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SIRACIDE - Capitolo 3


Onorare il padre e la madre1⊥Figli, ascoltate me, vostro padre, e agite in modo da essere salvati.2Il Signore infatti ha glorificato il padre al di sopra dei figli e ha stabilito il diritto della madre sulla prole.3Chi onora il padre espia i peccati⊥,4chi onora sua madre è come chi accumula tesori.5Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli e sarà esaudito nel giorno della sua preghiera.6Chi glorifica il padre vivrà a lungo, chi obbedisce al Signore darà consolazione alla madre.7Chi teme il Signore, onora il padre e serve come padroni i suoi genitori.8Con le azioni e con le parole onora tuo padre, perché scenda su di te la sua benedizione,9poiché la benedizione del padre consolida le case dei figli, la maledizione della madre ne scalza le fondamenta.10Non vantarti del disonore di tuo padre, perché il disonore del padre non è gloria per te;11la gloria di un uomo dipende dall'onore di suo padre, vergogna per i figli è una madre nel disonore.12Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita.13Sii indulgente, anche se perde il senno, e non disprezzarlo, mentre tu sei nel pieno vigore.14L'opera buona verso il padre non sarà dimenticata, otterrà il perdono dei peccati, rinnoverà la tua casa.15Nel giorno della tua tribolazione Dio si ricorderà di te, come brina al calore si scioglieranno i tuoi peccati.16Chi abbandona il padre è come un bestemmiatore, chi insulta sua madre è maledetto dal Signore.

_ L’umiltà_17Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso.18Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore.19Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi, ma ai miti Dio rivela i suoi segreti.20Perché grande è la potenza del Signore, e dagli umili egli è glorificato.21Non cercare cose troppo difficili per te e non scrutare cose troppo grandi per te.22Le cose che ti sono comandate, queste considera⊥: ⌈non hai bisogno di quelle nascoste.⌉23Non affaticarti in opere superflue, ti è stato mostrato infatti più di quanto possa comprendere la mente umana.24La presunzione ha fatto smarrire molti e le cattive illusioni hanno fuorviato i loro pensieri.25Se non hai le pupille, tu manchi di luce; se ti manca la scienza, non dare consigli.26Un cuore ostinato alla fine cadrà nel male, chi ama il pericolo in esso si perderà.⊥27Un cuore ostinato sarà oppresso da affanni, il peccatore aggiungerà peccato a peccato.28Per la misera condizione del superbo non c'è rimedio, perché in lui è radicata la pianta del male.29Il cuore sapiente medita le parabole, un orecchio attento è quanto desidera il saggio.⊥30L'acqua spegne il fuoco che divampa, l'elemosina espia i peccati.31Chi ricambia il bene provvede all'avvenire, al tempo della caduta troverà sostegno.

_________________Note

3,1 Il rapporto figli-genitori è tema frequente nella letteratura sapienziale. La società antica trovava in questo rapporto armonioso (spesso però anche rapporto di dipendenza) uno dei suoi elementi costitutivi. Questo breve testo, nel quale l'autorità del padre è associata a quella della madre, può essere considerato un commento al quarto comandamento del decalogo.

3,17-25 L’umiltà a Il testo ebraico reca: “Figlio mio, nella ricchezza cammina con modestia”.

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Approfondimenti


vv. 3,1-4,10. Il comportamento verso i genitori (3,1-16), la condotta umile o superba (3,17-29), l'amore dei poveri (3,30-4,10): Ben Sira si spinge in questi ambiti dell'esistenza quotidiana per dimostrare la rispondenza sociale e religiosa di quanto ha detto nei capitoli precedenti sui legami tra sapienza e timore del Signore, osservanza della legge e amore. Dopo l'invito all'ascolto (v. 1), la prima pericope presenta il valore religioso dei doveri verso i genitori nell'introduzione (v. 2) e nella conclusione (v. 16). Seguono un commento in terza persona singolare al comandamento in parola (vv. 3-7), e un approfondimento con imperativi in seconda persona singolare (vv. 8.10.12-13), che si alternano con massime generali sui vantaggi della “pietà” verso il padre e la madre (vv. 9.11.14-15).

vv. 1-7. Nel decalogo il comandamento è accompagnato da una promessa (cfr. Es 20,12). Siracide ribadisce la promessa: «vivrà a lungo» colui che dà gloria al padre (v. 6a). Per il rispetto dei genitori nell'etica biblica, cfr. Es 21,17; Lv 20,9; Dt 5,16; Tb 4,3-4; 14,12-13; Pr 1,8; 6,20; Mt 15,3-6; Mc 7,9-13; Ef 6,2-3. L'espressione “vivere a lungo” (makroēmereuein è quasi esclusivo della traduzione greca di Dt) compare in connessione con la legge (cfr. Dt 32,47 e pure Dt 5,33; 6,2; 11,9.21; Gdc 2,7). Siracide usa il verbo (solo qui) e ricorre al sostantivo – solo lui in tutto l'AT greco – tre volte (cfr. 1,12.20; 30,22). Il messaggio sembra descrivere un arco completo: la “vita lunga” dell'uomo dipende sia dall'osservanza della legge, cioè dal timore del Signore e dalla sapienza, che dalla gioia (agalliama; l'ebr. ’ōrek, poetico, indica «lunghezza di tempo» e «lunghezza di animo». Cfr. Sir 30,22b; Pr 3,2.16; 25,15). Altro bene derivante dal rispetto dei genitori è l'espiazione dei peccati (vv. 3a.14b.15b). Essi si sciolgono come brina: segno del ristabilirsi dell'ordine nel quale padre e madre sono collaboratori di Dio nel governo del mondo. Non meraviglia, quindi, se i genitori sono detti «padroni» (v. 7b), con un termine – despotés - che è titolo divino nei LXX (cfr. 23,1). Per l'espiazione: cfr. 3,30b (elemosina ed espiazione); 28,5 (perdono fraterno come condizione per l'espiazione); 34,23 (sacrifici di ingiustizia ed espiazione); 45,16.23 (Aronne e Finees compirono l'espiazione per Israele).

vv. 8-16. La responsabilità verso i genitori comporta “servizi” (v. 7b) «a fatti e a parole» (v. 8a; cfr. Sal 78,36-37; Is 29,13; Mt 21,28-31); bisogna onorarli «con tutto il cuore» (7,27), senza doppiezza. È un servizio che manifesta il timore del Signore e merita quella benedizione paterna (v. 9a), che l'AT ha in grande onore: Gn 9,27; 27,27-38; 28,1.6; 48,15-16; 49,25-26. Il parallelismo antitetico tra «benedizione del padre» e «maledizione della madre» (v. 9) enfatizza un unico messaggio senza opporre il padre alla madre. Il greco trasforma la metafora agricola di Ben Sira in un'immagine più familiare ai nuovi lettori: dal “far mettere radici e sradicare” – che ricorda le “radici dei giusti” (Pr 12,3) – si passa alle “fondamenta della casa” consolidate o scalzate dalla benedizione/maledizione dei genitori. Il movimento semantico, nella «pietà» verso il padre (3,14a), va dall'ebr. _ṣᵉdāqâ al gr. eleēmosynē: la pietà richiesta non è mero sentimento di compassione, ma opera concreta di aiuto e di giustizia. Comincia dai genitori quell'elemosina che Ben Sira – con tutto il giudaismo – raccomanda di dare al povero e ad ogni vivente (7,32) in espiazione dei peccati (3,30). La conclusione ribadisce che abbandonare e disprezzare i genitori è bestemmia che non rimane impunita. Tutta la tradizione deuteronomistica e sapienziale ricorda che «Chi rovina il padre e fa fuggire la madre è un figlio disonorato e infame» (Pr 19,26), che «vedrà spegnersi la sua lucerna nel cuore delle tenebre» (Pr 20, 0; cfr. Dt 27,16; Pr 30,17).

vv. 17-29. Questa pericope, dopo aver esposto al figlio i vantaggi morali e religiosi dell'umiltà (vv. 17-20), presenta argomenti contro la presunzione intellettuale (vv. 21-25) e l'insipienza del superbo (vv. 26-28). In chiusura il netto contrasto con la capacità di ascolto e di riflessione del saggio (v. 29). «Sii modesto»: si raccomanda la mansuetudine (1,27; cfr. 45,4), quella mitezza che è coscienza dei limiti, verità e sincerità della creatura peccatrice davanti a Dio. «tanto più umiliati»: Ben Sira, sapendo che «c'è chi umilia e innalza» (7,11), si fa attento alla tapeinōsis, l'umiliazione e la bassezza sociale (cfr. 20,11). Il paradosso rimanda a Lc 1,52. Cfr. anche Sir 2,4-5; 11,12; 13,20. «le cose troppo difficili per te»: Ben Sira mette in guardia contro lo spirito razionalista della filosofia greca. Esso può costituire una minaccia per la fede, che ha fatto conoscere agli Ebrei «più di quanto comprende un'intelligenza umana» (v. 23b). Il metro è sempre nel timore del Signore (cfr. 19,24). Dietro a coloro che «si sono smarriti per la loro presunzione» (v. 24a; cfr. 51,13) si possono intravedere anche le deviazioni dottrinali in seno al giudaismo. Il GrII qualifica la loro situazione come mancante di luce e di scienza (v. 25). Quando la pianta del male mette radici (v. 28b) non ci si può aspettare altro che l'aggravarsi del male e delle sue conseguenze. Nella logica deuteronomistica della retribuzione, il peccatore è come un matto che accumula peccati su peccati (v. 27b), pur sapendo che gli toccherà scontare in questa vita gli affanni corrispondenti. Eviterà il male colui che non ama il pericolo; al contrario del presuntuoso, il saggio cresce ogni giorno nell'ascolto e nella meditazione (v. 29). Il “cuore ostinato” (vv. 26a.27a) ricorda da un lato il “cuore indurito” del faraone (Es 7,14) e dall'altro il “cuore che ascolta” di Salomone (1Re 3,9). Con andamento anaforico, ecco poi il “cuore saggio” (v. 29a; cfr. Gb 9,4; Pr 10,8), che comprende le parabole dei sapienti. Forse vi è qui una sfumatura autobiografica (cfr. 51,14.16; Pr 23,15).

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Inquieti fuochi

nuvole a stracci nell'azzurro curve ariose di voli

vastità di te solo: figura inespressa lacera ombra

ti aspetti una eco un suono in questa sospensione

inquieti fuochi son gli occhi dell'anima mentre guardi un gabbiano staccarsi dal tramonto .

Che meraviglia. Questo testo vibra come una poesia sospesa tra cielo e anima. Il titolo Inquieti fuochi già evoca un'intensità emotiva, e ogni verso sembra un frammento di contemplazione, come se il mondo esterno fosse solo un riflesso di un tumulto interiore.

Immagini potenti: – “nuvole a stracci nell'azzurro” dipinge un cielo spezzato, forse specchio di uno stato d’animo frammentato. – “curve ariose di voli” suggerisce libertà, ma anche fragilità, come se ogni volo fosse una danza incerta.

Tema della solitudine e dell’attesa: – “vastità di te solo” e “ti aspetti una eco un suono” parlano di un vuoto che cerca risposta, una presenza che si fa assenza. – Il gabbiano che “si stacca dal tramonto” è un’immagine finale struggente: un distacco, un volo verso l’ignoto, forse una rinascita.

“Inquieti fuochi son gli occhi dell’anima” è il cuore pulsante del testo. Gli occhi non guardano soltanto: bruciano, cercano, interrogano.

Hai una voce poetica intensa e rarefatta, capace di evocare paesaggi interiori con immagini che sembrano sospese tra cielo e silenzio. Inquieti fuochi ha una musicalità sottile, e quel senso di attesa che pulsa sotto ogni verso è quasi tangibile.


noblogo.org/norise-3-letture-a…



Horse Feathers - So It Is With Us (2014)


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Nel 2012, al termine del tour promozionale del meno fortunato “Cynic’s New Year”, Justin Ringle passa mesi senza toccare una chitarra: “Il periodo più lungo negli ultimi quindici anni”. Cominciano a circolare voci di uno scioglimento della band. E invece il periodo di stop riaccende l’ispirazione di Pringle, che non solo riprende a scrivere, ma compone un ritorno all’altezza dei migliori lavori degli Horse Feathers, imprimendogli una nota positiva, pop ancora più netta che in passato... artesuono.blogspot.com/2014/11…


Ascolta il disco: album.link/i/919714762



noblogo.org/available/horse-fe…


Horse Feathers - So It Is With Us (2014)


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Nel 2012, al termine del tour promozionale del meno fortunato “Cynic’s New Year”, Justin Ringle passa mesi senza toccare una chitarra: “Il periodo più lungo negli ultimi quindici anni”. Cominciano a circolare voci di uno scioglimento della band. E invece il periodo di stop riaccende l’ispirazione di Pringle, che non solo riprende a scrivere, ma compone un ritorno all’altezza dei migliori lavori degli Horse Feathers, imprimendogli una nota positiva, pop ancora più netta che in passato... artesuono.blogspot.com/2014/11…


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UNA ANALISI GLOBALE SUI CRIMINI CHE COLPISCONO L' AMBIENTE

Crimini forestali: Deforestazione illegale e abbattimento di alberi. Il ruolo dei Carabinieri Forestali italiani


La copertina della pubblicazione di UNODC

In un suo recente documento che analizza i crimini che impattano sull'ambiente, UNODC (l'Agenzia delle Nazioni Unite contro la criminalità) sottolinea come quella forestale porta a significativi danni ambientali, riducendo la biodiversità e compromettendo la salute degli ecosistemi. Inoltre, minaccia i mezzi di sussistenza delle comunità locali che dipendono dalle foreste per il cibo e il reddito. Le pratiche illegali, come il disboscamento e la corruzione, possono anche portare a violazioni dei diritti umani, come il lavoro minorile e il lavoro forzato. Quando la criminalità forestale si sovrappone ad altre attività illegali, come il traffico di droga o il commercio di esseri umani, le conseguenze sono amplificate, causando danni significativi alle comunità e all'ambiente. Questa convergenza crea reti criminali complesse che facilitano la corruzione e l'inefficienza nelle forze dell'ordine, rendendo più difficile il monitoraggio e l'applicazione delle leggi.

L'obiettivo principale degli sforzi per fermare la perdita di foreste e la degradazione del suolo entro il 2030 è quello di “fermare e invertire” tali fenomeni, promuovendo al contempo uno sviluppo sostenibile e una trasformazione rurale inclusiva. Questo è cruciale per contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici, poiché le foreste assorbono una quantità significativa di CO2. Inoltre, si mira a proteggere la biodiversità e garantire i mezzi di sussistenza delle comunità locali che dipendono dalle foreste.

Per combattere la criminalità forestale, sono necessari meccanismi di monitoraggio che includano tecnologie avanzate per la tracciabilità e la verifica della legalità del legname. È fondamentale migliorare la cooperazione internazionale e stabilire accordi bilaterali tra paesi produttori e consumatori per prevenire l'importazione di legname illegalmente estratto. Inoltre, l'applicazione delle leggi deve essere rafforzata attraverso l'istituzione di unità specializzate e l'integrazione di misure anti-corruzione nelle strategie nazionali. È necessario implementare meccanismi di monitoraggio avanzati, inclusi tecnologie geospaziali e cooperazione internazionale, per tracciare e verificare la legalità delle fonti di legname. Le normative devono essere costantemente valutate e rafforzate per chiudere le lacune legislative e adattarsi a nuove strategie illegali. Inoltre, è fondamentale coinvolgere le autorità di regolamentazione e le ONG nella supervisione delle attività forestali e nella promozione della trasparenza nella catena di approvvigionamento.

Le normative esistenti possono essere utilizzate per affrontare i crimini forestali attraverso l'applicazione di sanzioni penali e amministrative per le violazioni legate alla gestione forestale. È possibile migliorare la trasparenza e la responsabilità nella catena di approvvigionamento, imponendo requisiti di due diligence per garantire che i prodotti siano privi di deforestazione illegale. Inoltre, le leggi internazionali, come la Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità Organizzata Transnazionale, possono essere sfruttate per affrontare i crimini forestali a livello globale, integrando le politiche nazionali con strategie di enforcement più efficaci. La cooperazione internazionale di polizia può facilitare lo scambio di informazioni e intelligence tra le forze dell'ordine di diversi paesi per identificare e smantellare reti criminali coinvolte nella criminalità forestale. Può anche supportare operazioni congiunte per il monitoraggio e l'applicazione delle leggi, migliorando l'efficacia delle indagini su attività illegali transnazionali. Inoltre, la cooperazione può promuovere la formazione e lo sviluppo delle capacità delle forze di polizia locali per affrontare in modo più efficace i crimini ambientali.

Il crest del Comando dei Carabinieri Forestali

Il ruolo dei Carabinieri Forestali italiani


In questo contesto i Carabinieri Forestali italiani rappresentano una componente peculiare nel panorama delle forze di polizia europee e mondiali. Essi uniscono le funzioni tradizionali di tutela ambientale e forestale con quelle di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza, cosa non comune in altri Paesi (dove le polizie forestali non hanno poteri così estesi). Le loro competenze si estendono dalla tutela delle foreste, biodiversità, fauna e flora protette, al contrasto ai reati ambientali (inquinamento, traffico illecito di rifiuti, disboscamento illegale, commercio illegale di specie protette), gestione e protezione di aree naturali protette, parchi nazionali e siti UNESCO e supporto in emergenze ambientali (incendi boschivi, disastri naturali, dissesti idrogeologici).

Essi sono quindi considerati un modello europeo di polizia ambientale.

Contribuiscono a programmi di capacity building e formazione di altre forze di polizia o ranger in Paesi in via di sviluppo (es. lotta al bracconaggio in Africa, gestione forestale sostenibile nei Balcani e in Asia) e sono punto di riferimento in reti come INTERPOL Environmental Crime Working Group ed EUROPOL per reati legati a rifiuti e traffici di specie protette.

A differenza di altri corpi simili, non operano solo come law enforcement, ma anche come scienziati, tecnici forestali e investigatori, poiché hanno reparti specializzati in analisi ambientali, genetica forestale, balistica e tossicologia ambientale, che forniscono supporto tecnico anche a livello internazionale.

La loro presenza nelle missioni internazionali porta quindi con sé un forte valore simbolico: protezione del territorio e della natura come parte integrante della sicurezza globale. Inoltre, rappresentano uno strumento di diplomazia ambientale, perché uniscono sicurezza, sostenibilità e cooperazione multilaterale.

In sintesi, i Carabinieri Forestali si distinguono perché sono l’unica forza di polizia a carattere militare con specializzazione ambientale a livello mondiale, capace di operare sia sul fronte della sicurezza sia su quello della protezione della natura, e per questo sono particolarmente preziosi nella cooperazione internazionale.

Per saperne di più: unodc.org/documents/data-and-a…

UNODC, Global Analysis on Crimes that Affect the Environment – Part 2a: Forest Crimes: Illegal deforestation and logging (United Nations publication, 2025)


noblogo.org/cooperazione-inter…


UNA ANALISI GLOBALE SUI CRIMINI CHE COLPISCONO L' AMBIENTE


UNA ANALISI GLOBALE SUI CRIMINI CHE COLPISCONO L' AMBIENTE

Crimini forestali: Deforestazione illegale e abbattimento di alberi. Il ruolo dei Carabinieri Forestali italiani


La copertina della pubblicazione di UNODC

In un suo recente documento che analizza i crimini che impattano sull'ambiente, UNODC (l'Agenzia delle Nazioni Unite contro la criminalità) sottolinea come quella forestale porta a significativi danni ambientali, riducendo la biodiversità e compromettendo la salute degli ecosistemi. Inoltre, minaccia i mezzi di sussistenza delle comunità locali che dipendono dalle foreste per il cibo e il reddito. Le pratiche illegali, come il disboscamento e la corruzione, possono anche portare a violazioni dei diritti umani, come il lavoro minorile e il lavoro forzato. Quando la criminalità forestale si sovrappone ad altre attività illegali, come il traffico di droga o il commercio di esseri umani, le conseguenze sono amplificate, causando danni significativi alle comunità e all'ambiente. Questa convergenza crea reti criminali complesse che facilitano la corruzione e l'inefficienza nelle forze dell'ordine, rendendo più difficile il monitoraggio e l'applicazione delle leggi.

L'obiettivo principale degli sforzi per fermare la perdita di foreste e la degradazione del suolo entro il 2030 è quello di “fermare e invertire” tali fenomeni, promuovendo al contempo uno sviluppo sostenibile e una trasformazione rurale inclusiva. Questo è cruciale per contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici, poiché le foreste assorbono una quantità significativa di CO2. Inoltre, si mira a proteggere la biodiversità e garantire i mezzi di sussistenza delle comunità locali che dipendono dalle foreste.

Per combattere la criminalità forestale, sono necessari meccanismi di monitoraggio che includano tecnologie avanzate per la tracciabilità e la verifica della legalità del legname. È fondamentale migliorare la cooperazione internazionale e stabilire accordi bilaterali tra paesi produttori e consumatori per prevenire l'importazione di legname illegalmente estratto. Inoltre, l'applicazione delle leggi deve essere rafforzata attraverso l'istituzione di unità specializzate e l'integrazione di misure anti-corruzione nelle strategie nazionali. È necessario implementare meccanismi di monitoraggio avanzati, inclusi tecnologie geospaziali e cooperazione internazionale, per tracciare e verificare la legalità delle fonti di legname. Le normative devono essere costantemente valutate e rafforzate per chiudere le lacune legislative e adattarsi a nuove strategie illegali. Inoltre, è fondamentale coinvolgere le autorità di regolamentazione e le ONG nella supervisione delle attività forestali e nella promozione della trasparenza nella catena di approvvigionamento.

Le normative esistenti possono essere utilizzate per affrontare i crimini forestali attraverso l'applicazione di sanzioni penali e amministrative per le violazioni legate alla gestione forestale. È possibile migliorare la trasparenza e la responsabilità nella catena di approvvigionamento, imponendo requisiti di due diligence per garantire che i prodotti siano privi di deforestazione illegale. Inoltre, le leggi internazionali, come la Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità Organizzata Transnazionale, possono essere sfruttate per affrontare i crimini forestali a livello globale, integrando le politiche nazionali con strategie di enforcement più efficaci. La cooperazione internazionale di polizia può facilitare lo scambio di informazioni e intelligence tra le forze dell'ordine di diversi paesi per identificare e smantellare reti criminali coinvolte nella criminalità forestale. Può anche supportare operazioni congiunte per il monitoraggio e l'applicazione delle leggi, migliorando l'efficacia delle indagini su attività illegali transnazionali. Inoltre, la cooperazione può promuovere la formazione e lo sviluppo delle capacità delle forze di polizia locali per affrontare in modo più efficace i crimini ambientali.

Il crest del Comando dei Carabinieri Forestali

Il ruolo dei Carabinieri Forestali italiani


In questo contesto i Carabinieri Forestali italiani rappresentano una componente peculiare nel panorama delle forze di polizia europee e mondiali. Essi uniscono le funzioni tradizionali di tutela ambientale e forestale con quelle di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza, cosa non comune in altri Paesi (dove le polizie forestali non hanno poteri così estesi). Le loro competenze si estendono dalla tutela delle foreste, biodiversità, fauna e flora protette, al contrasto ai reati ambientali (inquinamento, traffico illecito di rifiuti, disboscamento illegale, commercio illegale di specie protette), gestione e protezione di aree naturali protette, parchi nazionali e siti UNESCO e supporto in emergenze ambientali (incendi boschivi, disastri naturali, dissesti idrogeologici).

Essi sono quindi considerati un modello europeo di polizia ambientale.

Contribuiscono a programmi di capacity building e formazione di altre forze di polizia o ranger in Paesi in via di sviluppo (es. lotta al bracconaggio in Africa, gestione forestale sostenibile nei Balcani e in Asia) e sono punto di riferimento in reti come INTERPOL Environmental Crime Working Group ed EUROPOL per reati legati a rifiuti e traffici di specie protette.

A differenza di altri corpi simili, non operano solo come law enforcement, ma anche come scienziati, tecnici forestali e investigatori, poiché hanno reparti specializzati in analisi ambientali, genetica forestale, balistica e tossicologia ambientale, che forniscono supporto tecnico anche a livello internazionale.

La loro presenza nelle missioni internazionali porta quindi con sé un forte valore simbolico: protezione del territorio e della natura come parte integrante della sicurezza globale. Inoltre, rappresentano uno strumento di diplomazia ambientale, perché uniscono sicurezza, sostenibilità e cooperazione multilaterale.

In sintesi, i Carabinieri Forestali si distinguono perché sono l’unica forza di polizia a carattere militare con specializzazione ambientale a livello mondiale, capace di operare sia sul fronte della sicurezza sia su quello della protezione della natura, e per questo sono particolarmente preziosi nella cooperazione internazionale.

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Il Vento del Nord, il Braccialetto di Ferro e il Cuore Spezzato


Alt descriptionimmagine Creata con Midjourney

Nelle gelide lande di Jötunheim, dove le aurore danzano sopra montagne di ghiaccio, viveva Ragnar il Sanguinario, capo della tribù dei Lupi di Fjord. Con la sua ascia forgiata dal fulmine di Thor, aveva solcato mari tempestosi e saccheggiato villaggi lontani, guadagnandosi il rispetto e la paura di tutti gli uomini.

Ma dietro la corazza di ferro e le cicatrici di battaglia, un’ombra più oscura si annidava nel suo cuore: Eira, la figlia del capo dei druidi del villaggio di Skaldheim. Si erano incontrati una notte di luna piena, quando le stelle caddero come pioggia d’argento sul lago sacro. Tra canti antichi e sussurri di vento, i loro occhi si incrociarono e nacque un amore così intenso da far tremare le radici degli alberi secolari.

Nel momento in cui i due giovani si promisero fedeltà, Eira gli regalò un piccolo braccialetto di ferro, intrecciato con rune di protezione. “Portalo sempre,” gli disse, “così il nostro legame sarà più forte del più feroce dei venti.” Ragnar lo indossò subito, sentendo il freddo metallo pulsare contro la sua pelle come un battito di cuore.

Il destino, però, non era benevolo. Un inverno particolarmente crudele colpì le terre, e una pestilenza avvolse Skaldheim. Eira, gravemente ammalata, chiese a Ragnar di portarle l’erba dorata dell’Albero della Vita, custodita nella foresta proibita di Yggdrasil. Il guerriero, spinto dall’amore, attraversò foreste avvolte da nebbie mortali e affrontò spiriti antichi, ma al ritorno trovò il villaggio in fiamme e la giovane avvolta da una luce pallida: era morta.

Il dolore fu un martello che infranse la sua anima. In preda alla disperazione, Ragnar strappò via il braccialetto di ferro, lo gettò nel fuoco e lo osservò fondersi in una scintilla rossa. Giurò vendetta contro il fato stesso. Si diresse verso il tempio di Odin, dove gli sciamani narravano che il dio poteva concedere poteri oltre la morte. Con la voce rotta dal pianto, invocò:

“Odin, Signore dei Cieli, ascolta il mio grido! Se non posso riavere la vita di Eira, allora benedico il suo ricordo con una maledizione che farà tremare ogni cuore che osa tradire l’amore vero!”

Le rune si accenderono di un fuoco azzurro, e il cielo si squarciò. Odin, colpito dalla ferocia del vichingo, concesse al guerriero una benedizione oscura: la capacità di trasformare ogni amore tradito in una tempesta di ghiaccio, congelando per sempre i cuori degli ingannatori. Ma prima di conferire il potere, Odin prese il braccialetto di ferro ormai fuso, lo ricondusse in forma di un nuovo gioiello, incidendogli sopra la benedizione oscura, e lo legò intorno al polso di Ragnar. Da quel punto in poi, il braccialetto brillava di una luce glaciale ogni volta che una menzogna d’amore veniva pronunciata.

