Arrestato a Medellin il "facilitatore" camorrista del traffico di stupefacenti tra Colombia ed Europa
La Polizia di Stato colombiana ha arrestato a Medellin l'italiano Gustavo Nocella (sopra in foto), detto "Ermes", ricercato in Italia per traffico di droga e considerato un "boss invisibile".
"Il boss italiano del narcotraffico Gustavo Nocella è stato catturato a Medellín dalla Polizia Nazionale", ha annunciato lunedì il presidente colombiano Gustavo Petro, precisando che si tratta del "principale anello di congiunzione del clan Rinaldi-Formicola, Amato-Pagano e De Micco alleati con la mafia sudamericana, soprattutto colombiana, per il traffico di ingenti carichi di droga. La fase finale dell'Operazione Minerva - ha reso noto il presidente colombiano - ha cominciato a prendere forma sei mesi fa quando la Polizia Nazionale, in coordinamento con #EUROPOL, i #Carabinieri italiani e le autorità del Regno Unito, si sono scambiate informazioni che hanno permesso loro di stabilire che il fuggitivo aveva la sua centrale operativa in Colombia".
L'italiano, considerato dalle autorità il principale fornitore di cocaina ai clan a nord e a est di Napoli, è stato arrestato in un esclusivo appartamento di #Medellín.
“Gli uomini dei servizi segreti sapevano che uno dei suoi passatempi preferiti era il biliardo, un indizio che trovarono in ciascuno degli appartamenti che, trimestralmente, ha affittato fino a 25 milioni di pesos (circa 5.840 dollari), soprattutto nel settore di El Poblado", ha spiegato la Polizia in un comunicato.
Secondo la polizia, Nocella, 58 anni, era incaricato di coordinare la logistica delle spedizioni di cocaina cloridrato via mare dalla Colombia ad Amsterdam, utilizzando navi e barche a vela.
E, da questa città, trasportava le spedizioni fino a Napoli utilizzando camion pesanti, automobili e anche mezzi di servizio pubblico.
"Questa operazione è il risultato di una fluida cooperazione internazionale che ci ha permesso di catturare più di 40 trafficanti di droga invisibili", ha affermato il Direttore Generale della Polizia, Generale William René Salamanca Ramírez.
#Armadeicarabinieri #Europol
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Le Forze di polizia di 20 Paesi di tutto il mondo, sotto il coordinamento di Interpol, si sono riunite a Reggio Calabria per la 2^ conferenza dei Focal point del Progetto I-Can
Un'alleanza globale per confrontarsi sulle nuove sfide e strategie di contrasto alla ‘Ndrangheta. Il Progetto è nato 4 anni fa dalla stretta collaborazione tra il Segretariato generale di Interpol e il Dipartimento della pubblica sicurezza italiano per un attacco globale multilaterale alla ‘ndrangheta.
Durante la conferenza, tenutasi la scorsa settimana, esperti provenienti da Italia, Albania, Argentina, Australia, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Colombia, Ecuador, Francia, Germania, Malta, Paesi Bassi, Paraguay, Regno Unito, Spagna, Svizzera, Stati Uniti e Uruguay hanno condiviso le loro conoscenze e best practices per comprendere a fondo le strutture, le dinamiche e i metodi operativi di una delle organizzazioni criminali più pericolose al mondo.
Per l’Italia sono intervenuti il vicecapo della Polizia Raffaele Grassi (foto sopra) promotore dell’iniziativa e il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo italiano Giovanni Melillo (foto sotto), mentre per l'Interpol era presente Cyril Gout, Director operational support and analysis.
Grazie allo scambio di intelligence e all’utilizzo delle numerose banche dati di Interpol, il progetto ha consentito non solo la cattura di 101 pericolosi latitanti ‘ndranghetisti, ma anche l’individuazione di partnership criminali con altre organizzazioni transnazionali.
'NDRANGHETA . UNO STUDIO SULLE TRASFORMAZIONI CULTURALI E TECNOLOGICHE
Che la 'Ndrangheta sia l'organizzazione criminale italiana che presenta la maggiore minaccia all'estero è assunto consolidato. Non a caso all'interno di INTERPOL è stato attivato un programma ad hoc di collaborazione, guidato dall'Italia, denominato "I-CAN", un'alleanza globale per confrontarsi sulle nuove sfide e strategie di contrasto alla ‘Ndrangheta. Il Progetto è nato 4 anni fa dalla stretta collaborazione tra il Segretariato generale di Interpol e il Dipartimento della pubblica sicurezza italiano. Anche il progetto europeo di una rete internazionale di polizia @ON, guidato dalla italiana Direzione Investigativa Antimafia (DIA) mira a creare una rete tra le forze di polizia coinvolte, fornendo loro informazioni rapide sulle formazioni criminali internazionali su cui stanno indagando. Ciò avviene attraverso il canale sicuro “Siena” di Europol e la creazione di un database internazionale relativo alla criminalità organizzata.
Copertina rivista SN Social Sciences
Un recentissimo studio condotto da due esperte della materia, Anna Sergi e Anita Lavorgna, rispettivamente docente di criminologia presso l'University of Essex e Professoressa Associata presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Bologna, sulla rivista SN Social Sciences (in inglese, Intergenerational and technological changes in mafia-type groups a transcultural research agenda to study the ‘ndrangheta and its mobility, reperibile anche in rete: link.springer.com/article/10.1…) pone l'accento sulla mobilità della 'ndrangheta e come le trasformazioni culturali e tecnologiche influenzino le sue operazioni.
L'analisi si basa su una revisione preliminare di documenti, tra cui trascrizioni di conversazioni intercettate, per esaminare l'uso di comunicazioni criptate nelle attività di traffico di droga. Questo approccio mira a fornire un contributo teorico piuttosto che empirico.
Tra gli altri aspetti considerati quelli di mobilità ed i legami sociali e culturali: la 'ndrangheta sfrutta i legami con la diaspora calabrese per espandere le sue operazioni e le dinastie mafiose si adattano a contesti internazionali, facilitando la loro mobilità.
Lo studio sottolinea l'importanza di un approccio transculturale per comprendere le dinamiche della 'ndrangheta, evidenziando come le trasformazioni tecnologiche e culturali influenzino le sue operazioni e resilienza a livello globale.
Da segnalare inoltre come proprio una delle due autrici, la Professoressa Sergi, sia protagonista di un podcast sulla infiltrazione della 'Ndrangheta agli antipodi, ovvero in Australia. Si tratta di un lavoro curato da Carlo Oreglia
, che evidenzia come da anni tale organizzazione criminale sia presente con i suoi traffici illeciti in varie città australiane (“My Australian Mafia Road Trip”: viaggio nella storia della 'ndrangheta in Australia).
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Oggi, 20 ottobre, nel 1944
Milano sotto i bombardamenti, gli Alleati colpiscono una scuola.
184 bimbi (assieme ai loro insegnanti) perdono la vita. È quella rimasta nella storia come la strage di Gorla.
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EUROPOL ospita la Conferenza europea sulla criminalità informatica
Questa settimana, Europol ha ospitato la comunità mondiale delle forze dell'ordine e l'industria della #cybersicurezza al suo quartier generale, in concomitanza con il mese internazionale di sensibilizzazione sulla sicurezza informatica.
La settimana si è incentrata sulla Conferenza europea sulla criminalità informatica e ha segnato il 10° anniversario della task force congiunta sulla criminalità informatica (J-CAT).
