Niente di questo mondo ci risulta indifferente
- Più di cinquant’anni fa, mentre il mondo vacillava sull’orlo di una crisi nucleare, il santo Papa Giovanni XXIII scrisse un’Enciclica con la quale non si limitò solamente a respingere la guerra, bensì volle trasmettere una proposta di pace. Diresse il suo messaggio Pacem in terris a tutto il “mondo cattolico”, ma aggiungeva « nonché a tutti gli uomini di buona volontà ». Adesso, di fronte al deterioramento globale dell’ambiente, voglio rivolgermi a ogni persona che abita questo pianeta. Nella mia Esortazione Evangelii gaudium, ho scritto ai membri della Chiesa per mobilitare un processo di riforma missionaria ancora da compiere. In questa Enciclica, mi propongo specialmente di entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune.
- Otto anni dopo la Pacem in terris, nel 1971, il beato Papa Paolo VI si riferì alla problematica ecologica, presentandola come una crisi che è « una conseguenza drammatica » dell’attività incontrollata dell’essere umano: « Attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione ».2 Parlò anche alla FAO della possibilità, « sotto l’effetto di contraccolpi della civiltà industriale, di […] una vera catastrofe ecologica », sottolineando « l’urgenza e la necessità di un mutamento radicale nella condotta dell’umanità », perché « i progressi scientifici più straordinari, le prodezze tecniche più strabilianti, la crescita economica più prodigiosa, se non sono congiunte ad un autentico progresso sociale e morale, si rivolgono, in definitiva, contro l’uomo ».3
- San Giovanni Paolo II si è occupato di questo tema con un interesse crescente. Nella sua prima Enciclica, osservò che l’essere umano sembra « non percepire altri significati del suo ambiente naturale, ma solamente quelli che servono ai fini di un immediato uso e consumo ».4 Successivamente invitò ad una conversione ecologica globale.5 Ma nello stesso tempo fece notare che si mette poco impegno per « salvaguardare le condizioni morali di un’autentica ecologia umana ».6 La distruzione dell’ambiente umano è qualcosa di molto serio, non solo perché Dio ha affidato il mondo all’essere umano, bensì perché la vita umana stessa è un dono che deve essere protetto da diverse forme di degrado. Ogni aspirazione a curare e migliorare il mondo richiede di cambiare profondamente gli « stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società ».7 L’autentico sviluppo umano possiede un carattere morale e presuppone il pieno rispetto della persona umana, ma deve prestare attenzione anche al mondo naturale e « tener conto della natura di ciascun essere e della sua mutua connessione in un sistema ordinato ».8 Pertanto, la capacità dell’essere umano di trasformare la realtà deve svilupparsi sulla base della prima originaria donazione delle cose da parte di Dio.9
- Il mio predecessore Benedetto XVI ha rinnovato l’invito a « eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell’economia mondiale e di correggere i modelli di crescita che sembrano incapaci di garantire il rispetto dell’ambiente ».10 Ha ricordato che il mondo non può essere analizzato solo isolando uno dei suoi aspetti, perché « il libro della natura è uno e indivisibile » e include l’ambiente, la vita, la sessualità, la famiglia, le relazioni sociali, e altri aspetti. Di conseguenza, « il degrado della natura è strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana ».11 Papa Benedetto ci ha proposto di riconoscere che l’ambiente naturale è pieno di ferite prodotte dal nostro comportamento irresponsabile. Anche l’ambiente sociale ha le sue ferite. Ma tutte sono causate in fondo dal medesimo male, cioè dall’idea che non esistano verità indiscutibili che guidino la nostra vita, per cui la libertà umana non ha limiti. Si dimentica che « l’uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé. L’uomo non crea se stesso. Egli è spirito e volontà, ma è anche natura ».12 Con paterna preoccupazione ci ha invitato a riconoscere che la creazione risulta compromessa « dove noi stessi siamo le ultime istanze, dove l’insieme è semplicemente proprietà nostra e lo consumiamo solo per noi stessi. E lo spreco della creazione inizia dove non riconosciamo più alcuna istanza sopra di noi, ma vediamo soltanto noi stessi ».13
Testo dell'Enciclica "Laudato Si'" #1
Testo dell'Enciclica “Laudato Si'” #1
- « Laudato si’, mi’ Signore », cantava san Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: « Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba ».1
- Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che « geme e soffre le doglie del parto » (Rm 8,22). Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora.
LA MATTANZA di Genova
poliverso.org/display/0477a01e…
#g8 #acab #Genova2001 #Mattanza #scuoladiaz #markcovell
i mostri di unlikeness
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rivista erbafoglio
: potresti parlare di letteratura elettronica... –
me
: “Ho iniziato il punto croce perché sono ossessivo.”
°.)-
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metto qui ↓ una versione tipograficamente diversa da quella pubblicata da erbafoglio per mere questioni tipografiche
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la versione pubblicata da erbafoglio è comunque visibile su archive.org
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ho dimenticato un ri-ferimento (sorry!); l'ho aggiunto in questa versione postuma ) archive.org/embed/iadevaia-mos…
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i mostri di unlikeness è stato pubblicato su erbafoglio – rivista di cultura poetica – anno V, terza serie, n. 30 (aprile 2025), pp. 82-88
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la versione cartacea della rivista è disponibile da aprile 2025
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la versione digitale è disponibile da ottobre 2025
letteratura elettronica
Big Black - Atomizer (1986)
Atomizer è l'album di debutto del gruppo punk rock americano Big Black, pubblicato nel 1986. In una recensione per il Village Voice del settembre 1986, Robert Christgau scrisse: “Anche se non vogliono che tu lo sappia, questi piccoli monelli odiosi sono anime sensibili: sono spinti a fare questo orribile baccano dall'orribile dolore del mondo, che apprendono leggendo di tutto, dai libri di testo alle riviste di bondage. Questa è la brutale macchina da chitarra che migliaia di codardi adolescenti solitari hanno sentito nella loro testa. I suoi creatori meritano il merito di essersi trovati e di aver reso reale la loro ossessione”.
Ascolta: album.link/i/1120138003
SALMO - 68 (67)
CANTO DI TRIONFO E DI GLORIA1 Al maestro del coro. Di Davide. Salmo. Canto.
2 Sorga Dio e siano dispersi i suoi nemici e fuggano davanti a lui quelli che lo odiano.
3 Come si dissolve il fumo, tu li dissolvi; come si scioglie la cera di fronte al fuoco, periscono i malvagi davanti a Dio.
4 I giusti invece si rallegrano, esultano davanti a Dio e cantano di gioia.
5 Cantate a Dio, inneggiate al suo nome, appianate la strada a colui che cavalca le nubi: Signore è il suo nome, esultate davanti a lui.
6 Padre degli orfani e difensore delle vedove è Dio nella sua santa dimora.
7 A chi è solo, Dio fa abitare una casa, fa uscire con gioia i prigionieri. Solo i ribelli dimorano in arida terra.
8 O Dio, quando uscivi davanti al tuo popolo, quando camminavi per il deserto,
9 tremò la terra, i cieli stillarono davanti a Dio, quello del Sinai, davanti a Dio, il Dio d'Israele.
10 Pioggia abbondante hai riversato, o Dio, la tua esausta eredità tu hai consolidato
11 e in essa ha abitato il tuo popolo, in quella che, nella tua bontà, hai reso sicura per il povero, o Dio.
12 Il Signore annuncia una notizia, grande schiera sono le messaggere di vittoria:
13 “Fuggono, fuggono i re degli eserciti! Nel campo, presso la casa, ci si divide la preda.
14 Non restate a dormire nei recinti! Splendono d'argento le ali della colomba, di riflessi d'oro le sue piume”.
15 Quando l'Onnipotente là disperdeva i re, allora nevicava sul Salmon.
16 Montagna eccelsa è il monte di Basan, montagna dalle alte cime è il monte di Basan.
17 Perché invidiate, montagne dalle alte cime, la montagna che Dio ha desiderato per sua dimora? Il Signore l'abiterà per sempre.
18 I carri di Dio sono miriadi, migliaia gli arcieri: il Signore è tra loro, sul Sinai, in santità.
19 Sei salito in alto e hai fatto prigionieri - dagli uomini hai ricevuto tributi e anche dai ribelli –, perché là tu dimori, Signore Dio!
20 Di giorno in giorno benedetto il Signore: a noi Dio porta la salvezza.
21 Il nostro Dio è un Dio che salva; al Signore Dio appartengono le porte della morte.
22 Sì, Dio schiaccerà il capo dei suoi nemici, la testa dai lunghi capelli di chi percorre la via del delitto.
23 Ha detto il Signore: “Da Basan li farò tornare, li farò tornare dagli abissi del mare,
24 perché il tuo piede si bagni nel sangue e la lingua dei tuoi cani riceva la sua parte tra i nemici”.
25 Appare il tuo corteo, Dio, il corteo del mio Dio, del mio re, nel santuario.
26 Precedono i cantori, seguono i suonatori di cetra, insieme a fanciulle che suonano tamburelli.
27 “Benedite Dio nelle vostre assemblee, benedite il Signore, voi della comunità d'Israele”.