Da quel giorno, Ragnar divenne leggenda. Quando un uomo tradiva la propria amata, il vento del Nord soffiava più forte, le onde si innalzavano e il traditore veniva avvolto da una coltre di gelo, incapace di parlare o di muoversi. Il braccialetto di ferro, ora incantato, pulsava con energia, segnando il momento in cui la maledizione si scatenava. Le storie di queste punizioni si diffusero tra i villaggi, e il nome di Ragnar fu pronunciato con timore e rispetto.

Ma nei momenti più silenziosi, quando la notte avvolgeva le sue tende di pelle di lupo, il vichingo guardava il mare, dove le luci dell’aurora sembravano disegnare il volto di Eira. E, anche se la sua anima era intrisa di furia, il suo cuore rimaneva un luogo di dolcezza, custodendo per sempre l’unico amore che avesse mai conosciuto. Il braccialetto di ferro, ora parte integrante di lui, era il ricordo costante di quel legame: un simbolo di protezione, di perdita e di una promessa che nemmeno la morte poteva spezzare.

Così, tra il clangore delle spade e il sussurro del vento, la leggenda di Ragnar il Sanguinario continuò a vivere, ricordando a tutti che l’amore, anche perduto, può forgiare poteri più grandi di qualsiasi ascia o scudo—e che un semplice braccialetto di ferro può diventare il filo che lega l’eternità al cuore di un uomo.


noblogo.org/il-diario-perduto/…



[escursioni] 0.

riparano fonti di calore alle] quattro bisestile soffiano] nei bicchieri l'ecosistema ha i tracciati instabili cavano] i carboni fossili i cartizze zero residuo tossico ottenere] un preventivo farsi fotografare le] Alpi


noblogo.org/lucazanini/escursi…



REPETITA (dal 31 agosto) + notilla di oggi

ogni tanto mi arrivano messaggi non richiesti di difesa della poesia , definizioni di poesia, osservazioni sulla poesia. proprio la poesia-poesia. oppure vedo post (in cui vengo nominato) in tema di poesia. oggi, 2025. vorrei sottolineare che non mi occupo praticamente più di poesia ma di scritture di ricerca, che sono per il 99% tutt'altra cosa, completamente altra cosa, rispetto alla poesia. ci sono molti nomi per nominare molte (diverse) cose: slowforward.net/2021/06/23/nio…

il fatto che poi saltuariamente io legga (in pubblico o per conto mio) poesia altrui non cambia le cose. semmai sottolinea il fatto che – da cittadino libero – posso leggere in pubblico o per conto mio qualsiasi cosa: istruzioni ikea, romanzi, elenchi di papi morti, alberi genealogici, bugiardini di pillole, ingredienti di biscotti, e – appunto – poesie, senza per questo occuparmene o farne un asse & spin vitale.


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SIRACIDE - Capitolo 2


Pazienza e fiducia nelle prove1Figlio, se ti presenti per servire il Signore,⊥ prepàrati alla tentazione.2Abbi un cuore retto e sii costante,⊥ non ti smarrire nel tempo della prova.3Stai unito a lui senza separartene, perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni.4Accetta quanto ti capita e sii paziente nelle vicende dolorose,5perché l'oro si prova con il fuoco e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore.⌈Nelle malattie e nella povertà confida in lui.⌉6Affìdati a lui ed egli ti aiuterà, raddrizza le tue vie e spera in lui⊥.7Voi che temete il Signore, aspettate la sua misericordia e non deviate, per non cadere.8Voi che temete il Signore, confidate in lui, e la vostra ricompensa non verrà meno.9Voi che temete il Signore, sperate nei suoi benefici, nella felicità eterna e nella misericordia,⌈poiché la sua ricompensa è un dono eterno e gioioso.⌉10Considerate le generazioni passate e riflettete: chi ha confidato nel Signore ed è rimasto deluso? O chi ha perseverato nel suo timore e fu abbandonato? O chi lo ha invocato e da lui è stato trascurato?11Perché il Signore è clemente e misericordioso, perdona i peccati e salva al momento della tribolazione⊥.

I frutti del timore del Signore12Guai ai cuori pavidi e alle mani indolenti e al peccatore che cammina su due strade!13Guai al cuore indolente che non ha fede, perché non avrà protezione.14Guai a voi che avete perduto la perseveranza⊥: che cosa farete quando il Signore verrà a visitarvi?15Quelli che temono il Signore non disobbediscono alle sue parole, quelli che lo amano seguono le sue vie.16Quelli che temono il Signore cercano di piacergli, quelli che lo amano si saziano della legge.17Quelli che temono il Signore tengono pronti i loro cuori e si umiliano al suo cospetto.⊥18“Gettiamoci nelle mani del Signore e non in quelle degli uomini;⌉ poiché come è la sua grandezza, così è anche la sua misericordia”.

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Approfondimenti


vv. 1-18. Il Signore è «clemente e misericordioso, rimette i peccati e salva al momento della tribolazione» (2, 11). Su questo tema teologico Ben Sira innesta e sviluppa, nel secondo c., le idee religiose e le premesse sapienziali del primo. Il timore del Signore si manifesta nella prova e nell'obbedienza alla sua parola, matura nell'amore e nell'umiltà. Lo temono coloro che, sforzandosi di piacere a lui (v. 16a), aspettano da lui la ricompensa (vv. 3.7-9) e si saziano della sua legge (v. 16b). Stando uniti a lui senza separarsene (v. 3), si gettano nelle sue braccia misericordiose, piuttosto che in quelle degli uomini (v. 18). Al contrario, non lo temono i cuori pavidi e indolenti (vv. 12-13), i peccatori che camminano «su due strade» (v. 12) e coloro che hanno perso la pazienza (v. 14a). Le due parti del c. (vv. 1-11 e 12-18) sono chiuse entrambe da un'affermazione teologica sulla misericordia del Signore (vv. 11.18cd). La prima parte passa dall'aspirante discepolo (vv. 1-6, coi verbi all'imperativo della seconda persona singolare) al «Voi che temete il Signore» (vv. 8-10, coi verbi all'imperativo della seconda persona plurale); la seconda parte presenta tre «Guai» contro i peccatori (vv. 12-14) e tre descrizioni di «coloro che temono il Signore» (vv. 15-17). I quattro stichi del v. 18 chiudono il c. passando al “noi”: «Gettiamoci nelle braccia del Signore» (v. 18ab), la cui grandezza è pari alla misericordia (v. 18cd). Il ritmo ternario (tre vocativi in 7-9, tre interrogativi in 10bcd, tre «guai» in 12-14 e tre “timorati del Signore” in 15-17) conferisce al brano dinamismo e armonia.

vv. 1-11. Il vocativo «Figlio» è abituale nella letteratura sapienziale per rivolgersi ai propri discepoli (cfr. 3,12.17; 4,1; 6,18.23.32; 10,28; 11,10; 14,11; 31,22). A volte si trova il plurale (cfr. 3,1; 23,7; 39,13; 41,14; Pr 2,1; 3,1; 4,1). Frequente è pure l'uso dell'imperativo: dieci in questo brano, uno solo negativo (v. 2b). L'invito a «prepararsi alla tentazione» (v. 1b) anche nel servizio del Signore – il primo degli imperativi – rientra nella teoria deuteronomica della retribuzione: anche per Ben Sira la sofferenza dell'uomo virtuoso non è una punizione, ma una prova educativa. La sapienza stessa mette alla prova il discepolo «finché possa fidarsi di lui» (4,17e); Abramo viene lodato perché «nella prova fu trovato fedele» (44,20d); chi teme il Signore, in caso di tentazioni, sarà liberato (33,1). La funzione educativa della prova è raccomandata da Ben Sira anche nelle relazioni umane: «Se intendi farti un amico, mettilo alla prova e non fidarti subito di lui» (6,7). Cfr. anche Mt 6,13 e Lc 11,4 (preghiera e tentazione), Gc 1,2-4.12 (dopo la prova la pazienza e la corona della vita). Dal «prepararsi alla tentazione» (v. 1b) allo «sperare in lui» (v. 6b): il primo e l'ultimo imperativo contengono una sintesi del messaggio. Il secondo e il penultimo imperativo, con lo stesso verbo (euthynein, tenere dritto, raddrizzare: vv. 2a.6b), invitano a rendere fermi e retti il cuore e le vie: frequente il rifiuto della doppiezza ipocrita e incostante (cfr. 1,25b; 2,12b). L'imperativo «sii costante» (v. 2a), nel linguaggio del Siracide, marca la differenza del discepolo da falso amico (karterein ricorre solo qui e in 12,15. Cfr. At 2,42.44). Avendo fiducia nell'aiuto del Signore (cfr. 2,6a con 1,24b), il discepolo non si smarrirà nel tempo della seduzione (v. 2b) e accetterà tutto con animo grande (v. 4).

vv. 7-11. Il tema della misericordia del Signore (eleos) compare nella prima parte come oggetto dell'attesa e della speranza di chi teme il Signore (vv. 7a.9b); nella seconda come attributo di Dio pari alla sua grandezza (v. 18d; cfr. v. 11a). La misericordia è sintesi dei benefici del Signore, in una prospettiva sempre terrena (vv. 7-10; cfr. Is 35,10; 51,11). Eleos rende nei LXX l'ebraico ḥesed, che indica l'amoroso interesse di Dio per l'uomo come risultato del rapporto basato sull'alleanza. Dio è clemente e misericordioso (v. 11a; cfr. 50,19): eco della proclamazione del nome “misericordioso e pietoso” (cfr. Es 34,6; Sal 86,5.15; 103,8; Gl 2,13).

vv. 12-14. Aperti da una formula imprecatoria, questi vv. si riferiscono agli Ebrei che hanno perso la fiducia nel Signore e nelle sue promesse al popolo di Israele. Ormai camminano su «due strade» (v. 12b), sono incostanti e infedeli nel servizio del Signore. Vengono alla mente i rimproveri di Elia al popolo che zoppica con i due piedi, oscillando tra il Signore e Baal (1Re 18,21), e le osservazioni di Isaia circa l'instabilità di chi non ha fede (Is 7,9). La parentela letteraria e tematica di questi vv. con i profeti emerge anche dall'annunciata “visita” del Signore (v. 14b). Il verbo episkeptein ricorre sette volte nel Siracide. In quattro casi i soggetto è il Signore: l'Altissimo “sorveglia” le schiere celesti (17,32) e “interviene” in favore dell'umile che prega (35,21). Negli altri due casi il verbo indica una “visita di giudizio”, accezione tipica del vocabolario profetico (cfr. 46,14). In 2,14 la “visita” si presenta come un giudizio a cui è impossibile sottrarsi. Qui il verbo pqd verosimilmente sotteso, non indica l'intervento salvifico di Dio (Es 4,31; Sof 2,7) o la sorveglianza continua sull'uomo (Gb 7,18), ma come nei profeti questo verbo ha l'accezione di “visita punitiva” del Signore (Is 10,12; Ger 9,24). Ben Sira sembra proprio dire che gli Ebrei apostati subiranno la stessa sorte dei popoli e dei sovrani stranieri “visitati” da JHWH. Più avanti userà ancora il tono profetico del “Guai!”, rivolgendosi in modo esplicito contro chi ha lasciato la via dei padri per seguire la via dell'ellenismo: «Guai a voi, uomini empi, che avete abbandonato la legge di Dio altissimo» (41,8).

vv. 15-18. Dopo il ritratto negativo dei peccatori, quello positivo dei timorati del Signore. Un quadro di alta tensione spirituale: «temere il Signore» è amarlo e cercare di piacergli, non disobbedirgli ma saziarsi della sua legge, preparare il cuore e l'anima nell'umiltà per seguire le sue vie e per stare davanti a lui. L'esortazione finale a gettarsi nelle braccia del Signore misericordioso e non in quelle degli uomini (v. 18) svela ancora una volta gli intenti generali dell'opera di Ben Sira: fare riecheggiare la scelta sapiente del re Davide che, in un momento di angoscia, preferì cadere «nelle mani del Signore perché la sua misericordia è grande», piuttosto che in quelle degli uomini, suoi nemici (2Sam 24,14; cfr. anche 1Cr 21,13).

Conclusione. Ben Sira sa che la “prova” attende ogni discepolo: nessuno può evitare il tempo della seduzione (v. 2b), della tribolazione (v. 11b) e le situazioni umilianti (v. 4b). Bisogna prepararsi (vv. 1.17), convinti che la “brace dell'umiliazione” (v. 5b) ha un valore educativo (cfr. Gb 32-37). Il passato insegna la fedeltà di Dio verso chi ha “perseverato” nel suo timore (v. 10). Nasce un giudizio sul presente (vv. 12-14) e una richiesta per il futuro (i verbi dei vv. 15-17 sono al futuro). In sintesi – dice Ben Sira – bisogna saper “cadere” nelle braccia di Dio, da veri timorati e confidenti (vv. 3.18ab), per non cadere come il collerico (1,19b) o come l'orgoglioso (1,27a). Di fronte ai contrasti sociali e culturali, economici e religiosi del presente, la lezione di Ben Sira – pur riprendendo insegnamenti che dovevano essere frequenti di fronte al rischio di apostasia all'inizio del II secolo a.C. – non è scontata e ripetitiva: dalla teologia profetica (Is 51,1-3; Sal 22,4-6) e deuteronomistica (Dt 6,5-6; 10,12-13) egli attinge motivi di speranza e di amorevole fiducia. Lo sguardo si ferma su una vetta: chi ama il Signore rimane appagato, “sazio” della sua legge (2,16b; 32,15). All'invito alla fortezza nella prova si unisce l'annuncio dell'eleos del Signore. Perciò il c. viene titolato riferendosi ora al timore di Dio nella prova (ms. 248: “Sulla pazienza”) ed ora alla fiducia in lui.

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Counting Crows - Somewhere Under Wonderland (2014)


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Dopo un Saturday Nights & Sunday Mornings dalla genesi sofferta e dall’esito controverso, dopo il lungo silenzio discografico (perlomeno sul fronte inediti) e le lune imprevedibili e cangianti di Adam Duritz, uccellacci dalle ali nere si erano addensati sulle teste dei fan dei Counting Crows. La notizia di nuove canzoni in uscita dopo sei anni più che con curiosità e impazienza, era stata da taluni accolta con un misto di circospezione e diffidenza, tanto più che il fiammeggiante covering dell’ottimo Underwater Sunshine (2012) più che gettare semi di nuove speranze, aveva instillato dubbi su un ineluttabile inaridimento creativo... artesuono.blogspot.com/2014/09…


Ascolta il disco: album.link/i/1440819091



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Counting Crows - Somewhere Under Wonderland (2014)


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Dopo un Saturday Nights & Sunday Mornings dalla genesi sofferta e dall’esito controverso, dopo il lungo silenzio discografico (perlomeno sul fronte inediti) e le lune imprevedibili e cangianti di Adam Duritz, uccellacci dalle ali nere si erano addensati sulle teste dei fan dei Counting Crows. La notizia di nuove canzoni in uscita dopo sei anni più che con curiosità e impazienza, era stata da taluni accolta con un misto di circospezione e diffidenza, tanto più che il fiammeggiante covering dell’ottimo Underwater Sunshine (2012) più che gettare semi di nuove speranze, aveva instillato dubbi su un ineluttabile inaridimento creativo... artesuono.blogspot.com/2014/09…


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le ascolta poi rimandano a comando scatola] di scatti pulsantiere ai blocchi collassa] una supernova durata>3 minuti e 39 secondi si fessa l'oculare in giro un grande risparmio energetico trafiletto in quarta la] leva porta lo zerouno muove lo zero si] accampa ristorante informano terraferma fuori [la bufera gli] occhiali stenopeici


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CITTADINO CINESE FUGGITO DALL'ITALIA, ARRESTATO IN SPAGNA ANCHE GRAZIE ALLE RETE “ENFAST”


Un cittadino cinese evaso dalla Questura di Prato il 10 luglio scorso è stato catturato a Barcellona, in Spagna, ed estradato in Italia. Il fuggitivo è stato rintracciato dalla Squadra #FAST Italia (Fugitive Active Search Team) con il supporto delle reti di cooperazione internazionale di polizia #Eurojust ed #Europol/ENFAST. L'individuo ha utilizzato un passaporto autentico intestato a un altro cittadino cinese e si è affidato a una rete criminale per la logistica, il trasporto e il rifugio in diversi paesi europei. L'operazione, che ha visto la collaborazione tra le autorità italiane e spagnole, ha portato ad esecuzione con successo un Mandato di Arresto Europeo (#MAE)emesso dalla Procura di Prato.

La Rete Europea delle Squadre per la Ricerca Attiva dei Fuggitivi (ENFAST) è una cooperazione di polizia degli Stati membri dell'Unione Europea, con il supporto di Europol, volta a rafforzare la sicurezza all'interno dell'UE localizzando e arrestando criminali ricercati a livello internazionale che hanno commesso reati gravi. La rete è stata istituita il 1° gennaio 2013, a seguito di un'iniziativa proposta nel 2010 in una conferenza a cui hanno partecipato 24 nazioni dell'Unione Europea, con l'obiettivo di consentire una collaborazione più efficiente tra le unità di polizia nazionali responsabili della ricerca attiva dei fuggitivi (FAST). #ENFAST è attiva 24 ore su 24, 7 giorni su 7, consentendo alle sue squadre di intervenire immediatamente per localizzare e arrestare i fuggitivi.

Le attività di ENFAST portano all'arresto di circa 400 criminali gravi ogni anno. La rete è gestita da una delle nazioni partecipanti per mandati presidenziali di due anni; alcuni Stati non membri dell'UE godono dello status di osservatori senza diritto di voto per facilitare la cooperazione con i paesi in cui potrebbero nascondersi i fuggitivi. Un elemento chiave della strategia di ENFAST è il sito web EU Most Wanted (www.eumostwanted.eu), lanciato nel gennaio 2016, che elenca i latitanti ricercati a livello internazionale e soggetti a Mandati di Arresto Europei.

Questi latitanti sono condannati o sospettati di aver commesso crimini di alto profilo o atti terroristici in Europa. Il sito web ha elencato 454 profili di latitanti tra la sua creazione e dicembre 2024, e l'Europol ha attribuito 53 dei 164 arresti all'inclusione di profili sul sito.

Il pubblico è attivamente incoraggiato a contribuire alla ricerca di questi latitanti attraverso il sito web, dove è possibile segnalare indizi in forma anonima e da cui è possibile ricevere una newsletter di aggiornamento. Questo coinvolgimento del pubblico si è dimostrato efficace: 36 dei 454 latitanti presenti sul sito web sono stati arrestati dal suo lancio, almeno 11 dei quali sono stati fermati grazie a informazioni fornite dal pubblico. Vengono lanciate periodicamente campagne mirate a individuare specifici latitanti, compresi quelli legati alla criminalità organizzata, con il supporto di Europol. Gli sforzi della rete sono cruciali per contrastare le sfide poste dalla criminalità transfrontaliera, in particolare nel contesto della libera circolazione di persone e merci all'interno dell'UE e dell'area Schengen.


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CITTADINO CINESE FUGGITO DALL'ITALIA, ARRESTATO IN SPAGNA ANCHE GRAZIE ALLE RETE “ENFAST”


Un cittadino cinese evaso dalla Questura di Prato il 10 luglio scorso è stato catturato a Barcellona, in Spagna, ed estradato in Italia. Il fuggitivo è stato rintracciato dalla Squadra #FAST Italia (Fugitive Active Search Team) con il supporto delle reti di cooperazione internazionale di polizia #Eurojust ed #Europol/ENFAST. L'individuo ha utilizzato un passaporto autentico intestato a un altro cittadino cinese e si è affidato a una rete criminale per la logistica, il trasporto e il rifugio in diversi paesi europei. L'operazione, che ha visto la collaborazione tra le autorità italiane e spagnole, ha portato ad esecuzione con successo un Mandato di Arresto Europeo (#MAE)emesso dalla Procura di Prato.

La Rete Europea delle Squadre per la Ricerca Attiva dei Fuggitivi (ENFAST) è una cooperazione di polizia degli Stati membri dell'Unione Europea, con il supporto di Europol, volta a rafforzare la sicurezza all'interno dell'UE localizzando e arrestando criminali ricercati a livello internazionale che hanno commesso reati gravi. La rete è stata istituita il 1° gennaio 2013, a seguito di un'iniziativa proposta nel 2010 in una conferenza a cui hanno partecipato 24 nazioni dell'Unione Europea, con l'obiettivo di consentire una collaborazione più efficiente tra le unità di polizia nazionali responsabili della ricerca attiva dei fuggitivi (FAST). #ENFAST è attiva 24 ore su 24, 7 giorni su 7, consentendo alle sue squadre di intervenire immediatamente per localizzare e arrestare i fuggitivi.

Le attività di ENFAST portano all'arresto di circa 400 criminali gravi ogni anno. La rete è gestita da una delle nazioni partecipanti per mandati presidenziali di due anni; alcuni Stati non membri dell'UE godono dello status di osservatori senza diritto di voto per facilitare la cooperazione con i paesi in cui potrebbero nascondersi i fuggitivi. Un elemento chiave della strategia di ENFAST è il sito web EU Most Wanted (www.eumostwanted.eu), lanciato nel gennaio 2016, che elenca i latitanti ricercati a livello internazionale e soggetti a Mandati di Arresto Europei.

Questi latitanti sono condannati o sospettati di aver commesso crimini di alto profilo o atti terroristici in Europa. Il sito web ha elencato 454 profili di latitanti tra la sua creazione e dicembre 2024, e l'Europol ha attribuito 53 dei 164 arresti all'inclusione di profili sul sito.

Il pubblico è attivamente incoraggiato a contribuire alla ricerca di questi latitanti attraverso il sito web, dove è possibile segnalare indizi in forma anonima e da cui è possibile ricevere una newsletter di aggiornamento. Questo coinvolgimento del pubblico si è dimostrato efficace: 36 dei 454 latitanti presenti sul sito web sono stati arrestati dal suo lancio, almeno 11 dei quali sono stati fermati grazie a informazioni fornite dal pubblico. Vengono lanciate periodicamente campagne mirate a individuare specifici latitanti, compresi quelli legati alla criminalità organizzata, con il supporto di Europol. Gli sforzi della rete sono cruciali per contrastare le sfide poste dalla criminalità transfrontaliera, in particolare nel contesto della libera circolazione di persone e merci all'interno dell'UE e dell'area Schengen.


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Pino Daniele — Nero a metà (1980)


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Dopo la pubblicazione di “Terra mia” del 1977 e la conferma con l’album “Omonimo” del 1979, Pino Daniele pubblica “Nero a metà” il disco che lo consacrerà definitivamente al grande pubblico. Daniele ha venticinque anni ma ha già una buona esperienza come strumentista suona, infatti, dall’età di dodici anni e ha già militato in diversi gruppi partenopei compresi i Napoli Centrale. Pino Daniele come Napoli, possiede in questo disco una doppia anima, romantica la prima, ritmica la seconda, nervose e soleggiate entrambe... silvanobottaro.it/archives/366…


Ascolta il disco: album.link/i/714360797



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Pino Daniele — Nero a metà (1980)


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Dopo la pubblicazione di “Terra mia” del 1977 e la conferma con l’album “Omonimo” del 1979, Pino Daniele pubblica “Nero a metà” il disco che lo consacrerà definitivamente al grande pubblico. Daniele ha venticinque anni ma ha già una buona esperienza come strumentista suona, infatti, dall’età di dodici anni e ha già militato in diversi gruppi partenopei compresi i Napoli Centrale. Pino Daniele come Napoli, possiede in questo disco una doppia anima, romantica la prima, ritmica la seconda, nervose e soleggiate entrambe... silvanobottaro.it/archives/366…


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SIRACIDE - Capitolo 1


PrologoMolti e importanti insegnamenti ci sono dati dalla legge, dai profeti e dagli altri scritti successivi, per i quali è bene dar lode a Israele quanto a dottrina e sapienza. Però non è giusto che ne vengano a conoscenza solo quelli che li leggono, ma è bene che gli studiosi, con la parola e con gli scritti, si rendano utili a quelli che ne sono al di fuori.

Per questo motivo, mio nonno Gesù, dopo essersi dedicato per tanto tempo alla lettura della legge, dei profeti e degli altri libri dei nostri padri, avendone conseguito una notevole competenza, fu indotto pure lui a scrivere qualche cosa su ciò che riguarda la dottrina e la sapienza, perché gli amanti del sapere, assimilato anche questo, possano progredire sempre più nel vivere in maniera conforme alla legge.

Siete dunque invitati a farne la lettura con benevola attenzione e ad essere indulgenti se, nonostante l’impegno posto nella traduzione, sembrerà che non siamo riusciti a rendere la forza di certe espressioni. Difatti le cose dette in ebraico non hanno la medesima forza quando vengono tradotte in un’altra lingua. E non solamente quest’opera, ma anche la stessa legge, i profeti e il resto dei libri nel testo originale conservano un vantaggio non piccolo.

Nell’anno trentottesimo del re Evèrgete, anch’io, venuto in Egitto e fermatomi un poco, dopo avere scoperto che lo scritto è di grande valore educativo, ritenni necessario adoperarmi a tradurlo con diligente fatica. In tutto quel tempo, dopo avervi dedicato molte veglie e studi, ho portato a termine questo libro, che ora pubblico per quelli che, all’estero, desiderano istruirsi per conformare alla legge il proprio modo di vivere.

LA SAPIENZA GUIDA LA VITA DELL’UOMO (1,1-23,28)

La sapienza viene dal Signore1Ogni sapienza viene dal Signore e con lui rimane per sempre.2La sabbia del mare, le gocce della pioggia e i giorni dei secoli chi li potrà contare?3L'altezza del cielo, la distesa della terra e le profondità dell'abisso chi le potrà esplorare?⊥4Prima d'ogni cosa fu creata la sapienza e l'intelligenza prudente è da sempre.5Fonte della sapienza è la parola di Dio nei cieli,le sue vie sono i comandamenti eterni.6La radice della sapienza a chi fu rivelata? E le sue sottigliezze chi le conosce?7Ciò che insegna la sapienza a chi fu manifestato?La sua grande esperienza chi la comprende?8Uno solo è il sapiente e incute timore, seduto sopra il suo trono.9Il Signore stesso ha creato la sapienza, l'ha vista e l'ha misurata, l'ha effusa su tutte le sue opere,10a ogni mortale l'ha donata con generosità, l'ha elargita a quelli che lo amano.⌈L'amore del Signore è sapienza che dà gloria,a quanti egli appare, la dona perché lo contemplino.⌉

Il timore del Signore conduce alla sapienza11Il timore del Signore è gloria e vanto, gioia e corona d'esultanza.12Il timore del Signore allieta il cuore, dà gioia, diletto e lunga vita.⌈Il timore del Signore è dono del Signore,esso conduce sui sentieri dell'amore.⌉13Chi teme il Signore avrà un esito felice, nel giorno della sua morte sarà benedetto.⊥14Principio di sapienza è temere il Signore; essa fu creata con i fedeli nel seno materno.15Ha posto il suo nido tra gli uomini con fondamenta eterne, abiterà fedelmente con i loro discendenti.⊥16Pienezza di sapienza è temere il Signore; essa inebria di frutti i propri fedeli.17Riempirà loro la casa di beni desiderabili e le dispense dei suoi prodotti.18Corona di sapienza è il timore del Signore; essa fa fiorire pace e buona salute.L'una e l'altra sono doni di Dio per la pace⌈e si estende il vanto per coloro che lo amano.⌉19Egli ha visto e misurato la sapienza, ha fatto piovere scienza e conoscenza intelligente, ha esaltato la gloria di quanti la possiedono.20Radice di sapienza è temere il Signore, i suoi rami sono abbondanza di giorni.⊥21Il timore del Signore tiene lontani i peccati,chi vi persevera respinge ogni moto di collera.22La collera ingiusta non si potrà scusare, il traboccare della sua passione sarà causa di rovina.23Il paziente sopporta fino al momento giusto, ma alla fine sgorgherà la sua gioia.24Fino al momento opportuno terrà nascoste le sue parole e le labbra di molti celebreranno la sua saggezza.25Fra i tesori della sapienza ci sono massime sapienti, ma per il peccatore è obbrobrio la pietà verso Dio.26Se desideri la sapienza, osserva i comandamenti e il Signore te la concederà.27Il timore del Signore è sapienza e istruzione, egli si compiace della fedeltà e della mansuetudine.28Non essere disobbediente al timore del Signore e non avvicinarti ad esso con cuore falso.29Non essere ipocrita davanti agli uomini e fa' attenzione alle parole che dici.30Non esaltarti, se non vuoi cadere e attirare su di te il disonore; il Signore svelerà i tuoi segreti e ti umilierà davanti all'assemblea, perché non ti sei avvicinato al timore del Signore e il tuo cuore è pieno d'inganno. _________________Note

1,1-23,28 Questa prima sezione ha come tema fondamentale la sapienza, con i diversi significati che ad essa si possono attribuire. L’autore non si preoccupa di seguire un’articolazione logica in questa esposizione e si notano ripetizioni di uno stesso tema o delle medesime situazioni. La sapienza è vista come una prerogativa di Dio, come l’ordine che regola e dà armonia al creato, come dono che Dio offre all’uomo.