La conferenza europea sulla criminalità informatica, aperta dal 16 al 17 ottobre, ha fornito una piattaforma per discutere le ultime tendenze e sfide della criminalità informatica. Hanno partecipato più di 460 rappresentanti di 82 paesi, tra cui funzionari delle forze dell'ordine, esperti di sicurezza informatica e rappresentanti dell'industria, tutti concentrati sul rafforzamento della sicurezza e della resilienza dell'Europa di fronte alle crescenti minacce informatiche.
La conferenza di quest'anno ha rappresentato cinque elementi tematici chiave:
- Operazioni di impatto: mostrando le recenti operazioni internazionali di contrasto, questo blocco ha evidenziato i metodi di individuazione, indagine e di interruzione impiegati per affrontare il crimine informatico.
- L'accesso ai dati per la rapida interruzione: Questo blocco ha esplorato le opportunità di accesso ai dati ed ha esaminato gli ostacoli giuridici, politici e tecnici che incidono sull'individuazione, l'indagine e l'interruzione delle minacce informatiche.
- Sfide future contro la criminalità informatica: Incentrato sull'anticipazione delle prossime sfide nel panorama della criminalità informatica, questo blocco ha sottolineato la necessità di continuare ad avanzare le minacce e le possibili soluzioni. - I 10 anni di realizzazione operativa di #J-CAT: In occasione del 10° anniversario della J-CAT, questo blocco si rifletteva sulla creazione della task force, sui primi casi chiave, sulle priorità attuali e sulla direzione futura.
- Sfruttare la tecnologia per indagini di successo: l'ultimo blocco ha esaminato come le tecnologie emergenti, come l'intelligenza artificiale, possano essere sfruttate nella lotta contro la #criminalitàinformatica.
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Raccoon, the Friendica app that also has surprises for Mastodon users (automatic translation from Italian)
Raccoon for Friendica (actually there is also a Raccon for Lemmy app) is an amazing app and, although it is still in “beta” version (the installation file can be downloaded here), it seems like a completely mature app, full of innovations and, surprisingly, it even manages to offer something completely new to Mastodon users! NB: This is an automatic translation from Italian.
Raccoon, l’app Friendica che riserva sorprese anche per gli utenti Mastodon
Raccoon for Friendica (in effetti c’è anche un’app Raccon for Lemmy) è un’app sorprendente e, benché sia ancora in versione “beta” (il file di installazione può essere scaricato qui), sembra un’app completamente matura, ricca di innovazioni e, sorprendentemente, riesce addirittura a offrire qualcosa di completamente nuovo agli utenti Mastodon! Abbiamo deciso perciò di scrivere questo…
Vino rosso francese DOP falsificato: fino a 15.000 euro a bottiglia
Un'indagine condotta dalla Gendarmeria francese (Gendarmerie Nationale), che ha coinvolto l'Arma dei Carabinieri italiani (NAS) e la Polizia federale svizzera (Police Federale Swiss), sostenuta da Europol ed Eurojust, ha portato allo smantellamento di una rete criminale di contraffazione dei vini francesi a Denominazione di Origine Protetta (DOP) in Italia.
La rete criminale falsificava il vino rosso francese, facendo pagare fino a 15.000 euro a bottiglia. Il vino finto è stato contraffatto in Italia, poi consegnato ad un aeroporto italiano ed esportato per la vendita a valore di mercato in tutto il mondo da commercianti inconsapevoli.
L’operazione ha portato a: 6 arresti; 14 perquisizioni a Torino e Milano; sequestri tra cui: grandi quantità di bottiglie di vino provenienti da diversi domini Grand Cru contraffatti, adesivi per vino e prodotti in cera, ingredienti per sofisticare il vino, macchine tecniche per tappare le bottiglie, beni di lusso e apparecchiature elettroniche per un valore di 1,4 milioni di euro, oltre 100.000 euro in contanti e documenti.
Il modus operandi della rete criminale, unito alle caratteristiche delle contraffazioni,
ha portato gli investigatori a stabilire un collegamento con una precedente indagine sostenuta da Europol mirata alla contraffazione di vino DOP. Le operazioni forensi condotte hanno rivelato le tecniche utilizzate dalla rete criminale per contraffare il vino francese di alta qualità.
Collegamenti tra le due indagini sono stati scoperti anche esaminando i produttori di capsule e capsule e gli stampatori di etichette. L'indagine, chiusa nel 2015, coinvolgeva un cittadino russo anch'egli collegato all'indagine.
Ulteriori indagini hanno portato alla luce transazioni commerciali effettuate tra l'Italia e la Svizzera. Successivamente furono scoperte altre bottiglie con simili segni di contraffazione.
Nel 2014 è stata scoperta una traccia latente sul retro di un'etichetta,
che ha scoperto un collegamento con un individuo già noto alle autorità per un caso precedente simile. L'indagine su una rete internazionale di contraffazione di vini di lusso ha portato all'arresto di un cittadino russo associato a due viticoltori di nazionalità italiana. Tuttavia, dal 2019, in Europa sono comparse nuove contraffazioni, in particolare nei mercati svizzero e italiano. Dalle indagini effettuate è emerso che le vecchie bottiglie false venivano ancora vendute insieme a quelle nuove con copie delle nuove caratteristiche di sicurezza.
Gli indizi investigativi e lo scambio internazionale di informazioni attraverso Europol hanno consentito all'unità della gendarmeria francese incaricata del caso di identificare questo nuovo percorso di distribuzione di bottiglie contraffatte utilizzando l'identità dei domini Grand Cru.
#Armadeicarabinieri #Gendarmerienationale #Europol #Eurojust #NAS
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Poliversity, l’istanza Mastodon per giornalisti e studiosi, consentirà di scrivere post lunghi e formattati!
Oggi, Dr. Polivers*, l’amministratore occulto di Poliversity.it non ha solo aggiornato il sistema alla nuova release di Mastodon, ma ha anche fatto di più. Il sistema infatti è stato aggiornato alla Mastodon glitch-soc, un fork amichevole del software di microblogging più usato nel Fediverso. Questo fork è stato pensato per fornire funzionalità aggiuntive molto interessanti…
Le conclusioni del Consiglio delle telecomunicazioni sostengono la “regolamentazione orizzontale della privacy”
L'articolo proviene da #Euractiv Italia ed è stato ricondiviso sulla comunità Lemmy @Intelligenza Artificiale
La presidenza ungherese del Consiglio dell’UE suggerisce una potenziale ripresa della revisione della
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METAstasiVERSO vs POLIVERSO: ecco come l’informazione italiana ha ignorato il più grande sversamento di rifiuti compiuto da Facebook nel Web
Poliverso.org è il sito che abbiamo creato nell’estate del 2021 e contiene un social network piccolo fatto da poche centinaia di persone che ogni mese accedono al proprio profilo, ma integrato con il grande universo social costituito dal Fediverso che conta qualche milione di utenti in tutto il mondo. Se qualcuno se lo stesse chiedendo, no: il nome Poliverso non vuole affatto richiamare…
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di Laura Tussi
Le realtà ecopacifiste si oppongono con il presidio davanti alla base NATO di Solbiate Olona per demolire il mito della forza e della militarizzazione e della deterrenza nucleare, della base dell’Alleanza Atlantica che vuole abbattere i Russi e le forze considerate terroristiche, secondo la perversa logica NATO
Come apprendiamo dall’Agenzia Ansa, l’Italia, con il suo Comando NATO di Rapida Operatività (Nrdc-Ita) e multinazionale con sede operativa a Solbiate Olona (VA), è il quartier generale della nuova forza di reazione della NATO. Il nuovo assetto operativo vedrà crescere il numero di soldati, che arriveranno a 300 mila unità, oltre a mezzi e tecnologie. Come si evince dallo studio dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università di Varese.
