Argentina: al primo turno il turboliberista Milei solo secondo
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di Redazione
Pagine Esteri, 23 ottobre 2023 – Per conoscere il nome del futuro presidente dell’Argentina bisognerà attendere il ballottaggio del 19 novembre. Ma contrariamente ai pronostici sarà il candidato del centrosinistra Sergio Massa l’uomo “da battere”. L’attuale ministro dell’Economia ha infatti ottenuto il 36,7 per cento dei voti, staccando di quasi sette punti percentuali l’economista di estrema destra e turbo liberista Javier Milei, che pure aveva vinto le cosiddette “primarie” di agosto.
Le forze che sostengono l’attuale governo riunite nella coalizione Unión por la Patria, a partire dai peronisti progressisti, tirano un sospiro di sollievo di fronte alla ventilata ipotesi di un boom dell’estrema destra già al primo turno. Massa, che alle primarie di agosto aveva ottenuto poco più di 5,2 milioni di voti, ieri ne la portati a casa oltre 9,6 milioni.
Ma la corsa verso il ballottaggio si presenta tutta in salita perché il leader della destra radicale potrebbe convincere la maggior parte dell’elettorato che ieri ha votato per la candidata arrivata in terza posizione con il 23,8% – la rappresentante della destra moderata Patricia Bullrich – a scegliere lui. La coalizione di sinistra si è invece fermata al 2,7%.
Se finora Milei ha indicato come suo nemico giurato la classe politica in quanto tale, all’insegna dello slogan “casta o libertà”, oggi punta a “mettere una volta per sempre fine al peronismo”, più precisamente al dominio della famiglia politica legata agli ex presidenti Nestor e Cristina Kirchner, obiettivo che potrebbe mobilitare una parte importante dell’elettorato di centrodestra.
L’Argentina vive la crisi economica più grave degli ultimi decenni ed è alle prese con un’inflazione giunta al 138%, che ha provocato un generalizzato aumento della povertà che interessa ormai il 40% della popolazione. Il risentimento popolare nei confronti del governo attuale è quindi molto diffuso e spesso sceglie i toni esasperati e “antisistema” del candidato dell’estrema destra, che promette di dollarizzare l’economia del paese, di abbassare le tasse e di dare una stretta all’immigrazione.
“Due terzi degli argentini hanno votato per il cambiamento, per un’alternativa a questo governo di delinquenti che vogliono ipotecare il nostro futuro”, ha detto Milei.
Occorrerà vedere se l’ex ministra della Sicurezza del governo dell’ex presidente Mauricio Macri darà una esplicita indicazione di voto per il “Bolsonaro argentino”. Comunque dopo il risultato del primo turno Bullrich ha immediatamente ricordato che non «sarà mai complice del populismo e delle mafie che hanno distrutto il Paese», il che lascia intendere una convergenza con “La Libertad Avanza” di Javier Milei.
Dall’abbraccio potrebbe però smarcarsi l’ala più moderata del centrodestra, quella rappresentata dall’Unione Civica Radicale, che fa riferimento al sindaco uscente di Buenos Aires, Horacio Larreta e che potrebbe preferire l’ipotesi di un «governo di unità nazionale dei migliori» citata da Massa.
Durante la campagna elettorale Milei e i suoi hanno esasperato i toni, suscitando allarme anche in alcuni ambienti non certo progressisti. L’ideologo di “La libertad avanza”, Alberto Bebegas Lynch, ha ad esempio alluso ad una possibile rottura dei rapporti con il Vaticano, ennesima presa di posizione contro un pontefice definito spesso “comunista”.
Invece Lilia Lemoine, accesa sostenitrice di Milei, ha rilanciato le posizioni anti abortiste del candidato alla presidenza con parole che hanno irritato molti elettori: se le madri possono “uccidere” i loro figli, i padri possono rinunciare alla paternità, ha detto.
Un’altra incognita è legata all’entità della partecipazione al secondo turno da parte di un elettorato sempre più scettico e disilluso. In Argentina il voto è obbligatorio e chi non ottempera rischia una multa, ma ieri alle urne sono andati solo il 74% degli aventi diritto, l’affluenza più bassa dalle presidenziali del 1983, quando si votò per la prima volta dopo la fine della dittatura militare fascista imposta nel 1976. – Pagine Esteri
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Via libera dal Consiglio dei Ministri al disegno di legge di promozione delle zone montane che disciplina, tra l'altro, una serie di agevolazioni per i docenti che prestano servizio presso le scuole di montagna.
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Le vittime civili non sono tutte uguali
Nella primavera del 1999, sotto il comando della Nato, ma senza il via libera dell’Onu, l’Italia mosse guerra alla Repubblica Federale Jugoslava di Serbia e Montenegro con l’obiettivo dichiarato di detronizzare il presidente Slobodan Milosevic. Capo del governo era il post comunista Massimo D’Alema, cui Francesco Cossiga non smise mai di ricordare che i bombardamenti italiani sulla città di Belgrado provocarono “535 morti civili tra vecchi, donne e bambini”. Non lo faceva solo per il gusto della provocazione, Cossiga. Lo faceva per ricondurre a verità l’ipocrisia di una guerra ribattezzata “operazione di difesa integrata”. Lo faceva per realismo, dunque. Per ricordare, cioè, che, al netto dei contorcimenti lessicali politicamente corretti, la guerra è uno strumento della politica e la politica ha a che fare con la vita e con la morte. Anche con la morte dei civili.
Morti civili, in guerra, ci sono sempre stati. L’apice fu raggiunto nel 1945 con la distruzione della città tedesca di Dresda per mezzo di bombe al fosforo (135mila vittime) e con le atomiche sganciate sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki (250mila vittime). Morti civili, in guerra, ci sono sempre stati, ma con il progresso della civiltà il loro numero è vertiginosamente aumentato: le democrazie faticano a giustificare la morte dei propri soldati mandati a combattere sul campo, preferendo di conseguenza fiaccare il nemico decimandone dall’alto il morale e la popolazione possibilmente grazie all’uso di droni, che consentono di non mettere a repentaglio neanche la vita di un pilota.
Danni collaterali, li chiamano spesso. E si tratta, chiaramente, di un’ipocrisia. Ipocrisia svelata, quando ci sono, dalle immagini video. La stessa ipocrisia che, come era solito denunciare ancora una volta Francesco Cossiga, ci induce da tempo a qualificare “operazioni di pace” quelle che a tutti gli effetti sono operazioni di guerra. Una questione di pudore, ma anche un grande equivoco: come se il fine della guerra fosse la guerra in sè piuttosto che la pace.
