Un Threat Actors rivendica un attacco al Festival di San Valentino: Database Trafugato?
Nel panorama della cybersecurity, le fughe di dati rappresentano una minaccia sempre più ricorrente, e il recente leak del database di “festivaldisanvalentino.com” ne è l’ennesima dimostrazione. Un utente di un noto forum underground ha infatti pubblicato un presunto archivio SQL contenente dati sottratti dal sito web, mettendo a rischio informazioni sensibili degli utenti.
Disclaimer: Questo rapporto include screenshot e/o testo tratti da fonti pubblicamente accessibili. Le informazioni fornite hanno esclusivamente finalità di intelligence sulle minacce e di sensibilizzazione sui rischi di cybersecurity. Red Hot Cyber condanna qualsiasi accesso non autorizzato, diffusione impropria o utilizzo illecito di tali dati. Al momento, non è possibile verificare in modo indipendente l’autenticità delle informazioni riportate, poiché l’organizzazione coinvolta non ha ancora rilasciato un comunicato ufficiale sul proprio sito web. Di conseguenza, questo articolo deve essere considerato esclusivamente a scopo informativo e di intelligence.
Print screen del forum underground dove il criminale informatico ha rivendicato il presunto attacco informatico prelevato attraverso l’utilizzo della piattaforma di intelligence delle minacce di Recorded Future
I Dettagli del Leak
L’utente “lluigi”, registrato sulla piattaforma nel novembre 2023 e con un’attività limitata ma significativa, ha rilasciato il database in un post datato 22 febbraio 2025. Secondo la descrizione fornita, il dump SQL ha una dimensione di 6MB, che si espande fino a 94MB una volta decompresso.
Un’anteprima dei dati compromessi rivela indirizzi email, IP, e messaggi di comunicazione interna, suggerendo una violazione su larga scala che potrebbe esporre (qualora confermata) centinaia o migliaia di utenti a rischi di phishing, furto d’identità e altri attacchi informatici.
Alcuni esempi includono conversazioni in cui gli utenti richiedono conferme di invio di file e altre informazioni di carattere privato. La presenza di dettagli tecnici nei metadati (come user agent e versioni di browser) potrebbe inoltre fornire agli attaccanti ulteriori spunti per orchestrare attacchi mirati.
Chi c’è Dietro l’Attacco?
Non sono stati forniti dettagli sulle modalità di attacco utilizzate per ottenere il database da parte del criminale informatico, ma è plausibile che il sito sia stato vittima ad esempio di una vulnerabilità non patchata o di credenziali di accesso compromesse. “lluigi”, l’autore del post, non sembra essere direttamente l’autore della violazione, bensì un intermediario che ha ricevuto e pubblicato i dati.
Conseguenze e Contromisure
Le vittime di questa fuga di dati devono adottare misure di sicurezza come:
- Cambiare le password associate all’account del sito
- Utilizzare plugin per poter rendere anonima l’esposizione dei pannelli di amministrazione di accesso al sito (ad esempio wp-admin.php)
- Cambiare le stesse password correlate ad altri servizi
- Attivare l’autenticazione a due fattori (2FA)
- Diffidare di email sospette o tentativi di contatto non richiesti
Per il team di sicurezza del sito, è fondamentale analizzare il vettore il potenziale attacco e nel caso attivare specifiche misure di sicurezza, come ad esempio il patch management del sistema per evitare ulteriori potenziali problemi.
Conclusioni
Questo incidente dimostra ancora una volta quanto sia cruciale la sicurezza informatica per qualsiasi piattaforma che gestisca dati sensibili. La pubblicazione di database trafugati su forum underground è un fenomeno in crescita, e l’attenzione di aziende e utenti deve rimanere sempre alta e vigile per prevenire e mitigare i danni derivanti da questi attacchi.
Come nostra consuetudine, lasciamo sempre spazio ad una dichiarazione da parte dell’organizzazione qualora voglia darci degli aggiornamenti su questa vicenda e saremo lieti di pubblicarla con uno specifico articolo dando risalto alla questione.
RHC monitorerà l’evoluzione della vicenda in modo da pubblicare ulteriori news sul blog, qualora ci fossero novità sostanziali. Qualora ci siano persone informate sui fatti che volessero fornire informazioni in modo anonimo possono accedere utilizzare la mail crittografata del whistleblower.
Questo articolo è stato redatto attraverso l’utilizzo della piattaforma Recorded Future, partner strategico di Red Hot Cyber e leader nell’intelligence sulle minacce informatiche, che fornisce analisi avanzate per identificare e contrastare le attività malevole nel cyberspazio.
L'articolo Un Threat Actors rivendica un attacco al Festival di San Valentino: Database Trafugato? proviene da il blog della sicurezza informatica.
Alla scoperta della Pseudonimizzazione: Tra definizione e valore giuridico
La pseudonimizzazione è una tecnica di protezione dei dati definita dall’art. 4(5) del GDPR. Consiste nella trasformazione dei dati personali in modo tale che non possano più essere attribuiti direttamente a un interessato, se non attraverso l’uso di informazioni aggiuntive tenute separate e protette da misure tecniche e organizzative adeguate.
Questa tecnica ha il vantaggio di ridurre il rischio di identificazione pur mantenendo la possibilità di utilizzare i dati per scopi analitici, statistici o operativi. Il processo si basa sulla sostituzione degli identificatori diretti (come nome, cognome, codice fiscale, ID) con pseudonimi, ossia valori che, da soli, non consentono di risalire all’identità dell’individuo, ma che possono essere ricostruiti mediante l’accesso controllato a informazioni aggiuntive, come tabelle di corrispondenza o chiavi crittografiche.