L’Italia accresce ulteriormente il proprio impegno in campo bellico, diventando la sede della nuova forza di reazione rapida dell’Alleanza Atlantica in contrasto con i nostri alti ideali di pace e solidarietà e accoglienza
L’inaugurazione del nuovo strumento NATO si è svolta lunedì primo luglio 2024 nella base di Solbiate Olona, in provincia di Varese, dove hanno sede le forze NATO italiane a dispiegamento rapido. Sarà proprio questa la sede provvisoria della NATO, fino a che non verranno realizzate strutture permanenti specificamente dedicate ad essa.
La Nato si è già riunita nei summit di Madrid, Vilnius e Washington dove ha anche approntato l’installazione degli euromissili ipersonici in Germania entro il 2026. Altro passo verso l’escalation militare e la conflagrazione nucleare e il conseguente annientamento della vita sulla terra
Lo scopo della nuova Forza NATO, la cui creazione è stata annunciata al termine del summit di Vilnius del 2023, è quella di “produrre effetti con un preavviso più breve di quanto sia stato possibile in precedenza”, aumentando così la capacità operativa dell’Alleanza.
Per protestare tutto il nostro dissenso di ecopacifisti in contrasto al sistema di guerra criminogeno della NATO, si è svolta domenica 28 Luglio una manifestazione con presidio davanti alla base NATO Solbiate Olona
Quartier generale Nato: Solbiate Olona dice no. Un presidio innanzi alla base Nato di Solbiate Olona, domenica 28 luglio 2024 dalle 15 alle 17, è la risposta della popolazione locale alla scelta di collocare nella base stessa il quartier generale della nuova forza di reazione della Nato: l’Arf (Allied Reaction Force). Oltre alla questione etica relativa alla militarizzazione del territorio, infatti, emerge la preoccupazione per l’incolumità della popolazione, in vista di un’escalation bellica che negli ultimi anni sembra essere ricercata con sempre maggiore insistenza. “Dal nostro punto di vista la Nato non è un’alleanza di difesa, ma aggressiva.”, specifica il manifestante Elio Pagani, presidente di “Abbasso la Guerra OdV Venegono”: “Noi siamo per il suo scioglimento”. Il numero dei presenti è andato aumentando nelle ore seguenti, stabilizzandosi su un totale di circa cinquanta persone e poi aumentando fino a oltre un centinaio tra i membri di associazioni come “Assemblea Popolare di Busto Arsizio” e “Osservatorio Contro la Militarizzazione delle Scuole e delle Università Varese”. Non manca chi è venuto da più lontano, come Beppe Corioni, arrivato da Brescia in rappresentanza del “Centro Sociale 28 Maggio Rovato” e “Donne e Uomini Contro la Guerra Brescia”. E altre realtà.
Questa è la logica perversa delle nuove forze NATO dispiegate a Solbiate Olona un paese della provincia di Varese in Lombardia
Il fine esplicito della nuova Forza multinazionale è quello di concentrarsi sul contrasto alle ‘principali minacce’ contemporanee, poste ”dalla Russia e dai principali gruppi terroristici”, secondo quanto sostengono i generali e i comandanti in capo delle forze NATO, permettendo di “rafforzare la deterrenza in pace o in crisi” e di “creare un dilemma strategico per gli avversari”.
La nuova Alleanza mette diabolicamente in campo un assetto militare multiforze che oltre a essere dannoso, è criminale nei confronti di tutti noi cittadini non solo delle vicinanze, ma dell’intero assetto terrestre e villaggio globale
L’Alleanza permette, in caso di necessità, di coordinare una risposta multiforze da parte di altri componenti dell’Alleanza in tempi estremamente rapidi, mettendole a disposizione del Comandante supremo delle forze NATO, massima autorità dell’Alleanza. Le missioni che questa unità può svolgere sono molteplici e vanno dalla “riserva strategica dispiegabile in caso di crisi” alla “dissuasione dell’escalation verticale o orizzontale”, passando per la “risposta a crisi legate a situazioni emergenti”.
Tutti mezzi e misure di attacco e di offensiva che noi ecopacifisti non possiamo tollerare e ammettere e permettere
Si è svolta lunedì 1 luglio 2024, alla base Nato di Solbiate Olona, sede operativa di Nrdc-Ita, la cerimonia che ha sancito l’assunzione per i prossimi tre anni del ruolo di guida dell’Arf per il Comando Nato di Solbiate Olona, comandato dal generale di corpo d’armata. Il passaggio di consegne è avvenuto alla presenza della massima autorità militare dell’Alleanza in Europa e del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, il generale di corpo d’armata.
Come ecopacifisti non ammettiamo il dispiegamento di forze militari per la costituzione di un nuovo Quartier generale. Sono manovre criminali inammissibili in un paese come l’Italia la cui Costituzione “ripudia la guerra”
Secondo i poteri forti e i comandanti in capo e i generali NATO, questo nuovo ruolo rafforzerà anche le relazioni già stabilite dal Comando NATO di Solbiate Olona, consentendogli di collaborare con nuovi partner e alleati militari per condividere competenze ed esperienze, dimostrando nel contempo i migliori principi di coesione e legittimità. Secondo la logica perversa del potere.
Il nuovo assetto operativo militare vedrà crescere il numero di soldati, che arriveranno a 300 mila unità, oltre a mezzi e tecnologie, ordine che la NATO ha imposto a seguito dell’intervento della Russia in Ucraina
Tra i partecipanti all’inaugurazione gli studenti dell’Istituto Falcone, noto per promuovere attività di PCTO (alternanza scuola lavoro) presso la base NATO, e sempre in prima fila quando si tratta di aprire le porte ai militari o di garantire la presenza degli alunni alla base NATO.
Il mondo della scuola e dell’infanzia viene sempre più coinvolto in queste disposizioni militari e esercitazioni guerresche, quando i bambini soprattutto hanno diritto alla pace e alla felicità nel nostro Paese e in tutto il mondo
In questa occasione sono stati coinvolti anche i bambini delle scuole materne, come la Scuola Materna paritaria di Fagnano Olona, dove “gli scoiattoli” sono stati accompagnati alla Base NATO di Solbiate Olona, e i bambini «hanno potuto esplorare i luoghi in cui i militari si addestrano e lavorano; hanno conosciuto i mezzi militari usati nelle missioni, le fasi di una missione seguendo con curiosità e attenzione», come si leggeva sulla loro pagina fb in un post rimosso dopo le rimostranze ricevute. Inoltre pochi giorni prima, sempre con un post pubblicato sulla loro pagina fb, comunicano che poiché «Il mondo militare affascina da sempre i bambini. Abbiamo trasformato la nostra scuola in una base per l’addestramento militare, la battaglia in trincea e un ospedale da campo con le migliori infermiere».
Quanto avviene non è casuale ma sostenuto da protocolli d’intesa firmati da rappresentanti dell’Esercito con il Ministero dell’Istruzione, gli Uffici Scolastici Regionali e Provinciali e le singole scuole.
Le scuole si trasformano sempre di più in caserme e le caserme entrano sempre di più nelle nostre scuole
Dobbiamo cercare di fermare questo processo di militarizzazione, iniziato almeno una ventina di anni fa non solo nella provincia di Varese ma in tutta Italia, deriva ignorata da gran parte delle persone e spesso anche dagli stessi docenti.
