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Hacker cinesi all’attacco dei provider internet USA: il nuovo fronte dello spionaggio cyber


@Informatica (Italy e non Italy 😁)
Provider internet statunitensi sono stati vittime di hacker cinesi, che vi si sono infiltrati in una campagna di cyber spionaggio allo scopo di prelevare dati sensibili. È solo l’ultimo tentativo da parte dello Stato



Sicurezza dei pagamenti, la capacità di protezione cresce meno degli investimenti: i dati


@Informatica (Italy e non Italy 😁)
Dal Payment Security Report di Verizon emerge il ruolo crescente della normativa in materia di sicurezza dei pagamenti. Ma non tutte le spese in sicurezza e conformità si traducono in un aumento proporzionale delle capacità di protezione, ecco perché
L'articolo Sicurezza dei



AI e Deepfake, nuove frontiere del phishing: come difendersi


L'aumento esponenziale degli attacchi di phishing sfrutta l'intelligenza artificiale, mettendo a dura prova le difese aziendali e richiedendo un approccio proattivo alla sicurezza informatica

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Cavi sottomarini: così Europa e USA garantiranno una maggiore sicurezza del traffico dati


Approvata dall’Unione Europa una dichiarazione congiunta proposta dagli Stati Uniti a tutela dei cavi internet sottomarini. L’obiettivo è lavorare insieme per garantire una sempre maggiore sicurezza e affidabilità dell’infrastruttura e del traffico dati che trasporta

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Dalla CGUE: commercio online sì, ma nel rispetto del GDPR altrimenti è concorrenza sleale


La Corte di Giustizia UE ha stabilito che nel commercio online, in quel caso di farmaci non da banco, occorre il consenso esplicito del cliente al trattamento dei suoi dati personali. In assenza, è pratica commerciale sleale. Quindi, chi viola il GDPR sarà fuori dal mercato

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Carta del Docente, da lunedì #14ottobre alle ore 14 sarà possibile accedere nuovamente ai borsellini elettronici e alla generazione dei voucher.

Qui tutti i dettagli ▶ miur.gov.




Auto elettriche, Ursula von der Leyen impone la linea anti-Cina


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Dazi d'importazione nell'Ue aumentati fino al 45 per cento: Germania sconfitta, Bruxelles e Pechino verso la guerra commerciale?
L'articolo Auto elettriche, Ursula von der Leyen imponehttps://pagineesteri.it/2024/10/08/asia/auto-elettriche-ursula-von-der-leyen-impone-la-linea-anti-cina/



✌Libertà per Öcalan, una soluzione politica per la questione curda

📍Ore 17:30 al CSOA La strada, Roma

Incontro pubblico con Omer #Ocalan, nipote del presidente Abdullah #Öcalan e attualmente deputato alla Grande assemblea nazionale di #Turchia per il partito DEM.

Parteciperanno:
Amedeo Ciaccheri - presidente Municipio Roma VIII
Francesca Ghirra - Deputata AVS
Alessandro Rapezzi - Segreteria Nazionale FLC CGIL
Giovanni Russo Spena - Comitato "Il Tempo è Arrivato -Libertà per Ocalan"
Michela Cicculli - Consigliera Comunale
Arturo Salerni - Avvocato
Modera: Alessio Arconzo - Attivista

In occasione del 26° anniversario del complotto internazionale che ha portato al rapimento di Abdullah Ocalan, si terrà un incontro pubblico con Ömer Öcalan, nipote del presidente Abdullah Öcalan e attualmente deputato alla Grande assemblea nazionale di Turchia per il partito DEM.

L'iniziativa servirà per rilanciare la campagna internazionale “Libertà per Öcalan, una soluzione politica per la questione curda”, lanciata lo scorso 10 ottobre 2023 a Strasburgo. La campagna è a finalizzata a porre fine all'isolamento del presidente Abdullah Öcalan, consentendo ai suoi avvocati e alla sua famiglia di fargli visita e, infine, di garantirgli la libertà, con l’obiettivo ultimo di rendere possibile una soluzione politica giusta e democratica alla questione curda in Turchia.

In questo ultimo anno la campagna ha organizzato su scala globale decine di migliaia di iniziative, mentre migliaia di persone di persone in tutto il mondo spedivano cartoline all'isola di Imrali, in un tentativo simbolico di rompere il suo isolamento disumano. Recentemente è stato sottoscritto un appello da 69 premi Nobel che chiedono il rilascio di Abdullah Öcalan e una soluzione politica alla questione curda. All’interno di questo quadro crescente di iniziative la campagna è risuscita ad essere ricevuta dal Comitato per la prevenzione della tortura (CPT).

retekurdistan.it/2024/10/04/li…



IA, quantum, cloud. Cingolani, Frattasi e Mantovano aprono Cybertech 2024

@Notizie dall'Italia e dal mondo

[quote]Roma è diventata la capitale della cyber-sicurezza per la due giorni di Cybertech, il più grande evento dedicato al settore digitale, organizzato in collaborazione con Leonardo. A La Nuvola, esperti, aziende, start up provenienti da tutto il mondo avranno modo di



Missione Hera, ecco come l’Italia contribuisce alla difesa planetaria

@Notizie dall'Italia e dal mondo

[quote]Osservare, analizzare e contribuire alla difesa planetaria. Questi sono i compiti principali di Hera, missione dell’Agenzia spaziale europea. La missione è a sua volta parte di un più ampio progetto di collaborazione tra Esa e Nasa, la quale nel 2022 ha condotto la prima



L’impatto psicologico e le conseguenze del 7 ottobre. Il convegno in Fondazione Einaudi

@Politica interna, europea e internazionale

“Gli attacchi brutali del 7 ottobre hanno gettato la società israeliana in un vortice di paura e incertezza. Oggi è come se fossimo tutti sulla stessa barca. Siamo chiamati a organizzare azioni di risposta a sostegno delle tante



Identify Me di INTERPOL vuole riaprire 46 cold cases riguardanti sei Nazioni europee (Italia compresa)


E' stata denominata "Identify me" l'operazione lanciata oggi 8 ottobre da INTERPOL e da sei nazioni aderenti alla organizzazione internazionale di polizia (ITALIA compresa) che riapre 46 cold cases per la identificazione di altrettante donne assassinate o morte in circostanze sospette nel tentativo di identificarne i resti.
"Vogliamo dare risposte alle famiglie e rendere giustizia alle vittime", ha affermato il segretario generale dell'Interpol Jürgen Stock in una dichiarazione.
L'iniziativa ne amplia una iniziata nel 2023 che coinvolgeva Belgio, Paesi Bassi e Germania ed ora va ad includere Francia, Italia (segnalati 4 casi) e Spagna.
La prima fase ha cercato di far luce sui nomi e sui destini di circa 22 donne i cui corpi sono stati ritrovati nel corso degli anni.
Ciò ha prodotto circa 1.800 segnalazioni dal pubblico, tra cui informazioni che hanno portato all'identificazione dei resti della donna britannica Rita Roberts attraverso il suo tatuaggio floreale, 31 anni dopo che il suo corpo è stato trovato in Belgio.
Il Segretario Generale Stock ha affermato che l'aiuto del pubblico è stato fondamentale. "Non possiamo farcela da soli", ha affermato.

Nella nuova indagine che coinvolge 46 casi, le forze di polizia metteranno insieme capacità analitiche e metodi forensi, come la profilazione del DNA e la ricostruzione facciale.

L'Interpol ha pubblicato sul suo sito web estratti dei cosiddetti avvisi Black Notice sui casi, che sono richieste di informazioni su corpi non identificati tradizionalmente diffuse solo tra le Forze di polizia. Gli avvisi includono dettagli che vanno dai dati biometrici alle descrizioni fisiche del corpo o degli indumenti.

Vi è anche un appello di alcune "ambasciatrici" dei Paesi coinvolti (per l'Italia portato da Carolina Kostner e Alice Bellandi) mentre la pagina web dedicata alla possibile identificazione è interpol.int/What-you-can-do/I…



Come combattere (e prevenire) il terrorismo. Il rapporto ReaCT

@Notizie dall'Italia e dal mondo

[quote]Terrorismi ed estremismi sono fenomeni che si evolvono con il tempo e con il mutare delle dinamiche di socializzazione e competizione tra individui, gruppi e Stati. È una riflessione che sottende alla nuova edizione del Rapporto #ReaCT sul terrorismo e il radicalismo in Europa, disponibile




@RaccoonForFriendica new version 0.1.0-beta06 has been released!

Changelog:

  • fix: post content containing HTML anchors;
  • enhancement: show private visibility only on Friendica servers;
  • fix: custom emojis in user nicknames in node info, notifications, selection dialogs, lists (e.g. "For you" in Explore);
  • fix: avoid self mention when replying to a thread;
  • enhancement: spacing between selection bottom sheet items;
  • enhancement: image scale in attachment grids in feeds;
  • several unit tests added.

In the next version I'll be working on a preview feature when creating/editing posts.

#friendica #friendicadev #androidapp #androiddev #fediverseapp #mobiledev #kotlin #kmp #compose #opensource #livefasteattrash

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La Siria, il prossimo obiettivo del «Nuovo Ordine» di Israele


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Damasco sarebbe fondamentale per i trasferimenti di armi dall'Iran a Hezbollah, affermano gli israeliani. Intanto il governo Netanyahu sarebbe pronto a lanciare l'attacco a Teheran nelle prossime ore
L'articolo La Siria, il prossimo obiettivo del «Nuovo Ordine» di Israele proviene da



La finanza prima del clima, un esempio pratico: il piano di buyback di TotalEnergies


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Il nuovo articolo di @valori@poliversity.it
La compagnia petrolifera TotalEnergies avvia un piano di buyback da 8 miliardi di dollari l'anno. Più di quelli che investe nelle rinnovabili
L'articolo La finanza prima del clima, un esempio pratico: il piano di buyback di TotalEnergies valori.it/buyback-totalenergie…



«Armi e guerre sono devastanti anche per economia e ambiente»


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Il nuovo articolo di @valori@poliversity.it
Martina Pignatti Morano, direttrice di Un Ponte Per, suggerisce come contrastare la narrazione bellicista: ad esempio con la finanza etica
L'articolo «Armi e guerre sono devastanti anche per economia e ambiente» valori.it/armi-guerre-intervis…



Il Burkina Faso ha annunciato la nazionalizzazione delle miniere - L'Indipendente

"La volontà di nazionalizzare le risorse minerarie della nazione va di pari passo con il desiderio di diversi Stati dell’Africa Subsahariana di liberarsi dal giogo del neocolonialismo occidentale, per poter esercitare la sovranità economica, politica e monetaria sui loro territori e restituire così dignità e prosperità ai Paesi della regione. Proprio con questa finalità, si sono succeduti dal 2020 in avanti diversi colpi di Stato in molte nazioni del Sahel, tra cui Burkina Faso, Mali e Niger."

lindipendente.online/2024/10/0…



Così il Cavour combatte la pirateria. L’addestramento con l’India

@Notizie dall'Italia e dal mondo

[quote]Prosegue il viaggio di nave Cavour nelle acque dell’Indo-Pacifico, nel solco della cooperazione internazionale e della protezione delle rotte commerciali globali. La tappa indiana del viaggio del Carrier strike group italiano ha visto l’ammiraglia della flotta nazionale cimentarsi in attività






PODCAST. Un bagno di sangue a Gaza che si allarga a tutta la regione


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Mentre Israele commemora le sue vittime del 7 ottobre, nella regione le forze dello Stato ebraico non cessano i bombardamenti. Dopo il Libano adesso è l'Iran che potrebbe finire sotto un pesante attacco israeliano. Ne abbiamo parlato, da Gerusalemme, con Michele Giorgio



Recensione : The Zeros – Don’t Push Me Around


The Zeros - Don't Push Me Around: definiti come i Ramones californiani se non addirittura messicani (il leader Javier Escovedo è figlio di emigranti, tutti musicisti). @Musica Agorà

iyezine.com/the-zeros-dont-pus…

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Recensione : ZEKE – SNAKE EYES / THE KNIFE 7″


Short, fast, loud and to the fucking point: questa è, da sempre, l’essenza degli ZEKE, leggendario combo speed rock statunitense che, dal 1992 a oggi, ha fatto del rock ‘n’ roll veloce, grezzo, tiratissimo e sparato a manetta la sua bandiera e natura musicale. @Musica Agorà

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Un anno dal 7 ottobre, la guerra infinita di Netanyahu


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Mentre gli USA offrono armi e copertura diplomatica a Tel Aviv in cambio di un attacco blando a Teheran, la diplomazia sembra aver dimenticato Gaza, dove dopo un anno si continua a morire. E le prime vittime sono sempre i bambini
L'articolo Un anno dal 7 ottobre, la guerra infinita di Netanyahu



#NotiziePerLaScuola
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.