Perché la pseudonimizzazione sia efficace, è essenziale che queste informazioni aggiuntive siano custodite separatamente e protette da accessi non autorizzati. È importante sottolineare che i dati pseudonimizzati rimangono, a tutti gli effetti, dati personali secondo il GDPR, poiché esiste sempre la possibilità teorica di reidentificare l’interessato. Solo un processo che renda l’identificazione assolutamente impossibile e irreversibile può essere considerato anonimizzazione, uscendo così dall’ambito di applicazione del regolamento.
Oltre al valore operativo, la pseudonimizzazione è riconosciuta dal GDPR come una misura tecnica e organizzativa utile per ridurre i rischi nel trattamento dei dati. Rientra infatti tra le pratiche raccomandate per attuare i principi di privacy by design e by default (artt. 25 e 32) e può essere prevista anche da normative nazionali o settoriali come requisito per trattamenti specifici.
Obiettivo e Vantaggi della Pseudonimizzazione
Come indicato nel Considerando 28 del GDPR, la pseudonimizzazione rappresenta una misura strategica per ridurre i rischi connessi al trattamento dei dati personali, preservando al contempo la possibilità di effettuare analisi e valutazioni sui dati in forma non identificabile.
Riduzione del rischio
Quando implementata in modo corretto, la pseudonimizzazione contribuisce significativamente alla protezione della riservatezza dei dati. La sua efficacia si fonda sulla separazione e sulla protezione delle informazioni aggiuntive necessarie per la reidentificazione, in linea con quanto previsto dall’Art. 4(5) del GDPR.
Questa tecnica opera su due livelli:
- Previene l’esposizione diretta degli identificatori personali, garantendo che i destinatari dei dati pseudonimizzati non possano identificare gli interessati.
- Attenua le conseguenze di eventuali violazioni di sicurezza, riducendo il rischio di danni per gli interessati, a condizione che terze parti non abbiano accesso ai dati ausiliari che permetterebbero la reidentificazione.
Un ulteriore beneficio risiede nella mitigazione del rischio di function creep, ovvero dell’utilizzo dei dati per scopi diversi e incompatibili rispetto a quelli originariamente dichiarati. L’impossibilità per i soggetti autorizzati – come responsabili o incaricati del trattamento – di risalire direttamente all’identità degli interessati limita il potenziale abuso e rafforza il principio di limitazione della finalità.
La pseudonimizzazione, inoltre, può contribuire alla qualità del dato. L’utilizzo di pseudonimi differenziati per soggetti con attributi simili aiuta a prevenire errori di attribuzione e migliorare l’accuratezza complessiva delle informazioni trattate.
Infine, il livello di protezione offerto da questa tecnica è direttamente proporzionale alla robustezza delle misure tecniche e organizzative adottate. Una progettazione attenta e coerente consente ai titolari e ai responsabili di conformarsi agli obblighi previsti dagli Articoli 24, 25 e 32 del GDPR, assicurando un trattamento dei dati conforme, sicuro e incentrato sulla tutela dei diritti e delle libertà degli interessati.
Struttura della Trasformazione Pseudonimizzante
Per essere considerata efficace, la pseudonimizzazione deve impedire che i dati trasformati contengano identificatori diretti, come il codice fiscale o altri identificatori univoci, qualora questi possano permettere l’attribuzione dell’identità dell’interessato all’interno del contesto operativo ( dominio di pseudonimizzazione). Tali elementi vengono rimossi durante la trasformazione o sostituiti con identificatori alternativi (i pseudonimi)che, da soli, non consentono l’identificazione, se non tramite l’uso di informazioni aggiuntive tenute separatamente.
Oltre alla sostituzione degli identificatori diretti, la trasformazione può intervenire su altri attributi sensibili attraverso tecniche come la soppressione, la generalizzazione o l’introduzione di rumore controllato. Questi interventi sono finalizzati a limitare la possibilità di reidentificazione e a rafforzare la protezione dei dati trattati.
Un aspetto centrale della pseudonimizzazione è l’impiego di dati riservati (segreti di pseudonimizzazione) come chiavi crittografiche o tabelle di corrispondenza tra identificatori originali e pseudonimi. Questi elementi, essenziali per la riconduzione del dato all’interessato, devono essere generati e gestiti in modo da garantirne la sicurezza e la separazione logica e fisica rispetto ai dati pseudonimizzati.
Dal momento che tali segreti rappresentano le informazioni aggiuntive menzionate all’Art. 4(5) del GDPR, è obbligatorio proteggerli tramite misure tecniche e organizzative adeguate. Il loro accesso deve essere limitato esclusivamente al personale autorizzato, e devono essere conservati in ambienti sicuri, al fine di prevenire ogni possibilità di uso improprio o non autorizzato.
Tecniche di Pseudonimizzazione
La scelta della tecnica di pseudonimizzazione più appropriata dipende da molteplici fattori, tra cui il livello di rischio, la necessità di reversibilità, la dimensione del dataset e le finalità specifiche del trattamento. Di seguito sono illustrate le principali tecniche disponibili, con una valutazione comparativa di vantaggi e criticità operative.
