Salta al contenuto principale



Gli attacchi ransomware diminuiscono nel 2024, ma l’economia criminale rimane in espansione


Secondo un rapporto pubblicato di recente dal Financial Crimes Enforcement Network (FinCEN), l’attività globale del ransomware ha raggiunto il picco nel 2023, per poi crollare nel 2024. Questo calo è attribuito ai successivi attacchi ai gruppi ransomware su larga scala, tra cui ALPHV (BlackCat) e LockBit, attraverso indagini collaborative a livello internazionale.

Il FinCEN ha analizzato migliaia di segnalazioni ai sensi del Bank Secrecy Act (BSA) presentate da istituti finanziari tra gennaio 2022 e dicembre 2024, identificando 4.194 casi di ransomware e oltre 2,1 miliardi di dollari in riscatti. Questa cifra è quasi pari al totale segnalato negli otto anni dal 2013 al 2021.

4,5 miliardi di dollari: l’economia del ransomware tra il 2013 e il 2014


Considerando l’intero periodo (2013-2024), si arriva a circa 4,5 miliardi di dollari, il che dimostra che l’enorme economia criminale del settore ransomware è ancora in piena espansione. Secondo il rapporto, il 2023 è stato “l’anno più redditizio mai registrato” per i gruppi ransomware, con 1.512 attacchi e 1,1 miliardi di dollari in pagamenti di riscatto segnalati, con un aumento del 77% rispetto all’anno precedente.

Ma questa tendenza si è invertita nel 2024.

Mentre il numero di incidenti è leggermente diminuito a 1.476, il riscatto totale pagato è crollato a 734 milioni di dollari. Il rapporto attribuisce questo calo alle operazioni su larga scala condotte dalle autorità statunitensi ed europee contro Black Cat (fine 2023) e Lockbit (inizio 2024). In effetti, entrambi i gruppi sarebbero stati tra i gruppi di attacco “più attivi” all’epoca e, a quanto pare, stanno faticando a riorganizzarsi dopo la distruzione delle loro infrastrutture.

“La maggior parte dei pagamenti di riscatto era inferiore a 250.000 dollari”, ha affermato FinCEN, sottolineando che le piccole e medie imprese, così come le grandi aziende, continuano a subire perdite. I settori più colpiti sono quello manifatturiero, finanziario e sanitario.

I settori più colpiti dagli attacchi ransomware tra il 2022 e il 2024 sono:

  • Produzione: 456 casse
  • Servizi finanziari: 432 casi
  • Settore medico: 389 casi
  • Distribuzione al dettaglio: 337 casse
  • Servizi legali: 334 casi

In termini di entità dei danni, il settore finanziario è stato quello che ha subito i maggiori danni, seguito da quello medico e da quello manifatturiero.

  • Servizi finanziari: circa 365,6 milioni di dollari
  • Settore sanitario: circa 305,4 milioni di dollari
  • Produzione: circa 284,6 milioni di dollari
  • Scienza e tecnologia: circa 186,7 milioni di dollari
  • Vendite al dettaglio: circa 181,3 milioni di dollari

In particolare, si è scoperto che gli istituti finanziari rappresentano il settore più grande non solo in termini di portata degli attacchi, ma anche in termini di riscatto totale pagato. Sono attive 267 famiglie di ransomware, tra cui “Akira” è quella che compare più frequentemente.

I Ceppi dei ransomware


FinCEN ha riferito che tra il 2022 e il 2024 sono state segnalate in totale 267 diverse famiglie di ransomware.

Un piccolo numero di gruppi ha guidato l’attacco generale, e le seguenti famiglie sono quelle menzionate più frequentemente:

  • Akira: al primo posto per numero di incidenti segnalati con 376 casi.
  • Alphabet/BlackCat (ALPHV/BlackCat): al primo posto per ricavi derivanti dai riscatti, con circa 395 milioni di dollari.
  • LockBit: circa 252,4 milioni di dollari

Tra gli altri personaggi ai vertici della classifica ci sono Black Basta, Royal, BianLian, Hive, Medusa e Phobos. Solo queste prime 10 organizzazioni hanno pagato riscatti per oltre 1,5 miliardi di dollari tra il 2022 e il 2024.

Circa il 97% dei pagamenti dei riscatti è stato effettuato in Bitcoin, a conferma che la criptovaluta rimane un mezzo di transazione fondamentale nell’economia del ransomware. Un colpo decisivo per le agenzie investigative: “Il riscatto diminuirà, ma gli attacchi continueranno.”

La cooperazione internazionale il punto di svolta


Il rapporto ha citato la cooperazione internazionale tra le agenzie investigative negli Stati Uniti e in Europa come fattore chiave nella significativa riduzione dei riscatti nel 2024. Con l’infrastruttura di Black Cat e Lockbit neutralizzata, la redditività degli aggressori è diminuita drasticamente e si ritiene che diverse organizzazioni stiano vivendo una fase di confusione durante la riorganizzazione.

Tuttavia, il fatto che il numero di attacchi non sia diminuito è un altro messaggio di allarme. Anche con riscatti più bassi, il numero di tentativi di attacco continua ad aumentare. Il rapporto prevede che “nuovi gruppi più piccoli continueranno a emergere e a riempire il mercato”.

FinCEN esorta tutte le organizzazioni a “segnalare immediatamente qualsiasi attacco ransomware all’FBI e a FinCEN”, sottolineando che è fondamentale monitorare le reti criminali e bloccare i fondi attraverso la condivisione di informazioni finanziarie.

L'articolo Gli attacchi ransomware diminuiscono nel 2024, ma l’economia criminale rimane in espansione proviene da Red Hot Cyber.



PCB Design Review: TinySparrow, A Module For CAN Hacking, v2


A year ago, I’ve design reviewed an MCU module for CAN hacking, called TinySparrow. Modules are plenty cool, and even more so when they’re intended for remaking car ECUs. For a while now, every car has heavily depended on a computer to control the operation of everything inside it – the engine and its infrastructure, the lights, and Sadly, ECUs are quite non-hackable, so building your own ECUs only makes sense – which is why it’s heartwarming to see modules intended to make this easier on the budding ECU designer!

Last time we saw this module, it was quite a bit simpler. We talked about fixing a number of things – the linear regulator, the unprotected CAN transceiver, and the pinout; we also made the board cheaper to produce by reducing the layer count and instead pushing the clearance/track width limits. This time, we’re seeing TinySparrow v2 , redesigned accounting for the feedback and upgraded with a new MCU – it’s quite a bit more powerful!

For a start, it’s got ESD diodes, a switching-linear regulator chain for clean but efficient power supply, and most importantly, an upgraded MCU, now with USB and one more CAN channel for a total of two! There’s a lot more GPIOs to go around, too, so the PCB now uses all four of its sides for breakout out power, programming, and GPIO pads. Only a tiny bit bigger than its v1, this module packs a fair bit of punch.

Let’s revisit the design, and try to find anything still left to improve – there’s a few noteworthy things I found.