Quali sono i costi ambientali e sociali del sistema alimentare


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Il nuovo articolo di @valori@poliversity.it
Inquinamento, crisi climatica, povertà, impatti sulla salute. Uno studio francese quantifica i costi del sistema alimentare per le casse pubbliche
L'articolo Quali sono i costi ambientali e sociali del sistema valori.it/costi-ambientali-e-s…



Rembrandt, il grande pittore olandese del barocco


Questo famoso artista del XVII secolo fu un maestro delle scene tradizionali e bibliche, oltre a specializzarsi nell’autoritratto e nella creazione di grandi ritratti di gruppo. Senza rimanere confinato in un unico stile, Rembrandt innovò costantemente. Tuttavia, nonostante i suoi innegabili successi artistici, il geniale pittore morì in povertà

storicang.it/a/rembrandt-il-gr…

@Storia
@Storiaweb

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«IA, così i bias presenti nei dati possono influenzare gli esseri umani»


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Il nuovo articolo di @valori@poliversity.it
Intervista a Donata Columbro, giornalista, femminista dei dati e autrice di "Quando i dati discriminano" (Il Margine 2024)
L'articolo «IA, così i bias presenti nei dati possono influenzare gli valori.it/donata-columbro-bias…



Io ho fatto una grande cazzata ed ho ferito delle persone che non meritavano. Mi dispiace. Non lo rifarei. Al di la dei motivi per cui l'ho fatto, che ovviamente in quel momento parevano giustificati e sensati. Cedere all'ira è sempre sbagliato. Ma non mi sento in colpa: il senso di colpa della cultura cattolica romana non serve, perché non rende le persone migliori. E' invece utile, al limite, accorgersi degli errori e cercare di non ripeterli. Capire che ferire le persone può essere una difesa, a volte pure una necessità, ma è sempre sbagliato. E questo perché come il senso di colpa, neppure questo porta frutto. Ho anche imparato per persino dal male nasce il bene. E così, nonostante tutto, inaspettatamente, l'amore per il CW è nato. Basta poco a volte per innamorarsi delle cose. Continuerò a studiarlo con il mio ritmo, con le mie necessità, da persona che difficilmente "riconosce" le musicalità. Forse fallirò, ma qualsiasi risultati intermedio per me sarà comunque un arricchimento e sarà soddisfacente, perché lo scopo della vita è solo imparare cose nuove e non servono esami. Non lo farò non per comunicare con qualcuno, perché poche volte c'è qualche essere umano con il quale valga la pena di comunicare davvero, che abbia davvero qualcosa da dire. La maggior parte dell'umanità è composta all'80% da bulli o nel migliore dei casi da insensibili. Ma torniamo all'enorme cazzata. Ok l'ho fatta. Me ne pento e mi dispiace. Chi però non è in grado si passarci sopra o perdonare non può darmi preoccupazione, perché non è una cosa sulla quale posso agire o sotto il mio controllo.


commento a:
"la frase di Neruda che dice che le guerre si combattono tra persone che si uccidono senza conoscersi... per gli interessi di persone che si conoscono ma non si uccidono."

c'è la narrazione della favola buona, e la favola cattiva. ma entrambe sonno favole. è più complicato di così. il mondo è complicato. prima smetteremo di ragionare in modo lineare, e prima potremo davvero cominciare a risolvere i problemi. quanto detto descrive sicuramente la guerra, ma occorre andare alle cause della guerra. che contrariamente a quello che si crede sono più ideologiche che economiche. l'economia è la scusa, non il motivo. perlomeno molto spesso. è un mito da sfatare. P.S. solitamente ideologie farlocche. chi dice che dietro a tutto ci sono i soldi, sbaglia, c'è semplicemente l'uomo, con le sue imperfezioni. in sostanza la causa delle guerre è molto peggiore e più stupida dei soldi.



Ve lo chiede Tizio, ve lo chiede Caio e ve lo chiede Sempronio.
Ma scusate, la maggioranza degli Italiani vi chiede l'esatto contrario, non conta proprio nulla il volere del popolo Italiano?!





Sinistra liberal, il blob che divora la sinistra stessa l Kulturjam

"C’è oggi una sinistra che si autodefinisce liberal progressista che non ha niente a che fare con la propria storia e tradizione. Il suo Occidente non solo non è Marx, e nemmeno è Platone, Spinoza o il cristianesimo ma il mercato e il consumo."