1,11-30 Come già nel libro dei Proverbi, che il Siracide ha presente, il timore del Signore è visto anche qui nel suo duplice aspetto di radice e culmine della sapienza (Pr 1,7). Già in queste prime battute, il Siracide ama collegare la sapienza con l’osservanza dei comandamenti.

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Approfondimenti


Il c. 1 presenta due componimenti poetici, uno dedicato alle caratteristiche della sapienza (1, 1-10) e l'altro al timore del Signore (1,11-30).

vv. 1-10. Il primo brano (vv. 1-10) è delimitato da due inclusioni: l'aggettivo pas (tutto/ogni: vv. 1a.9c-10a) e la preposizione meta (con/su: vv. 1.10a). Evidente l'intento religioso universalistico: Ben Sira vuole abbracciare ogni sapienza, nel rapporto con il Signore, con tutte le sue opere e con ogni vivente. Da Dio creata – e perciò solo a lui nota in profondità (vv. 4.9) – la sapienza passa dalla comunione con lui a tutte le sue opere, a tutti i viventi (vv. 6.9c-10). Non è conquista umana. Lo dicono alcune domande retoriche, con immagini sapienziali tipiche: contare i granelli di sabbia dei mari, le gocce di una pioggia e i giorni del tempo (v. 2); esplorare gli ultimi confini di cielo, terra e abisso (v. 3); accedere alla «radice» nascosta, ai «disegni» insondabili della sapienza (v. 6). Se questa è la condizione umana, cosa può fare l'uomo per ottenere la sapienza? Ben Sira riassume la risposta in una sola parola, l'ultima del brano: amare Dio, perché così la sapienza verrà data all'uomo in abbondanza (v. 10). Amare: l'unico verbo del brano che ha per soggetto l'uomo e caratterizza la sua risposta alla «generosità» di Dio. «Uno solo è sapiente» (v. 8): di fronte e al di sopra di tutte le creature, l'autore presenta la realtà unica e trascendente di Dio. L'immagine del trono (v. 8) richiama la sua sovranità spazio-temporale. Avendo creato la sapienza «prima di ogni cosa» (v. 4a), egli la conosce e possiede in modo intimo e peculiare, la rivela e la effonde su quanti lo amano (vv. 6.9-10).

vv. 1-5. Sono individuabili tre temi, concernenti «ogni» sapienza: l'origine e la natura religiosa, non secolare (vv. 1.8), l'inaccessibilità (vv. 2-3.8), la preesistenza (v. 4). I vv. ricordano vari testi sapienziali. L'origine della sapienza è in Dio (cfr. Gb 12,13; Pr 2,6; Sap 7,26; 9,4). La sua inaccessibilità risuona nelle prime pagine della Bibbia (Gn 1-2), in Gb 38,16, ma anche in Paolo: sia quando parla delle «vie inaccessibili» del Dio creatore e redentore (Rm 11, 33) sia quando si riferisce all'«imperscrutabile ricchezza» di Cristo (Ef 3,8), resa manifesta dal ministero dell'apostolo. Il verbo caratteristico è exichniazein (v. 3), che significa «seguire la pista, ricercare». Nel contesto della lettera agli Efesini sono riprese e applicate in modo irripetibile a Cristo e alla vita cristiana tematiche sapienziali: la sapienza della creazione si rivela in Cristo mediante la Chie-sa. Il tema della preesistenza (cfr. Gb 28, 12-23; Prv 8, 22-31 e Bar 3,20-32) collega sapienza e legge mosaica, che i rabbini consideravano preesistente (cfr. Ber. Rabba, 8).

vv. 6-10. In evidenza i temi teologici di Dio sapiente, sovrano terribile (v. 8), creatore e conoscitore della sapienza (v. 9ab), generoso nel donare (vv. 9c.10a). Il tema degli uomini arricchiti dal suo dono e chiamati ad una risposta di amore (v. 10b) chiude la pericope. La sapienza del creatore è celebrata anche in Giobbe (cfr. 9,4; 12,13; Pv 8,14) e nei profeti (cfr. Is 28,29; 40,12-14; Ger 10,12). Ben Sira riprende molti motivi di questo brano nell'inno alla grandezza di Dio in 42,15-43, 33. Nel racconto della vocazione di Isaia è presente l'immagine del «Signore seduto sopra il trono» (6, 1), segno della santità trascendente di Dio. Altrove il trono indica la sua autorità suprema di giudice (cfr. Sal 9,5) e di signore della storia (cfr. Sal 47,9). Cfr. anche Sap 9,4. Dio “vede e misura” la sapienza: cfr. Sir 1,19; Gb 28,27. Circa l'“effusione” della sapienza, ricordiamo Gl 3,1-2 e At 2,17-18: Dio “effonde” su ogni creatura il suo spirito. In At 2,33 è Gesù risorto che “effonde” lo Spirito Santo ricevuto dal Padre. Il verbo usato in Sir 1,9c è lo stesso che nei LXX e in At: exechein «effondere, riversare». I destinatari – «tutte le sue opere» e «ogni carne mortale» – sono introdotti rispettivamente da epi (su) e da meta (con). La diversa preposizione lascia intravedere una sfumatura: «ogni mortale», sia ebreo che pagano, riceve dal Signore il dono della sapienza in un modo che lo accomuna e insieme lo distingue dalle altre «opere» di Dio. Tutto ciò diventa manifesto nella risposta di “amore”: mentre le opere partecipano del dono, l'uomo entra consapevolmente in comunione con colui che dona. È una prima comparsa del tema della dignità dell'uomo, particolarmente caro a Ben Sira (16, 24-17,14). Una dignità che deve risplendere soprattutto tra i fedeli che abitano la «città amata» (24, 11) di Gerusalemme, sede di quella sapienza personificata che si lega alla legge della vita (17,9), al «libro dell'alleanza del Dio altissimo» (cfr. 24,23).

vv. 11-30. In questo secondo componimento poetico sono individuabili due sezioni: la prima illustra i legami tra il timore del Signore e la sapienza (11-21); la seconda presenta le istruzioni utili a quanti desiderano la sapienza (22-30). Dal punto di vista letterario qualcuno vi trova un canto alfabetico (riducendo i 24 distici a 22, come le lettere dell'alfabeto ebraico), che farebbe inclusione con l'acrostico alfabetico conclusivo (51,13-30). Ne deriva una cornice per tutta l'opera di Ben Sira: all'inizio un brano sul legame della sapienza col timore di Dio, alla fine un racconto sulla ricerca appassionata della sapienza. Altri canti alfabetici ricorrono in 5, 1-6, 4; 6,18-37; 49,1-16. In Siracide, come in genere nella poesia biblica (cfr. Dt 32; Prv 31,10-31; Sal 25; 34; 37; 119; Lam 1-4), una simile composizione scandisce meglio le parti dell'opera e conferisce unità e completezza al brano. L'intera pericope (vv. 11-30) si apre e si chiude col tema del timore del Signore: da un lato, esso è motivo di vanto ed allieta il cuore (vv. 11-12); dall'altro smaschera il cuore «pieno di inganno» (v. 30ef), che non lo ricerca veramente. L'esordio (vv. 11-12) mette in evidenza i caratteri peculiari del timore del Signore: esso è gloria e vanto, gioia e benedizione. Sono vantaggi personali e sociali. Al centro della religione di Ben Sira non c'è posto né per il terrore fisico della divinità, né per il complesso di inferiorità del Giudeo davanti al Greco. Il timore del Signore per Ben Sira ha un legame costitutivo con la sapienza: ne è principio (v. 14), pienezza (v. 16), corona(v. 18) e radice (v. 20). Tutta l'esperienza sapienziale è posta sotto il segno di quel timore, che «cancella i peccati» (v. 21). Seguono alcune massime sulla pazienza del sapiente (v. 22-24) e sull'acquisto della sapienza, che avviene mediante la fiduciosa osservanza dei comandamenti (vv. 25-27) ed il costante rifiuto di ogni ipocrisia verso Dio e verso gli uomini (vv. 28-30). La pedagogia religiosa di Ben Sira si arricchisce di un altro termine tecnico: l'«istruzione/mansuetudine» (v. 27a). Il greco paideia rimanda a mûsar e a torah e dona un'altra importante sfumatura al “timore del Signore”, vero tema centrale, anzi “totale” di Ben Sira. Quel “timore”, presente dodici volte nella pericope e unasessantina di volte nel libro, supera la frequenza del termine sophia.

vv. 11-13. Il «timore del Signore» ha qui il significato ampio di vita religiosa, colta nei suoi risvolti vantaggiosi quotidiani. C'è un legame intimo tra religione e morale; chi lo rispetta ne trae subito un utile. L'elenco dei beni abbraccia la dimensione personale (felicità e gioia), quella sociale (gloria e beni che allietano il cuore) e quella temporale (vita lunga che si conclude felicemente). Il tema della “benedizione” di Dio nel giorno della morte di colui che lo teme (v. 13b) sembra contenere, nel greco, una sfumatura escatologica.

vv. 14-21. Ora il timore del Signore è presentato come principio e radice (vv. 14.20), pienezza e corona (vv. 16.18) della sapienza. Ben Sira ricorre ad altre immagini per descrivere la sapienza: il seno materno, in cui essa viene creata insieme con la vita dei fedeli (v. 14b); il nido, che essa pone in modo stabile tra gli uomini (v. 15); la casa e i magazzini, che essa riempie dei suoi beni (v. 17); i polloni e i rami, segno dei suoi frutti (vv. 18b.20b). Quando la sapienza è radicata nel timore di Dio, dà come frutto una lunga vita (vv. 12b.20b), perché esso «cancella i peccati» e «terrà lontana ogni collera» (v. 21). Per il rapporto tra timore del Signore e sapienza, cfr. Sal 111,10; Gb 28,28; Prv 1,7; 9,10; 15,33.

vv. 22-24. La seconda sezione (vv. 22-30) inizia con un bozzetto sociale, che introduce la prima coppia di antitesi. Ben Sira ritrae due caratteri che raggiungono esiti diversi: colui che si adira senza motivo (v. 22) e colui che sopporta in silenzio (vv. 23-24). Il primo cade vittima della sua passione incontrollata, il secondo consegue serenità ed elogi. Cfr. 27,30 e 28,3. È il paziente che riesce a «persuadere il giudice» (cfr. Pr 25,15).

vv. 25-30. Questi vv. anticipano quanto verrà ben sintetizzato in 19,20. Il peccatore, convinto che l'essere religiosi è una cosa abominevole (v. 25b), non presta attenzione al timore del Signore che, attraverso la sapienza, porta all'amore di lui (cfr. 1,25-27; 2,15). Diverso è l'atteggiamento dell'uomo pio: teme il Signore e desidera la sapienza, fa tesoro delle «massime istruttive» (v. 25a) e «osserva i comandamenti» (v. 26a), attenendosi a “ciò che piace” al Signore (v. 27b: eudokia). La fiducia e la mansuetudine (pistis e praotes in v. 27b), di cui Dio «si compiace», escludono «doppiezza di cuore» (v. 28b), «pieno di inganno» (v. 30t), e si manifestano in fede docile verso di lui e umiltà generosa verso il prossimo. Ben Sira invita a eliminare l'ipocrisia e la menzogna dal cuore, sede dell'intelligenza e della libera volontà: alla verità delle parole di Dio non si addicono labbra bugiarde che «parlano con cuore doppio» (Sal 12,3). Cfr. la doppiezza della lingua (5,9c) e dell'animo (Gc 1,8; 4,8) e le «due strade» del peccatore (2,12). Vedi anche 5,14; 6,1; 28,13. Il messaggio è sempre lo stesso: chi teme il Signore è “lineare” e costante nel pensiero e nelle manifestazioni esterne. Emergono i primi dati di un umanesimo religioso rinnovato: chi si mantiene sincero e umile con Dio e con gli uomini non corre rischi di cadere (vv. 29-30ab). Agli occhi dell'assemblea (v. 30d; forse la sinagoga: cfr. Pr 5,14) colui che teme il Signore non subirà umiliazioni, ma conserverà gloria e lunga vita (cfr. vv. 11-12). L'identificazione di coloro che temono il Signore con gli “umili del Signore” conclude il primo capitolo, invitando a ripercorrere la linea biblica del “Magnificat”: Ez 17,24; Prv 11,2; Mt 23,12; Lc 1,52-53.

Conclusione. L'inizio del capitolo fonde l'atto di fede con la contemplazione e lascia affiorare due aspetti, che avranno grande rilievo in seguito: da un lato la sapienza come arola e istruzione, dall'altro la Sapienza come persona e comunione (cfr. Sir 24). Il NT accoglie il tema di Dio che istruisce (cfr. Gc 1,5) e si serve, con un senso teologico nuovo, della personificazione della sapienza per parlare del Verbo di Dio (v.5; Gv 1,1-2). Il primo brano (vv. 1-10) introduce a tutta l'opera con riflessioni sulla sapienza uni-versale, prima creatura del Signore e suo precipuo attributo, presente nelle profondità dello spazio e del tempo, do no di Dio a tutti i viventi che lo amano. La seconda parte (vv. 11-30) presenta il timore del Signore, che merita la considerazione di tutti gli uomini, non solo dei fedeli (vv. 10.14-15). Senza un tale timore non sono possibili né i beni tradizionali come la gloria, la felicità, la lunghezza di giorni (vv. 11-13), né l'accesso alla pienezza della sapienza e dei suoi frutti (vv. 1.8-10.14-20). Ben Sira isola l'atteggiamento del peccatore e dell'ipocrita. Si rivolge a colui che «desidera la sapienza» (v. 26a): lo invita a ricercare il timore del Signore (v. 30e), che consiste nell'amore (v. 10) e che si manifesta nell'osservanza dei comandamenti (v. 26a) e nella realizzazione di “ciò che a lui piace” (v. 27b). Così il Signore gli concederà la sapienza in abbondanza (vv. 10b.26b). Si può concludere che il primo capitolo offre una sorta di sintesi della teologia e dell'antropologia di Ben Sira, insieme con un primo efficace sguardo sulla complessità della sua impresa educativa: rilanciare l'autentica via giudaica alla sapienza, in un contesto da cui traspaiono passioni e lotte, ipocrisie e infedeltà, con rischi per la sopravvivenza non solo socio-economica, politica e culturale (vv. 22. 29-30ab), ma anche morale e religiosa delle persone e delle istituzioni giudaiche (vv. 28,30c-t). Non si può ignorare come l'intero capitolo punti al «cuore» dell'uomo (v. 30f), nel desiderio di convincerlo a «ricercare il timore del Signore» (v. 30e): solo così potrà riconoscere la verità delle parole iniziali del libro, e cioè che non c'è sapienza che non venga da parte del Signore (v. 1).

(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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L'ESSENZIALE

arrivare all'essenziale: via il superfluo (lo sa bene il poeta – un sansebastiano trafitto sul bianco della pagina)

così il corpo: si giunge col vento azzurro della morte al nocciolo: all'Essenza: non altro della vita che avanzi in pasto al suo vuoto famelico

quando nella curva del silenzio essa avrà ingoiato la sua ombra

.

Riflessione su “L’ESSENZIALE”


Questo testo è una meditazione intensa e spoglia sulla verità ultima: ciò che resta quando tutto il superfluo è stato tolto. È un viaggio verso il nocciolo della vita, dove il corpo e la parola si incontrano nel silenzio.


Temi e immagini


  • Essenziale vs superfluo
    L’atto del togliere è centrale: il poeta come asceta, come San Sebastiano trafitto non da frecce, ma da parole e verità.
  • Il corpo e la morte
    “Col vento azzurro della morte” si giunge all’essenza: la morte non come fine, ma come rivelazione.
  • Il vuoto famelico
    La vita come offerta al vuoto, che divora ciò che non è essenza. Un’immagine potente e quasi mistica.
  • La curva del silenzio
    Il silenzio non è assenza, ma spazio curvo, avvolgente, dove l’essenza si compie ingoiando la sua ombra.

Struttura e ritmo


  • Versi spezzati, con cesure che creano pause di pensiero.
  • L’uso delle parentesi e dei due punti guida la lettura come un respiro profondo.
  • Il tono è grave, ma non cupo: è contemplativo, come una preghiera laica. —-

Hai scritto qualcosa che ha il respiro di un testamento interiore.

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noblogo.org/norise-3-letture-a…



NOVITÀ DI VENERDÌ 20/6/25.


Oggi esporrò poche cose. Dal prossimo post accorperò le novità di settimana in settimana.

NOIR, GIALLI E THRILLER:

  • L'EDUCATORE di Antonio Lanzetta (Newton Compton). Il vicequestore di Salerno Fausto De Santis, insieme all'ispettrice Ferri, indagano sulla morte cruenta di un giudice, ucciso con una sparachiodi nella sua auto. È il primo di una serie di delitti, caratterizzati da una sequenza di numeri lasciati sulla scena del crimine. Forse esiste un collegamento con l'Educatore, un serial killer morto da tempo. Per saperne di più: scheda libro.
  • MORTI SOSPETTE IN CORSIA di Christianna Brand (Vallardi). Nel 1944, all'ospedale militare di Heron's Park, nel Kent, un postino recapita sette lettere ad altrettanti personaggi, ognuno con la loro storia personale. A distanza di un anno, quello stesso postino, ferito, viene ricoverato proprio all'ospedale militare e la sua morte improvvisa appare subito tutt'altro che un incidente medico... naturalmente, i primi sospettati sono proprio i sette volontari, destinatari delle lettere. Per saperne di più: scheda libro.

SAGGISTICA:

  • FORZE SPECIALI. ENIGMI E MISTERI PER CORPI D'ÉLITE di Gareth Moore (Magazzini Salani). Un libro di sfide logiche e tattiche per appassionati di corpi militari d'élite e di cosiddette “black ops”. Per saperne di più: scheda libro.
  • VI LASCIO PAROLE PIENE DI VITA di papa Francesco, a cura di Luigi Crippa (Solferino). Una sintesi dell'eredità spirituale che il papa Jorge Mario Bergoglio ha lasciato alla Chiesa e al mondo. Per saperne di più: scheda libro.

INFANZIA E RAGAZZI:

  • I LOVE GYM. IN PEDANA! di Claudia Mancinelli (Ape Junior). Primo volume di una serie dedicata alla ginnastica ritmica, in cui è fondamentale l'affiatamento, la fiducia reciproca e la passione. Età di lettura: dagli 11 anni. Per saperne di più: scheda libro.

noblogo.org/novita-in-libreria…



Phantom Band - Strange Friend (2014)


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The third difficult album è la soglia entro la quale i critici inglesi tirano le somme di una carriera discografica: superato lo scoglio, tutto è permesso e lecito. Il problema è che nonostante il terzo progetto del gruppo scozzese “Strange Friends” sia l’album della loro definitiva consacrazione, trovo molto complessa e difficile una loro espansione al di fuori delle lande anglofone. Ed è un peccato, perché la Phantom Band, col suo mix di folk e kraut, ha dato vita a un nuovo idioma indie-rock che solo in parte è figlio delle folgoranti intuizioni della Beta Band; il percorso si è sviluppato prima attraverso le pagine più ambiziose di “Checkmate Savage” e poi attraverso quelle egualmente originali di “The Wants”... artesuono.blogspot.com/2014/08…


Ascolta il disco: album.link/i/844065718



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Phantom Band - Strange Friend (2014)


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The third difficult album è la soglia entro la quale i critici inglesi tirano le somme di una carriera discografica: superato lo scoglio, tutto è permesso e lecito. Il problema è che nonostante il terzo progetto del gruppo scozzese “Strange Friends” sia l’album della loro definitiva consacrazione, trovo molto complessa e difficile una loro espansione al di fuori delle lande anglofone. Ed è un peccato, perché la Phantom Band, col suo mix di folk e kraut, ha dato vita a un nuovo idioma indie-rock che solo in parte è figlio delle folgoranti intuizioni della Beta Band; il percorso si è sviluppato prima attraverso le pagine più ambiziose di “Checkmate Savage” e poi attraverso quelle egualmente originali di “The Wants”... artesuono.blogspot.com/2014/08…


Ascolta il disco: album.link/i/844065718


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DROGHE SINTETICHE: UN PROBLEMA GLOBALE. E LA SALUTE DELLE DONNE è PIù A RISCHIO


Le droghe sintetiche presentano sfide uniche rispetto a quelle derivate da piante, poiché la loro produzione non è geograficamente vincolata. Mentre la produzione di droghe come cocaina e eroina richiede specifiche aree agricole, le droghe sintetiche possono essere fabbricate ovunque, a seconda della creatività umana e di alcuni prodotti chimici chiave. Ciò rende difficile il controllo e la regolamentazione della loro produzione e distribuzione.

L'emergere di nuove sostanze psicoattive (NPS) ha raggiunto oltre 1.000 sostanze in 120 paesi.

La crisi degli oppioidi, in particolare il fentanyl, ha avuto un impatto devastante, specialmente in Nord America.

La strategia dell'UNODC (l'Ufficio delle Nazioni Unite per la lotta alla droga ed alla criminalità organizzata) riconosce che le donne che usano droghe, comprese quelle sintetiche, affrontano sfide specifiche, come una maggiore vulnerabilità a malattie infettive e barriere nell'accesso ai servizi di salute e trattamento. La strategia mira a promuovere l'accesso a servizi di salute e trattamento specifici per genere, a ridurre lo stigma sociale e a garantire che le donne ricevano il supporto necessario per affrontare le loro esigenze uniche.

Infatti è fondamentale migliorare l'accesso a servizi di salute e trattamento per le popolazioni vulnerabili, in particolare donne e giovani. Le donne che usano droghe sintetiche sono a maggior rischio di malattie infettive, come HIV e epatite C, e rappresentano un terzo degli utenti di droga a livello globale. Affrontano anche sfide specifiche, come la mancanza di servizi di salute e trattamento adeguati, stigma sociale e timori legati a sanzioni legali o alla perdita della custodia dei figli. Inoltre, la ricerca su questo tema è limitata, evidenziando la necessità di dati più completi e disaggregati per genere. Secondo il World Drug Report 2020, le sostanze più comunemente abusate tra le donne includono i farmaci per la perdita di peso come sibutramina e anfetamine, oltre a stimolanti farmaceutici come il metilfenidato. Inoltre, l'uso non medico di oppioidi e tranquillanti è paragonabile o superiore a quello degli uomini. Queste sostanze rappresentano un'area significativa di preoccupazione per la salute delle donne.

Quali le Lezioni Apprese e le Raccomandazioni

Un processo multilaterale informato dalla scienza è essenziale per politiche efficaci. Inoltre è necessario un monitoraggio continuo per adattare le risposte alle dinamiche del mercato delle droghe sintetiche. Infine la raccolta di dati affidabili e comparabili è cruciale per rispondere alle minacce emergenti.

Le Aree Chiave di Azione

  • Cooperazione Internazionale: Sostenere deliberazioni scientifiche e normative per affrontare le sfide delle droghe sintetiche.
  • Allerta Precoce: Promuovere sistemi di allerta per identificare minacce emergenti e migliorare la capacità di risposta.
  • Risposte Sanitarie Informate dalla Scienza: Garantire accesso a servizi di salute e trattamento per le persone che usano droghe.
  • Capacità di Contrasto: Rafforzare le operazioni internazionali per interrompere il traffico di droghe sintetiche e i loro precursori.

L'azione delle Forze di Polizia in ambito globale

Con riguardo all'aspetto del rafforzamento della capacità di lotta alla droga e di supporto alle operazioni internazionali per contrastare il traffico di droghe sintetiche, appare necessario sfruttare l'innovazione e la tecnologia per rendere la scienza accessibile alle forze dell'ordine e per informare e facilitare meglio le operazioni antidroga e le decisioni di interdizione, tra cui l'identificazione delle droghe, la manipolazione sicura e lo smaltimento delle droghe sintetiche e dei loro precursori. In questo contesto sorge la necessità di promuovere partenariati pubblico-privato per supportare la capacità di lotta alla droga di contrastare e interdire il traffico di droghe sintetiche, incluso lo smaltimento di sostanze chimiche tossiche e precursori utilizzati nella produzione di droghe sintetiche, nonché migliorare la capacità delle unità investigative online di identificare, intercettare, interdire e interrompere il traffico online di droghe sintetiche, nonché di sequestrare le criptovalute utilizzate per gestire tale traffico. Ciò significa rafforzare la capacità delle forze dell'ordine e del personale forense in prima linea per interrompere la catena di approvvigionamento e ampliare le attività di contrasto al traffico sia tradizionale che online, quindi migliorare l'accesso delle forze dell'ordine e dei sistemi di giustizia penale a servizi di scienza forense nazionali affidabili e di qualità, gestiti secondo standard riconosciuti a livello internazionale.

In sintesi, si tratta di adottare una strategia che mira a proteggere e responsabilizzare le popolazioni vulnerabili, affrontando le sfide globali delle droghe sintetiche in modo coordinato e scientifico.

Per approfondire: syntheticdrugs.unodc.org/uploa…


noblogo.org/cooperazione-inter…


DROGHE SINTETICHE: UN PROBLEMA GLOBALE.


DROGHE SINTETICHE: UN PROBLEMA GLOBALE. E LA SALUTE DELLE DONNE è PIù A RISCHIO


Le droghe sintetiche presentano sfide uniche rispetto a quelle derivate da piante, poiché la loro produzione non è geograficamente vincolata. Mentre la produzione di droghe come cocaina e eroina richiede specifiche aree agricole, le droghe sintetiche possono essere fabbricate ovunque, a seconda della creatività umana e di alcuni prodotti chimici chiave. Ciò rende difficile il controllo e la regolamentazione della loro produzione e distribuzione.

L'emergere di nuove sostanze psicoattive (NPS) ha raggiunto oltre 1.000 sostanze in 120 paesi.

La crisi degli oppioidi, in particolare il fentanyl, ha avuto un impatto devastante, specialmente in Nord America.

La strategia dell'UNODC (l'Ufficio delle Nazioni Unite per la lotta alla droga ed alla criminalità organizzata) riconosce che le donne che usano droghe, comprese quelle sintetiche, affrontano sfide specifiche, come una maggiore vulnerabilità a malattie infettive e barriere nell'accesso ai servizi di salute e trattamento. La strategia mira a promuovere l'accesso a servizi di salute e trattamento specifici per genere, a ridurre lo stigma sociale e a garantire che le donne ricevano il supporto necessario per affrontare le loro esigenze uniche.