Un presidio per contrastare la base Nato Solbiate Olona: i perché e i retroscena
di Laura Tussi Le realtà ecopacifiste si oppongono con il presidio davanti alla base NATO di Solbiate Olona per demolire il mito della forzaRifondazione Comunista
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Stefano Galieni*
I Giochi olimpici, che hanno visto proporre, in maniera ancora più netta rispetto al passato, la presenza di atlete e atleti con background migratorio, hanno fatto si che, in questo silenzio agostano, sia tornato nel dibattito politico l’annoso tema della riforma della legge sulla cittadinanza, la stantia 91/1992. Va ricordato che a causa di tale normativa, per divenire cittadine/i italiani occorre risiedere per almeno 10 anni continuativi nel “Belpaese”, avere un reddito, una residenza e non aver subito condanne gravi, anche in primo grado. Trascorsi i fatidici 10 anni si può inoltrare la richiesta che viene analizzata dal ministero dell’Interno anche mediante i suoi organismi territoriali, le prefetture. I tempi di attesa, che già erano lunghi nel 1992, sono più che raddoppiati, passano almeno 4 anni prima di ottenere una risposta che non sempre è positiva. La vita privata del richiedente viene scandagliata in nome della “sicurezza nazionale”. Procedure accelerate e speciali possono essere messe in atto per casi individuali, riguardanti persone che si siano distinte per atti di eroismo o per meriti sportivi. Ma neanche per gli atleti e le atlete la vita è facile. Si debbono avere prestazioni da primato, che fino a quando non si diventa cittadini, non sono neanche riconosciute, prima di poter accedere a tale privilegio.
Per chi nasce in Italia da genitori di cui almeno uno è regolarmente residente, la richiesta della cittadinanza può essere fatta – quanta bontà – dal compimento del diciottesimo anno di età per un solo anno e ovviamente senza mai essersi allontanati dal Paese, dopo è troppo tardi. Potrà sembrare un’inezia ma per una ragazza o un ragazzo minorenne che intenda andare in gita scolastica con i propri compagni, tale diritto è spesso negato. Più di una volta si è tentato di modificare una legge basata sullo ius sanguinis – diritto basato sul sangue – (terminologia scientificamente inesistente), per giungere allo ius soli, diritto del suolo, che lega la cittadinanza al luogo di nascita. Destra e sinistra moderata hanno sempre, di fatto, avversato quest’ultima ipotesi. Già nel 1998 l’allora ministro dell’Interno, poi Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si spingeva ad utilizzare una forma come “ius soli temperato”, secondo cui, per chi era di origine straniera, non era sufficiente essere nato in Italia per acquisire la cittadinanza. La proposta di legge, varata nel 2015 in tal senso prevedeva che chi era nata/o in Italia ne diveniva immediatamente cittadino a condizione che almeno uno dei due genitori fosse in possesso della carta di soggiorno illimitata. Ma anche il possesso di questo prezioso documento non è svincolato da requisiti: residenza continuativa in Italia negli ultimi 5 anni da comprovare attraverso idonea documentazione; reddito annuo pari o superiore all’importo dell’assegno sociale (attualmente €5.983,00), come da disposizioni vigenti. Tale requisito reddituale dovrà essere attestato mediante certificazione unica (CU) o modello Redditi PF; conoscenza della lingua italiana di livello A2 o titolo di studio conseguito in Italia riconosciuto equivalente, salvo nei casi di protezione internazionale; possesso di un valido permesso di soggiorno; assenza di condanne penali, nei Paesi di residenza o cittadinanza.
Anche questa proposta ultramoderata si è arenata al Senato grazie allo strepitare della destra – c’era chi lanciava allarmi relative a barconi con donne in gravidanza, pronte a salpare per l’agognato titolo – ignavia della dirigenza dell’allora M5S, paura del centro sinistra tanto di perdere consensi quanto di essere sconfitto in aula. Quasi un milione di minori perse questa importante occasione di affrancamento. Oggi riparte la bagarre con 2 ulteriori restrizioni già agitate negli ultimi anni: lo ius scholae, del 2022 che mira a concedere la cittadinanza italiana ai minori stranieri nati in Italia o arrivati entro i 12 anni, dopo aver completato un ciclo scolastico di almeno cinque anni o lo ius culturae, parte di un disegno di legge approvato nel 2015 e arenatosi ben presto che prevedeva la concessione della cittadinanza al completamento di un ciclo scolastico con successo, basandosi sul principio che lo straniero debba dimostrare attivamente la sua volontà di integrazione. Le proposte che si vanno confrontando in questi giorni sono al ribasso per convincere parte delle destre a sostenerle e per non ridare fiato a chi lancia l’allarme della “sostituzione etnica” o dell’invasione. Sono proposte col fiato corto, che non tengono conto di quanto questo Paese, malgrado l’assenza o l’ostilità della politica, sia profondamente cambiato.
Oggi ci sono in Italia oltre 5 milioni di persone che vivono regolarmente sul territorio nazionale e almeno altre 500 mila che, usufruendo di percorsi di regolarizzazione, potrebbero affrancarsi dal ricatto del lavoro nero. Fermo restando che bisognerebbe spiegare, a chi ne parla a sproposito, che la cittadinanza dovrebbe essere un diritto e non una concessione, una lotta vera su questo tema dovrebbe porsi obiettivi più ambiziosi. Nel 2011 partì la raccolta firme per due leggi di iniziativa popolare lanciata dalla Campagna “L’Italia sono anch’io”, di cui anche Rifondazione fece parte insieme a sindacati, mondo dell’associazionismo laico e cattolico, intellettuali e quant’altro. Le proposte che raccolsero complessivamente oltre 200 mila firme, sostenevano hic et nunc due cambiamenti. Il passaggio diretto allo ius soli (se nasci in Italia sei italiana/o almeno che tu poi non decida di rinunciarci, unita al dimezzamento di richiesta e ottenimento della cittadinanza, senza vincoli economici e, richiesta frettolosamente abbandonata, la ratifica del Capitolo C, Art 6 della Convenzione di Strasburgo. L’Italia non ha mai voluto accettare questo Capitolo secondo cui chi risiede in maniera stabile in un Paese deve aver accesso al diritto di voto attivo e passivo alle elezioni amministrative. Se tale ratifica fosse avvenuta anche durante i governi di centro sinistra molto probabilmente i partito che hanno costruito il proprio successo sulla caccia all’immigrato dovrebbero fare i conti, almeno a livello locale, con un elettorato non soltanto autoctono da generazioni e magari alcune vergognose politiche discriminatorie si sarebbero evitate. Si pensi ai territori oggi leghisti o in mano a FdI, in cui il voto di uomini e donne non nati/e in Italia, sarebbe determinante per eleggere un Sindaco.
E se nell’Italia meloniana fosse questo il momento in cui alzare l’asticella e, insieme alle tante e ai tanti uomini e donne che lavorano o studiano qui, che sono parte attiva della società del presente, fosse il giunto il momento di osare di più? Di non accontentarsi del meno peggio in nome di qualche voto in più in Parlamento pagato a caro prezzo? Occorrerebbe che su questo tema si aprisse uno spazio pubblico di riflessione e di costruzione di vertenze. C’è chi ha già lanciato l’idea di un referendum, difficile capire se sia questo lo strumento migliore, ma intanto, far precipitare, nei diversi mondi solidali e di interconnessione, l’idea che possa partire una grande campagna, anche culturale, per riportare le persone a ragionare sull’importanza di una società con diritti garantiti a tutte/i e basata sulla convivenza è un dovere politico. Cittadinanza e diritto di voto trascinano con se a valanga il contrasto alle politiche securitarie e all’abolizione del diritto d’asilo, alla criminalizzazione di chi salva le persone, all’ampliamento di Centri di detenzione, anche fuori dai confini nazionali, destinati a rimpatriare chi non è considerato degno di ricevere protezione. E un contrasto netto infine alla dimensione europea assunta col Patto sulle migrazioni che dovrebbe entrare in vigore nel 2026 e che rende l’intero continente ancor più fortezza in tempi di guerra.