kulturjam.it/politica-e-attual…



l'unico tipo di esistenza possibile senza sofferenza è la non esistenza


Il Komintern e la questione di Trieste bigarella.wordpress.com/2024/1…


Maribor (Slovenia). Foto: Janezdrilc. Fonte: Wikipedia

Dopo l’invasione della Slovenia da parte dell’Italia e della Germania nell’aprile 1941, tutte le forze politiche riunite nel Fronte di liberazione sloveno (Osvobodilna fronta – Of) si prefissero lo scopo della liberazione e unificazione della loro nazione. Tra queste anche il Kps, che all’interno dell’Of rappresentava la fazione più organizzata e influente. Già dalla fine del 1941 il Fronte aveva istituito una commissione interna per studiare i futuri confini della Slovenia, e il Comitato centrale (Cc) del Kps aveva dichiarato “irrinunciabili” le città di Maribor e Trieste <26. L’accentuazione patriottica nel Kps rispondeva alle direttive del Komintern dell’estate 1941, il quale per bocca di Georgij Dimitrov aveva impartito a tutti i partiti comunisti la linea da seguire dopo l’invasione tedesca dell’Urss: riedizione dei fronti popolari, costruzione di un ampio movimento di liberazione, insistenza sull’elemento nazionale e accantonamento della parola d’ordine della rivoluzione <27. Contemporaneamente, l’Of cercò di radicare la sua presenza su tutto il territorio da esso ritenuto sloveno. A questo fine, un membro del Kps fu inviato nell’agosto 1941 a Trieste e nel Litorale con l’incarico di prendere contatti con i superstiti aderenti al partito di Tomažič. Vennero così costituiti il Comitato regionale del Litorale e il Comitato cittadino del Kps e dell’Of per Trieste <28.
Sia per quanto riguarda la definizione delle rivendicazioni del Kps sul Litorale sloveno, sia per le misure pratiche che vennero ricercate e messe in campo allo scopo, l’anno-chiave può essere considerato il 1942.
Il 1° maggio il Cc del Kps, pressato sulla questione nazionale dalle ali di destra dell’Of, emanava una dichiarazione sui futuri confini sloveni: Trieste era considerata parte della nuova Jugoslavia, con uno status autonomo data la popolazione a maggioranza italiana. Il privilegio dell’autonomia non veniva concesso invece alle città italiane dell’Istria comprese nel Litorale sloveno (Muggia, Capodistria, Isola, Pirano) in quanto ritenute composte prevalentemente da immigrati <29. In questa dichiarazione, il Kps sosteneva che “alla Slovenia liberata e riunificata, oltre al territorio in cui vive la popolazione slovena, appartengono anche i territori snazionalizzati con la forza nell’ultimo periodo imperialista” <30. Per parte sua, l’Of acquisiva e rinforzava tali lineamenti: in un rapporto al Consiglio antifascista di liberazione nazionale della Jugoslavia <31, il confine occidentale della Slovenia fuoriusciva dal cosiddetto ‘territorio etnico sloveno’ per inglobare anche il triangolo esteso tra Ronchi e Monfalcone. L’espansione era giustificata con motivazioni di carattere strategico ed economico (legami dichiarati inscindibili tra Monfalcone e Trieste) <32. Erano rivendicazioni appoggiate sulla teoria della dipendenza delle città dalla campagna, e che trovavano persuasivi riscontri nel corpus dottrinario comunista. Quella che lo storico Carlo Schiffrer chiamava “teoria dei territori etnici compatti”, discendeva dalla predilezione dell’elemento contadino nell’individuazione dei caratteri fondativi della nazione ❤❤: una preferenza, come abbiamo visto, accordata dallo stesso Stalin nelle sue riflessioni sull’argomento. Non a caso un membro della commissione sui confini dell’Of, il geografo Anton Melik, spiegava che attorno a quel criterio erano stati tracciati i confini delle singole repubbliche in Unione Sovietica; e Joža Vilfan, avvocato triestino al quale era stato affidato uno studio analogo dal Kps, faceva perno su quelle tesi di Stalin per affermare l’appartenenza di Trieste al suo entroterra <34.
Ma a monte delle pretese territoriali del Kps, e dell’energia con cui venivano avanzate, oltre a queste di tipo teorico vi erano anche motivazioni strettamente politico-strategiche. Esse erano legate alla lettura che il partito dava del quadro politico europeo durante la guerra e delle sue possibili evoluzioni. Illuminanti a questo proposito sono alcune attestazioni di Edvard Kardelj, leader del Kps e numero due del Kpj, risalenti alla primavera-estate del 1942. In una lettera a Umberto Massola, allora rappresentante del Cc del Pcd’I presso il partito sloveno, Kardelj inquadrava l’argomentazione a favore dell’unione di Trieste a una Slovenia sovietica <35 all’interno di una visione strategico-ideologica ben strutturata: basata sulla prospettiva di un prossimo allargamento della rivoluzione in Germania e, quanto più possibile, nel resto del centro Europa. Tale prospettiva derivava dagli schemi ideologici elaborati nel movimento comunista internazionale tra le due guerre, schemi che avevano ispirato anche la Dichiarazione comune sul problema sloveno firmata dal Pcd’I, dal Kpj e dal Partito comunista austriaco nel 1934 <36. Essi erano figli dell’idea della ‘guerra inevitabile’ e della sua linea politica corrispondente, quella di ‘classe contro classe’; presupponevano un imminente inasprimento dei rapporti tra le potenze della coalizione antitedesca, giocato intorno all’alternativa capitale-anticapitale, in analogia con quanto avvenuto nella Prima guerra mondiale e lo scoppio della Rivoluzione d’ottobre <37. In questo scenario da tempo prefigurato, il problema della declinazione rivoluzionaria della questione nazionale slovena assumeva per Kardelj una valenza cruciale. Non si può attribuire a ragioni esclusivamente retoriche e strumentali il fatto che egli, nella lettera a Massola, presentasse la politica del Kps nel Litorale come un’applicazione dello slogan sull’autodecisione e unificazione della Slovenia enunciato nella Dichiarazione del 1934 <38. Essa, del resto, era stata confermata da Massola a nome del Pcd’I appena due mesi prima, con il Manifesto del Pcd’I per il diritto all’autodeterminazione e alla riunificazione del popolo sloveno <39. Proprio in virtù di quanto da essa previsto e pattuito, dalla primavera Kardelj iniziò a insistere sull’importanza che la lotta rivoluzionaria degli sloveni stava acquistando, finalmente su un piano concreto, per il futuro politico dell’Austria e dell’Italia. Come scrisse a Tito, “i comunisti sloveni hanno ricevuto l’ordine di scatenare la rivoluzione nel centro Europa” <40. Appoggiare e rinforzare l’estensione anche territoriale della loro lotta era interesse di tutto il movimento comunista internazionale. Se fosse riuscita a portare al distacco di intere regioni dal corpo nazionale dominante, infatti, essa avrebbe esasperato le contraddizioni tra la borghesia e il proletariato della nazione maggioritaria, trasformandosi in un poderoso incentivo alla rivoluzione. Da questo retroterra ideologico, prese avvio il tentativo perseguito dal Kpj di estendere la rivoluzione all’Italia, di far valere la propria preminenza nei confronti del Partito comunista italiano, e di incidere sulla sua linea politica (un tentativo destinato a durare fino alla rottura tra Stalin e Tito nel 1948) <41.
Nel contesto della guerra e dei rivolgimenti politico-sociali giudicati prossimi a venire, il possesso del porto di Trieste era visto dai comunisti sloveni come una delle questioni dirimenti. Chi controllava il porto, per il suo posizionamento strategico e per l’elevata concentrazione della sua classe operaia, era destinato a esercitare un’influenza decisiva sul suo entroterra, in gran parte agricolo. E ciò in un’ottica ideologica ‘classe contro classe’ che raggruppava, sin dalla prima metà del 1942, le potenze coinvolte nel conflitto in modo trasversale rispetto alle alleanze in campo. Nella stessa lettera, infatti, Kardelj scriveva a Massola: “A causa dell’atteggiamento filoinglese di gran parte della borghesia italiana, da una parte, e la debolezza dell’azione politica del proletariato italiano, dall’altra, esiste il pericolo che Trieste in futuro possa diventare il trampolino di lancio degli imperialisti reazionari inglesi […]. È chiaro che noi neutralizzeremo tutti questi tentativi – se sarà necessario – anche con le armi […]. Per quanto ci consentirà la nostra forza armata, non lasceremo Trieste a qualche governo reazionario italiano filoinglese, poiché per noi questa sarebbe una minaccia costante” <42.
È un atteggiamento che da lì in poi il Cc del Kps avrebbe ribadito con continuità. Un anno e mezzo più tardi, alla caduta di Mussolini l’eventualità di un’occupazione inglese di Trieste sarà temuta tanto quella di un’occupazione da parte dei tedeschi: “La questione se la Slovenia sarà libera ancor prima di una rivoluzione socialista nell’Europa occidentale, o se diventi, come retroterra di Trieste, colonia britannica, sarà risolta nelle vie di Trieste e quindi dobbiamo arrivare lì prima degli inglesi” <43.
Dal punto di vista sloveno, era questa complessa impostazione ideologica a presupporre la necessità che il Kps articolasse con efficacia e rapidità le sue posizioni nel Litorale. È opportuno sottolineare come questo obiettivo di espansione territoriale fosse concepito, ‘raccontato’ e indirizzato in virtù di categorie ideologiche del marxismo-leninismo; fosse cioè pubblicamente subordinato da Kardelj al superiore obiettivo internazionalista di allargare la rivoluzione all’Italia settentrionale e al centro Europa.
A questo punto, diveniva fondamentale che tali posizioni fossero ufficializzate dall’autorità cui veniva riconosciuta la competenza di stabilire le giurisidizioni e coordinare gli ambiti di azione dei diversi partiti comunisti: il Komintern. Già a Massola Kardelj aveva scritto: “Il Cc del Kpj […] ha automaticamente supposto che anche l’organizzazione politica triestina afferirà al Cc del Kps del Litorale” <44. Nello stesso mese di marzo il dirigente del Kpj faceva pressioni su Tito perché si rivolgesse al segretario del Komintern, Dimitrov, affinché questi inducesse i comunisti italiani a fissare i loro doveri rispetto al movimento comunista sloveno e croato nella Venezia Giulia. Egli sottolineava come un’organizzazione comunista dipendente dal Pcd’I non esistesse di fatto nella regione; faceva presente che il Cc del Kps (su richiesta di Massola) finanziava il ‘centro interno’ del Pcd’I con trentamila lire al mese e badava inoltre al sostentamento integrale di Massola stesso. Pertanto, Kardelj sosteneva che sarebbe stato opportuno rivendicare una forma di controllo da parte del Kps sul denaro versato al Pcd’I <45.
La realtà della presenza del Kps nel Litorale sloveno era riaffermata da Kardelj in un’altra lettera a Tito del 18 maggio: “Noi abbiamo ora lì […] un gran numero di comitati dell’Of, un distaccamento partigiano forte di circa 100 uomini […]. Negli ultimi tempi abbiamo rinnovato saldi legami nella stessa Trieste”. Circa le proteste di Massola verso le rivendicazioni sempre più precise del Kps su Trieste (la dichiarazione del partito sloveno sui futuri confini era stata pubblicata il 1° maggio) e verso le pretese di supremazia che esso avanzava sull’organizzazione comunista del Litorale, Kardelj ostentava sicurezza: “Sul problema del Litorale, si sa, [Massola] non è d’accordo. Comunque non conta […]. Lui parli pure – noi lavoreremo” <46.
La risposta tanto sollecitata alle richieste di Kardelj pervenne da Dimitrov il 3 agosto 1942, tramite una lettera a Tito di cui fu consegnata una copia a Massola due mesi dopo. È questo il documento attraverso cui il Komintern accoglieva in toto le istanze slovene e sanzionava un nuovo equilibrio, nei rapporti tra Kps e Pcd’I nel Litorale, a favore del primo: un equilibrio che, pur tra vicende alterne e tentativi di rinegoziazione da parte italiana, sarebbe sopravvissuto alla guerra per mantenersi tale fino al 1948. Vale la pena riportare per esteso il comunicato di Dimitrov: “Cc Slovenia e Cc Jugoslavia sono tenuti ad esigere dai compagni italiani il rendiconto della loro attività. Costituire gruppi di Kps nei rioni italiani d’un tempo, laddove vivono sloveni e croati – Istria, Trieste ed altrove. Sviluppare colà il movimento partigiano non è soltanto giusto, bensì pure urgente. Così pure è estremamente urgente che il tutto venga condotto a termine dal comando, in contatto con i compagni italiani, nella costituzione delle organizzazioni per la lotta partigiana ed antifascista in Istria, a Trieste ed a Fiume” <47.
Le istruzioni di Dimitrov riconoscevano senza equivoci l’egemonia del movimento comunista sloveno su quello italiano nella Venezia Giulia (anche ammettendo sue estensioni sui territori abitati da croati). Tali regioni, dal punto di vista delle strutture di partito, non dovevano più considerarsi di pertinenza italiana ma zona di operazioni del Kps. L’unica limitazione che si poneva era che ciò fosse svolto mantenendo il contatto con i compagni italiani. Si raccomandava che la direzione degli avvenimenti politici (scambio di giurisdizione tra i partiti) e militari (sviluppo del movimento partigiano) fosse assicurata al “comando”, a chi deteneva cioè il controllo militare della resistenza nella zona: vale a dire, appunto, l’Of e il Kps.
Se Stalin aveva manifestato nel dicembre 1941 una generica disponibilità a sottrarre all’Italia Trieste e gli altri suoi possedimenti nell’Adriatico orientale, la nota del Komintern del 3 agosto 1942 appare una misura coerente con questo orientamento di fondo <48. Si trattava di indirizzi che non tardarono ad avere ricadute pratiche sul territorio. Tra la fine del 1942 e la prima metà del 1943 il Kps stringeva una serie di accordi informali con il rappresentante del Pcd’I a Trieste, Vincenzo Marcon. Entrando a far parte del Consiglio nazionale di liberazione sloveno del Litorale (il governo partigiano della regione), Marcon introduceva il Pcd’I nelle strutture slovene eseguendo alla lettera il testo di Dimitrov. Negli stessi mesi, il Kps e il Pcd’I di Marcon gettavano le basi di Fratellanza operaia, l’organizzazione di massa binazionale che in seguito avrebbe preso il nome di Unità operaia e di Unione antifascista italoslava (Uais) <49. Nel frattempo, alla conferenza regionale del Kps del 4-5 dicembre 1942 il Litorale era di fatto riconosciuto come parte del nuovo Stato sloveno <50.

[NOTE]26 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 111.
27 E. Mark, Revolution by Degrees: Stalin’s National-Front Strategy for Europe 1941-1947, Cold War International History Project, Working Paper n. 31, Woodrow Wilson International Centre for Scholars, Washington D.C. 2001, p. 15.
28 Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., pp. 153-55. L’autore, che si basa sulla ricostruzione di Vid Vremec (Pinko Tomažič in drugi tržaški proces, Lipa e Založništvo tržaškega tiska, Koper 1989), anticipa di un anno l’attività del Kps e dell’Of nel Litorale rispetto a quanto afferma G. Fogar in Trieste in guerra. Società e Resistenza 1940-1945, Irsml-Fvg, Trieste 1999, pp. 73-74.
29 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 113.
30 Cit. in B. Godeša, I comunisti sloveni e la questione di Trieste nella Seconda guerra mondiale, ‘Qualestoria’, a. XXXV (2007), n. 1, pp. 119-32, in partic. p. 24.
31 Antifašističko vijeće narodnog oslobodjenia Jugoslavije (Avnoj), il supremo organo di rappresentanza del nuovo Stato rivoluzionario jugoslavo.
32 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 113. A questo rapporto dell’Of non presta attenzione il saggio di Godeša, pur incentrato sugli stessi problemi.
33 Comitato di liberazione nazionale dell’Istria, Il problema di Trieste. Realtà storica, politica, economica, Trieste 1954 (testo di C. Schiffrer).
34 Godeša, I comunisti sloveni cit., pp. 122, 125-26.
35 In nessun altro modo a mio parere si possono interpretare le parole di Kardelj: “Come città italiana Trieste rappresenterà un settore autonomo nazionalmente italiano […] annessa a quella repubblica sovietica a cui apparterrà l’entroterra triestino”. Lettera di Kardelj a Umberto Massola, seconda metà di marzo 1942, in Godeša, I comunisti sloveni cit., pp. 127-28.
36 La Dichiarazione assegnava un ruolo centrale al problema sloveno in previsione “del nuovo ciclo di guerre e rivoluzioni, di cui siamo alla vigilia”: cfr. supra.
37 A. Di Biagio, La teoria dell’inevitabilità della guerra, in F. Gori (a c. di), Il XX congresso del Pcus, Franco Angeli, Milano 1988; S. Pons, Stalin e la guerra inevitabile: 1936-1941, Einaudi, Torino 1995.
38 Ivi, pp. 127-28.
39 Nel gennaio 1942: Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 112; Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., pp. 162-63.
40 Lettera di Kardelj a Tito, 29 marzo 1942, in Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., ibidem.
41 Alla documentazione che attesta tali tentativi fa riferimento anche Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit. Ursini-Uršič parla esplicitamente di tentativi di “esportare il modello sloveno” in Italia e di “porre sotto il controllo di Tito, cioè del Kpj, l’attività del ‘centro interno’ del Pcd’I”: Attraverso Trieste cit., p. 164.
42 Lettera di Kardelj a Umberto Massola cit.
43 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 114.
44 Lettera di Kardelj a Umberto Massola cit.
45 Lettera di Kardelj a Tito, 29 marzo 1942 cit.
46 Lettera di Kardelj a Tito, 18 maggio 1942, cit. in Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., p. 165.
47 Il documento del Komintern è riportato in Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., p. 183. Qui anche la notizia del ritardo nella notifica a Massola. Commenti al testo anche in Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 112 e in Godeša, I comunisti sloveni cit., p. 127 (quest’ultimo con un’evidente forzatura interpretativa).
48 Durante il colloquio con il ministro degli Esteri della Gran Bretagna Anthony Eden: L.Ja. Gibjanskij, Mosca, il Pci e la questione di Trieste (1943-1948) in F. Gori, S. Pons (a c. di), Dagli archivi di Mosca, L’Urss, il Cominform e il Pci (1943-1951), Carocci, Roma 1998, pp. 85-133, in partic. p. 89.
49 Fogar, Trieste in guerra cit., pp. 129-30.
50 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 114.
Patrick Karlsen, Il PCI, il confine orientale e il contesto internazionale (1941-1955), Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2007-2008

