’Ucraina. Ciò, secondo Lesser, evidenzia la generale condivisione dei valori fondanti della comunità internazionale e rende ancora più opportuno creare un dialogo a livello politico.

Maggiore cooperazione tra Nato e Paesi del Golfo è stata auspicata anche da Abdulaziz Sager, presidente del Gulf Research Center. Sager ha sottolineato la valenza del framework Nato plus e la possibilità di inserire i Paesi del Golfo nel quadro di collaborazione strategica.

Dal Golfo al Sahel permangono fragilità preoccupanti, ha spiegato Aydin Kiliç, direttore del Nato Strategic Direction-South Hub del Nato Joint Force Command Naples. Complici la povertà dilagante e carestie, l’area può rappresentare una rilevante minaccia securitaria anche per l’Alleanza Atlantica. Kiliç ha messo in evidenza come la questione del cambiamento climatico nei Paesi che acquistavano il grano Ucraino prima della guerra, rischi di acuire le carestie e causare destabilizzazione politica, aumentando considerevolmente i flussi migratori verso i confini sud della Nato.

Disinformazione russa e comunicazione

L’importanza dei canali di comunicazione tra Nato e sud globale è stata ribadita dall’ambasciatore e senatore Giulio Terzi di Sant’Agata. L’ambasciatore ha ricordato come l’ingerenza russa abbia influito sui processi elettorali di tutta Europa, richiamando i Paesi alleati ad aumentare il proprio grado di attenzione in vista delle prossime elezioni europee. L’ambasciatore ha altresì sottolineato l’importanza di aumentare gli sforzi di comunicazione con i Paesi Mena e con i Paesi del Golfo, dove la propaganda russa anti-Nato continua a diffondersi.

Un tema condiviso anche da Florence Gaub, direttrice della Research Division del Nato Defense College. Il ruolo destabilizzatore della propaganda russa nel Sud Globale ci ricorda l’importanza da parte dei Paesi alleati di accrescere l’impegno diplomatico con i Paesi Mena e con i Paesi del Golfo, così da arginare l’influenza dei competitor strategici.

Cooperazione nel settore industriale

Il peso del settore industriale nel contribuire agli sforzi di difesa dell’Alleanza è stat0 ricordato da Giovanni Soccodato, Managing Director di Mbda Italia. Soccodato ha sottolineato l’importanza del programma della Nato per l’innovazione nel campo della difesa, Diana, in quanto iniziativa capace di sostenere le attività industriali favorendo l’innovazione e il cui acceleratore è ospitato nella città di Torino. “Servono requisiti e standard comuni. Dobbiamo essere uniti per potere mettere la nostra industria nelle migliori condizioni per guardare al futuro”, ha concluso Soccodato, rimarcando la valenza del coordinamento industriale tra gli alleati.


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Florian Illies – L’amore al tempo dell’odio


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MYANMAR. Raid nel campo profughi, 29 morti tra cui 13 bambini


Almeno 29 persone, tra cui 13 bambini, sono state uccise in un raid militare in un campo profughi per sfollati interni vicino al confine con la Cina, nel nord del Myanmar L'articolo MYANMAR. Raid nel campo profughi, 29 morti tra cui 13 bambini proviene d

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Pagine Esteri, 10 ottobre 2023. Almeno 29 persone, tra cui 13 bambini, sono state uccise in un raid militare in un campo profughi per sfollati interni vicino al confine con la Cina, nel nord del Myanmar.

Il campo si trova nei pressi del quartier generale dell’Esercito dell’Indipendenza di Kachin, coinvolto in un conflitto decennale con l’esercito del Myanmar. Oltre alle vittime, circa 60 persone sono rimaste ferite. Il Myanmar vive una grave crisi interna da quando, a febbraio 2021, il colpo di stato dei militari ha scatenato una diffusa ribellione contro il regime.

Aung Myo Min, il ministro dei diritti umani del governo di unità nazionale (NUG), ha dichiarato che l’attacco e l’uccisione di civili inermi è stato un “crimine di guerra”.

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Italia e India giocano in Difesa. L’accordo Crosetto-Singh


I ministri italiano e indiano hanno rinnovato ieri sera l’accordo per la cooperazione nel settore della difesa, che era scaduto nel 2019 sulla scia delle tensioni tra i due Paesi dopo il caso dei due marò. Negli ultimi anni i rapporti bilaterali si sono r

I ministri italiano e indiano hanno rinnovato ieri sera l’accordo per la cooperazione nel settore della difesa, che era scaduto nel 2019 sulla scia delle tensioni tra i due Paesi dopo il caso dei due marò. Negli ultimi anni i rapporti bilaterali si sono rafforzati anche alla luce del mutato scenario internazionale dopo la pandemia, l’accresciuta assertività cinese e l’aggressione russa dell’Ucraina.