Non si tratta di un tema marginale ma fondamentale per affrontare l’arretratezza di un suprematismo istituzionale che è divenuto anche sub cultura di massa. Un tema in cui non si possono avere posizioni di compromesso, chi le fa proprie è parte del problema, ci si deve schierare con schiettezza e senza alibi, da una parte o dall’altra.
*Responsabile nazionale immigrazione, Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
| Rifondazione Comunista
Stefano Galieni* I Giochi olimpici, che hanno visto proporre, in maniera ancora più netta rispetto al passato, la presenza di atlete e atleti con backgroundRifondazione Comunista
Ci ha lasciato oggi, a 92 anni, il compagno Mario Brunetti, intellettuale calabrese meridionalista, esponente della comunità arbëreshe, socialista e comunista democratico che è rimasto sempre fedele alla lezione di Antonio Gramsci e Rodolfo Morandi.
Mario Brunetti per tre mandati è stato parlamentare di Rifondazione Comunista, dopo una lunga militanza nello Psiup, nel PdUP e in Democrazia Proletaria. Ci ha lasciato, nel lavoro fatto come Presidente del Comitato dei diritti umani della Commissione Esteri della Camera, delle importanti testimonianze scritte.
Nel 1998 seguì Cossutta nella scissione ma tornò dopo alcuni anni a collaborare con Rifondazione per la sua netta opposizione allo stravolgimento della Costituzione – dal contrasto alle famigerate modifiche del Titolo V, all’opposizione ai diversi e pericolosi tentativi di cambiamento avvenuti nel corso degli ultimi decenni. La nostra comune battaglia si è infine rinforzata nel denunciare, insieme e per primi, le pericolosità insite nei propositi leghisti volti ad affermare l’Autonomia differenziata.
Non possiamo dimenticare il suo infaticabile lavoro di meridionalista e di difensore dei diritti e delle peculiarità delle minoranze etniche nonché l’organizzazione ultratrentennale degli Itinerari Gramsciani: in questo quadro, grazie alle sue ricerche ed ai suoi studi, è stato possibile conoscere e datare con precisione le origini arbëreshe, di Plataci (Cs), della famiglia paterna di Antonio Gramsci.
Con Mario perdiamo un intellettuale di assoluto valore, un compagno che ha messo il suo sapere al servizio della sua terra e un militante della sinistra autentica che ha onorato il nostro partito con un lavoro instancabile per la causa della Pace e della giustizia sociale. Il suo esempio di lavoro culturale e politico e i suoi libri rappresentano un’eredità fondamentale.
Domani alle 17:30, alla Villa vecchia di Cosenza gli daremo, insieme ai suoi cari familiari ed ai loro amici, l’ultimo saluto laico con le nostre bandiere rosse al vento.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Mimmo Serrao, segretario regionale Calabria
Gianmaria Milicchio, segretario provinciale Cosenza
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
Enrico Lai*
Risulterebbe parecchio singolare che la politica si affidi al capitale e al libero mercato per avviare la transizione energetica in Sardegna.
Quello stesso libero mercato e quello stesso capitale che nel sistema di accumulo capitalista, a partire dall’industria fordista dell’900 in poi, ha sfruttato il territorio inquinandolo e mai bonificandolo e ha sfruttato tantissime masse di lavoratrici e lavoratori lasciando sul territorio disoccupazione e malattie. Possono essere quindi loro stessi a porsi alla guida col “placet” della politica di governo nella transizione energetica? Verrebbe da dire spudoratamente “not in my name”.
Affidarsi armi e bagagli a lor signori, ovvero gli stessi che hanno prodotto crisi climatiche, ambientali, sanitarie e occupazionali, è il peggio che possiamo augurarci per il nostro futuro. Quindi il timore che il tema del “pubblico” a limitazione del “laissez faire” liberista e neoliberista non entri con prepotenza nel dibattito politico, così come purtroppo non sta avvenendo, lascia presagire che il “mito della caverna” di Platone sia più che una realtà tangibile.
Ad oggi ho il timore che si guardi e si ragioni su delle ombre proiettate appunto alla fine della caverna e non sulla realtà concreta ed essenziale dei fatti. Basta voltarsi per vedere la luce del sole e la “verità”. In fin dei conti dopo anni di narrazioni sulla dicotomia “privato bello, pubblico brutto” non sorprende che questo motto sia diventato senso comune in diversi strati di popolazione ed egemone nella quasi totalità della classe politica. Oggi più che mai, ritengo, sia indispensabile ribaltare seccamente questo concetto della “mano invisibile” di Adam Smith.
La transizione energetica o la si fa o non la si fa. “Tertium non datur”. Ritengo che adoperarsi a favore sia un obbligo civile e un dovere politico improcrastinabile della classe dirigente per lasciare un mondo migliore, ma soprattutto per salvaguardarlo, ai nostri figli e ai nostri nipoti. Questo è un punto che deve coinvolgere tutte e tutti. In qualunque ambito lavorativo, istituzionale e sociale a partire dalla conoscenza e dall’istruzione nelle scuole primarie. Purtroppo poco si parla nel dibattito pubblico di ciò. La comunità scientifica da decenni ormai è unanime nel ritenere che i cambiamenti climatici con fenomeni sempre più estremi, frequenti e devastanti in larga misura derivanti dall’uso di combustibili fossili rischiano di lasciarci un mondo completamente differente da come lo conosciamo.
A partire dai mutamenti di flora, fauna e clima fino all’allarme più devastante che è quello dell’immigrazione climatica. L’UNHCR (alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati) stima che all’anno ci siano circa 20 milioni di persone obbligate a emigrare a causa del clima con conseguente destabilizzazione antropologica delle stesse comunità e una mutazione irreversibile della società mondiale con tutti i danni economici prodotti a corollario. Questo perché è indispensabile avere un approccio scientifico e non moralista al tema. E’ lo snodo centrale.
La transizione energetica scollegata da una lettura storica del sistema di accumulo capitalista che non tiene in considerazione la “questione di classe”, sarebbe mero “giardinaggio”. Così come il rifiuto della realtà e del principio “non nel mio giardino” non farebbe altro che produrre una situazione peggiorativa del quadro economico e ambientale. Nel solco di conquista del territorio sardo avviato dalla speculazione delle multinazionali del sole e del vento, ci viene sempre in aiuto Marx. Ad oggi siamo davanti a un attacco colonialista, figlio del capitalismo e nipote della globalizzazione. La transizione energetica va immaginata partecipata, democratica, riconosciuta ma in particolar modo voluta. Soprattutto voluta perché necessaria e non rimandabile.
Nell’ambito di una seppur debole autonomia speciale la Sardegna all’articolo 4 del proprio Statuto Speciale può legiferare in merito alla produzione e alla distribuzione dell’energia elettrica. Esiste quindi uno strumento che ci permetterebbe di limitare fortemente la “deregulation” parafrasando Humphrey Bogart: “è il mercato bellezza, e non puoi farci niente!”. Forse può essere non è esattamente così. E fa vibrare le vene ai polsi il fatto che non lo si riconosca come strumento efficace e utile per avviare delle scelte e una seria programmazione in tal senso.
Già negli anni ‘60 la stessa DC si dichiarava indisponibile alla privatizzazione dell’energia in Italia. Su questo ci tornerò con più precisione e dettaglio. Ad oggi però è utile sottolineare che da parte della giunta regionale non è previsto nessun piano energetico che sappia indicare puntualmente quali tipologie di energie rinnovabili ma solo la ricerca affannosa nell’individuazione di aree idonee all’installazione degli impianti di produzione privata per limitare le giuste preoccupazioni, totalmente fondate, delle sarde e dei sardi.
