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RECENSIONE : SECRET AGENT HEADCHEESE – ESCAPE FROM ALCATRAZ


Secret agent headcheese: la prima volta che lo sentirete avrete l’effetto (collaterale) di chi ascoltò gli esordi dei Sex Pistols negli anni ’70: “Cos’è ‘sto macello!”…però poi vi piace.

iyezine.com/secret-agent-headc…

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RECENSIONE : PYRAME – ELECTRONICA MELANCHOLIA (REMIXES)


In questo nuovo ep di remixes del lavoro di Pyrame “Electroncia melancholia” si è proprio scelto la canzone che dà il titolo per nuove vibrazioni elettroniche. I produttori scelti per dare la loro interpretazione del brano sono l’italiano A- Tweed con due remix, il russo Volta Cab e l’ altro italiano Philip Lawns, tutti su Thisbe Recordings.

iyezine.com/pyrame-electronica…

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Open letter: EU lawmakers call on Meta to scrap its ‘pay or okay’ scheme


In an open letter initiated by Pirate Party MEP and digital freedom fighter Patrick Breyer, 36 Members of the European Parliament have expressed a resolute condemnation of Meta’s controversial ‘pay … https://www.patrick-breyer.de/wp-content/uploads/2024/

In an open letter initiated by Pirate Party MEP and digital freedom fighter Patrick Breyer, 36 Members of the European Parliament have expressed a resolute condemnation of Meta’s controversial ‘pay or okay’ scheme to Nick Clegg, President of Global Affairs at Meta. MEPs express deep concerns regarding the “privacy fee” undermining privacy and data protection, presenting a “false choice” and constituting “economic coercion”. The scheme is currently under scrutiny by the European Data Protection Board (EDPB) and the Commission, and is being litigated in court by consumer organisations.

Pirate Party MEP Patrick Breyer comments the letter:

“Privacy is not a commodity – it’s a fundamental human right that should never be subject to commercial transactions. The ‘pay or okay’ model used by Meta perpetuates inequalities, undermines the very essence of personal security and reinforces unjust systems. Meta’s approach fails to seek genuine consent as required by the GDPR, coercing users into acceptance by making privacy unaffordable. The reason Meta insists in an unlawful consent model is because its business model is dependent on pervasive tracking. We need a true alternative to tracking and targeted advertising, with approaches such as contextual advertising. We urge Meta to scrap its ‘pay or okay’ scheme.”


patrick-breyer.de/en/open-lett…

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In Cina e Asia – Una campagna social della CIA per infangare il PCC?


In Cina e Asia – Una campagna social della CIA per infangare il PCC? CIA PCC
I titoli di oggi:

Una campagna social della CIA per infangare il PCC?
Collasso Sichuan Trust, gli investitori protestano contro il piano di rimborso del governo
Cina, giornalisti della CCTV allontanati con forza dalle autorità locali
Pechino assicura politiche flessibili per le nuove tecnologie mentre lancia un piano per rilanciare i consumi
Cambogia, in programma la cos

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Africa Rossa – L’Africa alle "Due sessioni”


Africa Rossa – L’Africa alle Africa due sessioni
Africa rossa è la rubrica dedicata alla presenza cinese in Africa, a cura di Alessandra Colarizi.

I temi di questa puntata di:

L'Africa alle "Due sessioni"
Il senso di Julius Maada Bio a Pechino
Dopo il cobalto congolese, la Cina punta al litio zimbabwese
FMI: "Il modello cinese in Africa sta cambiando"
Comunità cinese in Africa ai minimi dal 2015
Pelle di asino, ora c'è il ban dell'UA
AfCFTA contro il de-risking
Crisi Mar Rosso, colpiti gli investimenti cinesi nel Corno d'Africa
Tecno supera Samsung in Africa e Medio Oriente
Cina e Russia: un po' "alleati", un po' avversari

L'articolo Africa Rossa – L’Africa alle “Due sessioni” proviene da China Files.



La guerra in Ucraina, un grande affare per Washington


Comunque vada, per Washington la guerra in Ucraina è stato un grande affare. Gli USA hanno ristabilito il primato militare sull'occidente, sostituito le proprie esportazioni energetiche a quelle russe ed aumentato la vendita di armi in Europa L'articolo

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di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 15 marzo 2024 – Ormai anche a Washington si ammette pubblicamente che le possibilità che l’Ucraina “vinca” la guerra contro la Russia sono ridotte al lumicino.

Lungi dall’aumentare l’isolamento internazionale di Mosca e dall’indebolire la Russia, come previsto e sperato da Washington, le dure sanzioni imposte alla Federazione hanno forzato l’economia del gigante eurasiatico a riconvertirsi velocemente, potenziando il suo apparato militare-industriale e la sua capacità di produrre armi e munizioni.
Inoltre, venuti meno i mercati occidentali, Mosca ha dovuto volente o nolente riorientare una parte importante delle sue relazioni commerciali verso i paesi dell’Asia e incrementare le relazioni con l’Africa, sfruttando proprio il suo potenziale militare.

L’Ucraina, sedotta e abbandonata?
In molti temono ora che le prossime elezioni presidenziali statunitensi vedano prevalere Donald Trump che non fa mistero di voler mollare l’Ucraina al suo destino per cercare un relativo appeasement con Vladimir Putin e poter concentrare i propri sforzi contro la Cina. Nel frattempo i parlamentari repubblicani bloccano l’approvazione di un megapacchetto di aiuti finanziari e bellici all’Ucraina, il cui esercito è sempre più sfiancato e a corto di munizioni, incapace di contrastare efficacemente l’avanzata delle truppe russe soprattutto in Donbass.

Comunque, per gli Stati Uniti il sostegno all’Ucraina non sembra essere più una novità. Le dimissioni, alcuni giorni fa, del sottosegretario al dipartimento di Stato Victoria Nuland, prima tra i principali attori del cambio di regime a Kiev nel 2014 e poi sponsor fondamentale del sostegno economico e militare all’Ucraina, confermano il disimpegno di Washington.

Mentre l’establishment europeo e in particolare la Francia gonfiano il petto e pensano di sfruttare il parziale dietrofront degli Stati Uniti per ergersi a strenui difensori di Kiev, costi quel che costi – ma saranno in grado di trasformare le altisonanti dichiarazioni in atti concreti, rischiando di entrare in rotta di collisione diretta con la Russia e di scatenare una guerra su vasta scala? – in Ucraina aumenta il numero di quanti nutrono forti dubbi sulla scelta di affidarsi strategicamente a Washington, col rischio di essere sedotti e abbandonati.

La Nato torna in auge e conquista nuovi membri
In fondo, se pure dovesse tirare i remi in barca e lasciare campo libero alla Russia in Ucraina aprendo magari un nuovo fronte con Mosca in un altro quadrante – o potrebbe essere proprio la dirigenza russa a farlo al fine di sfruttare il momento positivo – Washington avrebbe comunque ottenuto numerosi risultati utili a frenare il declino e la crisi della principale superpotenza globale, assediata dalla nascita e dal rafforzamento di una nuova schiera di potenze internazionali e regionali che aspirano ad un posto al sole e ne mettono quindi in discussione il primato.

Innanzitutto gli Stati Uniti sono riusciti a rivitalizzare la NATO – che, non è un segreto, è un’alleanza militare ad uso e consumo dei suoi interessi geopolitici – e a convincere i partner europei ad aumentare in maniera rapida e consistente le spese destinate al comparto difesa e a finanziare l’Alleanza Atlantica. La guerra in Ucraina ha permesso a Washington di vincere le resistenze di alcuni governi europei e di congelare chissà per quanti anni la nascita di un vero esercito europeo che invece, prima dell’invasione russa, sembrava prendere quota. Inoltre Washington ha ottenuto l’ingresso nell’alleanza di Svezia e Finlandia che a lungo erano rimasti neutrali dopo la Seconda Guerra Mondiale.

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Il boom delle esportazioni di armi
Come se non bastasse, come certificato dal Sipri (Stockholm International Peace Research institute) gli Stati Uniti hanno fortemente incrementato la vendita di armi arrivando a fornire più di metà di quelle acquistate dagli eserciti europei. Nell’ultimo quinquennio Washington ha venduto sistemi bellici a ben 107 diversi Stati. Per la prima volta negli ultimi 25 anni, Washington è diventata la principale esportatrice verso l’Asia, anche grazie al boom degli acquisti di armi da parte del Giappone (+155%) e alla crescita della Corea del Sud (+6,5%).

A beneficiare del boom delle esportazioni – e delle vendite al governo statunitense, desideroso di rimpinguare i propri arsenali intaccati dai trasferimenti alle forze armate ucraine – sono stati colossi come la Lockheed Martin, il Northrop Grumman, General Dynamics e Raytheon Technologies, i cui soci nel solo 2022 si sono spartiti dividendi per ben 17 miliardi di dollari, grazie all’aumento del volume d’affari del 49% rispetto all’anno precedente. Secondo i dati pubblicati dalla Federal Reserve, negli ultimi due anni il comparto difesa statunitense ha aumentato il proprio fatturato del 18%.

Gli USA scalano la classifica degli esportatori di gas e petrolio
Per quanto riguarda il comparto energetico, con la distruzione – anche fisica – dei corridoi tra Germania e Federazione Russa gli Stati Uniti si sono imposti come uno dei principali fornitori di gas naturale liquefatto dei paesi europei, venduto ad un prezzo assai superiore a quello del carburante esportato da Mosca attraverso il Nord Stream ed altre pipeline.