Protection Almost Perfect


It took me a bit to try and find the ESD diodes mentioned in the README – I didn’t notice that they’re basically the only thing on the bottom layer. This is fine – protection elements like ESD diodes can be on a different layer, and as they’re SOT-23, they’re easy to solder on post-factum. This is quite a nice placement choice, in my opinion – you can basically solder this board with cheaper single-side assembly, use ESD-less boards for your bench testing, and then simply solder the few bottom side components onto “production” versions!

There is but one hiccup with the way they’re placed. ESD diode appnotes will tell you – there’s some extra considerations you can try and put into ESD diode layout. This design pulls connector tracks directly to the CAN ICs on top layer, and directly to diodes on the bottom one. Instead, you should try and route the signal “through” the ESD diodes – letting track inductance play in your favour, and not impeding the ESD diode’s impact.

Fortunately, by lightly rerouting 3.3V CAN transceiver power inputs and a few surrounding signals, we can put CAN+ and CAN- signals through vias under the package, so that the signal flows “in series” with ESD diode pads. Similarly, the ESD diodes get vias to ground, shared with transceiver ground vias, but oh well. It’s not perfect, but to my eye, it’s better than before, as far as ESD protection is concerned.

About the only problem I can see with the reroute, is having to reshuffle USB signals, putting them closer together. However, as long as they’re intra-pair length-matched, they’ll do just fine.

Vias Fit Inside Pads, But Maybe Don’t?


This is not the only change to consider as far as signal routing goes, but it’s the most major one. The next issue I see, is vias – specifically, vias inside component pads.

I’ve had a few run-ins with via-in-pad related problems. Previously, I’ve failed to assemble some boards specifically because of via-in-pad related problems, with solder paste wicking through the board and onto the opposite side. For 0402 components I used, this made a number of boards essentially non-solderable depending on how lucky I got reflowing them, and I had to run a new board revision to get the yield up.

This board’s files have a fair few hints about getting assembled by JLCPCB, and JLC can definitely do plugged vias, preventing any sorts of solder flowing through the board. If the designer or someone else takes the board elsewhere, however, that might no longer apply, which would be disappointing. Also, you might have to pay extra for plugging holes – just like with the previous review, let’s see if we can avoid it. Most problematic areas are around the transceivers, still – especially given the board files now have a custom rule for 0.5mm via-to-via distances. This is not a constraint I’ve seen actually stressed by JLCPCB, but I don’t mind – with just a little bit more signal shuffling, every newly moved via landed within the 0.5mm target area.

Pinout Considerations, Again


The VDC pin now has GND pins to match, and in general, there’s a lot more GND pins to go around – which is great! It’s pretty surprising to me that the VDC pin is duplicated and its trace goes across the board on an inner layer. This is supposed to be an at least somewhat unfiltered and unprotected car power rail, after all, and I don’t think that’d help things like noise integrity. Maybe this helps with testing because all the core signals are brought to the same corner, but to my eye, it has bad vibes.

The module could perhaps use a key pin – there’s zero omissions in the outer dual-row, which leaves for a possibility of inserting this module rotated 180 degrees by accident, likely obliterating at least something on the module. If these modules are ever meant to be swapped during testing, i.e. using machined headers, I’d try and remove one of the pins from the equation – there’s a NC pin in one of the corners already, thankfully.

There’s a pair of 3.3 V signals and GND signals on the opposite sides of each other. This is geometrically satisfying pinout-wise, and, it would short-circuit the module’s onboard regulator if the module’s ever rotated inserted 180 degrees. This is generally harmless with modern modules, but it could very well make the switching or the linear regulator heat up to finger-burning temperatures – last thing you need when trying to remove a module inserted incorrectly!

Thankfully, at the top, there’s a few unconnected pads, so perhaps GND and NC could swap places, making sure that 3.3 V lands on NC once rotated 180 degrees. The VDC pads could perhaps use the same consideration, but I’m comfortable leaving those as homework.

Moving Forward


It’s a joy to see how much the TinySparrow module has grown in its v2. From vastly improved layout to higher consideration given to design rules, nicer silkscreen, and a way more powerful MCU while at it, it’s that much more of a viable heart for a somewhat modern car, and it’d be quite nice to see some boards utilizing it in the future. I hope this review can help!

As usual, if you would like a design review for your board, submit a tip to us with [design review] in the title, linking to your board files. KiCad design files strongly preferred, both repository-stored files (GitHub/GitLab/etc) and shady Google Drive/Dropbox/etc .zip links are accepted.



Vulnus vs. Bug: il Coaching tra maschere pirandelliane e patch di sistema


Siamo connessi, connessi a tutto, iperconnessi. La nostra vita professionale e sociale è scandita da deadline strettissime e da un’asticella che viene continuamente alzata, dobbiamo spingere. Ci imponiamo tacitamente di essere macchine perfette, sistemi infallibili, attivi, proattivi, sempre in allerta.

Un momento però: l’essere umano non è una macchina e, senza dubbio, non è perfetto.

In un sistema operativo o in un software complesso, sappiamo che, probabilmente, ad un certo punto si troverà un bug di sistema o una fragilità strutturale per poi attivarsi immediatamente per riparare o prevenire un danno o potenziale tale.

E allora, perché accettiamo la fragilità nei sistemi che creiamo, ma rifiutiamo la fragilità nell’essere umano che siamo?

Abbiamo delle vulnerabilità profonde, ferite nel nostro io, per le quali proviamo vergogna e che cerchiamo disperatamente di mascherare. Perché? Essere vulnerabili ci espone alla paura di non essere abbastanza, alla vergogna privata e silenziosa di essere imperfetti. L’imperfezione, di questi tempi, sembra qualcosa di non contemplato, non accettabile. Vogliamo vite perfette, carriere perfette, persone perfette.

La parola vulnerabilità deriva dal latino vulnus, che significa, appunto, ferita. La vulnerabilità è, per definizione, la condizione di poter ricevere una ferita, la paura di poter essere offesi o colpiti.

Per paura di questa ferita, adottiamo una strategia di occultamento: nascondiamo lo squarcio emotivo, sperando che non venga mai scoperto.

Questa strategia non è difesa, ma solo un rinvio del rischio. La maschera di perfezione che indossiamo non ci rende più forti; ci rende più rigidi e, quindi, più fragili di fronte a un fallimento inatteso, piccolo o grande che sia.

La necessità di mascherare le nostre fragilità ci costringe a vivere nella non-autenticità, un concetto esplorato in modo magistrale da Luigi Pirandello in “Uno, Nessuno, Centomila”.

Mettiamo delle maschere per rispondere a quello che gli altri si aspettano da noi: il collega perfetto, il capo infallibile, il genitore impeccabile. E noi cambiamo maschera a seconda del ruolo che interpretiamo e della persona che abbiamo di fronte. Nessuno sa chi siamo veramente.

Pirandello scrive nel suo romanzo:

“Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti.”

Vitangelo Moscarda, detto Gegè, il protagonista, sperimenta la crisi d’identità quando scopre che l’immagine di sé che egli possiede (Uno) è drasticamente diversa dalla miriade di immagini che gli altri proiettano su di lui (Centomila).

L’Uno è quindi l’identità che crediamo di avere, il nostro sistema di valori e il nostro senso profondo.