Principali Tecniche
- 1. Contatore Sequenziale (Counter)
È la tecnica più semplice, in cui ogni identificatore viene sostituito da un numero progressivo. Il vantaggio è nella facilità di implementazione, soprattutto in contesti di dati ridotti o poco complessi. Tuttavia, la sequenzialità può rivelare informazioni implicite (come l’ordine temporale), e questa tecnica mostra limiti significativi in termini di scalabilità e sicurezza per dataset più ampi o sofisticati. - 2. Generatore di Numeri Casuali (Random Number Generator – RNG)
In questo caso, a ogni identificatore viene associato un valore generato casualmente. L’assenza di una relazione diretta con il dato originale garantisce un buon livello di protezione, a patto che la tabella di mappatura sia adeguatamente protetta. I principali punti critici sono il rischio di collisioni (assegnazione accidentale dello stesso pseudonimo a più identificatori) e le problematiche di gestione in contesti su larga scala. - 3. Funzione di Hash crittografica
Consiste nell’applicare una funzione unidirezionale (come SHA-256) all’identificatore, producendo un output fisso. Sebbene offra integrità e irreversibilità, da sola non è sufficiente per garantire protezione: è vulnerabile ad attacchi di forza bruta e dizionario, soprattutto se gli input sono prevedibili (come codici fiscali o email aziendali). - 4. Message Authentication Code (MAC)
Si tratta di una variante sicura della funzione hash, che introduce una chiave segreta nel processo. Senza conoscere la chiave, è impossibile ricostruire il legame tra pseudonimo e identificatore originale. L’HMAC è oggi tra i metodi più robusti per la pseudonimizzazione, e viene ampiamente utilizzato nei protocolli Internet. Unico limite: la difficoltà nella riconciliazione dei dati se non si conservano gli identificatori originali. - 5. Cifratura Simmetrica
Utilizza un algoritmo di cifratura a blocchi (es. AES) per trasformare l’identificatore in un pseudonimo, utilizzando una chiave segreta. Questa chiave funge sia da “segreto di pseudonimizzazione” che da chiave di decifratura. È una tecnica potente e flessibile, simile al MAC, ma introduce una sfida importante: chi possiede la chiave può sempre decifrare i dati, il che potrebbe non essere conforme al principio di minimizzazione se la riconciliazione non è necessaria. - 6. Tokenizzazione
La tokenizzazione consiste nella sostituzione di identificatori sensibili (es. nome, codice fiscale, ID cliente) con stringhe o valori alternativi detti token, generati in modo casuale o secondo regole predefinite.- I token non hanno alcun significato intrinseco e non possono essere riconvertiti al valore originario senza una lookup table che gestisca le corrispondenze.
- Questa tabella di associazione deve essere conservata separatamente, protetta da cifratura e accessibile solo a personale autorizzato.
- È una tecnica altamente flessibile e indicata in contesti in cui serve mantenere la struttura del dato (es. lunghezza del campo, formato), ma garantire un buon livello di protezione.
Politiche di Pseudonimizzazione
Oltre alla tecnica adottata, è fondamentale stabilire una politica di pseudonimizzazione, ovvero definire come e quando applicare le trasformazioni nei vari dataset:
- Pseudonimizzazione Deterministica
La pseudonimizzazione deterministica è una tecnica in cui lo stesso identificatore originale viene sempre trasformato nello stesso pseudonimo, ogni volta che compare, sia nello stesso dataset che in dataset diversi.
Vantaggi
- Coerenza trasversale: lo stesso individuo può essere riconosciuto in dataset differenti, senza conoscerne l’identità. Questo è utile in analisi longitudinali o confronti tra sistemi.
- Efficienza analitica: facilita il collegamento di record riferiti allo stesso soggetto in contesti diversi (es. database clinico + database farmaceutico).
- Non richiede lookup table (in alcuni casi): se il pseudonimo è generato tramite funzioni deterministiche (es. HMAC), la mappatura è implicita.
Rischi
- Linkability elevata: un attore malevolo che ottiene due dataset pseudonimizzati può facilmente riconoscere che lo stesso pseudonimo (TK_XX1) si riferisce allo stesso soggetto, anche senza sapere chi sia. Questo aumenta il rischio di ricostruzione del profilo di un individuo.
- Vulnerabilità alle correlazioni: se un pseudonimo appare frequentemente in correlazione con dati noti o prevedibili può essere dedotto chi sia l’individuo.
- Non ideale per dati altamente sensibili: soprattutto se distribuiti a più soggetti esterni, poiché consente collegamenti tra informazioni.
- Pseudonimizzazione Randomizzata a Livello di Documento
Questa tecnica consiste nel generare pseudonimi diversi per lo stesso identificatore, ma conservando coerenza all’interno di insiemi specifici di dati (ad esempio tra due documenti correlati o due dataset congiunti). È utile quando si desidera rompere la linkabilità globale tra tutti i dataset, ma preservare relazioni locali all’interno di uno stesso contesto operativo.
Tuttavia, il sistema mantiene una mappatura logica: i record riferiti allo stesso soggetto sono riconoscibili come tali in entrambi i dataset A e B, pur avendo pseudonimi differenti (TK_X1, TK_Y1).
Vantaggi
- Maggiore protezione contro la linkabilità trasversale: anche se più dataset venissero compromessi, un attaccante non potrebbe collegare lo stesso soggetto attraverso dataset diversi usando i pseudonimi, perché questi cambiano da un dataset all’altro.
- Preserva l’analiticità locale: consente l’analisi delle relazioni all’interno dello stesso dataset o gruppo di documenti, mantenendo intatte le correlazioni.
- Equilibrio tra sicurezza e usabilità: è un buon compromesso tra le esigenze di protezione e la necessità di analisi complesse.