28 Ecco Beniamino, un piccolo che guida i capi di Giuda, la loro schiera, i capi di Zàbulon, i capi di Nèftali.
29 Mostra, o Dio, la tua forza, conferma, o Dio, quanto hai fatto per noi!
30 Per il tuo tempio, in Gerusalemme, i re ti porteranno doni.
31 Minaccia la bestia del canneto, quel branco di bufali, quell'esercito di tori, che si prostrano a idoli d'argento; disperdi i popoli che amano la guerra!
32 Verranno i grandi dall'Egitto, l'Etiopia tenderà le mani a Dio.
33 Regni della terra, cantate a Dio, cantate inni al Signore,
34 a colui che cavalca nei cieli, nei cieli eterni. Ecco, fa sentire la sua voce, una voce potente!
35 Riconoscete a Dio la sua potenza, la sua maestà sopra Israele, la sua potenza sopra le nubi.
36 Terribile tu sei, o Dio, nel tuo santuario. È lui, il Dio d'Israele, che dà forza e vigore al suo popolo. Sia benedetto Dio!
_________________Note
68,1 Questa composizione (riconducibile all’epoca della monarchia davidica e a tratti affine ai testi di Es 15; Gdc 5 e Ab 3) è la rievocazione dei grandi interventi di Dio nella storia d’Israele. Dio avanza come un prode guerriero che sbaraglia gli eserciti nemici e manifesta il suo dominio sulle forze ostili. Assiso sul suo trono di gloria, Dio accoglie il corteo dei vinti e delle tribù d’Israele, che riconoscono la sua grandezza.
68,12-16 Il Signore annuncia: allusione all’intervento di Dio e alla protezione da lui offerta a Israele all’epoca della conquista della terra di Canaan (vedi anche Gdc 4,14-15.23; 5,8.13.20). Il Salmon (in ebraico “ombroso”: v. 15) è qui probabilmente un monte della regione di Basan (v. 16), a oriente del lago di Gennèsaret.
68,19 Sei salito in alto: in Ef 4,7-10 questo testo è applicato a Cristo, che ascende al cielo.
68,28 Vengono elencate quattro delle dodici tribù d’Israele: due stanziate al sud (Beniamino e Giuda) e due al nord (Zàbulon e Nèftali).
68,31 a bestia del canneto: probabilmente il coccodrillo; designa simbolicamente l’Egitto. I bufali e i tori sembrano indicare altri popoli nemici d’Israele.
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Approfondimenti
Ringraziamento per le vittorie strabilianti di Dio Salmo di ringraziamento collettivo (+ motivi innici, liturgici, profetici, teofanici)
Il salmo sostanzialmente è una professione di fede in Dio per i suoi interventi salvifici nell'esodo e nella conquista di Canaan (cfr. Dt 26,5-9; Gs 24,1-13; Sal 136). Molto probabilmente è stato composto in un contesto liturgico, difficile da precisarsi. È unanimemente ritenuto uno dei salmi più ostici del salterio sia per il testo che per l'esegesi. È certo che all'epoca asmonea (sec. I a.C.) si salmodiava alla festa di Pentecoste. Secondo la Vita Antonii probabilmente scritta da Atanasio, il salmo veniva recitato dall'eremita del deserto nel momento delle tentazioni. I crociati lo avevano particolarmente caro. Nel salmo si riscontrano contatti con la tradizione letterario-religiosa cananaica. Nel suo nucleo originale risale probabilmente al tempo dei giudici (cfr. Gdc 5), ma mostra di essere stato continuamente riattualizzato specialmente nell'epoca monarchica e postesilica. Ha punti di contatto con Gdc 5, con cui ha anche alcuni versi in comune, con Es 15 e con Ab 3. Dio è nominato nei suoi diversi appellativi (’elōhîm, ’ēl, ’adōnāy, JHWH, Jāh, šadday) molto frequentemente. È lui il Signore della storia e dell'intero cosmo! Lo stile è parzialmente allusivo ed enumerativo. Il vocabolario ricco è curato. La simbologia è spazio-temporale (cielo-terra), liturgica, bellica e antropomorfica.
Divisione:
- vv. 2-4 (prologo): invitatorio liturgico;
- vv. 5-34: corpo del salmo;
- vv. 35-36 (epilogo): invito liturgico alla benedizione.
vv. 2-4. Il salmo inizia con il canto ufficiale di marcia dell'arca nel deserto (cfr. Nm 10,35), prima delle battaglie, che però non vengono menzionate. È un appello teofanico. Si invoca Dio nell'azione cultuale di ringraziamento perché si mostri nella sua potenza, condannando gli empi (v. 3) e salvando i giusti, che perciò sono invitati a esultare e ringraziare (v. 4).
v. 2. «Sorga Dio..: cfr. Nm 10,35. L'alzarsi di Dio può essere di carattere giudiziale, bellico o generico, cfr. Is 14,22; 28,21; Ger 2,27; Am 7,9; Sal 3,8; 7,7; 9,33; 74,22; 82,8; 102,14; 132,8.
v. 3. «Come... fumo... come... cera»: sono immagini che indicano la rapidità dell'azione di Dio e la perfetta sconfitta dei suoi nemici. Per il fumo, cfr. Sal 37,20; 102,4; Is 29,5; 41,2; 51,6; Os 13,3. Per la cera, cfr. Mic 1,4; Sal 97, 5.
v. 5. «Cantate a Dio...»: questa pericope inizia con l'invito a cantare, gioire, ringraziare il Signore, il cui nome è «Signore» (Jāh). Nei vv. 2-5 l'espressione pānîm (= volto) tradotto «davanti...» è ripetuta cinque volte. «chi cavalca le nubi»: di influsso cananaico, riferito a Baal, questo titolo ricorre più volte nell'AT, riferito a Dio, cfr. Dt 33,26; Is 19,1; Sal 18,11; 104,3. Egli è immaginato come un forte cavaliere. Il versetto fa inclusione con i vv. 33-34.
v. 6. «Padre degli orfani...»: per questo titolo divino cfr. Dt 10,18; Sal 9,35-39; 72,4; 76,10; 146,9; Is 1,17.23; Ger 7,6; Gb 29,12-13. «nella sua santa dimora»: è quella dei cieli, cfr. vv. 34-36; Dt 26,15; Ger 25,30; 2Cr 30,27; Zc 2,17.
v. 9. «Dio del Sinai...»: cfr. Gdc 5,5. È specialmente al Sinai che Dio rivela la sua trascendenza e la sua presenza salvifica in mezzo a Israele.
v. 10. «Pioggia abbondante... rinvigorivi...»: si evidenzia l'aspetto paterno e provvidente di Dio. Si tratta della pioggia torrenziale, ma benefica, in mezzo al deserto, cfr. Sal 72,6; 2Sam 23,4; Gb 29,23; Is 45,8; Gl 2,23; Prv 16,15.
vv. 12-19. In questa sezione, il cui senso resta oscuro a causa della corruzione del testo e di incerte allusioni, si può intravvedere l'epoca della conquista descritta dal libro di Giosuè e dei Giudici. L'analogia letteraria con il cantico di Debora di Gdc 4-5 e la citazione delle tribù di Zabulon e Neftali (v. 28) fanno pensare che qui si alluda proprio a quella campagna contro Sisara (Gdc 4,12-22; 5,8.13.20).
v. 12. «annunzia una notizia»: si riferisce all'oracolo di Debora (Gdc 4,6-7.14)?
v. 13. «Fuggono i re...»: cfr. Gdc 4,15-16; 5,19.22; il riferimento può essere anche alla battaglia di Aialon (Gs 10,7-14). «anche le donne si dividono il bottino»: riferimento a Gdc 5,30?
v. 14. «le ali della colomba»: è un testo oscuro e abbastanza discusso. Si tratta probabilmente degli stendardi militari, d'oro e d'argento, caduti nelle mani dell'esercito del Signore. E se portavano raffigurate le immagini degli dei degli eserciti nemici, si configura una beffa maggiore e una vittoria più strabiliante di Dio e del suo popolo.
v. 15. «Quando disperdeva i re l'Onnipotente»: l'Onnipotente (šadday) è un titolo arcaico di Dio (cfr. Gn 28,3; 35,11). «nevicava»: più che di un'annotazione meteorologica, si tratta qui di una nevicata di carattere teofanico, così come la grandine in Gs 10,11 e la pioggia contro Sisara (cfr. Gdc 5,20). Quando combatte Dio tutta la natura interviene. «Zalmon»: per etimologia «(monte) Nero». Il monte si identifica probabilmente con il Gebel Hauran (Montagna di basalto) circa 100 chilometri a est del lago di Tiberiade. Nota il contrasto tra la neve e il monte «Nero»!
v. 16. «Monte di Dio, il monte di Basan...»: «Monte di Dio» significa «monte altissimo» (cfr. Sal 36,7; 80,11); Basan è la regione settentrionale della Transgiordania. Se è da prendere alla lettera, si tratterebbe del massiccio dell'Ermon, la cui cima più alta raggiunge 2759 metri ed è per lo più sempre innevato.