I Centomila, sono le maschere che indossiamo in base al contesto e alle aspettative altrui. Ogni maschera è un tentativo di proteggere l’Uno dalla ferita potenziale del giudizio.

Nessuno come il risultato della scoperta che il nostro “vero io” sia quasi irraggiungibile o inesistente sotto la stratificazione delle maschere, portando a una profonda crisi di identità. “Chi sono io, al di là del mio ruolo professionale e sociale?”. È il punto di rottura, il fallimento del sistema-maschera, dove il costo di mantenere la finzione supera la nostra energia vitale, portandoci a un profondo senso di vuoto, di smarrimento.

Questo disallineamento è l’equivalente umano di un sistema che opera su valori non allineati al proprio scopo fondamentale.

Qual’è il costo di vivere incastrato in Centomila maschere?


Mantenere le maschere richiede un enorme dispendio di energia cognitiva ed emotiva, aumentando esponenzialmente il rischio di burnout e stanchezza cronica.

La maschera, rigida e fragile, non è uno scudo ma è la nostra più grande area di vulnerabilità. Un piccolo fallimento o una critica può frantumarla completamente, causando un crollo del nostro equilibrio interiore.

I team e le relazioni prosperano sulla fiducia. Un leader che indossa una maschera costante non ispira fiducia autentica, limitando la collaborazione aperta e l’innovazione nel team.

Cosa distingue veramente l’Uno?


L’Uno può evolvere e riscriversi. L’essere umano ha qualcosa che anche l’Intelligenza Artificiale più avanzata, con tutta la tecnologia e l’evoluzione straordinaria, non potrà mai replicare: noi abbiamo il coraggio e la creatività necessarie per comprendere a fondo come funzioniamo e quindi, come possiamo trasformarci ed evolvere. Ognuno a proprio modo, con i propri tempi e la propria strada.

Questa capacità di trasformazione è la nostra funzionalità unica, la vera essenza dell’Uno che sfugge alla rigidità delle maschere. Laddove un sistema informatico, quando trova un bug, deve correre ai ripari con una patch esterna, l’essere umano ha in sé la spinta, quella miccia che è una combo potente di coraggio e creatività che può innescare un processo di trasformazione interna.

La ricercatrice americana Brené Brown ha dedicato anni allo studio di questo fenomeno, scoprendo che la vulnerabilità non è un difetto da eliminare, ma il luogo di nascita del coraggio, della creatività e della connessione.

“La vulnerabilità non è vincere o perdere. È avere il coraggio di farsi vedere ed essere visti quando non si ha il controllo sul risultato.” – Brené Brown

Se innescato, questo processo di accettazione porta all’annientamento della vergogna di fronte ad una vulnerabilità. Diventa, proprio come dice Brené Brown, l’accettazione del rischio, senza garanzia sui risultati, ma con la libertà di uscire dalla trappola del perfezionismo che ci imprigiona in quella percezione di non essere abbastanza.

Che ruolo può avere il Coaching in tutto questo?


Guardare in faccia le proprie vulnerabilità è impegnativo. Farsi domande che guardano in profondità è scomodo, può destabilizzare e può anche mettere in subbuglio quel sistema di valori che credevamo inespugnabile.

Proprio qui interviene il coaching: nel caos, quando il banco potrebbe saltare e la crisi d’identità del Nessuno si fa sentire.

Il coaching è un processo di esplorazione in modalità protetta del sistema-persona. Lavorare con un coach significa esplorare se stessi e il proprio potenziale in un ambiente sicuro, dove la riservatezza è una priorità assoluta e dove è possibile esporsi senza la paura del giudizio esterno che ci ha indotti ad indossare le Centomila maschere.

Il coach non fornisce la soluzione ma pone quelle domande scomode e mirate, una per volta, che aiutano l’individuo a eseguire la propria valutazione interna del rischio arrivando ad un piano d’azione personale. Il coach può supportarti attraverso domande che facciano luce su ciò che non hai mai detto ad alta voce o su ciò a cui non avevi ancora pensato.

Per esempio: cosa succederebbe se domani mattina cadesse la maschera del collega perfetto? Oppure, chi o cosa ti potrebbe aiutare a sentire meno la pressione quando un problema plana nella tua inbox? O, ancora più in profondità, qual è il valore che stai sacrificando per mantenere l’illusione di perfezione?

Immaginiamo un ambiente che permette l’esposizione controllata, un luogo per fare un passo fuori dalla trappola del perfezionismo, accettando l’incertezza e il rischio emotivo, dove il linguaggio è libero, la mente è libera, e il giudizio è completamente assente.

Ci vuole un po’ di coraggio per fare questo passo? Assolutamente sì. Il coraggio, come ci insegna Brené Brown, non è l’assenza di paura, ma la scelta di esporsi nonostante l’incertezza. Il guadagno potenziale è la libertà dal bisogno costante di approvazione e la possibilità di autenticità. Il processo inizia sempre da un piccolo passo coraggioso. Questo è il vero potere della vulnerabilità applicata.

Perché lasciare il posto alla vulnerabilità sul lavoro?


I professionisti sanno bene che il sistema più sicuro non è quello senza bug, ma quello che è costantemente monitorato e rapidamente aggiornato.

Analogamente, l’essere umano e l’organizzazione più resilienti non sono quelli che nascondono i loro difetti, ma quelli che sono in grado di accettare, esporre e gestire le proprie vulnerabilità in modo proattivo.

Quando un leader, o un collega, dimostra il coraggio di essere vulnerabile, innesca un potente meccanismo di fiducia reciproca nel team anzi, è proprio lì che si diventa un Team. Quando chi appartiene a quel gruppo di lavoro interviene laddove intravede un vulnus, un fianco scoperto,e supporta, diventando alleati, camminando insieme verso lo stesso obiettivo. Questo è un Team.

Se quelle Centomila maschere diventassero centomila alleati che vedono e accettano la stessa persona, ci sarebbe un enorme risparmio di energia e una crescita della resilienza collettiva, come una rete di supporto.

La vulnerabilità accettata ed esposta è una via per l’innovazione dove la creatività non può che fiorire.

Giù la maschera!

In questo mondo freddamente iperconnesso, proviamo davvero a connetterci, prima a noi stessi e poi verso gli altri, consapevoli che la perfezione non esiste, che il nostro coraggio e la nostra creatività sono contagiosi, il nostro modo di comunicare è contagioso.

Proviamo?

L'articolo Vulnus vs. Bug: il Coaching tra maschere pirandelliane e patch di sistema proviene da Red Hot Cyber.



Knowing in real time who has been appointed Bishop in Nigeria or checking the updated composition of an episcopal conference: from 8 December, this is possible with the digital Pontifical Yearbook.


Nigeria: vescovo di Kontagora a Fides, “gli ostaggi liberati sono in viaggio per riunirsi con le loro famiglie” 

“I 100 ragazzi liberati si stanno dirigendo da Minna, la capitale dello Stato del Niger a Papiri per potere così riunirsi alle loro famiglie”, dice all’Agenzia Fides Bulus Dauwa Yohanna, vescovo di Kontagora, la diocesi dove il 21 novembre 315 person…




Further PPI GA Information


Dear All Members of Pirate Parties International and all interested parties,

The 2025-2026 PPI Winter GA will take place on Saturday, January 10th, 2026, starting at 09:00 UTC.
The event will be hybrid with some participants physically attending in Potsdam, Germany.