E allora, questo o quello per noi pari sono? I bambini israeliani sgozzati dai carnefici di Hamas sono pari ai bambini palestinesi morti sotto i bombardamenti israeliani? No, no davvero. E negarlo non è ipocrisia, è semplicemente realismo; quel realismo caro a Francesco Cossiga. È realismo dire che i bambini sgozzati da Hamas sono un orrore di cui nessun soldato israeliano sarebbe capace. È realismo dire che semmai fossero stati scoperti fatti analoghi a parti invertite questo avrebbe rappresentato un’onta irreparabile per lo Stato (democratico) di Israele. È realismo dire che uccidendo i civili israeliani Hamas non può illudersi di battere Israele, mentre uccidendo civili palestinesi Israele può illudersi di battere Hamas. È realismo dire che i morti civili fanno tutti orrore, ma i morti per mano israeliana fanno meno orrore degli altri perché, parafrasando la celebre battuta del presidente statunitense Roosevelt riferita al dittatore nicaraguense Somoza, “può essere che Israele sia un bastardo, ma è il nostro bastardo”. Affermazione brutale, così traducibile: può darsi che Israele stia abusando della forza, ma Israele è una democrazia filo occidentale che uccide i civili per difendersi, mentre Hamas è un’organizzazione terroristica che uccide i civili per distruggere Israele e insidiare l’Occidente. Perciò noi, piaccia o non piaccia, non possiamo far altro che stare con Israele. È una questione di realismo, direbbe Cossiga.
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Tunisia: ong rifiutano finanziamenti da “donatori filoisraeliani”
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di Redazione
Pagine Esteri, 23 ottobre 2023 – Alcune organizzazioni non governative della Tunisia hanno deciso di boicottare i propri finanziatori occidentali che si sono schierati con Israele. Ad esempio “I Watch”, una Ong tunisina che combatte la corruzione e si batte per la trasparenza nella pubblica amministrazione, ha deciso di rifiutare da ora in avanti fondi provenienti dagli Stati Uniti dopo che Washington ha annunciato l’invio di armi a Israele e ha posto il veto su una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che prevedeva una pausa umanitaria dei bombardamenti su Gaza per permettere l’invio massiccio di aiuti umanitari alla popolazione palestinese.
Altre importanti ong progressiste e di sinistra – ad esempio OSAE, FTDES e Cartographie Citoyenne – stanno invece boicottando la fondazione tedesca “Rosa Luxemburg” a causa di una “retorica sui due stati per due popoli” accusata di mettere sullo stesso piano le responsabilità israeliane e palestinesi e di non tener conto del fatto che l’occupazione e l’apartheid impediscono la nascita di uno stato palestinese. In generale molte ong tunisine denunciano “il doppio standard” dei Paesi occidentali in merito al conflitto in Medio Oriente.
Lo scorso 18 ottobre almeno ventimila persone hanno manifestato nel centro di Tunisi contro i bombardamenti israeliani su Gaza ed esprimere solidarietà al popolo palestinese. Grandi manifestazioni si sono svolte in contemporanea anche a Sfax, Gafsa e Medenine.
La presa di posizione delle ong tunisine contro alcuni dei loro finanziatori internazionali avviene in un contesto in cui il regime di Tunisi guidato dal presidente Saied prova a varare una stretta legislativa contro le organizzazioni non governative per sottoporle ad un crescente controllo. – Pagine Esteri
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La recente crescita ergonomica e funzionale di Pixelfed non ha eguali in nessun altra piattaforma dle fediverso. Ora è il momento del supporto WebP2P per i video!
Resilienza delle infrastrutture critiche, così la Nato si prepara alla sfida. Parla Peronaci
Lo sguardo della Nato di fronte alle sfide del futuro intende essere davvero a 360°, estendendosi non solo all’aspetto geografico, ma anche di altri ambiti strategici, a partire dalla protezione delle strutture alla base del benessere e della stabilità delle società, tra cui spiccano le infrastrutture strategiche. Sul tema, Airpress ha intervistato il rappresentante permanente d’Italia presso il Consiglio atlantico, Marco Peronaci.
Ambasciatore, spesso si sente parlare di “resilienza” dei sistemi, che devono essere in grado di assorbire gli shock senza venirne travolti. Come declina la Nato questo concetto?
Per comprendere la portata e la rilevanza della “resilienza” in ambito Nato è necessario innanzitutto fare chiarezza sul concetto stesso di resilienza: un termine che da oltre un decennio si è diffuso anche in Italia divenendo parte del linguaggio comune, ma il cui uso ha ampliato sia il ventaglio dei settori in cui la parola è utilizzata, dall’originario ambito tecnologico (la proprietà dei materiali di resistere agli urti senza spezzarsi) alla psicologia, ai settori sociale, economico e politico, sia le sfumature del significato stesso di resilienza, che talvolta ha perso concretezza.
Concretezza e operatività che, invece, sono centrali nel concetto di resilienza per la Nato e per gli Alleati. Radicata nell’articolo 3 del Trattato dell’Atlantico del Nord, ossia dall’istituzione dell’Alleanza Atlantica nel 1948, la resilienza assume una funzione essenziale per l’Alleanza, tanto in tempo di pace come in caso di crisi o di conflitto: ossia, la capacità dei singoli Alleati e collettiva di essere preparati e, ove necessario, resistere, rispondere e riprendersi rapidamente da gravi shock, siano essi causati da disastri naturali, interruzioni delle infrastrutture critiche o attacchi ibridi o armati.
In che modo, allora, agisce la Nato di fronte a queste minacce?
Rispetto a questa essenziale esigenza di protezione delle nostre società da eventi dirompenti, l’evoluzione del contesto di sicurezza, delle attività della Nato e il sempre maggiore controllo privato anziché governativo delle infrastrutture critiche hanno indotto l’Alleanza al progressivo consolidamento di una vera e propria dottrina della resilienza. I Vertici Nato di Varsavia nel 2016, Bruxelles nel 2021, Madrid del 2022 e infine Vilnius nel 2023 hanno sviluppato e rafforzato la resilienza quale fattore abilitante per l’efficace raggiungimento di ciascuna delle tre funzioni essenziali dell’Alleanza Atlantica: deterrenza e difesa, prevenzione e gestione dei conflitti, sicurezza cooperativa. E, di conseguenza, anche per l’efficacia della sua postura. Se volessimo semplificare, sarebbe possibile immaginare la resilienza quale la “prima linea” di deterrenza e difesa dell’intera Alleanza Atlantica.
Quali sono le principali minacce all’orizzonte?
La pandemia e le conseguenze globali dell’aggressione russa contro l’Ucraina in primis, le crisi energetica e di sicurezza alimentare, hanno reso evidenti e concreti nella percezione pubblica le vulnerabilità dei sistemi socioeconomici e, con esse, gli enormi rischi e costi causati da simili shock, che potrebbero accadere anche nel futuro, rendendo al contempo ancora più nitida la necessità di prevenzione e preparazione.
Qual è stata, allora, la risposta della Nato?
A fronte delle minacce e delle sfide globali la “Nato del futuro” descritta dal nuovo Concetto strategico del 2022 ha ampliato il campo dei settori le cui vulnerabilità possono avere effetti, diretti o indiretti, sulla sicurezza collettiva e da cui dipende l’efficacia dell’Alleanza. Ne sono esempi concreti le catene di approvvigionamento, le infrastrutture critiche, le materie rare, ma anche l’esposizione alla disinformazione e gli attacchi ibridi e cyber. Un allargamento concettuale e pratico che, è bene precisarlo, rimane comunque ancorato ai principi del Trattato di Washington che attribuiscono alla responsabilità nazionale la traduzione pratica della difesa rispetto alle nuove e vecchie minacce.
Cioè?
Per esempio, nel caso italiano così come della maggior parte degli Alleati, ricadono in numerosi ambiti nelle competenze dell’Unione europea, rendendo pertanto la cooperazione tra Nato e Ue una necessità strategica e, al contempo, un’opportunità per sinergie nell’indirizzo delle risorse finanziare comunitarie, ad esempio in ambiti quali mobilità, energia e infrastrutture.