Rischi
- Complessità gestionale aumentata: richiede la gestione di più tabelle di corrispondenza o meccanismi logici per sincronizzare le relazioni tra dataset.
- Possibile perdita di confrontabilità esterna: non consente analisi aggregate tra database diversi senza accesso alla logica di corrispondenza dei pseudonimi.
- Maggior carico computazionale: i sistemi devono essere in grado di gestire trasformazioni dinamiche e coerenza dei dati su più livelli.
- Pseudonimizzazione Completamente Randomizzata
La pseudonimizzazione completamente randomizzata è una tecnica in cui ogni occorrenza di uno stesso identificatore viene trasformata in un pseudonimo diverso, anche all’interno dello stesso documento o dataset. Non viene mantenuta alcuna coerenza tra dataset, tra righe, né tra sessioni diverse di elaborazione. Questo approccio rompe completamente ogni possibilità di tracciamento o correlazione automatica tra record appartenenti allo stesso soggetto.
Anche se l’identificatore di partenza è lo stesso (BNCLRA89A41H501Z), ogni sua rappresentazione pseudonimizzata è unica e scollegata dalle altre.
Vantaggi
- Massima protezione contro la reidentificazione e la linkabilità: non essendoci coerenza tra pseudonimi, risulta estremamente difficile, se non impossibile, correlare le informazioni per risalire a un individuo, anche analizzando più dataset.
- Impatto positivo sul rischio residuo: particolarmente utile in ambiti dove i dati pseudonimizzati devono essere largamente condivisi o trattati in ambienti a rischio elevato.
- Conformità rafforzata: offre un livello di protezione tale da soddisfare anche i requisiti più stringenti di privacy by design e by default.
Limiti
- Totale perdita di tracciabilità: non è possibile collegare le diverse istanze di un soggetto, né all’interno di un dataset né tra dataset diversi. Questo impedisce analisi longitudinali, statistiche personalizzate o valutazioni storiche.
- Inapplicabile in scenari che richiedono reversibilità o audit: nei casi in cui sia necessario dimostrare che determinati record appartengono allo stesso individuo (es. per diritto d’accesso ai dati), questa tecnica si rivela inadatta.
- Richiede un’accurata valutazione del contesto: va usata solo quando la completa disconnessione tra i dati è accettabile e voluta.
La scelta delle tecniche di pseudonimizzazione deve basarsi su una valutazione del rischio, della necessità di reversibilità, e della robustezza delle misure organizzative a supporto. In uno scenario ideale, queste tecniche dovrebbero essere complementari, rafforzando la resilienza del trattamento anche in presenza di attacchi o accessi non autorizzati. Le tecniche più robuste (come RNG, HMAC e cifratura) offrono un’elevata protezione contro attacchi di tipo esaustivo o basati su dizionari, ma possono limitare la flessibilità d’uso. Le politiche deterministiche e document-randomised permettono analisi trasversali o longitudinali, ma con un rischio maggiore di linkabilità. Nella pratica, spesso è consigliabile combinare più tecniche per ottenere un equilibrio tra sicurezza, utilità e reversibilità, adattando l’approccio al contesto operativo e normativo.
Caso Pratico: Pseudonimizzazione dei Dati Sanitari
Scenario Errato: Trasferimento di Dati Identificabili
Un ospedale condivide con un’azienda di ricerca un dataset clinico contenente dati personali in chiaro:
Problemi riscontrati:
1. Rischio elevato di reidentificazione diretta
La presenza di identificatori espliciti come nome, cognome, codice fiscale e numero della cartella clinica consente un’immediata associazione tra i dati e l’identità dei pazienti. Questo espone gli interessati a potenziali violazioni della riservatezza, discriminazioni o abusi in caso di accesso non autorizzato.
2. Violazione dei principi fondamentali del GDPR
Il trasferimento di dati in chiaro senza adeguate misure di protezione contrasta con i principi di minimizzazione, integrità e riservatezza previsti dagli articoli 5(1)(c) e 5(1)(f) del GDPR. Inoltre, l’assenza di misure tecniche e organizzative adeguate costituisce una violazione dell’articolo 32, che impone la protezione dei dati personali da trattamenti non autorizzati o illeciti.
3. Esposizione a gravi rischi in caso di violazione o intercettazione
Nel caso in cui i dati vengano sottratti o intercettati durante il trasferimento, gli identificatori presenti permetterebbero una facile reidentificazione. Questo scenario espone l’organizzazione a sanzioni, perdita di reputazione e responsabilità nei confronti degli interessati, i quali potrebbero subire danni concreti (furti d’identità, esclusioni assicurative, stigmatizzazione sociale).
Scenario Corretto: Applicazione di Tecniche di Pseudonimizzazione
Dopo aver applicato un processo strutturato di pseudonimizzazione, i dati vengono trasformati come segue:
Struttura della Lookup Table
Conservazione delle tabelle
Di seguito le misure tecniche utilizzate per proteggere le tabelle:
- Cifratura con AES-256
AES-256 (Advanced Encryption Standard a 256 bit) è uno degli algoritmi di crittografia simmetrica più sicuri e ampiamente adottati nel settore. Applicare la cifratura AES-256 alle tabelle di pseudonimizzazione significa che:
- Il contenuto della tabella (che collega i dati pseudonimizzati agli identificatori originali) è inaccessibile in chiaro anche in caso di accesso non autorizzato al file o al database.
- Solo chi possiede la chiave di decifratura, custodita separatamente e con accesso controllato, può leggere o gestire i dati.
Vantaggi:
- Alto livello di protezione in caso di data breach.