If representatives from your organization intend to participate in person, please let us know by
requesting a completely free ticket here: eventbrite.com/e/1975346809482

Discussion about the GA is currently on Discourse: ga.pp-international.net/
Further information is also available on our Wiki:
wiki.pp-international.net/wiki…

The meeting will take place on the PPI Board Jitsi Channel: jitsi.pirati.cz/PPI-Board

If we have connection problems we will revert to our Mumble:
wiki.pp-international.net/wiki…

If you have any statute amendments or new member applications, please make sure that you send
them to the board by December 10th. If you have any other motions or any other business, feel
free to bring them up before the meeting, and you are free to propose them at the meeting itself.

It is very important that we make a quorum, so please delegate your vote to another member if
you cannot come to the event. Please also forward this message to other PPI members.

Delegates should be announced to the board prior to the start of the GA. Each member may have
up to 6 delegates. Others are welcome to attend without voting. Rules of the GA can be reviewed
on the Wiki: wiki.pp-international.net/wiki…

We also remind full members to pay membership fees. We don’t want anyone not to participate if
they don’t have funds to pay membership fees, so please let us know if you require a discount or
accommodation. Please note that nascent members have no membership fees.

We hope that many of you can attend, either in person or online.

Good luck to us on having a successful event!

Thank you for your assistance,

The Board of PPI


pp-international.net/2025/12/f…

reshared this




I gemelli hacker che cancellarono i database del governo USA


@Informatica (Italy e non Italy 😁)
Non c’è minaccia interna più pericolosa di quella che già conosce le tue password. E quando quella minaccia ha il volto di due ex-condannati che riescono a farsi assumere da un contractor federale, la storia diventa un caso da manuale su come il sistema di controllo possa fallire in modo



Corsari barbareschi catturati in Italia

@Arte e Cultura

Le incursioni corsare dal Nordafrica e dalle coste dell’Impero Ottomano hanno flagellato la nostra penisola per lungo tempo. Nel corso di queste razzie o di battaglie navali, capitava che marinai e corsari (specie nordafricani) finissero nelle mani

Arte e Cultura reshared this.



come pensa trump di far votare gli ucraini tra bombe che piovono dal cielo e territori occupati dai russi? i russi faranno il servizio di sicurezza per i territori occupati dentro i seggi? ma come fa a una persona minimamente normale di uscire con una idea del genere? qua i rincoglioniti sono i cittadini usa, mica trump.... ma che mondo alla rovescia è quello dove pare "normale" una frase del genere? con la meloni che acclama tutti i giorni trump... che dice che le sue idee le aveva già avute lei prima da tanto che erano buone... e che sicuramente è stata in un suo store... P.S. il sostengo pubblico a personaggio pubblico costituisce di per sé pesante responsabilità politica indipendentemente da cosa pensi realmente la meloni di trump... specie di fronte a emergenze vere e drammatiche come il cambiamento climatico.


putin minaccia la linea dura se non gli verrà consegnato un territorio ucraino, e trump che vorrebbe le elezioni in ucraina. viene il dubbio che entrambi negozino la pace in ucraina senza rappresentante ucraino senza neppure sapere che c'è una guerra in ucraina. e meno male che biden secondo trump era svampito... qua pare una sinfonia scritta da svampiti...


orwell.fun/objects/a705ff4f-7b…


Negozi,1 comune su 8 senza 'Alimentari'
12.00 Un comune italiano su 8 senza più un negozio di alimentari e uno su 16 senza neppure supermercati, ipermercati o grandi magazzini. Sono alcuni dati del sondaggio Ipsos diffuso in occasione dell'assemblea di Confesercenti. Va anche peggio a edicole e libreria, negozi sportivi e di giocattoli: oltre 3,8 milioni di residenti in oltre 3.200 comuni ne sono privi.Tracollo dei gestori carburanti: benzinai assenti in quasi 4mila comuni e lontani chilometri per 6,6mln di residenti. In un anno -21.700 imprese e +17mila addetti. #televideo #ultimaora



neppure putin è arrivato a tanto.... definirlo megalomane è riduttivo.


cultura generale

youtube.com/watch?v=e2xReO7kXV…



se trump sostiene che in ucraina (e non in russia) è ora di indire elezioni rende palese la sua idea sulle regole, che siano costituzionali o altro. lui è un re. e pensa che zelensky sia anche lui un re che dovrebbe abdicare. la esistono dei ruoli istituzionali, che so essere estranei sia a te che a putin, mio piccolo e giallo trump. la russia non è proprietà di putin, gli stati uniti non sono un tuo feudo, e l'ucraina non è proprietà di zelensky.


Pillole di privacy: i callcenter si stanno evolvendo.


@Privacy Pride
Il post completo di Christian Bernieri è sul suo blog: garantepiracy.it/blog/pillole-…
Lo spam telefonico sta evolvendo e noi con essi. I call center hanno sempre fatto ciò che hanno voluto, completamente indisturbati. Gli sporadici e irrilevanti interventi

Privacy Pride reshared this.



"Pensando a questo luogo di formazione, credo che uno degli obiettivi pedagogici fondamentali, che possa nutrire e accompagnare l'itinerario formativo dei giovani che qui bussano e che qui vivono, sia proprio quello di divenire messaggeri di pace, di…


#NotiziePerLaScuola
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.


La Fondazione Bambino Gesù del Cairo Ets, presieduta da mons. Yoannis Lahzi Gaid, già segretario di Papa Francesco, organizza anche quest’anno il tradizionale Concerto di Natale che si terrà giovedì 11 dicembre alle 18:30 presso il Santuario di Santa…


Social-Media-Bann in Australien startet: Ein dunkler Tag für den Jugendschutz im Netz


netzpolitik.org/2025/social-me…



158 anni fa, in questo mese di dicembre, avvenne la più grande esecuzione di massa per impiccagione nella storia degli Stati Uniti, per mano del malvagio presidente Abraham Lincoln.

L’esecuzione fu approvata dal presidente Abraham Lincoln il giorno dopo Natale.

Alle 10:00 del mattino del 26 dicembre 1862, 38 nativi Dakota Sioux, prigionieri, furono condotti su un grande patibolo costruito appositamente per la loro esecuzione. Uno dei Dakota condannati all’impiccagione ottenne una sospensione all’ultimo momento. Si stima che 4.000 spettatori affollarono le strade di Mankato, Minnesota, e i terreni circostanti per assistere a questo evento orribile, glorificato dal governo degli Stati Uniti.

Ai popoli nativi erano state concesse riserve, che erano considerate terre e nazioni sovrane; gli Stati Uniti avevano stipulato accordi tramite trattati che permettevano ai nativi di utilizzare quelle terre come proprie. Dopo mesi dalla firma di questi trattati, gli USA permisero ai cacciatori di entrare nelle terre tribali, dove furono affrontati da nativi armati. Furono o allontanati dalle terre tribali oppure uccisi dai nativi per violazione di territorio, ed è per questo – secondo questa interpretazione – che Lincoln fece impiccare 38 Dakota: per dare l’esempio a chiunque avesse ucciso intrusi nelle proprie terre.