Quali sono, in questo senso, le priorità d’azione dell’Alleanza?
Ricomprendendo l’intero spettro delle minacce, la Nato ha identificato per la resilienza la necessità di assicurare tre funzioni essenziali (continuità di governo; continuità dei servizi essenziali; sostegno civile al settore militare) suddivise in sette esigenze di base (continuità di governo e dei servizi pubblici critici; forniture energetiche; capacità di gestire efficacemente i movimenti incontrollati di persone; risorse alimentari e idriche; capacità di gestire gravi crisi sanitarie; sistemi di comunicazione civile; sistemi di trasporto civile).
Quando si parla di resilienza dei sistemi, un argomento centrale del tema è la protezione delle cosiddette infrastrutture critiche…
È un settore di crescente rilevanza, anche nel quadro della cooperazione con il settore privato e industriale. Trattandosi di strutture-chiave per la fornitura di servizi essenziali ai cittadini tanto quanto alle Forze armate: cavi sottomarini, oleodotti e gasdotti necessitano di particolare prevenzione e protezione. Secondo stime Nato, le infrastrutture sottomarine trasportano ogni giorno circa dieci trilioni di dollari in valore, inclusi i vitali approvvigionamenti energetici, mentre il 95% dei flussi globali di dati è trasmesso attraverso cavi sottomarini. Non a caso, a seguito del sabotaggio del gasdotto Nord Stream, la Nato ha creato una Cellula di coordinamento per le infrastrutture critiche sottomarine. E proprio in questi giorni è al centro dell’attenzione il Balticconnector, che collega Finlandia ed Estonia. È evidente che la geografia italiana, nel cuore del Mediterraneo, rende tale dimensione della resilienza cruciale per il nostro Paese.
Quali sono, in questo senso, le iniziative della Nato
Come detto, in ambito Nato, la resilienza ha una natura molto concreta. Prova ne è che, dopo aver concordato gli obiettivi collettivi al Vertice di Vilnius del luglio 2023 gli Alleati, Italia compresa, sono chiamati ad adottare i propri Obiettivi di resilienza e Piani di attuazione nazionale, dando ulteriore concretezza agli impegni assunti in ambito Nato. In definitiva, il concetto di resilienza per la Nato è strettamente connesso a quello di vulnerabilità, ma affrontare le proprie vulnerabilità significa anche cogliere l’opportunità di rafforzare le nostre società per affrontare più serenamente il futuro e le sfide, tanto più se possiamo farlo collettivamente nel quadro di riferimento securitario e valoriale euro-atlantico cui apparteniamo. Di resilienza discuteranno i Senior Policy Officer dei Paesi dell’Alleanza il prossimo 7 novembre.
E per quanto riguarda l’Italia?
Il nostro Paese è già al lavoro per fare la sua parte, in stretto raccordo con la Nato. A giorni si terrà a Roma una riunione bilaterale di alto livello con funzionari Nato proprio sulla resilienza. Occorrerà operare con oculatezza, in coerenza con il nostro profilo di rischio nazionale e dando conseguente priorità a settori maggiormente esposti ai rischi, inclusi i servizi critici, le catene di approvvigionamento sostenibili e diversificate, le infrastrutture critiche. Sarà inoltre fondamentale evitare nuove dipendenze, siano esse legate alla dimensione energetica o tecnologica ovvero alla disponibilità di materie rare.
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Ecco come Russia e Cina si preparano alle guerre del futuro. Report Isw
Nei loro progetti di revisione dell’ordine internazionale, tanto la Russi quanto la Cina assegnano un ruolo fondamentale all’utilizzo del proprio strumento militare, il cui impiego viene considerato come necessario per il raggiungimento dei propri obiettivi. Proprio per questo entrambi i Paesi portano avanti progetti di modernizzazione delle proprie forze armate con l’intento di farle trovare pronte alle sfide belliche del futuro. I diversi approcci seguiti in questo senso da Mosca e da Pechino sono stati oggetto di uno studio dell’Institute for the Study of War, che ha da poco pubblicato un report al riguardo.
L’esercito russo e quello cinese provengono da due storie differenti, hanno differenti punti di forza e di debolezza, così come differenti priorità. Entrambi però vedono nel raggiungimento della dominance all’interno del processo di decision-making la chiave dei conflitti futuri, dominance che può essere raggiunta attraverso una combinazione di potenziamento del proprio apparato decisionale e di deterioramento di quello avversario.
L’approccio russo di Mosca si incentra sul concetto di “superiorità gestionale”, caratterizzato da una maggiore velocità e da una maggiore qualità nel proprio processo decisionale, al fine di costringere l’avversario a compiere scelte come “reazioni” alle azioni delle proprie forze armate, limitandone quindi la libertà d’azione. Dal più alto livello di grand strategy al più immediato e semplice movimento tattico sul campo di battaglia. In contrapposizione con la dottrina occidentale: mentre gli Stati Uniti e la Nato in generale tendono a concepire separatamente le operazioni cinetiche e quelle di informative, in Russia le due dimensioni sono profondamente intrecciate (secondo i dettami dell’hybrid warfare).
Tuttavia, l’esperienza in Ucraina ha dimostrato come le carenze delle forze armate russe nelle dimensioni dell’addestramento, del personale e della leadership non permettano al Cremlino di raggiungere la strategic dominance desiderata. Mosca non è stata in grado di sfruttare la preziosa esperienza siriana (dove le sue truppe si sono cimentate in operazioni di combattimento reale) per avviare un processo di aggiustamento della propria struttura militare, facendo sì che permanessero al suo interno problematiche preesistenti capaci di inficiare futuri trasformazioni dello strumento militare russo.
Per Pechino, la situazione è diversa. Il percorso di modernizzazione militare cinese è di più largo respiro rispetto a quello russo, e si articola intorno a tre principali direttrici: ideologia, addestramento e nuove tecnologie. Puntando su queste tre dimensioni, l’Esercito popolare di liberazione intende raggiungere una superiorità “sistemica” rispetto all’avversario americano, ancora troppo ancorato alla logica dei domain. Grazie all’indottrinamento dei soldati garantito dalla presenza dei commissari politici e ai processi di informatization e di intelligentization (nel primo caso integrazione di sistemi informatici nelle strutture e nei sistemi d’arma, dell’Intelligenza artificiale nel secondo), entro il 2049 la leadership cinese mira a ottenere la parità, o addirittura la superiorità, rispetto all’avversario americano.
Al contrario della Russia, la Cina non si impegna in un’operazione militare dal 1979, e questa carenza di esperienza diretta pesa sull’apparato bellico di Pechino, poiché non permette di mettere alla prova in una situazione reale gli sviluppi teorici conseguiti. Per sopperire a questa carenza, l’Esercito popolare di liberazione ricorre in modo sempre più estensivo a simulazioni videoludiche, che però non possono assolutamente sostituire la complessità di un vero campo di battaglia.