- Conforme alle misure tecniche richieste dall’Art. 32 del GDPR.
Best practice:
- Conservare la chiave in un HSM (Hardware Security Module) o sistema equivalente.
- Ruotare periodicamente le chiavi e revocarle in caso di compromissione.
- Accesso consentito solo a personale sanitario autorizzato
Il principio di “need-to-know” e limitazione degli accessi è centrale nel GDPR (Art. 5 e 32). In questo caso:
- Solo operatori sanitari autorizzati, esplicitamente identificati e abilitati, possono accedere alla tabella.
- L’accesso deve avvenire tramite autenticazione forte (es. 2FA o smart card).
- Ogni operatore deve avere un profilo con permessi minimi necessari per svolgere le proprie funzioni (principio del least privilege).
Misure organizzative associate:
- Contratti e policy interne che specificano i ruoli.
- Formazione obbligatoria sulla sicurezza dei dati e sul GDPR.
- Revoca immediata degli accessi in caso di cambio mansione o cessazione del rapporto.
- Logging e auditing
Il monitoraggio continuo delle attività svolte sulle tabelle di pseudonimizzazione è fondamentale per garantire trasparenza e tracciabilità. Ciò include:
- Logging automatico di ogni accesso, modifica, copia o esportazione della tabella.
- Dati registrati: ID utente, data/ora, operazione effettuata, esito.
- Auditing periodico, ossia la revisione dei log da parte di un responsabile (es. DPO o IT security officer), per:
- Individuare comportamenti anomali o accessi non autorizzati.
- Dimostrare la conformità in caso di ispezioni da parte del Garante Privacy.
Obblighi GDPR:
- Questi log costituiscono una misura di accountability, come richiesto dall’art. 5(2) e 24 del GDPR.
- I log devono essere conservati in forma protetta, non modificabile e accessibile solo a personale designato.
Conclusioni
La pseudonimizzazione, seppur spesso percepita come una semplice tecnica di protezione dei dati, rappresenta in realtà un pilastro strategico della sicurezza informatica e della conformità normativa, in particolare nel contesto del GDPR. La sua corretta implementazione consente di ridurre significativamente i rischi per i diritti e le libertà degli interessati, senza compromettere l’utilità dei dati per fini analitici, statistici o operativi.
Come abbiamo visto, esistono diverse tecniche e politiche applicative, ognuna con vantaggi e limiti specifici. La scelta del metodo più idoneo deve essere il risultato di una valutazione del rischio ben strutturata, che tenga conto delle finalità del trattamento, del contesto operativo e delle esigenze di reversibilità o anonimato.
L’adozione di misure tecniche avanzate (es. HMAC, AES, tokenizzazione sicura) e organizzative (es. segregazione dei dati, controllo degli accessi, auditing) non è solo raccomandata, ma necessaria per trasformare la pseudonimizzazione in una reale garanzia di protezione, in linea con i principi di privacy by design e by default.
In un’epoca in cui il valore del dato è al centro di ogni processo decisionale e innovativo, pseudonimizzare non significa solo proteggere, ma anche abilitare: consente di trattare dati sensibili in sicurezza, favorendo al contempo la ricerca, l’analisi e l’interoperabilità tra enti pubblici e privati.
La pseudonimizzazione, quindi, non è un semplice adempimento tecnico, ma uno strumento di equilibrio tra privacy e progresso, tra sicurezza e innovazione. E in questo equilibrio risiede la
L'articolo Alla scoperta della Pseudonimizzazione: Tra definizione e valore giuridico proviene da il blog della sicurezza informatica.
Arriva RamiGPT: l’AI che automatizza la scoperta delle Privilege Escalation (PE)
Uno sviluppatore che usa lo pseudonimo M507 ha presentato un nuovo progetto open source, RamiGPT, uno strumento basato sull’intelligenza artificiale che aiuta ad automatizzare le attività di analisi dei privilegi e di scansione delle vulnerabilità. Il progetto si basa su una connessione tra OpenAI e script Linux e Windows come LinPEAS e BeRoot. Lo strumento è progettato per i ricercatori di sicurezza informatica e i pentester che hanno bisogno di individuare in modo rapido ed efficiente potenziali vettori di escalation dei privilegi in un sistema di destinazione.
Per lavorare con RamiGPT è necessaria una chiave API OpenAI, che può essere ottenuta dal sito web di OpenAI dopo la registrazione. Dopodiché, copia semplicemente il file di impostazioni .env.example in .env , aggiungi la tua chiave alla riga appropriata e potrai avviare il sistema. Sono disponibili due scenari di avvio: tramite Docker e in un ambiente locale. Nel primo caso, è necessario installare Docker e Docker Compose, clonare il repository, eseguire i contenitori e aprire l’interfaccia web all’indirizzo 127.0.0.1:5000. Il secondo richiede Python 3, pip e i comandi eseguiti per generare certificati e installare le dipendenze.
RamiGPT è in grado non solo di analizzare i risultati di strumenti esterni, ma anche di consigliare automaticamente l’avvio di uno script specifico a seconda del sistema operativo. Ad esempio, su Windows – BeRoot, su Linux – LinPEAS. È anche possibile importare ed esportare istruzioni, ad esempio per attività di capture the flag. Tutto ciò è accompagnato da animazioni gif dimostrative che mostrano chiaramente come l’intelligenza artificiale identifica le vulnerabilità e suggerisce modi per sfruttarle.