Se le sanzioni imposte a Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina avevano l’obiettivo dichiarato di comprimere le esportazioni energetiche russe svuotando le casse di Putin, hanno prodotto soprattutto l’aumento delle esportazioni di idrocarburi statunitensi nel continente europeo, riempiendo le casse di Washington.

Le esportazioni record del 2023 hanno trasformato gli Stati Uniti nel maggior esportatore mondiale di Gnl – estratto in gran parte con il metodo, molto inquinante, della fratturazione idraulica che prevede l’iniezione nel terreno di grandi quantità di acqua e di solventi chimici – davanti al Qatar e all’Australia. Nonostante il calo delle ultime settimane le previsioni indicano che Washington manterrà il primato anche nel 2024.

Anche le vendite di petrolio statunitense ai paesi europei sono cresciute notevolmente; secondo i dati pubblicati dall’Energy Information Administration, ad esempio, nel settembre scorso gli Stati Uniti producevano ogni giorno circa 13,2 milioni di barili di greggio al giorno, il livello più alto mai raggiunto.

Nel 2023 il totale delle importazioni di greggio statunitense da parte dell’Europa ha raggiunto il 46% contro il 37% del 2021. Al contrario, l’Asia ha comprato meno petrolio statunitense, passando dal 47 al 41%, mentre le esportazioni russe – soprattutto a India, Cina e Pakistan – sono salite.

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Victoria Nuland in piazza Majdan a Kiev nel 2013

La crisi tedesca ed europea
Se l’Unione Europea ha insistentemente puntato a ridurre al minimo la propria dipendenza energetica dalla Russia ha però aumentato notevolmente quella nei confronti degli Stati Uniti, e a caro prezzo.

L’aumento del costo delle forniture energetiche e la feroce speculazione innestata dalle sanzioni alla Russia hanno infatti spinto in alto l’inflazione in tutti i paesi europei – e non solo – causando un danno economico enorme ai ceti medi e soprattutto alle fasce più deboli della popolazione che hanno visto erodere in maniera consistente il proprio potere d’acquisto.

L’economia tedesca, poi, ha subito un gravissimo contraccolpo anche a causa dell’interruzione dei flussi commerciali ed energetici con la Russia e della crescente concorrenza cinese e statunitense, entrando in crisi per la prima volta dopo parecchi decenni. L’aumento esponenziale dei costi energetici, infatti, ha ridotto notevolmente la competitività della manifattura europea, soprattutto di quella tedesca.

Al contrario, nell’agosto del 2022, il governo statunitense ha varato il cosiddetto “Inflation Reduction Act”, un enorme piano di sussidi e incentivi alla propria industria per un totale di 400 miliardi di dollari che ha permesso alla produzione industriale di Washington di rimanere competitiva e di attirare sul suolo americano anche produzioni estere o di ottenere il ritorno in patria di produzioni precedentemente esternalizzate.

Comunque vada a finire, gli Stati Uniti hanno tratto enormi vantaggi dalla situazione di polarizzazione bellica venutasi a creare dopo l’invasione russa dell’Ucraina, quantomeno nei confronti dell’Unione Europa il cui rafforzamento, sul piano militare, economico e politico è sempre stato considerato dall’establishment statunitense un processo da contrastare.

Come scrive il Wall Street Journal, i supporters del sostegno all’Ucraina di solito invocano gli interessi strategici dell’occidente o gli obblighi morali degli Stati Uniti nei confronti della difesa della libertà e della democrazia. Ma la verità è che la guerra in Ucraina è stata una vera manna per l’economia statunitense. Pagine Esteri

13612805* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, El Salto Diario e Berria

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LA LEGGE EUROPEA SULL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE E L'IDENTIFICAZIONE BIOMETRICA DA PARTE DELLE FORZE DI POLIZIA


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La legge europea sull’intelligenza artificiale stabilisce norme per l’uso dell’intelligenza artificiale (#AI) nell’Unione europea (#UE) e mira a garantire che i sistemi di intelligenza artificiale non comportino rischi sistemici per l’Unione. Il testo (europarl.europa.eu/doceo/docum…) non verrà promulgato prima di maggio 2024 e le regole dell’AI Act entreranno in vigore a scaglioni.

Il Regolamento si basa sul livello di rischio, con obblighi graduati in base a esso, dalle pratiche inaccettabili, agli usi ad alto rischio, quelli che necessitano di trasparenza (come chatbot, AI generative e deepfakes) e quelli a basso rischio, regolati da principi generali.

Tra le pratiche vietate di AI rientrano la manipolazione o l'inganno a fini di distorsione del comportamento, i sistemi che sfruttano le vulnerabilità, la categorizzazione biometrica che viola i diritti personali, la classificazione di individui o gruppi sulla base di comportamenti o caratteristiche sociali, l'identificazione biometrica remota in tempo reale in pubblico per le forze dell'ordine, profilazione di individui per comportamenti criminali, database di riconoscimento facciale non autorizzati e deduzione di emozioni nelle istituzioni senza ragioni mediche o di sicurezza. In particolare, i sistemi di AI che non presentano rischi significativi per la salute, la sicurezza o i diritti fondamentali delle persone fisiche non saranno considerati ad alto rischio se soddisfano criteri specifici. I modelli di AI per scopi generali devono soddisfare obblighi quali la manutenzione della documentazione e la cooperazione con le autorità. I deep fake, definiti come contenuti ingannevoli generati dall'intelligenza artificiale, richiedono la divulgazione se non legalmente autorizzati o fanno parte di opere artistiche. Inoltre, il watermarking dei contenuti generati dall’intelligenza artificiale è obbligatorio per motivi di trasparenza, per cui i fornitori devono garantire una marcatura efficace e la compatibilità con gli standard tecnici.

Sebbene la legge copra vari aspetti della regolamentazione dell’AI, comprese disposizioni per diversi settori, non delinea specificamente cosa una forza di polizia può o non può fare con l’AI.

Gli aspetti maggiormente critici riguardano l'identificazione biometrica.

A tale riguardo l'art. 26, comma 10, così recita: “ nel quadro di un'indagine per la ricerca mirata di una persona sospettata o condannata per aver commesso un reato, il deployer di un sistema di IA ad alto rischio (elenco nell' Allegato III, ndr) per l'identificazione biometrica remota a posteriori chiede un'autorizzazione, ex ante o senza indebito ritardo ed entro 48 ore, da parte di un'autorità giudiziaria o amministrativa la cui decisione è vincolante e soggetta a controllo giurisdizionale, per l'uso di tale sistema, tranne quando è utilizzato per l'identificazione iniziale di un potenziale sospetto sulla base di fatti oggettivi e verificabili direttamente connessi al reato. Ogni uso è limitato a quanto strettamente necessario per le indagini su uno specifico reato. Se l'autorizzazione richiesta di cui al primo comma è respinta, l'uso del sistema di identificazione biometrica remota a posteriori collegato a tale autorizzazione richiesta è interrotto con effetto immediato e i dati personali connessi all'uso del sistema di IA ad alto rischio per il quale è stata richiesta l'autorizzazione sono cancellati.” (...) In nessun caso tale sistema di IA ad alto rischio per l'identificazione biometrica remota a posteriori è utilizzato a fini di contrasto in modo non mirato, senza alcun collegamento con un reato, un procedimento penale, una minaccia reale e attuale o reale e prevedibile di un reato o la ricerca di una determinata persona scomparsa. Occorre garantire che nessuna decisione che produca effetti giuridici negativi su una persona possa essere presa dalle autorità di contrasto unicamente sulla base dell'output di tali sistemi di identificazione biometrica remota a posteriori. (...). Indipendentemente dalla finalità o dal deployer, ciascun uso di tali sistemi di IA ad alto rischio è documentato nel pertinente fascicolo di polizia e messo a disposizione della pertinente autorità di vigilanza del mercato e dell'autorità nazionale per la protezione dei dati, su richiesta, escludendo la divulgazione di dati operativi sensibili relativi alle attività di contrasto

L’AI Act mira a stabilire un quadro per garantire l’uso etico e responsabile dell’AI, che include la gestione dei potenziali rischi e la garanzia del controllo umano sulle decisioni critiche.

Le limitazioni e le normative specifiche riguardanti l’uso dell’intelligenza artificiale da parte delle forze di polizia possono variare tra i diversi Stati membri dell’UE. La legge sull’intelligenza artificiale fornisce un quadro completo per la regolamentazione dell’IA, ma l’attuazione e l’applicazione di tali regolamenti saranno effettuate a livello nazionale.

#ai #ue


GAZA. Nuovo massacro di affamati. Decine di morti e feriti alla rotonda Kuwait


Gli scampati riferiscono che all'improvviso la folla è stata colpita da raffiche sparate da elicotteri e droni. Israele nega di aver fatto fuoco. L'articolo GAZA. Nuovo massacro di affamati. Decine di morti e feriti alla rotonda Kuwait proviene da Pagin

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della redazione

Pagine Esteri, 15 marzo 2024 – Il ministero della sanità di Gaza riferisce che decine di civili palestinesi sono stati uccisi e feriti in un nuovo massacro avvenuto ieri sera alla rotonda Kuwait a Gaza city dove migliaia di persone si erano riunite in attesa di aiuti umanitari. Il morti sono almeno 21 e 150 i feriti, secondo fonti dell’ospedale al Shifa.

Gli scampati riferiscono che all’improvviso la folla è stata colpita da raffiche sparate da elicotteri e droni. Israele nega di aver fatto fuoco.