Cosa devono dunque fare gli Stati Uniti per rimanere la potenza militare egemone? Secondo gli esperti dell’Isw, è fondamentale puntare sulle proprie peculiarità rispetto agli avversari. Peculiarità che spaziano dall’aspetto del personale (né la Russia né la Cina dispongono di una classe di non-commisioned officer, intercapedine fondamentale nel sistema di command and control) a quello economico (il relativo controllo sulla supply chain mondiale rispetto ai due Paesi avversari). Puntare su queste leve potrebbe rivelarsi la mossa giusta per mantenere la superiorità rispetto agli avversari nelle guerre die decenni a venire.
Crosetto in Libano, la presenza italiana è un fattore di pacificazione
Lavorare affinché il domani sia meglio dell’oggi, impegnandosi affinché il conflitto, che nessuno vuole, non si estenda ulteriormente. È questo il cuore del messaggio lanciato dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, nel corso della sua visita al contingente italiano in Libano, parte della missione Unifil delle Nazioni Unite. Attualmente, i militari italiani dell’operazione Leonte XXXIV, strutturati sulla base della brigata meccanizzata Granatieri di Sardegna, sono presenti nella base militare di Shama, nel sud del Libano, parte dello sforzo Onu per assicurare la stabilità del volatile confine con Israele. La complessità dello scenario è stata dimostrata dal missile, deviato, che ha colpito senza nessuna conseguenza il quartier generale della missione Unifil a Naqoura, undici chilometri più a sud rispetto alla base italiana.
Nessuno vuole un’escalation
Come ricordato dallo stesso ministro, la sua visita in Libano segue quelle in Arabia Saudita e in Qatar, oltre ai viaggi del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in Egitto e in Israele (dov’è stato anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani), “perché l’Italia sta cercando di giocare un ruolo per evitare un’escalation, per non tornare a una guerra tra Islam e Occidente, tra mondo arabo e occidentale. Non lo vogliamo noi, non lo vogliono i Paesi arabi, non lo vuole nessuno”. Per il ministro, infatti, lo scopo e il lavoro dell’impegno italiano nella regione è quello di “buttare acqua sul fuoco”, contrastando chi invece vorrebbe infiammare il Medio Oriente “cancellando dalle cartine geografiche Israele e la civiltà occidentale”. Il ministro, però, ha sottolineato come questo tentativo sia avversato tanto dai Paesi occidentali, quanto dagli stessi Paesi arabi. “È una situazione difficile, e tutti stiamo lavorando perché si trovi una soluzione, la meno pesante e più accettabile possibile, distinguendo il destino del popolo palestinese da quello dei terroristi di Hamas”. Su un punto, ha infatti precisato Crosetto, “ci troviamo tutti d’accordo, un conto e Hamas, che è un’organizzazione terroristica che come unico scopo la distruzione di Israele, un altro è il destino del popolo palestinese, che è tutt’altra cosa”.
Il ruolo di Unifil
Il conflitto a Israele, tuttavia, se da un lato ha costretto il contingente Unifil a misure di sicurezza più stringenti, non ha ridotto l’impegno e il lavoro dei Caschi blu presenti. Del resto, come annota lo stesso Crosetto “le scaramucce tra Hamas e Israele non sono mai terminate, in questo momento si sono intensificate e i nostri militari devono proteggersi. Tuttavia, il loro ruolo e semmai ancora più importante, dal momento che “fanno vedere che tutto il mondo crede nella Pace di questa parte di globo”. La missione Unifil, infatti “non è Nato, non è bilaterale, ma Onu. Ci sono 49 nazioni che hanno i loro militari qui e il cui scopo e preservare la pace” del Libano e tra il Paese e il suo vicino meridionale. Diventa, ha proseguito il ministro “ancora più fondamentale e importante preservare questa presenza”. In questo momento, però, è anche importante ricordare come i militari presenti sono lì in veste di “portatori di pace, sicurezza e dialogo” con “regole di ingaggio diverse rispetto a quelle dei contingenti in Afghanistan” e non sono “pronti per combattere, come successo per altre zone in altri tempi”.
L’importanza della presenza italiana
In tutto questo scenario, il nostro Paese può giocare un ruolo importante, grazie soprattutto al suo impegno per missioni come Unifil e alla sua costante presenza nella regione. Come sottolineato da Crosetto “l’Italia riesce ad avere un dialogo anche con alcune parti del mondo tra le più difficili” grazie al “rispetto di cui godono le istituzioni italiane, frutto non delle persone che le interpretano pro tempore, ma delle migliaia di soldati che con il loro atteggiamento e il loro modo di supportare le popolazioni hanno fatto guadagnare stima al loro Paese, oltre che a loro stessi”.
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
🔶Il MIM alla quarantesima assemblea ANCI a Genova. Dal 24 al 26 ottobre con uno spazio informativo e pubblicazioni aggiornate.
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“Tre colori sul cuore”, è il titolo dell’iniziativa di quest’anno.
LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 17. Si intensificano i bombardamenti sulla Striscia. Evacuate aree israeliane al confine con il Libano
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della redazione –
Pagine Esteri, 23 ottobre 2023. Secondo il Ministero della Sanità palestinese, i bombardamenti israeliani delle ultime 24 ore hanno ucciso più di 400 persone nella Striscia di Gaza. Durante la notte appena trascorsa gli attacchi aerei sono stati particolarmente numerosi, soprattutto sul campo profughi di Jabalia dove, secondo la protezione civile di Gaza, sono state uccise 30 persone. Jabalia è il più grande degli otto campi profughi della Striscia di Gaza. Il bilancio totale delle vittime nella Striscia è salito, secondo il Ministero della Salute, a 4.651.
Le autorità israeliane hanno comunicato di aver colpito, nelle ultime 24 ore, 320 obiettivi militari a Gaza, per eliminare le possibili minacce che i soldati potrebbero trovare durante l’invasione di terra, che si sta annunciando come imminente ormai da giorni.
La situazione degli ospedali è sempre più disperata. I medici di diverse strutture hanno fatto sapere di non avere i mezzi per affrontare l’enorme numero di feriti, tra i quali moltissimi bambini, che riportano ferite gravi e ustioni permanenti. Nel nord della Striscia l’ospedale indonesiano ha comunicato che non potranno più essere effettuati interventi chirurgici se non arriverà presto del carburante. Israele continua ad ordinare l’evacuazione delle strutture ospedaliere.
Nella notte l’esercito israeliano ha fatto irruzione nel campo profughi di Jalazone, vicino Ramallah, uccidendo due palestinesi. Le incursioni israeliane sono avvenute in diversi luoghi della Cisgiordania occupata, portando all’arresto di decine di palestinesi a Betlemme, Ramallah, Jenin, Nablus e in altre zone.
Secondo le autorità palestinesi dall’attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre, che ha causato la morte di più di 1.400 israeliani, sono stati arrestati in Cisgiordania circa 1.200 palestinesi.
È terminata ieri l’evacuazione di 14 aree israeliane vicine al confine con il Libano, dove continua lo scambio a fuoco tra esercito ed Hezbollah.