v. 17. «Perché invidiate, o monti..»: il salmista, in un dialogo fittizio con i monti nominati nei v. 15-16, li invita a non invidiare l'attuale monte Sion sede del santuario di Dio, sebbene più basso di loro. Nello stadio originario il «monte di Dio» doveva riferirsi al monte Tabor, alto 582 metri, come sede del santuario predavidico; fondamentale nella battaglia di Sisara e Debora (Gdc 4, 6.12.14).
vv. 18-19. «I carri di Dio... sei salito...»: si descrive l'ultima tappa del viaggio: l'ingresso vittorioso e trionfale di Dio nel santuario sul monte, con migliaia di carri da guerra, numerosi prigionieri, ingente bottino e ribelli domati (cfr. Gdc 5,12).
vv. 20-22. Si spezza il racconto del salmo per intonare un inno liturgico di ringraziamento al Signore (cfr. Sal 41,14; 89,53; Gdc 5,2.9; 1Re 5,21). Si dà così rilievo alle gesta dei versetti precedenti e si prepara lo sviluppo della strofa seguente.
vv. 23-34. Riprendendo i vv. 18-19 l'orante descrive il solenne ingresso processionale del Signore nel tempio.
v. 23. «Ha detto il Signore...»: riagganciandosi con il v. 22, si ha qui un oracolo generico. Dio sottolinea la sua divina potenza, che trascende ogni spazio e tempo, per sconfiggere definitivamente i nemici. «il tuo piede si bagni nel sangue..»: immagine icastica per significare l'abbondante carneficina dei nemici sconfitti, cfr. Sal 58,11. «la lingua dei tuoi cani riceva la sua parte...»: si descrive così una fine orrenda e ignominiosa; c'è la doppia figura della sineddoche e della metonimia. I cadaveri saranno leccati dai cani; per qualcosa di simile cfr. 2Re 9,36 (fine della regina Gezabele).
v. 27. «Benedite Dio...»: è l'inizio dell'inno di ringraziamento cantato dalla schola cantorum del v. 26 e accompagnato da strumenti musicali.
v. 28. «Ecco, Beniamino..»: delle dodici tribù sono menzionate solo quattro: due del regno del Sud (Beniamino e Giuda) e due del regno del Nord (Zabulon e Neftali). Ma solo queste ultime due furono protagoniste attive nella battaglia di Debora (Gdc 4,6; 5,18). «il più giovane, guida..»: Beniamino è chiamato «il più giovane», sia per motivi di nascita (Gn 35,16-20), sia per motivi di estensione geografica (1Sam 9,21). Egli «guida» le altre tre tribù. Probabilmente il riferimento è al primo re Saul appartenente alla sua tribù. Anche nel cantico di Debora non si menzionano tutte le tribù. Qui il numero quattro può indicare simbolicamente l'intera Palestina nei suoi quattro punti cardinali.
v. 31. «la belva dei canneti»: probabile riferimento all'Egitto, cfr. v. 32 ed Ez 29,3.
v. 36. «Terribile... dal tuo santuario..»: si tratta del santuario celeste di Dio (cfr. v. 35).
Nel NT il v. 19 è attribuito a Cristo che ascende al cielo, e citato in Ef 4,7-12.
(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
[caffeine] -a Silvio Bordini
une large rasade d'eau glacée pourquoi vous obstinez-vous à m'appeler à la terrasse sous des parasols ocre a partire] da catastrofi in orbita tutto è norma è coassiale] [una delle lune apostrofabili potrebbe spegnersi trasferirsi] in ambito locale le scale brutta copia] condominiali riflettono le fonti] i lieviti performanti un'ombra] macchia il lino
Da un po' di anni ho questa suoneria sul cellulare quando mi chiama mia moglie; l'ho “creata” estrapolando dei versi dalla canzone di Elton John “I'm still standing” ed editandola con Audacity. L'ho trovata calzante, mi piace. Mia moglie ha subito una mastectomia del seno sx per un carcinoma infiltrante nel gennaio 2017 passando poi per tutta la trafila prevista dalla chemio terapia che l'ha veramente “provata”. Io all'inizio l'ho presa male ma male male male. Lei invece, spaventata questo sì, ha affrontato, passatemi il termine, “di petto” la situazione ed anche con il supporto del nostro terapeuta ha accettato, introiettandolo, il principio di realtà, il “qui e ora”. Ma ne è uscita bene, pian piano sempre più fiduciosa e aperta al mondo. Dopo 5 anni di esami confortanti “Alien” si è invece ripresentato, una recidiva posizionata nella stessa zona ma dietro ad una costola e questa volta in modo inoperabile perché adiacente alla pleura. L'immunoterapia sta facendo miracoli, Alien si è da subito ridotto ed ora è irrilevabile. Certo, è stato preso in tempo e certo, di tumore ci si cura ma non si guarisce, occorre sempre stare in allarme; ecco perché la periodica Tac (ora passata a 5 mesi di distanza) è sempre vissuta con tensione che si scioglie quando l'esito è poi ok. Per altri 4 mesi si vive molto molto bene, pur con le limitazioni del caso, per poi, avvicinandosi la data della successiva Tac, aumentare comprensibilmente il tasso di “fibrillazioni”, di inespressi “e se?” Un passo alla volta, un passo alla volta. Dedico questa riflessione a chi ne possa aver bisogno.
NOVITÀ DI VENERDÌ 14/3/25.
Qualche titolo per finire la seconda settimana di marzo.
NARRATIVA:
- LA BARCA DI MASAO di Antoine Choplin (Solferino). Romanzo molto poetico ambientato in Giappone: Masao è un semplice operaio che dopo la tragica morte della moglie, per molti anni ricopre l'incarico di guardiano del faro dell'arcipelago. Una sera, fuori dal lavoro, trova la figlia Harumi ad aspettarlo, dopo quattordici anni di separazione. È arrivato infatti il momento del ricongiungimento di due anime solitarie. Per saperne di più: scheda libro.
SAGGISTICA:
- FARAONI E FIORI di Divina Centore (Il Mulino). La raffinatezza dell'antico Egitto si esprimeva anche nei meravigliosi giardini, ricchi di piante e animali, che ornavano templi e residenze private dei più potenti funzionari e sacerdoti. Resti archeologici, testi e pitture murarie testimoniano infatti un gusto sopraffino per veri e propri parchi botanici. Un volume interessantissimo. Per saperne di più: scheda libro.
- POVERO ME! di Pascal Bruckner (Guanda). Un'analisi della sindrome tutta occidentale che fa del piagnisteo vittimista la cifra della società attuale. Per saperne di più: scheda libro.
- L'ITALIA IN CAMMINO (Touring Club Italiano). 52 percorsi da fare a piedi, uno per ogni settimana dell'anno, per andare lentamente alla scoperta dell'Italia: antiche vie, borghi poco conosciuti, parchi naturali, luoghi importanti dal punto di vista spirituale e città d'arte. Per ogni cammino sono indicati tutti i particolari: mappa, livello di difficoltà, numero tappe, eccetera. Per saperne di più: scheda libro.
INFANZIA E RAGAZZI:
- IL GALLETTO NEL LETTO di Katrina Charman e Guilherme Karlsten (Ape Junior). Un albo illustrato per imparare a contare. 10 animali nel lettone e un galletto che, uno alla volta, li spinge fuori dalle coperte... Età di lettura: dai 24 mesi. Per saperne di più: scheda libro.
- VIVA I PAPÀ di Nicoletta Costa (Notes edizioni). Ve lo riporto ugualmente, anche se la festa del papà è passata da secoli. È un piccolo libretto illustrato, scritto con caratteri in alta leggibilità, su una bambina la cui mamma è partita per lavoro: potrà contare su suo padre per essere accompagnata a casa da scuola? Età di lettura: dai 6 anni. Per saperne di più: scheda libro.
- Per Harper Collins abbiamo due nuovi giallini per la serie dell'Investigatto (per i lettori dai 6 anni), scritti da Pierdomenico Baccalario:
- LA DONNOLA DELLA DOMENICA (scheda libro): chi poteva odiare l'architetto Gallone al punto da schiacciarlo sotto un enorme uovo di pietra?
- IL BRUCO OLTRE LA SIEPE (scheda libro): Investigatto è stato arrestato: l'accusa è complicità con la banda dei Panda, perché i polliziotti lo hanno trovato in possesso di una valigetta sospetta. Ovviamente Investigatto è stato incastrato, ma riuscirà a dimostrarlo?
Big Brother & The Holding Company - Cheap Thrills (1968)
Cheap Thrills è il secondo album in studio della rock band americana Big Brother and the Holding Company. Fu il loro ultimo album con Janis Joplin come cantante prima che intraprendesse la carriera solista. Per Cheap Thrills, la band e il produttore John Simon incorporarono registrazioni di rumori di folla per dare l'impressione di un album dal vivo, cosa che in seguito fu scambiata per tale. Solo “Ball and Chain” fu effettivamente registrata in concerto al Winterland Ballroom. Cheap Thrills raggiunse il primo posto in classifica per otto settimane non consecutive nel 1968.
Ascolta: album.link/i/203773381
SALMO - 67 (66)
LODE A DIO PER LA SUA PROVVIDENZA1 Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Salmo. Canto.