Un testimone ha dichiarato che si attendeva alle 22 locali l’arrivo di convoglio di camion con cibo e altri aiuti umanitari. Un video ripreso da un giornalista, mostra numerosi corpi sul luogo del massacro, compresi bambini.

Lo scorso 29 febbraio in Rashid Street, a ovest di Gaza City, vicino alla rotonda Nabulsi, almeno 117 palestinesi furono uccisi dal fuoco di soldati israeliani o morirono nella calca poco dopo l’arrivo di 30 autocarri.

Dal 7 ottobre scorso 31.341 palestinesi sono stati uccisi e 73.134 feriti dall’offensiva militare israeliana. Altre migliaia sono dispersi.

Seguono aggiornamenti

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Minacce al consigliere comunale Ciccio Auletta. Solidarietà dal segretario nazionale di Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo: “squadrismo verso chi eser


Giovedì (14 marzo) la Commissione europea ha chiesto informazioni a nove grandi piattaforme tecnologiche sul loro utilizzo di pubblicità mirate e intelligenza artificiale generativa (AI) per valutare la conformità con il Digital Services Act (DSA). La Commissione ha chiesto a...


Ah! Questa poi, anche la LePen si è allineata. Dev'essere arrivato un bel assegno gonfio gonfio da qualcuno. 🤦🏼‍♂️🤦🏼‍♂️🤦🏼‍♂️
imolaoggi.it/2024/03/14/marine…


di Paolo Ferrero - Le reazioni dei media e dell’establishment all’appello che il Papa ha fatto al governo ucraino di arrendersi per porre termine e quell


Sottoscritta ieri l’ipotesi del CCNL 2019 – 2021 dell’Area “Istruzione e Ricerca”, tra ARAN e le Organizzazioni Sindacali della dirigenza scolastica.


EU Health Data Space on the finishing line: Will our health data be shared across Europe without giving us a say?


The final negotiations (trilogue) on the European Health Data Space are taking place in Brussels this evening. One of the negotiators, Pirate Party MEP and privacy expert Patrick Breyer, points to …

The final negotiations (trilogue) on the European Health Data Space are taking place in Brussels this evening. One of the negotiators, Pirate Party MEP and privacy expert Patrick Breyer, points to a potentially momentous last-minute change:

“The right of patients to object to cross-border access to their patient file (Article 8F(2)) is in danger of being removed. Any nationally created electronic health record could thus automatically be made available to foreign practitioners, authorities and researchers, among others. This is contrary to the interests and wishes of patients, only a minority of whom, according to a public opinion poll commissioned by consumer organisation BEUC, agree to cross-border access to their patient records. It also does not even come close to doing justice to the sensitivity of the data, which includes records on addictions, mental disorders, abortions, sexually transmitted diseases and reproductive disorders.”

Breyer also points out other sticking points in the negotiations:

“Depending on the outcome of the negotiations, you could see your sexually transmitted diseases and sexual disorders, impotence and infertility, abortions, addictions and mental illnesses transferred to health ministries, universities and health insurance companies – without any patient control, without a guaranteed right to opt-out or any requirement for consent, even for the most intimate conditions. The patient data could be accessible under a pseudonym and remain identifiable. Ultimately, this could mean the end of medical confidentiality and deterring patients from seeking urgently needed treatments for fear of stigmatisation, possibly even resulting in suicides. Profit interests could be blatantly prioritised over the interests of patients.
Independent certification of the security of European health data systems may not be required. And the storage of our patient records threatens to be permitted even outside Europe, for example in the USA.
Overall, EU governments and the EU Commission want to accumulate, interconnect and pass on the most sensitive patient records without wanting to guarantee patients’ control over their data. , ‘Anything goes, no obligations’ is not an approach that patients can trust. Without trust, a European Health Data Space cannot exist. According to surveys, more than 80% of EU citizens want to decide for themselves about the transfer of their patient records to third parties.”


patrick-breyer.de/en/eu-health…



Le badilate sui denti prese dal cancelliere tedesco Scholz a cura del primo ministro della Malesia Anwar Ibrahim hanno una rilevanza storica.

Erano uno accanto all'altro in conferenza stampa e dopo i classici discorsi ipocriti e pieni di doppi standard che ostacolano la pace non solo in Palestina ma in tutto il mondo da parte di Scholz (il cancelliere più imbecille della storia tedesca), Anwar Ibrahim gli ha risposto così:

"Non è possibile trovare una soluzione essendo così unilaterali, guardando solo a una questione particolare e cancellando 60 anni di atrocità. La soluzione non è solo liberare gli ostaggi. E gli insediamenti? Che dire del comportamento dei coloni adesso? Continua ogni giorno! E l'espropriazione? La loro terra, il loro diritto, la loro dignità, i loro uomini, le loro donne, i loro figli? Questi non sono preoccupanti? Dove abbiamo buttato via la nostra umanità? Perché questa ipocrisia?" (Fonte)

Game, set, match!

T.me/GiuseppeSalamone



GAZA. Attacco a un magazzino dell’Unrwa, cinque palestinesi uccisi tra cui un 15enne


Nelle ultime 24 ore sono stati uccisi 69 palestinesi, in totale dal 7 ottobre sono 31.341. L'articolo GAZA. Attacco a un magazzino dell’Unrwa, cinque palestinesi uccisi tra cui un 15enne proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2024/03/14/medi

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della redazione

Pagine Esteri, 14 marzo 2024 – Un dipendente dell’Unrwa è rimasto ucciso e diversi altri feriti nell’attacco aereo israeliano di ieri ad un centro di distribuzione alimentare a Rafah, sul confine con l’Egitto. Nel raid sono rimaste uccise altre quattro persone, tra cui un ragazzo di 15 anni e un dirigente di Hamas, Mohammed Abu Hasna, l’obiettivo dell’attacco secondo il portavoce militare israeliano.

Dura la protesta di Philippe Lazzarini, il commissario generale dell’agenzia dell’Onu che assiste i profughi palestinesi, che ha parlato di un attacco “contro uno dei pochi centri di distribuzione dell’Unrwa ancora aperti a Gaza mentre le scorte di cibo per la popolazione civile stanno terminando”. Il personale dell’Unrwa che si trovava nel magazzino ha riferito che i presenti stavano confezionando aiuti da consegnare a famiglie bisognose durante il mese di Ramadan quando sono esplosi due missili.

L’Unrwa riferisce che 165 suoi dipendenti sono morti nei bombardamenti israeliani nei cinque mesi di guerra e più di 400 persone sono state uccise mentre cercavano rifugio sotto la bandiera delle Nazioni Unite. Per Israele invece quella di ieri è stata una operazione mirata, che ha portato all’eliminazione un membro importante delle unità di combattimento di Hamas.

Nelle ultime 24 ore sono stati uccisi 69 palestinesi, in totale dal 7 ottobre sono 31.341.

Nel frattempo, i rapporti tra l’agenzia dell’Onu e lo Stato ebraico restano molto tesi. Israele accusa l’Unrwa di sostenere Hamas e alla fine di gennaio ha denunciato che 12 dipendenti dell’agenzia che avrebbero preso parte il 7 ottobre all’attacco del movimento islamico che ha causato circa 1200 morti israeliani. Subito dopo gli Usa e una ventina di paesi hanno sospeso i finanziamenti all’agenzia dell’Onu e Washington potrebbe non riprenderli più.

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Anche quest’anno il #14marzo è dedicato al #PiGrecoDay.
Il #MIM festeggia l’evento dedicato alla costante matematica più famosa, con l’obiettivo di testimoniare il quotidiano impegno della scuola per sensibilizzare e avvicinare gli studenti allo stud…


La legge sull’intelligenza artificiale ha tardato ad arrivare. Pur essendo un testo legislativo di riferimento, purtroppo non è all’altezza nella tutela dei diritti umani, scrive Laura Lazaro Cabrera. Laura Lazaro Cabrera è avvocato e direttore del Programma Equità e Dati...
in reply to Informa Pirata

Certo che poi alla fine il punto è sfruttare ulteriormente i lavoratori e i consumatori con le AI perché è nel DNA del capitalismo: profitto ad ogni costo.

È impossibile risolvere questi dilemmi nel turbocapitalismo di Fusariana definizione; quando una multinazionale fattura quanto il PIL di uno stato medio-grande e si sente in diritto di sedersi alla pari ai tavoli di mediazione internazionale è l'evidente segnale che la democrazia è fritta.

Questa voce è stata modificata (1 anno fa)


L'intervista (in francese) a Benjamin Bellamy, fondatore di #Castopod

@Che succede nel Fediverso?

Grazie a @nilocram per la segnalazione


Un'intervista (in francese) a Benjamin Bellamy, fondatore di #Castopod: belginux.com/interview-de-benj… #podcast #SoftwareLibero @devol @informapirata @opensource


GAZA. Lanci aerei e rotte marittime non sono alternative alla consegna degli aiuti via terra


25 ONG chiedono ai governi di dare priorità al cessate il fuoco e agli aiuti umanitari via terra di fronte all'aumento delle morti per malnutrizione e malattie L'articolo GAZA. Lanci aerei e rotte marittime non sono alternative alla consegna degli aiuti

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della redazione

Pagine Esteri, 14 marzo 2024 – Le organizzazioni umanitarie e per i diritti umani presenti sul campo nella Striscia di Gaza ribadiscono che l’unico modo per soddisfare i bisogni umanitari senza precedenti nell’enclave è garantire un cessate il fuoco immediato e permanente e l’accesso umanitario completo, sicuro e senza ostacoli attraverso tutti i valichi terrestri. Gli Stati non possono nascondersi dietro i lanci aerei e gli sforzi per aprire un corridoio marittimo per creare l’illusione di fare abbastanza per sostenere i bisogni della popolazione di Gaza: la loro responsabilità primaria è prevenire il verificarsi di crimini atroci e applicare un’efficace pressione politica per porre fine agli incessanti bombardamenti e alle restrizioni che impediscono la consegna sicura degli aiuti umanitari.