IL RILANCIO DEI RAPPORTI

Fino ad arrivare al marzo scorso, quando Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, in visita in India ha annunciato con il primo ministro Narendra Modi la decisione di elevare rapporti a partenariato strategico. Il giorno precedente (il 1° marzo) Sparkle, operatore globale del gruppo Tim, aveva avviato la posa del BlueMed, ramo dell’infrastruttura Blue Submarine Cable System, che renderà Genova un nuovo snodo per il traffico tra Europa, Africa, Medio Oriente e Asia collegando Italia, Francia, Grecia e Israele (Blue System) e Giordania, Arabia Saudita, Gibuti, Oman e India (Raman System). E non solo: poche settimane prima Matteo Perego di Cremnago, sottosegretario alla Difesa italiano, era volato a Bangalore per partecipare al salone Aero India e per incontrare gli omologhi e finalizzare il rinnovo dell’intesa.

L’ACCORDO RINNOVATO

Ieri, a Villa Madama, Guido Crosetto ha accolto l’omologo Rajnath Singh, primo di una serie di ministri indiani che sfileranno a Roma da qui alla fine dell’anno. Rinnovare l’accordo di cooperazione nella difesa “è importante al fine di instaurare un rapporto tra governi nei settori di reciproco interesse, per migliorare lo scambio di personale, tecnologie per la formazione, l’addestramento e le esercitazioni”, si legge in una nota della Difesa italiana. “Italia e India sono accomunate dal senso di rispetto verso gli altri Paesi della comunità internazionale”, ha dichiarato Crosetto. “La storia delle Nazioni e degli uomini è stata e continua ad essere cambiata da decisioni che si concretizzano rapidamente. La firma dell’accordo tra Italia e India ha un’alta valenza strategica per rilanciare i nostri proficui rapporti bilaterali, considerando anche il mutato scenario geopolitico di riferimento”, ha aggiunto.

GLI ALTRI DOSSIER

I due ministri hanno anche parlato di instabilità del Medio Oriente, alla luce dei recenti attacchi terroristici avvenuti in Israele e hanno condiviso la “forte attenzione” per la missione Unifil dove le due forze armate sono impegnate in maniera congiunta. Se per l’Italia la regione è parte del Mediterraneo allargato, ossia dell’area geostrategica di proiezione degli interessi italiani di politica estera, per l’India si tratta di una parte di mondo altrettanto importante; New Delhi è infatti acquirente del petrolio mediorientale e particolarmente interessa a progetti di collaborazione con i grandi attori regionali (per primo Israele). La cooperazione italo-indiana è strategica anche per quanto riguarda il continente africano, che sarà una delle priorità del G7 a presidenza italiana del 2024 (a cui l’India verrà con buona probabilità invitata come ospite) e di cui l’invito all’Unione africana a diventare membro permanente, con la creazione del formato “G21” durante il vertice dei Venti ospitato dall’India, è stato un antipasto. L’Africa sarà fondamentale nei prossimi 50 anni e anche più a lungo, e di progetti di collaborazione congiunta Italia-India nel Global South, si parlerà ancora, come scommette l’ambasciatore Vincenzo De Luca.

UN PONTE TRA MEDITERRANEO E INDO-PACIFICO

Ci sono vari settori e aree di mutuo interesse, di collaborazione economico-commerciale, e in materia di ricerca e sviluppo nel settore della difesa. “Il rinnovo dell’accordo è un chiaro segnale del rafforzamento delle relazioni reciproche tra le due Difese”, ha spiegato ancora Crosetto. “In un momento in cui la stabilità globale richiede un impegno congiunto è fondamentale investire per migliorare le relazioni con i Paesi che non fanno parte della Nato al fine di affrontare i problemi globali e le sfide emergenti. La distanza geografica tra il Mediterraneo e l’Indo-Pacifico è minore di quanto si possa immaginare ed è forte, invece, l’interconnessione tra le due regioni”, ha sottolineato ancora. Su questa interconnessione l’Italia sta lavorando da tempo come porta d’ingresso alla regione indo-pacifica (dove l’Oceano Indiano e il Mediterraneo allargato segnano una continuità di facies geostrategica attraverso il Mar Arabico, lo stretto di Bab el Mandeb, Mar Rosso fino a Suez). Su queste concettualizzazioni si basano progetti come il Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (Imec), presentato proprio durante il G20 indiano. Un insieme di collegamenti infrastrutturali e dunque geopolitici per connettere il Subcontinente con l’Occidente che diventano un “imperativo strategico” per l’Italia.

L’ITALIA NELL’INDO-PACIFICO

Il ministro della Difesa indiano ha invitato le forze armate italiane a partecipare a un’esercitazione congiunta con supporto logistico in India. L’Italia è impegnata attivamente in questo fondamentale quadrante strategico con le operazioni navali europee Eunavfor Somalia, l’operazione Atalanta (operazione di contrasto alla pirateria nell’Oceano Indiano) ed European Maritime Awareness – Stretto di Hormuz (Emasoh). Tutte missioni che puntano a sviluppare cooperazioni strutturate con quei Paesi dell’area con cui vi è comunanza di interessi e di valori. Inoltre, il pattugliatore Morosini ha appena concluso una campagna navale in questo settore strategico, dove ha svolto attività addestrativa con i principali Paesi dell’area. Infine, nell’agosto scorso, unità e personale dell’Aeronautica militare sono state impegnate nell’area dell’Indo-Pacifico, in attività addestrative congiunte con i colleghi giapponesi. La nota diffusa dalla Difesa italiana non ne fa menzione, ma è prevista tra la fine dell’anno in corso e l’inizio di quello prossimo la missione della squadra della portaerei Cavour, comprensiva anche di almeno quattro unità di scorta e appoggio, nell’Indo-Pacifico.