2 Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto;
3 perché si conosca sulla terra la tua via, la tua salvezza fra tutte le genti.
4 Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.
5 Gioiscano le nazioni e si rallegrino, perché tu giudichi i popoli con rettitudine, governi le nazioni sulla terra.
6 Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.
7 La terra ha dato il suo frutto. Ci benedica Dio, il nostro Dio,
8 ci benedica Dio e lo temano tutti i confini della terra. _________________Note
67,1 La provvidenza di Dio si rende visibile nella benedizione, cioè nell’abbondanza e ricchezza dei doni che la comunità d’Israele sperimenta, soprattutto nella fecondità della terra promessa, generosa di frutti. Anche gli altri popoli sono chiamati a partecipare a questa benedizione e ad associarsi a Israele nella lode che, da tutta la terra, sale a Dio. L’inizio del salmo riecheggia la benedizione liturgica di Nm 6,24-26.
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Approfondimenti
Ringraziamento d'Israele ed esultanza delle genti Salmo di ringraziamento collettivo (+ motivi innici)
È uno dei pochi salmi del secondo libro a essere “anonimo” (= senza la paternità letteraria). Il salmo è una lirica lineare, semplice, entusiastica, sebbene modesta, data la non originalità delle sue immagini e formulazioni. Per l'apertura universalistica e missionaria è da collocarsi nel tempo del post-esilio. I ritornelli dei v. 4.6 dividono il salmo in tre strofe; c'è il ritmo di 3 + 3 accenti nel TM. Si sospetta la presenza in origine di un terzo ritornello dopo la terza strofa, non pervenutoci allo stato attuale del testo. La voce «Dio» (’elōhîm) e il verbo «benedire» (brk) fanno da inclusione nei vv. 2 e 7b-8a. In questi versetti, inoltre, si usa la terza persona, mentre negli altri la seconda nei riguardi di Dio, che non viene mai chiamato JHWH nel salmo. La simbologia è liturgica, teologica, spaziale, antropologica, agricola e universalistica. Questo salmo può chiamarsi il canto dell'umanità che attende la salvezza (Mt 9,37; Gv 4,35) e dell'ebraismo aperto di mentalità profetica.
Divisione: * vv. 2-3 (prologo): pietà, benedizione, salvezza universale; * v. 4 (antifona): il ringraziamento (tôdâ) universale; * v. 5 (I motivazione): il giudizio di Dio sulla terra; * v. 6 (antifona): il ringraziamento (tôdâ) universale; * v. 7a (II motivazione): i frutti della terra; * vv. 7b-8: (epilogo): benedizione e timore universale.
vv. 2-3. Richiamando la benedizione sacerdotale di Nm 6,24-26, il salmista e la comunità si appellano alla misericordia del Signore per avere la sua benedizione, affinché i popoli della terra, conoscendo il suo modo benevolo di agire (= la tua via) e la sua salvezza, possano lodarlo (= motivo apologetico).
v. 2. «ci benedica»: cfr. v. 8a. La benedizione riguarda la vita, la fecondità (cfr. Gn 1,28), la fertilità del suolo (cfr. Gn 8,21-22; 27,27-28), un abbondante raccolto, una famiglia numerosa (cfr. Sal 128,3-4) ecc. «faccia splendere il suo volto»: è un antropomorfismo per significare la benevolenza di Dio e l'elargizione dei suoi benefici, cfr. Sal 4,7; 27,8; 31,17; 44,4; 80,4.8.20; Prv 16,15; Dn 9,17.
v. 3. «perché si conosca»: la conoscenza di Dio è una esperienza profonda, complessa e unitaria, che abbraccia tutte le facoltà dell'uomo. Qui ha come oggetto la «via» (derek) di Dio e la sua «salvezza», cioè i suoi piani, la sua stessa vita, il suo amoroso e benefico comportamento (cfr. Sal 77,14; 98,2; 138,5).
v. 4. «Ti lodino i popoli... tutti»: l'intera umanità è invitata ad associarsi all'invocazione e alla sua lode-ringraziamento per i benefici ricevuti da Israele (cfr. Sal 33,6.9-11; 47,8-10; Zc 8,21-22). Il salmista suppone che tutti i popoli rispondano assieme e prendano parte all'azione liturgica (cfr. Sal 33,2-3; 100,4; 105,1; 106,1; 107,1; 118,1; 136,1). Si affaccia qui un universalismo mediato tramite la benedizione di Abramo.
v. 5. «perché giudichi i popoli... governi...»: la prima motivazione della lode è il governo giusto di Dio sulla terra, che richiama l'epoca messianica (cfr. Is 9,2; 11,3-4; Am 5,14-24; Sir 35,12-14). Si noti il cambio di persona. Ora il salmista e la comunità si rivolgono a Dio con il “tu”
v. 7a. Dopo la ripetizione del ritornello, la motivazione della lode-ringraziamento diventa più visibile. La benedizione di Dio si è manifestata con l'abbondanza della pioggia, che ha fecondato la terra facendole produrre copiosi frutti (cfr. Lv 26,3-4; Sal 29,10-11; 65,11; Ag 2,19; Ez 34,26-30).
v. 8. «lo temano tutti i confini della terra»: la benedizione a Israele, rivelatasi con l'abbondanza dei suoi raccolti e frutti, auspica il salmista, possa generare il timore di Dio, sentimento di meraviglia e di rispetto, che, come primo passo verso la salvezza, apra i popoli alla conoscenza e adesione a lui (cfr. v. 3).
(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
NOVITÀ DI MARTEDÌ 11/3/25.
Un'altra carrellata di libri marzolini!
NARRATIVA:
- PROMETTIMI CHE NON MORIREMO di Mara Carollo (Rizzoli). Una donna veneta, caparbia e ribelle, durante il primo dopoguerra cerca il riscatto sociale, possibilmente lontano dal piccolo paese di montagna dove la prospettiva di vita offre solo pastorizia e fatica. Per saperne di più: scheda libro.
- MACACO di Simone Torino (Einaudi). Storia rurale ambientata in Valle d'Aosta: tre amici fraterni condividono la fatica dei campi e vivono così un'esistenza semplice ma poetica. Un mondo che l'autore conosce bene, grazie alla sua esperienza come bracciante agricolo. Per saperne di più: scheda libro.
- UN FILO SOSPESO di Margherita Vaccari (Edizioni San Paolo): la lotta contro l'anoressia, raccontata in prima persona: di ritorno da un soggiorno di 4 anni in Brasile, Emma non riesce a trovare una sua dimensione quotidiana, travolta dagli insuccessi scolastici e dalla depressione. Una lotta vinta dopo 4 anni di sofferenza, grazie anche all'aiuto della famiglia, degli amici e dei medici. Per saperne di più: scheda libro
NOIR, GIALLI E THRILLER:
- LA CASA DEI CADAVERI di Jeneva Rose (Newton Compton). Tre fratelli si riuniscono per discutere dell'eredità della madre. Una strana collezione di VHS compare fra le cose dei genitori e fra i video amatoriali di vecchi ricordi compare una cassetta con scene terribili e inquietanti che potrebbero spiegare la scomparsa del padre. Il libro stesso è confezionato come una vecchia videocassetta. Per saperne di più: scheda libro.
- Sempre per Newton Compton: ANGELI SEPOLTI di Patricia Gibney. Orripilanti ritrovamenti, un assassino efferato in libertà, segreti di famiglia che celano realtà di morte, una trama ingarbugliata. Un thriller per gli amanti del genere “caccia all'assassino lungo una scia di morti”. Per saperne di più: scheda libro.
- LA FAMIGLIA di Jo Nesbø (Einaudi). Dopo IL FRATELLO, ecco un altro romanzo con i fratelli Opgard. Carl dirige un lussuoso hotel mentre Roy gestisce un parco di divertimenti. Quando l'Ente nazionale per le strade decide di scavare una galleria nella montagna, rovinando gli affari dei due fratelli, questi decidono di darsi da fare e di proteggere i loro interessi, con le buone o con le cattive. Per saperne di più: scheda libro.
SAGGISTICA:
- LA PAROLA AI MORTI di Philippe Boxho (Ponte alle Grazie). Sottotitolo: Indagini di un medico legale. Il mestiere del medico legale è quello di dare voce ai morti, che, attraverso il loro corpo, raccontano le storie che li riguardano, ovvero cosa hanno subìto, cosa è successo nei loro ultimi attimi, a cosa sono andati incontro: un omicidio? Un suicidio? Un incidente? L'autore, con la sua trentennale esperienza, racconta i casi più eclatanti e interessanti che sono finiti sul tavolo autoptico. Per saperne di più: scheda libro.
- FUMO E CENERI di Amitav Gosh (Einaudi). Il sottotitolo (Il viaggio di uno scrittore nelle storie nascoste dell'oppio) indica con precisione cosa rappresenta questo libro: un reportage (letterario) sull'oppio. La sua origine, la coltivazione, le rotte dei commerci, l'influenza sociale e culturale e il percorso che questa sostanza antichissima (ma di recente diffusione) compie nella storia, legandosi a fenomeni di scala mondiale come il colonialismo, l'industria e il capitalismo. Per saperne di più: scheda libro.