Da mesi, ogni persona nella Striscia di Gaza sopravvive in una condizione di crisi alimentare e di fame che hanno raggiunto la percentuale più alta mai registrata dallIntegrated Food Security and Nutrition Phase Classification (IPC). Le famiglie bevono acqua non potabile da mesi e trascorrono giorni senza mangiare. Il sistema sanitario è crollato completamente tra epidemie e gravi danni dovuti ai continui bombardamenti. Almeno 20 bambini e bambine sono recentemente morti a causa di grave malnutrizione, disidratazione e malattie correlate. Poiché ogni giorno si assiste a un’accelerazione del deterioramento della situazione alimentare, idrica e sanitaria, altre morti per fame e malattie seguiranno se l’accesso umanitario continua a essere impedito dalle autorità israeliane. L’ONU ha avvertito che la carestia è imminente.

Mentre gli Stati hanno recentemente intensificato i lanci aerei di aiuti su Gaza, gli operatori umanitari sottolineano che questo metodo di consegna degli aiuti da solo non è in alcun modo in grado di soddisfare gli enormi bisogni nell’enclave. 2,3 milioni di persone che vivono in uno stato di sopravvivenza catastrofico non possono essere nutrite e curate tramite il lancio di aiuti dal cielo.

I lanci aerei non sono in grado di fornire le quantità di beni di assistenza che possono essere trasportati via terra. Mentre un convoglio di cinque camion ha la capacità di trasportare circa 100 tonnellate di aiuti salvavita, i recenti lanci aerei hanno consegnato solo poche tonnellate di aiuti ciascuno. I lanci aerei possono anche essere estremamente pericolosi per la vita dei civili in cerca di aiuto: ci sono già state segnalazioni di almeno cinque persone uccise dalla caduta libera di pacchi di aiuti a Gaza. L’assistenza umanitaria non può essere improvvisata: deve essere fornita da professionisti esperti nell’organizzazione delle distribuzioni e nella fornitura diretta di servizi salvavita. Le consegne di aiuti devono avere un volto umano: non solo per garantire un’adeguata valutazione dei bisogni delle persone colpite, ma anche per restituire speranza e dignità a una popolazione già traumatizzata e disperata. Dopo aver sopportato cinque mesi di continui bombardamenti e condizioni disumanizzanti, i bambini, le bambine, le donne e gli uomini di Gaza hanno diritto a qualcosa di più di una misera carità caduta dal cielo. Sebbene qualsiasi aiuto umanitario arrivi a Gaza sia benvenuto, il trasporto aereo o via mare dovrebbe essere visto come complementare al trasporto terrestre e non come sostituto, poiché non può in nessun caso sostituire l’assistenza fornita su strada.

È importante notare che alcuni degli Stati che hanno recentemente effettuato lanci aerei stanno anche fornendo armi alle autorità israeliane, nello specifico Stati Uniti, Regno Unito e Francia. Gli Stati non possono sfruttare gli aiuti per eludere le loro responsabilità e doveri internazionali ai sensi del diritto internazionale, inclusa la prevenzione di crimini atroci. Affinché questi Stati possano rispettare i loro obblighi di diritto internazionale, devono fermare tutti i trasferimenti di armi che rischiano di essere utilizzate per la commissione di crimini internazionali, nonché attuare misure significative per imporre un cessate il fuoco immediato, un accesso umanitario illimitato e per accertare le responsabilità dei responsabili di tali crimini.

Alcuni Stati terzi hanno recentemente annunciato sforzi per aprire un corridoio marittimo da Cipro, compresa la creazione di un porto galleggiante sulla costa di Gaza che non sarà pienamente operativo prima di diverse settimane. Le famiglie stanno morendo di fame e non hanno il tempo di attendere la costruzione di infrastrutture offshore e terrestri: per salvare le loro vite è necessario consentire immediatamente l’ingresso dei camion umanitari pieni di cibo e medicine il cui ingresso a Gaza è attualmente bloccato. Inoltre, le spedizioni da questo molo ai punti di distribuzione nella Striscia di Gaza soffriranno degli stessi ostacoli che i convogli umanitari provenienti da Rafah stanno attualmente affrontando: persistente insicurezza, alto tasso di rifiuto dell’accesso da parte delle forze israeliane e attese eccessive ai checkpoint israeliani. Pertanto, la sua istituzione non cambierà sostanzialmente la catastrofica situazione umanitaria, a meno che non sia combinata con un cessate il fuoco immediato e un accesso completo e senza ostacoli a tutte le aree della Striscia di Gaza. Ci sono anche preoccupazioni per la mancanza di trasparenza su quale entità sarà responsabile delle infrastrutture e della sicurezza della consegna degli aiuti una volta a terra: gli Stati devono garantire che il corridoio marittimo non legittimi una prolungata occupazione militare terrestre israeliana della Striscia strumentalizzando la necessità di consegnare gli aiuti.

Riconosciamo che ogni aiuto è necessario in questo contesto terribile, ma mettiamo in guardia sulle potenziali conseguenze devastanti derivanti dalla creazione di pericolosi precedenti, che porterebbero al deterioramento dell’accesso umanitario via terra e al prolungamento delle ostilità. La risposta umanitaria adeguata agli enormi bisogni di Gaza è l’accesso illimitato agli aiuti e al personale umanitario esperto che sono stati pre-posizionati da mesi sul lato egiziano del confine. Finora, la possibilità per 2,3 milioni di persone a Gaza di mangiare, essere curate e di avere un tetto sopra la testa è stata discrezione esclusiva delle autorità israeliane: questa situazione non può rimanere incontrastata. Le organizzazioni umanitarie hanno la capacità logistica per provvedere ai Palestinesi di Gaza: ciò che manca è la volontà politica da parte degli attori statali di imporre l’accesso.

Ciò che le organizzazioni umanitarie si aspettano dai Paesi terzi è che essi usino urgentemente la loro influenza per un cessate il fuoco immediato e per obbligare le autorità israeliane a interrompere il blocco deliberato degli aiuti salvavita in tutte le parti della Striscia di Gaza, anche attraverso la piena apertura e la revoca delle restrizioni sui valichi di Rafah, Kerem Shalom/Karam Abu Salem, Erez/Beit Hanoun e Karni. Ricordiamo che un cessate il fuoco immediato e permanente è l’unica condizione per consentire il colossale aumento del flusso di aiuti umanitari necessario per alleviare la sofferenza di 2,3 milioni di persone nella Striscia di Gaza.

Firmatari:

Action Aid International

American Friends Service Committee

Amnesty International

AOI – Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale

CCFD-Terre Solidaire

CISS – Cooperazione Internazionale Sud Sud

DanChurch Aid

Danish House in Palestine

Danish Refugee Council

HelpAge International

Humanity & Inclusion – Handicap International

IM Swedish Development Partner

International Federation for Human Rights

INTERSOS

Medical Aid for Palestinians

Mennonite Central Committee

Médecins du Monde International Network / Doctors of the World

Médecins Sans Frontières France / Doctors Without Borders France

Oxfam

Plan International

Première Urgence Internationale

Secours Islamique France

Terre des Hommes Italy

War Child Alliance

Welfare Association

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L'articolo GAZA. Lanci aerei e rotte marittime non sono alternative alla consegna degli aiuti via terra proviene da Pagine Esteri.



In Cina e in Asia – TikTok a rischio espulsione dagli Stati Uniti. Il sì della Camera 


In Cina e in Asia – TikTok a rischio espulsione dagli Stati Uniti. Il sì della Camera tik tok
I titoli di oggi:

TikTok a rischio espulsione dagli Stati Uniti
Prevenire i suicidi con la lotta all'inquinamento
A Pechino si è tenuto l’ottavo dialogo Cina-Nato sulla politica di sicurezza
Cina, Iran e Russia impegnate in esercitazioni navali congiunte nel Golfo dell’Oman

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Weekly Chronicles #67


Sorveglianza su ruote e smalto per le unghie

Questo è il numero #67 di Privacy Chronicles, la newsletter che ti spiega l’Era Digitale: sorveglianza di massa e privacy, sicurezza dei dati, nuove tecnologie e molto altro.

Cronache della settimana

  • Le nuove automobili sono una miniera di dati (i tuoi)
  • Dove vai di bello?
  • Incognito Market ricatta i suoi utenti

Lettere Libertarie

  • Le lezioni di Rand e Orwell

Rubrica OpSec

  • Smalto per le unghie e OpSec

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Le nuove automobili sono una miniera di dati (i tuoi)


Nel corso dello scorso anno hai frenato bruscamente 37 volte, per 15 volte hai parcheggiato per più di 4 ore in zone pericolose della tua città e in ben 192 episodi hai superato i limiti di velocità. Per questo, la tua assicurazione auto aumenterà del 30%.

Nessuno lo dice, ma ben presto sarà una realtà diffusa e normale. È quello che accade nel nuovo mercato digitale dei dati del settore automotive. Le auto moderne sono strumenti di estrazione dati con le ruote che raccolgono un quantitativo enorme d’informazioni su chi vi siede all’interno. Alcuni marchi sono peggio degli altri, ma tutti ormai sono ben lanciati.