Il progetto viene distribuito con la precisazione che è destinato esclusivamente a un uso legale, ovvero a fini didattici o per testare sistemi per i quali l’utente ha un’autorizzazione ufficiale. L’autore sottolinea: qualsiasi utilizzo al di fuori di questi limiti è inaccettabile.
Puoi scaricare e visualizzare il progetto su GitHub: github.com/M507/RamiGPT .
L'articolo Arriva RamiGPT: l’AI che automatizza la scoperta delle Privilege Escalation (PE) proviene da il blog della sicurezza informatica.
AqMood is an Air Quality Monitor with an Attitude
You take your air quality seriously, so shouldn’t your monitoring hardware? If you’re breathing in nasty VOCs or dust, surely a little blinking LED isn’t enough to express your displeasure with the current situation. Luckily, [Tobias Stanzel] has created the AqMood to provide us with some much-needed anthropomorphic environmental data collection.
To be fair, the AqMood still does have its fair share of LEDs. In fact, one might even say it has several device’s worth of them — the thirteen addressable LEDs that are run along the inside of the 3D printed diffuser will definitely get your attention. They’re sectioned off in such a way that each segment of the diffuser can indicate a different condition for detected levels of particulates, VOCs, and CO2.
But what really makes this project stand out is the 1.8 inch LCD mounted under the LEDs. This display is used to show various emojis that correspond with the current conditions. Hopefully you’ll see a trio of smiley faces, but if you notice a bit of side-eye, it might be time to crack a window. If you’d like a bit more granular data its possible to switch this display over to a slightly more scientific mode of operation with bar graphs and exact figures…but where’s the fun in that?
[Tobias] has not only shared all the files that are necessary to build your own AqMood, he’s done a fantastic job of documenting each step of the build process. There’s even screenshots to help guide you along when it’s time to flash the firmware to the XIAO Seeed ESP32-S3 at the heart of the AqMood.
If you prefer your air quality monitoring devices be a little less ostentatious, IKEA offers up a few hackable models that might be more your speed.
Half The Reflow Oven You Expected
Toaster oven reflow projects are such a done deal that there should be nothing new in one here in 2025. Take a toaster oven, an Arduino, and a thermocouple, and bake those boards! But [Paul J R] has found a new take on an old project, and better still, he’s found the most diminutive of toaster ovens from the Australian version of Kmart. We love the project for the tiny oven alone.
The brains of the operation is an ESP32, in the form of either a TTGO TTDisplay board or an S3-Zero board on a custom carrier PCB, with a thermistor rather than a thermocouple for the temperature sensing, and a solid state relay to control mains power for the heater. All the resources are in a GitHub repository, but you may have to make do with a more conventionally-sized table top toaster oven if you’re not an Aussie.
If you’re interested, but want a better controller board, we’ve got you covered.
An Inexpensive Way to Break Down Plastic
Plastic has been a revolutionary material over the past century, with an uncountable number of uses and an incredibly low price to boot. Unfortunately, this low cost has led to its use in many places where other materials might be better suited, and when this huge amount of material breaks down in the environment it can be incredibly persistent and harmful. This has led to many attempts to recycle it, and one of the more promising efforts recently came out of a lab at Northwestern University.
Plastics exist as polymers, long chains of monomers that have been joined together chemically. The holy grail of plastic recycling would be to convert the polymers back to monomers and then use them to re-make the plastics from scratch. This method uses a catalyst to break down polyethylene terephthalate (PET), one of the more common plastics. Once broken down, the PET is exposed to moist air which converts it into its constituent monomers which can then be used to make more PET for other uses.
Of course, the other thing that any “holy grail” of plastic recycling needs is to actually be cheaper and easier than making new plastic from crude oil, and since this method is still confined to the lab it remains to be seen if it will one day achieve this milestone as well. In the meantime, PET can also be recycled fairly easily by anyone who happens to have a 3D printer around.
If the First Amendment doesn’t work, try the Fifth
Chicago journalist Jim DeRogatis is no criminal, but in 2008 he invoked the Fifth Amendment to avoid testifying at music superstar R. Kelly’s trial. It’s a strategy that more journalists unfortunately may need to consider.
Years earlier, someone sent an unmarked VHS tape depicting Kelly abusing a young girl to DeRogatis. His reporting led to Kelly’s indictment and trial. (The musician was acquitted but is currently in prison for related convictions over a decade later.)
Subpoenaed to testify, DeRogatis, then with the Chicago Sun-Times, invoked Illinois’ reporter’s privilege law. Judge Vincent Gaughan ordered him to take the stand anyway.
But his lawyers (I was a clerk at the firm representing him) realized DeRogatis had potentially, albeit involuntarily, possessed a video containing child sexual abuse material, or CSAM. That is, of course, illegal. Gaughan had no choice but to acknowledge that the prospect that DeRogatis could be prosecuted, however remote, entitled him to invoke his Fifth Amendment protection against self-incrimination.
At the time, DeRogatis’ strategy might’ve been a stretch in non-CSAM cases. Newsgathering is generally safeguarded by the First Amendment. Most journalists need not worry about prosecution.
But things have changed, even if the constitution hasn’t. Here’s a non-exhaustive list of some ways officials around the country have tried to criminalize routine newsgathering in recent years.
- Prosecutors in Kansas claimed that using a government website violated state computer crime and identity theft laws.
- Prosecutors in Alabama charged journalists for reporting on a grand jury proceeding.
- A city attorney in San Francisco, California, accused a journalist of breaking the law by reporting on a tech executive’s sealed arrest report.
- A state senator in Arizona got a restraining order against a journalist who knocked on her door.