GLI ALTRI IMPEGNI DI SINGH

Prima di partire in direzione Parigi, Francia, il ministro Singh ha incontrato nella mattinata di martedì i vertici delle aziende italiane della difesa e si è recato in Umbria, a Montone, per partecipare a una cerimonia commemorativa A luglio, infatti, è stato inaugurato il memoriale di guerra dedicato al soldato indiano Yeshwant Ghadge, combattente tra le file degli alleati nel luglio 1944 nelle campagne arietane insignito della Victoria Cross alla memoria.


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“Milano Digital Week – Influencer marketing, strategie di sviluppo, tutela di brand e minori”


“I nostri dati personali sono le tessere che compongono il mosaico che rappresenta la nostra identità personale, tanto nella dimensione fisica quanto in quella digitale. Questo vale ancora di più per i bambini e i ragazzi perché parte del loro futuro dipende da quello che i dati personali “racconteranno” di loro. È per questo che... Continue reading →


LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 4: “Aprite un corridoio umanitario per portare medicine nella Striscia”


Il Ministro della Sanità palestinese fa un appello affinché si consenta l'ingresso nella Striscia di Gaza di medicine e generi di prima necessità. UNRWA: gli sfollati interni sono 180.000 L'articolo LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 4: “Aprite un corridoio uman

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di Eliana Riva –

Pagine Esteri, 10 ottobre 2023. Da quando, sabato 7 ottobre, Hamas ha attaccato Israele mentre festeggiava lo You Kippur, cogliendolo di sorpresa esattamente come accaduto 50 anni fa con l’iniziativa militare di Egitto e Siria, il numero di morti e le notizie di distruzione non hanno fatto che rincorrersi e aumentare.

Dopo lo sgomento iniziale, le notizie del massacro del deserto del Negev, dove sono stati uccisi e fatti prigionieri centinaia di ragazzi e ragazze che partecipavano a un festival di musica techno, hanno cominciato a diffondersi. Hamas ha preso il controllo di diverse località israeliane nei pressi del confine con la Striscia di Gaza e prima di ingaggiare violenti scontri a fuoco con i militari israeliani, ha fatto molte vittime tra i civili. Sono 900 gli israeliani uccisi. Più di 100 gli ostaggi portati all’interno della Striscia. Solo ieri sono stati scoperti i cadaveri di un centinaio di persone all’interno di un piccolo Kibbutz.

La risposta israeliana è stata un crescendo di violenza. Mentre i militari combattevano con gli uomini di Hamas per riprendere il controllo delle località vicine alla Striscia, aerei, elicotteri e droni hanno cominciato a bombardare Gaza. Le bombe e i missili hanno colpito in maniera indiscriminata palazzi civili, strutture governative, scuole e moschee. Più di 700 palestinesi sono morti. Tra di loro almeno 140 bambini. Alcuni giornalisti risultano tra le vittime. Decine di migliaia di soldati israeliani sono stati inviati ai confini con Gaza e i riservisti sono stati richiamati, pronti per una guerra che non si è per nulla certi rimarrà circoscritta al territorio della Palestina storica.

Infatti, durante uno scambio a fuoco tra l’esercito e alcuni combattenti che sarebbero entrati dal Libano in supporto ai gruppi armati palestinesi, Israele ha lanciato un attacco all’interno del territorio libanese, uccidendo 4 membri di Hezbollah e ferendo alcuni membri dell’esercito regolare.

Il Ministro dell’Educazione libanese, Abbas Halabi, ha ordinato per oggi, martedì, la sospensione delle lezioni nelle scuole pubbliche e private. Alcuni video mostrano decine di ambulanze che da Beirut si sarebbero mosse verso il sud, dove si sono preparati anche centinaia di uomini di Hezbollah.

Ieri il Ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha imposto l’assedio totale di Gaza, con l’ordine di tagliare l’elettricità e di non far entrare cibo né acqua né gas. “Siamo di fronte a degli animali umani e ci comportiamo di conseguenza”, ha detto. Ma a Gaza vivono 2 milioni e 300 mila persone, con una densità abitativa impressionante: la popolazione è sotto assedio dal 2007, è un’enclave chiusa in cui è difficile entrare e complicato uscire, perché le autorità israeliane controllano gli accessi. Non solo quelli delle persone ma anche di generi alimentari, di acqua, di materiale per la ricostruzione dopo i tutt’altro che rari bombardamenti. Migliaia di persone si sono rifugiate in 83 scuole dell’UNRWA, gli sfollati sono 180.000 secondo l’agenzia ONU che si occupa dei rifugiati palestinesi, ma il numero continua a crescere vertiginosamente. Come quello dei morti: ieri è stato bombardato il mercato del popoloso campo profughi di Jabalia, causando una strage di civili: 50 le vittime. Intere famiglie stanno morendo sotto le macerie delle proprie abitazioni, come quella di Abu Quta: 19 membri, tra cui bambini, sono stati ritrovati cadaveri.