Per ora gli effetti collaterali di questa sorveglianza di massa su ruote sono noti soltanto a coloro che hanno l’abitudine di condividere volontariamente dati con l’assicurazione per diminuire (o aumentare) il premio.

Dagli Stati Uniti, che come al solito guidano l’avanzata, ci sono già casi di persone che hanno ricevuto aumenti dell’assicurazione in base al loro stile di guida. Il fenomeno non è passato inosservato anche ai piani alti, tanto che il 27 febbraio il senatore Edward Markey ha scritto una lettera alla Federal Trade Commission per chiedere l’inizio di un’istruttoria in merito ai dati raccolti dai produttori d’auto (e poi venduti al miglior offerente).

Nella lettera, si legge: […] from the basic functioning of different vehicle features to realtime location information to biometric information, carmakers now have access to a wide variety of sensitive data on drivers and passengers. Auxiliary devices from smartphones to sensors for insurance purposes may also share data directly with vehicles.

La questione privacy e automobili non è solo legata al mercato: conosciamo almeno un esperimento italiano, quello di Move-In a Milano, in cui lo Stato ha obbligato decine di migliaia di persone a installare una scatola nera sulla propria auto per “limitare l’inquinamento”. E se gli stessi dati che oggi sono usati per aumentare il premio assicurativo, saranno poi sfruttati per vietarci di circolare, o per introdurre qualche tassa sullo stile di guida inquinante?

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Dove vai di bello?


E se le automobili sono una miniera di dati, così anche lo sono le strade che percorriamo ogni giorno. Quante telecamere incrociamo nel tragitto casa-lavoro? Sarebbe interessante iniziare a contarle. Probabilmente neanche gli impiegati comunali e i vigili urbani lo sanno.

In Svizzera, ad esempio, hanno perso il conto delle nuove telecamere per la ricerca automatizzata di veicoli e per il monitoraggio del traffico. Sembra però, secondo un recente articolo, che ce ne siano parecchie nelle zone di confine.

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#67


Gli intermediari di dati svedesi rivendicano la protezione legale dei giornalisti per eludere la normativa UE Grazie a una scappatoia nella legge nazionale, gli intermediari di dati possono esentare la loro attività dalla legge sulla privacy dell'UE. Ciò consente la vendita incontrollata dei dati personali di milioni di persone in Svezia Person standing on a press badge with the Swedish flag. In One hand he holds a briefcase with personal data, in the other hand a symbolic representation for personal data. To the right, there are hands offering money for said data.


noyb.eu/it/swedish-data-broker…



ANCHE L’ITALIA IN UNA ATTIVITÀ EUROPEA CONTRO GLI ABUSI SESSUALI VERSO MINORI


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Sulla base di tecniche investigative condivise e acquisite in un seminario didattico sostenuto da #Europol, 57 uomini sospettati di possedere e condividere raffigurazioni di abusi sessuali su minori sono stati arrestati e diversi bambini sono stati protetti da abusi fisici o potenziali. La formazione e l'azione successiva, organizzata nell'ambito dell'EMPACT, si sono svolte nel settembre 2023, ed i dettagli sono stati rilasciati solo ora.
La Danimarca ha ospitato agenti delle forze dell'ordine di 27 paesi europei (Italia compresa) per un corso di formazione su come indagare sulle immagini di abusi sessuali su minori distribuite tramite reti di condivisione di file.
Gli agenti hanno imparato come condurre indagini mirate contro autori sospettati di aver abusato dei propri figli o almeno di possedere e distribuire materiale raffigurante abusi sessuali su minori. Nel corso dell'azione sono stati sequestrati oltre 100.000 fascicoli illegali. Poiché l’esame forense dei dispositivi digitali sequestrati è ancora in corso, gli investigatori stimano che un totale di oltre un milione di immagini e video verranno ritrovati e confiscati.
La formazione è stata tenuta da investigatori esperti e si è concentrata su come utilizzare varie reti di condivisione di file per cercare autori di reati che possiedono e distribuiscono materiale raffigurante abusi sessuali su minori.
Un altro scopo era quello di scoprire se gli autori del reato fossero in possesso di materiale testuale come manuali pedofili sull'adescamento o sull'abuso sessuale sui bambini.
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Gli uomini arrestati in questa attività per aver scaricato e diffuso materiale pedopornografico hanno utilizzato la connessione #peer-to-peer. Le reti peer (P2P) individuate provengono da usuari di tutti i ceti sociali, di età compresa tra 23 e 72 anni. Quattro dei sospettati sono insegnanti di scuola e un sospettato lavora con bambini disabili, il che rende ancora più significativo questo sforzo di applicazione della legge.
Europol classifica gli autori di reati che possiedono o distribuiscono materiale raffigurante abusi sessuali su minori e contemporaneamente possiedono manuali su come commettere abusi sessuali, come obiettivi di alto valore. Ciò perché si presume che siano i più propensi ad abusare fisicamente dei bambini.
Le 57 indagini nazionali sui crimini commessi dalle persone arrestate costituiranno anche un punto di partenza per ulteriori azioni di contrasto, con ulteriori arresti e sequestri previsti in tutta Europa. Europol ha facilitato lo scambio di informazioni tra tutti i paesi coinvolti e ha ulteriormente migliorato il quadro operativo attraverso controllare i dati sequestrati e fornire pacchetti di intelligence per proseguire il lavoro investigativo.
Alcuni dei sospettati arrestati avevano accesso diretto ai bambini attraverso la loro professione, mentre dieci sospettati hanno figli propri. Almeno un bambino è stato salvato da abusi fisici in corso, gli altri bambini possono essere considerati salvaguardati da potenziali abusi.
Le forze dell’ordine europee, in collaborazione con i partner pertinenti tramite #EMPACT, si concentrano sulla lotta alla distribuzione e al possesso di materiale abusivo sulle reti di file sharing.
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Attraverso l’iniziativa #Police2Peer, i file che appaiono come materiale pedopornografico vengono messi a disposizione di coloro che lo cercano, dissipando l’illusione della “sicurezza nei numeri” sulle reti peer-to-peer. Ciò significa che l'iniziativa Police2Peer sta facendo esattamente ciò che suggerisce il nome: la polizia sta mettendo a disposizione di coloro che lo cercano file che sembrano essere materiale pedopornografico e provenienti da un'altra persona con un interesse sessuale simile nei confronti dei bambini. Una volta che qualcuno inizia a scaricare quello che sembra essere un file di abuso o rende disponibili i propri file illegali sulla rete, saremo lì per condividere i nostri file con loro. Questi file non sono materiale pedopornografico, anche se sembra che lo siano: sono file senza alcun contenuto o file che raffigurano agenti di polizia di alcuni dei nostri paesi partner, che informano chi li scarica dei rischi che stanno correndo. Questi file, sebbene sembrino contenere contenuti illeciti, sono chiari avvertimenti o mostrano agenti di polizia di paesi partner, sottolineando che gli utenti che condividono materiale abusivo non sono né sicuri né irrintracciabili. Inoltre, la campagna di prevenzione #SayNo! di Europol, diffusa in oltre 30 paesi, educa genitori, bambini, e insegnanti sui rischi online e fornisce indicazioni sulle misure di segnalazione e prevenzione. Il link al filmato promozionale di Say No! sulla rete INVIDIOUS qui: inv.vern.cc/watch?v=f4PXcAjRgt…

Paesi partecipanti all’attività di formazione ed operativa: Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca (capofila del progetto), Estonia, Finlandia, Francia (co-leader dell'azione), Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia (co-leader dell'azione), Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Islanda, Macedonia del Nord, Norvegia, Svizzera, Ucraina



“La notizia – ha dichiarato il segretario piemontese del PRC-SE Alberto Deambrogio – è una di quelle forse inattese, ma inequivocabile: il comune di Tr


Don’t Forget: FediForum is Coming Soon!


FediForum is the Fediverse's recurring unconference where developers, community members, designers, and thinkers come together to share their ideas! The post Don’t Forget: FediForum is Coming Soon! appeared first on We Distribute. https://wedistribute.o

The Fediverse’s favorite unconference, FediForum, is happening on March 18th and 19th. It’s a wonderful opportunity for community members, developers, designers, and builders to come together to share what they’ve been working on, and how to deal with various challenges in the space. Attendees are encouraged to break out into discussions, share their insights, and consider other perspectives.

Themes for FediForum March 2024


Judging from the list of proposed subjects, it’s easy to spot a few recurring themes:

  • Trust & Safety – Tooling, Moderator Resources, Moderation and Governance, Regulatory Challenges
  • Demos – NodeBB, Distributed.Press, PieFed, ActivityPods, Sora
  • Standards – Interoperability, Protocol Extensions, Different flavors of ActivityPub like RDFpub
  • Identity – DIDs, Ownership, Identity Re-use across services, identity attestation/verification


Live Coverage


We want to try to do something different for this FediForum: treat it like an Apple WWDC event. We’re going to attempt live coverage of the talks, demos, and events during the two-day unconference. The goal is to provide an insight into major developments happening across the Fediverse, with an emphasis on ideas and initiatives to help make the network better.

We’re currently experimenting with some tools to make it possible, but we think that there will be a lot of big presentations that need to be covered. Keep an eye on our site next week during the conference!

Tickets are Still Available!


You can still hop over to the FediForum site and order tickets to attend. The following pricing tiers are below:

  • General Ticket – $40
  • Almost Free Ticket – $199
  • Contributor Ticket – $100
  • Platform Employee Ticket – $250

If you have the funds to spare, we highly encourage going with the $100 Contributor Ticket. This helps offset the cost of $1.99 Almost Free Tickets for attendees that might not be able to attend otherwise.