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Il Komintern e la questione di Trieste bigarella.wordpress.com/2024/1…


Maribor (Slovenia). Foto: Janezdrilc. Fonte: Wikipedia

Dopo l’invasione della Slovenia da parte dell’Italia e della Germania nell’aprile 1941, tutte le forze politiche riunite nel Fronte di liberazione sloveno (Osvobodilna fronta – Of) si prefissero lo scopo della liberazione e unificazione della loro nazione. Tra queste anche il Kps, che all’interno dell’Of rappresentava la fazione più organizzata e influente. Già dalla fine del 1941 il Fronte aveva istituito una commissione interna per studiare i futuri confini della Slovenia, e il Comitato centrale (Cc) del Kps aveva dichiarato “irrinunciabili” le città di Maribor e Trieste <26. L’accentuazione patriottica nel Kps rispondeva alle direttive del Komintern dell’estate 1941, il quale per bocca di Georgij Dimitrov aveva impartito a tutti i partiti comunisti la linea da seguire dopo l’invasione tedesca dell’Urss: riedizione dei fronti popolari, costruzione di un ampio movimento di liberazione, insistenza sull’elemento nazionale e accantonamento della parola d’ordine della rivoluzione <27. Contemporaneamente, l’Of cercò di radicare la sua presenza su tutto il territorio da esso ritenuto sloveno. A questo fine, un membro del Kps fu inviato nell’agosto 1941 a Trieste e nel Litorale con l’incarico di prendere contatti con i superstiti aderenti al partito di Tomažič. Vennero così costituiti il Comitato regionale del Litorale e il Comitato cittadino del Kps e dell’Of per Trieste <28.
Sia per quanto riguarda la definizione delle rivendicazioni del Kps sul Litorale sloveno, sia per le misure pratiche che vennero ricercate e messe in campo allo scopo, l’anno-chiave può essere considerato il 1942.
Il 1° maggio il Cc del Kps, pressato sulla questione nazionale dalle ali di destra dell’Of, emanava una dichiarazione sui futuri confini sloveni: Trieste era considerata parte della nuova Jugoslavia, con uno status autonomo data la popolazione a maggioranza italiana. Il privilegio dell’autonomia non veniva concesso invece alle città italiane dell’Istria comprese nel Litorale sloveno (Muggia, Capodistria, Isola, Pirano) in quanto ritenute composte prevalentemente da immigrati <29. In questa dichiarazione, il Kps sosteneva che “alla Slovenia liberata e riunificata, oltre al territorio in cui vive la popolazione slovena, appartengono anche i territori snazionalizzati con la forza nell’ultimo periodo imperialista” <30. Per parte sua, l’Of acquisiva e rinforzava tali lineamenti: in un rapporto al Consiglio antifascista di liberazione nazionale della Jugoslavia <31, il confine occidentale della Slovenia fuoriusciva dal cosiddetto ‘territorio etnico sloveno’ per inglobare anche il triangolo esteso tra Ronchi e Monfalcone. L’espansione era giustificata con motivazioni di carattere strategico ed economico (legami dichiarati inscindibili tra Monfalcone e Trieste) <32. Erano rivendicazioni appoggiate sulla teoria della dipendenza delle città dalla campagna, e che trovavano persuasivi riscontri nel corpus dottrinario comunista. Quella che lo storico Carlo Schiffrer chiamava “teoria dei territori etnici compatti”, discendeva dalla predilezione dell’elemento contadino nell’individuazione dei caratteri fondativi della nazione ❤❤: una preferenza, come abbiamo visto, accordata dallo stesso Stalin nelle sue riflessioni sull’argomento. Non a caso un membro della commissione sui confini dell’Of, il geografo Anton Melik, spiegava che attorno a quel criterio erano stati tracciati i confini delle singole repubbliche in Unione Sovietica; e Joža Vilfan, avvocato triestino al quale era stato affidato uno studio analogo dal Kps, faceva perno su quelle tesi di Stalin per affermare l’appartenenza di Trieste al suo entroterra <34.
Ma a monte delle pretese territoriali del Kps, e dell’energia con cui venivano avanzate, oltre a queste di tipo teorico vi erano anche motivazioni strettamente politico-strategiche. Esse erano legate alla lettura che il partito dava del quadro politico europeo durante la guerra e delle sue possibili evoluzioni. Illuminanti a questo proposito sono alcune attestazioni di Edvard Kardelj, leader del Kps e numero due del Kpj, risalenti alla primavera-estate del 1942. In una lettera a Umberto Massola, allora rappresentante del Cc del Pcd’I presso il partito sloveno, Kardelj inquadrava l’argomentazione a favore dell’unione di Trieste a una Slovenia sovietica <35 all’interno di una visione strategico-ideologica ben strutturata: basata sulla prospettiva di un prossimo allargamento della rivoluzione in Germania e, quanto più possibile, nel resto del centro Europa. Tale prospettiva derivava dagli schemi ideologici elaborati nel movimento comunista internazionale tra le due guerre, schemi che avevano ispirato anche la Dichiarazione comune sul problema sloveno firmata dal Pcd’I, dal Kpj e dal Partito comunista austriaco nel 1934 <36. Essi erano figli dell’idea della ‘guerra inevitabile’ e della sua linea politica corrispondente, quella di ‘classe contro classe’; presupponevano un imminente inasprimento dei rapporti tra le potenze della coalizione antitedesca, giocato intorno all’alternativa capitale-anticapitale, in analogia con quanto avvenuto nella Prima guerra mondiale e lo scoppio della Rivoluzione d’ottobre <37. In questo scenario da tempo prefigurato, il problema della declinazione rivoluzionaria della questione nazionale slovena assumeva per Kardelj una valenza cruciale. Non si può attribuire a ragioni esclusivamente retoriche e strumentali il fatto che egli, nella lettera a Massola, presentasse la politica del Kps nel Litorale come un’applicazione dello slogan sull’autodecisione e unificazione della Slovenia enunciato nella Dichiarazione del 1934 <38. Essa, del resto, era stata confermata da Massola a nome del Pcd’I appena due mesi prima, con il Manifesto del Pcd’I per il diritto all’autodeterminazione e alla riunificazione del popolo sloveno <39. Proprio in virtù di quanto da essa previsto e pattuito, dalla primavera Kardelj iniziò a insistere sull’importanza che la lotta rivoluzionaria degli sloveni stava acquistando, finalmente su un piano concreto, per il futuro politico dell’Austria e dell’Italia. Come scrisse a Tito, “i comunisti sloveni hanno ricevuto l’ordine di scatenare la rivoluzione nel centro Europa” <40. Appoggiare e rinforzare l’estensione anche territoriale della loro lotta era interesse di tutto il movimento comunista internazionale. Se fosse riuscita a portare al distacco di intere regioni dal corpo nazionale dominante, infatti, essa avrebbe esasperato le contraddizioni tra la borghesia e il proletariato della nazione maggioritaria, trasformandosi in un poderoso incentivo alla rivoluzione. Da questo retroterra ideologico, prese avvio il tentativo perseguito dal Kpj di estendere la rivoluzione all’Italia, di far valere la propria preminenza nei confronti del Partito comunista italiano, e di incidere sulla sua linea politica (un tentativo destinato a durare fino alla rottura tra Stalin e Tito nel 1948) <41.
Nel contesto della guerra e dei rivolgimenti politico-sociali giudicati prossimi a venire, il possesso del porto di Trieste era visto dai comunisti sloveni come una delle questioni dirimenti. Chi controllava il porto, per il suo posizionamento strategico e per l’elevata concentrazione della sua classe operaia, era destinato a esercitare un’influenza decisiva sul suo entroterra, in gran parte agricolo. E ciò in un’ottica ideologica ‘classe contro classe’ che raggruppava, sin dalla prima metà del 1942, le potenze coinvolte nel conflitto in modo trasversale rispetto alle alleanze in campo. Nella stessa lettera, infatti, Kardelj scriveva a Massola: “A causa dell’atteggiamento filoinglese di gran parte della borghesia italiana, da una parte, e la debolezza dell’azione politica del proletariato italiano, dall’altra, esiste il pericolo che Trieste in futuro possa diventare il trampolino di lancio degli imperialisti reazionari inglesi […]. È chiaro che noi neutralizzeremo tutti questi tentativi – se sarà necessario – anche con le armi […]. Per quanto ci consentirà la nostra forza armata, non lasceremo Trieste a qualche governo reazionario italiano filoinglese, poiché per noi questa sarebbe una minaccia costante” <42.
È un atteggiamento che da lì in poi il Cc del Kps avrebbe ribadito con continuità. Un anno e mezzo più tardi, alla caduta di Mussolini l’eventualità di un’occupazione inglese di Trieste sarà temuta tanto quella di un’occupazione da parte dei tedeschi: “La questione se la Slovenia sarà libera ancor prima di una rivoluzione socialista nell’Europa occidentale, o se diventi, come retroterra di Trieste, colonia britannica, sarà risolta nelle vie di Trieste e quindi dobbiamo arrivare lì prima degli inglesi” <43.
Dal punto di vista sloveno, era questa complessa impostazione ideologica a presupporre la necessità che il Kps articolasse con efficacia e rapidità le sue posizioni nel Litorale. È opportuno sottolineare come questo obiettivo di espansione territoriale fosse concepito, ‘raccontato’ e indirizzato in virtù di categorie ideologiche del marxismo-leninismo; fosse cioè pubblicamente subordinato da Kardelj al superiore obiettivo internazionalista di allargare la rivoluzione all’Italia settentrionale e al centro Europa.
A questo punto, diveniva fondamentale che tali posizioni fossero ufficializzate dall’autorità cui veniva riconosciuta la competenza di stabilire le giurisidizioni e coordinare gli ambiti di azione dei diversi partiti comunisti: il Komintern. Già a Massola Kardelj aveva scritto: “Il Cc del Kpj […] ha automaticamente supposto che anche l’organizzazione politica triestina afferirà al Cc del Kps del Litorale” <44. Nello stesso mese di marzo il dirigente del Kpj faceva pressioni su Tito perché si rivolgesse al segretario del Komintern, Dimitrov, affinché questi inducesse i comunisti italiani a fissare i loro doveri rispetto al movimento comunista sloveno e croato nella Venezia Giulia. Egli sottolineava come un’organizzazione comunista dipendente dal Pcd’I non esistesse di fatto nella regione; faceva presente che il Cc del Kps (su richiesta di Massola) finanziava il ‘centro interno’ del Pcd’I con trentamila lire al mese e badava inoltre al sostentamento integrale di Massola stesso. Pertanto, Kardelj sosteneva che sarebbe stato opportuno rivendicare una forma di controllo da parte del Kps sul denaro versato al Pcd’I <45.
La realtà della presenza del Kps nel Litorale sloveno era riaffermata da Kardelj in un’altra lettera a Tito del 18 maggio: “Noi abbiamo ora lì […] un gran numero di comitati dell’Of, un distaccamento partigiano forte di circa 100 uomini […]. Negli ultimi tempi abbiamo rinnovato saldi legami nella stessa Trieste”. Circa le proteste di Massola verso le rivendicazioni sempre più precise del Kps su Trieste (la dichiarazione del partito sloveno sui futuri confini era stata pubblicata il 1° maggio) e verso le pretese di supremazia che esso avanzava sull’organizzazione comunista del Litorale, Kardelj ostentava sicurezza: “Sul problema del Litorale, si sa, [Massola] non è d’accordo. Comunque non conta […]. Lui parli pure – noi lavoreremo” <46.
La risposta tanto sollecitata alle richieste di Kardelj pervenne da Dimitrov il 3 agosto 1942, tramite una lettera a Tito di cui fu consegnata una copia a Massola due mesi dopo. È questo il documento attraverso cui il Komintern accoglieva in toto le istanze slovene e sanzionava un nuovo equilibrio, nei rapporti tra Kps e Pcd’I nel Litorale, a favore del primo: un equilibrio che, pur tra vicende alterne e tentativi di rinegoziazione da parte italiana, sarebbe sopravvissuto alla guerra per mantenersi tale fino al 1948. Vale la pena riportare per esteso il comunicato di Dimitrov: “Cc Slovenia e Cc Jugoslavia sono tenuti ad esigere dai compagni italiani il rendiconto della loro attività. Costituire gruppi di Kps nei rioni italiani d’un tempo, laddove vivono sloveni e croati – Istria, Trieste ed altrove. Sviluppare colà il movimento partigiano non è soltanto giusto, bensì pure urgente. Così pure è estremamente urgente che il tutto venga condotto a termine dal comando, in contatto con i compagni italiani, nella costituzione delle organizzazioni per la lotta partigiana ed antifascista in Istria, a Trieste ed a Fiume” <47.
Le istruzioni di Dimitrov riconoscevano senza equivoci l’egemonia del movimento comunista sloveno su quello italiano nella Venezia Giulia (anche ammettendo sue estensioni sui territori abitati da croati). Tali regioni, dal punto di vista delle strutture di partito, non dovevano più considerarsi di pertinenza italiana ma zona di operazioni del Kps. L’unica limitazione che si poneva era che ciò fosse svolto mantenendo il contatto con i compagni italiani. Si raccomandava che la direzione degli avvenimenti politici (scambio di giurisdizione tra i partiti) e militari (sviluppo del movimento partigiano) fosse assicurata al “comando”, a chi deteneva cioè il controllo militare della resistenza nella zona: vale a dire, appunto, l’Of e il Kps.
Se Stalin aveva manifestato nel dicembre 1941 una generica disponibilità a sottrarre all’Italia Trieste e gli altri suoi possedimenti nell’Adriatico orientale, la nota del Komintern del 3 agosto 1942 appare una misura coerente con questo orientamento di fondo <48. Si trattava di indirizzi che non tardarono ad avere ricadute pratiche sul territorio. Tra la fine del 1942 e la prima metà del 1943 il Kps stringeva una serie di accordi informali con il rappresentante del Pcd’I a Trieste, Vincenzo Marcon. Entrando a far parte del Consiglio nazionale di liberazione sloveno del Litorale (il governo partigiano della regione), Marcon introduceva il Pcd’I nelle strutture slovene eseguendo alla lettera il testo di Dimitrov. Negli stessi mesi, il Kps e il Pcd’I di Marcon gettavano le basi di Fratellanza operaia, l’organizzazione di massa binazionale che in seguito avrebbe preso il nome di Unità operaia e di Unione antifascista italoslava (Uais) <49. Nel frattempo, alla conferenza regionale del Kps del 4-5 dicembre 1942 il Litorale era di fatto riconosciuto come parte del nuovo Stato sloveno <50.