Quando eravamo giovani, alle scuole elementari ci insegnavano menzogne sul governo degli Stati Uniti e ancora più grandi menzogne sui loro leader, come il presidente Lincoln, presentato come il più grande presidente mai vissuto.

La verità è che il governo ha scritto la propria narrazione, che ha poi insegnato ai bambini, e non era altro che un insieme di bugie che continuano a essere insegnate ancora oggi.



Prima multa del Digital Services Act a X: la fine dell’illusione Muskiana?


@Informatica (Italy e non Italy 😁)
La vicenda della multa a X rappresenta l’inizio di un confronto destinato a durare nel tempo tra la UE e Musk che dovrà decidere se adeguarsi alle regole europee o continuare su una linea di scontro ideologico che potrebbe portare a nuove sanzioni, con influenze

reshared this



L’esercito volontario della Resistenza che si forma e si aggrega in montagna non è scisso dai gruppi clandestini che si organizzano in città adrianomaini.altervista.org/le…



Il Giappone non ci sta.
Ursula ha pessime carte da giocare, ma non molla il tavolo verde: va all-in, punta l’ultima mano sui miliardi russi congelati.
«Punto tutto sugli asset russi.»

Invoca 'poteri d’emergenza' come un prestigiatore che estrae conigli dal cilindro, per foraggiare la macchina da guerra di Kiev e tenere in piedi lo schema Ponzi della truffa.
«Solo un’altra mano… Per Kiev, per la democrazia, per il nostro futuro»

Comportamento da ludopatica all'ultimo stadio: ruba il banco per continuare a giocare, sperando che qualcuno non le spezzi le ginocchia prima delle ritorsioni di Mosca.

Intanto fuori dal casinò si addensano nubi nere, ma lei non le vede. E infatti arriva la mazzata: il Giappone ha appena respinto le richieste della UE di espropriare i circa 30 miliardi di asset russi congelati a Tokyo.
Un colpo durissimo al tentativo di Bruxelles di ottenere un via libera dal G7.

La ministra delle Finanze giapponese Satsuki Katayama, durante la riunione virtuale dei ministri G7 dell’8 dicembre, ha tagliato corto: non esiste base legale per toccare o riconvertire quegli asset in prestiti a Kiev.

Da quando è iniziata l’operazione militare speciale russa in Ucraina, UE, Canada, USA e Giappone hanno congelato circa 300 miliardi di asset sovrani russi: 5-6 miliardi negli USA, la fetta piu' grossa (210 miliardi) nel caveau belga di Euroclear.

Il ministero degli Esteri russo ha già avvertito: se li toccate, la risposta sarà immediata e simmetrica.

Laura Ruggeri



Europa 'kajakallizzata': l’era delle gaffe che umiliano la diplomazia - Kulturjam
kulturjam.it/politica-e-attual…


La Cina nel Mediterraneo, uno scenario possibile raccontato dall’amm. Caffio

@Notizie dall'Italia e dal mondo

Pechino non è mai stata una potenza marittima per ragioni storiche e geografiche. Lento è stato perciò il suo affacciarsi sul mare con la Marina da guerra (che nel 2027 celebrerà il suo centenario) in funzione di interdizione contro le Filippine e Taiwan, per poi



Qui c'è un privato che tappa la bocca all'Unione Europea.

Ma cos'altro deve succedere perché governi e istituzioni si attrezzino per mantenere un minimo di autonomia da privati e governi stranieri?


Elon Musk and X are once again proving why institutions should never rely on corporate-owned, centrally-controlled social media platforms to reach their people.

bbc.com/news/articles/c0589g0d…


in reply to Max - Poliverso 🇪🇺🇮🇹

@Mastodon io avrei bloccato i domini di x nel territorio europeo (so bene che non è semplice e ciò scaturirà una guerra a chi ha il firewall più grosso) ma il problema è l'arancione amico/nemico (secondo me fanno la parte di essere nemici giurati per salvare l'apparenza) che potrebbe fare un'altra delle sue. o si pensa a rendere indipendente l'Europa a nostre condizioni altrimenti non se ne esce. Senza di noi europei falliscono, non avranno più il loro giardinetto in cui pisciare.


La guerra di confine tra Thailandia e Cambogia riesplode: crolla la tregua, civili in fuga


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Raid aerei, artiglieria e scontri in più province segnano il collasso dell’accordo di ottobre: evacuazioni di massa e timori di una crisi regionale fuori controllo.
L'articolo La guerra di confine tra Thailandia e Cambogia riesplode:



Venezuela-Usa, geopolitica dell’ultimatum


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Nel cuore di Caracas, tra propaganda digitale dell’opposizione e mobilitazione popolare, il governo bolivariano risponde alla campagna di destabilizzazione con presenza pubblica, disciplina civico-militare e un messaggio diretto a Washington.
L'articolo Venezuela-Usa, geopolitica dell’ultimatum proviene da Pagine Esteri.



Alessandra Celletti – Satie Mon Amour
freezonemagazine.com/articoli/…
Ci sono artisti che sembrano nascere per attraversare i confini, per camminare sul filo che separa il classico dal contemporaneo, il rigore dallo stupore. Alessandra Celletti appartiene a questa rara specie. Eclettica pianista romana, formatasi in ambito accademico ma sempre insofferente a qualsiasi recinto, ha costruito negli anni un percorso fatto di libertà: recital che […]



Mattel trae ispirazione da mogherini, moretti e gualmini, tutte PD e lancia la nuova Barbie.


RAI, A QUASI 4 ANNI DI GUERRA ARRIVA IL SECONDO REPORTAGE DAL LATO RUSSO: MICALESSIN ENTRA A POKROVSK
La maggior parte dei civili ha gradualmente abbandonato le zone conquistate dalla Russia fra Avdiïvka e Pokrovs'k, dove è si è svolta una delle battaglie più violente dell'intera guerra in Ucraina. Per le strade si vedono passare quasi soltanto mezzi militari dell'esercito di Mosca, tra cui i convogli che portano aiuti nelle città assediate. Nel reportage di Gian Micalessin, la vita "dell'altro fronte", quello russo, e i pensieri dei civili.

Puntata andata in onda dalle 0:30 alle 2:45, non sia mai ci sia troppa gente a vedere dei civili ucraini che accusano il regime di Kiev di usarli come scudi umani, mentre l'esercito russo vuole difenderli.

Il primo reportage lato russo fu fatto da Report.




IPv6 al FLUG

firenze.linux.it/2025/12/ipv6-…

Segnalato dal LUG di Firenze e pubblicato sulla comunità Lemmy @GNU/Linux Italia
#Firenze
Nuova attività in collaborazione col GOLEM e con la partecipazione straordinaria del sensei giomba, promotore ufficiale di IPv6 nella piana empolese e dintorni. Martedì 9 novembre 2025, ci sarà una serata di spippolamento

GNU/Linux Italia reshared this.