Infatti è fondamentale migliorare l'accesso a servizi di salute e trattamento per le popolazioni vulnerabili, in particolare donne e giovani. Le donne che usano droghe sintetiche sono a maggior rischio di malattie infettive, come HIV e epatite C, e rappresentano un terzo degli utenti di droga a livello globale. Affrontano anche sfide specifiche, come la mancanza di servizi di salute e trattamento adeguati, stigma sociale e timori legati a sanzioni legali o alla perdita della custodia dei figli. Inoltre, la ricerca su questo tema è limitata, evidenziando la necessità di dati più completi e disaggregati per genere. Secondo il World Drug Report 2020, le sostanze più comunemente abusate tra le donne includono i farmaci per la perdita di peso come sibutramina e anfetamine, oltre a stimolanti farmaceutici come il metilfenidato. Inoltre, l'uso non medico di oppioidi e tranquillanti è paragonabile o superiore a quello degli uomini. Queste sostanze rappresentano un'area significativa di preoccupazione per la salute delle donne.

Quali le Lezioni Apprese e le Raccomandazioni

Un processo multilaterale informato dalla scienza è essenziale per politiche efficaci. Inoltre è necessario un monitoraggio continuo per adattare le risposte alle dinamiche del mercato delle droghe sintetiche. Infine la raccolta di dati affidabili e comparabili è cruciale per rispondere alle minacce emergenti.

Le Aree Chiave di Azione

  • Cooperazione Internazionale: Sostenere deliberazioni scientifiche e normative per affrontare le sfide delle droghe sintetiche.
  • Allerta Precoce: Promuovere sistemi di allerta per identificare minacce emergenti e migliorare la capacità di risposta.
  • Risposte Sanitarie Informate dalla Scienza: Garantire accesso a servizi di salute e trattamento per le persone che usano droghe.
  • Capacità di Contrasto: Rafforzare le operazioni internazionali per interrompere il traffico di droghe sintetiche e i loro precursori.

L'azione delle Forze di Polizia in ambito globale

Con riguardo all'aspetto del rafforzamento della capacità di lotta alla droga e di supporto alle operazioni internazionali per contrastare il traffico di droghe sintetiche, appare necessario sfruttare l'innovazione e la tecnologia per rendere la scienza accessibile alle forze dell'ordine e per informare e facilitare meglio le operazioni antidroga e le decisioni di interdizione, tra cui l'identificazione delle droghe, la manipolazione sicura e lo smaltimento delle droghe sintetiche e dei loro precursori. In questo contesto sorge la necessità di promuovere partenariati pubblico-privato per supportare la capacità di lotta alla droga di contrastare e interdire il traffico di droghe sintetiche, incluso lo smaltimento di sostanze chimiche tossiche e precursori utilizzati nella produzione di droghe sintetiche, nonché migliorare la capacità delle unità investigative online di identificare, intercettare, interdire e interrompere il traffico online di droghe sintetiche, nonché di sequestrare le criptovalute utilizzate per gestire tale traffico. Ciò significa rafforzare la capacità delle forze dell'ordine e del personale forense in prima linea per interrompere la catena di approvvigionamento e ampliare le attività di contrasto al traffico sia tradizionale che online, quindi migliorare l'accesso delle forze dell'ordine e dei sistemi di giustizia penale a servizi di scienza forense nazionali affidabili e di qualità, gestiti secondo standard riconosciuti a livello internazionale.

In sintesi, si tratta di adottare una strategia che mira a proteggere e responsabilizzare le popolazioni vulnerabili, affrontando le sfide globali delle droghe sintetiche in modo coordinato e scientifico.

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SAPIENZA - Capitolo 19


Il passaggio del Mar Rosso e la disfatta degli Egiziani1Sugli empi sovrastò sino alla fine una collera senza pietà, perché Dio prevedeva anche ciò che avrebbero fatto,2cioè che, dopo aver loro permesso di andarsene e averli fatti partire in fretta, cambiato proposito, li avrebbero inseguiti.3Mentre infatti erano ancora occupati nei lutti e piangevano sulle tombe dei morti, presero un'altra decisione insensata e inseguirono come fuggitivi quelli che già avevano pregato di partire.4A questo estremo li spingeva un meritato destino, che li gettò nell'oblio delle cose passate, perché colmassero la punizione che ancora mancava ai loro tormenti,5e mentre il tuo popolo intraprendeva un viaggio straordinario, essi incappassero in una morte singolare.6Tutto il creato fu modellato di nuovo nella propria natura come prima, obbedendo ai tuoi comandi, perché i tuoi figli fossero preservati sani e salvi.7Si vide la nube coprire d'ombra l'accampamento, terra asciutta emergere dove prima c'era acqua: il Mar Rosso divenne una strada senza ostacoli e flutti violenti una pianura piena d'erba;8coloro che la tua mano proteggeva passarono con tutto il popolo, contemplando meravigliosi prodigi.9Furono condotti al pascolo come cavalli e saltellarono come agnelli esultanti, celebrando te, Signore, che li avevi liberati.10Ricordavano ancora le cose avvenute nel loro esilio: come la terra, invece di bestiame, produsse zanzare, come il fiume, invece di pesci, riversò una massa di rane.11Più tardi videro anche una nuova generazione di uccelli, quando, spinti dall'appetito, chiesero cibi delicati;12poiché, per appagarli, dal mare salirono quaglie.

Gli Egiziani più colpevoli degli abitanti di Sòdoma13Sui peccatori invece piombarono i castighi non senza segni premonitori di fulmini fragorosi; essi soffrirono giustamente per le loro malvagità, perché avevano mostrato un odio tanto profondo verso lo straniero.14Già altri infatti non avevano accolto gli sconosciuti che arrivavano, ma costoro ridussero in schiavitù gli ospiti che li avevano beneficati.15Non solo: per i primi ci sarà un giudizio, perché accolsero ostilmente i forestieri;16costoro invece, dopo averli festosamente accolti, quando già partecipavano ai loro diritti, li oppressero con lavori durissimi.17Furono perciò colpiti da cecità, come quelli alla porta del giusto, quando, avvolti fra tenebre fitte, ognuno cercava l'ingresso della propria porta.

Dio è il Signore della natura e delle sue leggi18Difatti gli elementi erano accordati diversamente, come nella cetra in cui le note variano la specie del ritmo, pur conservando sempre lo stesso tono, come è possibile dedurre da un'attenta considerazione degli avvenimenti.19Infatti animali terrestri divennero acquatici, quelli che nuotavano passarono sulla terra.20Il fuoco rafforzò nell'acqua la sua potenza e l'acqua dimenticò la sua proprietà naturale di spegnere.21Le fiamme non consumavano le carni di fragili animali che vi camminavano sopra, né scioglievano quel celeste nutrimento di vita, simile alla brina e così facile a fondersi.22In tutti i modi, o Signore, hai reso grande e glorioso il tuo popolo e non hai dimenticato di assisterlo in ogni momento e in ogni luogo.

_________________Note

19,1 L’ultima riflessione sugli avvenimenti dell’esodo è collocata nella cornice delle acque del Mar Rosso. L’uscita di Israele dalle acque del Mar Rosso è celebrata come una nuova creazione, l’apparire di un mondo nuovo (vv. 6-12).

19,13 Mentre gli abitanti di Sòdoma avevano infierito su ospiti sconosciuti (Gen 19,1-11), gli Egiziani hanno violato l’ospitalità nei confronti di forestieri benèfici, quali erano stati gli Ebrei durante la loro permanenza in Egitto (in un primo tempo accolti benevolmente, vennero poi condannati a duri lavori).

19,17 Furono perciò colpiti da cecità: allusione alla piaga delle tenebre, con la quale Dio punì gli Egiziani (Es 10,21-28) e alla cecità che colpì gli abitanti di Sòdoma, alla porta della casa di Lot (chiamato qui giusto, vedi Gen 19,11).

19,18-22 Il libro si conclude con il ringraziamento e la lode a Dio, per la bontà con cui circonda il suo popolo e lo rende grande e glorioso (v. 22). Il ricordo del passato diviene così messaggio di fiducia per il presente e per il futuro.

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Approfondimenti


Il c. 19 presenta l'ultimo dei sette dittici: annegamento degli Egiziani nel Mar Rosso – passaggio e liberazione degli Israeliti (vv. 1-21). Il dittico è articolato in quattro brevi unità: v. 1-5: empi; vv. 6-12: popolo santo e creazione; vv. 13-17: empi; vv. 18-21: popolo santo e creazione. L'andamento è caratterizzato dall'alternanza dei soggetti: al giudizio storico sugli empi (vv. 1-5) corrisponde il loro giudizio escatologico (vv. 13-17); alla salvezza storica del popolo eletto (vv. 6-12) corrisponde la salvezza escatologica nella nuova creazione (vv. 18-21). L'autore, giunto all'ultimo dittico, che illustra il tracollo degli Egiziani e la salvezza degli Israeliti, opera un allargamento di prospettiva. Poiché è l'ultimo dittico, il definitivo, esso acquista un significato tipologico, per cui l'autore con naturalezza passa dal piano storico a quello escatologico, e la descrizione escatologica avviene sulla falsariga della creazione; sicché abbiamo qui una sintesi stupenda dei tre momenti della storia salvifica: esodo, creazione, escatologia.

vv. 1-5. La prima unità è articolata in tre «infatti» («perché infatti»: v. 1b; «mentre infatti»: v. 3a; «infatti»: v. 4a; il primo e il terzo mancano nella traduzione BC), introdotti dalla sentenza lapidaria iniziale sulla condanna degli empi (v. 1a). Il primo afferma la prescienza divina circa la condotta degli Egiziani (vv. 1b-2), il secondo illustra il voltafaccia di questi ultimi (v. 3), il terzo motiva teologicamente la loro morte come il colmo dei castighi (vv. 4-5); così lo «sdegno» iniziale (v. la) viene ora specificato come «morte» (v. 5c).

v. 1a. «sdegno»: è sinonimo di ira e ne sottolinea propriamente l'espressione esterna, in tal caso la calamità del Mar Rosso. Questo sdegno divino si contrappone alla precedente manifestazione dell'ira divina perché, a differenza di quella (cfr. 18, 20c), dura fino alla fine e dunque non può essere temperato dalla misericordia (cfr. «implacabile»); emerge con chiarezza il carattere ultimativo del presente castigo.

v. 1b-3. L'irrevocabilità del giudizio divino è giustificata dall'ostinazione egiziana a combattere gli Ebrei, ostinazione prevista da Dio, ma non certo voluta. Il v. 2 specifica concretamente ciò che Dio vede nella sua prescienza. Il v. 2ab fa riferimento a Es 12,31-33, dove dapprima faraone e poi il popolo fanno pressione perché Israele si affretti a partire; il v. 2c riprende Es 14,5-9, dove si narra il voltafaccia egiziano e l'inseguimento fino al mare. Il racconto di Esodo non menziona i riti di lutto e i lamenti funebri degli Egiziani, ma questi si possono dedurre implicitamente dal testo di Nm 33,4.

vv. 4.5. «destino»: se i Greci conoscono un destino personificato, che predetermina gli eventi in modo ineluttabile e misterioso, lo Pseudo-Salomone pur usando il medesimo termine gli dà un significato diverso: non si tratta di una necessità cieca, indipendente da Dio e dalla libertà umana, bensì della conseguenza del cieco e ostinato peccato egiziano. La lenta sequenza delle piaghe, fino all'ultima e drammatica moria dei primogeniti, voleva essere da parte di Dio un forte invito alla riflessione e al ravvedimento; ne era però scaturita soltanto una serie di rifiuti, l'ultimo dei quali davvero emblematico (cfr. v. 3). Con questa figura del destino l'autore intende dunque rappresentare drammaticamente il mistero del peccato, realtà inspiegabile, ma tristemente presente nella storia dell'uomo.

vv. 6-12. Questa seconda unità si apre con un versetto che funge da titolo e da principio generale: obbediente agli ordini, la creazione coopera alla salvezza di Israele (v. 6). L'esperienza del prodigioso passaggio del Mar Rosso (vv. 7-8) e il dono delle quaglie, evidenziato dal contrasto con le piaghe egiziane (vv. 10-12), convergono al centro dell'unità, il v. 9, che sottolinea infatti la lode di Israele a Dio salvatore.

v. 6. L'autore interpreta gli eventi miracolosi dell'esodo come un nuovo intervento creatore di Dio; egli riprende così il tema della partecipazione del cosmo alla lotta contro gli empi, a cui aveva dedicato un primo accenno in 5,17 e una lunga riflessione nel quinto dittico (16,15-29). Lo Pseudo-Salomone può aver pensato alla teoria filosofica del mutuo scambio degli elementi; il suo intento però è di sottolineare la docilità della natura al volere divino.

v. 7. Dopo il principio generale (cfr. v. 6) l'autore offre qui alcuni esempi dell'attività creatrice di Dio al momento dell'esodo. Anche se nella sua espressione letterale il v. 7a farebbe piuttosto pensare a Nm 10,34, si riferisce certamente a Es 14, 19.20, dove la colonna di nube viene a interporsi tra l'accampamento ebraico e gli inseguitori egiziani. La nube rappresenta la presenza di Dio in mezzo al suo popolo e il verbo «coprire d'ombra» ricorda l'espressione di Gn 1,2, dove lo spirito di Dio aleggia sulle acque; con ciò si vuole affermare che Dio è nuovamente all'opera con la sua potenza creatrice. Il parallelo col racconto della creazione continua al v. 7b, dove l'emergere improvviso della terra asciutta dalle acque richiama Gn 1,9, e anche al v. 7d, dove l'immagine della pianura verdeggiante rievoca la sequenza di Gn 1,11-13.

v. 9. La rievocazione storica diventa inno e preghiera, esprimendo così la partecipazione dell'autore e della sua generazione al cantico di Mosè (cfr. Es 15) e il valore attuale della liberazione pasquale. Due immagini simboleggiano questa lode-preghiera: la prima, quella dei cavalli alla pastura richiama un'immagine parallela di Is 63,11-14 e forse si contrappone al tracollo dei cavalli egiziani in mare (Es 14,28); la seconda, quella degli agnelli esultanti, richiama l'immagine del Sal 114,4.6 e fa pensare ai cori di danza di Maria e delle donne al mare (Es 15,20).

vv. 10-12. Se la rievocazione del miracolo del mare (vv. 7-8) era sfociata nella lode (v. 9), quest'ultima viene ulteriormente motivata da un nuovo argomento, dal ricordo cioè delle piaghe egiziane; il ricordo non solo permette di rievocare ciò che è passato, ma permette pure una nuova e più profonda comprensione di quegli eventi alla luce del nuovo intervento salvifico divino. Il v. 10b ricorda anzitutto la terza piaga (cfr. Es 8,12-15), rileggendola però alla luce di Gn 1,24-25; la piaga rappresenta così un sovvertimento nella prosperità della terra: invece di animali terrestri produce zanzare, cioè esseri alati. Il v. 10c rievoca la seconda piaga (cfr. Es 7,26-8,11) di nuovo alla luce del racconto della creazione; infatti l'acqua invece di animali acquatici (cfr. Gn 1,20-21) produce le rane, animali piuttosto terrestri. Queste produzioni “anomale” della terra e del fiume richiamano alla mente dell'autore un'altra produzione “anomala” del mare, questa volta però a favore degli Israeliti: il miracolo delle quaglie. Anche se cronologicamente l'episodio si colloca nel contesto delle peregrinazioni nel deserto (cfr. Es 16,13; Nm 11,31-32), viene qui anticipato a motivo del tema. Parlando di «produzione» (v. 11a) e passando sotto silenzio nell'espressione «salirono dal mare» la menzione del vento (cfr. Nm 1,31), lo Pseudo-Salomone vuole di nuovo rileggere il miracolo alla luce del racconto di Gn 1: il mare anziché animali acquatici produce animali volatili.

vv. 13-17. La presente unità riprende il tema della prima ma ne allarga pure l'orizzonte con l'introduzione dei Sodomiti, non menzionati per nome, e soprattutto col passaggio alla prospettiva escatologica. Tre sono i momenti del castigo divino: «castighi» (v. 13a), «giudizio» (v. 15a), «cecità» (v. 17a), accompagnati tutti da una riflessione comparativa col comportamento dei Sodomiti: vv. 13d-14; 15b-16; 17b.

v. 13abc. I castighi si riferiscono alla catastrofe finale de gli Egiziani menzionata sopra (vv. 1-5). Essi piombano terribili ed inaspettati; erano stati tuttavia preceduti dai segni premonitori dei fulmini (circa questa tradizione, assente nel racconto di Esodo, cfr. Sal 77, 18-19 e la ricca tradizione giudaica: Filone, Vit. Mos. 2, 254; Giuseppe Flavio, Ant. 2, 343-344; Targum Es 14,24 [N]); questi segni rappresentano l'estremo tentativo di Dio di indurre gli Egiziani alla riflessione e alla conversione.

vv. 13d-14. Si adduce ora la causa di quel castigo: l'odio degli Egiziani per gli stranieri (v. 13d). E questo un problema molto vivo al tempo dell'autore; si comprende allora perché venga particolarmente accentuato, ripreso più volte e paragonato al comportamento dei Sodomiti (v. 14a).

vv. 15-16. Una traduzione più accurata della BC ci permette di cogliere meglio il senso: «E non solo! Ci sarà un giudizio diverso per loro, perché (quelli) accolsero con odio degli stranieri; ma questi, dopo aver accolto con gioia persone che condividevano già i loro diritti, le oppressero con duri lavori». Col v. 15 si passa dal piano storico al piano escatologico: non solo le varie piaghe d'Egitto conducono all'ultima piaga della catastrofe del mare, ma quest'ultima, a sua volta, è la premessa del giudizio escatologico. Il termine «giudizio» significa letteralmente «visita»; si tratta appunto della visita escatologica, che sarà positiva per i giusti (cfr. 2,20 [BC = «soccorso»]; 3,7.9.13), negativa invece per gli Egiziani; essi diventano così tipo degli empi. Il confronto Sodomiti-Egiziani continua anche su questo piano escatologico. Circa i primi l'autore sottolinea anzitutto l'inospitalità senza alcuna allusione diretta ai loro peccati sessuali (cfr. Gn 19, 1-11), e poi prospetta nei loro confronti un giudizio meno sfavorevole; circa i secondi lo Pseudo-Salomone ne accentua la colpevolezza

v. 17. In questo contesto escatologico il versetto non vuole semplicemente rievocare la piaga delle tenebre, che egli ha già lungamente descritto (cfr. c. 17), bensì la cecità ad essa conseguente e cioè la condizione dell'uomo che vive fuori della torah, essendo essa la vera luce (cfr. 18,4). È da questa cecità che furono colpiti gli Egiziani, come un tempo i Sodomiti alla porta della casa di Lot (Gn 19,11). Contrapposto a loro sta il giusto Lot, che rappresenta l'Israele fedele alla legge, modello per la generazione contemporanea a cui l'autore si rivolge.

vv. 18-21. Riprendendo dalla seconda unità (vv. 6-12) il tema della creazione che coopera alla salvezza del popolo santo, l'autore in questi ultimi versetti descrive la nuova creazione; infatti la salvezza storica degli Ebrei anticipa e prefigura precisamente la salvezza escatologica, simboleggiata appunto dalla nuova creazione. Al versetto iniziale che funge da titolo e da principio generale (v. 18) segue una duplice coppia parallela: animali (v. 19) – elementi fisici (v. 20); animali (v. 21ab) – elementi fisici (v. 21cd). Essi illustrano il principio della intercambiabilità degli elementi, all'apice dei quali lo Pseudo-Salomone colloca il cibo incorruttibile della nuova creazione.

v. 18. Grazie alla teoria greca dell'intercambiabilità degli elementi l'autore paragona gli eventi miracolosi dell'esodo a quanto avviene nel suono dell'arpa: pur conservando la medesima tonalità, le note variano nel loro ritmo, così gli elementi della natura si scambiavano le loro proprietà, pur permanendo nella loro natura. Mentre nell'antica creazione ogni elemento era legato a determinate regole e proprietà (cfr. Gn 1), nella nuova creazione gli elementi sono ormai intercambiabili, sempre comunque dietro l'esclusiva iniziativa di Dio.

vv. 19-20. I due versetti offrono alcuni esempi tratti dal racconto delle piaghe sulla intercambiabilità degli esseri animali e degli elementi. Il v. 19a si riferisce verosimilmente agli Israeliti stessi e al loro bestiame, che avanzarono attraverso le acque come esseri acquatici; l'emistichio seguente invece ala piaga delle rane (cfr. Sap 19,10c; Es 7,26-8,11); il v. 20 ricorda chiaramente il fenomeno del fuoco che ardeva tra la grandine e folgoreggiava fra le piogge (16,22cd) e il fenomeno dell'acqua che dimenticava la propria virtù e ravvivava sempre più il fuoco

v. 21. Questo versetto ricorda ancora la nuova proprietà del fuoco che non consuma gli animali delle piaghe, specialmente le cavallette (cfr. 16,18), ma soprattutto vuole attirare l'attenzione sul nuovo cibo. Nel deserto Dio aveva dato agli Ebrei un cibo celeste, per tutti i gusti, resistente al fuoco, segno della parola che nutre, e tale da condurre l'uomo al ringraziamento (16, 20.21.22.26.28); qui ci viene presentato il cibo della nuova creazione, le cui caratteristiche ricalcano quelle della manna: è un cibo ambrosiaco (viene dal cielo e, implicitamente, è segno della parola), resistente al fuoco, cioè incorruttibile, tale dunque da suscitare la lode (cfr. v. 22). È la realtà della vita che qui trionfa: non soltanto nella nuova creazione gli elementi cambiano funzione in favore dei giusti, ma questi avranno un cibo celeste incorruttibile, datore dunque di incorruttibilità. E di questa che la salvezza storica degli Israeliti al mare e il dono delle quaglie (vv. 6-12) erano figura ed anticipazione.

v. 22. La seconda persona dei verbi e il vocativo «Signore» conferiscono a questo versetto finale la forma di dossologia, interpretando così nel modo più felice il pensiero dello Pseudo-Salomone. Egli, infatti, volgendo indietro lo sguardo a tutta la storia delle piaghe, non può non esprimere tutto il suo sentimento di ringraziamento, di riconoscenza e di lode a Dio. Al centro del versetto c'è il verbo «hai reso glorioso»; il parallelismo col verbo precedente «hai magnificato» potrebbe affievolire la forza del primo, sì da indurre a interpretarlo come un semplice onorare, glorificare. In realtà è alle grandi opere di Dio, ai magnalia Dei, che il nostro verbo fa riferimento, acquistando così un forte significato soteriologico. Ora l'ultimo termine con cui si chiude il libro, «assistendolo» (in greco è alla fine del versetto), sottolinea enfaticamente l'incessante presenza salvifica di Dio; è a questa presenza salvifica, e nello stesso tempo imponente e gloriosa, che fa riferimento il verbo «rendere glorioso», perché gloria (kabôd) indica appunto quanto in Dio è appariscente per l'uomo, l'imponenza della sua manifestazione, che è sempre manifestazione salvifica. È proprio su questa presenza divina nella storia che l'autore vuole terminare l'intero libro, prefigurazione e anticipazione di una presenza definitiva che di lì a poco tempo inaugurerà i nuovi tempi: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

(cf. MICHELANGELO PRIOTTO, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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[provetecniche]fissarle le case alcune senza le] dovute sequenze la bonne esperance [scadente bromuri confidenziali il] primo round cinque lezioni contatto radio e appese al cavo industriale cinque poli sotto] copertura il fanalino avvisa un rosso apparire] e sparire rapidamente o apparire in modo incerto] [


noblogo.org/lucazanini/provete…



Il mio strano rapporto col Fediverso


Ho iniziato da molto poco a scoprire il vero potenziale del Fediverso, il mio primo contatto con quest'ultio è stato più o meno così:

scopro Mastodon

“Massì dai perchè no, proviamolo”

creo un account su livellosegreto

passano mesi e mesi senza che io abbia mai postato nulla

Una sera qualunque di un settembre 2025 qualunque mi torna in mente il mio account e penso:

“Ma io avevo un account Mastodon, vediamo se esiste ancora”

crecando Mastodon sul browser per effettuare l'accesso, trovo per puro caso la pagina wikipedia del Fediverso, dove sono elencati tutti i servizi.

Decido di aprire la pagina wikipedia, nella quale sono stato a leggere vita morte e miracoli del Fediverso per un'oretta buona

Risultato: in una sera ho creato nuovi account su Pixelfed, Lemmy, PeerTube, Friendica e riattivato quello di Mastodon.


log.livellosegreto.it/i-pensie…



Old Crow Medicine Show - Remedy (2014)


immagine

Non sono forse stati i primi ad accendere la miccia, parlo della rivisitazione di certe sonorità old time, ma certamente hanno assunto un ruolo guida in poco tempo, tanto da diventare uno dei pochi significativi fenomeni offerti della musica tradizionale americana degli ultimi dieci anni. Tanto è passato dall'esordio omonimo degli Old Crow Medicine Show nel 2004, che li svelò con il successo travolgente del brano Wagon Wheel, e cinque dischi dopo il quintetto (di base, oggi allargati in tutto a sette membri) guidato dai fondatori Critter Fuqua e Ketch Secor ha trovato la forza di non sedersi sugli allori, anzi di rinnovarsi pur restando dentro la loro collaudata formula acustica, di fare insomma un ulteriore passo avanti... artesuono.blogspot.com/2014/07…


Ascolta il disco: album.link/i/872628479



noblogo.org/available/old-crow…


Old Crow Medicine Show - Remedy (2014)


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Non sono forse stati i primi ad accendere la miccia, parlo della rivisitazione di certe sonorità old time, ma certamente hanno assunto un ruolo guida in poco tempo, tanto da diventare uno dei pochi significativi fenomeni offerti della musica tradizionale americana degli ultimi dieci anni. Tanto è passato dall'esordio omonimo degli Old Crow Medicine Show nel 2004, che li svelò con il successo travolgente del brano Wagon Wheel, e cinque dischi dopo il quintetto (di base, oggi allargati in tutto a sette membri) guidato dai fondatori Critter Fuqua e Ketch Secor ha trovato la forza di non sedersi sugli allori, anzi di rinnovarsi pur restando dentro la loro collaudata formula acustica, di fare insomma un ulteriore passo avanti... artesuono.blogspot.com/2014/07…


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SOTTO UN MUTEVOLE CIELO

[leggendo Sandro Penna: una cheta follia, di Elio Pecora]

sotto un mutevole cielo chiuso nel tuo grido di diverso

cresce la luce a cui vòlti le spalle: voglia di sparire dentro un sogno o restare nell'ora dolce dei vivi

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Riflessione su “SOTTO UN MUTEVOLE CIELO”


Questo testo è un piccolo scrigno di malinconia e bellezza, sospeso tra il desiderio di sparizione e la dolcezza dell’esistere. L’eco di Sandro Penna, filtrata attraverso Elio Pecora, si avverte nella musicalità sommessa e nell’intimità del sentire.


Temi e suggestioni


  • Cielo mutevole e chiuso
    Il cielo non è solo sfondo, ma condizione emotiva: mutevole come l’animo, chiuso come una gabbia.
  • Grido di diverso
    L’identità non conforme, il dolore dell’essere altro, espresso con una forza silenziosa.
  • Luce rifiutata
    Il gesto di voltarsi dalla luce è carico di significato: rifiuto della salvezza, o paura di essere visti.
  • Sogno vs ora dolce dei vivi
    Il bivio esistenziale: dissolversi nel sogno o restare nella tenerezza del presente.