[NOTE]26 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 111.
27 E. Mark, Revolution by Degrees: Stalin’s National-Front Strategy for Europe 1941-1947, Cold War International History Project, Working Paper n. 31, Woodrow Wilson International Centre for Scholars, Washington D.C. 2001, p. 15.
28 Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., pp. 153-55. L’autore, che si basa sulla ricostruzione di Vid Vremec (Pinko Tomažič in drugi tržaški proces, Lipa e Založništvo tržaškega tiska, Koper 1989), anticipa di un anno l’attività del Kps e dell’Of nel Litorale rispetto a quanto afferma G. Fogar in Trieste in guerra. Società e Resistenza 1940-1945, Irsml-Fvg, Trieste 1999, pp. 73-74.
29 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 113.
30 Cit. in B. Godeša, I comunisti sloveni e la questione di Trieste nella Seconda guerra mondiale, ‘Qualestoria’, a. XXXV (2007), n. 1, pp. 119-32, in partic. p. 24.
31 Antifašističko vijeće narodnog oslobodjenia Jugoslavije (Avnoj), il supremo organo di rappresentanza del nuovo Stato rivoluzionario jugoslavo.
32 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 113. A questo rapporto dell’Of non presta attenzione il saggio di Godeša, pur incentrato sugli stessi problemi.
33 Comitato di liberazione nazionale dell’Istria, Il problema di Trieste. Realtà storica, politica, economica, Trieste 1954 (testo di C. Schiffrer).
34 Godeša, I comunisti sloveni cit., pp. 122, 125-26.
35 In nessun altro modo a mio parere si possono interpretare le parole di Kardelj: “Come città italiana Trieste rappresenterà un settore autonomo nazionalmente italiano […] annessa a quella repubblica sovietica a cui apparterrà l’entroterra triestino”. Lettera di Kardelj a Umberto Massola, seconda metà di marzo 1942, in Godeša, I comunisti sloveni cit., pp. 127-28.
36 La Dichiarazione assegnava un ruolo centrale al problema sloveno in previsione “del nuovo ciclo di guerre e rivoluzioni, di cui siamo alla vigilia”: cfr. supra.
37 A. Di Biagio, La teoria dell’inevitabilità della guerra, in F. Gori (a c. di), Il XX congresso del Pcus, Franco Angeli, Milano 1988; S. Pons, Stalin e la guerra inevitabile: 1936-1941, Einaudi, Torino 1995.
38 Ivi, pp. 127-28.
39 Nel gennaio 1942: Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 112; Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., pp. 162-63.
40 Lettera di Kardelj a Tito, 29 marzo 1942, in Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., ibidem.
41 Alla documentazione che attesta tali tentativi fa riferimento anche Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit. Ursini-Uršič parla esplicitamente di tentativi di “esportare il modello sloveno” in Italia e di “porre sotto il controllo di Tito, cioè del Kpj, l’attività del ‘centro interno’ del Pcd’I”: Attraverso Trieste cit., p. 164.
42 Lettera di Kardelj a Umberto Massola cit.
43 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 114.
44 Lettera di Kardelj a Umberto Massola cit.
45 Lettera di Kardelj a Tito, 29 marzo 1942 cit.
46 Lettera di Kardelj a Tito, 18 maggio 1942, cit. in Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., p. 165.
47 Il documento del Komintern è riportato in Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., p. 183. Qui anche la notizia del ritardo nella notifica a Massola. Commenti al testo anche in Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 112 e in Godeša, I comunisti sloveni cit., p. 127 (quest’ultimo con un’evidente forzatura interpretativa).
48 Durante il colloquio con il ministro degli Esteri della Gran Bretagna Anthony Eden: L.Ja. Gibjanskij, Mosca, il Pci e la questione di Trieste (1943-1948) in F. Gori, S. Pons (a c. di), Dagli archivi di Mosca, L’Urss, il Cominform e il Pci (1943-1951), Carocci, Roma 1998, pp. 85-133, in partic. p. 89.
49 Fogar, Trieste in guerra cit., pp. 129-30.
50 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 114.
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Sia per quanto riguarda la definizione delle rivendicazioni del Kps sul Litorale sloveno, sia per le misure pratiche che vennero ricercate e messe in campo allo scopo, l’anno-chiave può essere considerato il 1942.
Il 1° maggio il Cc del Kps, pressato sulla questione nazionale dalle ali di destra dell’Of, emanava una dichiarazione sui futuri confini sloveni: Trieste era considerata parte della nuova Jugoslavia, con uno status autonomo data la popolazione a maggioranza italiana. Il privilegio dell’autonomia non veniva concesso invece alle città italiane dell’Istria comprese nel Litorale sloveno (Muggia, Capodistria, Isola, Pirano) in quanto ritenute composte prevalentemente da immigrati <29. In questa dichiarazione, il Kps sosteneva che “alla Slovenia liberata e riunificata, oltre al territorio in cui vive la popolazione slovena, appartengono anche i territori snazionalizzati con la forza nell’ultimo periodo imperialista” <30. Per parte sua, l’Of acquisiva e rinforzava tali lineamenti: in un rapporto al Consiglio antifascista di liberazione nazionale della Jugoslavia <31, il confine occidentale della Slovenia fuoriusciva dal cosiddetto ‘territorio etnico sloveno’ per inglobare anche il triangolo esteso tra Ronchi e Monfalcone. L’espansione era giustificata con motivazioni di carattere strategico ed economico (legami dichiarati inscindibili tra Monfalcone e Trieste) <32. Erano rivendicazioni appoggiate sulla teoria della dipendenza delle città dalla campagna, e che trovavano persuasivi riscontri nel corpus dottrinario comunista. Quella che lo storico Carlo Schiffrer chiamava “teoria dei territori etnici compatti”, discendeva dalla predilezione dell’elemento contadino nell’individuazione dei caratteri fondativi della nazione ❤❤: una preferenza, come abbiamo visto, accordata dallo stesso Stalin nelle sue riflessioni sull’argomento. Non a caso un membro della commissione sui confini dell’Of, il geografo Anton Melik, spiegava che attorno a quel criterio erano stati tracciati i confini delle singole repubbliche in Unione Sovietica; e Joža Vilfan, avvocato triestino al quale era stato affidato uno studio analogo dal Kps, faceva perno su quelle tesi di Stalin per affermare l’appartenenza di Trieste al suo entroterra <34.
Ma a monte delle pretese territoriali del Kps, e dell’energia con cui venivano avanzate, oltre a queste di tipo teorico vi erano anche motivazioni strettamente politico-strategiche. Esse erano legate alla lettura che il partito dava del quadro politico europeo durante la guerra e delle sue possibili evoluzioni. Illuminanti a questo proposito sono alcune attestazioni di Edvard Kardelj, leader del Kps e numero due del Kpj, risalenti alla primavera-estate del 1942. In una lettera a Umberto Massola, allora rappresentante del Cc del Pcd’I presso il partito sloveno, Kardelj inquadrava l’argomentazione a favore dell’unione di Trieste a una Slovenia sovietica <35 all’interno di una visione strategico-ideologica ben strutturata: basata sulla prospettiva di un prossimo allargamento della rivoluzione in Germania e, quanto più possibile, nel resto del centro Europa. Tale prospettiva derivava dagli schemi ideologici elaborati nel movimento comunista internazionale tra le due guerre, schemi che avevano ispirato anche la Dichiarazione comune sul problema sloveno firmata dal Pcd’I, dal Kpj e dal Partito comunista austriaco nel 1934 <36. Essi erano figli dell’idea della ‘guerra inevitabile’ e della sua linea politica corrispondente, quella di ‘classe contro classe’; presupponevano un imminente inasprimento dei rapporti tra le potenze della coalizione antitedesca, giocato intorno all’alternativa capitale-anticapitale, in analogia con quanto avvenuto nella Prima guerra mondiale e lo scoppio della Rivoluzione d’ottobre <37. In questo scenario da tempo prefigurato, il problema della declinazione rivoluzionaria della questione nazionale slovena assumeva per Kardelj una valenza cruciale. Non si può attribuire a ragioni esclusivamente retoriche e strumentali il fatto che egli, nella lettera a Massola, presentasse la politica del Kps nel Litorale come un’applicazione dello slogan sull’autodecisione e unificazione della Slovenia enunciato nella Dichiarazione del 1934 <38. Essa, del resto, era stata confermata da Massola a nome del Pcd’I appena due mesi prima, con il Manifesto del Pcd’I per il diritto all’autodeterminazione e alla riunificazione del popolo sloveno <39. Proprio in virtù di quanto da essa previsto e pattuito, dalla primavera Kardelj iniziò a insistere sull’importanza che la lotta rivoluzionaria degli sloveni stava acquistando, finalmente su un piano concreto, per il futuro politico dell’Austria e dell’Italia. Come scrisse a Tito, “i comunisti sloveni hanno ricevuto l’ordine di scatenare la rivoluzione nel centro Europa” <40. Appoggiare e rinforzare l’estensione anche territoriale della loro lotta era interesse di tutto il movimento comunista internazionale. Se fosse riuscita a portare al distacco di intere regioni dal corpo nazionale dominante, infatti, essa avrebbe esasperato le contraddizioni tra la borghesia e il proletariato della nazione maggioritaria, trasformandosi in un poderoso incentivo alla rivoluzione. Da questo retroterra ideologico, prese avvio il tentativo perseguito dal Kpj di estendere la rivoluzione all’Italia, di far valere la propria preminenza nei confronti del Partito comunista italiano, e di incidere sulla sua linea politica (un tentativo destinato a durare fino alla rottura tra Stalin e Tito nel 1948) <41.
Nel contesto della guerra e dei rivolgimenti politico-sociali giudicati prossimi a venire, il possesso del porto di Trieste era visto dai comunisti sloveni come una delle questioni dirimenti. Chi controllava il porto, per il suo posizionamento strategico e per l’elevata concentrazione della sua classe operaia, era destinato a esercitare un’influenza decisiva sul suo entroterra, in gran parte agricolo. E ciò in un’ottica ideologica ‘classe contro classe’ che raggruppava, sin dalla prima metà del 1942, le potenze coinvolte nel conflitto in modo trasversale rispetto alle alleanze in campo. Nella stessa lettera, infatti, Kardelj scriveva a Massola: “A causa dell’atteggiamento filoinglese di gran parte della borghesia italiana, da una parte, e la debolezza dell’azione politica del proletariato italiano, dall’altra, esiste il pericolo che Trieste in futuro possa diventare il trampolino di lancio degli imperialisti reazionari inglesi […]. È chiaro che noi neutralizzeremo tutti questi tentativi – se sarà necessario – anche con le armi […]. Per quanto ci consentirà la nostra forza armata, non lasceremo Trieste a qualche governo reazionario italiano filoinglese, poiché per noi questa sarebbe una minaccia costante” <42.
È un atteggiamento che da lì in poi il Cc del Kps avrebbe ribadito con continuità. Un anno e mezzo più tardi, alla caduta di Mussolini l’eventualità di un’occupazione inglese di Trieste sarà temuta tanto quella di un’occupazione da parte dei tedeschi: “La questione se la Slovenia sarà libera ancor prima di una rivoluzione socialista nell’Europa occidentale, o se diventi, come retroterra di Trieste, colonia britannica, sarà risolta nelle vie di Trieste e quindi dobbiamo arrivare lì prima degli inglesi” <43.
Dal punto di vista sloveno, era questa complessa impostazione ideologica a presupporre la necessità che il Kps articolasse con efficacia e rapidità le sue posizioni nel Litorale. È opportuno sottolineare come questo obiettivo di espansione territoriale fosse concepito, ‘raccontato’ e indirizzato in virtù di categorie ideologiche del marxismo-leninismo; fosse cioè pubblicamente subordinato da Kardelj al superiore obiettivo internazionalista di allargare la rivoluzione all’Italia settentrionale e al centro Europa.
A questo punto, diveniva fondamentale che tali posizioni fossero ufficializzate dall’autorità cui veniva riconosciuta la competenza di stabilire le giurisidizioni e coordinare gli ambiti di azione dei diversi partiti comunisti: il Komintern. Già a Massola Kardelj aveva scritto: “Il Cc del Kpj […] ha automaticamente supposto che anche l’organizzazione politica triestina afferirà al Cc del Kps del Litorale” <44. Nello stesso mese di marzo il dirigente del Kpj faceva pressioni su Tito perché si rivolgesse al segretario del Komintern, Dimitrov, affinché questi inducesse i comunisti italiani a fissare i loro doveri rispetto al movimento comunista sloveno e croato nella Venezia Giulia. Egli sottolineava come un’organizzazione comunista dipendente dal Pcd’I non esistesse di fatto nella regione; faceva presente che il Cc del Kps (su richiesta di Massola) finanziava il ‘centro interno’ del Pcd’I con trentamila lire al mese e badava inoltre al sostentamento integrale di Massola stesso. Pertanto, Kardelj sosteneva che sarebbe stato opportuno rivendicare una forma di controllo da parte del Kps sul denaro versato al Pcd’I <45.
La realtà della presenza del Kps nel Litorale sloveno era riaffermata da Kardelj in un’altra lettera a Tito del 18 maggio: “Noi abbiamo ora lì […] un gran numero di comitati dell’Of, un distaccamento partigiano forte di circa 100 uomini […]. Negli ultimi tempi abbiamo rinnovato saldi legami nella stessa Trieste”. Circa le proteste di Massola verso le rivendicazioni sempre più precise del Kps su Trieste (la dichiarazione del partito sloveno sui futuri confini era stata pubblicata il 1° maggio) e verso le pretese di supremazia che esso avanzava sull’organizzazione comunista del Litorale, Kardelj ostentava sicurezza: “Sul problema del Litorale, si sa, [Massola] non è d’accordo. Comunque non conta […]. Lui parli pure – noi lavoreremo” <46.
La risposta tanto sollecitata alle richieste di Kardelj pervenne da Dimitrov il 3 agosto 1942, tramite una lettera a Tito di cui fu consegnata una copia a Massola due mesi dopo. È questo il documento attraverso cui il Komintern accoglieva in toto le istanze slovene e sanzionava un nuovo equilibrio, nei rapporti tra Kps e Pcd’I nel Litorale, a favore del primo: un equilibrio che, pur tra vicende alterne e tentativi di rinegoziazione da parte italiana, sarebbe sopravvissuto alla guerra per mantenersi tale fino al 1948. Vale la pena riportare per esteso il comunicato di Dimitrov: “Cc Slovenia e Cc Jugoslavia sono tenuti ad esigere dai compagni italiani il rendiconto della loro attività. Costituire gruppi di Kps nei rioni italiani d’un tempo, laddove vivono sloveni e croati – Istria, Trieste ed altrove. Sviluppare colà il movimento partigiano non è soltanto giusto, bensì pure urgente. Così pure è estremamente urgente che il tutto venga condotto a termine dal comando, in contatto con i compagni italiani, nella costituzione delle organizzazioni per la lotta partigiana ed antifascista in Istria, a Trieste ed a Fiume” <47.
Le istruzioni di Dimitrov riconoscevano senza equivoci l’egemonia del movimento comunista sloveno su quello italiano nella Venezia Giulia (anche ammettendo sue estensioni sui territori abitati da croati). Tali regioni, dal punto di vista delle strutture di partito, non dovevano più considerarsi di pertinenza italiana ma zona di operazioni del Kps. L’unica limitazione che si poneva era che ciò fosse svolto mantenendo il contatto con i compagni italiani. Si raccomandava che la direzione degli avvenimenti politici (scambio di giurisdizione tra i partiti) e militari (sviluppo del movimento partigiano) fosse assicurata al “comando”, a chi deteneva cioè il controllo militare della resistenza nella zona: vale a dire, appunto, l’Of e il Kps.
Se Stalin aveva manifestato nel dicembre 1941 una generica disponibilità a sottrarre all’Italia Trieste e gli altri suoi possedimenti nell’Adriatico orientale, la nota del Komintern del 3 agosto 1942 appare una misura coerente con questo orientamento di fondo <48. Si trattava di indirizzi che non tardarono ad avere ricadute pratiche sul territorio. Tra la fine del 1942 e la prima metà del 1943 il Kps stringeva una serie di accordi informali con il rappresentante del Pcd’I a Trieste, Vincenzo Marcon. Entrando a far parte del Consiglio nazionale di liberazione sloveno del Litorale (il governo partigiano della regione), Marcon introduceva il Pcd’I nelle strutture slovene eseguendo alla lettera il testo di Dimitrov. Negli stessi mesi, il Kps e il Pcd’I di Marcon gettavano le basi di Fratellanza operaia, l’organizzazione di massa binazionale che in seguito avrebbe preso il nome di Unità operaia e di Unione antifascista italoslava (Uais) <49. Nel frattempo, alla conferenza regionale del Kps del 4-5 dicembre 1942 il Litorale era di fatto riconosciuto come parte del nuovo Stato sloveno <50.