- ARROGANTE UMANITÀ di Maurizio Bettini (Einaudi). Il mito di Fetonte racconta di un ragazzo arrogante che non riesce a gestire un potere più grande di lui, e, come Fetonte, anche l'uomo odierno crede di avere il potere di un dio, ma rischia di restare vittima della propria hybris. Per saperne di più: scheda libro.
- DYNASTY di Mario Giordano (Rizzoli). Nuovo libro inchiesta del conduttore di Rete4 sulle avide meschinità delle grandi famiglie del capitalismo italiano: dagli Agnelli ai Del Vecchio, dai Benetton ai De Benedetti, tutte le magagne familiari sono squadernate nelle loro bassezze. Per saperne di più: scheda libro.
- LA RIVOLUZIONE DELLA CURA di Antonella Viola e Alessandro Aiuti (Einaudi). Grazie alle nuove tecnologie, la ricerca in medicina e farmacologia sta facendo passi da gigante e in questo libro i ricercatori Antonella Viola e Alessandro Aiuti cercano di spiegare al grande pubblico le conseguenze di questa rivoluzione con parole accessibili a tutti. Per saperne di più: scheda libro.
- Per le Edizioni San Paolo, ecco alcuni saggi:
- LA CATTEDRALE DI CANTERBURY di Gian Franco Freguglia (scheda libro): il monaco sant'Agostino, primo vescovo di Canterbury, fondò questa chiesa nel VI secolo e da allora vicende storiche, ricostruzioni, ampliamenti e ristrutturazioni hanno segnato questo importantissimo edificio. Questa è una guida completa per capire la struttura e la storia della cattedrale, dal 1988 inclusa dall'UNESCO nel patrimonio mondiale dell'Umanità.
- L'AMORE DI DIO di Simone Weil (scheda libro): un libro di riflessioni sull'amore di Dio e dei cambiamenti che accadono nella vita quando questo amore si manifesta.
- IL PADRE di Rosanna Virgili (scheda libro): quando il credente si rivolge a Dio come “Padre”, non può che pensare a Cristo che sulla croce invoca “Abbà!”, con una parola che indica familiarità e vicinanza, ovvero la figura di un genitore dall'amore incondizionato, luogo di pace e sicurezza per tutti i suoi figli.
INFANZIA E RAGAZZI:
- Nel carico San Paolo c'erano anche un paio di libri per i bambini dai 3 anni, dalla casa editrice Àncora:
- OPERAZIONE BECCO CHIUSO di Ana Hochenleyter e Leire Martin (scheda libro): la gallina Clotilde disturba tutti con le sue chiacchiere, quindi gli animali mettono in atto l'operazione “becco chiuso”: una nuova regola che impone il silenzio, almeno di notte. La costrizione al silenzio, però, ha uno strano effetto collaterale sulla povera gallina...
- CHE DISORDINE! di Daniela Mazzilli, Chiara Pessina e Francesca Villa (scheda libro): la coniglietta Lea compie gli anni e i suoi amici Gigi, Teo e Sam vogliono organizzare una bella festa di compleanno, ma nel gran disordine non si trovano nemmeno le candeline per la torta! La cagnetta Nola ha un'idea: riordinare tutta la tana, così si troveranno tutte le cose perse! Un albo sull'importanza di tenere in ordine la cameretta.
- LE BELLE STORIE DELLA NONNA IN GIARDINO di Karine-Marie Amiot (Emme). Albo illustrato, con una raccolta di sette raccontini: gli animali sono i protagonisti, in queste delicate ambientate all'aria aperta. Illustrazioni carinissime di Julie Mellan. Età di lettura: dai 3 anni. Per saperne di più: scheda libro.
- LA MERAVIGLIOSA STORIA DI PASQUA di Annette Langen e Martina Hoffmann (Paoline). La storia della Pasqua, dall'ingresso di Gesù a Gerusalemme, nella domenica delle Palme, fino alla Resurrezione, con parole (scritte con font ad alta leggibilità) e illustrazioni adatte ai bambini (dai 5 anni). Per saperne di più: scheda libro.
- PRONTI PER IL GRANDE SALTO di Alberto Pellai e Barbara Tamborini (Mondadori). Il “grande salto” del titolo è il passaggio dalla scuola elementare alla scuola media (per usare il linguaggio tecnico: dalla scuola primaria alla secondaria di primo grado): si tratta di un salto fondamentale, da un ambiente protetto e controllato alle prime esperienze che prevedono una certa “autonomia”. Ecco un volume che ci spiega tutto quello che succede: i cambiamenti repentini del corpo nell'età puberale, le prime esperienze sentimentali, e tutti i complessi temi che riguardano questa fase (bullismo, iperconnessione, eccetera). Età di lettura: dagli 11 anni. Per saperne di più: scheda libro.
- Per la collana Dark del Battello a Vapore, abbiamo due titoli da brividi per gli impavidi lettori dai 12 anni:
- HACKER di Christian Hill (scheda libro): il quindicenne Raffaele, esperto di informatica, vuole far colpo su Alina e così si iscrive al social di scrittori frequentato dalla ragazza. I racconti di Raffaele sono accolti da scarso successo, ma tutto si fa inquietante quando compare un racconto postato a suo nome, che fa furore fra gli utenti. Chi si sta appropriando del suo account? E perché?
- DEAD GIRL'S DIARY di K.R. Alexander (scheda libro): Kara, fin da piccola, è tormentata da visioni in cui compaiono una casa abbandonata e sconosciuta, e una voce che la chiama. Quando entra in possesso di un misterioso diario che sembra collegato a quella casa, decide finalmente di scoprire il segreto che c'è dietro a tutto questo.
- TESSA TICCARDI E LE LANCETTE IMPAZZITE di Davide Mezzanotte (DeAgostini). Età di lettura: dai 12 anni. Quando si abita a Timbrate sul Mento, la città più puntuale d'Italia, è veramente difficile essere come Tessa Ticcardi, ovvero sempre in ritardo. Grazie a un piccolo essere a forma di ingranaggio di orologio, Tessa scopre di avere il potere di piegare il tempo a suo piacimento, ma dovrà imparare a gestire tale potere. Per saperne di più: scheda libro.
L’Impatto Culturale di Magnavox Odyssey e Atari 2600: Quando il Videogioco Entrò nelle Case
🕹️ L’inizio di un Fenomeno Culturale
Fino agli anni ‘70, i videogiochi erano un fenomeno ristretto a laboratori di ricerca, ambienti universitari o, al massimo, alle rumorose sale arcade dove titoli come Pong e Space Invaders stavano già attirando migliaia di giocatori. Ma l’arrivo della Magnavox Odyssey (1972) e, poco dopo, dell’Atari 2600 (1977), cambiò tutto: il videogioco diventò un elemento domestico, familiare e, soprattutto, parte integrante della cultura pop.
In questo articolo esploreremo non solo come queste console abbiano cambiato le abitudini delle persone, ma anche come abbiano influenzato TV, cinema, musica, creato le prime polemiche sociali e dato vita a nuove forme di intrattenimento competitivo.
🏠 Dal Bar al Salotto: Il Videogioco come Esperienza Familiare
Nel 1972, il videogioco era ancora considerato un passatempo da bar, un'esperienza sociale legata ai cabinati arcade. Tuttavia, la Magnavox Odyssey introdusse un concetto radicalmente nuovo: i videogiochi potevano essere giocati a casa, in famiglia.
🎮 La Rivoluzione dell’Odyssey
Quando la Magnavox Odyssey arrivò sul mercato, il concetto di “videogioco domestico” era talmente nuovo che molte famiglie non sapevano neanche come utilizzarla. Magnavox organizzò dimostrazioni nei negozi per spiegare come funzionava la console e, in molte pubblicità, veniva evidenziato che fosse un’esperienza pensata per tutta la famiglia, compresi i genitori.
🔹 Un dettaglio poco noto: molte famiglie americane rimasero sorprese dal fatto che la console non emettesse alcun suono! Essendo completamente analogica, l'Odyssey non poteva generare effetti audio come le future console, rendendo l'esperienza molto meno immersiva rispetto ai cabinati arcade.
🏆 Atari 2600: Il Boom del Gioco Casalingo
Quando l'Atari 2600 arrivò nel 1977, l'interesse per i videogiochi domestici era ormai cresciuto esponenzialmente. Rispetto all’Odyssey, l'Atari offriva una libreria di giochi più ricca, con grafica colorata, effetti sonori e una community nascente di appassionati.
L'elemento che rese l'Atari 2600 un fenomeno globale fu l'uscita di Space Invaders nel 1980, un titolo che spinse milioni di persone ad acquistare la console. Questo portò a una trasformazione sociale radicale:
🔹 Prima di Space Invaders, i videogiochi erano considerati una novità tecnologica.
🔹 Dopo Space Invaders, i videogiochi erano diventati un passatempo quotidiano.
🎞️ L’Influenza sui Media: TV, Cinema e Pubblicità
Negli anni '70 e '80, i videogiochi iniziarono a lasciare il segno anche su altri media.