- A Tampa, Florida, fire chief called police on a journalist for asking for public records.
- A Chicago suburb ticketed a reporter for calling government officials too often.
- A Texas citizen journalist was arrested for asking police officers questions.
- Another Texas citizen journalist was arrested for filming police in public.
- The Los Angeles County Sheriff’s Department pushed for prosecuting a journalist who reported on a leaked list of problem deputies.
- Missouri’s governor sought to prosecute a journalist who alerted the state of a security vulnerability on its website.
- A California city sued a blog under computer crime laws for accessing a publicly available Dropbox.
- An Ohio journalist was charged for publishing a source’s recording of a court proceeding.
- Two North Carolina journalists were arrested for reporting on police operations after a park curfew.
- The federal government argued that publishers could be charged with possessing and transporting stolen property for acquiring documents a source stole.
- The Biden administration extracted a guilty plea from WikiLeaks founder Julian Assange under the Espionage Act for obtaining and publishing government documents from a source.
- It also prosecuted journalist Tim Burke under computer fraud and wiretapping laws for downloading publicly available materials on the internet. The case remains pending.
- The current interim U.S. attorney for the District of Columbia, Ed Martin, has suggested he believes naming federal employees or impeding government work to be illegal.
- President Donald Trump said in a nationally televised address that he thinks reporting he views as biased against him is against the law.
- Masked federal agents abducted a graduate student from Tufts University in Massachusetts, and the government revoked her student visa. Her friends think it’s because she cowrote a pro-Palestine op-ed.
If officials keep telling us they see journalism as criminal, journalists should believe them and exercise their rights accordingly. It’ll understandably leave a bad taste in journalists’ mouths to plead the Fifth, but doing so isn’t an admission that you’re guilty — only that the government might think so.
If nothing else, it’ll make quite a statement about the state of press freedom for journalists to have to plead the Fifth like criminals. And in light of the cases listed above, there are hardly any circumstances under which a journalist asked to testify about sources or newsgathering methods doesn’t have a legitimate concern about self-incrimination.
Published documents from the internet against someone’s wishes? Met a confidential source in the park after dark? Obtained names of government workers? Possessed and transported source documents? Your fear of being prosecuted may be every bit as legitimate as DeRogatis’, and arguably more so, since you can point to examples, not just hypotheticals.
If officials keep telling us they see journalism as criminal, journalists should believe them and exercise their rights accordingly.
This approach isn’t foolproof, particularly when journalists are subpoenaed by the government. Prosecutors can offer journalists immunity, mooting self-incrimination concerns. That’s what the Obama administration did when it wanted then-New York Times journalist James Risen to testify.
But prosecutors don’t always offer immunity, which may require approval from higher-ups and create administrative headaches. And in Trump’s made-for-TV administration, the optics of granting immunity to “enemies of the people” may be so unappealing that they’d rather forgo the testimony.
Plus, many subpoenas to journalists aren’t issued by the government. Some are issued by defense lawyers, others by private litigants in civil lawsuits. The government is unlikely to offer immunity under these circumstances. And agencies like U.S. Immigration and Customs Enforcement, known to issue its own administrative subpoenas to journalists, don’t have the authority to grant immunity on their own.
Even before the recent wave of anti-press criminal theories, journalists like the Detroit Free Press’ David Ashenfelter were able to successfully plead the Fifth in non-CSAM cases. He was subpoenaed in a federal Privacy Act lawsuit over his reporting on a terrorism investigation. After the court declined to apply the reporter’s privilege, he invoked his right against self-incrimination because he could, conceivably, be prosecuted for receiving confidential Justice Department materials.
And almost 20 years ago, Peter Scheer wrote that journalists should consider the Fifth in light of then-Attorney General Alberto Gonzales’ comments in an ABC News interview that journalists could be prosecuted for publishing government secrets.
That prospect is far more realistic now, after the Assange plea deal. We’re no longer talking about TV interviews, but an actual conviction.
I’m not your attorney. I’m not telling you what to do or how. Every case is different. But if you’re subpoenaed and a judge rejects the reporter’s privilege, consider asking your lawyer if the Fifth is an option.
It’s a shame that journalists need to even think about this kind of thing, but protecting sources is paramount, now more than ever.
Gazzetta del Cadavere reshared this.
Inside a Fake WiFi Repeater
Fake WiFi repeater with a cheap real one behind it. (Credit: Big Clive, YouTube)
Over the years we have seen a lot of fake electronics, ranging from fake power saving devices that you plug into an outlet, to fake car ECU optimizers that you stick into the OBD port. These are all similar in that they fake functionality while happily lighting up a LED or two to indicate that they’re doing ‘something’. Less expected here was that we’d be seeing fake WiFi repeaters, but recently [Big Clive] got his hands on one and undertook the arduous task of reverse-engineering it.
The simple cardboard box which it comes in claims that it’s a 2.4 GHz unit that operates at 300 Mbps, which would be quite expected for the price. [Clive] obtained a real working WiFi repeater previously that did boast similar specifications and did indeed work. The dead giveaway that it is a fake are the clearly fake antennae, along with the fact that once you plug it in, no new WiFi network pops up or anything else.