Da Haaretz:

Far-right National Security Minister Itamar Ben-Gvir arrived at the Knesset's National Security Committee hearing on his party's proposed death penalty bill for terrorists wearing a gold noose-shaped pin

a gold noose-shaped pin = una spilletta in oro a forma di cappio

reshared this



Perché dovremmo preoccuparci della privacy quando navighiamo, anche se non abbiamo nulla da nascondere. Il post di @Emanuele

Questo non è un tutorial sulla privacy. È il mio punto di vista, frutto di anni di vita online e di errori che mi hanno insegnato a proteggere i miei dati. Lo dedico a chi naviga, a chi usa i social senza pensarci troppo e a chi pensa di non avere nulla da nascondere.
La tua privacy online è preziosa come le chiavi di casa.

Se vuoi seguire altri post sulla #Privacy puoi seguire il gruppo Activitypub @Privacy Pride

emanuelegori.uno/perche-dovrem…


Perché dovremmo preoccuparci della privacy quando navighiamo, anche se non abbiamo nulla da nascondere


Negli ultimi anni la parola privacy è ovunque, ma spesso non sappiamo davvero cosa significhi. Tra app che chiedono accesso a ogni aspetto della nostra vita, assistenti vocali che ci ascoltano anche quando non parlano, pubblicità che sembrano leggere nei nostri pensieri e social network sempre più affamati di dati, viene spontaneo chiedersi: abbiamo davvero ancora il controllo sulla nostra vita digitale?

Eppure, molte persone continuano a ripetere un mantra apparentemente rassicurante: “Non ho nulla da nascondere, quindi non ho nulla da temere.” È una frase che sento ancora troppo spesso quando si parla di privacy online. Ed è comprensibile, perché per anni ci hanno fatto credere che la privacy fosse una questione per paranoici, complottisti o criminali digitali.

Indice contenuti

Perché proteggere la propria identità online non è un gesto da paranoici


C’è ancora chi pensa che preoccuparsi della privacy online sia roba da fissati o da chi ha qualcosa da nascondere, come se solo i “colpevoli” volessero proteggere i propri dati personali. È una visione distorta che gioca a favore di chi, giorno dopo giorno, raccoglie informazioni su di noi senza trasparenza né un consenso davvero informato.

Proteggere la propria privacy quando navighiamo non significa sparire dal web o vivere con la paranoia che ogni clic sia una minaccia. Significa semplicemente scegliere consapevolmente cosa condividere e con chi, proprio come facciamo nella vita reale. Nessuno penserebbe di lasciare le chiavi di casa a degli sconosciuti, eppure online accade qualcosa di simile ogni volta che accettiamo cookie invasivi o ci registriamo a un servizio senza nemmeno dare un’occhiata alle condizioni d’uso.

Ormai la raccolta di dati è una componente essenziale di tante piattaforme gratuite che usiamo ogni giorno. È il loro modo di guadagnare: più sanno di noi, più possono venderci a qualcuno. Per anni ho ceduto dati senza pensarci, fino a rendermi conto di quante informazioni avessi regalato. Alcune erano banali, altre no. E tutte raccontavano qualcosa di me, anche quando non volevo.

Ogni informazione che condividiamo è un pezzetto della nostra identità digitale. Non sono solo numeri, cronologie o preferenze: siamo noi. Per questo la privacy dovrebbe essere riconosciuta e rispettata come un diritto, non trattata come un privilegio per pochi esperti o come un comportamento sospetto.

In un’epoca in cui ogni attività online lascia una traccia, proteggere la propria identità digitale significa tutelare la propria libertà e riaffermare il controllo su ciò che ci riguarda. Non serve giustificarsi: voler mantenere la riservatezza non è sospetto, è sano buon senso.

Cosa succede davvero quando navighi su internet


Navigare online può sembrare un’azione semplice e immediata: apri il browser, digiti un indirizzo, e in pochi secondi la pagina appare sullo schermo. Dietro questa apparente semplicità, però, si nasconde un complesso meccanismo di scambi di dati e comunicazioni che coinvolge molti attori, alcuni dei quali non sempre visibili all’utente.

Quando visiti un sito web, il tuo dispositivo invia una richiesta ai server che ospitano quella pagina. Oltre al contenuto che chiedi di vedere, il sito raccoglie informazioni come l’indirizzo IP del tuo computer, il tipo di browser che usi, il sistema operativo e persino la risoluzione dello schermo. Questi dati, combinati, possono diventare un’impronta digitale unica, capace di identificarti anche senza bisogno di un login o di un account. Questo processo si chiama fingerprinting e rappresenta una delle tecniche più sofisticate di tracciamento.

Molti siti utilizzano poi i cookie, piccoli file salvati sul tuo dispositivo, per ricordare chi sei e personalizzare la tua esperienza. Non tutti i cookie sono innocui: alcuni sono progettati per tracciare la tua navigazione su più siti, creando un profilo dettagliato dei tuoi interessi e comportamenti. Questa raccolta può essere usata per indirizzarti pubblicità mirate o, in molti casi, condivisa con partner commerciali senza che tu ne sia pienamente consapevole.

Accanto ai cookie, ci sono anche tracker invisibili nascosti nelle pagine, script di terze parti che raccolgono dati senza un chiaro consenso. Questi strumenti funzionano in background, monitorando quanto tempo resti su una pagina, cosa clicchi, quali prodotti guardi e molto altro. Spesso, la loro presenza è difficile da rilevare senza strumenti specifici.

Il risultato è un ecosistema in cui la tua navigazione viene continuamente monitorata, analizzata e sfruttata per vari scopi commerciali o di profilazione. Capire cosa succede dietro le quinte è il primo passo per proteggersi efficacemente e navigare in modo più consapevole, scegliendo strumenti e abitudini che rispettino la tua privacy.

Cosa puoi fare senza essere un esperto


Proteggere la propria privacy online non è una missione riservata agli smanettoni o agli appassionati di sicurezza informatica. Al contrario, ci sono strumenti e accorgimenti semplici che chiunque può adottare nella vita digitale di tutti i giorni, senza bisogno di competenze tecniche o configurazioni complicate.

La buona notizia è che anche piccoli cambiamenti possono fare una grande differenza nel ridurre la quantità di dati che lasciamo in giro mentre navighiamo.

Per iniziare, basta scegliere un browser che offra già un buon livello di protezione della privacy (ne parlo nel capitolo successivo) e dire addio a Microsoft Edge o Google Chrome, entrambi noti per la loro raccolta aggressiva di dati.

Anche cambiare il motore di ricerca predefinito è un passo semplice ma efficace. Esistono alternative che non tracciano le tue ricerche né creano profili dettagliati su di te, a differenza di Google e Bing.

Un altro consiglio semplice e potente è installare estensioni affidabili che ti aiutino a proteggerti, come uBlock Origin per bloccare pubblicità e script indesiderati e Privacy Badger per impedire il tracciamento invisibile. Ne parlo in dettaglio in un precedente articolo dedicato perchè installare un’estensione per il browser che blocchi annunci pubblicitari e altri script dannosi, per proteggere la tua privacy e sicurezza.