📺 I Videogiochi in TV
Con il successo dell’Atari 2600, i videogiochi divennero parte della cultura pop. Alcuni esempi:
- Show Televisivi: Programmi come Starcade (1982) erano interamente dedicati ai videogiochi, con concorrenti che si sfidavano su cabinati arcade.
- Cartoni Animati: I personaggi dei videogiochi iniziarono ad apparire nei cartoni, come Pac-Man: The Animated Series (1982).
- Pubblicità Iconiche: Atari investì milioni di dollari in spot pubblicitari che mostravano famiglie riunite davanti alla TV, trasformando il gaming in un’attività sociale accettata.
🔹 Curiosità: La pubblicità dell’Atari 2600 con E.T. (1982) è considerata una delle peggiori della storia, a causa della pessima qualità del gioco che contribuì al crollo del mercato videoludico nel 1983.
🕵️ Le Prime Controversie: Dipendenza e Moral Panic
Ogni nuova tecnologia porta con sé preoccupazioni e critiche. I videogiochi non fecero eccezione.
⚠️ I Videogiochi Rovinano i Giovani?
Negli anni ‘80, giornali e telegiornali iniziarono a diffondere l’idea che i videogiochi potessero essere pericolosi per i bambini. Le principali accuse erano:
– Causa di isolamento sociale
– Dipendenza da videogiochi
– Distrazione dagli studi
Un caso emblematico fu la campagna anti-videogiochi del senatore americano Paul Trible, che nel 1982 propose una regolamentazione più severa sui contenuti videoludici, sostenendo che i giochi violenti (come Space Invaders) potessero rendere i bambini aggressivi.
🔹 Curiosità: Negli anni ‘80 circolava la diceria secondo cui Pac-Man causasse attacchi epilettici, portando alcune sale giochi a vietarlo temporaneamente.
🏆 L’Alba degli eSports: Il Torneo di Space Invaders (1980)
L’Atari 2600 diede vita ai primi tornei videoludici, segnando l’inizio degli eSports. Il più famoso fu il “Space Invaders Championship” del 1980, organizzato da Atari, con oltre 10.000 partecipanti.
🔹 Fatto interessante: Il vincitore, Rebecca Heineman, divenne in seguito una famosa sviluppatrice di videogiochi, lavorando su titoli come Fallout.
🕰️ L’Eredità: Come Odyssey e Atari 2600 Hanno Plasmato il Futuro
Oggi, i videogiochi sono parte della nostra vita quotidiana. Ma senza l’Odyssey e l’Atari 2600, il gaming moderno probabilmente non esisterebbe. Questi sistemi hanno:
✅ Reso il videogioco un fenomeno casalingo
✅ Influenzato cinema, TV e musica
✅ Creato le basi per gli eSports
✅ Ispirato le prime discussioni sociali sul gaming
🔹 Curiosità finale: Nel 2022, una Magnavox Odyssey originale è stata venduta all’asta per 5.000 dollari, dimostrando quanto sia ancora oggi apprezzata dai collezionisti.
Buena Vista Social Club - Buena Vista Social Club (1997)
Buena Vista Social Club è l'album di debutto dei Buena Vista Social Club, un ensemble di musicisti cubani diretto da Juan de Marcos González e dal chitarrista americano Ry Cooder. Fu registrato negli studi EGREM dell'Avana nel marzo 1996 e pubblicato il 16 settembre 1997 da World Circuit. È l'unico album in studio standard accreditato esclusivamente ai Buena Vista Social Club. Buena Vista Social Club fu registrato parallelamente ad A toda Cuba le gusta degli Afro-Cuban All Stars, un progetto simile promosso anch'esso dal dirigente di World Circuit Nick Gold e con una formazione sostanzialmente identica. A differenza di A toda Cuba le gusta, concepito come una ripresa del son conjunto, Buena Vista Social Club intendeva riportare in auge il tradizionale trova e il filin, una versione più morbida del son e del bolero cubani, oltre al danzón. Successo di critica e pubblico, l'uscita dell'album fu seguita da un breve tour di concerti ad Amsterdam e alla Carnegie Hall di New York nel 1998. Filmati di queste date, insieme alle sessioni di registrazione all'Avana, furono mostrati nel documentario Buena Vista Social Club di Wim Wenders, uscito nel 1999. Nel 2022, l'album è stato selezionato per la conservazione nel National Recording Registry degli Stati Uniti dalla Biblioteca del Congresso in quanto “significativo dal punto di vista culturale, storico o estetico”.
Ascolta: album.link/i/1716598034
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SALMO - 66 (65)
INVITO A LODARE DIO PER LE SUE GRANDI OPERE1 Al maestro del coro. Canto. Salmo.
Acclamate Dio, voi tutti della terra,2 cantate la gloria del suo nome, dategli gloria con la lode.
3 Dite a Dio: “Terribili sono le tue opere! Per la grandezza della tua potenza ti lusingano i tuoi nemici.
4 A te si prostri tutta la terra, a te canti inni, canti al tuo nome”.
5 Venite e vedete le opere di Dio, terribile nel suo agire sugli uomini.
6 Egli cambiò il mare in terraferma; passarono a piedi il fiume: per questo in lui esultiamo di gioia.
7 Con la sua forza domina in eterno, il suo occhio scruta le genti; contro di lui non si sollevino i ribelli.
8 Popoli, benedite il nostro Dio, fate risuonare la voce della sua lode;
9 è lui che ci mantiene fra i viventi e non ha lasciato vacillare i nostri piedi.
10 O Dio, tu ci hai messi alla prova; ci hai purificati come si purifica l'argento.
11 Ci hai fatto cadere in un agguato, hai stretto i nostri fianchi in una morsa.
12 Hai fatto cavalcare uomini sopra le nostre teste; siamo passati per il fuoco e per l'acqua, poi ci hai fatto uscire verso l'abbondanza.
13 Entrerò nella tua casa con olocausti, a te scioglierò i miei voti,
14 pronunciati dalle mie labbra, promessi dalla mia bocca nel momento dell'angoscia.
15 Ti offrirò grassi animali in olocausto con il fumo odoroso di arieti, ti immolerò tori e capri.
16 Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio, e narrerò quanto per me ha fatto.
17 A lui gridai con la mia bocca, lo esaltai con la mia lingua.
18 Se nel mio cuore avessi cercato il male, il Signore non mi avrebbe ascoltato.
19 Ma Dio ha ascoltato, si è fatto attento alla voce della mia preghiera.
20 Sia benedetto Dio, che non ha respinto la mia preghiera, non mi ha negato la sua misericordia.
_________________Note
66,1 Orante e comunità rivolgono la preghiera di lode a Dio in questo salmo di ringraziamento che rievoca le grandi opere del Signore nell’esodo e invita a riconoscere la sua presenza salvifica anche nel presente di Israele, sottoposto a una dura prova. Il credente viene invitato a riconoscere nella propria storia personale i segni della salvezza operata da Dio e a esprimere la sua gratitudine e gioia nella solenne liturgia del tempio.
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Approfondimenti
Canto di lode e di ringraziamento Salmo di ringraziamento collettivo (+ motivi innici)
Il salmo rivela una rigorosa simmetria redazionale. Nei v. 12 e 13 si passa dal “noi” all'“io” (segno di un'originaria esistenza indipendente dei due brani diversi, poi giustapposti?). Ma nonostante ciò si può sostenere l'unità della composizione. Così alla voce della collettività liturgica subentra quella del solista (ma sarebbe più pensabile l'inverso). Tra i vv. 1-2 e 20 c'è un'inclusione circa la «lode del Signore». Nel v. 5 si trova l'invito «Venite e vedete» e nel v. 16 «Venite, ascoltate». Nei vv. 1-5 il metro nel TM è di 4 + 4 accenti e negli altri versetti di 3 + 3. La simbologia è liturgica, spaziale, temporale, somatica, della prova e teologica.