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In Cina e Asia – Avviate indagini sulla Foxconn: possibile impatto su Taiwan e Usa
-Cina, indagini sulla Foxconn: possibile impatto su Taiwan e Usa
-Collisioni tra navi filippine e cinesi nel Mar cinese meridionale
-Summit Usa-Ue, la Cina tra i temi più discussi del vertice
-Pechino studia le sanzioni Usa contro la Russia negli scenari sull'invasione di Taiwan
-Nato, la relazione Cina-Russia è un "rischio per la sicurezza dell'Artico"
-La Cina estende le restrizioni all'esportazione di grafite
-Sicurezza alimentare, la Cina apre alla coltivazione di nuove varietà OGM di mais e soia
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-Corea del Sud, a un anno dalla strage di Itaewon ancora dubbi sui festeggiamenti di Halloween 2023
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Alla moschea di Taipei, solidarietà con il popolo palestinese
L'iniziativa dal basso. Il governo di Taiwan schierato con decisione con Tel Aviv. Gli organizzatori: "Hamas non rappresenta tutti i musulmani, né tutti i palestinesi". Il racconto da Taipei
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Quanto impegno e quanto costo comporta un’istanza di Mastodon?
Riportiamo l’articolo di Markus Reuter, pubblicato il 15 ottobre 2023 su Netzpolitik Il Fediverso è un’alternativa aperta, gratuita e non commerciale alle piattaforme convenzionali. Ma i server devono essere pagati, i post moderati e la tecnologia deve essere mantenuta in funzione. Quanto costa effettivamente e quanto tempo dedicano gli operatori alle loro istanze Mastodon? Da quando Elon Musk ha...
Quanto impegno e quanto costo comporta un'istanza di Mastodon?
Qui l’articolo di Markus Reuter, pubblicato il 15 ottobre 2023 su Netzpolitik
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Budget della Difesa, cosa succede in Europa? L’analisi di Braghini
Con la pubblicazione da parte del Governo della relazione annuale al Parlamento, nel Documento programmatico pluriennale 2023 – 2025 viene fornita una dettagliata e aggiornata analisi circa dottrina e postura della Difesa nazionale e informazioni e previsioni sulle “risorse ricomprese nel ministero della Difesa e di quelle iscritte in altri dicasteri impiegate per lo sviluppo di programmi di interesse del ministero Difesa” in un arco sessennale. Il Dpp fa riferimento alla legge di bilancio 2023, in attesa delle decisioni del Parlamento e delle prossime leggi finanziarie circa l’approvazione degli stanziamenti previsionali.
Viene confermato l’impegno del Governo a promuovere e sostenere il settore della Difesa, inquadrato in una visione di lungo termine, e in linea con gli impegni assunti in sede Nato partecipando insieme con gli altri Paesi europei al trend di incremento degli investimenti per la difesa. Al riguardo, considerando in unico blocco i Paesi Ue, Regno Unito, Norvegia e Turchia, si evidenziano maggiori investimenti per gli equipaggiamenti di circa 28 miliardi di euro tra il 2022 e il 2023, raggiungendo il livello di cento miliardi.
Ragioni, necessità e accelerazioni comuni. L’impegno nazionale
Le nuove e crescenti tensioni che caratterizzano l’attuale quadro securitario hanno e stanno comportando l’esigenza da parte dei Paesi di adeguare le capacità di deterrenza per fronteggiare le minacce. La tendenza all’incremento degli investimenti per la difesa si era già avviata anche in Europa, dove il calo strutturale delle spese o sottocapitalizzazione in molti anni ha creato un divario capacitivo con le conseguenti debolezze e vulnerabilità nazionali. Ma l’accelerazione degli eventi conflittuali ad alta intensità e di tensioni geopolitiche con un cambio di paradigma per la sicurezza europea ha fatto emergere l’urgenza di colmare le carenze comuni, compensandole con nuovi investimenti. Oggi l’aumento in corso e prospettico degli investimenti per la difesa è consolidato e diffuso nella maggior parte dei Paesi Nato, più ampio negli Usa, in Cina e Russia.
Anche in Italia negli anni recenti si è registrata una più sentita consapevolezza sul ruolo e l’importanza della sicurezza, con l’assegnazione da parte del Parlamento di risorse per la difesa in progressivo incremento.
Il nuovo Documento di programmatico pluriennale evidenzia una progressione degli investimenti del ministero della Difesa e del ministero delle Imprese e Made in Italy, integrati dai fondi del ministero dell’Economia e finanze, che è stata avviata nel 2021.
Oggi gli investimenti si situano a un livello di tutto rispetto intorno a otto milioni, con previsioni incrementali che saranno oggetto di dibattito nelle prossime leggi di bilancio.
Si denotano altresì, rispetto al precedente Dpp 2022 – 2024, previsioni più consistenti per il prossimo triennio. Questo aspetto programmatico è rilevante in particolare oggi con l’avvio o prossimo avvio di importanti collaborazioni europee e internazionali che caratterizzeranno la domanda e l’offerta del comparto difesa nei prossimi decenni. L’Italia potrà così essere in grado di tutelare e rafforzare i propri presidi tecnologici, e svolgere un ruolo e rango credibili come partner sostenuto dal Governo e da risorse finanziarie adeguate, certe e stabili nel lungo periodo.
Merita anche notare il riferimento circa gli aspetti tecnico-finanziari in relazione all’andamento delle disponibilità finanziarie. Negli ultimi anni l’andamento ha registrato variazioni in parte dovute a rifinanziamenti, effetti delle precedenti leggi di bilancio, adeguamenti contabili e riprogrammazioni, che mostrano la complessità dell’attuale quadro normativo aggiornato con nuove misure nel corso degli anni.
Per l’esercizio, c’è una certa progressione partendo da un livello inferiore rispetto alla media Nato, rimanendo peraltro insufficiente per sopperire alle necessità operative.
Un quadro incerto per tutti
Tuttavia, le previsioni dei Paesi europei, inclusa l’Italia, non potevano considerare il succedersi di emergenze e di fattori critici emersi, quali gli effetti dell’impennata dell’inflazione e l’urgenza di accelerare le acquisizioni di equipaggiamenti per adeguare le capacità di deterrenza e mantenere sufficienti riserve. A complicare l’equazione e l’incertezza, che peraltro sono comuni nella Ue, si aggiungono la necessità di trovare un equilibro tra sostenibilità delle risorse pubbliche, vincoli di bilancio europei, le emergenze nell’energia, transizione ecologica, sicurezza degli approvvigionamenti, immigrazione, competizione economica e tecnologica tra Usa, Cina e Ue.
È quindi necessario che la politica nazionale di sicurezza e difesa sia confermata tra le priorità del Governo e del Parlamento, possa usufruire di risorse adeguate in termini reali proseguendo la tendenza incrementale già avviata, consenta di partecipare alla crescita delle spese difesa verso l’obiettivo Nato del 2% del Pil.
Le spese in altri Paesi europei
Oggi l’impegno confermato dal Governo per gli investimenti nella difesa ha consentito di raggiungere una dimensione di tutto rispetto, mentre in alcuni Paesi della Nato ambizioni, minacce, capacità finanziarie e fiscali sono su livelli più elevati, anche per la vicinanza con il confine orientale della Nato e la percezione della minaccia russa. Alcuni esempi in Europa possono dare l’idea dell’impegno all’aumento delle capacità di difesa, dove le esigenze capacitive e tecnologiche sono comparabili e condivise tra i Paesi Nato.