Latest SitRep on situation in the📍#GazaStrip ⬇️

🔺Mass displacement escalated in past 24 hours across the Gaza Strip, reaching 180,000 people – expected to increase further.

🔺 137,500 people sheltering in 83 @UNRWA schools, bread distributed with @WFPt.co/qRxOjLlxuV pic.twitter.com/5U7KAr8Rvx

— UNRWA (@UNRWA) October 10, 2023

Ma questa volta è diversa dalle altre: l’attacco a Gaza è “senza precedenti”, come ha dichiarato lo stesso primo ministro Benjamin Netanyahu, aggiungendo che i bombardamenti sono “solo cominciati” e che la risposta di Israele all’attacco di Hamas “cambierà il Medio Oriente”.

Secondo alcune fonti giornalistiche nelle località a sud di Israele si contano i cadaveri di circa 1.500 combattenti di Hamas e della Islamic Jihad, morti durante i combattimenti con l’esercito israeliano.

La condanna internazionale, quella occidentale perlomeno è giunta presto per Hamas e la sua violenza. Ma le reazioni sono state e sono tuttora diverse per le centinaia di morti civili a Gaza. Gli Stati Uniti di Joe Biden hanno affermato con forza e più volte ripetuto il totale e indiscusso sostegno a Netanyahu, non solo morale ma anche e soprattutto militare. Gli USA, infatti, incendiano ulteriormente gli animi dell’intera regione annunciando, ieri, l’invio di armi, mezzi e munizioni a Israele. “Il governo israeliano ha chiesto un’assistenza militare specifica aggiunta” ha dichiarato il Segretario di Stato Antony Blinken. Un passo che va nella direzione esattamente opposto al processo di normalizzazione intrapreso nella regione.

Ieri ha preso parola anche il presidente russo Vladimir Putin, condannando la violenza di entrambe le parti: “sia contro gli ebrei che contro i palestinesi di Israele e quelli dei Territori Occupati”. Putin si è detto “estremamente preoccupato” che la violenza possa degenerare in un conflitto più ampio in Medio Oriente e insieme al suo Ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha criticato l’approccio degli Stati Uniti e dell’Occidente che hanno “ignorato la necessità di uno Stato palestinese indipendente” e che condannano semplicemente gli attacchi di Hamas senza pensare alla causa dell’instabilità, che è l’occupazione della Palestina.

Il governo austriaco ha fatto sapere che sospenderà gli aiuti economici destinati ai palestinesi (circa 20 milioni di dollari). La Germania ci sta pensando e l’Unione Europea si dimostra divisa e confusa: dopo la decisione dell’Austria l’EU ha ieri dichiarato di essere pronta allo stesso passo, salvo poi fare marcia indietro. “Nessun pagamento era previsto, dunque non ci sarà una sospensione”, è stata la nota emessa. I fondi risultano ora “in revisione”. Ma la questione rimane aperta e divide l’Unione: gli Stati membri non sarebbero stati consultati e alcuni leader europei, tra i primi quello spagnolo, pongono dubbi sulla legittimità di una decisione unilaterale.

The scale of terror and brutality against #Israel and its people is a turning point.

There can be no business as usual.

As the biggest donor of the Palestinians, the European Commission is putting its full development portfolio under review, worth a total of EUR 691m
⤵️

— Oliver Varhelyi (@OliverVarhelyi) October 9, 2023

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In Cina e Asia – Xi: "Le relazioni tra Cina e Usa determineranno il destino dell’umanità”


In Cina e Asia – Xi: Usa
Xi: "le relazioni tra Cina e Usa determineranno il destino dell’umanità”
Veicolo attacca il consolato cinese a San Francisco prima della possibile visita di Xi
Il Pensiero di Xi Jinping raggiunge la sfera culturale
Chip war: via libera all’export di tecnologie Usa per le coreane Samsung e Sk Hynix
Le fabbriche cinesi si spostano nelle province interne
Studio americano: un blocco cinese di Taiwan avrebbe conseguenze economiche peggiori del Covid

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di Jewish Voice for Peace - La più grande manipolazione mediatica che si può operare sulla tragedia in corso in Medioriente è azzerare la memoria e cance


PRIVACYDAILY


N. 180/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: I responsabili amministrativi lamentano il fatto che il Tesoro richieda ai lavoratori autonomi informazioni che essi non possono fornire senza autorizzazione. Inoltre, ricordano che queste informazioni sono già in possesso di vari enti pubblici e “basta chiederle”. La Tesoreria generale della sicurezza sociale (TGSS) viola la legge sulla... Continue reading →


Le tante dichiarazioni ufficiali contrastano palesemente con la realtà di una politica che ci ha riportato alla stessa situazione che generò quella enorme str

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La privacy? Un concetto obsoleto. Il video di morrolinux su alcune delle più inquietanti vicende che riguardano privacy e BigTech

@Privacy Pride

Sappiamo esattamente quello che facciamo, quando ci affidiamo alle soluzioni tecnologiche proposte con tanta generosità dalle principali aziende tecnologiche extra europee?