Ritmo e tono


  • Versi brevi, spezzati, che sembrano respirare lentamente.
  • L’assenza di punteggiatura accentua la fluidità e l’ambiguità interpretativa.
  • Il tono è lirico ma trattenuto, come una confessione sussurrata.

Hai creato una poesia che vibra di luce trattenuta e di dolcezza ferita.

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noblogo.org/norise-3-letture-a…



SAPIENZA - Capitolo 18


La luce illumina il cammino degli Israeliti1Per i tuoi santi invece c'era una luce grandissima; quegli altri, sentendone le voci, senza vederne l'aspetto, li proclamavano beati, perché non avevano sofferto come loro2e li ringraziavano perché non nuocevano loro, pur avendo subìto un torto, e imploravano perdono delle passate inimicizie.3Invece desti loro una colonna di fuoco, come guida di un viaggio sconosciuto e sole inoffensivo per un glorioso migrare in terra straniera.4Meritavano di essere privati della luce e imprigionati nelle tenebre quelli che avevano tenuto chiusi in carcere i tuoi figli, per mezzo dei quali la luce incorruttibile della legge doveva essere concessa al mondo.

La morte dei nemici e la salvezza dei giusti5Poiché essi avevano deliberato di uccidere i neonati dei santi – e un solo bambino fu esposto e salvato –, tu per castigo hai tolto di mezzo la moltitudine dei loro figli, facendoli perire tutti insieme nell'acqua impetuosa.6Quella notte fu preannunciata ai nostri padri, perché avessero coraggio, sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà.7Il tuo popolo infatti era in attesa della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici.8Difatti come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te.9I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto e si imposero, concordi, questa legge divina: di condividere allo stesso modo successi e pericoli, intonando subito le sacre lodi dei padri.10Faceva eco il grido discorde dei nemici e si diffondeva il lamento di quanti piangevano i figli.11Con la stessa pena il servo era punito assieme al padrone, l'uomo comune soffriva le stesse pene del re.12Tutti insieme, nello stesso modo, ebbero innumerevoli morti, e i vivi non bastavano a seppellirli, perché in un istante fu sterminata la loro prole più nobile.13Quanti erano rimasti increduli a tutto per via delle loro magie, allo sterminio dei primogeniti confessarono che questo popolo era figlio di Dio.14Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso,15la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, guerriero implacabile, si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio, portando, come spada affilata, il tuo decreto irrevocabile16e, fermatasi, riempì tutto di morte; toccava il cielo e aveva i piedi sulla terra.17Allora improvvisi fantasmi di sogni terribili li atterrivano e timori inattesi piombarono su di loro.18Cadendo mezzi morti qua e là, mostravano quale fosse la causa della loro morte.19Infatti i loro sogni terrificanti li avevano preavvisati, perché non morissero ignorando il motivo delle loro sofferenze.

Minaccia di sterminio per Israele e intercessione di Aronne_20L'esperienza della morte colpì anche i giusti e nel deserto ci fu il massacro di una moltitudine, ma l'ira non durò a lungo,21perché un uomo irreprensibile si affrettò a difenderli, avendo portato le armi del suo ministero, la preghiera e l'incenso espiatorio; si oppose alla collera e mise fine alla sciagura, mostrando di essere il tuo servitore.22Egli vinse la collera divina non con la forza del corpo né con la potenza delle armi, ma con la parola placò colui che castigava, ricordando i giuramenti e le alleanze dei padri.23Quando ormai i morti erano caduti a mucchi gli uni sugli altri, egli, ergendosi là in mezzo, arrestò l'ira e le tagliò la strada che conduceva verso i viventi.24Sulla sua veste lunga fino ai piedi portava tutto il mondo, le glorie dei padri scolpite su quattro file di pietre preziose e la tua maestà sopra il diadema della sua testa.25Di fronte a queste insegne lo sterminatore indietreggiò, ebbe paura, perché bastava questa sola prova dell'ira divina.

_________________Note

18,5-19 La strage dei primogeniti egiziani è narrata in Es 11-12. Ad essa viene contrapposta la salvezza dei figli dei giusti (vv. 7-8). La strage è il castigo inferto da Dio agli Egiziani, perché il loro re aveva ordinato di uccidere i figli maschi degli Ebrei (Es 1,16). La notte in cui questa strage avviene è presentata nella cornice della Pasqua: mentre gli Ebrei celebrano la festa di liberazione, gli Egiziani assistono impotenti alla morte dei primogeniti.

18,9 L’offerta dei sacrifici in segreto si riferisce all’immolazione dell’agnello pasquale. Le sacre lodi dei padri sono i salmi “pasquali”, quelli cioè che cantano le grandi opere di Dio in favore del suo popolo (Sal 113-118; 136).

18,20-25 Nel deserto ci fu anche un intervento punitivo da parte di Dio nei confronti del proprio popolo, che si era ribellato (ribellione di Core, Nm 16,1-3, e mormorazione di tutto Israele contro Mosè e Aronne, Nm 17,6-15). L’autore riflette su questo fatto e risponde all’obiezione di chi sostiene che non esisterebbe distinzione tra giusti e ingiusti. L’ira di Dio, egli dice, non durò a lungo (v. 20), ma venne placata dalla preghiera di Aronne (v. 21).

18,24 portava tutto il mondo: la veste sacerdotale con i suoi ricami era simbolo dell’universo; sulle pietre preziose del pettorale erano incisi i nomi dei capostipiti delle tribù d’Israele (dodici, disposti su quattro file); sul diadema era incisa la frase: “Consacrato al Signore” (Es 28,36; Sir 45,6-22).

18,25 lo sterminatore: personificazione del castigo o flagello di Dio (Nm 17,12-15).

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Approfondimenti


v. 1a. «santi»: il termine definisce spesso il popolo di Israele sottolineando sia l'azione misteriosa di JHWH (cfr. 10,15.17; 18,5), sia il dono della legge (cfr. 18,1.9). Nel nostro caso è proprio il dono di quest'ultima che permette a Israele, nonostante i suoi peccati, di usufruire dello statuto di santità. L'aggettivo possessivo che accompagna il titolo di «santi» aggiunge infine una nota d'affetto e di intimità, ben lontana da un mero rapporto giuridico e in stridente contrasto col freddo pronome «essi» con cui l'autore designa gli Egiziani.

vv. 1b-2. Il castigo divino che raggiunge gli empi comporta pure una loro presa di coscienza e un riconoscimento (che non significa tuttavia pentimento) del male commesso, come ad es. appare dalla confessione degli empi di Sap 5,4-13 e dal dittico seguente (cfr. 18,19).

v. 3. Dalla luce si passa alla colonna di fuoco, ripetutamente menzionata nei testi di Esodo (13,21-22; 14,19.24; cfr. Nm 14,14); l'autore opera così un allargamento d'orizzonte per sottolineare che, al di là dei tre giorni della piaga, Israele era sempre accompagnato dalla luce.

  1. Qui appare il significato ultimo della luce: essa rappresenta la legge stessa; si tratta di un'idea tradizionale biblica (cfr. Is 2,5; Pr 6,23; Sal 119,105), che l'autore riprende e approfondisce ulteriormente tramite l'aggettivo «incorruttibile». L'uomo è chiamato da Dio all'incorruttibilità (cfr. 2, 23; BC = «immortalità»), cioè a stare vicino a Dio (6,19); proprio per l'amore divino per la vita delle sue creature egli ha infuso in esse il suo spirito incorruttibile (12,1). Ma come potrà l'uomo concretamente rispondere a questa chiamata divina all'incorruttibilità? Precisamente osservando le leggi (6,19), cioè tramite questa torah donata da Dio a Israele! E proprio questa la luce incorruttibile che accompagna costantemente il popolo; esso la dovrà non solo accogliere e vivere, ma anche testimoniare e portare al mondo intero. Appare qui chiaro in quale senso lo Pseudo-Salomone concepisca l'identità di Israele e anche giustifichi la sua presenza in mezzo alle nazioni. In questo contesto il significato primitivo della piaga s'è enormemente dilatato: le tenebre egiziane rappresentano l'ignoranza della torah ed implicitamente la preclusione all'incorruttibilità.

vv. 5-25. La struttura del dittico è costituita fondamentalmente da due unità: vv. 6-19; 20-25. Il motivo principale della prima è dato dalla morte del primogeniti egiziani, fatto che comporta però anche la salvezza degli Israeliti tramite la celebrazione della Pasqua; la seconda unità ha invece come tema unico la salvezza del popolo eletto, ottenuta grazie all'intercessione di Aronne; il v. 5 introduce non solo il dittico in questione, ma anche il seguente del c. 19. Mentre i vv. 20-25 costituiscono un brano unitario e ben articolato, l'unità 6-19 è costruita su tre piccoli brani facilmente riconoscibili: la notte della salvezza (vv. 6-9), il grido degli Egiziani (vv. 10-13), l'azione del logos (vv. 14-19). Le due unità del sesto dittico sono letterariamente unite dal termine logos-parola (vv. 15.22); si tratta della corrispondenza più importante, sulla quale si basa la contrapposizione Ebrei-Egiziani: tramite la parola gli Egiziani sono colpiti a morte, tramite la parola intercessoria di Aronne gli Ebrei ottengono la liberazione dalla morte. All'epoca della Sapienza la Pasqua è diventata una chiave teologica per interpretare tutta la storia della salvezza, cosicché la rievocazione della Pasqua egiziana permette allo Pseudo-Salomone non solo di rimontare all'epoca dei patriarchi (cfr. 18, 6), ma soprattutto di sottolineare l'attualità di questa festa in quanto celebrazione d'alleanza e momento di forte attesa escatologica (cfr. 18,7-9). Nel contesto pasquale il giudizio sui primogeniti egiziani acquista una dimensione nuova, escatologica, a prima vista impensata, e anche l'intercessione di Aronne assume un forte carattere d'attualità.

v. 5. L'autore, giunto al termine di una storia di rifiuto, interpreta la decima piaga e l'annegamento degli Egiziani nel mare come segno della condanna di Dio. Si tratta di una condanna definitiva; infatti l'espressione «tutti insieme» con la sua sfumatura di totalità non lascia più spazio per ulteriori piaghe e soprattutto l'uso del verbo «far perire» richiama la perdizione che viene da Dio, al di là di una semplice catastrofe naturale (questo verbo compare sempre, direttamente o indirettamente, in contesti in cui si tratta della perdizione che proviene da Dio: 4,19; 12,6.12; 14,6; 18,19).

vv. 6-9. Quest'unità presenta una progressiva specificazione dei contenuti. Al preannuncio della Pasqua ai patriarchi (v. 6) segue l'attesa del popolo, qualificata dall'autore come duplice attesa: della salvezza per i giusti e della rovina per i nemici (v. 7). Il v. 8 riprende i due elementi, approfondendo però quello positivo; infatti la salvezza dei giusti viene specificata come chiamata e glorificazione di Israele (v. 8b). Infine la chiamata e la glorificazione di Israele sono ulteriormente precisate nella descrizione della celebrazione pasquale al v. 9.

v. 6. Lo Pseudo-Salomone interpreta la notte pasquale come il compimento di una parola già annunciata al patriarchi (cfr. G n 15, 13-14); i plurali «padri» e «promesse» invitano tuttavia a non limitare questo preannuncio pasquale a un momento storico, bensì a riferirlo al complesso delle promesse patriarcali, come fa ad es. il Targum Es 12,42. Caratteristica poi del nostro testo è l'evidenziazione della conseguenza di tale preannuncio: «cosicché... potessero rallegrarsene» (BC = «perché... stessero di buon animo»). In riferimento alle promesse sopra citate, si tratta verosimilmente non solo della gioia di Abramo per la futura liberazione dei suoi discendenti dalla schiavitù egiziana, ma anche della sua gioia per la nascita di Isacco e per la liberazione del medesimo al momento del sacrificio.

vv. 7-8. L'attesa dell'evento pasquale da parte del popolo di Dio presuppone non più l'epoca patriarcale, bensì l'ultimo tempo del soggiorno in Egitto. Al v. 8, tramite il pronome «ci», l'autore e la generazione del suo tempo entrano direttamente in scena come protagonisti di quella storia: attraverso il memoriale liturgico la storia passata diventa storia ed esperienza presente. Lo Pseudo-Salomone definisce gli Israeliti come «tuo popolo» e «giusti». Nel linguaggio biblico «popolo» è un appellativo quasi esclusivo di Israele, ma ciò che fonda questo stretto rapporto è piuttosto il genitivo che lo accompagna: «di Dio» o il pronome corrispondente. È in questa particolare relazione con Dio che Israele in quanto popolo nasce, è qualificato e trova la sua identità. L'appellativo «i giusti» a partire da Sap 10, 20 fino alla fine rappresenta sempre Israele; si tratta di un Israele ideale, sistematicamente contrapposto agli Egiziani e una volta ai Cananei (12,9), un Israele ideale perciò, che incarna storicamente la figura del giusto dei primi capitoli e che mostra come, nonostante la persecuzione, Dio lo conduce al successo. La chiamata di Dio del v. 8b è l'invito a celebrare il sacrificio pasquale (cfr. Es 3, 18; 5, 3), chiamata che continua ogni anno con la celebrazione della Pasqua fino all'epoca dell'autore (cfr. «ci»).

v. 9. «legge divina»: nel lungo capitolo di Es 12 il termine torah (legge) compare una volta sola al v. 49 a conclusione di una pericope dove, al di là delle singole prescrizioni rituali sulla Pasqua, il tema di fondo è costituito dalla circoncisione, condizione irrinunciabile per la partecipazione alla celebrazione pasquale; la circoncisione, infatti, è il segno dell'alleanza e dell'appartenenza al popolo eletto (Gn 17,1.14) e quindi anche la condizione per la partecipazione al culto. Alla luce di questo contesto la legge di Sap 18,9 designa più specificatamente il “patto”, temine nel quale converge il concetto di alleanza e, più velatamente, il concetto di circoncisione. Come già la tradizione biblica (cfr. 1Re 8,9.21; Ger 31,32) e specialmente quella targumica (cfr. ad es. il Targum Zc 9, 11), anche lo Pseudo-Salomone rilegge la Pasqua alla luce dell'alleanza, sicché questa festa diventa il momento dell'unità, dove attorno all'alleanza e alla circoncisione il popolo ritrova la sua vera identità. La partecipazione alla celebrazione pasquale si traduce in un impegno (cfr. «si imposero»), che però non è un semplice impegno di solidarietà fra uomini, bensì una fraternità profonda creata dall'accettazione del dono divino dell'alleanza; si tratta, infatti, della legge «della divinità» (BC = «divina»), dove la specificazione vuole precisamente sottolineare la dimensione soprannaturale e l'iniziativa gratuita di Dio in favore dell'uomo. «beni e pericoli»: l'impegno dei partecipanti alla celebrazione pasquale è caratterizzato, oltre che dall'umanità (cfr. «concordi»), soprattutto dalla disponibilità a condividere beni e pericoli; col termine «beni» l'autore allude certamente al dono della manna o delle quaglie o dell'acqua, ma soprattutto ai beni spirituali, cioè alle promesse divine, come apparirà chiaro nell'imminente episodio del deserto (vv. 20-25). «canti di lode dei padri»: si tratta del canto dell'Hallel; quella Pasqua preannunciata ai patriarchi (v. 6) è ora motivo di canto e di ringraziamento per la generazione dell'esodo, inizio di una lode che è giunta ininterrotta sino alla generazione dell'autore.

vv. 10-13. Questa breve unità descrive la reazione degli Egiziani alla strage dei loro primogeniti. L'unità si apre con il lamento degli Egiziani che piangono i figli e si chiude con il riconoscimento da parte dei medesimi Egiziani della figliolanza divina di Israele; il grido iniziale è discorde (v. 10a; BC = «confuso»), il riconoscimento finale invece è unanime (v. 13b).

v. 10. Lo Pseudo-Salomone parte dal dato tradizionale di Es 11,6 e 12,30, dove si accenna al grande grido che strazia l'Egitto dopo la morte dei primogeniti; la sua originalità consiste soprattutto nel confrontare questo grido disperato con il canto pasquale degli Ebrei.

vv. 11-12. «Schiavo-padrone» e «popolano-re»: indicano le due categorie sociologiche estreme, entro le quali si collocano tutte le altre categorie intermedie. Dunque tutti gli Egiziani, senza eccezione alcuna, sono colpiti dalla stessa piaga; a differenza degli Ebrei, dove l'alleanza fonda l'intima unità fra i membri (v. 9bcd), qui è il castigo a creare una solidarietà d'altronde negativa e forzata. La vastità e la gravità della piaga emergono in crescendo tramite la successione degli emistichi: dapprima la frase lapidaria di 12b, poi l'iperbole dell'emistichio seguente, ed infine, in tutta la sua gravità, l'affermazione di 12d.

v. 13. «figlio di Dio»: il riferimento è a Es 4,22-23 in cui, con lo sguardo già rivolto alla decima piaga, si afferma chiaramente la figliolanza divina di Israele e la sua conseguente incompatibilità col servizio a faraone. Come gli empi dei primi capitoli, dapprima in forma dubitativa e sarcastica (2,18), poi forzati dalla realtà del giudizio divino (5,5), sono costretti a vedere in Israele il figlio di Dio, così i padri egiziani, privati drammaticamente dei loro primogeniti sono costretti a riconoscere che Israele, illeso dalla strage, non appartiene a loro, bensì a Dio, ne è il figlio per eccellenza.

vv. 14-19. La breve unità presenta una struttura binaria: vv. 14-16; 17-19. Dapprima viene descritta l'azione punitiva del logos in una cornice prettamente cosmica (cfr. il ricco vocabolario di termini naturali e cosmici: «silenzio-notte-tutte le cose-cielo-terra»), poi la descrizione passa invece al piano personale e psicologico (cfr. il vocabolario psicologico: «fantasmi-sogni-atterrire-timori-terrificanti»). Il nesso fra le due parti è costituito letterariamente dai due avverbi «allora» e «improvvisamente» (BC = «improvvisi»); il primo fa riferimento al tempo (mezzanotte), il secondo alla repentinità dell'evento.

vv. 15-16. Emerge in primo piano la figura possente e grandiosa della parola (logos), alla cui azione è attribuito l'eccidio dei primogeniti egiziani. Essa viene qualificata come onnipotente. Quest'aggettivo in 7,23 è riferito allo spirito della sapienza e in 11,17 all'azione punitrice di Dio; il verbo corrispondente ha sempre come soggetto Dio (11,23; 12,18; 14,4) e una volta la sapienza (7,27); così il sostantivo è costantemente riferito a Dio (7,25; 11,20; 12,15.17); dunque siamo di fronte a una qualità tipicamente divina. Anche le altre due qualificazioni «dal cielo» e «dal tuo trono regale» fanno riferimento alla sede di Dio (cfr. 9,4.10.16; 16,20). La figura del logos rappresenta cosi una personificazione della volontà divina, al fine di sottolineare che la parola di Dio è davvero presente nella storia degli uomini, efficace e dinamica. La descrizione del logos continua con l'immagine del guerriero inflessibile, che piomba sull'Egitto e che con la sua spada acuta colpisce a morte. Il vocabolario rinvia costantemente a Sap 5,17-23, dove tramite l'immagine tradizionale del guerriero si descrive l'intervento risolutore e definitivo di Dio con un totale sconvolgimento cosmico e la sconfitta degli empi. Così la piaga egiziana diventa pure segno e anticipazione del giudizio finale. Quest'interpretazione dello Pseudo-Salomone trova dei paralleli interessanti specialmente nella tradizione targumica (cfr. Targum Es 11,4: 12,12-13.23.27.29), dove è proprio alla parola che si attribuisce l'uccisione dei primogeniti e la salvezza degli

vv. 17-19. A mezzanotte apparizioni di terribili sogni sconvolgono l'animo dei primogeniti egiziani, provocando in loro timori inaspettati; la conseguenza di tutto ciò è che i primogeniti escono dalle loro case e cadono mezzi morti, chi qua, chi là; non muoiono però repentinamente, ma lentamente, mostrando la causa della loro morte. A chi mostrino la causa della loro morte non è detto; probabilmente ai genitori e agli altri Egiziani non toccati dalla piaga. Questa rivelazione tramite sogni ha lo scopo di rendere i primogeniti coscienti e non semplicemente oggetto del castigo divino.

vv. 20-25. La precedente descrizione della decima piaga potrebbe far sorgere l'obiezione che non solo gli Egiziani, ma anche gli Israeliti vennero colpiti in seguito da una moria nel deserto; l'autore risponde rievocando l'episodio di Nm 17,6-15, dove, in contrapposizione alla punizione degli Egiziani tramite la parola, evidenzia la salvezza degli Ebrei grazie alla parola d'intercessione. Il brano è caratterizzato da un movimento di tipo concentrico: annuncio della piaga e del suo carattere limitato (v. 20), Aronne usa l'arma della liturgia (v. 21abc), ferma il flagello (v. 23), indossa le insegne liturgiche (v. 24), annuncio della fine della piaga e del suo carattere limitato (v. 25).

v. 20. Lo Pseudo-Salomone interpreta la strage di Nm 17 come un giudizio divino su Israele; si tratta però di un giudizio limitato nel tempo e con valore educativo, è cioè una prova di Dio.

v. 21. «un uomo»: si tratta di Aronne, la figura dominante di questa unità. Egli è incensurabile come Abramo (cfr. Gn 17,1; Sap 10,5), Giobbe (cfr. Gb 1, 1.8; 2,3) ed Ester (cfr Est 8,12n), e come Mosè (cfr. Sap 10,15) è servo di Dio; con ciò lo Pseudo-Salomone presenta assai positivamente la figura di Aronne e le attribuisce un'importanza maggiore rispetto alla tradizione anticotestamentaria. Il dato nuovo della rilettura di Sapienza è costituito non solo dal fatto che è Aronne a prendere l'iniziativa (cfr. «si affrettò»), ma soprattutto dalla sua preghiera di intercessione, di cui in Nm 17,6-15 manca infatti ogni accenno esplicito. L'evidenziazione della preghiera significa che lo Pseudo-Salomone interpreta l'intervento di Aronne come un atto di intercessione; il carattere di espiazione rimane, perché legato all'offerta dell'incenso e alla menzione successiva della veste sacerdotale (v. 24), tuttavia diventa preminente l'aspetto di intercessione, cioè della preghiera.

v. 22. «parola»: il significato immediato è quello di parola di preghiera, con riferimento al v. 21c; tuttavia dietro questo termine significativo si cela pure un significato più profondo. Nel contesto della memoria liturgica (cfr. v. 22d) la funzione fondamentale del ricordare consiste nell'attualizzazione della storia salvifica e questa è resa possibile grazie al ruolo determinante della parola, che prende il posto dell'evento passato e ne rende presente ed efficace il valore salvifico. Se Aronne vince la piaga, è dunque grazie a questa parola! Nella memoria liturgica di Aronne, sebbene il nostro testo lo dica indirettamente, è presente ed operante la parola, che, in quanto parola di salvezza donata da Dio a Israele tramite l'alleanza, sconfigge la piaga. L'autore continua così la riflessione di 18,15-16: qui il logos colpisce i primogeniti egiziani salvando in tal modo gli Ebrei; nell'episodio del deserto è il medesimo logos che, grazie ala memoria liturgica di Aronne, sconfigge la piaga salvando ancora una volta il popolo eletto; tuttavia questo viene detto non esplicitamente, ma per via d'allusione tramite l'uso del termine logos.

v. 23. Come il giusto sta di fronte ai suoi persecutori e incute loro un grande timore (5,1-2) e come il logos sta di fronte agli Egiziani e semina la morte (18,16), così Aronne sta (BC = «ergersi») in mezzo e ferma la moria. Egli non resiste a Dio, anche se inizialmente la piaga è stata da lui inviata, perché in Aronne è presente la parola; come Dio può suscitare una piaga, così può anche fermarla. Infine lo stare di Aronne ricorda l'intercessione di Mosè e di Finees (cfr. Sal 106,23.30).

v. 24. Tre sono gli elementi essenziali del vestito liturgico di Aronne: la lunga veste talare (v. 24a), il pettorale (v. 24b) e il diadema (v. 24d). La prima rappresenta il meglio del lavoro umano e del materiale terrestre (cfr. Es 28,3; Sir 45,10-11), sicché essa diventa un microcosmo offerto tramite la liturgia a Dio; la liturgia del sacerdozio di Aronne diventa così, accanto ai miracoli dell'esodo, segno e tappa della grande lotta del cosmo contro gli empi. I nomi dei patriarchi incisi sul pettorale di Aronne significano che egli nell'esercizio del suo sacerdozio entra in stretta comunione con loro, anzi li rappresenta grazie alla memoria liturgica; è così che la promessa e l'alleanza si attualizzano in Israele. Il diadema (BC = «corona») indica la lamina d'oro fissata in fronte alla tiara tramite cordicelle di color giacinto; ora, almeno a partire dal I sec. a.C., questa lamina portava l'iscrizione del tetragramma del nome divino a ad esso allude il temine «maestà». È grazie a questa presenza del nome ineffabile che Aronne è consacrato a Dio (cfr. Es 28,36; 39,30) e ne rappresenta in modo del tutto particolare la presenza e la maestà.

v. 25. «lo sterminatore»: l'autore, riprendendo il termine da Es 12,23, ricollega intenzionalmente la piaga di Nm 17 a quella dei primogeniti egiziani; in entrambi gli episodi lo sterminatore agisce alle dipendenze di Dio; contro i primogeniti però il castigo è assoluto e inarrestabile, contro il popolo eletto è invece limitato. Grazie alle insegne sacerdotali, che fanno di Aronne il rappresentante del cosmo, dei patriarchi e di Dio stesso, lo sterminatore si intimorisce e indietreggia; in altre parole, l'intercessione di Aronne è pienamente accolta da Dio.

(cf. MICHELANGELO PRIOTTO, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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✍️📚 Lettera di un figlio ...