Le spese di Londra, fuori dai vincoli Ue
Nel Regno Unito, potenza nucleare svincolata dai legami europei, la spesa per la difesa si caratterizza per un andamento non costante con variazioni annue, cambiamenti di programmi, fondi supplementari, discesa percentuale del Pil, che rimane in ogni caso superiore alla media. Per il 2022-2023 il MoD Annual report and accounts di marzo 2023 riporta nel corrente anno un budget difesa di 52,8 miliardi di sterline in crescita annua nominale di sei miliardi. Gli investimenti ammontano a 18,3 miliardi, ripartiti 8,5 per procurement, 7,7 supporto e 2,2 in ricerca e sviluppo. È il risultato della Spending review 2020 che ha stanziato 16,5 miliardi addizionali nel periodo 2020-2024. Più recentemente il Primo ministro ha annunciato un aggiornamento dell’Integrated review del 2021 prevedendo un “ramp up a fronte delle sfide in un mondo crescentemente volatile e complicato”. Con il 2023 l’Integrated review refresh e lo Spring budget hanno confermato cinque miliardi addizionali per il prossimo biennio, e ulteriori due all’anno nel quinquennio, per un totale di undici miliardi.
Le ambizioni di Parigi
La Francia, potenza nucleare con velleità di leadership europea, è dotata del più ampio e strutturato dispositivo finanziario e industriale per la difesa nel Vecchio continente. Le disponibilità delle Leggi pluriennali militari (Lpm) sono fortemente incrementate, passando da 295 a 413 miliardi di euro nel quinquennio 2024-2030, giustificate dalla “diversificazione dei rischi e delle minacce in un’era di rinnovata competizione tra potenze”. Significativo è l’impegno per gli investimenti nucleari e convenzionali (da 172 a 268 miliardi), che nel 2023 si situa tra 23 e 27 miliardi. Molto elevata la spesa in ricerca e sviluppo con sei miliardi di cui uno per l’innovazione. Il Governo, nel cui ambito il Presidente ha poteri decisionali di ultima istanza, ha sempre rispettato la traiettoria di aumento della spesa per la difesa. Oggi il rischio di una procedura di infrazione per deficit eccessivo non intacca la decisa volontà del Governo a sostenere la difesa. Vale sempre il richiamo a De Gaulle “la défense est la première raison d’être de l’Etat”. La priorità data alla Difesa, quale strumento di una dinamica politica estera perseguita da tutti i Governi, è figlia di una cultura e di un pensiero strategico e sofisticato che è unico in Europa.
Il cambio di rotta di Berlino
In Germania, dopo anni di disinvestimenti nella difesa dove la stessa è sottorappresentata rispetto alla forza economica del Paese, con conseguenti criticità e inefficienze nel dispositivo di difesa nazionale, a sorpresa Scholz nel febbraio 2022, tre giorni dopo l’invasione dell’Ucraina, ha annunciato un cambio radicale di passo per la postura e il modello economico del Paese, la Zeitenwelde. L’approccio di “sicurezza integrata” include una riforma complessiva dell’economia tra Ucraina, diversificazione energetica, stop al gas russo, dove la difesa ha il profilo maggiore. È previsto un Sondervermogen, un fondo speciale debito fino a cento miliardi per nuovi equipaggiamenti della Bundeswehr. Si passa dall’inerzia alla trasformazione, che non appare ancora come il frutto di una cultura strategica bensì di una riflessione su come utilizzare i fondi disponibili. Il Fondo contribuisce al bilancio difesa con 8,5 miliardi (2023), 19,2 con una forte crescita di sistemi non europei (2024) e terminerà nel 2026, conseguendo il target del 2% del Pil; nel 2027, anno elettorale, si porrà la questione del suo mantenimento. Nel complesso, il budget difesa sale da 28 miliardi nel 2023 a 71 nel 2024; il procurement 2022-2024 rispettivamente 9,8 – 16 – 22 miliardi, il supporto 4,6 – 4,9 – 6,4 miliardi. E il Paese è in recessione.
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Reblog via Pirati.io Il tweet pubblicato poco fa dal dipartimento diritti umani delle Nazioni Unite è la migliore risposta alle chiacchiere di Ylva Johansson @Privacy Pride «Strumenti e servizi crittografati end-to-end proteggono tutti noi dalla criminalità, dalla sorveglianza e da altre minacce. I governi dovrebbero promuoverne l’uso anziché imporre la scansione lato client e altre misure che...
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Voto sul chatcontrol rinviato: enorme successo in difesa della privacy digitale della corrispondenza!
La votazione per il regolamento #CSAR aka #Chatcontrol è stata ancora una volta posticipata. Gli stati🇪🇺 non hanno trovato un accordo che consenta di avere la maggioranza. 🇮🇹 non pervenuta nel dibattito.
(grazie a @Pietro Biase :fedora: per la segnalazione)
pirati.io/2023/10/voto-sul-con…
Voto sul controllo della chat rinviato: enorme successo in difesa della privacy digitale della corrispondenza!
La votazione per il regolamento #CSAR aka #Chatcontrol è stata ancora una volta posticipata. Gli stati🇪🇺 non hanno trovato un accordo che consenta di avere la maggioranza.Pirati.io
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Ministero dell'Istruzione
#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta di una scuola moderna, inclusiva, senza barriere architettoniche, attenta ai diversi stili di apprendimento e con laboratori tematici: sarà così l’Istituto comprensivo di Sant’Elpidio a Mare, in provincia d…Telegram
Prorogato il termine del concorso "Programma #iosonoAmbiente". Il termine per la presentazione delle candidature è stato spostato alle ore 12 del 31 ottobre 2023 secondo le modalità indicate nel decreto di proroga.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola Prorogato il termine del concorso "Programma #iosonoAmbiente". Il termine per la presentazione delle candidature è stato spostato alle ore 12 del 31 ottobre 2023 secondo le modalità indicate nel decreto di proroga.Telegram
FPF Submits Comments to the FEC on the Use of Artificial Intelligence in Campaign Ads
On October 16, 2023, the Future of Privacy Forum submitted comments to the Federal Election Commission (FEC) on the use of artificial intelligence in campaign ads. The FEC is seeking comments in response to a petition that asked the Agency to initiate a rulemaking to clarify that its regulation on “fraudulent misrepresentation” applies to deliberately deceptive AI-generated campaign ads.
FPF’s comments follow an op-ed FPF’s Vice President of U.S. Policy Amie Stepanovich and AI Policy Counsel Amber Ezzell published in The Hill on how generative AI can be used to manipulate voters and election outcomes, and the benefits to voters and candidates when generative AI tools are deployed ethically and responsibly.
Firenze: Donata Bianchi e gli indigeni bianchi
Il 18 ottobre 2023 a Firenze si ciarla gazzettescamente di insurrezione in consiglio comunale da parte delle formazioni politiche "occidentaliste".
Ovviamente non insorge nessuno.
Si frigna, al limite.
Si inveisce.
Qualche volta, nei casi proprio gravi, si sbraita.
Il frignare, le invettive, lo sbraitare hanno a motivo qualche frase pronunciata da tale #DonataBianchi, eletta per il PD - #PartitoDemocratico.
Per il PD, non per l'Avanguardia Armata per la Distruzione dei Valori Occidentali.
Insomma, Donata Bianchi si è detta convinta che stanti i mutamenti demografici e la crescente presenza di individui nati fuori dallo stato che occupa la penisola italiana, sarebbe il caso di provvedere a un'estensione del #suffragio.
Apriti cielo.