Faccio notare che nel 2006, anche noi come Partito della Rifondazione Comunista della Sardegna volevamo fortemente, anche a seguito della legge Salvacoste del compianto Luigi Cogodi, votando poi a favore del Piano Paesaggistico Regionale. PPR, costruito di concerto col ministero e le comunità locali, appunto per bloccare la speculazione dei “mattonari” e questo elemento lo rivendichiamo con estremo orgoglio tutt’oggi. Il PPR prevede già su tutti i comuni costieri quelle aree e quei beni individui tutelati che non possono essere alla mercé di nessuno, tantomeno degli autoproclamati “signori del vento”.
Non risulterebbe banale che, uno strumento che ha dato prova positiva e che continua a darla nel suo funzionamento, debba essere recuperato nell’ambito della mappatura delle zone interne invece che demonizzarlo e brandirlo come uno spauracchio solo perché antipatico al centrodestra e allo stesso PD che ha deciso persino di interrompere anticipatamente una legislatura regionale su questo preciso punto. Gli strumenti esistono già, usiamoli, miglioriamoli e adeguiamoli alle nuove esigenze che la fase storica ci pone davanti. Per questo nutro delle perplessità di natura giuridica in merito alla proposta di legge proveniente da più parti chiamata “Pratobello”, sebben sia un’iniziativa nobile e giusta che prova a dare una risposta alla salvaguardia del territorio sardo contro la speculazione arrembante e merita particolare attenzione e riconoscimento da parte di tutte e tutti.
Preciso, essendo utile, che noi fummo tra i pochi che posero all’attenzione del governo i vizi di incostituzionalità dell’ultimo Piano Casa della “giunta Solinas”. E la Corte Costituzionale esprimendosi qualche mese fa confermò l’orientamento giuridico già assunto in precedenza, ovvero il paesaggio e l’ambiente non è appannaggio esclusivo in termini di competenze della Regione di fatto cassandolo praticamente in tutta la sua interezza.
Per questo buttare fumo negli occhi delle sarde e dei sardi evocando la più nota rivolta di Pratobello del 1969, con dispiegamento di vele mediatiche così come sta facendo l’Unione Sarda, rischia di non rendere onore alla storia intrinseca sulla portata culturale di quel movimento, ma soprattutto di non produrre gli effetti sperati da tutti, ovvero arrestare oggi, non domani, ma soprattutto neanche dopodomani la speculazione sul territorio.
Ritengo utile sottolineare che il direttore dell’Unione Sarda in un editoriale del 16 giugno sotto forma di lettera aperta alla presidente Giorgia Meloni e rivolgendosi a lei scriveva: ”Ci eravamo illusi, Cara Giorgia, quando incontrando il presidente algerino nel gennaio 2023 Lei rispolverò il gasdotto Sardegna-Italia. Ma forse avevamo capito male. Ora il disegno è chiarissimo: neppure un atomo di metano”. Una domanda sorge quindi francamente spontanea: la strenua e intransigente difesa del territorio identitario sardo proposto dall’Unione Sarda come si concilia con la metanizzazione attraverso una dorsale del gas che attraversa in lungo e in largo la Sardegna? Ma soprattutto come si concilia con la stessa transizione energetica? Ai posteri l’ardua sentenza.
Alcuni mesi fa, noi insieme ad altre forze, parlavamo di “agenzia sarda pubblica dell’energia”. E in sintonia col già richiamato articolo 4 dello Statuto Speciale oggi assume una connotazione di attualità sorprendente nell’ambito di un reale cambio di paradigma di produzione di beni e servizi. Un cambio che da una situazione di difesa strenua del territorio può passare a una situazione di limpida e cristallina opportunità per le sarde e i sardi.
L’agenzia, in cui il pubblico detiene la proprietà dell’energia prodotta, avrebbe la possibilità non solo di creazione di nuovi posti di lavoro ma soprattutto di realizzare parecchi utili da reinvestire sullo stato sociale come politiche attive del lavoro, sanità e scuola pubblica. Far passare, seduti sulla riva del fiume, questa opportunità sarebbe francamente deleterio, così come consegnarla ai privati. Con ogni evidenza nell’ambito della mappatura delle aree, di concerto con le comunità locali, nell’ambito della programmazione di quali e quante energie si debbano installare è imprescindibile trovare il giusto equilibrio. Non può esserci giustizia climatica senza giustizia sociale.
Il combinato disposto di PPR con l’Agenzia Sarda Pubblica dell’Energia è una delle soluzioni a parer mio più credibili che possono sottrarre dalla speculazione il territorio da una parte e avviare un effetto volano di natura economica per il benessere delle sarde e dei sardi dall’altra.
*Segretario regionale Sardegna, PRC-S.E. da “Il Manifesto sardo
Sulle energie rinnovabili il libero mercato è parte del problema e non della soluzione
Enrico Lai* Risulterebbe parecchio singolare che la politica si affidi al capitale e al libero mercato per avviare la transizione energetica in Sardegna.Rifondazione Comunista
Giovanni Russo Spena
Quest’anno “Itinerari gramsciani” a Plataci non si terrà, purtroppo. Il suo ideatore, il suo appassionato organizzatore , Mario Brunetti, poche ore fa, è morto. Ho conosciuto Mario nel 1972, quando fummo, insieme a Vittorio Foa, Pino Ferraris, , Silvano Miniati, Domenico Jervolino, Giangiacomo Migone , tra le altre e gli altri, fondatori del Nuovo Psiup/Sinistra Mpl e, poi, del Pdup, con le compagne e i compagni de “il manifesto”. Sini al percorso che portò a Democrazia Proletaria. Mario è stato, per me, un fratello maggiore; mi ha insegnato tanto. La sua splendida famiglia è stata (ed è) la mia famiglia. Evito qui elogi funebri, che Mario, sempre così sobrio, non amava. Ricordo solo che è stato un parlamentare importante, un coerente partigiano della Costituzione. Ha interpretato la sua funzione non solo come raffinato conoscitore e studioso delle aule e delle commissioni parlamentari, ma, soprattutto, nelle strade, nei luoghi di lavoro e della mancanza di lavoro, nei villaggi sperduti della globalizzazione, in Italia, come nell’America Latina, come nel Medio Oriente.
Nei luoghi delle ingiustizie e delle diseguaglianze, nei meandri del dolore, negli spazi delle lotte , delle rivolte, delle ribellioni. Abbiamo scritto insieme articoli, saggi per Sinistra Meridionale, che è l’amata creatura editoriale di Mario. Rigoroso e lucidissimo intellettuale, arbereshe. Stavamo, in questi giorni, discutendo di un convegno per sottolineare i danni che l’”autonomia differenziata” avrebbe prodotto per il Sud : una sorta di discussione /inchiesta popolare , come facemmo, guidati da Pino Ferraris, all’epoca della “rivolta” di Reggio Calabria. Mario è, infatti, un padre del meridionalismo contemporaneo. Un meridionalismo gramsciano, come ripeteva con convinzione. E si arrabbiava con noi, donne e uomini di sinistra, perché avevamo, sosteneva, sostanzialmente rimosso il Mezzogiorno dalle nostre strategie. “Il Sud non è un orpello; è centrale per pensare la rivoluzione”, ci ripeteva con accorata testardaggine. Mario ha formato, culturalmente e politicamente, tante ragazze e tanti giovani che saranno i nuovi meridionalisti. Intanto, mi sento (ci sentiamo), oggi, spaesati, molto soli. Senza Mario, orgogliosamente e liberamente comunista
per Mario Brunetti
Giovanni Russo Spena Quest'anno "Itinerari gramsciani" a Plataci non si terrà, purtroppo. Il suo ideatore, il suo appassionato organizzatore , MarRifondazione Comunista
Abbiamo finalmente messo a punto il crypto-cappello, con il quale ci trasformiamo nei Cyberflavio to The Moon 🤖 🌙
Provate anche voi ad ascoltare il suono che fa la crypto-moneta lanciata nel crypto-cappello !