Get Tickets

We can’t wait to see what everyone has to share next week! Join us if you’re able, and check in on We Distribute next week for live coverage of event discussions.

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Presentiamo oggi un articolo di Giovanna Vertova che chiarisce in modo esaustivo il rapporto tra femminismo e lotta di classe che l’8 marzo ha rappresentato n


Pirates on the European Media Freedom Act: Criticism must not be silenced


Today, the Members of the European Parliament adopted the Media Freedom Act. The rules drawn up are intended to better protect journalists from arbitrary content removal on platforms such as Facebook …

Today, the Members of the European Parliament adopted the Media Freedom Act. The rules drawn up are intended to better protect journalists from arbitrary content removal on platforms such as Facebook and Twitter and from spyware attacks such as those carried out using the Pegasus software. Pirate MEPs voted in favour of the law, but criticise the lack of a ban on spying on journalists.

Pirate Party MEP Patrick Breyer comments:

“The Media Freedom Act is a milestone in the protection of journalists in Europe. Countries like Hungary in particular, where there is hardly any critical press left, urgently need it. The fact that spying on journalists’ mobile phones with spyware remains explicitly possible is unworthy of a democracy in which freedom of the press is guaranteed. However, the EU lacks the competence to stop the hacking of journalists’ mobile phones under the guise of protecting national security.

The planned European body for media services is, worryingly, supposed to coordinate ‘measures against foreign media’. However, if we start cutting off our own citizens’ access to foreign sources of information and censoring foreign media, I believe this is not compatible with the principles of a free country and a responsible citizen. The EU Media Freedom Act also fails to protect legal media content from platform censorship. This means that the arbitrary terms and conditions of social media companies take precedence over the freedom of the press.

To summarise, this media freedom law means inadequate but significantly stronger protection of the free media as a pillar of our democracy.”


patrick-breyer.de/en/pirates-o…



Il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha firmato una nuova Direttiva per promuovere la partecipazione più ampia degli studenti e delle studentesse ai viaggi di istruzione e alle visite didattiche.


FPF Statement on the adoption of the EU AI Act


“Today the European Union adopted the EU AI Act at the end of a long and intense legislative process. At the Future of Privacy Forum we believe that multistakeholder global approaches and advancing common understanding in the area of AI governance are key

“Today the European Union adopted the EU AI Act at the end of a long and intense legislative process. At the Future of Privacy Forum we believe that multistakeholder global approaches and advancing common understanding in the area of AI governance are key to ensuring a future with safe and trustworthy AI, one that protects fundamental rights while promoting innovation to benefit society.

The EU AI Act is a comprehensive, binding law, with broad extraterritorial effect and is therefore poised to play a crucial role in the global debate on AI regulation. We welcome the openness and foresight of the European Union’s lawmakers to adopt a definition of AI systems that is interoperable with that proposed by the OECD.

At the same time, we acknowledge the long and complicated road ahead to make the provisions of the EU AI Act effective in practice. With personal data playing a key role in the development and deployment of AI systems, we at the Future of Privacy Forum are paying particular attention to how privacy and data protection norms around the world interact with AI governance frameworks such as the EU AI Act. We will continue to explore this complicated question with research, convenings, and evidence-based tools related to AI governance.”

Jules Polonetsky, CEO of the Future of Privacy Forum

For a list of existing FPF Resources on the EU AI Act, see our new dedicated webpage.


fpf.org/blog/fpf-statement-on-…



Il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza il pacchetto di norme sull’Intelligenza artificiale noto come AI Act. I deputati hanno approvato in via definitiva il regolamento, frutto dell’accordo raggiunto con gli Stati membri nel dicembre 2023, con 523 voti favorevoli,...


Pirates: AI Act fails to protect citizens’ rights


Today, MEPs shall approve the outcome of the trilogue negotiations on the Artificial Intelligence Act (AI Act), establishing new rules that shall regulate the use of artificial intelligence in the EU …

Today, MEPs shall approve the outcome of the trilogue negotiations on the Artificial Intelligence Act (AI Act), establishing new rules that shall regulate the use of artificial intelligence in the EU for the first time. Sadly, the European Parliament’s position aiming for a comprehensive ban on biometric mass surveillance technologies was completely changed during the intransparent trilogue negotiations. The new law will now effectively allow law enforcement the introduction of error-prone facial surveillance and facial recognition camera software in public spaces. Therefore, Pirate Party MEPs won’t be able to support the text and will vote agai

Patrick Breyer, Member of the European Parliament for the German Pirate Party, comments:

“The European Parliament set out to ban biometric mass surveillance in Europe, but is ending up legitimising it. Chilling monitoring of our behaviour and ubiquitous real-time face surveillance in public spaces, error-prone biometric identification used on CCTV recordings even for petty offences, racial classification of persons, unscientific AI ‚video lie detector‘ technology – none of these dystopian technologies will be off limits for EU governments, including illiberal governments such as Hungary’s. Rather than protecting us from these authoritarian instruments, the AI Act provides an instruction manual for governments to roll out biometric mass surveillance in Europe. As important as it is to regulate AI technology, defending our democracy against being turned into a high-tech surveillance state is not negotiable for us Pirates.”

Marcel Kolaja, Member and Quaestor of the European Parliament for the Czech Pirate Party and the opinion rapporteur of the AI Act in the Culture and Education Committee (CULT), comments:

“The AI Act is a disappointment to me. There is a clear need for rules on artificial intelligence. However, the current form that has emerged from the negotiations with national governments falls short of what it should have done. The national governments have inserted a section that de facto creates a legal framework for widespread snooping on people by biometric cameras. Such cameras, equipped with artificial intelligence, are able to recognise people’s faces and thus keep track of who has been where, when, and with whom. The AI Act should have banned such an Orwellian tool, but instead it explicitly legalises it. That’s an invasion of privacy that Pirates will never raise a hand for. It’s a shame, because the AI Act has also its positives. I’m for example glad that I was able to negotiate rules for so-called e-proctoring. Programs that are used to check on students when they take exams online. If the artificial intelligence is poorly trained, it can evaluate, for example, noise from the hallway in a dorm as cheating. Given the impact this can have on a young person’s life, it’s worth keeping an eye on and making sure the program works as it should. Unfortunately, in the end, when it comes to the AI Act, the negatives outweigh the positives.”


patrick-breyer.de/en/pirates-a…



LIBANO. Israele incrementa gli attacchi e si avvia all’escalation


Per il terzo giorno consecutivo l'esercito israeliano colpisce lontano dal confine. Questa mattina un drone ha ucciso i passeggeri di un'automobile. Lunedì e martedì aerei da guerra hanno attaccato il Libano orientale. L'articolo LIBANO. Israele incremen

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Pagine Esteri, 13 marzo 2024. Per due giorni consecutivi le forze armate israeliane hanno compiuto attacchi nella Valle di Bekaa, in Libano, molto lontano dal confine. Lunedì gli aerei da guerra si sono allontanati per centinaia di chilometri dalla frontiera israeliana, uccidendo un civile e ferendone almeno altri 8 a Baalbek.

In risposta all’attacco, Hezbollah ha lanciato più di 100 razzi Katyusha verso il nord di Israele, senza causare feriti.

Il giorno successivo, martedì, Israele è tornato a colpire il Libano orientale, a Baalbek, uccidendo due membri di Hezbollah e causando danni a strutture militari in diverse località, nella città di Sarin e quella di Nabi Sheet. Hezbollah ha risposto con diversi attacchi ai siti israeliani tra cui Birkat Risha e la caserma Zarit.

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Questa mattina l’esercito israeliano ha guidato un drone fino alla zona del campo profughi palestinese di Rashdiyeh, a sud di Tiro, colpendo un’automobile privata che percorreva la strada che collega Tiro a Naqoura, nel sud del Libano. Secondo fonti libanesi tutti i passeggeri sono rimasti uccisi.

La Valle della Bekaa era già stata colpita da Israele il 26 febbraio. Mentre l’attacco di droni del 2 gennaio ha raggiunto la capitale libanese, Beirut, uccidendo in maniera mirata un leader di Hamas.

I continui attacchi israeliani, sempre più in profondità oltre la zona di confine, rappresentano una pericolosa escalation nella guerra con il Libano, che al momento ha ucciso in Libano più di 200 combattenti di Hezbollah e circa 50 civili, in Israele circa dodici soldati e sei civili.

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In Cina e Asia – Pinduoduo accusata di sorvegliare gli ex dipendenti


In Cina e Asia – Pinduoduo accusata di sorvegliare gli ex dipendenti pinduoduo
I titoli di oggi:

Pinduoduo accusata di sorvegliare gli ex dipendenti
Cina, mancati i target di decarbonizzazione per il 2023
Pechino contro il fondo Usa a supporto di Taiwan

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#NotiziePerLaScuola

📌 Il #MIM in collaborazione con l'Associazione Internazionale dei Cavalieri del Turismo promuove, per l'edizione dell'anno scolastico 2023/2024, il bando di concorso "Immagina il tuo futuro!" per il XX° Premio annuale delle profe…



STORIA. Il femminismo panarabo e l’identità palestinese (terza parte)


Visto in prospettiva sia femminista che nazionalista, l’Ottocento sarà un secolo molto complesso: la promettente rinascita culturale palestinese sarà man mano accompagnata dai fattori fondamentali che sfoceranno nella catastrofe del 1948 L'articolo STORI

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(Foto: Gerusalemme, alcune delle oltre 200 delegate palestinesi del primo Congresso delle Donne Arabe (1929) che organizzano una spettacolare manifestazione a bordo di una serie di automobili per farsi portare in giro per la città a consegnare le loro risoluzioni sulla causa nazionale a vari consolati stranieri, ovvero per chiedere l’indipendenza della Palestina).

di Patrizia Zanelli* –

Pagine Esteri, 13 marzo 2024. Visto in prospettiva sia femminista che nazionalista, l’Ottocento sarà un secolo molto complesso: purtroppo la promettente rinascita culturale palestinese sarà man mano accompagnata dai fattori fondamentali che sfoceranno nella catastrofe del 1948.