[NOTE]26 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 111.
27 E. Mark, Revolution by Degrees: Stalin’s National-Front Strategy for Europe 1941-1947, Cold War International History Project, Working Paper n. 31, Woodrow Wilson International Centre for Scholars, Washington D.C. 2001, p. 15.
28 Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., pp. 153-55. L’autore, che si basa sulla ricostruzione di Vid Vremec (Pinko Tomažič in drugi tržaški proces, Lipa e Založništvo tržaškega tiska, Koper 1989), anticipa di un anno l’attività del Kps e dell’Of nel Litorale rispetto a quanto afferma G. Fogar in Trieste in guerra. Società e Resistenza 1940-1945, Irsml-Fvg, Trieste 1999, pp. 73-74.
29 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 113.
30 Cit. in B. Godeša, I comunisti sloveni e la questione di Trieste nella Seconda guerra mondiale, ‘Qualestoria’, a. XXXV (2007), n. 1, pp. 119-32, in partic. p. 24.
31 Antifašističko vijeće narodnog oslobodjenia Jugoslavije (Avnoj), il supremo organo di rappresentanza del nuovo Stato rivoluzionario jugoslavo.
32 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 113. A questo rapporto dell’Of non presta attenzione il saggio di Godeša, pur incentrato sugli stessi problemi.
33 Comitato di liberazione nazionale dell’Istria, Il problema di Trieste. Realtà storica, politica, economica, Trieste 1954 (testo di C. Schiffrer).
34 Godeša, I comunisti sloveni cit., pp. 122, 125-26.
35 In nessun altro modo a mio parere si possono interpretare le parole di Kardelj: “Come città italiana Trieste rappresenterà un settore autonomo nazionalmente italiano […] annessa a quella repubblica sovietica a cui apparterrà l’entroterra triestino”. Lettera di Kardelj a Umberto Massola, seconda metà di marzo 1942, in Godeša, I comunisti sloveni cit., pp. 127-28.
36 La Dichiarazione assegnava un ruolo centrale al problema sloveno in previsione “del nuovo ciclo di guerre e rivoluzioni, di cui siamo alla vigilia”: cfr. supra.
37 A. Di Biagio, La teoria dell’inevitabilità della guerra, in F. Gori (a c. di), Il XX congresso del Pcus, Franco Angeli, Milano 1988; S. Pons, Stalin e la guerra inevitabile: 1936-1941, Einaudi, Torino 1995.
38 Ivi, pp. 127-28.
39 Nel gennaio 1942: Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 112; Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., pp. 162-63.
40 Lettera di Kardelj a Tito, 29 marzo 1942, in Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., ibidem.
41 Alla documentazione che attesta tali tentativi fa riferimento anche Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit. Ursini-Uršič parla esplicitamente di tentativi di “esportare il modello sloveno” in Italia e di “porre sotto il controllo di Tito, cioè del Kpj, l’attività del ‘centro interno’ del Pcd’I”: Attraverso Trieste cit., p. 164.
42 Lettera di Kardelj a Umberto Massola cit.
43 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 114.
44 Lettera di Kardelj a Umberto Massola cit.
45 Lettera di Kardelj a Tito, 29 marzo 1942 cit.
46 Lettera di Kardelj a Tito, 18 maggio 1942, cit. in Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., p. 165.
47 Il documento del Komintern è riportato in Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., p. 183. Qui anche la notizia del ritardo nella notifica a Massola. Commenti al testo anche in Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 112 e in Godeša, I comunisti sloveni cit., p. 127 (quest’ultimo con un’evidente forzatura interpretativa).
48 Durante il colloquio con il ministro degli Esteri della Gran Bretagna Anthony Eden: L.Ja. Gibjanskij, Mosca, il Pci e la questione di Trieste (1943-1948) in F. Gori, S. Pons (a c. di), Dagli archivi di Mosca, L’Urss, il Cominform e il Pci (1943-1951), Carocci, Roma 1998, pp. 85-133, in partic. p. 89.
49 Fogar, Trieste in guerra cit., pp. 129-30.
50 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 114.
Patrick Karlsen, Il PCI, il confine orientale e il contesto internazionale (1941-1955), Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2007-2008