Inside the case – which looks very similar to the genuine repeater – there is just a small PCB attached to the USB connector. On the PCB are a 20 Ohm resistor and a blue LED, which means that the LED is being completely overdriven as well and is likely to die quite rapidly. Considering that a WiFi repeater is supposed to require a setup procedure, it’s possible that these fake repeaters target an audience which does not quite understand what these devices are supposed to do, but they can also catch more informed buyers unaware who thought they were buying some of the cheap real ones. Caveat emptor, indeed.
youtube.com/embed/BiZZP4YXw9U?…
Your Badminton Racket Needs Restringing? There’s a DIY Machine for That
We don’t often get our badminton rackets restrung, but if we did, [kuokuo702]’s PicoBETH project would be where we’d turn. This is a neat machine build for a very niche application, but it’s also a nicely elaborated project with motors, load cells, and even a sweet knobby-patterned faceplate that is certainly worth a look even if you’re not doing your own restringing.
We’ll admit that everything we know about restringing rackets we learned by watching [kuokuo]’s demo video, but the basic procedure goes like this: you zigzag the string through the holes in the racket, controlling the tension at each stage along the way. A professional racket frame and clamp hold the tension constant while you fiddle the string through the next hole, but getting the tension just right in the first place is the job of [kuokuo]’s machine. It does this with a load cell, stepper motor, and ball screw, all under microcontroller control. Pull the string through, let the machine tension it, clamp it down, and then move on to the next row.
Automating the tension head allows [kuokuo] to do some fancy tricks, like pre-stretching the strings and even logging the tension in the string at each step along the way. The firmware has an extensive self-calibration procedure, and in all seems to be very professional. But it’s not simply functional; it also has a fun LEGO-compatible collection of bumps integrated into the 3D-printed dust cover. That way, your minifigs can watch you at work? Why not!
Automating random chores is a great excuse to build fun little machines, and in that vein, we salute [kuokuo]’s endeavor. Once you start, you’ll find stepper motors sprouting all around like crocuses in a spring field. And speaking of spring, Easter is just around the corner. So if you don’t play badminton, maybe it’s time to build yourself an eggbot.
youtube.com/embed/3ESbAJstZl4?…
Scuola di Liberalismo 2025: Lucrezia Ercoli – Fuga dalla libertà
@Politica interna, europea e internazionale
Lucrezia Ercoli è docente di “Storia dello spettacolo” all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Dal 2011, ricopre il ruolo di direttrice artistica di “Popsophia”. Ha collaborato con il programma televisivo “Terza Pagina” su Rai5 e Rai3 ed è una presenza fissa nel programma “Touch.
Politica interna, europea e internazionale reshared this.
Autenticazione a due fattori: la sicurezza digitale è responsabilità condivisa
@Informatica (Italy e non Italy 😁)
Secondo un'indagine di Trend Micro, un miliardo di aziende nel mondo non la usa, anche se l'Europa è un'area virtuosa. Ecco quali rischi corre chi non adotta l'autenticazione a due fattori
L'articolo Autenticazione a due fattori: la sicurezza digitale è
Informatica (Italy e non Italy 😁) reshared this.
facendo immersioni sub ti rendi subito conto che il tuo assetto (tendenza a risalire o scendere, più o meno marcato) è pesantemente condizionato dai pomoni e da quanta aria usi per riempirli, mente respiri. non a caso prendere una bella boccata d'aria e cominciare la discesa è "contro-efficace". un sub svuota bene i polmoni mente si dà la spinta verso il basso, prima di cominciare a scendere, specie nei primi metri di discesa, quelli più difficili per definizione.
poi scopri che i primi rudimentali polmoni sono l'evoluzione sentite bene.... non delle branchie... ma della vescica natatoria. sapete a cosa serve la vescica natatoria vero? ignorerò chi non lo sa. quindi beh... alla fine tutto torna fin troppo magnificamente alla grande.
freezonemagazine.com/news/the-…
Membro fondatore degli Heartbreakers di Tom Petty, Stan Lynch, il batterista del gruppo, ha ora una nuova band, The Speaker Wars, composta da Stan Lynch – Batteria, Jon Christopher Davis – Voce, Jay Michael Smith – Chitarra, Brian Patterson – Basso, Steve Ritter – Percussioni e Jay Brown – Tastiera. Stan ha dichiarato: “Dopo 20
USA, #dazi senza freni
USA, dazi senza freni
Anche se scopi e obiettivi ufficiali dei nuovi dazi, annunciati questa settimana sulle auto di importazione, non corrispondono alle conseguenze che avranno realmente nel breve e medio periodo, il presidente americano Trump ha deciso di procedere con …www.altrenotizie.org
L’Italia è in grado di difendersi? Crosetto spiega perché serve agire presto
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha ribadito oggi in Parlamento che l’Italia non sta perseguendo una politica di riarmo, ma sta lavorando per costruire una difesa adeguata alle sfide globali. In un intervento alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e
Notizie dall'Italia e dal mondo reshared this.
Cyber Index PMI: solo il 15% delle aziende italiane raggiunge una strategia matura
@Informatica (Italy e non Italy 😁)
Poche, ancora, le aziende italiane con una strategia di cybersecurity matura: appena il 15%. È quanto si evince dal secondo rapporto Cyber Index PMI. Un'analisi completa rivela le debolezze delle piccole e medie imprese nella gestione dei rischi digitali, tra minacce crescenti
Informatica (Italy e non Italy 😁) reshared this.
Difendere la democrazia, ecco la sfida incompresa del Libro Bianco per la Difesa. L’analisi di Zecchini
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Come era prevedibile la presentazione del Libro Bianco sulla Difesa Europea, al pari del precedente ReArm Europe, ha rinfocolato in Italia polemiche, furore populista e divisioni su un tema vitale per il futuro della
Notizie dall'Italia e dal mondo reshared this.