Divisio-ne: * vv. 1-4: invito a celebrare l'azione cosmica e storica di Dio; * vv. 5-7: invito a celebrare l'azione storica passata di Dio; * vv. 8-12: invito a celebrare l'azione storica recente di Dio; * vv. 13-15: proposito di ringraziamento liturgico; * vv. 16-20: invito a celebrare l'azione storica personale di Dio.
v. 1b. «da tutta la terra»: alla lett. «o tutta la terra». cfr. v. 6. Il salmista chiama tutto il mondo a lodare Dio, la meraviglia delle sue opere e per la grandezza della sua potenza, cui nessun nemico può resistere (v. 3).
vv. 5-7. Dopo un rinnovato invito, questa volta, a vedere le opere di Dio (v. 5), l'orante passa in rassegna le azioni salvifiche di Dio nell'esodo dall'Egitto: il passaggio del Mar Rosso nell'uscire dall'Egitto (Es 14-15) e il passaggio del fiume Giordano nell'entrare nella terra promessa (v. 6) (cfr. Gs 3, 7-17), e invita i ribelli a non inorgoglirsi davanti a Dio (v. 7).
v. 10. «al crogiuolo»: è un'operazione di purificazione che si riferisce al campo della metallurgia. L'immagine è frequente nella Bibbia, cfr. Is 48,10; Ger 6,29; 9,6; Sal 12,7; 17,3. La «prova» è costituita dall'esilio.
v. 11. «un peso ai nostri fianchi»: perseguendo l'immagine venatoria di un uccello che incappa in una rete («agguato»), l'espressione «un peso ai fianchi» indica un bloccaggio maggiore del volatile impigliato nella rete per non farlo scappare.
v. 12. «cavalcare uomini sulle nostre teste»: è un'espressione originale e pittoresca. Il testo ebraico è oscuro e dà adito a varie interpretazioni. Può richiamare il gesto del vincitore che pone il piede sul collo del vinto come atto di supremazia (Gs 10,24; Sal 110, 1; 2Mac 3,25; 5,2-3; Zc 1,8); ma il gesto è compiuto in movimento («hai fatto cavalcare»), perciò cfr. Is 51,23. Tuttavia sembra più verosimile l'interpretazione del testo in senso traslato; si riferisce quindi a un dominio umiliante, ma non tanto da arrivare all'annientamento delle persone, perché il testo accenna «al sollievo» successivo (cfr. Is 40,1-2). «per il fuoco e per l'acqua»: è un'espressione polare per indicare ogni genere di prove, cfr. Is 43,2.
v. 16. L'orante invita tutti i presenti, timorati di Dio, a partecipare al suo sacrificio di ringraziamento, e ad ascoltarne i motivi.
v. 18. «Se nel mio cuore avessi cercato il male..»: l'espressione, per la difficoltà del testo originale, è soggetta a varie interpretazioni. Qui si tratta comunque più probabilmente di una “protesta di innocenza” del salmista; per il v. 19 cfr. Sal 5,2-3; 55,3; 61,2; 86,6; 130,2; 142,7.
v. 20. «Sia benedetto Dio...»: è una solenne benedizione (= ringraziamento-lode) al Signore che fa inclusione con i vv. 1-2. Il salmista menziona nello stesso versetto la sua preghiera di supplica e la misericordia divina, la sua (fiduciosa) domanda e la (pronta) risposta di Dio.
(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
Sparanise. Convegno del giornalista Palmesano il 17 maggio
Si terrà nella cittadina dell'Agro Caleno una manifestazione anticamorra a cura del giornalista Enzo Palmesano. L'evento sulla falsariga di quello tenutosi a Calvi Risorta nella sala consiliare, si terrà se non ci saranno intoppi, il prossimo 17 maggio.
“Lo scenario – fanno sapere gli organizzatori in una nota stampa – è quello dell’Agro caleno: appunto Sparanise, Calvi Risorta e Pignataro Maggiore, famigerati paesi in varie stagioni tutti e tre sciolti per mafia. Interverrà, tra gli altri, Salvatore Minieri, giornalista professionista e scrittore (autore del libro “Pascià – Il clan dei casalesi è nato in una discoteca”, Edizioni Italia), che illustrerà le inchieste giornalistiche sul territorio e i motivi dello scioglimento di Sparanise. Conclusioni di Sergio Tanzarella, professore ordinario di Storia della Chiesa alla Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli (Sezione San Luigi), curatore del volume “Raffaele Nogaro – 90 anni di radicale mitezza” e autore del libro “Don Peppino Diana – Un prete affamato di vita”, pubblicati entrambi dalla casa editrice “Il Pozzo di Giacobbe”. L’atteso discorso del prof. Sergio Tanzarella conterrà ampi riferimenti all'impegno del vescovo emerito Raffaele Nogaro e al martirio di don Peppe Diana”.
podcast di radio popolare, 9 apr.: paolo pezzino presenta “andare per i luoghi della resistenza”slowforward.net/2025/04/10/pod…
15 aprile, roma, libreria tomo: “forse che sì. joyce tra pascoli e gadda”, di andrea cortellessaslowforward.net/2025/04/10/15-…
"in 6 months israel has killed in Gaza more children than the number of...
[provetecniche]dicono [dell'amnistia] produce l'opuscolo la natura è imprevedibile un fermo di o da [cinevision un tropo] scalcinato la stele di Rosetta pieghevole il menarini solubile o Tristan con le feluche [Pappano und Isolde lampada da tavolo] camera orientata lo zero] coincide con l'esempio l'anticamera] la colazione inclusa i] veleni aderiscono al palato] seconda lampada studiano gli anticorpi le postille] tutte
difficile comprendere se con write.as / writefreely / noblogo è possibile visualizzare una lista dei post fatti nel tempo. da nessuna parte compare il link per trovare questo elenco, che è indispensabile per editare, riproporre, e in qualsiasi modo ritrovare i vecchi post. forse un limite grave. inaggirabile?
L'unico modo per guarire è a volte lasciare che la sofferenza colmi le nostre debolezze come la sabbia e il detrito di una morena riempiono un crepaccio. Non ho altra risposta al chiedermi cosa farei di diverso oggi da dieci anni fa. Non c'è altro rimedio a certe malattie che l'ottusa perseveranza del tempo e il lasciare che sia. Solo mi spiace per chi ha dovuto sopportare la mia debolezza.
Fatboy Slim - You've Come a Long Way Baby (1998)
You've Come a Long Way, Baby è il secondo album in studio di Fatboy Slim, un progetto del produttore di musica elettronica inglese Norman Cook. Fu pubblicato per la prima volta il 19 ottobre 1998 nel Regno Unito dalla Skint Records e il giorno dopo negli Stati Uniti dalla Astralwerks. Cook registrò e produsse l'album nel suo studio di casa a Brighton, noto come House of Love, utilizzando un computer Atari ST, software Creator e floppy disk. La foto sulla copertina dell'album fu originariamente scattata al Fat Peoples Festival del 1983 a Danville, in Virginia; per l'uscita nordamericana, la copertina dell'album fu modificata con l'immagine di scaffali pieni di dischi. “You've Come a Long Way, Baby” si è rivelato l'album di successo mondiale di Cook, raggiungendo il primo posto nella classifica degli album del Regno Unito e il numero 34 nella Billboard 200 statunitense. Lodato dalla critica per il suo sound e il suo stile, l'album ha attirato l'attenzione internazionale su Cook, facendogli vincere un Brit Award nel 1999, e in seguito è stato certificato quattro volte disco di platino dalla BPI e disco di platino dalla RIAA. Dall'album sono stati estratti quattro singoli: “The Rockafeller Skank”, “Gangster Tripping”, “Praise You” e “Right Here, Right Now”, tutti e tre entrati nella top ten della classifica dei singoli del Regno Unito. Anche “Build It Up – Tear It Down” è stato pubblicato come singolo promozionale.
Ascolta: album.link/i/1435842681
SALMO - 65 (64)
INNO DI RINGRAZIAMENTO A DIO PER LA SUA BONTÀ1 _ Al maestro del coro. Salmo. Di Davide. Canto._
2 Per te il silenzio è lode, o Dio, in Sion, a te si sciolgono i voti.
3 A te, che ascolti la preghiera, viene ogni mortale.
4 Pesano su di noi le nostre colpe, ma tu perdoni i nostri delitti.
5 Beato chi hai scelto perché ti stia vicino: abiterà nei tuoi atri. Ci sazieremo dei beni della tua casa, delle cose sacre del tuo tempio.
6 Con i prodigi della tua giustizia, tu ci rispondi, o Dio, nostra salvezza, fiducia degli estremi confini della terra e dei mari più lontani.
7 Tu rendi saldi i monti con la tua forza, cinto di potenza.
8 Tu plachi il fragore del mare, il fragore dei suoi flutti, il tumulto dei popoli.
9 Gli abitanti degli estremi confini sono presi da timore davanti ai tuoi segni: tu fai gridare di gioia le soglie dell'oriente e dell'occidente.
10 Tu visiti la terra e la disseti, la ricolmi di ricchezze. Il fiume di Dio è gonfio di acque; tu prepari il frumento per gli uomini.
Così prepari la terra:11 ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli.
12 Coroni l'anno con i tuoi benefici, i tuoi solchi stillano abbondanza.
13 Stillano i pascoli del deserto e le colline si cingono di esultanza.
14 I prati si coprono di greggi, le valli si ammantano di messi: gridano e cantano di gioia!
_________________Note
65,1 Ambientato forse nel contesto di una festa agricola, questo inno di lode e di ringraziamento si innalza dalla benedizione di Dio, visibile nel ritmo quotidiano del lavoro della terra e nello splendore della natura, alla glorificazione di lui, Creatore e Signore dell’universo.
65,10 Il fiume di Dio: indica, secondo le più antiche rappresentazioni dell’universo, le acque al di sopra del cielo, con le quali Dio feconda la terra mediante la pioggia.