Browser e motori di ricerca che rispettano la tua privacy


Navigare online senza essere tracciati è sempre più difficile. Ogni sito visitato, ogni ricerca effettuata, ogni clic può contribuire a costruire un profilo dettagliato della nostra identità digitale. Questi dati vengono raccolti, collegati, analizzati per prevedere i nostri comportamenti, mostrarci pubblicità su misura o in molti casi influenzare le nostre decisioni.

Per questo, scegliere un browser e un motore di ricerca che rispettino davvero la privacy è una scelta consapevole, non una fissazione da esperti.

Esistono diverse alternative ai browser più famosi e preinstallati, come Microsoft Edge su Windows o Google Chrome su Android, che cercano un equilibrio tra protezione dei dati e facilità d’uso. Tra queste troviamo:

Firefox, sviluppato da una fondazione no-profit che ha sempre messo al primo posto la privacy degli utenti;

LibreWolf e Waterfox, due fork di Firefox pensati per chi vuole il massimo della riservatezza;

e Brave, basato sul codice open source di Chrome.

In un prossimo post approfondiremo meglio la questione browser, analizzando vantaggi e differenze tra queste soluzioni

Un altro aspetto spesso trascurato riguarda i motori di ricerca.

Continuare a usare Google o Bing significa accettare che ogni ricerca venga registrata, profilata e legata a un’identità precisa. Per chi desidera maggiore riservatezza esistono alternative concrete da usare.

Qwant motore di ricerca europeo con cuore francese, nato come alternativa a Google, progettato fin dall’inizio per rispettare il GDPR e ospitare tutti i dati in Europa. Qwant ha sviluppato un proprio indice di ricerca (in crescita), anche se per alcune query integra risultati da altri partner. progettato fin dall’inizio per rispettare il GDPR e ospitare tutti i dati in Europa.

DuckDuckGo (Stati Uniti), i suoi risultati provengono da oltre 400 fonti, ma la base principale resta Bing e Yahoo. Ha un proprio crawler (DuckDuckBot), ma lo usa in modo complementare. La sua priorità è la privacy, dichiara che non registra indirizzi IP, non salva cronologia, non crea profili pubblicitari.

Startpage(Paesi Bassi), è un motore di ricerca olandese nato con l’obiettivo di offrire la potenza dei risultati di Google ma senza alcun tracciamento. In pratica, funziona come un “filtro”: tu fai la ricerca, Startpage la inoltra a Google, riceve i risultati e te li mostra senza che Google sappia chi sei

Brave Search (Stati Uniti), è il motore di ricerca sviluppato da Brave Software, la stessa azienda dietro al browser Brave. È pensato come alternativa a Google e Bing, con un indice indipendente costruito da zero che a differenza di DuckDuckGo o Startpage lo rende più indipendente dalle Big Tech. Integra funzioni basate su intelligenza artificiale per risposte rapide e sintetiche ed è integrato nel browser Brave, rendendo facile l’uso per chi già utilizza questo browser.

Mojeek (Regno Unito), è un motore di ricerca britannico nato nel 2004 che si distingue perché utilizza un indice proprietario costruito con il proprio crawler (MojeekBot). Non si appoggia a Google o Bing, e punta su privacy e indipendenza, senza tracciamento né profilazione degli utenti. Tuttavia, anche se Mojeek è tecnologicamente indipendente, i suoi risultati di ricerca spesso non sono così completi o pertinenti come quelli di Google, soprattutto quando si cercano argomenti complessi o notizie molto recenti.

SearXNG è un metamotore di ricerca open-source, non ha un indice proprio, ma aggrega i risultati da vari motori di ricerca (tra cui Google, Bing, DuckDuckGo, Qwant, Wikipedia, ecc…) senza tracciare gli utenti, non memorizza query, non invia dati personali ai motori da cui prende i risultati. Un esempio di istanza di SearXNG è ospitato dal progetto italiano Devol, disponibile all’indirizzo https://searxng.devol.it

La scelta del browser e del motore di ricerca non richiede competenze tecniche, ma solo un pizzico di curiosità e la voglia di informarsi. In un web dove siamo sempre più controllati, anche una piccola scelta consapevole può avere un impatto significativo. Navigare in modo più libero e rispettoso della propria privacy è possibile: basta sapere dove guardare.

VPN e strumenti avanzati


Quando si parla di privacy online, è facile imbattersi in consigli che includono l’uso di VPN, estensioni per il browser, DNS alternativi e strumenti di anonimato come Tor. Ma a cosa servono davvero questi strumenti? E soprattutto: sono sempre necessari?

Partiamo dalle VPN (Virtual Private Network). Questo tipo di servizio crea un “ponte” crittografato tra il tuo dispositivo e internet, nascondendo l’indirizzo IP reale e rendendo più difficile risalire alla tua posizione. Le VPN sono utili in particolare quando si utilizza una rete Wi-Fi pubblica, come in aeroporto o al bar, o quando si vuole evitare che il proprio provider internet tracci le attività di navigazione. Tuttavia, non tutte le VPN sono affidabili: molte gratuite vendono i dati degli utenti o offrono protezione limitata. Per questo, se si decide di usarne una, è preferibile scegliere un servizio serio e trasparente, come Mullvad, ProtonVPN o IVPN, noti per la loro attenzione alla privacy e per non registrare log.

Poi ci sono i DNS (Domain Name System) che il tuo provider (ISP) ti assegna automaticamente, ma non sei obbligato a usarli: puoi cambiarli manualmente e scegliere alternative che offrono più velocità, sicurezza e privacy. La configurazione manuale non è immediata per chi non ha molta dimestichezza, ma tra le opzioni che proteggono da siti malevoli e phishing segnalo: Quad9, OpenDNS, Cloudflare

Per chi vuole spingersi un po’ oltre, esistono soluzioni avanzate ma alla portata degli utenti più smanettoni. Ad esempio strumenti come Pi-hole o AdGuard Home, che puoi installare su un Raspberry Pi o in un vecchio PC all’interno della tua rete domestica, agiscono a livello di rete e bloccano pubblicità, tracker e domini dannosi per tutti i dispositivi connessi: computer, smartphone, smart TV, senza bisogno di configurare ogni singolo dispositivo. Sono una scelta ideale per chi vuole un controllo granulare della propria rete ma restano comunque complementari ai plugin del browser (come uBlock o Privacy Badger), che bloccano contenuti più avanzati.

Risorse utili e progetti che difendono i tuoi diritti online.


Difendere la propria privacy online non è solo questione di usare gli strumenti giusti: è anche una scelta consapevole, che passa per l’informazione e la scoperta di risorse affidabili. Anche in Italia, esistono progetti, comunità e piattaforme non commerciali che lavorano ogni giorno per tutelare i nostri diritti digitali e promuovere un web più etico.

Le Alternative, un progetto indipendente che recensisce e propone strumenti alternativi alle Big Tech, con schede complete, comparazioni chiare e un linguaggio accessibile a tutti. È l’ideale per chi vuole scoprire nuovi strumenti evitando di restare legato ai soliti colossi tecnologici.

Get Privacy, una guida pratica che suggerisce sette semplici passi per migliorare la tua privacy online, preferendo servizi europei e strumenti open source. È pensata per chiunque voglia fare un primo passo concreto, senza diventare un esperto.