Il video di @morrolinux è stato pubblicato su YouTube (in attesa di poterlo vedere sul suo canale Peertube)


Video diverso dal solito su un argomento scomodo.

youtu.be/s6KqVu36fd4




Da quest'anno tutela assicurativa a 360 gradi per gli studenti e il personale...

Da quest'anno tutela assicurativa a 360 gradi per gli studenti e il personale scolastico.

Perché la cura del futuro inizia dai banchi di #scuola.

Informati sui siti istituzionali del MIM e del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.





Tra antiamericanismo e antisionismo, i distinguo finto pacifisti sono destinati a crescere


Non si sono appassionati alla causa del popolo afghano, stritolato dalle spire del fondamentalismo talebano. Non hanno battuto ciglio in difesa delle donne iraniane, che al grido “donna, vita, libertà” sfidano le rappresaglie dei mullah. Non hanno versato

Non si sono appassionati alla causa del popolo afghano, stritolato dalle spire del fondamentalismo talebano. Non hanno battuto ciglio in difesa delle donne iraniane, che al grido “donna, vita, libertà” sfidano le rappresaglie dei mullah. Non hanno versato una lacrima né speso una parola per i cristiani armeni massacrati e infine cacciati dal Nagorno-Karabakh dalle milizie azere sostenute dalla Turchia. Sono gli stessi che giustificarono gli attentati dell’11 settembre 2001, gli stessi che giustificano l’invasione russa dell’Ucraina. Sono i “pacifisti” italiani. Qualche organizzazione cattolica, alcune frange dell’estrema destra e un’ampia costellazione di associazioni, partiti e personalità di sinistra. Li accomuna una miscela ideologica fatta di antiamericanismo e anticapitalismo, di cui l’antisionismo rappresenta la logica conseguenza. Figurarsi se li vedremo schierarsi anima e corpo in difesa del diritto all’esistenza dello Stato di Israele, figurarsi se li sentiremo condannare senza se e senza ma le barbarie di Hamas…

I presupposti già ci sono. Forte dell’ecumenismo Vaticano, il capo dei grillini Giuseppe Conte lamenta “la sconfitta della politica” senza mai pronunciare la parola Hamas. L’Arci si spinge oltre: non pronuncia neanche la parola Israele, sostituita con un malevolo “entità sionista”. Fgci, Giovani comunisti, Potere al popolo e Prc sono esplicitamente schierati con il “popolo palestinese”, ingenuamente identificato con Hamas. L’Anpi invoca l’intervento dell’Onu, Amnesty Italia mette “le forze armate israeliane e i gruppi armati palestinesi” sullo stesso piano.

La segretaria del Pd Elly Schlein e quello della Cgil Maurizio Landini sono stati più coraggiosi e hanno esplicitamente condannato l’attacco terroristico di Hamas. Ma quanto durerà? C’è da credere che non appena si dispiegherà l’offensiva israeliana e il variegato mondo della sinistra estrema griderà con ancor più forza al massacro dei civili palestinesi, le posizioni di Pd e Cgil subiranno una torsione. Cominceranno i distinguo, quelli cui abbiamo già assistito sulla guerra in Ucraina. Guerra sempre più impopolare tra l’opinione pubblica italiana e, in generale, occidentale. Il governo Meloni si troverà allora in una condizione non facile: difendere il diritto ed esistere del popolo ucraino così come di quello israeliano, mentre l’antiamericanismo, l’anticapitalismo e l’antisionismo si salderanno tra loro e si uniranno ad una quota crescente di cittadini italiani indifferenti. Quelli che Dante chiamava ignavi.

Per Giorgia Meloni non sarà facile, ma sarà doveroso, puntare i piedi e tenere il punto senza arretrare. In gioco non c’è solo il destino di Israele né solo quello dell’Ucraina: in gioco ci sono i valori liberali e democratici su cui si fonda la nostra identità occidentale.

Formiche.net

L'articolo Tra antiamericanismo e antisionismo, i distinguo finto pacifisti sono destinati a crescere proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Moderazione del Fediverso: moderazione dei contenuti sui social media distribuiti. Il saggio di Alan Z. Rozenshtein pubblicato l'anno scorso sul Minnesota Legal Studies Research Paper No. 23-19

@Che succede nel Fediverso?