La Palestina fu invasa dalle truppe di Napoleone Bonaparte, nel 1799, e dall’Egitto di Muhammad Ali Pascià, nel 1831; entrambe le occupazioni, la francese – la prima dopo le crociate –, durata circa un anno, e l’egiziana che, invece, durò fino al 1839, furono contrastate da rivolte popolari; un’altra, avvenuta nel 1825-1826, era contro gli ottomani. Sanbar spiega che i palestinesi non sopportavano di essere sfruttati da nessuna forza esterna, soprattutto l’implicata eccessiva tassazione dei terreni; e avevano capito sin dall’invasione napoleonica, la quale era stata traumatizzante, che rischiavano di subire una colonizzazione. Muhammad Ali, inoltre, per favorire il proprio espansionismo nell’Impero ottomano, permise agli Stati occidentali di stabilire consolati in Palestina, distinguendola così dal resto della Grande Siria, in arabo Bilād al-Shām (“la regione situata a Nord della Penisola Arabica”). Questa scelta serviva ad attirare l’attenzione delle potenze europee; i francesi, che avevano occupato l’Egitto dal 1798 al 1801, stavano progettando lo scavo di un canale attraverso l’Istmo di Suez, progetto che interessava ancor più agli inglesi per i loro collegamenti commerciali con le Indie orientali. La succitata combinazione di posizione geografica strategica e geografia sacra era sempre stata pericolosa per le sorti della Palestina e della gente del paese, affacciato sul Mediterraneo e sul Mar Rosso. L’occupazione egiziana, che aveva traumatizzato la società palestinese, infatti, fu uno dei primi fattori destinati a portare alla Nakba.


Il femminismo panarabo e l’identità palestinese (seconda parte)


Masalha, Sanbar e altri storici, come Lorenzo Kamel [12], spiegano che, appunto negli anni 1830, per difendere gli interessi imperiali della Corona britannica, Henry John Temple Palmerson (1784-1865), ultraconservatore del partito Tory e allora segretario di Stato per gli affari esteri del Regno Unito, iniziò a progettare una sostituzione etnica in Palestina, dove “far tornare gli ebrei dopo un millenario esilio”. Questo enunciato millenaristico, riferito agli ashkenaziti, serviva a dare alle ambizioni coloniali della Gran Bretagna nel Vicino Oriente la parvenza di una missione messianica in Terra Santa. Palmerson era, però, stato ispirato da Anthony Ashley-Cooper Shaftesbury (1801-1885), fondatore del sionismo cristiano protestante in Inghilterra e inventore dello slogan: “Un paese senza una nazione per una nazione senza un paese” (che ispirerà un mito fondante sionista ebraico: “Una terra senza popolo per un popolo senza terra”). Londra agì su più fronti per presentare il nuovo progetto imperialista britannico come la premessa alla realizzazione della profezia del ritorno del Messia, contenuta nel Libro di Daniele. Per attuare il loro piano di sostituzione etnica in Palestina, Palmerson e Shaftesbury ottennero subito l’appoggio delle lobby protestanti inglesi. Nel 1838, l’Inghilterra stabilì il proprio consolato – il primo dell’Occidente – a Gerusalemme.

Contestualmente, spiega Sanbar, Londra iniziò a instillare nell’immaginario collettivo occidentale l’immagine di una Palestina spopolata e, dunque, a negare l’esistenza palestinese. Il paesaggio del paese, notoriamente da sempre agricolo e verdeggiante, fu rappresentato, in opere d’arte europee dai titoli richiamanti narrazioni bibliche, come un deserto, in certi casi, ravvivato da poche figure di nomadi beduini in sosta presso un rudere. Immagini del genere, incluse in opuscoli pubblicitari circolati in Occidente per giustificare la progettata colonizzazione britannica della Palestina, portavano i primi viaggiatori occidentali che la visitavano a rimanere delusi. Scoprivano il paese vero, bellissimo con le città e le campagne abitate dai palestinesi, però rifiutavano mentalmente di vedere la realtà che vedevano. Orientalisti, geografi, biblisti e archeologi europei, russi e nord americani, animati dall’evangelismo, soggiornavano in Palestina per compiere le loro ricerche; per loro, i palestinesi cristiani non erano veri cristiani, perché assomigliavano ai musulmani e agli ebrei, altrettanto autoctoni. Alcuni pubblicarono resoconti di viaggio in cui descrivono, per esempio, il paesaggio pieno di aranceti e uliveti lungo il tragitto dal porto di Acri o di Giaffa fino a Gerusalemme, e ricordano le emozioni che avevano provato scorgendo da lontano le mura della città, ravvivata dai cipressi e dalla Cupola della Roccia d’epoca omayyade; parlano solo delle tracce di un passato glorioso, e come se la gente del paese non esistesse o vivesse ancora ai tempi della Bibbia.


→ Il femminismo panarabo e l’identità palestinese (prima parte)


Nacque e si diffuse così, in Europa, Canada e Stati Uniti, un tipo di etnocentrismo bianco particolarmente aggressivo verso le donne e gli uomini palestinesi, la cui esistenza veniva negata o disumanizzata, perché la loro espulsione dalla Palestina accadesse nella totale indifferenza dell’Occidente, acciecato non tanto dall’islamofobia quanto dall’antiarabismo. In testi scritti in questo periodo da autori inglesi o americani – tra cui The Innocents Abroad (1867) di Mark Twain (1835-1910), un esempio di etnicismo velato da ironia [13] –, per descrivere la Terra Santa, infatti, l’Islam non è neppure menzionato; i palestinesi sì e sono indicati con il loro nome (the Palestinians) ma definiti “arabi” (Arabs) a scopo di diffamazione su base etnica.

Secondo il preconcetto orientalistico, la parola “arabo” rinvia allo stereotipo del beduino rozzo, sanguinario e allo stesso tempo ingenuo, nonché al suo luogo d’origine, la Penisola Arabica, l’ambiente naturale desertico in cui dovrebbe restare o tornare se vive in Occidente. In Palestina, nacque un fenomeno paradossale: la combinazione di etnicismo e xenofobia manifestata da viaggiatori e residenti stranieri occidentali verso la popolazione autoctona palestinese, che trattavano come un gruppo umano straniero nella sua patria, cioè il paese che ospitava loro. Dunque, l’antipalestinismo fu innescato quasi due secoli fa dall’Europa colonialista cristiana, Inghilterra in testa, mentre cercava di conquistare il Vicino Oriente, per ovvi interessi economici, operando una strumentalizzazione politica delle religioni, destinata a portare alla Nakba.

Intanto, sin dalla guerra di Crimea (1853-1856) la combinazione di povertà, sacralità e lotte di potere tra i notabili locali urbani – che, con le Tanẓīmāt, erano più ricchi ma meno autonomi rispetto al passato, poiché da signori feudali erano diventati governatori di distretti amministrativi in qualità di funzionari dello Stato ottomano – aveva reso la Palestina uno spazio-obiettivo per eccellenza, e la società palestinese un bersaglio preso di mira per la sua arabicità. La competizione nata subito tra le scuole missionarie occidentali, ognuna impegnata a migliorare la propria offerta didattica, secondo la ben nota legge della concorrenza, rifletteva di fatto le rivalità esistenti tra le potenze europee, tutte bramose di condurre una “crociata pacifica” in Terra Santa, da redimere dall’Islam e restituire alla cristianità, e pronte a tutelare tramite i loro rispettivi consoli “le minoranze non musulmane autoctone e straniere”.

I francesi e i russi si proclamarono rispettivamente protettori dei cattolici e dei greco-ortodossi. Gli inglesi, invece, non avendo una comunità protestante da proteggere, avevano anticipato i loro rivali – troppi da sconfiggere –, stabilendo appunto, nel 1838, il proprio consolato a Gerusalemme e, nel 1841, insieme alla Prussia la sede dell’episcopato anglo-prussiano, quale rappresentanza del protestantesimo. Il console britannico – nominato da Palmerson – pose sotto la propria protezione gli immigrati ebrei, giunti in Palestina dall’Europa orientale, per sfuggire ai pogrom zaristi a partire dal 1830. Influenzato dal sionismo cristiano, sottopose questi rifugiati ashkenaziti a una “restaurazione”, obbligandoli a convertirsi al cristianesimo. Questa scelta di Londra fu l’inaugurazione di una lunga stagione che porterà alla Dichiarazione Balfour. Gli inglesi non proteggevano infatti gli ebrei sefarditi autoctoni, cioè palestinesi; li ignoravano tutti gli occidentali.