Chi scrive ha una esperienza più che decennale come scrutatore, e può tranquillamente affermare che anche nelle condizioni attuali dall'affluenza mancano intere classi che non hanno motivo di interessarsi a un'offerta politica modellata su una torma di vecchi ringhiosi con la TV sempre accesa, le doppiette nella vetrinetta in soggiorno, un #cane mordace nella resede del terratetto condonato e il cartello "Attenti al cane e al padrone" che poi finisce in televisione anche quello la volta che finalmente si decidono ad ammazzare la moglie dopo aver infingardamente temporeggiato per decenni.
In queste condizioni non è certo da meravigliarsi se l'accenno a un allargamento del suffragio da parte di Donata Bianchi ha causato le ire di formazioni politiche che devono il loro successo esclusivamente al mantenimento di una pluridecennale cappa di emergenza e di allarme nutrita ogni giorno dall'intero settore gazzettiero.
Corso Open education su #scuolafutura
Quest'edizione è in versione concentrata - 3 lezioni da 3 ore - iscrizioni da oggi su #scuolafutura - a distanza e aperto all'intero territorio nazionale.
Iniziamo il 7 novembre alle 16
Grazie per chi mi aiuterà a raggiungere insegnanti potenzialmente interessati, condividendo questo post! #openeducation scuolafutura.pubblica.istruzio… @Scuola - Gruppo Forum @maupao @nilocram
Strumenti open per un mondo più equo - Scuola futura - PNRR
Questo percorso formativo è incentrato sul concetto di "open/aperto" nell'educazione, considerando le diverse declinazioni di contenuti e applicazioni aperte e l'adozione di metodologie didattiche, dati e scienza aperti.scuolafutura.pubblica.istruzione.it
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Firenze; immigrati islamici uccidono!
#Firenze.
La notte del 17 ottobre 2023 tre giovani -dicono- provenienti dalla #Tunisia hanno messo chissà come in moto una #BMW in via #Alfani e sono fuggiti finendo per uccidere un signore che le gazzette dei giorni successivi dipingeranno come benvoluto da tutti e appassionato di filosofia e letteratura.
La foto in alto è quella di una moto BMW del 2004, lo stesso anno di immatricolazione di quella rubata dai tre ragazzi.
Allora.
Chi si impossessa di un mezzo del genere e lo usa per percorrere a forte velocità e in senso contrario a quello stabilito dalla segnaletica una strada cittadina costituisce un perfetto esempio di completa adesione ai valori occidentali dominanti.
Chi sporca il web e le gazzette ciarlando di #risorse, #Islam e #immigrazione -immigrazione che tra l'altro viene presentata da più di trent'anni come un'emergenza invece che come un dato strutturale- lo fa per incompetenza, dimostrando tante volte ce ne fosse bisogno quale spreco di denaro rappresenti costringere tante migliaia di buoni a nulla a frequentare per dieci anni consecutivi le lezioni della scuola obbligatoria, o lo fa per propaganda, dimostrando in questo caso di essere mosso da malafede.
Nel primo caso siamo davanti a un diritto senza dubbio discutibile, ma esercitato a titolo gratuito.
Nel secondo caso siamo davanti a un "lavoro" del tipo retribuito qualche decina di euro a pezzo, che serve a riempire il bianco che c'è nelle gazzette fra una pubblicità e l'altra.
Weekly Chronicles #50
George Orwell era un sadico, misogino e omofobo
Anna Funder, la biografa di Eileen O’Shaugnessy, moglie di Orwell, ci racconta che Orwell era un uomo complicato.
Anna ha presentato il suo libro, “Mrs Orwell’s Invisible life” al Cheltenham Literature Festival, raccontando che Orwell:
“Voleva disperatamente essere un uomo decente, ed è un qualcosa di onorabile e nobile. Ma scrivere un libro come 1984, che è violento, misogino, sadico, tetro e psicotico, mostra invece tutti difetti dell’autore […] Serve un uomo violento, misogino, sadico e omofobo per scrivere queste cose. […] Una persona perbene e decente, non avrebbe mai avuto questi pensieri.1”
Insomma, se oggi pensate di vivere in un remake di 1984, siete probabilmente anche voi tutte queste cose. Comunque Orwell aveva indubbiamente anche dei difetti e ringraziamo Anna per questa entusiasmante recensione.
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Profilazione e disinformazione dalla Commissione Europea
In questo periodo è entrato in vigore il Digital Services Act, che tra le altre grottesche misure, impone più trasparenza ai social network per i contenuti sponsorizzati (advertisement). Ne ho parlato molto anche io, con ben due articoli dedicati al tema:
Allo stesso tempo, è in corso di discussione il famigerato Regolamento “Chatcontrol”, legge di sorveglianza di massa spacciata come misura contro la pedofilia. Anche di questo ne ho parlato a dismisura:
Ebbene, un ricercatore di Politico, Danny Mekić, ha recentemente pubblicato un’inchiesta2 in cui mostra che la Commissione Europea ha commissionato una serie di contenuti sponsorizzati profilati destinati ai cittadini dei Paesi che sono contrari al Chatcontrol: Paesi Bassi, Svezia, Belgio, Finalandia, Slovenia, Portogallo e Repubblica Ceca.
I contenuti sono tutti uguali, diversi solo nella lingua. Qui ne potete trovare un esempio.
Come se non bastasse la profilazione politica di massa, pare che la Commissione abbia deciso di non visualizzare il contenuto agli utenti che secondo gli algoritmi di X sono appassionati di privacy, euroscettici e perfino cristiani — cioè coloro che in qualche modo avrebbero potuto criticarlo.
Una tale profilazione di massa è niente più che un tentativo privare le persone della loro libertà di autodeterminazione e quindi sovvertire l’ordine democratico, attraverso un’opera di persuasione di massa che colpisce milioni di persone suscettibili a cui mancano gli strumenti per giudicare in modo critico ciò che arriva dalle istituzioni europee.
I Commissari europei come Thierry Breton (DSA) e Ylva Johansson (Chatcontrol) si riempiono la bocca di parole come lotta alla disinformazione, trasparenza, rispetto della democrazia e della libertà… per poi fare l’esatto contrario.
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La California raddoppia sulla protezione dei dati, ma non servirà a nulla
Lo stato della Big Tech raddoppia la portata della sua legge sulla protezione dei dati, molto simile al nostro GDPR. Dal 2026 i cittadini potranno fare una richiesta generale di cancellazione dei loro dati che varrà per tutti i data broker sul mercato, piuttosto che rivolgersi singolarmente a ognuno di loro.
A creare la struttura necessaria per sviluppare un meccanismo del genere ci penserà la California Privacy Protection Agency (una sorta di Garante Privacy). Non è chiaro come, ma potrebbe somigliare a qualcosa di molto simile al nostro Registro delle Opposizioni.
E proprio come il nostro Registro, temo che le belle parole non salveranno — come al solito — i progressisti woke benpensanti.
Forse, piuttosto che immaginare un pulsantone “DELETE ALL”, dovrebbero invece rimuovere barriere all’ingresso del mercato, aprire la competizione anche nel mercato dei dati, e così facendo agevolare indirettamente sistemi più rispettosi della privacy delle persone by design.
Meme della settimana
Citazione della settimana
"All propaganda has to be popular and has to accommodate itself to the comprehension of the least intelligent of those whom it seeks to reach."