Cara mamma e caro papà, sta per iniziare un nuovo anno scolastico, un nuovo percorso e come direbbe mamma, fissata, sta nascendo un'alba nuova! E penso sia arrivato il momento di farvi sapere il mio pensiero, le mie emozioni, le mie insicurezze, e le difficoltà che man mano sto vivendo, attraversando e che fanno parte del mio percorso di crescita, di consapevolezza, ma soprattutto di indipendenza!! E si è arrivata anche per me l'adolescenza, ne abbiamo parlato e discusso a scuola, poi a volte con voi, ma io ascolto, elaboro e a volte mi dissocio dalle vostre conversazioni, perché sono fatto così, sono un po' introverso, riservato, ma immagazzino tutto, a scuola spesso mi hanno definito asociale ecc, e chissà poi come mi hanno considerato i miei compagni di classe! E si perché come dicevano le prof. io vivevo nel mio mondo ed ero io a decidere chi fare entrare, quindi mentre i compagni mi allontanavano, nn mi invitavano ai loro compleanni o uscite, per i prof. era tutto merito mio se così si può dire, ero e sono ancora un asociale molto selettivo! Andiamo avanti...e si c'è in atto questa battaglia, che stiamo combattendo, le raccomandazioni per come comportarmi, essere sempre educato, ma soprattutto secondo mia madre devo sorridere di più ed essere più amichevole, papà invece continua a dirmi di pensare alle ragazze, ma io ancora nn ci penso! E soprattutto mamma, tu sempre nervosa e con lo sguardo da leonessa infuriata, ogni volta che mi vedi oziare, giocare col cell Nintendo, ecc, e quando ogni tanto vado fuori ad inventarmi giochi creativi, perché io ho ancora bisogno di giocare, tipo legnetti, pietre, con cui invento giochi e storie ..eppure spesso litighiamo, anche senza motivo, altre volte per il coprifuoco, i compiti, la mia stanza disordinata, le uscite, il rimanere sempre a casa, l’andare via di casa, la ragazza, il non avere amici, o sull’avere brutte compagnie. Una breve parentesi la devo dedicare a mia madre, colei che nonostante abbia dovuto affrontare un anno difficile, combattere sul serio contro un mostro invisibile, che nn sapeva di avere, ma che poi ha trovato e allontanato, nonostante le terapie, il periodo di Natale trascorso a fare la radioterapia e io a casa a coccolarmi una gattina miracolosamente arrivata in famiglia... nonostante l'aver raggiunto il tuo mezzo secolo di vita .. nonostante tutto, hai sempre trovato il tempo per rimproverarmi, per ricordarmi, di leggere, di scrivere, di aiutarti in casa , di essere più sveglio e di disintossicarmi dai giochi! Come vedi sono stato forte, coraggioso e a modo mio ho cercato di darti coraggio, forza e una volta ti ho anche abbracciata, mentre di solito eri tu a farlo!E si anche durante le vacanze a spronarmi per iniziare a ripetere qualcosa , ecc, insomma tante volte ti ho fatto perdere la pazienza! Eppure ho bisogno che tu mantenga l’altro capo della corda, che tu lo stringa forte mentre io strattono l’altro capo, mentre cerco di trovare dei punti di appiglio per vivere questo mondo nuovo e per evitare le tue continue lamentele, riprese..ecc. Prima ero più sicuro, più consapevole della mia età, sapevo chi ero, chi fossimo noi, ma adesso sono un po' disorientato, sono alla ricerca del nuovo me, che si trova in un corpo diverso, cambiato, più maturo, dei miei confini e a volte riesco a trovarli solo quando faccio questo tiro alla fune con voi, ma soprattutto con te mamma che stai più tempo con me! E so che manca quel dolcissimo bambino che sono stato, lo so, perché quel bambino manca anche a me e questa nostalgia è quello che rende tutto così doloroso e un po' complicato adesso.

E anche adesso alle soglie di questo nuovo anno scolastico, l'inizio delle scuole superiori, spero che voi continuate a starmi vicino, a spronarmi , a lamentarvi, a costringermi ad impegnarmi e dare il massimo, perché questa è la battaglia che mi insegnerà a capire che le mie ombre non sono più grandi della mia luce, che devo impegnarmi, solo per me e un po' per accontentare voi, che ci saranno delusioni, voti bassi, compagni che mi prendono in giro, o che mi sfruttano, e devo imparare a difendermi, a non farmi calpestare e neppure mettere all'angolo! Ma poi sicuramente i giorni passeranno e magari tra qualche anno leggeremo insieme questa lettera e ci faremo una risata, oppure conoscendo mia madre, un grande pianto nostalgico e carico di emozione e ricordi! Anche questo ciclo si esaurirà, io crescerò e diventerò un piccolo uomo, o semplicemente un ragazzo quasi adulto, poi verranno nuove esperienze, difficoltà, nuovi periodi da affrontare e allora io avrò bisogno che voi stringiate ancora quella corda. Avrò bisogno di voi ancora per anni, perché anche da adulto rimarrò sempre vostro figlio. A volte sembrerannoo vani i vostri sforzi, arriverà qualche delusione, qualche sconfitta che avrei potuto evitare...ma soprattutto i silenzi, gli amori e le soddisfazioni, mi auguro non solo in ambito scolastico ma anche nella vita! Un vecchio detto, dice, che nella vita non si smette mai di imparare! Però da ragazzino, alunno, compagno e figlio dico solo, che non è semplice neppure per noi, non bisogna puntare sempre il dito, è vero ci sono le eccezioni, sia in bene che in male, ma vorrei solo essere quel figlio imperfetto, sano, educato leale, asociale/selettivo,che voi avete desiderato e che meritate, che cmq crede in voi, vi considera delle ancore e soprattutto vi vuole un bene immenso! Forse noi ragazzi dovremmo imparare e fare tesoro dei racconti di vita, della scuola, delle lezioni, degli amici, delle esperienze vissute e tramandate e cercare di essere migliori ma sempre noi stessi, seppur diversi e distanti da come la società o la stessa scuola ci vuole o ci dipinge! Ogni anno scolastico è un nuovo quadro da realizzare, sempre più ricco, colorato , insieme, io, voi e tutti coloro..che partecipano a questa opera d'arte! Con affetto...e comunque adesso posso anche essere sincero, un po' di paura c'è, l'ansia perché sarà tutto nuovo , nuovi compagni, nuovi insegnanti, materie, inizierò a viaggiare e quella corda che ci tiene uniti e vicini , la dovrete un po' allentare, perché sto crescendo e devo imparare a cavarmela da solo! Se cadrò e mi farò male, imparerò e voi mi sarete cmq vicini! Vi voglio bene...e mi piacerebbe trovare il coraggio di dirvelo e di abbracciarvi!

(Ho preso spunto da questo nuovo inizio, ho ascoltato mio figlio, ho pensato al mio percorso scolastico e ho immaginato di essere io, nei panni di mio figlio, quel figlio che prova a raccontarsi, in questo 2025, tra difficoltà, silenzi, affetti, sogni e speranze, di chi giorno dopo giorno mette insieme i tasselli della propria vita!)

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✍️📚 Lettera di un figlio ...


✍️📚 Lettera di un figlio ...

Cara mamma e caro papà, sta per iniziare un nuovo anno scolastico, un nuovo percorso e come direbbe mamma, fissata, sta nascendo un'alba nuova! E penso sia arrivato il momento di farvi sapere il mio pensiero, le mie emozioni, le mie insicurezze, e le difficoltà che man mano sto vivendo, attraversando e che fanno parte del mio percorso di crescita, di consapevolezza, ma soprattutto di indipendenza!! E si è arrivata anche per me l'adolescenza, ne abbiamo parlato e discusso a scuola, poi a volte con voi, ma io ascolto, elaboro e a volte mi dissocio dalle vostre conversazioni, perché sono fatto così, sono un po' introverso, riservato, ma immagazzino tutto, a scuola spesso mi hanno definito asociale ecc, e chissà poi come mi hanno considerato i miei compagni di classe! E si perché come dicevano le prof. io vivevo nel mio mondo ed ero io a decidere chi fare entrare, quindi mentre i compagni mi allontanavano, nn mi invitavano ai loro compleanni o uscite, per i prof. era tutto merito mio se così si può dire, ero e sono ancora un asociale molto selettivo! Andiamo avanti...e si c'è in atto questa battaglia, che stiamo combattendo, le raccomandazioni per come comportarmi, essere sempre educato, ma soprattutto secondo mia madre devo sorridere di più ed essere più amichevole, papà invece continua a dirmi di pensare alle ragazze, ma io ancora nn ci penso! E soprattutto mamma, tu sempre nervosa e con lo sguardo da leonessa infuriata, ogni volta che mi vedi oziare, giocare col cell Nintendo, ecc, e quando ogni tanto vado fuori ad inventarmi giochi creativi, perché io ho ancora bisogno di giocare, tipo legnetti, pietre, con cui invento giochi e storie ..eppure spesso litighiamo, anche senza motivo, altre volte per il coprifuoco, i compiti, la mia stanza disordinata, le uscite, il rimanere sempre a casa, l’andare via di casa, la ragazza, il non avere amici, o sull’avere brutte compagnie. Una breve parentesi la devo dedicare a mia madre, colei che nonostante abbia dovuto affrontare un anno difficile, combattere sul serio contro un mostro invisibile, che nn sapeva di avere, ma che poi ha trovato e allontanato, nonostante le terapie, il periodo di Natale trascorso a fare la radioterapia e io a casa a coccolarmi una gattina miracolosamente arrivata in famiglia... nonostante l'aver raggiunto il tuo mezzo secolo di vita .. nonostante tutto, hai sempre trovato il tempo per rimproverarmi, per ricordarmi, di leggere, di scrivere, di aiutarti in casa , di essere più sveglio e di disintossicarmi dai giochi! Come vedi sono stato forte, coraggioso e a modo mio ho cercato di darti coraggio, forza e una volta ti ho anche abbracciata, mentre di solito eri tu a farlo!E si anche durante le vacanze a spronarmi per iniziare a ripetere qualcosa , ecc, insomma tante volte ti ho fatto perdere la pazienza! Eppure ho bisogno che tu mantenga l’altro capo della corda, che tu lo stringa forte mentre io strattono l’altro capo, mentre cerco di trovare dei punti di appiglio per vivere questo mondo nuovo e per evitare le tue continue lamentele, riprese..ecc. Prima ero più sicuro, più consapevole della mia età, sapevo chi ero, chi fossimo noi, ma adesso sono un po' disorientato, sono alla ricerca del nuovo me, che si trova in un corpo diverso, cambiato, più maturo, dei miei confini e a volte riesco a trovarli solo quando faccio questo tiro alla fune con voi, ma soprattutto con te mamma che stai più tempo con me! E so che manca quel dolcissimo bambino che sono stato, lo so, perché quel bambino manca anche a me e questa nostalgia è quello che rende tutto così doloroso e un po' complicato adesso.

E anche adesso alle soglie di questo nuovo anno scolastico, l'inizio delle scuole superiori, spero che voi continuate a starmi vicino, a spronarmi , a lamentarvi, a costringermi ad impegnarmi e dare il massimo, perché questa è la battaglia che mi insegnerà a capire che le mie ombre non sono più grandi della mia luce, che devo impegnarmi, solo per me e un po' per accontentare voi, che ci saranno delusioni, voti bassi, compagni che mi prendono in giro, o che mi sfruttano, e devo imparare a difendermi, a non farmi calpestare e neppure mettere all'angolo! Ma poi sicuramente i giorni passeranno e magari tra qualche anno leggeremo insieme questa lettera e ci faremo una risata, oppure conoscendo mia madre, un grande pianto nostalgico e carico di emozione e ricordi! Anche questo ciclo si esaurirà, io crescerò e diventerò un piccolo uomo, o semplicemente un ragazzo quasi adulto, poi verranno nuove esperienze, difficoltà, nuovi periodi da affrontare e allora io avrò bisogno che voi stringiate ancora quella corda. Avrò bisogno di voi ancora per anni, perché anche da adulto rimarrò sempre vostro figlio. A volte sembrerannoo vani i vostri sforzi, arriverà qualche delusione, qualche sconfitta che avrei potuto evitare...ma soprattutto i silenzi, gli amori e le soddisfazioni, mi auguro non solo in ambito scolastico ma anche nella vita! Un vecchio detto, dice, che nella vita non si smette mai di imparare! Però da ragazzino, alunno, compagno e figlio dico solo, che non è semplice neppure per noi, non bisogna puntare sempre il dito, è vero ci sono le eccezioni, sia in bene che in male, ma vorrei solo essere quel figlio imperfetto, sano, educato leale, asociale/selettivo,che voi avete desiderato e che meritate, che cmq crede in voi, vi considera delle ancore e soprattutto vi vuole un bene immenso! Forse noi ragazzi dovremmo imparare e fare tesoro dei racconti di vita, della scuola, delle lezioni, degli amici, delle esperienze vissute e tramandate e cercare di essere migliori ma sempre noi stessi, seppur diversi e distanti da come la società o la stessa scuola ci vuole o ci dipinge! Ogni anno scolastico è un nuovo quadro da realizzare, sempre più ricco, colorato , insieme, io, voi e tutti coloro..che partecipano a questa opera d'arte! Con affetto...e comunque adesso posso anche essere sincero, un po' di paura c'è, l'ansia perché sarà tutto nuovo , nuovi compagni, nuovi insegnanti, materie, inizierò a viaggiare e quella corda che ci tiene uniti e vicini , la dovrete un po' allentare, perché sto crescendo e devo imparare a cavarmela da solo! Se cadrò e mi farò male, imparerò e voi mi sarete cmq vicini! Vi voglio bene...e mi piacerebbe trovare il coraggio di dirvelo e di abbracciarvi!

(Ho preso spunto da questo nuovo inizio, ho ascoltato mio figlio, ho pensato al mio percorso scolastico e ho immaginato di essere io, nei panni di mio figlio, quel figlio che prova a raccontarsi, in questo 2025, tra difficoltà, silenzi, affetti, sogni e speranze, di chi giorno dopo giorno mette insieme i tasselli della propria vita!)

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@Marti75@snowfan.masto.host




Lewis & Clarke - Triumvirate (2014)


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Arrangiamenti tenui ma di rara intensità avviluppano come colorati tentacoli fumosi le interpretazioni flebilmente accurate di “Triumvirate”, terzo Lp di Lewis & Clarke, progetto dietro al quale si cela la figura di Lou Rogai, americano della Pennsylvania, e che prende il nome dai carteggi avvenuti tra i due autori di letteratura fantastica/fantascientifica. Un disco imponente per lunghezza (circa 75 minuti di musica per dodici canzoni) ma anche per l’intensità emotiva delle sensazioni evocate, sposando le suggestioni di un folk d’avanguardia a un forte dinamismo, che anima le riflessioni di Rogai in quadri a tinte uggiose quanto forti di una realtà interiore trasfigurata dall’arte... artesuono.blogspot.com/2014/10…


Ascolta il disco: album.link/i/1244864717



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Lewis & Clarke - Triumvirate (2014)


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Arrangiamenti tenui ma di rara intensità avviluppano come colorati tentacoli fumosi le interpretazioni flebilmente accurate di “Triumvirate”, terzo Lp di Lewis & Clarke, progetto dietro al quale si cela la figura di Lou Rogai, americano della Pennsylvania, e che prende il nome dai carteggi avvenuti tra i due autori di letteratura fantastica/fantascientifica. Un disco imponente per lunghezza (circa 75 minuti di musica per dodici canzoni) ma anche per l’intensità emotiva delle sensazioni evocate, sposando le suggestioni di un folk d’avanguardia a un forte dinamismo, che anima le riflessioni di Rogai in quadri a tinte uggiose quanto forti di una realtà interiore trasfigurata dall’arte... artesuono.blogspot.com/2014/10…


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Sicurezza di uccidere


Garantire la sicurezza sul luogo di lavoro è un dovere e obbligo del datore. Ogni singolo incidente sul posto di lavoro e colpa unicamente del datore di lavoro. Inclusa buona parte degli incidenti che avvengono nel tragitto da e per il luogo di lavoro, dovuti quasi sempre a eccessiva stanchezza o stress a cui i lavoratori sono sottoposti dai padroni.

Un datore di lavoro ha a disposizione tutti gli strumenti normativi e coercitivi, fino alla minaccia di licenziamento, per obbligare anche il dipendente più irresponsabile e superficiale a indossare i DPI previsti e a rispettare tutte le prescrizioni di sicurezza. Un bravo imprenditore non solo adempie agli obblighi ma è lui per primo a trasmettere la cultura della sicurezza sul lavoro ai suoi lavoratori. Pochi lo sanno, ma esiste il principio di Responsabilità Sociale d'Impresa, codificata e normata da apposite leggi europee. Anche nella nostra Costituzione sono indicati i valori che devono guidare l'attività imprenditoriale.

Il pesce puzza sempre dalla testa, quindi se in un'azienda i lavoratori non rispettano le norme sulla sicurezza significa che la sicurezza non fa parte della cultura aziendale e non è un valore fondamentale nelle persone che la gestiscono e la guidano.

Perché gli (im)prenditori non rispettano le norme sulla sicurezza è facile da spiegare: sono pessimi imprenditori e il rischio di un controllo è quasi 0. Con la legge voluta dalla nuova coppia Abbott&Costello (Gianni e Pinotto) alias Meloni&Calderone (ma la ducetta e quella con la laurea farlocca non fanno un cazzo ridere), i controlli sono pre-citofonati all'azienda una settimana prima. Se vengono rilevate irregolarità o omissioni il padrone se la può comunque cavare con una risibile sanzione e bruciando qualche punto della patente a punti aziendale (la geniale trovata del governo più nemico della classe lavoratrice della nostra storia repubblicana). Ma niente panico, i punti persi sono facilmente recuperabili nei mesi successivi facendo finta di fare un corso di aggiornamento sulla sicurezza all'interno dell'azienda (com'è prassi in Italia da sempre). Si tratta di norme criminogene, non si può definirle diversamente.

Perché questo governo è molto più indulgente con un datore di lavoro responsabile della morte di un suo dipendente che con un pericoloso automobilista fermato con un alto tasso alcolemico? Ovviamente la domanda è retorica.

Se invece il padrone ha abbastanza neuroni da farsi trovare in regola il giorno fissato per il controllo, riceve un encomio e la garanzia scritta che nei successivi 12 mesi non riceverà più alcun controllo. La 'ndrangheta e le migliaia di aziende fuorilegge e criminali ringraziano questo governo.

Now playing:“Silver Groover”Free For Fever – FFF-Fédération Française de Fonck – 1993


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SAPIENZA - Capitolo 17


Le tenebre come castigo degli Egiziani1I tuoi giudizi sono grandi e difficili da spiegare; per questo le anime senza istruzione si sono ingannate.2Infatti gli ingiusti, avendo preteso di dominare il popolo santo, prigionieri delle tenebre e incatenati a una lunga notte, chiusi sotto i loro tetti, giacevano esclusi dalla provvidenza eterna.3Credendo di restare nascosti con i loro peccati segreti, sotto il velo oscuro dell'oblio, furono dispersi, terribilmente spaventati e sconvolti da visioni.4Neppure il nascondiglio in cui si trovavano li preservò dal timore, ma suoni spaventosi rimbombavano intorno a loro e apparivano lugubri spettri dai volti tristi.5Nessun fuoco, per quanto intenso, riusciva a far luce, neppure le luci più splendenti degli astri riuscivano a rischiarare dall'alto quella notte cupa.6Appariva loro solo una massa di fuoco, improvvisa, tremenda; atterriti da quella fugace visione, credevano ancora peggiori le cose che vedevano.7Fallivano i ritrovati della magia, e il vanto della loro saggezza era svergognato.8Infatti quelli che promettevano di cacciare timori e inquietudini dall'anima malata, languivano essi stessi in un ridicolo timore.9Anche se nulla di spaventoso li atterriva, messi in agitazione al passare delle bestie e ai sibili dei rettili, morivano di tremore, rifiutando persino di guardare l'aria che in nessun modo si può evitare.10La malvagità condannata dalla propria testimonianza è qualcosa di vile e, oppressa dalla coscienza, aumenta sempre le difficoltà.11La paura infatti altro non è che l'abbandono degli aiuti della ragione;12quanto meno ci si affida nell'intimo a tali aiuti, tanto più grave è l'ignoranza della causa che provoca il tormento.13Ma essi, durante tale notte davvero impotente, uscita dagli antri del regno dei morti anch'esso impotente, mentre dormivano il medesimo sonno,14ora erano tormentati da fantasmi mostruosi, ora erano paralizzati, traditi dal coraggio, perché una paura improvvisa e inaspettata si era riversata su di loro.15Così chiunque, come caduto là dove si trovava, era custodito chiuso in un carcere senza sbarre:16agricoltore o pastore o lavoratore che fatica nel deserto, sorpreso, subiva l'ineluttabile destino, perché tutti erano legati dalla stessa catena di tenebre.17Il vento che sibila o canto melodioso di uccelli tra folti rami o suono cadenzato dell'acqua che scorre con forza o cupo fragore di rocce che precipitano18o corsa invisibile di animali imbizzarriti o urla di crudelissime belve ruggenti o eco rimbalzante dalle cavità dei monti, tutto li paralizzava riempiendoli di terrore.19Il mondo intero splendeva di luce smagliante e attendeva alle sue opere senza impedimento.20Soltanto su di loro si stendeva una notte profonda, immagine della tenebra che li avrebbe avvolti; ma essi erano a se stessi più gravosi delle tenebre.

_________________Note

17,1-20 Il testo racchiuso in 17,1-18,4 contiene la riflessione sulla piaga delle tenebre (Es 10,21-23). Al castigo delle tenebre viene contrapposto il beneficio della luce, mediante il quale Dio rende visibile la protezione accordata agli Ebrei.

17,2 lunga notte: simboleggia la condizione degli Egiziani, privi della luce della rivelazione di Dio. È anche immagine della condizione di peccato dell’empio (il giusto è, invece, nella luce).

17,10 coscienza (in greco syneidesis): il termine appare qui per la prima volta nella Bibbia greca; viene probabilmente dal linguaggio filosofico degli stoici.

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Approfondimenti


vv. 17,1-18,4. Il quinto dittico riprende la nona piaga egiziana delle tenebre (Es 10,21-23), opponendo le tenebre degli Egiziani (vv. 2-20) alla luce degli Ebrei (18,1-4). Tre inclusioni delimitano l'intero passo: «tenebre» (17,2b; 18,4a), «chiusi» (17,2c; 18,4c) e «senza legge (BC = iniqui) – legge» (17,2a; 18,4d). Mentre le prime due sottolineano l'oscurità che avvolge ed imprigiona gli Egiziani, l'ultima evidenzia positivamente il dono della legge rifiutato dagli Egiziani, ma accolto dagli Israeliti. Anche la contrapposizione fra le due parti è ben segnata: dopo un breve versetto introduttivo (v. 1), l'autore descrive anzitutto il castigo egiziano e significativamente una doppia inclusione evidenzia proprio in termini «tenebre» (vv. 2b.20bc) e «notte» (vv. 2b.20a) disposti in ordine chiastico. La controparte è costituita dai vv. 18, 1-4, caratterizzati da una nuova inclusione portante sul termine «luce» (vv. 1a.4ad). La descrizione della piaga delle tenebre nel racconto di Esodo è molto concisa (tre versetti appena!). Ciò permette al nostro autore di dare briglia alla sua fantasia creatrice e alle sue capacità letterarie. Certo lo stile è sovrabbondante e retorico, ma esso è al servizio di una teologia; l'arditezza delle metafore, il ricco pathos, la vivida descrizione del terrore che paralizza gli Egiziani, l'unità tra il piano fisico e quello spirituale, le ricche e numerose sottolineature psicologiche, tutto serve ad evidenziare il significato spirituale delle tenebre egiziane e della luce israelitica, cioè la condizione di peccato e la condizione di giustizia. Specialmente per quanto riguarda gli Egiziani è evidente l'enorme sforzo letterario dell'autore per descrivere e quasi far toccare con mano la realtà dell'empietà, una vera obnubilazione spirituale, che però non pareva tale ai suoi connazionali nel seducente ambiente alessandrino del I sec. a.C.

v. 2. In applicazione al principio di 11, 16, l'autore ci mostra che al progetto egiziano di dominare gli Israeliti fa riscontro, invece, la piaga delle tenebre; queste vengono costantemente rappresentate come delle catene che avvolgono inesorabilmente gli Egiziani (cfr. vv. 2b.16d.20bc; 18,4b). Il fallimento del tentativo egiziano sta nel fatto che Israele costituisce un popolo santo (cfr. Es 19,6), cioè un popolo che appartiene a Dio e sul quale faraone non può perciò accampare alcuna pretesa; gli Egiziani invece, in quanto «senza legge» (BC = «iniqui»), sono esclusi dalla provvidenza eterna, anticipazione dell'ade, dove infatti questa provvidenza cessa di esistere.

vv. 3-4. Lo Pseudo-Salomone propone ancora una seconda applicazione del principio di 11, 16: gli Egiziani sono persuasi di poter occultare i loro peccati nel segreto di una solidarietà piena di omertà; le tenebre invece li separano gli uni dagli altri (questo è il significato di «disperdere»), lasciandoli in balia di se stessi, dei loro spaventi e specialmente di lugubri fantasmi. Questi ultimi hanno soprattutto la funzione di ricordar loro precisamente quei peccati che essi volevano che rimanessero dimenticati (cfr. v. 3b).

vv. 5-6. In questa descrizione della piaga la notte acquista un rilievo particolare. Si tratta anzitutto di una notte lunga e cupa, impenetrabile ad ogni fuoco acceso dall'uomo v. 5a) e ad ogni luce astrale (v. 5bc); talvolta apparivano lampi potenti ed improvvisi, ma lungi dall'illuminare quella terribile oscurità, deformavano la realtà, fino a trastormarla in oggetti sinistri e ancor più paventabili.

vv. 7-9. L'isolamento degli Egiziani tocca pure le loro certezze culturali, giacché la scienza magica si trova impotente, anzi umiliata di fronte alla piaga. Lo Pseudo-Salomone allude ai maghi egiziani menzionati nel racconto di Esodo (Es 7,11-12.22; 8,3; 9,11), allargandone però la presenza anche alla piaga delle tenebre; egli vuole evidentemente polemizzare contro la pratica magica così diffusa nell'ambiente alessandrino. Con ironia l'autore ne condanna le false promesse, che invece di guarire fanno piombare in paure immotivate e ridicole. Ritorna infine la presenza ossessiva degli animali delle piaghe precedenti, che conduce gli Egiziani fino a una angoscia mortale.

v. 11. La definizione filosofica del timore come «rinunzia agli aiuti della ragione» (v. 11) presupporrebbe che quest'ultima abbia la capacità di controllo sulle passioni e sulle paure, secondo la linea di alcune scuole filosofiche, ad es. quella stoica; il nostro autore in realtà polemizza contro l'eccessiva fiducia nella ragione, mostrandone appunto i limiti, anzi l'impotenza. Soltanto la torah, come apparirà nella riflessione finale di 18,1-4, è la vera luce dell'uomo.

vv. 13-14. «essi»: sono ancora i maghi egiziani, che l'autore dipinge in preda ai medesimi fantasmi degli altri Egiziani (cfr. v. 4) e al medesimo sonno; quest'ultimo evoca soprattutto quell'immobilismo interiore paralizzante e pieno di paura, che li aveva spinti a rinunciare ad ogni soccorso della ragione e che già anticipava in loro la condizione esistenziale dell'ade (cfr. Gb 3,13; Ger 51,39.57). È percepibile l'ironia verso quelli che avevano preteso «di cacciare timori e inquietudini dall'anima malata» (cfr. v. 8)! «notte»: nuovi tratti vengono ad aggiungersi alla descrizione della notte (cfr. vv. 5-6): si tratta di una notte impotente e infernale. Essa non ha un potere assoluto sull'uomo, ma diventa strumento punitivo di Dio, che vuole colpire così l'arrogante sicurezza della magia egiziana proprio tramite un mezzo impotente! Il secondo tratto di questa notte è il suo carattere infernale. Gli inferi nell'ottica del libro della Sapienza rappresentano soprattutto il luogo della punizione definitiva degli empi (cfr. Sap 1, 12); questa notte egiziana perciò anticipa già e prefigura la notte escatologica, come apparirà esplicitamente al v. 20.

vv. 15-16. Contro ogni eventuale dubbio l'autore afferma che la piaga coinvolge tutto il paese, trasformandolo in un'immensa prigione, dove perciò porte e catenacci diventano utili.

vv. 17-18. I due versetti descrivono una serie di fatti naturali che, nonostante il loro carattere pacifico, paralizzano e terrorizzano gli Egiziani; è una lista artificiale che mira a raggiungere il numero sette e ad esprimere così il concetto di una totalità negativa. Queste tenebre non solo si ergono come un muro fra uomo e uomo, separando gli Egiziani gli uni dagli altri (cfr. v. 3c), ma li separano pure dalla natura, che cosi diventa a loro estranea e minacciosa.

vv. 19-20. In opposizione alla profonda tenebra egiziana emerge ora improvvisamente la luce, una luce ancora più vasta perché abbraccia tutto il mondo, e una luce che riconcilia uomo e natura tramite la serenità del lavoro. L'autore non menziona ancora gli Israeliti, perché tramiteil contrasto vuole aggiungere un ultimo tratto alla descrizione della tenebra. Questa infatti appare in tutta la sua tragica realtà: segno e anticipazione delle tenebre infernali e soprattutto terribile solitudine antropologica; è proprio quest'ultimo aspetto che definisce e caratterizza tragicamente gli inferi. Lo Pseudo-Salomone, che aveva già rilevato la separazione degli Egiziani fra loro (v. 3c) e con la natura (vv. 17-18), li mostra ora non solo isolati dagli altri popoli (v. 20a), ma perfino in dissidio interiore: l'amara coscienza del male commesso fa sentire la loro stessa esistenza come un orribile peso, più pesante delle stesse tenebre!