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Il Komintern e la questione di Trieste bigarella.wordpress.com/2024/1…


Maribor (Slovenia). Foto: Janezdrilc. Fonte: Wikipedia

Dopo l’invasione della Slovenia da parte dell’Italia e della Germania nell’aprile 1941, tutte le forze politiche riunite nel Fronte di liberazione sloveno (Osvobodilna fronta – Of) si prefissero lo scopo della liberazione e unificazione della loro nazione. Tra queste anche il Kps, che all’interno dell’Of rappresentava la fazione più organizzata e influente. Già dalla fine del 1941 il Fronte aveva istituito una commissione interna per studiare i futuri confini della Slovenia, e il Comitato centrale (Cc) del Kps aveva dichiarato “irrinunciabili” le città di Maribor e Trieste <26. L’accentuazione patriottica nel Kps rispondeva alle direttive del Komintern dell’estate 1941, il quale per bocca di Georgij Dimitrov aveva impartito a tutti i partiti comunisti la linea da seguire dopo l’invasione tedesca dell’Urss: riedizione dei fronti popolari, costruzione di un ampio movimento di liberazione, insistenza sull’elemento nazionale e accantonamento della parola d’ordine della rivoluzione <27. Contemporaneamente, l’Of cercò di radicare la sua presenza su tutto il territorio da esso ritenuto sloveno. A questo fine, un membro del Kps fu inviato nell’agosto 1941 a Trieste e nel Litorale con l’incarico di prendere contatti con i superstiti aderenti al partito di Tomažič. Vennero così costituiti il Comitato regionale del Litorale e il Comitato cittadino del Kps e dell’Of per Trieste <28.
Sia per quanto riguarda la definizione delle rivendicazioni del Kps sul Litorale sloveno, sia per le misure pratiche che vennero ricercate e messe in campo allo scopo, l’anno-chiave può essere considerato il 1942.
Il 1° maggio il Cc del Kps, pressato sulla questione nazionale dalle ali di destra dell’Of, emanava una dichiarazione sui futuri confini sloveni: Trieste era considerata parte della nuova Jugoslavia, con uno status autonomo data la popolazione a maggioranza italiana. Il privilegio dell’autonomia non veniva concesso invece alle città italiane dell’Istria comprese nel Litorale sloveno (Muggia, Capodistria, Isola, Pirano) in quanto ritenute composte prevalentemente da immigrati <29. In questa dichiarazione, il Kps sosteneva che “alla Slovenia liberata e riunificata, oltre al territorio in cui vive la popolazione slovena, appartengono anche i territori snazionalizzati con la forza nell’ultimo periodo imperialista” <30. Per parte sua, l’Of acquisiva e rinforzava tali lineamenti: in un rapporto al Consiglio antifascista di liberazione nazionale della Jugoslavia <31, il confine occidentale della Slovenia fuoriusciva dal cosiddetto ‘territorio etnico sloveno’ per inglobare anche il triangolo esteso tra Ronchi e Monfalcone. L’espansione era giustificata con motivazioni di carattere strategico ed economico (legami dichiarati inscindibili tra Monfalcone e Trieste) <32. Erano rivendicazioni appoggiate sulla teoria della dipendenza delle città dalla campagna, e che trovavano persuasivi riscontri nel corpus dottrinario comunista. Quella che lo storico Carlo Schiffrer chiamava “teoria dei territori etnici compatti”, discendeva dalla predilezione dell’elemento contadino nell’individuazione dei caratteri fondativi della nazione ❤❤: una preferenza, come abbiamo visto, accordata dallo stesso Stalin nelle sue riflessioni sull’argomento. Non a caso un membro della commissione sui confini dell’Of, il geografo Anton Melik, spiegava che attorno a quel criterio erano stati tracciati i confini delle singole repubbliche in Unione Sovietica; e Joža Vilfan, avvocato triestino al quale era stato affidato uno studio analogo dal Kps, faceva perno su quelle tesi di Stalin per affermare l’appartenenza di Trieste al suo entroterra <34.
Ma a monte delle pretese territoriali del Kps, e dell’energia con cui venivano avanzate, oltre a queste di tipo teorico vi erano anche motivazioni strettamente politico-strategiche. Esse erano legate alla lettura che il partito dava del quadro politico europeo durante la guerra e delle sue possibili evoluzioni. Illuminanti a questo proposito sono alcune attestazioni di Edvard Kardelj, leader del Kps e numero due del Kpj, risalenti alla primavera-estate del 1942. In una lettera a Umberto Massola, allora rappresentante del Cc del Pcd’I presso il partito sloveno, Kardelj inquadrava l’argomentazione a favore dell’unione di Trieste a una Slovenia sovietica <35 all’interno di una visione strategico-ideologica ben strutturata: basata sulla prospettiva di un prossimo allargamento della rivoluzione in Germania e, quanto più possibile, nel resto del centro Europa. Tale prospettiva derivava dagli schemi ideologici elaborati nel movimento comunista internazionale tra le due guerre, schemi che avevano ispirato anche la Dichiarazione comune sul problema sloveno firmata dal Pcd’I, dal Kpj e dal Partito comunista austriaco nel 1934 <36. Essi erano figli dell’idea della ‘guerra inevitabile’ e della sua linea politica corrispondente, quella di ‘classe contro classe’; presupponevano un imminente inasprimento dei rapporti tra le potenze della coalizione antitedesca, giocato intorno all’alternativa capitale-anticapitale, in analogia con quanto avvenuto nella Prima guerra mondiale e lo scoppio della Rivoluzione d’ottobre <37. In questo scenario da tempo prefigurato, il problema della declinazione rivoluzionaria della questione nazionale slovena assumeva per Kardelj una valenza cruciale. Non si può attribuire a ragioni esclusivamente retoriche e strumentali il fatto che egli, nella lettera a Massola, presentasse la politica del Kps nel Litorale come un’applicazione dello slogan sull’autodecisione e unificazione della Slovenia enunciato nella Dichiarazione del 1934 <38. Essa, del resto, era stata confermata da Massola a nome del Pcd’I appena due mesi prima, con il Manifesto del Pcd’I per il diritto all’autodeterminazione e alla riunificazione del popolo sloveno <39. Proprio in virtù di quanto da essa previsto e pattuito, dalla primavera Kardelj iniziò a insistere sull’importanza che la lotta rivoluzionaria degli sloveni stava acquistando, finalmente su un piano concreto, per il futuro politico dell’Austria e dell’Italia. Come scrisse a Tito, “i comunisti sloveni hanno ricevuto l’ordine di scatenare la rivoluzione nel centro Europa” <40. Appoggiare e rinforzare l’estensione anche territoriale della loro lotta era interesse di tutto il movimento comunista internazionale. Se fosse riuscita a portare al distacco di intere regioni dal corpo nazionale dominante, infatti, essa avrebbe esasperato le contraddizioni tra la borghesia e il proletariato della nazione maggioritaria, trasformandosi in un poderoso incentivo alla rivoluzione. Da questo retroterra ideologico, prese avvio il tentativo perseguito dal Kpj di estendere la rivoluzione all’Italia, di far valere la propria preminenza nei confronti del Partito comunista italiano, e di incidere sulla sua linea politica (un tentativo destinato a durare fino alla rottura tra Stalin e Tito nel 1948) <41.
Nel contesto della guerra e dei rivolgimenti politico-sociali giudicati prossimi a venire, il possesso del porto di Trieste era visto dai comunisti sloveni come una delle questioni dirimenti. Chi controllava il porto, per il suo posizionamento strategico e per l’elevata concentrazione della sua classe operaia, era destinato a esercitare un’influenza decisiva sul suo entroterra, in gran parte agricolo. E ciò in un’ottica ideologica ‘classe contro classe’ che raggruppava, sin dalla prima metà del 1942, le potenze coinvolte nel conflitto in modo trasversale rispetto alle alleanze in campo. Nella stessa lettera, infatti, Kardelj scriveva a Massola: “A causa dell’atteggiamento filoinglese di gran parte della borghesia italiana, da una parte, e la debolezza dell’azione politica del proletariato italiano, dall’altra, esiste il pericolo che Trieste in futuro possa diventare il trampolino di lancio degli imperialisti reazionari inglesi […]. È chiaro che noi neutralizzeremo tutti questi tentativi – se sarà necessario – anche con le armi […]. Per quanto ci consentirà la nostra forza armata, non lasceremo Trieste a qualche governo reazionario italiano filoinglese, poiché per noi questa sarebbe una minaccia costante” <42.
È un atteggiamento che da lì in poi il Cc del Kps avrebbe ribadito con continuità. Un anno e mezzo più tardi, alla caduta di Mussolini l’eventualità di un’occupazione inglese di Trieste sarà temuta tanto quella di un’occupazione da parte dei tedeschi: “La questione se la Slovenia sarà libera ancor prima di una rivoluzione socialista nell’Europa occidentale, o se diventi, come retroterra di Trieste, colonia britannica, sarà risolta nelle vie di Trieste e quindi dobbiamo arrivare lì prima degli inglesi” <43.
Dal punto di vista sloveno, era questa complessa impostazione ideologica a presupporre la necessità che il Kps articolasse con efficacia e rapidità le sue posizioni nel Litorale. È opportuno sottolineare come questo obiettivo di espansione territoriale fosse concepito, ‘raccontato’ e indirizzato in virtù di categorie ideologiche del marxismo-leninismo; fosse cioè pubblicamente subordinato da Kardelj al superiore obiettivo internazionalista di allargare la rivoluzione all’Italia settentrionale e al centro Europa.
A questo punto, diveniva fondamentale che tali posizioni fossero ufficializzate dall’autorità cui veniva riconosciuta la competenza di stabilire le giurisidizioni e coordinare gli ambiti di azione dei diversi partiti comunisti: il Komintern. Già a Massola Kardelj aveva scritto: “Il Cc del Kpj […] ha automaticamente supposto che anche l’organizzazione politica triestina afferirà al Cc del Kps del Litorale” <44. Nello stesso mese di marzo il dirigente del Kpj faceva pressioni su Tito perché si rivolgesse al segretario del Komintern, Dimitrov, affinché questi inducesse i comunisti italiani a fissare i loro doveri rispetto al movimento comunista sloveno e croato nella Venezia Giulia. Egli sottolineava come un’organizzazione comunista dipendente dal Pcd’I non esistesse di fatto nella regione; faceva presente che il Cc del Kps (su richiesta di Massola) finanziava il ‘centro interno’ del Pcd’I con trentamila lire al mese e badava inoltre al sostentamento integrale di Massola stesso. Pertanto, Kardelj sosteneva che sarebbe stato opportuno rivendicare una forma di controllo da parte del Kps sul denaro versato al Pcd’I <45.
La realtà della presenza del Kps nel Litorale sloveno era riaffermata da Kardelj in un’altra lettera a Tito del 18 maggio: “Noi abbiamo ora lì […] un gran numero di comitati dell’Of, un distaccamento partigiano forte di circa 100 uomini […]. Negli ultimi tempi abbiamo rinnovato saldi legami nella stessa Trieste”. Circa le proteste di Massola verso le rivendicazioni sempre più precise del Kps su Trieste (la dichiarazione del partito sloveno sui futuri confini era stata pubblicata il 1° maggio) e verso le pretese di supremazia che esso avanzava sull’organizzazione comunista del Litorale, Kardelj ostentava sicurezza: “Sul problema del Litorale, si sa, [Massola] non è d’accordo. Comunque non conta […]. Lui parli pure – noi lavoreremo” <46.
La risposta tanto sollecitata alle richieste di Kardelj pervenne da Dimitrov il 3 agosto 1942, tramite una lettera a Tito di cui fu consegnata una copia a Massola due mesi dopo. È questo il documento attraverso cui il Komintern accoglieva in toto le istanze slovene e sanzionava un nuovo equilibrio, nei rapporti tra Kps e Pcd’I nel Litorale, a favore del primo: un equilibrio che, pur tra vicende alterne e tentativi di rinegoziazione da parte italiana, sarebbe sopravvissuto alla guerra per mantenersi tale fino al 1948. Vale la pena riportare per esteso il comunicato di Dimitrov: “Cc Slovenia e Cc Jugoslavia sono tenuti ad esigere dai compagni italiani il rendiconto della loro attività. Costituire gruppi di Kps nei rioni italiani d’un tempo, laddove vivono sloveni e croati – Istria, Trieste ed altrove. Sviluppare colà il movimento partigiano non è soltanto giusto, bensì pure urgente. Così pure è estremamente urgente che il tutto venga condotto a termine dal comando, in contatto con i compagni italiani, nella costituzione delle organizzazioni per la lotta partigiana ed antifascista in Istria, a Trieste ed a Fiume” <47.
Le istruzioni di Dimitrov riconoscevano senza equivoci l’egemonia del movimento comunista sloveno su quello italiano nella Venezia Giulia (anche ammettendo sue estensioni sui territori abitati da croati). Tali regioni, dal punto di vista delle strutture di partito, non dovevano più considerarsi di pertinenza italiana ma zona di operazioni del Kps. L’unica limitazione che si poneva era che ciò fosse svolto mantenendo il contatto con i compagni italiani. Si raccomandava che la direzione degli avvenimenti politici (scambio di giurisdizione tra i partiti) e militari (sviluppo del movimento partigiano) fosse assicurata al “comando”, a chi deteneva cioè il controllo militare della resistenza nella zona: vale a dire, appunto, l’Of e il Kps.
Se Stalin aveva manifestato nel dicembre 1941 una generica disponibilità a sottrarre all’Italia Trieste e gli altri suoi possedimenti nell’Adriatico orientale, la nota del Komintern del 3 agosto 1942 appare una misura coerente con questo orientamento di fondo <48. Si trattava di indirizzi che non tardarono ad avere ricadute pratiche sul territorio. Tra la fine del 1942 e la prima metà del 1943 il Kps stringeva una serie di accordi informali con il rappresentante del Pcd’I a Trieste, Vincenzo Marcon. Entrando a far parte del Consiglio nazionale di liberazione sloveno del Litorale (il governo partigiano della regione), Marcon introduceva il Pcd’I nelle strutture slovene eseguendo alla lettera il testo di Dimitrov. Negli stessi mesi, il Kps e il Pcd’I di Marcon gettavano le basi di Fratellanza operaia, l’organizzazione di massa binazionale che in seguito avrebbe preso il nome di Unità operaia e di Unione antifascista italoslava (Uais) <49. Nel frattempo, alla conferenza regionale del Kps del 4-5 dicembre 1942 il Litorale era di fatto riconosciuto come parte del nuovo Stato sloveno <50.