Riportiamo il sunto della pubblicazione (qui è possibile scaricare la monografia completa) di @Alan Rozenshtein

Gli attuali approcci alla moderazione dei contenuti generalmente presuppongono il continuo predominio dei "giardini recintati": piattaforme di social media che controllano chi può utilizzare i loro servizi e come. Ma una forma emergente di social media decentralizzati – il "Fediverse" – offre un modello alternativo, più simile a come funziona l'e-mail e che evita molte delle insidie della moderazione centralizzata. Questo saggio, che si basa su una letteratura emergente sui social media decentralizzati, cerca di dare una panoramica del Fediverso, dei suoi vantaggi e svantaggi e di come l'azione del governo può influenzare e incoraggiare il suo sviluppo.

1. La prima parte descrive il Fediverso e come funziona, iniziando con una descrizione generale dei protocolli aperti rispetto a quelli chiusi e procedendo poi a una descrizione dell'attuale ecosistema Fediverso, concentrandosi sui suoi principali protocolli e applicazioni.
2. La seconda parte esamina la questione specifica della moderazione dei contenuti sul Fediverso, utilizzando Mastodon, un servizio di microblogging simile a Twitter, come caso di studio per delineare i vantaggi e gli svantaggi dell'approccio federato di moderazione dei contenuti rispetto all'attuale modello dominante di piattaforma chiusa.
3. La terza parte considera come i responsabili politici possono incoraggiare il Fediverso, sia attraverso la regolamentazione diretta, l'applicazione delle norme antitrust o gli scudi di responsabilità.


#Fediverso #Mastodon #moderazione #socialmedia #Section230 #interoperabilità

Pubblicato: 19 set 2022 Ultima revisione: 25 Lug 2023

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La super portaerei Uss Ford a difesa di Israele. La decisione del Pentagono


Il gruppo portaerei della Marina degli Stati Uniti della Uss Gerald R. Ford ha ricevuto l’ordine di dirigersi verso il Mediterraneo orientale per mettersi a disposizione di Israele nell’assisterla a resistere all’attacco a sorpresa lanciato da Hamas. La d

Il gruppo portaerei della Marina degli Stati Uniti della Uss Gerald R. Ford ha ricevuto l’ordine di dirigersi verso il Mediterraneo orientale per mettersi a disposizione di Israele nell’assisterla a resistere all’attacco a sorpresa lanciato da Hamas. La decisione è stata confermata dal segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin. Lo Uss Ford, la più moderna e avanzata portaerei della Us Navy, ha a bordo circa cinquemila militari, tra marinai e marines, oltre ad ospitare svariate decine di mezzi aerei da combattimento e supporto. Il Ford sarà accompagnato dai suoi incrociatori e cacciatorpediniere di scorta, in una dimostrazione di forza che non lasci dubbi sul coinvolgimento Usa a sostegno di Tel Aviv. Il gruppo portaerei è, da solo, pronto a rispondere a qualsiasi evenienza, dall’interdizione di armi potenzialmente dirette a Hamas alla sorveglianza delle acque e dei cieli israeliani.

Uss Gerald R. Ford

La superportaerei a propulsione nucleare è lunga 333 metri, è alta 76 metri e pesa circa centomila tonnellate. Oltre a un equipaggio di quasi cinquemila persone, trasporta a bordo novanta velivoli da combattimento, tra caccia, aerei da trasporto e sorveglianza aeronavale ed elicotteri. Non è un caso che questo tipo di unità, le più grandi esistenti sul pianeta, siano la spina dorsale della proiezione di potenza degli Stati Uniti a livello globale. Una sola di queste navi, infatti, è capace di esprimere un potere di combattimento superiore a quello di numerosi Stati. La classe Ford, di cui l’unità diretta nel Mediterraneo orientale è la capoclasse, è entrata in servizio nel 2017, dopo circa sei anni dall’ordine, rimpiazzando dopo mezzo secolo di onorato servizio la Uss Enterprise. Di questa classe sono previste ulteriori tre navi, la Uss John F. Kennedy, che nel 2024 rimpiazzerà la Uss Nimitz, la nuova Uss Enterprise, destinata a sostituire nel 2025 la Uss Eisenhower, e la Uss Doris Miller.

Il gruppo portaerei

Insieme al Ford, gli Stati Uniti invieranno l’incrociatore Uss Normandy, i cacciatorpediniere missilistici guidati della classe Arleigh-Burke Uss Thomas Hudner, Uss Ramage, Uss Carney e Uss Roosevelt e potenzieranno gli squadroni di caccia F-35, F-15, F-16 e A-10 dell’Usaf già schierati nella regione vicino orientale. “Gli Stati Uniti mantengono forze pronte a livello globale per rafforzare ulteriormente questa posizione di deterrenza, se necessario”, ha dichiarato il segretario Austin commentando sull’invio del gruppo del Ford. Il gruppo portaerei, solitamente di stanza a Norfolk, in Virginia, si trova già nel Mediterraneo, dove la scorsa settimana ha condotto insieme alla nostra Marina militare delle esercitazioni nel mar Ionio. Per la portaerei si tratta del suo primo dispiegamento operativo dall’ingresso in linea con la flotta a stelle e strisce, e questo invio improvviso sottolinea l’importanza per gli Usa di non distogliere lo sguardo dal Mediterraneo.