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Offerta speciale: è attivo il servizio di ospitalità estiva dei vostri cani. Ora aperto anche ai vostri figli!
I centri estivi per cani e bambini sono l'idea giusta per evitare gli abbandoni estivi.
Cani e bambini giocheranno insieme, mangeranno insieme e dormiranno insieme per un'esperienza indimenticabile.
Pubblicato il video del nostro concerto di venerdì al Lago di Vico. Grazie a tutti per la partecipazione !
#Tuscia #Musica #Viterbo #Ronciglione #LagoDiVico #BurtBacharach #Tromba #Basso #Tastiere
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Another chance for those who could not attend the concert at #FOSS4G2022 - great location this time too (Natural Reserve of Vico Lake).
#LiveMusic #Italy #Lazio #Viterbo #Tuscia #Jazz #BurtBacharach #trumpet
Aperitivo con Burt, Hal, Carol, Elton, Stevie e tutti gli altri echi degli anni '60 del secolo scorso. Oggi alle 18:00 a Ronciglione (VT)
Grazie a tutti per la partecipazione. Un estratto del concerto è qui:
makertube.net/w/q2bh55kk5gAYjf…
Flavio To The Moon concert | July 5th, 2024 | Ronciglione (VT) - Italy
Burt Bacharach tribute by Flavio To The Moon in Ronciglione (VT) - Italy on July 5th, 2024MakerTube
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Il nostro EP è ora disponibile nel fediverso attraverso #Funkwhale.
Potete seguire interagire con il canale tramite ActivityPub:
@Flavio To The Moon
Oppure seguire il canale tramite RSS:
funkwhale.it/api/v1/channels/f…
La URL del canale:
funkwhale.it/channels/flavioto…
Ringraziamo @Devol :fediverso: per averci ospitati sul loro server:
devol.it/servizi/musica.html
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fantastico ! Allora vieni a sentirci a Ronciglione ? Io mi sto preparando per il sound check.
Al basso ci sarà @elif - così il conteggio dei musicisti nel fediverso e vicini sale a tre 🙂
Tu che suoni ?
purtroppo ieri non ero in zona, a saperlo prima! Spero sia andata bene. Il mio vero nome è Carlo, sono polistrumentista, ma principalmente chitarrista in ambito rock. La Guerra delle Formiche è il mio progetto principale, ma ho anche una minuscola label sul genere, SubTerra. Da qualche mese sto trasmigrando tutto nel Fediverso. Penso sia importante creare una presenza qui!
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@La Guerra delle Formiche puoi seguire il nostro account #Mobilizon @Flavio To The Moon dove pubblichetemo tutti gli eventi futuri. Probabilmente li ripeteremo poi da questo account (#Friendica) - viva il #Fediverso!
@elif
@myrornaskrig se vuoi (e se funziona) forse puoi seguire anche l'account @strk@mobilizon.it dove spero riceverai notizie di tutti gli eventi di tutti i gruppi musicali di cui faccio parte.
@elif
seguo tutti gli account, mi pare funzioni tutto, non importa su quale piattaforma siano... il bello del #fediverso! ;)
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Questo sabato @elif suona a #Roma vicino al Circo Massimo, potrebbe essere un'occasione per fare due chiacchiere.
Abbiamo dato un ritocchino al sito web, anche per aggiungere le nuove presenze nel #fediverso. Che ne pensate ?
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Bentrovati nel #fediverso !
Questo luogo può anche essere poco ergonomico (a seconda della interfaccia che si utilizza per frequentarlo) ma si respira aria sincera. Stare qui è un po' come avere uno spazio in TV 📺 su #RaiTre di notte 🌛 con maggiore libertà e minori ascolti; ma come diceva Renzo Arbore: "meno siamo, meglio stiamo" 😉
Avanti tutta !
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Università, entrate nel Fediverso e riappropriatevi della vostra sovranità digitale!
Le università possono essere importanti creatori di spazi pubblici digitali e utilizzare, progettare e fornire strutture di rete di interesse pubblico come Fediverse. In linea con la sua tradizione FLOSS, l'Università di Innsbruck si concentra sul Fediverso e ne ha creato un'istanza sui server universitari. Oltre agli approfondimenti sul processo, la motivazione e il networking sono lo scopo di questo Lightning Talk. Università, unitevi al Fediverso!
Il disastro di Twitter ha evidenziato i rischi derivanti dall’affidarsi a piattaforme commerciali per i canali di comunicazione centrali. Questa non è una novità, ma illustra chiaramente i problemi legati a gran parte della struttura dei social media. Le università possono contribuire in modo significativo a rendere Fediverse una rete decentralizzata, non commerciale e attenta alla privacy. Prendendo l'esempio dell'Università di Innsbruck, l'intervento mostrerà come un trio di diversi dipartimenti, comunicazione scientifica, protezione dei dati e informatica, ha creato un'istanza Fediverse per la comunicazione scientifica istituzionale su Mastodon sui server universitari. Questo Lightning Talk mira a informare e mostrare come un'università si è impegnata con successo con il Fediverso, fungendo da invito all'azione per altre università affinché si uniscano nel cogliere l'opportunità di migliorare le strutture di comunicazione online.
Melanie Bartos, Hansjörg Pehofer, Matthias Weiler
media.ccc.de/v/37c3-lightningt…
Universities, Step into the Fediverse! Reclaiming Digital Sovereignty
Universities can be important creators of digital public spaces and use, design and provide public-interest network structures such as th...media.ccc.de
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Memoru la daton! 🗣 La interesgrupo de Adoleska Agado entuziasme invitas vin partopreni sian retan eventon: ARTo (Adoleskantara Reta Tago) estas organizita de adoleskuloj por adoleskuloj, kaj okazos la 24-an de Decembro. 🎄
Pretiĝu por mojosa tago (horoj aperas laŭ UTC):
🎉 16:00 - 16:30 · Malfermo (gvidas Oliver)
🗣️ 16:30 - 17:30 · Diskutado pri disvastigo de Esperanto kaj adoleskoj (gvidas Óscar)
🎯 17:30 - 18:30 · Ni ludu kune! (gvidas Oliver)
🐶 de 18:30 · Libera babilado pri hejmbestoj (sen gvidanto)
La evento okazos per Jitsi: meet.jit.si/ARTO-TEJO 🎧
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Journa.host e la proprietà dei server Mastodon. Una storia sulla fragilità emotiva e professionale dei giornalisti
@Giornalismo e disordine informativo
Riportiamo le riflessioni di Laurens Hof, autore della newsletter fediversereport
Il server Journa.host , un server Mastodon dedicato ai giornalisti, ha trasferito la proprietà. Con ciò arrivano domande riguardanti le aspettative tra i proprietari/operatori del server e le persone che utilizzano il server. Il server Journa.host è iniziato come un progetto incentrato sulla comunità, con il finanziamento iniziale del Tow-Knight Center for Entrepreneurial Journalism presso la Craig Newmark Graduate School of Journalism della CUNY. Recentemente la proprietà del server è stata trasferita alla Fourth Estate Public Benefit Corporation. Questa organizzazione gestisce anche il server Mastodon newsie.social e, fino a poco tempo fa, anche il progetto verifyjournalist.org (la cui proprietà è stata recentemente trasferita a The Doodle Project).