Famoso pittore austriaco
dannymekic.com/202310/undermin…
Good morning everyone!
I installed the latest version of the activitypub plugin for wordpress and I noticed a clear improvement compared to the versions from a few months ago.
Among other things (I don't know if it is an improvement of Wordpress or Friendica), a Friendica account can finally follow a Wordpress blog through activitypub, whereas until some time ago it was unable to force the follow, but could only follow its feed RSS.
That said, with wordpress, I can also follow some profiles, but unfortunately there is a problem with Friendica. In fact, although I can follow profiles of Mastodon, Lemmy, Misskey and Pleroma, I cannot follow the Friendica profile.
When I try to connect, I get the following error:
stream_socket_client(): Unable to connect to ssl://poliverso.org:443 (Connection timed out) (https://poliverso.org/profile/informapirata)
Could any of you help me understand if I'm doing something wrong?
PS: I didn't ask ActivityPub support for Wordpress, since the error seems to only affect Friendica
Friendica Support reshared this.
> I think there may be something wrong with your web server config.
Thanks so much for the suggestion. I'll try to do some checking!
> Also, as far as I understand it, the Wordpress plugin you link allows Friendica (and Mastodon etc) users to follow your Wordpress profile, but not the reverse. There are other Wordpress plugins that allow that, perhaps you have one of those enabled too?
Yes, the plugin in question is "Friends" developed by Alex Kirk, but recommended by Automattic itself and Pfefferle. This plugin allows you to "follow" users of the fediverse to allow in a granular way some access rights and visibility to the flow generated by Wordpress
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Journa.host e la proprietà dei server Mastodon. Una storia sulla fragilità emotiva e professionale dei giornalisti
@Giornalismo e disordine informativo
Riportiamo le riflessioni di Laurens Hof, autore della newsletter fediversereport
Il server Journa.host , un server Mastodon dedicato ai giornalisti, ha trasferito la proprietà. Con ciò arrivano domande riguardanti le aspettative tra i proprietari/operatori del server e le persone che utilizzano il server. Il server Journa.host è iniziato come un progetto incentrato sulla comunità, con il finanziamento iniziale del Tow-Knight Center for Entrepreneurial Journalism presso la Craig Newmark Graduate School of Journalism della CUNY. Recentemente la proprietà del server è stata trasferita alla Fourth Estate Public Benefit Corporation. Questa organizzazione gestisce anche il server Mastodon newsie.social e, fino a poco tempo fa, anche il progetto verifyjournalist.org (la cui proprietà è stata recentemente trasferita a The Doodle Project).
Questo trasferimento di proprietà del server ha innescato una discussione da parte del giornalista etiope Zecharias Zelalem, che si è allontanato dal server journa.host a seguito di questo trasferimento di proprietà. Nei suoi post sottolinea i rischi reali che derivano dall'essere un giornalista, soprattutto nel suo contesto. Il trasferimento dei dati personali dei giornalisti e il controllo della loro presenza sui social media alla nuova proprietà senza alcun preavviso e spiegazione solleva interrogativi sulle considerazioni dei precedenti proprietari su questo trasferimento. Uno dei punti sollevati è che ci sono poche informazioni disponibili sull'identità del nuovo proprietario, Jeff Brown. È comprensibile che i giornalisti si sentano a disagio quando non è chiaro chi sia responsabile di una parte importante della loro presenza digitale. Allo stesso tempo, la maggior parte dei server non è finanziariamente sostenibile e non si può presumere che anche i server che ricevono finanziamenti da luoghi affidabili rimangano operativi per sempre quando i fondi si esauriscono. Nel frattempo, sotto la nuova proprietà, journal.host consentirà nuovamente la registrazione di nuove applicazioni per il server journal.host.
Dan Hon ha scritto un articolo interessante sulla situazione, tracciando parallelismi con il nuovo libro di Cory Doctorow "The Internet Con", che vale la pena leggere. Sta anche ospitando un incontro digitale per piccoli gruppi "Giornalismo, notizie e social network federati", organizzato anche in risposta a questa conversazione. Qui puoi trovare ulteriori informazioni su questo incontro "Hallway Track".
Le nostre considerazioni sulla vicenda
Quando abbiamo creato l'istanza mastodon poliversity.it, dedicata agli accademici e ai giornalisti, ci siamo resi conto che mentre gli accademici hanno iniziato a frequentarla, i giornalisti l'hanno praticamente disertata, preferendo stare dentro istanze generaliste come mastodon.uno o la gigantesca mastodon.social Ma altri hanno preferito iscriversi nelle due istanze tematiche anglofone più grandi dedicate al giornalismo, newsie.social e journa.host.
Il motivo dichiarato è che i giornalisti preferivano stare nei luoghi più comodi, più frequentati o più esclusivi. Insomma, preferivano Un posto al sole...
Ma questa individuazione dell'istanza del fediverso più affollata nasconde la pigrizia tipica della maggior parte dei giornalisti oltre alla impellente necessità di mettersi in mostra. Quando abbiamo creato la nostra istanza dedicata al giornalismo, abbiamo sempre affermato che si doveva trattare di una soluzione temporanea, in attesa di fare in modo che i giornalisti stessi creassero delle proprie istanze, legate alla piattaforma editoriale per cui già lavoravano o ai consorzi di cui fanno parte alcuni dei migliori giornalisti italiani ed esteri.
Invece questi progetti non sono ancora nati. In questo senso, troviamo che le lamentazioni di Zecharias Zelalem siano stucchevoli: non riguardano l'orgoglio del giornalismo, ma la semplice lamentela del giornalista che si vede cambiare padrone, che si vede cambiare il soggetto ospitante
Anche l'accusa nei confronti di Jeff Brown ossia quella di non essere un giornalista, è una cosa volgare che manca totalmente l'obiettivo: Il fatto è che Jeff Brown non deve essere un giornalista ma al massimo deve essere un bravo "editore"!
Il punto però è che il fediverso consente a ciascun giornalista o a ciascun gruppo di giornalisti di essere editore di se stesso. L'incapacità di comprendere la realtà da parte proprio di quei soggetti che dovrebbero raccontarle, è al nostro avviso l'aspetto più problematico e in un certo senso oscena di tutta questa vicenda.
Dài @GustavinoBevilacqua conosci troppo bene il fediverso per capire che non è questo il punto! Se hai bisogno di sicurezza, non devi cercare la "fiducia" di nessuno, ma devi solo avere il "controllo"!
Se vuoi usare l'istanza di un altro, il minimo che devi (Minimo che DEVI) fare è iscriverti con protonmail e collegarti con TOR project.
L'ottimale è crearti una tua istanza e comunicare solo con sistemi crittati (matrix, signal, session, etc)
@GustavinoBevilacqua aggiungo infine che nessuno deve
> dimostrare che Jeff Brown non è uno delle tante Wanna Marchi della rete, che cerca solo polli da mungere… sarà una buona notizia.
Questo è indifferente, così come lo è il fatto che sia o non sia un giornalista (per me è un "editore di fatto" e si posiziona nell'intervallo tra Wikileaks ed Elon Musk!): quello che conta è chi sei tu, utente che ti iscrivi là dentro...
Signor Amministratore ⁂
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Signor Amministratore ⁂
in reply to Fmal @privato • •Fulvio Malfatto
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