In effetti, spiega Sanbar, dal 1830 in poi l’Europa orientale, area dei pogrom zaristi, aveva riversato – e continuerà a riversare – sue porzioni di rifugiati ashkenaziti in Palestina (obiettivo indiretto della guerra di Crimea). Quell’abominio antiebraico, scatenatosi in concomitanza con la crisi dell’Impero ottomano, era stato visto dai millenaristi come un segno dei tempi, che preannunciava il ritorno del Messia, credenza sfruttata appunto da Londra per il proprio progetto imperialista nel Vicino Oriente. Influenzato da Shaftesbury, Palmerson aveva perciò stabilito il consolato britannico a Gerusalemme, nel 1838, data che si può considerare come l’inizio ufficiale del lungo processo che porterà alla Nakba. In estrema sintesi: un intreccio davvero molto articolato di interessi politico-economici locali, regionali e internazionali, di “sogni cristiani occidentali” e di vari ultranazionalismi, sfocerà a distanza di oltre un secolo nella catastrofe abbattutasi sul popolo palestinese nel 1948.

Tornando alla seconda metà dell’Ottocento, Francia, Inghilterra e Russia, rivali e al contempo alleate, cercavano di colpire indirettamente l’Impero Ottomano, sperando di sfruttare le contraddizioni interne della Palestina, cause di malcontento tra la popolazione. Ma scoprivano puntualmente di avere nutrito vane speranze, perché non conoscevano la società palestinese che, oltre a essere sempre stata unita sul piano interconfessionale, si stava modernizzando e voleva liberarsi dalla dipendenza da forze esterne.

Modernizzazione dovuta anche al fatto che, nell’Ottocento, la Palestina non era tanto meta di pellegrinaggi quanto di altri tipi di viaggi; in molti casi si trattava di un turismo culturale legato all’orientalismo, tipico del Romanticismo. Turisti visitavano il paese, per ammirarne le bellezze, letterati, pittori, scultori e fotografi, per immortalarle. Ma alcuni di questi ultimi, nota Fleischmann, erano produttori della fotografia pornografica richiesta in Occidente; per scoprire l’Oriente misterioso, puntavano spesso lo sguardo lascivo e l’obiettivo della macchina fotografica sul seno di una contadina intenta ad allattare il proprio bambino, una scena normale nelle aree rurali, che di solito nessuno osava scrutare; l’immagine della maternità era avvolta da un alone di sacralità, e una madre considerata sacra. Era un fenomeno culturale diffuso nel mondo arabo e non solo, un segno di rispetto per la vita materna e dell’infanzia. Gli uomini e le donne occidentali, invece, il personale dei consolati e perfino delle missioni cristiane disumanizzavano le palestinesi, con cui non sapevano neppure comunicare; le giudicavano soltanto per com’erano vestite, esprimendo su loro giudizi intrisi di preconcetti orientalistici, di etnocentrismo bianco.

D’altro canto, il turismo di certo favoriva sia la Nahḍa che la crescita economica della Palestina. Nella società urbana palestinese stava infatti emergendo una nuova borghesia, formata da professionisti – perlopiù avvocati, docenti e medici – e da titolari di imprese artigianali, talune specializzate nella produzione di souvenir dei luoghi sacri del cristianismo e di altri prodotti turistici. Altri sviluppi economici stavano avvenendo anche in campo agricolo. Grazie alla presenza del porto moderno e all’aumento della tradizionale produzione agrumaria – specialmente delle arance Shamouti dalla buccia resistente e quindi facili da trasportare –, Giaffa era ormai uno dei principali centri commerciali del Mediterraneo e uno scalo importante per navi passeggeri provenienti dall’Europa e dagli Stati Uniti; era la città più progressista del paese e sarà sede di una delle associazioni più rappresentative della Nahḍa femminile palestinese.

La pianura costiera, fertile e bagnata dalle piogge, da sempre la parte economicamente più sviluppata della Palestina, attirava commercianti occidentali, favoriti dal sistema delle Capitolazioni ancora in vigore nell’Impero ottomano. Dunque, il Sultano continuava a concedere privilegi economici, giuridici e fiscali agli stranieri, e a suscitare il malcontento tra i propri sudditi, specialmente nei paesi arabi, dove i crescenti sentimenti anti-imperialisti stavano generando nazionalismi territoriali locali e si stava già teorizzando il panarabismo, teorizzato in primis da cristiani dell’area siro-libanese, culla della Nahḍa, ma reduce di una guerra civile interconfessionale, esplosa nel Monte Libano nel 1860. Appartenendo a una minoranza religiosa, erano ovviamente i più interessati a creare un’ideologia secolare in grado di unire gli arabi; assunsero l’arabofonia quale elemento principale dell’arabicità (‘urūba), reinterpretandola in senso moderno, per definire l’identità della “nazione araba”.

Le Tanẓīmāt, inoltre, erano state concepite per rafforzare e centralizzare il potere dello Stato ottomano tramite la modernizzazione istituzionale, con la conseguente necessità di nuove risorse finanziarie. Due leggi servivano in pratica a snellire il sistema di riscossione fiscale e aumentare la tassazione già pesante sulle proprietà fondiarie, la quale strangolava le economie locali dei territori situati al di fuori della Turchia (e avrà gravi conseguenze in Palestina). Inutili furono, perciò, le riforme di stampo liberale europeo, inclusa una costituzione promulgata nel 1876 e presto abrogata, adottate dal Sultano per ottenere il consenso popolare in tutto l’Impero e frenare gli indipendentismi che lo stavano sfaldando.

D’altro lato, in termini di modelli di modernità e libertà, la presenza occidentale in Palestina stava di certo cambiando la vita tradizionale delle palestinesi, riguardo alla quale Fleischmann riferisce che, in un’intervista pubblicata negli anni ‘60, l’avvocato e attivista gerosolimitano Musa al-Alami (1897-1984), uno dei teorici della palestinesità, ricorda che sua madre “si ammazzava di lavoro”, soprattutto nei giorni in cui doveva preparare lauti pasti per grandi comitive di ospiti, secondo la ben nota cultura dell’ospitalità araba. Vivendo quasi sempre secluse in casa, le donne sposate dell’alta borghesia e del ceto medio lavoravano dalla mattina alla sera e gestivano l’intero ménage domestico. Se una moglie era più ricca di suo marito, riceveva comunque da lui la dote matrimoniale che andava ad aggiungersi al suo patrimonio personale. L’unico caso di parità di genere previsto dal sistema giuridico islamico riguarda infatti il diritto alla proprietà privata, riconosciuto appunto alle persone di ambedue i sessi sin dalla nascita; in materia di eredità, invece, alle eredi femmine spetta molto meno che ai maschi.

In Palestina, i matrimoni venivano combinati dagli uomini delle famiglie degli sposi, spesso in base a reciproci interessi economici e/o di potere politico. Le madri, invece, sceglievano la sposa e lo sposo, di solito sia l’una che l’altro erano molto giovani. Un marito musulmano poteva facilmente ripudiare la moglie che, una volta divorziata, poi viveva con un parente, perlopiù il padre o un fratello. A differenza di altri paesi arabi, tra cui l’Egitto, la poligamia era poco praticata nelle città e nelle campagne della Palestina, una pratica preislamica che, per i riformatori musulmani egiziani, come il già citato Ahmad Amin, non è prevista dall’Islam.

Nelle famiglie contadine palestinesi, che erano molto unite, esisteva una notevole parità di genere, per ragioni economiche e lavorative: gli uomini si occupavano dell’aratura, della trebbiatura e della vagliatura; le donne si dedicavano alle faccende di casa, alla lavorazione del cibo, al lavoro nei campi e all’allevamento degli animali, ed erano assai stimate per il loro contributo alla gestione della fattoria. Vista questa situazione, di solito una moglie viveva in simbiosi con il marito.

Sono quasi assenti le informazioni sulle lavoratrici del proletariato rurale e urbano di questa fase storica, ma di certo uscivano di casa; le donne della Nahḍa femminile palestinese, come già detto, appartenevano all’alta borghesia e al ceto medio, perché sono loro che soffrivano di più per le discriminazioni di genere.

[12] Lorenzo Kamel, Terra contesa. Israele, Palestina e il peso della storia, Carocci, 2022.

[13] Prima edizione italiana: Mark Twain, Gli innocenti all’estero, tr. Piero Mirizzi, Lerici, 1960. L’autore, all’anagrafe Samuel Langhorne Clemens, visitò anche l’Italia e altri paesi europei durante lo stesso viaggio; l’ultima tappa fu la Palestina.

*Patrizia Zanelli insegna Lingua e Letteratura Araba all’Università Ca’ Foscari di Venezia. È socia dell’EURAMAL (European Association for Modern Arabic Literature). Ha scritto L’arabo colloquiale egiziano (Cafoscarina, 2016); ed è coautrice con Paolo Branca e Barbara De Poli di Il sorriso della mezzaluna: satira, ironia e umorismo nella cultura araba(Carocci, 2011). Ha tradotto diverse opere letterarie, tra cui i romanzi Memorie di una gallina (Ipocan, 2021) dello scrittore palestinese Isḥāq Mūsà al-Ḥusaynī, e Atyàf: Fantasmi dell’Egitto e della Palestina (Ilisso, 2008) della scrittrice egiziana Radwa Ashur, e la raccolta poetica Tūnis al-ān wa hunā – Diario della Rivoluzione (Lushir, 2011) del poeta tunisino Mohammed Sgaier Awlad Ahmad. Ha curato con Sobhi Boustani, Rasheed El-Enany e Monica Ruocco il volume Fiction and History: the Rebirth of the Historical Novel in Arabic. Proceedings of the 13th EURAMAL Conference, 28 May-1 June 2018, Naples/Italy (Ipocan, 2022).

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