[NOTE]26 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 111.
27 E. Mark, Revolution by Degrees: Stalin’s National-Front Strategy for Europe 1941-1947, Cold War International History Project, Working Paper n. 31, Woodrow Wilson International Centre for Scholars, Washington D.C. 2001, p. 15.
28 Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., pp. 153-55. L’autore, che si basa sulla ricostruzione di Vid Vremec (Pinko Tomažič in drugi tržaški proces, Lipa e Založništvo tržaškega tiska, Koper 1989), anticipa di un anno l’attività del Kps e dell’Of nel Litorale rispetto a quanto afferma G. Fogar in Trieste in guerra. Società e Resistenza 1940-1945, Irsml-Fvg, Trieste 1999, pp. 73-74.
29 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 113.
30 Cit. in B. Godeša, I comunisti sloveni e la questione di Trieste nella Seconda guerra mondiale, ‘Qualestoria’, a. XXXV (2007), n. 1, pp. 119-32, in partic. p. 24.
31 Antifašističko vijeće narodnog oslobodjenia Jugoslavije (Avnoj), il supremo organo di rappresentanza del nuovo Stato rivoluzionario jugoslavo.
32 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 113. A questo rapporto dell’Of non presta attenzione il saggio di Godeša, pur incentrato sugli stessi problemi.
33 Comitato di liberazione nazionale dell’Istria, Il problema di Trieste. Realtà storica, politica, economica, Trieste 1954 (testo di C. Schiffrer).
34 Godeša, I comunisti sloveni cit., pp. 122, 125-26.
35 In nessun altro modo a mio parere si possono interpretare le parole di Kardelj: “Come città italiana Trieste rappresenterà un settore autonomo nazionalmente italiano […] annessa a quella repubblica sovietica a cui apparterrà l’entroterra triestino”. Lettera di Kardelj a Umberto Massola, seconda metà di marzo 1942, in Godeša, I comunisti sloveni cit., pp. 127-28.
36 La Dichiarazione assegnava un ruolo centrale al problema sloveno in previsione “del nuovo ciclo di guerre e rivoluzioni, di cui siamo alla vigilia”: cfr. supra.
37 A. Di Biagio, La teoria dell’inevitabilità della guerra, in F. Gori (a c. di), Il XX congresso del Pcus, Franco Angeli, Milano 1988; S. Pons, Stalin e la guerra inevitabile: 1936-1941, Einaudi, Torino 1995.
38 Ivi, pp. 127-28.
39 Nel gennaio 1942: Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 112; Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., pp. 162-63.
40 Lettera di Kardelj a Tito, 29 marzo 1942, in Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., ibidem.
41 Alla documentazione che attesta tali tentativi fa riferimento anche Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit. Ursini-Uršič parla esplicitamente di tentativi di “esportare il modello sloveno” in Italia e di “porre sotto il controllo di Tito, cioè del Kpj, l’attività del ‘centro interno’ del Pcd’I”: Attraverso Trieste cit., p. 164.
42 Lettera di Kardelj a Umberto Massola cit.
43 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 114.
44 Lettera di Kardelj a Umberto Massola cit.
45 Lettera di Kardelj a Tito, 29 marzo 1942 cit.
46 Lettera di Kardelj a Tito, 18 maggio 1942, cit. in Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., p. 165.
47 Il documento del Komintern è riportato in Ursini-Uršič, Attraverso Trieste cit., p. 183. Qui anche la notizia del ritardo nella notifica a Massola. Commenti al testo anche in Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 112 e in Godeša, I comunisti sloveni cit., p. 127 (quest’ultimo con un’evidente forzatura interpretativa).
48 Durante il colloquio con il ministro degli Esteri della Gran Bretagna Anthony Eden: L.Ja. Gibjanskij, Mosca, il Pci e la questione di Trieste (1943-1948) in F. Gori, S. Pons (a c. di), Dagli archivi di Mosca, L’Urss, il Cominform e il Pci (1943-1951), Carocci, Roma 1998, pp. 85-133, in partic. p. 89.
49 Fogar, Trieste in guerra cit., pp. 129-30.
50 Troha, Il movimento di liberazione sloveno cit., p. 114.
Patrick Karlsen, Il PCI, il confine orientale e il contesto internazionale (1941-1955), Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2007-2008

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Oggi, 6 ottobre, nel 1960


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Il film d'avventura americano Spartacus, diretto da Stanley Kubrick e interpretato da Kirk Douglas, è presentato in anteprima mondiale. La pellicola vincerà diversi Academy Awards, incluso quello come miglior attore non protagonista per Peter Ustinov.
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