Librezilla è una piattaforma che raccoglie e promuove servizi online liberi, open source e gratuiti, come motori di ricerca alternativi, strumenti per la produttività, software audio/video, social decentralizzati e molto altro. L’obiettivo è offrire soluzioni etiche e rispettose della privacy, come alternative concrete ai servizi delle Big Tech.

AlternativaLinux, è un blog italiano ricco di tutorial e guide pratiche, con particolare attenzione a Linux Mint. Offre percorsi tematici per principianti e consigli concreti per migliorare sicurezza e produttività con software libero.

Una realtà italiana virtuosa è il collettivo Devol, che propone servizi etici, liberi e gratuiti, ospitati su infrastrutture trasparenti e pensati per tutelare la privacy degli utenti. Tra le soluzioni offerte, spicca la loro istanza Mastodon: uno spazio sociale decentralizzato e privo di tracciamento, pensato come alternativa consapevole a Twitter/X. Si tratta di un’istanza italiana e generalista, aperta a chiunque voglia comunicare in modo etico, senza algoritmi invasivi né pubblicità, e con una forte attenzione alla libertà di espressione.

Ti è piaciuto questo articolo? Lascia un feedback nei commenti, ogni suggerimento è prezioso per migliorare e condividere conoscenza libera.

P.S.: Se vuoi proporre una risorsa utile che non è elencata nella lista, lascia un commento sotto o scrivimi su Mastodon: ogni contributo è benvenuto.


reshared this



We are publishing a risograph-printed zine about the surveillance technologies used by ICE.#Announcements


404 Media Is Making a Zine


404 Media is making a print zine about the surveillance tactics used by ICE, and the ways people are resisting this technology. It will be 16 pages and printed on a risograph printer by a printshop in Los Angeles. It contains both reworked versions of our best reporting on ICE and some new articles for the zine. It will be available at the beginning of January.

I have been somewhat obsessed with making a print product for the last year or so, and we’re really excited to try this experiment. If it goes well, we hope to make more of our journalism available in print. We are doing this in part because we were invited to help throw a benefit concert by our friends at heaven2nite in Los Angeles on January 4, with the proceeds going to the Coalition for Humane Immigrant Rights (CHIRLA), an LA-based nonprofit providing support to Dreamers, immigrant families, and low-wage workers in California. We are going to be giving away copies of the zine at that concert and are selling copies on our Shopify page to ship in early January.

Presale: ICE Surveillance Zine
**THIS WILL SHIP IN EARLY JANUARY** We are making a print zine about the surveillance tactics used by ICE, and the ways people are resisting this technology. It is 16 pages and printed on a risograph printer by Punch Kiss Press in Los Angeles. It contains both reworked versions of our best reporting on ICE and some new
404 Media404 Media


Why are we doing this? Well, zines are cool, and print media is cool. We have joked about wanting to print out our blogs and hand them out door-to-door or staple them to lamp posts. Handing out zines at a concert or sending them to you in the mail will get the job done, too.

We have spent the last two-and-a-half years trying to build something more sustainable and more human in a world and on an internet that feels more automated and more artificial than ever. We have shown that it’s possible for a small team of dedicated reporters to do impactful, groundbreaking accountability journalism on the companies and powers that are pushing us to a more inhumane world without overwhelmingly focusing on appeasing social media and search algorithms. Nevertheless, we still spend a lot of our time trying to figure out how to reach new audiences using social media and search, without making ourselves feel totally beholden to it. Alongside that, we put a huge amount of effort into convincing people who find our stuff on Instagram or TikTok or YouTube or Reddit (and Bluesky and Mastodon) to follow our work on platforms where we can directly reach them without an algorithmic intermediary. That’s why we focus so much on building our own website, our own direct email newsletters, our own full-text RSS feeds, and RSS-based podcast feeds.

This has gone well, but we have seen our colleagues at The Onion and other independent media outlets bring back the printed word, which, again, is cool, but also comes with other benefits. Print can totally sidestep Big Tech’s distribution mechanisms. It can be mailed, sold in stores, and handed out at concerts. It can be read and passed to a friend, donated to a thrift store and discovered by someone killing time on a weekend, or tossed in a recycling bin and rescued by a random passerby. It is a piece of physical media that can be organically discovered in the real world.

Print does come with some complications, most notably it is significantly more expensive to make and distribute a print product than it is to make a website, and it’s also a slower medium (duh). Ghost, our website and email infrastructure, also doesn’t have a native way to integrate a print subscription into a membership. This is a long way of saying that the only way this first print experiment makes sense is if we sell it as a separate product. Subscribers at the Supporter level will get a discount; we can’t yet include print in your existing subscription for all sorts of logistical and financial reasons, but we will eventually make a PDF of the zine available to subscribers. If you're a subscriber, your code is at the bottom of this post.
playlist.megaphone.fm?p=TBIEA2…
Some other details: Our cover art was made by Veri Alvarez, a super talented LA-based artist whose work you can find here. The interior of the magazine was designed and laid out by our old friend Ernie Smith, who runs the amazing Tedium newsletter and who was willing to unretire from his days of laying out newspapers to help us with this. We are printing it at Punch Kiss Press, a DIY risograph studio here in Los Angeles. For those unfamiliar, risograph printing is sort of like silkscreening on paper, where you print one color at a time and layer them on top of each other to get very cool color mixing effects.

We did not originally set out to spend most of the last year reporting on ICE. But we have watched the agency grow from an already horrifying organization into a deportation force that is better funded than most militaries. We have seen full-scale occupations of Los Angeles and Chicago, daily raids playing out in cities, towns, and workplaces across the country, and people getting abducted while they are at work, shopping, or walking down the street.

As this has played out, we have focused on highlighting the ways that the Trump administration has used the considerable power of the federal government and the vast amounts of information it has to empower ICE’s surveillance machine. Technologies and databases created during earlier administrations for one governmental purpose (collecting taxes, for example) have been repurposed as huge caches of data now used to track and detain undocumented immigrants. Privacy protections and data sharing walls between federal agencies have been knocked down. Technologies that were designed for local law enforcement or were created to make rich people feel safer, like license plate tracking cameras, have grown into huge surveillance dragnets that can be accessed by ICE. Surveillance tools that have always been concerning—phone hacking malware, social media surveillance software, facial recognition algorithms, and AI-powered smart glasses—are being used against some of society’s most vulnerable people. There is not a ton of reason for optimism, but in the face of an oppressive force, people are fighting back, and we tried to highlight their work in the zine, too.

Again, this is an experiment, so we can’t commit at the moment to a print subscription, future zines, future magazines, or anything like that. But we are hopeful that people like it and that we can figure out how to do more print products and to do them more often. If you have a connection at a newspaper printing press, a place that prints magazines or catalogs, or otherwise have expertise in printmaking, design, layout, or other things that deal with the printed word, please get in touch, it will help us as we explore the feasibility of doing future print products (jason@404media.co).

We are also hoping that groups who work with immigrants throughout the United States will be interested in this; if that’s you please email me (jason@404media.co). We are also exploring translating the zine into Spanish.

If you are a subscriber, your discount code is below this:

.

.

.

.

.

This post is for subscribers only


Become a member to get access to all content
Subscribe now