Questo trasferimento di proprietà del server ha innescato una discussione da parte del giornalista etiope Zecharias Zelalem, che si è allontanato dal server journa.host a seguito di questo trasferimento di proprietà. Nei suoi post sottolinea i rischi reali che derivano dall'essere un giornalista, soprattutto nel suo contesto. Il trasferimento dei dati personali dei giornalisti e il controllo della loro presenza sui social media alla nuova proprietà senza alcun preavviso e spiegazione solleva interrogativi sulle considerazioni dei precedenti proprietari su questo trasferimento. Uno dei punti sollevati è che ci sono poche informazioni disponibili sull'identità del nuovo proprietario, Jeff Brown. È comprensibile che i giornalisti si sentano a disagio quando non è chiaro chi sia responsabile di una parte importante della loro presenza digitale. Allo stesso tempo, la maggior parte dei server non è finanziariamente sostenibile e non si può presumere che anche i server che ricevono finanziamenti da luoghi affidabili rimangano operativi per sempre quando i fondi si esauriscono. Nel frattempo, sotto la nuova proprietà, journal.host consentirà nuovamente la registrazione di nuove applicazioni per il server journal.host.
Dan Hon ha scritto un articolo interessante sulla situazione, tracciando parallelismi con il nuovo libro di Cory Doctorow "The Internet Con", che vale la pena leggere. Sta anche ospitando un incontro digitale per piccoli gruppi "Giornalismo, notizie e social network federati", organizzato anche in risposta a questa conversazione. Qui puoi trovare ulteriori informazioni su questo incontro "Hallway Track".
Le nostre considerazioni sulla vicenda
Quando abbiamo creato l'istanza mastodon poliversity.it, dedicata agli accademici e ai giornalisti, ci siamo resi conto che mentre gli accademici hanno iniziato a frequentarla, i giornalisti l'hanno praticamente disertata, preferendo stare dentro istanze generaliste come mastodon.uno o la gigantesca mastodon.social Ma altri hanno preferito iscriversi nelle due istanze tematiche anglofone più grandi dedicate al giornalismo, newsie.social e journa.host.
Il motivo dichiarato è che i giornalisti preferivano stare nei luoghi più comodi, più frequentati o più esclusivi. Insomma, preferivano Un posto al sole...
Ma questa individuazione dell'istanza del fediverso più affollata nasconde la pigrizia tipica della maggior parte dei giornalisti oltre alla impellente necessità di mettersi in mostra. Quando abbiamo creato la nostra istanza dedicata al giornalismo, abbiamo sempre affermato che si doveva trattare di una soluzione temporanea, in attesa di fare in modo che i giornalisti stessi creassero delle proprie istanze, legate alla piattaforma editoriale per cui già lavoravano o ai consorzi di cui fanno parte alcuni dei migliori giornalisti italiani ed esteri.
Invece questi progetti non sono ancora nati. In questo senso, troviamo che le lamentazioni di Zecharias Zelalem siano stucchevoli: non riguardano l'orgoglio del giornalismo, ma la semplice lamentela del giornalista che si vede cambiare padrone, che si vede cambiare il soggetto ospitante
Anche l'accusa nei confronti di Jeff Brown ossia quella di non essere un giornalista, è una cosa volgare che manca totalmente l'obiettivo: Il fatto è che Jeff Brown non deve essere un giornalista ma al massimo deve essere un bravo "editore"!
Il punto però è che il fediverso consente a ciascun giornalista o a ciascun gruppo di giornalisti di essere editore di se stesso. L'incapacità di comprendere la realtà da parte proprio di quei soggetti che dovrebbero raccontarle, è al nostro avviso l'aspetto più problematico e in un certo senso oscena di tutta questa vicenda.
Dài @GustavinoBevilacqua conosci troppo bene il fediverso per capire che non è questo il punto! Se hai bisogno di sicurezza, non devi cercare la "fiducia" di nessuno, ma devi solo avere il "controllo"!
Se vuoi usare l'istanza di un altro, il minimo che devi (Minimo che DEVI) fare è iscriverti con protonmail e collegarti con TOR project.
L'ottimale è crearti una tua istanza e comunicare solo con sistemi crittati (matrix, signal, session, etc)
@GustavinoBevilacqua aggiungo infine che nessuno deve
> dimostrare che Jeff Brown non è uno delle tante Wanna Marchi della rete, che cerca solo polli da mungere… sarà una buona notizia.
Questo è indifferente, così come lo è il fatto che sia o non sia un giornalista (per me è un "editore di fatto" e si posiziona nell'intervallo tra Wikileaks ed Elon Musk!): quello che conta è chi sei tu, utente che ti iscrivi là dentro...
Verso un ecosistema di scienza aperta. Il contributo di Bonfire nel realizzare un framework modulare per applicazioni social federate
All'interno di Bonfire, è possibile creare diversi plugin per scopi come la collaborazione nella ricerca, la pubblicazione pre-stampa e la revisione tra pari. Inoltre, un sistema di riconoscimento e verifica chiaro e verificabile potrebbe supportare la creazione di un ecosistema federato di scienza aperta.
Una massiccia adozione di protocolli federati da parte delle istituzioni accademiche aiuterà a potenziare le implementazioni della scienza aperta e a includere le comunità non accademiche nel processo di produzione della conoscenza. Immaginiamo che queste implementazioni vengano realizzate all'aperto, attraverso un processo di co-progettazione che unisce scienziati, ricercatori e attivisti. Questo sforzo collettivo garantirà che le funzionalità sviluppate soddisfino i meticolosi standard degli strumenti accademici sfruttando al tempo stesso l’esperienza utente dei social network. La nostra aspirazione è che ciò possa innescare conversazioni significative e ampliare l’accessibilità delle discussioni scientifiche a un pubblico più ampio, promuovendo una comunità di conoscenza globale vivace, inclusiva e interconnessa.
Qui il post completo pubblicato da @Equipo Nibö :niboe: e Biogarabatos post sul blog di @Bonfire
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Le classifiche delle migliori università del mondo lasciano il tempo che trovano
@Universitaly: università & universitari
Nonostante l’indubbia attenzione che ottengono, però, queste classifiche sono da anni molto criticate. Un po’ perché si basano su criteri arbitrari, che riflettono poco la moltitudine di ruoli sociali e culturali che le università svolgono sul territorio. Un po’ perché sono progettate quasi sempre sulla base del sistema d’istruzione inglese e statunitense, che riflette male come funzionano le università nel resto del mondo. Un po’, semplicemente, perché non è chiaro a cosa servano, se non a indirizzare attenzione e fondi verso le società che le stilano e le università che figurano ai primi posti.
L'articolo di @Viola Stefanello 👩💻 è qui su Il Post
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Fantastico modo di pensare! In effetti è proprio vero: gli osservatori influenzano ciò che osservano in questo caso e come l'hai scritto tu è perfetto.
È deprimente allo stesso modo che qualcosa che teoricamente sarebbe interessante (statistiche delle università a priori sarebbero anche cose utili) finisca per essere una forte fonte di influenza degli studenti e delle università. I fini di queste agenzie di classifiche non sono nobili...
Poliversity - Università ricerca e giornalismo likes this.
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Legge di Goodhart: quando una misura diventa un obiettivo, cessa di essere una buona misura. L'intero sistema capitalista è costruito in violazione di questa legge.
ConstipatedWatson likes this.
L reshared this.

Storiaweb
in reply to storiaweb • • •Un articolo del 2021.
[https://storiainrete.com/seconda-guerra-mondiale-ancora-25-mila-le-bombe-inesplose/]
Seconda guerra mondiale: ancora 25 mila le bombe inesplose - Storia in Rete
Redazione Sir (Storia in Rete)