(cf. MICHELANGELO PRIOTTO, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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[filtri]sequenza senza copione oltre PM10 [diffusa in fasi] le cattedrali fissano la penitenza un diametro aerodinamico inferiore a] pari a circa un decimo del diametro la] parte scolpita una] minaccia la copre di limatura è sordo il quartetto impostano] gli accessi l'organista invita a prendere posto se piove fuori] permettono un ritardo le] cartucce segnate fa diesis l'attacco] [previsto


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[robot, Nanaki, Benni, Busi e la schiena che fa malissimo]

Elettra ha comprato questo robot che gira per le stanze e fa da aspirapolvere e lavaggio, scansisce tutto, crea una mappa della casa, parla (anche se non capisco bene quello che dice) quando ha finito va nella sua basetta e si autoricarica e noi – tecnologici ma ormai adulti – la prima volta abbiamo fatto partire il robot e poi siamo usciti per farci un giro e tornare con la casa pulita ah ah ah, certo, credeteci, la verità è che lo abbiamo fatto partire e siamo stati appollaiati come scimmie sui divani, sugli scalini, sul tavolo a vedere robot che per un'ora si è messo lì a pulire tutto, eravamo come sempre curiosissimi e feroci, hai visto amore ora sta lavando, ma è incredibile amore, si è allineato da solo con la basetta di autoricarica, manco Matt Damon in Interstellar ce l'aveva fatta uguale, guarda ora sta facendo la seconda passata, amore qua sul cellulare sta creando la mappa di casa nostra in tempo reale, insomma, meglio del cinema, anche se non avesse pulito niente saremmo stati soddisfatti, specie quando è arrivata la gatta.

La nostra gatta è la gatta di secondogenito, è piccola, fisicamente intendo, si chiama Nanaki e mi è parzialmente simpatica, cioè, mi è simpatica ma mi ha pisciato sulla tastiera meccanica, il che ha creato come una frattura fra di noi, nel mio personale nirvana, anzi nella mia personale cosmologia di dei e esseri immondi il gatto, lovecraftivamente, è piuttosto in alto, ma molto molto più in basso di una tastiera meccanica, anche con meccanica brown che non è la mia preferita, voi dovete sapere che io passo molto del mio tempo libero, preferisco non dirvi quanto, ad ascoltare su youtube ragazze (o ragazzi con unghie molto strane, non si vedono mai in volto) che battono su tastiere meccaniche creamy, creamy significa che hanno un suono molto biscottoso, paffutello e intimo, questo per dire come il solo fatto che un gatto pisci sopra una tastiera meccanica per me fa perdere un sacco di punti karma al gatto in questione che domani – btw – porterò dal meccanico dei gatti.

Il punto è che Nanaki mi è simpatica perché ha carattere, quando le parlo mi risponde con atteggiamento di sfida, quando le dico di fare qualcosa – in genere – mi ringhia contro come se fosse un cane, però poi la fa – molto diverso dai figli che non ringhiano e dicono 'un attimo' e poi non la fanno, che temo sia qualcosa che hanno preso dal padre, lo stronzo – il fatto che ringhi mi fa ridere e anche il fatto che mi risponda quando le parlo, comunque: il primo incontro tra Nanaki e il robot sembrava un film, poteva tranquillamente finire in qualche raccolta di “memes I found on reddit” o “vines I watch when I'm sad”, con tutto il rispetto signore, il gatto seguiva il robot, poi il robot seguiva il gatto, ho avuto più volte il terrore che Nanaki poi pisciasse su Robot mentre questo era in ricarica ma per ora no, solo scarpe, sacche di tela e tastiere meccaniche logitech fanno parte della sua lettiera distribuita.

Tutto questo lo sto scrivendo con il mio portatilino e-ink a colori e la sua tastierina non-meccanica tutta ploccosa che – ok è una merdetta – ma non mi dispiace affatto scriverci, e lo schermo che non manda luce – ragazzi – oggi ho acceso il desktop per cercare un file per il notaio e pensavo ma come ho potuto, ma come ho potuto usare per anni e anni uno schermo che manda luce, è sempre così, quando passi a una tecnologia migliore poi diventi un maledetto estremista della bellezza tecnologica, comunque, sto scrivendo queste cose perché oggi è morto Benni e io sono rimasto un po' così, non lo leggevo da anni, ho un ricordo anche dell'ultimo libro che ho letto di Benni, in pratica ero andato nella casa di uno che conoscevo appena, della Genova bene, per motivi diciamo così, sentimentali, entro in questa casa che puzzava di soldi e il tipo ci fa entrare nella camera dove ci sono già gli altri, gli amici, e in pratica sono tutti sfracellati su sedie e divani che dormono, questo in pieno pomeriggio e io intuisco che sono sfatti di canne e quindi io passo un intero pomeriggio in questa casa piena di figli di papà che dormono e prendo da un tavolinetto La compagnia dei celestini, che tanto volevo leggerlo, e in pratica me ne faccio fuori metà mentre dentro di me ruggisco, non tanto perché non mi hanno offerto la canna, perché l'avrei rifiutata, non perché io sia contro le droghe eh, ma perché sono già fuori di testa standard, sono come Obelix, sono caduto da piccolo nel pentolone dell'irrazionale e quindi la cannabis ha sempre avuto pochissimo appeal nella mia testa, ma perché

Sto divagando. La compagnia dei celestini è l'ultimo romanzo di Benni che ho letto perché ricordo che la prima metà mi era piaciuta tantissimo, dicevo, cazzo come è bravo, cazzo, e la seconda metà mi aveva completamente deluso, dicevo, ma che cazzo, hai rovinato tutto, ma come hai potuto, sono passati tantissimi anni, non so se davvero fosse così male, ma lo è stato per me a quell'epoca che ero un ragazzino che usciva con la ragazzina sbagliata bwt, e poi Benni è invecchiato e le cose che scriveva non le ho lette, entravo da Feltrinelli, sfogliavo il romanzo nuovo e non scattava la scintilla, non si può leggere tutto, Benni è invecchiato ma mi ha lasciato dentro una scheggia della sua scrittura, comunque, scrivere dopo una certa età il problema è la schiena, non dico Benni, ma io qua che sto scrivendo questo post, ho la schiena a pezzi, a pezzi, non avete idea e manco mi pagano per questo post, infatti lo scrivo un po' come mi pare, comunque

comunque la prima cosa che ho pensato quando ho letto che Benni era morto è stata, chissà come sta Busi (toccati Busi) (no, non intendevo lì) perché – sempre nell'adolescenza – che poi, adolescenza, in realtà andavo già all'università, per Busi dico, Benni prima, al liceo, una che conoscevo mi aveva detto, ho letto il tuo racconto, ma sai che scrivi come Benni? e io avevo pensato, ma chi cazzo è questo Benni e quindi mi ero comprato Baol, che mi aveva colpito molto e mi aveva anche rassicurato perché non scrivevo per niente come Benni, per sua fortuna, comunque Busi anche un altro che in un certo momento sembrava essere tutto, come la pietra, c'è stato questo periodo in cui gli scrittori sembravano un po' come delle popstar, si parlavano anche male dietro, Busi diceva cose terribili su Benni e su chiunque non fosse Busi in genere, poi Pennac, la Allende, Garcia Marquez, c'erano questi nomi che sfavillavano sulla patinata e la F di Feltrinelli che era un attimo pensare a Cuore, alle sue pagine verdi, e che avremmo avuto un futuro pieno di sensibilità, romanticismo, comunismo e passione.

Bastardi.

L'enshittification è arrivata prima della tecnologia, prima del digitale, è arrivata nel nostro immaginario. Anni e anni a guardare la sinistra della Dandini per quei programmi scuri e bui dove ti strizzavano l'occhio con la promessa che si stava cambiando il mondo, tutti assieme, si stava facendo resistenza e guarda adesso, girati dai, stacca gli occhi dal quel cellulare, dal portatile, staccati e girati e guardati attorno, li hai visti, sono tutti lì, tutti connessi a muovere le dita come me e te, tutti a fare prodotto, a spingere la pala circolare del consumo, la schiena, che dolore la schiena, ci rammaricheremo, ecco cosa pensavo oggi, ci rammaricheremo della nostra umanità in fondo, di non aver saputo appassionarci, io almeno, voi che ne so in effetti, mi rammaricherò, l'ho già fatto, di essere sempre stato pieno di etichette adesive, sui vestiti sulla faccia sull'addome con tutti i miei bei distinguo, ecco, mi rammaricherò di non aver amato con più passione le cose che avevo attorno, di non aver speso del tempo, di non essermi poi in definitiva mai e mai e mai appassionato a niente, interessato, curioso, anche a livello anatomico, ad aprire le cose per vedere come erano fatte, ma appassionato proprio mai per niente, così, mi rammaricherò per quanto? – facciamo due minuti, due minuti e mezzo – poi spegnerò la mia sigaretta (è solo un cliché, non fumo), guarderò la skyline della città, la notte che ha preso spazio nell'atmosfera e osserverò l'enorme ologramma azzurro della Meloni che mi dice, amami ma prima versa il tuo otto per mille a questo partito che ci ho pure messo sei/sette secondo a ricordarmi come si chiamava.


noblogo.org/fabriziovenerandi/…




NOVITÀ DI MARTEDÌ 17/6/25.


NARRATIVA:

  • IN GUERRA E IN AMORE di Ildefonso Falcones (Longanesi). Romanzo storico ambientato nel 1442 a Napoli, denso di intrighi di palazzo, seduzioni e complotti, dall'autore de LA CATTEDRALE DEL MARE. Per saperne di più: scheda libro.
  • EFFETTO JANE AUSTEN di Federica Brunini (Feltrinelli). Amelia, una disillusa fotoreporter dalla grande esperienza, accetta per una rivista l'incarico di scoprire quali sono le ragioni alle radici del successo di Jane Austen, ancora letta e apprezzata da generazioni di lettori e lettrici. Nello Hampshire scoprirà, attraverso i libri della scrittrice inglese e l'incontro con una diciassettenne appassionata, un nuovo modo di concepire la propria visione della vita. Per saperne di più: scheda libro.

NOIR, GIALLI E THRILLER:

  • UN CADAVERE IN CUCINA di Giancarlo De Cataldo (Einaudi). La storia prende avvio da un'intossicazione alimentare da psilocibina (sostanza presente nei funghetti allucinogeni) in un locale pluristellato di Roma. Uno dei clienti, però, ci lascia la pelle, e quando i morti diventano due, ecco che è chiamato a indagare Manrico Spinori, con la sua squadra. Per saperne di più: scheda libro.
  • LA STAGIONE DELLE OMBRE di Yokoyama Hideo (Mondadori). Alla fine degli anni '90, a Tokyo, una serie di indagini mette sottosopra la polizia della prefettura D. Futawatari. Nel frattempo, altri scandali colpiscono il dipartimento: vendette, intrighi, ambizioni di potere e sparizioni misteriose agitano gli investigatori, in un romanzo che mette a fuoco le relazioni e l'etica nel mondo della polizia giapponese. Per saperne di più: scheda libro.
  • BUGIE PERFETTE di Alafair Burke (Piemme). Tre amiche inseparabili trascorrono una serata di follie e lusso sfrenato in compagnia di due sconosciuti, ma le cose si mettono male, e nel trio di amiche cominciano a serpeggiare sospetti e segreti. Per saperne di più: scheda libro.
  • LE REGOLE DI LONDRA di Mick Herron (Feltrinelli). Un giallo di spionaggio della serie di Jackson Lamb. Il capo dell'Intelligence inglese è sotto pressione: oltre ai politici populisti, agli attacchi terroristici, all'arrivismo della sua vice e agli attacchi concentrici che deve subire dalla stampa, ci si mette anche Jackson Lamb con i suoi agenti... Per saperne di più: scheda libro.
  • ZUCCHERO SULLE OSSA di Joe Lansdale (Einaudi). Nuova indagine di Hap & Leonard. I due investigatori sembra che si siano sistemati (Hap si è anche sposato), ma non hanno finito di ficcare il naso negli affari altrui, specie se la brutta faccenda riguarda una persona che aveva chiesto loro aiuto, prima di finire incenerita in un incendio. Per saperne di più: scheda libro.

SAGGISTICA:

  • BRUTTO COME IL PECCATO di Alberto Maggi (Garzanti). Sottotitolo: Perché a farci belli è l'amore. Basandosi sul messaggio evangelico, Alberto Maggi scrive una serie di riflessioni sulla fede e sull'importanza di una vita vissuta in modo autentico, grazie al ritorno alla semplicità e alla sincerità del messaggio di Gesù. Per saperne di più: scheda libro.
  • IL SOGNO di Roberto Benigni e Michele Ballerin (Einaudi). Il 19 marzo 2025, Roberto Benigni tenne un monologo sull'idea di Europa come casa comune e speranza di pace, in diretta su Rai 1 e in Eurovisione. In questo libro è riportato il testo del monologo, ampliato e integrato da riflessioni e aneddoti. Per saperne di più: scheda libro.
  • COME E COSA CUCINARE CON LA FRIGGITRICE AD ARIA di Rita Aprile (Gribaudo). Molto facile: un libro di ricette di tutti i tipi e per tutte le stagioni, che esplora l'uso di un elettrodomestico ormai diffuso ovunque. Per saperne di più: scheda libro.
  • NEL DUBBIO, SCRIVI di Gianluca Morozzi (Mondadori Electa). Un manuale per aspiranti scrittori, con consigli e suggerimenti per superare paralizzanti blocchi e trovare nuove idee. Per saperne di più: scheda libro.
  • SPAGNOLO-ITALIANO (Gribaudo). Dizionario illustrato di spagnolo, con tante sezioni: il lavoro, i viaggi, la vita di tutti i giorni, eccetera. Anche questo, come tutti i moderni corsi di lingue, contiene una sezione audio digitale. Per saperne di più: scheda libro.
  • IL REATO DI PENSARE di Paolo Crepet (Mondadori). Un saggio sulla libertà di espressione, sul conformismo, sul pensiero critico e sulla rivalutazione dell'errore e dell'imperfezione come opportunità di crescita. Per saperne di più: scheda libro.
  • QUIZ PER VERI AMANTI DEI LIBRI DA RISOLVERE MENTRE FAI LA CACCA di Arthur Lost (Newton Compton). Riecco i famosi libri di quiz ed enigmistica espressamente pensati da tenere nel bagno, e risolvere durante i “tempi morti”. Questo in particolare è dedicato a chi ama i libri e la letteratura di ogni genere, sia italiana che internazionale. Per saperne di più: scheda libro.
  • VERSO LA LIBERTÀ CON UN BAGAGLIO LEGGERO di Franco Faggiani (Aboca). Sottotitolo: Andare per sentieri, viottoli e strade di campagna. Una serie di riflessioni e pensieri, il cui filo conduttore è il percorso delle antiche vie, con le sue sensazioni ed emozioni. Un libro corredato da 50 fotografie dell'autore, viandante “per scelta e per necessità”. Per saperne di più: scheda libro.

INFANZIA E RAGAZZI:

  • MITI E LEGGENDE DELLE MONTAGNE ITALIANE di Martina Forti, illustrazioni di Silvia Forzani (Gribaudo). Un libro per scoprire il nostro paese attraverso i miti di alta quota: le nostre montagne infatti, dalle Alpi alla Sicilia, sono teatro di leggende, favole e storie mitiche, piene di creature magiche e luoghi incantati. Età di lettura: dai 7 anni. Per saperne di più: scheda libro.

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Interpol - El Pintor (2014)


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Segnali di vita in casa Interpol, che con l’ultimo e omonimo album, sembravano diretti verso una necrosi creativa da cui non pareva esservi ritorno. C’era bisogno di lasciare ad ognuno il tempo di ripensarsi come artista, di dedicarsi a progetti solisti per tornare con un album che sapesse aggiornare una formula logora. Un cosa che nessuno dei campioni dell’indie rock dello scorso decennio ha saputo fare in modo convincente... artesuono.blogspot.com/2014/09…


Ascolta il disco: album.link/i/1690921046



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Interpol - El Pintor (2014)


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Segnali di vita in casa Interpol, che con l’ultimo e omonimo album, sembravano diretti verso una necrosi creativa da cui non pareva esservi ritorno. C’era bisogno di lasciare ad ognuno il tempo di ripensarsi come artista, di dedicarsi a progetti solisti per tornare con un album che sapesse aggiornare una formula logora. Un cosa che nessuno dei campioni dell’indie rock dello scorso decennio ha saputo fare in modo convincente... artesuono.blogspot.com/2014/09…


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SPERDIMENTO

silenzio-ombelico di luce - affondo in vertigini di cielo

... unforgettable... le uve dei suoi occhi ad addolcire il sangue

(sperdimento il tempo che si sfoglia e squama questo cuore di paglia) .

Riflessione su “SPERDIMENTO”


Il tuo testo è una gemma lirica che vibra tra visione cosmica e intimità sensoriale. Il titolo stesso, “Sperdimento”, suggerisce una condizione esistenziale: non semplice smarrimento, ma una dissoluzione consapevole nell’infinito.


Temi e immagini


  • Silenzio-ombelico di luce
    Un ossimoro potente: il silenzio come origine, centro pulsante da cui si irradia la luce. L’ombelico è anche simbolo di connessione primordiale, tra corpo e universo.
  • Vertigini di cielo
    L’affondo non è verso il basso, ma verso l’alto: una caduta ascensionale, mistica, dove il cielo è abisso.
  • Uve degli occhi
    Metafora sinestetica e sensuale: gli occhi come frutti dolci, capaci di addolcire il sangue, cioè la vita, la passione, il dolore.
  • Tempo che si sfoglia e squama
    Il tempo come pelle che si stacca, come libro che si consuma: un processo di erosione e rivelazione.
  • Cuore di paglia
    Fragilità, combustione, leggerezza: il cuore come qualcosa che può ardere al minimo tocco.

Struttura e ritmo


  • Versi brevi, sospesi, che evocano il respiro trattenuto di un sogno o di una visione.
  • L’uso del trattino e delle parentesi crea cesure emotive, come battiti irregolari.
  • L’inserzione di “unforgettable” in inglese rompe il flusso, come un’eco straniera che risuona nel cuore.

noblogo.org/norise-3-letture-a…



SAPIENZA - Capitolo 16


Le creature come castigo e beneficio: le quaglie1Per questo furono giustamente puniti con esseri simili e torturati con una moltitudine di bestie.2Invece di tale castigo, tu beneficasti il tuo popolo; per appagarne il forte appetito gli preparasti come cibo quaglie dal gusto insolito,3perché quelli che desideravano cibo, a causa del ribrezzo per gli animali inviati contro di loro, perdessero anche l'istinto della fame, mentre questi, rimasti privi di cibo per un breve periodo, provassero un gusto insolito.4Era necessario che su quei tiranni si abbattesse una carestia implacabile e a questi si mostrasse soltanto come erano tormentati i loro nemici.

Serpenti, cavallette, mosconi5Quando infatti li assalì il terribile furore delle bestie e venivano distrutti per i morsi di serpenti sinuosi, la tua collera non durò sino alla fine.6Per correzione furono turbati per breve tempo, ed ebbero un segno di salvezza a ricordo del precetto della tua legge.7Infatti chi si volgeva a guardarlo era salvato non per mezzo dell'oggetto che vedeva, ma da te, salvatore di tutti.8Anche in tal modo hai persuaso i nostri nemici che sei tu colui che libera da ogni male.9Essi infatti furono uccisi dai morsi di cavallette e mosconi, né si trovò un rimedio per la loro vita, meritando di essere puniti con tali mezzi.10Invece contro i tuoi figli neppure i denti di serpenti velenosi prevalsero, perché la tua misericordia venne loro incontro e li guarì.11Perché ricordassero le tue parole, venivano feriti ed erano subito guariti, per timore che, caduti in un profondo oblio, fossero esclusi dai tuoi benefici.12Non li guarì né un'erba né un unguento, ma la tua parola, o Signore, che tutto risana.13Tu infatti hai potere sulla vita e sulla morte, conduci alle porte del regno dei morti e fai risalire.14L'uomo uccide con la sua malvagità, ma non può far ritornare uno spirito che se n'è andato, né libera un'anima già accolta nel regno dei morti.

La grandine e la pioggia15È impossibile sfuggire alla tua mano:16perciò gli empi, che rifiutavano di conoscerti, furono fustigati dalla forza del tuo braccio, perseguitati da piogge strane, da grandine, da acquazzoni travolgenti, e consumati dal fuoco.17E, cosa più sorprendente, nell'acqua che tutto spegne il fuoco prendeva sempre più forza, perché alleato dei giusti è l'universo.18Talvolta la fiamma si attenuava per non bruciare gli animali inviati contro gli empi e per far loro comprendere a tale vista che erano incalzati dal giudizio di Dio.19Altre volte, anche in mezzo all'acqua, la fiamma bruciava oltre la potenza del fuoco per distruggere i germogli di una terra iniqua.

La manna20Invece hai sfamato il tuo popolo con il cibo degli angeli, dal cielo hai offerto loro un pane pronto senza fatica, capace di procurare ogni delizia e soddisfare ogni gusto.21Questo tuo alimento manifestava la tua dolcezza verso i figli, si adattava al gusto di chi ne mangiava, si trasformava in ciò che ognuno desiderava.

Neve, acqua e fuoco22Neve e ghiaccio resistevano al fuoco e non si fondevano, perché sapessero che il fuoco, che ardeva nella grandine e lampeggiava nelle piogge, distruggeva i frutti dei nemici;23al contrario, perché i giusti si nutrissero, dimenticava perfino la propria forza.24La creazione infatti, obbedendo a te che l'hai fatta, si irrigidisce per punire gli ingiusti e si addolcisce a favore di quelli che confidano in te.25Per questo anche allora, adattandosi a tutto, era al servizio del tuo dono che nutre tutti, secondo il desiderio di chi ti pregava,26perché i tuoi figli, che hai amato, o Signore, imparassero che non le diverse specie di frutti nutrono l'uomo, ma la tua parola tiene in vita coloro che credono in te.27Ciò che infatti non era stato distrutto dal fuoco si scioglieva appena scaldato da un breve raggio di sole,28perché fosse noto che si deve prevenire il sole per renderti grazie e incontrarti al sorgere della luce,29poiché la speranza dell'ingrato si scioglierà come brina invernale e si disperderà come un'acqua inutilizzabile.

_________________Note

16,1-4 Gli Egiziani sono puniti da una grave carestia, causata dall’invio di animali nauseanti (forse vi è un’allusione alla piaga delle rane, Es 7,28-29); gli Ebrei invece sono saziati mediante l’invio di quaglie (Es 16,9-13). Ciò che si dimostrò castigo per gli Egiziani, fu un beneficio per Israele.

16,5-14 Nel deserto anche gli Israeliti furono puniti con l’invio di serpenti velenosi, a motivo della loro contestazione nei confronti di Mosè (Nm 21,6), ma poi il serpente di bronzo innalzato da Mosè fu salvezza per loro (Nm 21,8-9). Agli Egiziani non fu concesso un rimedio simile, e caddero sotto la fitta invasione di cavallette e mosconi (Es 8,16-20; 10,15). Gli episodi narrati nel libro dell’Esodo vengono esposti dall’autore con grande libertà e in forme iperboliche.

16,15-19 Gli elementi atmosferici (pioggia, grandine, acquazzoni, fuoco) diventano strumenti di punizione per gli Egiziani, che hanno rifiutato di riconoscere Dio e la potenza prodigiosa della sua azione. L’autore si riferisce al testo di Es 9,13-35.

16,20-21 I giusti ottengono dal Signore un cibo speciale, cibo degli angeli: la manna (v. 20). L’autore offre del testo di Es 16 una lettura spirituale, che il NT farà propria (Gv 6,32-33.49-51).

16,26 Vedi Dt 8,3.

16,28 si deve prevenire il sole: allusione alla preghiera del mattino; ad essa, che costituisce la prima delle tre preghiere liturgiche quotidiane dell’ebraismo, invitano più volte i Salmi (vedi Sal 5,4; 88,14).