Aiuti e munizioni

Oltre all’invio del gruppo portaerei, l’amministrazione Usa si è detta pronta a fornire “rapidamente alle Forze di difesa israeliane ulteriori attrezzature e risorse, comprese le munizioni”. Il primo blocco di aiuti di difesa e sicurezza si è già mosso da ieri, e dovrebbe raggiungere Israele in poco tempo, ha spiegato sempre il segretario Austin. “Il rafforzamento della nostra postura congiunta, unito al supporto materiale che forniremo a Israele, sottolinea il solido sostegno degli Stati Uniti alle Forze di difesa di Israele e al popolo israeliano”, ha concluso Austin.


formiche.net/2023/10/sostegno-…



La Turchia proroga l’occupazione della Siria del Nord. Bombe sui curdi


La Turchia decide di prolungare di due anni l'occupazione del Rojava, nella Siria del Nord e di alcuni territori dell'Iraq,. Ankara intensifica i bombardamenti contro i curdi L'articolo La Turchia proroga l’occupazione della Siria del Nord. Bombe sui cur

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di Redazione –

Pagine Esteri, 9 ottobre 2023 – La nuova offensiva militare aerea lanciata dalla Turchia contro obiettivi curdi in territorio siriano, dopo l’attacco realizzato il primo ottobre da alcuni militanti del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) contro il ministero dell’Interno ad Ankara è stata l’occasione, da parte del regime turco, per confermare l’occupazione del nord della Siria.

Nei mesi scorsi Ankara e Damasco, anche grazie alla mediazione interessata di Mosca e Teheran (sostenitrici del regime siriano ma anche interessate a rafforzare le relazioni con la Turchia, con la quale hanno un rapporto di competizione) avevano intavolato delle conversazioni volte a iniziare un processo di normalizzazione delle relazioni.
A provocare uno stallo nei negoziati era stata però la presenza di contingenti e basi militari della Turchia nel Nord della Siria, che ovviamente il governo di Damasco considera illegali. La Siria continua a porre come precondizione a ogni normalizzazione dei rapporti il ritiro dal proprio territorio delle forze militari turche e delle milizie ad esse affiliate, come quelle dell’Esercito nazionale siriano, fondato nel 2017 da Ankara e costituito per lo più da arabi e turcomanni.

Da parte sua il regime di Erdogan ritiene l’occupazione del nord della Siria una “misura necessaria” per tutelare la propria sicurezza, affermando ad esempio che i due autori dell’attacco di inizio ottobre, provenienti dai territori siriani del Rojava controllati dalle Forze Democratiche, coalizione di gruppi egemonizzata dai movimenti curdi vicini al PKK come il Partito dell’Unione Democratica (Pyd) e le Unità di protezione del popolo (Ypg).

Stamattina un bombardamento condotto dalla Turchia contro un presunto centro di addestramento delle Forze di sicurezza interna Asayish, legate all’Amministrazione autonoma del nord e dell’est della Siria nel governatorato di Al Hasakah, avrebbe provocato una ventina di vittime.

Giusto la scorsa settimana il Parlamento turco ha ratificato la decisione del presidente Erdogan di prolungare di altri due anni – finora il rinnovo era stato sempre annuale – la missione di occupazione del nord della Siria e la presenza di truppe di Ankara nel nord dell’Iraq.

In Siria si aggravano le condizioni di milioni di persone alle prese con una ricostruzione lentissima – rallentata ulteriormente dall’embargo occidentale nei confronti di Damasco – e con l’aumento dei prezzi dei carburanti e dei generi alimentari.

Nel frattempo in alcune aree del nord a ridosso del confine con la Turchia si sono intensificati gli scontri tra l’esercito siriano e milizie jihadiste come Ansar al Tawhid e Hayat Tahrir al Sham; nel governatorato di Idlib, in particolare, l’aviazione russa ha ricominciato a martellare le postazioni delle milizie vicine ai gruppi fondamentalisti. La scorsa settimana un attentato jihadista ha fatto strage ad Homs di cadetti dell’esercito durante una cerimonia di premiazione.

Negli ultimi mesi, poi, anche l’amministrazione statunitense ha di nuovo aumentato la presenza militare in Siria a sostegno delle Forze Democratiche Siriane. La coalizione a guida curda nelle scorse settimane ha arrestato il capo del Consiglio militare di Deir ez Zor, Ahmed al Khabil (appartenente ad un potente clan tribale locale) provocando una ribellione armata di alcune milizie arabe locali. I combattimenti sono cessati quando il comandante delle Fds, Mazloum Abdi, ha accettato di aumentare la rappresentanza delle tribù arabe della regione nelle istituzioni civili e militari controllate dall’Amministrazione autonoma del nord e dell’est. Ma nuove proteste sono esplose dopo la decisione delle istituzioni locali di aumentare i prezzi dei carburanti.