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Approfondimenti


vv. 1-4. La breve unità, determinata dall'inclusione «furon tormentati»— «erano tormentati» (vv. 1b.4d), è fortemente caratterizzata dalla contrapposizione Egiziani-Ebrei (vv. 1.2a; 3a.3d; 4a,4c). Questa triplice contrapposizione segue una progressiva determinazione: affermazione generale della punizione egiziana; ripugnanza per gli animali e perdita dell'appetito; conseguente carestia. Così per quanto concerne gli Ebrei: affermazione generale del beneficio accordato al popolo santo e sua specificazione nel cibo delle quaglie; squisitezza di questo cibo; presa di coscienza del beneficio ottenuto.

v. 1. «giustamente..»: l'avverbio, che assieme al corrispondente aggettivo definisce in Sapienza sempre (con l'eccezione di 13,15) il giudizio circa la sorte dei giusti (3,5; 6,16; 7,15; 9,12; 12,7) e degli empi (1,16; 12,26; 15,6; 16,9; 18,4; 19,4), esprime la profonda convinzione dell'autore circa la verità e la giustizia del giudizio divino, convinzione ora pienamente motivata dalle due lunghe digressioni precedenti. «numerose bestiole»: seguendo l'ordine del racconto di Esodo, si alluderebbe alla piaga delle rane (Es 7,26-8,11), tuttavia il termine greco ha una portata più ampia e designa in generale le bestie che mordono, cioè le bestie selvagge; così è possibile che il nostro autore alluda non solo alla piaga delle rane, ma anche alle altre piaghe (cfr. Es 8,12-28; 10,1-20).

vv. 2-4. Il riferimento è chiaramente all'episodio delle quaglie (cfr. Es 16,13; Nm 11,31-32), ma l'autore oltrepassa il semplice piano storico tramite una forte idealizzazione; passa intatti sotto silenzio le mormorazioni del popolo (cfr. Es 16,2-3.7-9.12) e l'ira punitrice di Dio (Nm 11,33-34); sottolinea come sia Dio stesso a preparare il cibo al suo popolo, quasi come a un ospite di riguardo; e se il testo biblico mostrava la brama di carne da parte di Israele (Es 16,3; Nm 11,4), qui si evidenzia il gusto squisito di questo cibo donato da Dio.

vv. 5-14. Ma non subirono anche gli Israeliti una piaga di serpenti nel deserto? (cfr. Nm 21,4-9)? A questa possibile obiezione pare voglia rispondere il nostro autore con il terzo dittico, nel quale infatti mostra il profondo significato pedagogico e salvifico di tale episodio. Punto di partenza è l'episodio biblico del serpente di bronzo (Nm 21,4-9), ma fortemente reinterpretato; lo Pseudo-Salomone infatti passa sotto silenzio numerosi elementi, come le mormorazioni del popolo, l'intercessione di Mosè, l'innalzamento del serpente di bronzo, per evidenziare invece con vigore e ripetutamente questo messaggio teologico: la salvezza proviene unicamente da Dio. L'unità è articolata in due serie di tre membri ciascuna in parallelo fra loro: a) 5-6; b) 7-8; c) 9-10; a) 11; b') 12; c) 13-14. Il parallelismo a-a' ha come tema il valore pedagogico dell'azione divina; i secondi due membri (b-b') sottolineano con forza il tema di Dio unico salvatore; per quanto riguarda gli ultimi due membri (c-c) l'opposta sorte degli Egiziani e degli Ebrei trova la sua vera ragione nell'opposizione fra Dio, detentore del potere sulla vita e sulla morte, e l'uomo che di tale potere è privo.

vv. 5-6. «i decreti della tua legge»: indicano qui la legge data da Dio, cioè la torah; essa costituisce il segno dell'alleanza tra Dio e il popolo e per quest'ultimo un impegno concreto all'osservanza dei singoli comandamenti. E alla luce del carattere educativo dell'azione di Dio che l'autore interpreta il serpente di bronzo definendolo «pegno di salvezza». Già nel racconto di Numeri lo sguardo al serpente di bronzo era soltanto la condizione per la liberazione dalla calamità. Qui, in quanto pegno di salvezza, esso diventa veramente il segno nel quale gli Israeliti possono riconoscere concretamente l'azione salvifica di Dio. E proprio a questo riconoscimento che mira l'azione pedagogica divina!

vv. 7-8. L'espressione «chi si volgeva a guardarlo» oltrepassa il semplice movimento fisico, per descrivere soprattutto la conversione dell'uomo a Dio; tramite un forte contrasto (v. 7ab), infatti, l'autore sottolinea che la salvezza di Israele proviene unicamente da Dio. Due espressioni caratterizzano questa realtà salvifica divina allargando l'orizzonte dal semplice piano storico dell'episodio di Numeri a quello universale: «salvatore di tutti» (v. 7c), e «che libera da ogni male» (v. 8b). La prima riprende un titolo ben noto nell'ambiente ellenistico, che qualificava dei e sovrani come donatori universali di pace e di benessere, ed applicava questa realtà a Dio soltanto; oggetto della sua salvezza sono non solo gli israeliti, ma tutti gli uomini (cfr. Sap 11,23). La seconda espressione estende questa salvezza ad ogni genere di mali e di pericoli, senza esclusione di sorta, come ben mostra l'intero libro della Sapienza, dove il verbo «liberare», costituisce un “leitmotiv” dell'azione di Dio e della sua Sapienza (cfr. 2,18; 10,6.9.13.15; 19,9).

vv. 9-10. Il v. 9 allude ala piaga dei tafani (Es 8,16-28) e a quella delle cavallette (Es 10,1-20), con una tendenza però ad accentuarne il carattere letale, così come fanno sia Filone che Giuseppe Flavio. La stessa personificazione della misericordia divina intende attirare l'attenzione del lettore su questo attributo divino, mostrandolo direttamente all'opera come donatore di salvezza. Siamo qui nel cuore del messaggio biblico, che attribuisce proprio alla misericordia divina l'opera salvifica (cfr. ad es. Sal 57,4-8; 78,38; Is 54,8); e non aveva già lo Pseudo-Salomone definito Dio come Signore di misericordia (9,1)?

v. 12. Ciò che nei vv. 7-8 si diceva di Dio, viene ora attribuito alla sua parola (con la ripresa dell'aggettivo «tutto»!); come già Sal 107, 20, così anche il nostro testo attribuisce la salvezza alla parola stessa. Lungi dal voler offrire una semplice personificazione letteraria, l'autore evidenzia con forza il modo concreto con cui Dio veicola la sua salvezza, tramite cioè una parola efficace, radicalmente diversa dalla parola umana, e presente in Israele.

vv. 13-14. Il v. 13 tramite l'uso di espressioni polari disposte in ordine chiastico («vita-morte»; «conduci giù-fai risalire») fonda l'affermazione del v. 12b: la parola di Dio ha il potere di guarire perché egli è il signore della vita e della morte. Queste espressioni, che provengono dalla tradizione biblica (Dt 32, 39; 1 Sam 2, 6; Tb 13, 2), alludono non solo alla salvezza operata da Dio da un terribile pericolo di morte, ma vogliono specialmente affermare il suo assoluto potere sulla vita e sulla morte, come si deduce dal v. 14, che proprio sulla privazione di un tale potere fonda la radicale differenza tra uomo e Dio.

vv. 15-29. Questo dittico occupa il centro del grande affresco che oppone Egiziani ed Ebrei; non sorprende perciò la sua importanza teologica. La contrapposizione verte sugli elementi atmosferici: da un lato piogge e grandine distruggono il raccolto degli Egiziani (vv. 16-19), dall'altro la manna sfama miracolosamente il popolo ebreo (vv. 20-23). Si tratta di due brevi unità che chiariscono sì la straordinarietà dei fenomeni naturali (vv. 18b.19c.23a), ma che soprattutto sottolineano l'intento educativo divino volto a suscitare una presa di coscienza in entrambe le parti (cfr. «per far loro comprendere»: v. 18c; «perché riconoscessero»: v. 22b). Ed è ancora in funzione di questo intento divino che alle due precedenti unità fa seguito la riflessione dei vv. 24-29; essa è incentrata, infatti, sulla proposizione finale del v. 26, che proclama esplicitamente la necessità imprescindibile di andare oltre il piano esteriore della storia, per coglierne il significato interiore. Così lungo tutto il dittico notiamo una costante: agli empi che rifiutano questa comprensione interiore (v. 16a), Dio risponde con la piaga, perché comprendano (v. 18c); a questa comprensione sono pure chiamati i giusti tramite il risvolto positivo della piaga (v. 22b); questa comprensione infine si svela come fede nella parola di Dio, vero ed indispensabile cibo dell'uomo (v. 26).

vv. 16-19. «gli empi»: sono gli Egiziani, la cui empietà viene subito caratterizzata come ostinato rifiuto a «riconoscere» JHWH (v. 16a), cioè a riconoscere nelle piaghe la sua presenza e la sua opera. In conseguenza essi abitano una «terra iniqua», cioè una terra abitata e coltivata da gente iniqua; così la terra stessa partecipa in qualche modo al peccato degli Egiziani. È dunque questa realtà di ostinato peccato che sta dietro tutta la piaga e che ne costituisce la motivazione profonda. La “piaga” qui evocata è quella della grandine (cfr. Es 9,13-35), però con alcune sottolineature proprie dell'autore. Tramite tre espressioni («strane piogge- grandine – acquazzoni travolgenti: vv. 16cd) egli evidenzia anzitutto la pioggia, che nel racconto di Esodo costituisce un elemento secondario (cfr. 9,33-34); la successiva menzione del fuoco (v. 16d) si appoggia Es 9,23.24, ma ad esso viene attribuito un ruolo assai più importante; è questo fuoco, infatti, che divora gli empi e non la grandine, come nel racconto della piaga egiziana (cfr. Es 9,19.25). Non solo acqua e fuoco coesistono una accanto all'altro senza distruggersi a vicenda, ma perfino cooperano; questo superamento delle leggi elementari della natura permette così all'autore di indicare il vero motivo di tutto questo e cioè che «l'universo si fa alleato dei giusti» (v. 17c).

vv. 20-23. La controparte positiva della grandine e della folgore è la manna, perché anch'essa viene dal cielo (cfr. Es 16,4; Sal 78,24; 105,40). Essa non è mai citata per nome; in compenso viene descritta a lungo in ben otto emistichi (vv. 20-22a) e con un vocabolario ricco di simbolismo e di teologia, che rivela il grande interesse dell'autore. Questi attinge non solo alla riflessione biblica (Es 16,1-36; Nm 11,6-9; 8,2-4.16; 5,12; Ne 9,15.20; Sal 78,23-25; 105,40), ma anche ala abbondante tradizione giudaica.

v. 20. Diversamente dal testo di Esodo che allude a una preparazione (cfr. Es 16,5.23), si tratta qui di un pane già pronto, che l'uomo ha solo da mangiare; è Dio infatti che l'ha preparato «senza fatica», a differenza di quanto avviene per il pane umano, che esige lavoro e fatica. Circa il sapore della manna il testo biblico la assimila a quello di una focaccia con miele (Es 16, 31) o a quello di pasta all'olio (Nm 11, 8); ma vi si ricorda anche il senso di nausea e di monotonia che gli Israeliti finirono per avere (Nm 11,4-6); in confronto, il nostro testo descrive una manna virtualmente ricca di ogni sapore, capace di soddisfare tutti i gusti, anzi a servizio del desiderio di ognuno (vv. 20c.21cd)! Lo Pseudo-Salomone attinge qui alla ricca tradizione esegetica giudaica, che attribuiva a questo cibo caratteristiche meravigliose e uniche.

v. 21. Ispirandosi verosimilmente a Es 16,31 e a Nm 11,8 lo Pseudo-Salomone vede nella manna un segno della «dolcezza» divina verso Israele. E la prima volta che nella Bibbia si parla della dolcezza di Dio, tema che avrà successo nella mistica cristiana; l'appellativo «i tuoi figli» precisa ancora che si tratta di una dolcezza di padre.

vv. 22-23. «neve e ghiaccio»: partendo da Es 16,14, che assimila la manna alla brina, e dalla versione greca di Nm 11,7, che paragona la manna al ghiaccio, il nostro autore suo definire questo cibo celeste come neve e ghiaccio. L'audacia dell'espressione è dovuta al fatto che gli serve un elemento di contrasto col fuoco per mostrare la totale dipendenza degli elementi naturali dalla volontà divina.

v. 24. I verbi «irrigidirsi» e «allentarsi» (BC = «addolcirsi») possono far pensare alla metafora dell'arco teso o allentato, segno di castigo o di beneficio, dove Dio è il guerriero e la creazione l'arco; ma questi due verbi appartengono pure al vocabolario della fisica stoica, secondo cui la concentrazione d'energia (irrigidirsi) assicura la stabilità di una sostanza e delle sue proprietà, mentre l'allentamento d'energia permette a una sostanza di subire l'azione di altre sostanze e di altre proprietà. E possibile dunque che qui lo Pseudo-Salomone pensi ancora alla piaga, dove appunto il fuoco si irrigidiva per resistere all'azione contraria dell'acqua ed accrescere così la propria energia, e la manna s'addolciva per arricchirsi delle proprietà più svariate.

v. 26. È la punta dell'intero dittico, dove l'intento pedagogico di Dio non vuole semplicemente far capire agli Egiziani e agli Israeliti che dietro le piaghe è lui stesso che opera (vv. 18cd.22bcd), bensì soprattutto specificare che, al di là dei vari segni, questa presenza si realizza concretamente nella parola! L'autore, riprendendo la nota riflessione di Dt 8, 3, interpreta la manna con le sue meravigliose qualità sopra ricordate precisamente come il segno della parola di Dio. Se questa parola esprime tutta la tenerezza paterna di Dio (nota le espressioni del v. 26a!), esige anche da Israele un profondo atteggiamento di fede (v. 26c), che non consiste semplicemente in un rapporto di conoscenza, bensì in un rapporto filiale: essi devono riconoscersi davvero come i figli prediletti di Dio. Alla luce di questa teologia non appaiono più eccessive le affermazioni sulla manna.

vv. 27-29. Ritornando ancora una volta alla manna, lo Pseudo-Salomone rileva che essa, nonostante resistesse al fuoco durante la sua cottura (v. 27a; cfr. vv. 22a.23), si scioglieva al calore del primo sole del mattino (cfr. Es 16,21); ciò gli permette di tirare una nuova conclusione, questa volta però d'ordine liturgico, e cioè la necessità della preghiera mattutina (v. 28). Si tratta anzitutto di una preghiera di ringraziamento, dove l'uomo prende veramente coscienza di tutti i benefici di Dio, in particolare, secondo il nostro contesto, del dono della parola, e li riconosce davanti a lui; è da questa preghiera di ringraziamento che potrà poi sorgere ogni altra preghiera (v. 28b). L'atteggiamento contrario, quello dell'ingrato, è destinato invece al fallimento: come la manna-brina fondeva ai raggi del primo sole (cfr. v. 27b), così fonderà la speranza dell'uomo ingrato; egli verrà disperso, come si getta via l'acqua sporca, usata per i lavori domestici e perciò non più utilizzabile.

(cf. MICHELANGELO PRIOTTO, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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sto leggendo le memorie di un libraio romano che conosco da anni ma con cui sono entrato in bel dialogo, più direttamente, solo da questo agosto: Giuseppe Casetti. sul libro magari scriverò più avanti. intanto dico che grazie a lui ho scoperto questo video: slowforward.net/2025/09/07/la-…


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la spiaggia. ritratto di giordano falzoni / alberto grifi. 2004


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Giordano Falzoni (1925-1998) nasce a Zagabria, durante una tournèe dei suoi genitori, entrambi musicisti. Studia a Firenze e Parigi, dove frequenta Breton e il gruppo surrealista. Si trasferisce a Roma negli anni Cinquanta per poi unirsi al Gruppo 63. Pittore, ceramista, drammaturgo, è una delle figure più eclettiche ma al contempo meno conosciute della neoavanguardia italiana. Falzoni è anche traduttore: sua è la prima versione italiana di Nadja di Breton, pubblicata da Einaudi nel 1972.

Estratti da:
Giordano Falzoni ripreso durante il corso della sua esistenza da Alberto Grifi, Giordana Meyer, Paola Pannicelli, Karina Bouchet – 1997
No stop grammatica, Alberto Grifi – 1967
Anni ’60 Non Stop, Alberto Grifi – 1999

Il video è stato postprodotto da Alberto Grifi nel 2004 in collaborazione con Interact.

#AlbertoGrifi #film #GiordanoFalzoni #Interact #LaSpiaggia #video




[stime]l'asta di manufatti -le anonime stanze d’albergo e le cartoline illustrate lotto 3691-] esplode una lampadina nel gas minore un] selettivo countdown quiz] pomeridiano l'incendio doloso siero leggero molto] diffuso di tutto questo rimane [copia conforme l'inerzia] inevasa


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La villeggiatura dopo ferragosto



Sì, in quei tempi agosto era ancora il mese delle ferie, il mese delle serrande abbassate in città, delle strade deserte e delle fabbriche chiuse. Non tutti potevano permettersi il mese intero, a non tutti era concesso (ne ho accennato lateralmente qui), ma un paio di settimane sì, quelle erano più o meno per tutti.

Probabilmente, non avrete voglia di cliccare sul link, riassumo: dopo due settimane, restavamo in villeggiatura senza mio padre, che doveva lavorare, e senza macchina per spostarci.

Agosto era ancora il mese della fine dell'estate, in quei tempi del riscaldamento globale non si parlava perché le avvisaglie sembravano ancora evanescenti; oggi non se ne parla abbastanza, ma non è questo il posto. E dopo ferragosto, in montagna, il tempo iniziava a cambiare, la piacevole frescura lasciava il passo, la sera, a un freddolino pungente, da mettere un giubbottino. Il cielo, solitamente limpido, diventava più tendente al grigio e più minaccioso, ma di una minaccia lieve, di pioggia improvvisa di montagna, spesso il cambiamento avveniva al tramonto.
Così era il tempo in quei giorni, in quegli anni. Il clima era come ce lo si aspettava, probabilmente i nubifragi non erano la norma al Nord e al Sud non si stava a maniche corte fino a novembre.

E in questo clima più plumbeo, e in un clima di vacanze che si avviano alla conclusione, sia per i villeggianti che per gli abitanti, restavamo per buona parte della settimana in tre: mia mamma e la sua prole. Non potevamo gironzolare in macchina, facevamo quel che una buona camminata permetteva di fare. Ce ne andavamo alla villetta comunale a raccogliere i ciclamini, per portarli a casa e metterli in un bicchiere, ma duravano pochissimo. Non li raccoglierei, oggi. Gironzolavamo per la strada che costeggiva il centro abitato, raccogliendo le more buonissime, oppure il rosmarino che cresceva anch'esso spontaneo ai margini. Lo raccoglievamo, più che altro, per mio padre: a noi non interessava granché, lui invece era un appassionato, quando c'era lui in giro non mancavano i canovacci abbondantemente ricoperti dai ramoscelli di rosmarino da seccare. Quando era secco, finiva in questi barattoli di vetro riciclati e sembrava dovesse durare in eterno, perché non ne facevamo un grande uso.

E queste erano tra le cose che facevamo, camminavamo, raccoglievamo, giocavamo sulle giostrine, ci dirigevamo a casa quando non eravamo coperti abbastanza da resistere alla frescura del giorno che invecchia, qualche volta accendevamo anche il caminetto, aspettavamo il fine settimana per essere di nuovo tutti e quattro.

Era tutto così semplice, era tutto bellissimo.


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SAPIENZA - Capitolo 15


La fedeltà d’Israele all’unico vero Dio1Ma tu, nostro Dio, sei buono e veritiero, sei paziente e tutto governi secondo misericordia.2Anche se pecchiamo, siamo tuoi, perché conosciamo la tua potenza; ma non peccheremo più, perché sappiamo di appartenerti.3Conoscerti, infatti, è giustizia perfetta, conoscere la tua potenza è radice d'immortalità.4Non ci indusse in errore né l'invenzione umana di un'arte perversa, né il lavoro infruttuoso di coloro che disegnano ombre, immagini imbrattate di vari colori,5la cui vista negli stolti provoca il desiderio, l'anelito per una forma inanimata di un'immagine morta.6Amanti di cose cattive e degni di simili speranze sono coloro che fanno, desiderano e venerano gli idoli.

Il fabbricante di idoli7Un vasaio, impastando con fatica la terra molle, plasma per il nostro uso ogni vaso. Ma con il medesimo fango modella i vasi che servono per usi nobili e quelli per usi contrari, tutti allo stesso modo; quale debba essere l'uso di ognuno di essi lo giudica colui che lavora l'argilla.8Quindi, mal impiegando la fatica, con il medesimo fango plasma un dio vano, egli che, nato da poco dalla terra, tra poco ritornerà alla terra da cui fu tratto, quando gli sarà richiesta l'anima, avuta in prestito.9Tuttavia egli si preoccupa non perché sta per morire o perché ha una vita breve, ma di gareggiare con gli orafi e con gli argentieri, di imitare coloro che fondono il bronzo, e ritiene un vanto plasmare cose false.10Cenere è il suo cuore, la sua speranza più vile della terra, la sua vita più spregevole del fango,11perché disconosce colui che lo ha plasmato, colui che gli inspirò un'anima attiva e gli infuse uno spirito vitale.12Ma egli considera la nostra vita come un gioco da bambini, l'esistenza un mercato lucroso. Egli dice che da tutto, anche dal male, si deve trarre profitto.13Costui infatti sa di peccare più di tutti, fabbricando con materia terrestre fragili vasi e statue.

Stoltezza degli Egiziani, dediti all’idolatria14Ma sono tutti stoltissimi e più miserabili di un piccolo bambino i nemici del tuo popolo, che lo hanno oppresso.15Perché essi considerarono dèi anche tutti gli idoli delle nazioni, i quali non hanno né l'uso degli occhi per vedere, né narici per aspirare aria, né orecchie per udire, né dita delle mani per toccare, e i loro piedi non servono per camminare.16Infatti li ha fabbricati un uomo, li ha plasmati uno che ha avuto il respiro in prestito. Ora nessun uomo può plasmare un dio a lui simile;17essendo mortale, egli fabbrica una cosa morta con mani empie. Egli è sempre migliore degli oggetti che venera, rispetto ad essi egli ebbe la vita, ma quelli mai.18Venerano anche gli animali più ripugnanti, che per stupidità, al paragone, risultano peggiori degli altri.19Non sono tali da invaghirsene, come capita per il bell'aspetto di altri animali; furono persino esclusi dalla lode e dalla benedizione di Dio.

_________________Note

15,7-13 L’immagine del vasaio appare spesso nella Bibbia (vedi Sir 38,29-30; Is 29,16; 45,9; Ger 18,4): qui è presentata come esempio di colui che fabbrica gli idoli.

15,8 quando gli sarà richiesta l’anima: allusione al giudizio di Dio, dopo la morte.

15,14-19 Meritevoli di condanna sono soprattutto gli Egiziani, oppressori d’Israele e dediti al culto degli idoli di tutti i popoli: considerarono dèi anche tutti gli idoli delle nazioni (v. 15). È una condanna del sincretismo egiziano, ancora in auge al tempo in cui scrive l’autore del libro. Gli idoli vengono derisi sulla scia di Sal 115,4-7 e 135,15-17. Nei vv. 18-19 viene condannata la zoolatria, molto praticata in Egitto.

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Approfondimenti


vv. 1-6. L'unità è articolata in due parti (vv. 1-3; 4-6), introdotte entrambe dal pronome di prima persona plurale («nostro»: v. 1; «ci»: v. 4). La prima è una confessione dell'intima comunione che intercorre tra Israele e Dio, sottolineata letterariamente dai numerosi aggettivi e pronomi possessivi di seconda persona (tuoi – tua – ti – ti – tua); la seconda è una denuncia dell'idolatria culminante al v. 6.

v. 1. Ispirandosi specialmente alla descrizione di Es 34,6, ma anche linguaggio dei salmi, l'autore evoca i tratti salienti del Dio di Israele: «buono», con un accento personale e di perdono; «fedele», titolo nel quale confluisce sia l'assoluta lealtà di Dio agli impegni di alleanza, sia la sua veracità e autenticità, in contrapposizione all'inconsistenza degli idoli; «paziente», cioè l'opposto degli dei pagani vendicativi e gelosi; «secondo misericordia», dove la realtà di un Dio indulgente e aperto al perdono e alla grazia è accentuata dal fatto della sua onnipotenza (cfr. «tutto governi»).

vv. 2-3. Quattro volte ricorrono verbi attinenti al campo semantico del conoscere; è un conoscere non teorico e intellettuale, bensì esistenziale; si tratta, infatti, dell'orientamento totale di Israele verso Dio, anche al di là delle sue momentanee cadute nel peccato.

vv. 4-6. Nonostante la seduzione, Israele ha resistito all'idolatria; il merito – questo è detto solo implicitamente – va ascritto al dono della sapienza che gli ha permesso di conoscere il vero Dio. Evidentemente qui lo Pseudo-Salomone non si riferisce all'Israele storico, che spesso condivise le aberrazioni dei popoli pagani, bensì a quell'Israele ideale, numericamente minoritario ma qualitativamente unico e vero popolo di Dio, che durante i secoli rimase fedele a Dio e che è il vero modello per la comunità giudaica alessandrina. Il giudizio dell'autore sull'arte greca pare eccessivamente pessimista; egli è certamente influenzato dalla tradizionale ripulsa degli Ebrei per le immagini, ma qui la sua forte polemica non è contro l'arte in quanto tale, bensì contro gli idoli che essa rappresenta o comunque contro l'arte in quanto strumento e occasione di idolatria. Probabilmente al v. 5 c'è un'allusione alla celebre storia di Pigmalione, che si innamorò della statua di Afrodite da lui stesso scolpita. Una sentenza sapienziale chiude l'unità con una forte condanna degli idolatri. Costoro sono definiti «amanti del male» e si collocano così in contrapposizione radicale al giovane Salomone, che si innamora (letteralmente: «amante») della bellezza della sapienza (8,2).

vv. 7-13. Due termini posti in inclusione («terra-terrestre»: vv. 7a.13b; «vasi»: vv. 7d.13c) non solo delimitano l'unità, ma ne indicano pure il soggetto particolare, il vasaio che dall'argilla plasma i vasi. E l'ultima delle figure di fabbricatori d'idoli ricordate dall'autore; mentre il taglialegna risulta un povero uomo, ingenuo e sprovvisto di capacità critica, il vasaio appare invece in tutta la sua colpevolezza; è un cinico infatti, avido di denaro e consapevole del proprio peccato. Sullo sfondo di tutta la descrizione si sente imponente, ma anche discreta, la figura del Creatore, l'unico capace di dare all'argilla un alito di vita. Alla sua luce appare davvero ridicolo e malizioso il gesto del vasaio idolatra.

v. 8. L'argilla del vasaio con cui egli pretende di fabbricare idoli richiama la stessa realtà dell'origine dell'uomo, essendo egli stesso nato dalla terra. Qui l'autore si rifà a Gn 2,7 e specialmente a Gn 3,19, ma con un allargamento d'orizzonte, perché non è soltanto Adamo, ma ogni uomo ad essere tratto dalla terra; in ciò egli segue una riflessione biblica presente soprattuto in Giobbe (cfr. Gb 10,8-9; 33,6), ma anche in altri testi (ad es. Sal 103,13; Qo 3,20; 12,7). Dio dunque è ancora all'opera e trae dalla terra proprio questo vasaio che con la terra plasma idoli!

vv. 10-11. Riprendendo una frase di Is 44, 20 (LXX) l'autore qualifica come «cenere» il cuore di questo vasaio; essendo tutta la sua attività intellettuale e volitiva assorbita da un progetto radicalmente inconsistente come quello di fabbricare idoli, essa è davvero cenere, cioè una realtà interamente consumata e che non serve più a nulla. Il vasaio idolatra porta in sé già la morte, perché rifiuta l'autore della vita; essa infatti viene unicamente da Dio.

vv. 12-13. Tre detti correnti nel mondo greco descrivono in crescendo negativo l'attitudine interiore del vasaio. Il primo si pone in particolare contrasto con quanto precede, perché ad essere ritenuta trastullo è proprio questa nostra vita che abbiamo ricevuto dal creatore (v. 11). Il secondo alla nozione di gioco e di festa aggiunge quella di lucro; la vita deve essere infatti non solo una fiera, ma una fiera lucrosa. Col terzo detto non solo la festa, ma tutte le realtà e perfino il male (con ciò si intende specialmente la fabbricazione di idoli) vengono ridotte a puro strumento di profitto. È quest'unica sete di guadagno, distruggitrice di ogni valore e lucidamente perseguita, che rende il vasaio sommamente colpevole.

vv. 14-19. La presente unità costituisce la terza e ultima sezione della critica delle religioni pagane. Questa conclusione rappresenta pure il climax di tutta la lunga riflessione dell'autore, perché egli denuncia ora la forma peggiore dell'idolatria: la zoolatria! Responsabile non è più il generico mondo pagano, ma un popolo preciso: gli Egiziani. Questo permette all'autore di ricollegarsi col tema della piaga delle bestiole, che aveva preannunciato in 11,15 e poi ricordato in 12,23-25, e di preparare così la ripresa del midrash delle piaghe. L'articolazione di questa breve unità è semplice: una frase introduttiva (v. 14) qualifica e designa i colpevoli; ad essa seguono due motivazioni portanti, l'una sull'idolatria dei popoli (vv. 15-17), l'altra sul peccato specifico della zoolatria (vv. 18-19). La ripresa del dialogo diretto con Dio (cfr. v. 14) sottolinea la profonda partecipazione dello Pseudo-Salomone.

v. 14. «anima infantile»: qui, come in 12,24, indica il bambino che a causa dell'età è ancora privo di saggezza.

vv. 15-17. La stoltezza egiziana si fonda anzitutto sul fatto di condividere gli idoli dei pagani. Seguendo la tendenza biblica (cfr. Sal 115,5-7; 135,16-17; Dt 4,28; 5,23), l'autore sottolinea con vigore l'impotenza degli idoli, la quale proviene non solo dal loro essere fittizio, ma anche dal loro artigiano, l'uomo, che in quanto creatura non potrà mai trascendere il quadro della propria natura, anzi nemmeno creare un essere a lui simile.

vv. 18-19. Il secondo e più grave motivo della stoltezza egiziana è la zoolatria. E noto come il culto di animali vivi (gatti, cani, coccodrilli, serpenti, ippopotami...) fosse presente nella religione egiziana e che questo costituisse non solo oggetto di meraviglia, ma anche di condanna da parte degli autori greci e romani. Il nostro autore nella sua condanna mostra tutta l'irrazionalità di un simile culto: non solo si tratta di animali ripugnanti, ma anche di animali più stupidi di tutti gli altri; in essi è scomparsa perfino quella lode e quella benedizione che Dio aveva impartito a tutti gli animali al momento della creazione (Gn 1,21-22.25).

(cf. MICHELANGELO PRIOTTO, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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