Infine nel sud della Siria, nel governatorato di Suwayda (adiacente alle alture del Golan, occupate e annesse da Israele dopo la guerra del 1967) continuano le proteste della locale comunità drusa che, scesa in piazza inizialmente per motivazioni economiche, chiede ora una transizione politica a Damasco e maggiore autonomia. Il 13 settembre due capi religiosi della comunità drusa hanno espresso il proprio sostegno alle manifestazioni, così come il governo degli Stati Uniti che ha organizzato un incontro tra alcuni emissari di Washington e alcuni rappresentanti delle tribù impegnate nella protesta. – Pagine Esteri

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Tornado, F-16, Rafale, Mirage. Ecco l’Italia al Nato Tiger Meet 2023


Dopo 35 anni l’Italia torna ad ospitare il Nato Tiger Meet che annualmente dal 1960 fa interagire i Gruppi di Volo delle diverse Forze Armate dell’alleanza. Dalla base di Gioia del Colle in Puglia caccia ed elicotteri di 10 Paesi Nato sono i protagonisti

Dopo 35 anni l’Italia torna ad ospitare il Nato Tiger Meet che annualmente dal 1960 fa interagire i Gruppi di Volo delle diverse Forze Armate dell’alleanza. Dalla base di Gioia del Colle in Puglia caccia ed elicotteri di 10 Paesi Nato sono i protagonisti di un’esercitazione che si svolge in un momento geopolitico particolarissimo, caratterizzato dagli effetti della guerra in Ucraina, dalla presenza di mezzi navali non Nato nel Mediterraneo e dal conflitto scoppiato due giorni fa in Israele dopo gli attacchi di Hamas.

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70 aeromobili ad ala fissa, 10 ad ala rotante e unità navali fino al prossimo 13 ottobre opereranno in acque internazionali, mar Tirreno, canale di Sicilia e mar Ionio: l’Italia, anche in concomitanza con i festeggiamenti per il centenario dell’Aeronautica Militare, partecipa con i Typhoon assieme a Tornado, F-16, Rafale, Mirage. Le operazioni si stanno svolgendo nello spazio aereo di Puglia, Calabria e Basilicata con l’obiettivo di perfezionare l’interoperabilità degli assetti in missioni di difesa e interdizione aerea, di supporto a truppe a terra (Close Air Support – CAS) o di ricerca e recupero di personale in ambiente ostile (Personnel Recovery-PR). Tale addestramento in gergo viene chiamato Large Force Employment (LFE).

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Perché in Italia

“Dopo 35 anni abbiamo organizzato questa esercitazione internazionale in Italia con un ritorno addestrativo elevatisismo – spiega il Maggiore Emanuele Fumanti, comandante del XII Gruppo Caccia Intercettori, gruppo di volo che fa parte del 36º Stormo di stanza a Gioia del Colle – con un grandissimo numero di assetti. Siamo 70 velivoli su 19 gruppi Tiger, ovvero quei gruppi che hanno come logo una tigre. In base al piano quinquennale stabilito dai comandanti dei gruppi Tiger, il 2023 è stato l’anno dell’Italia: la coincidenza con il centenario ci ha fatto molto piacere ma non è stato voluto”.

Tra Ucraina e Israele

L’esercitazione si inserisce in un peculiare contesto geopolitico dove, accanto alla guerra in Ucraina, si segnalano l’iperattivismo russo nel Mediterraneo allargato e l’attacco di Hamas contro Israele che comunque rientra nel cono di interesse geopolitico di Ue e Nato. In primis va segnalata l’iniziativa di Mosca in Libia dove interloquisce con il generale Khalifa Haftar per ottenere i diritti d’attracco ai porti della Cirenaica. Un elemento, questo, che avrebbe come prima conseguenza il potenziamento oggettivo della capacità militare russa nel Mare Nostrum con un tentativo di interferenza con le attività della Nato: appare di tutta evidenza che il ruolo dei porti libici, vicinissimi al canale di Sicilia e al Mar Adriatico, è strategico per Putin.

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Russi nel Mediterraneo

In secondo luogo, sono stati numerosi i passaggi di navi militari e sottomarini russi al largo delle coste pugliesi e calabresi: nel giugno 2022 l’incrociatore “Varyag” transitò a circa 150 miglia dal golfo di Taranto, in acque internazionali, per poi dirigersi verso Creta. In quei giorni c’era un totale di 18 navi militari russe nel Mediterraneo, più due sommergibili.

Lo scorso maggio ancora la presenza della flotta russa al largo di Puglia e Calabria, con la fregata Ammiraglio Gorshkov, armata con i missili ipersonici Zircon che volano a 10 mila chilometri orari. Pochi giorni fa l’ultimo avvistamento: il sottomarino russo Krasnodar, classe Kilo, dopo due anni di attività dalla base siriana di Tartous è passato dall’Italia con destinazione Gibilterra a raggiungere i porti del Baltico.


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