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Approfondimenti
Ringraziamento per il perdono e per i frutti della terra Salmo di ringraziamento collettivo (+ motivi innici)
Il salmo è da iscriversi al periodo del post-esilio, data la sua portata universalistico-escatologica (cfr. Is 30,23; 51,3; Ez 47; Zc 14,8). Dio è rappresentato come colui che domina le forze del cosmo e della storia (v. 8) e come agricoltore (vv. 10-14). Il nome Dio si trova nei vv. 2.6.10 in funzione strutturante, all'inizio delle tre sezioni che formano il salmo. La prima di esse (vv. 1-5) è collegata con la seconda (vv. 6-9) dalla relazione ascoltare-rispondere (v. 3.6), la seconda e la terza (vv. 10-14) hanno in comune il verbo kwn (all'hifil), tradotto con «rendere saldo» nel v. 7, e «far crescere» nel v. 10. Nei LXX il titolo del salmo, oltre Davide, menziona anche Geremia ed Ezechiele. La simbologia è liturgica, cosmica e agricola.
Divisione:
- vv. 2-5: Dio che perdona attira in Sion;
- vv. 6-9: Dio salvatore e creatore;
- vv. 10-14: Dio agricoltore, conservatore e provvidente.
vv. 2-3. «A te... a te..»: quest'espressione anaforica sottolinea con insistenza il fervore della riconoscenza dell'orante. «viene ogni mortale»: alla lett.: «ogni carne». La voce «carne» (bāśār) designa l'uomo in quanto fragile, debole, mortale (cfr. Sal 78,38-39). Il salmista è certo che ogni uomo salirà al tempio di Gerusalemme per la lode di ringraziamento, cfr. Is 2,2-4 = Mic 4,1-3; Is 66,23. C'è un'apertura universalistica (cfr. anche v. 6). Il TM inizia il v. 2 con l'espressione: «Per te il silenzio (dumiyyâ) è lode»: un mistico raggio folgorante di luce!
v. 4. «Pesano su di noi...»: per il sincero e giusto ringraziamento è necessario premettere il perdono dei peccati preceduto dall'atto penitenziale. Si accenna alla confessione delle colpe (cfr. Sal 15; 24; 26) e alla loro oppressione come un peso insopportabile (cfr. Gn 4,13), da cui Dio libera. «tu perdoni..»: alla lett. «tu li copri» (tᵉkapp ᵉrēm) nel senso di farli scomparire, dimenticare efficacemente, cfr. Sal 32,1-2. Il verbo kpr (coprire) è un verbo cultuale, legato specialmente al giorno dell'Espiazione (Kippur) (cfr. Lv 16), e avente come soggetto il sacerdote. Qui il salmista invece elimina la mediazione umana attribuendola direttamente a Dio. È Dio che perdona riabilitando l'uomo.
v. 5. «Beato..»: la prima strofa termina con una beatitudine fortemente concisa nella forma. Nella teologia del peccato si intravvede in essa l'aspetto positivo del perdono, che ristabilisce il rapporto di alleanza e di comunione con Dio («abitare nei suoi atri...»)
v. 6 «Con i prodigi... tu ci rispondi...»: alla lett. «Con i segni». Dio che «ascolta la preghiera» (v. 3a) risponde con i fatti, compiendo meraviglie di salvezza e di creazione, segni della sua «giustizia» (fedeltà al suo disegno salvifico). «speranza dei confini della terra e dei mari lontani...»: le espressioni indicano di per sé il bacino del Mediterraneo, ma in senso traslato segnano un'apertura universalistica. Dio è speranza di salvezza anche per gli altri popoli. Per le immagini e la portata teologica, cfr. Is 49,1.6; 66,18-20; Sal 72,8-11.
*vv. 7-8**. «Tu rendi saldi i monti.... Tu fai tacere...»: ci si riferisce all'opera creatrice di Dio, con accenni a elementi cosmogonici delle mitologie dell'antico Oriente, di cui anche la Bibbia conserva tracce, cfr. Sal 40,3; 74,23; Is 17,12-13; 51,9-10.
v. 9. Il salmista descrive una reazione cosmica di stupore e di giubilo: sia gli uomini, sia la natura gioiscono davanti alle azioni meravigliose di Dio (cfr. Sal 98,3).
vv. 10-14. In quest'ultima strofa si cambia scena, ritmo e stile. Il motivo della lode, del ringraziamento e della gioia si restringe in questi versetti al dono della pioggia fecondatrice della terra. Dio provvidente è visto come un esperto e premuroso agricoltore o padre di famiglia.
v. 10. «Tu visiti..»: anche la pioggia, tanto gradita, desiderata e apprezzata come un autentico dono di Dio alla terra d'Israele (cfr. Dt 8,15), è paragonata a una «visita» di Dio (cfr. Sal 8,5; 17,3; 31,6; 80,15; 106,4). «Il fiume di Dio...»: è rappresentazione mitologica delle acque superiori del cielo con le quali Dio manda la pioggia sulla terra (cfr. Gn 7,11; 8,2).
(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
🖊️ Pensieri
La gentilezza non è un gesto straordinario, ma uno sguardo che vede ciò che spesso passa inosservato, un sorriso silenzioso, un grazie appena sussurrato. La gentilezza è ascoltare le parole degli altri, anche quelle non dette, senza giudicare e lasciare che l’altro si racconti senza fretta. La gentilezza è il tempo che dedichi, è avere il coraggio di rallentare, di scegliere il dialogo o anche il silenzio.. La gentilezza è la delicatezza, di chi sa che le parole possono curare, ma anche ferire, saper scegliere la via che lascia meno cicatrici, è un gesto disinteressato, una parola, una piccola attenzione, di chi sa anche semplicemente ascoltare.
[rotazioni]fatto] [che distingue dove] fanno il profilo della noncurante mancanza di profilo il proiettile il rettifilo non] si può parlare perché non è possibile utilizzare il formato per dimenticanza di una nuova macchina che scatta alla luce senza] catalizzatori di luce senza sensori o casella] altro [cliccano diffondono e non si conosce la data la regola del numero di telefono incessante che si occupa della messa al] [muro] fine della fine provvisoria prefisso come] omettere come] manca una regola dei prefissi stranezze strange overtones il piatto] piange sottostimato
LUI e l’arte sottile di rovinare tutto (con stile)
(Lui cammina da solo nel giardino. Le mani in tasca, il cielo sopra... e sotto?… i cocci sparsi dei suoi pensieri. Parla tra sé e sé. O forse con Lei. O forse con quella parte di sé che l’ha lasciata andare.)
LUI (voce interiore, nitida e stanca):
C’era ancora tanto da dire. C’era. Tempo passato. Come le occasioni. Come te.
Ma io... io ho fatto la cosa più codarda del mondo: ti ho amato in silenzio. E poi ti ho lasciato andare con ancora più silenzio. Non uno scatto, non una scena. Nemmeno un litigio epico con pioggia e orchestra.
Solo la porta che si richiude. E io, che non ho nemmeno avuto il coraggio di guardare indietro.
Hai presente quei sogni che sembrano veri, che ti svegli col cuore che batte come un tamburo, e ti serve un caffè doppio e due bugie per ricominciare la giornata? Ecco. Tu sei quel sogno lì. Solo che io non mi sono mai davvero svegliato.
Sento ancora il suono della tua risata. Fastidiosamente viva. Come una notifica che non si può silenziare. Mi hai lasciato dentro un’eco. Una specie di “ti amo” che rimbalza, ma senza più nessuno che lo raccolga.
E le parole? Ah, le parole. Sono arrivate tutte dopo. Quando non servivano più. Quando ormai parlavo con il tuo ricordo, non con te.
Ti penso nel cielo stellato. Sì. Ma anche nel supermercato, quando vedo i biscotti che ti piacevano. Nella macchina accesa mentre aspetto qualcuno che non arriva. Nella piega del cuscino che a volte somiglia al tuo profilo.
E tu? Sei sparita bene. Come fanno le donne forti: senza fare rumore, ma lasciando dietro un’esplosione silenziosa.
E io... Io ti conservo. Nel cognome che porto. Nelle parole che non dico. In quella parte del cuore che ormai ho affittato alla memoria. _____________________________________________ Ci sono amori che non finiscono. Si mimetizzano nel tempo. E diventano il metro con cui misuri tutto ciò che verrà dopo. _____________________________________________
LEI sotto le stelle (con vento laterale di scirocco)
( Lei è seduta su una panchina nel giardino di Mirabell. È sera. Le statue la guardano — o forse è solo una suggestione poetica. Lei parla da sola, ma in realtà parla a Lui. A sé. A tutti gli amori non richiesti.)
LEI (voce interiore, ma a volume pieno):
Solo un giorno. Uno. Neanche abbastanza per litigare — pensa che lusso. Un giorno bastò per farmi sentire viva. E un bacio… Quel bacio era un’onda, sì. Furtiva, liquida. Notturna. Blu. Insomma, praticamente una poesia d’acqua. Ma anche uno tsunami emotivo con tanto di postumi.
E ora? Ora sono qui. In mezzo a statue ingessate da secoli, che almeno hanno la decenza di restare dove le metti. Tu no. Tu eri una promessa che ha fatto retromarcia col freno a mano tirato. E nemmeno uno specchietto per salutare.
Mi dici che mi pensi. Che mi vedi nelle nuvole, nei campi, nelle farfalle. Ma ti pare? Io voglio essere nei tuoi progetti, mica in metafore da cioccolatino. Voglio essere sabato sera, non domenica pomeriggio.
Eppure… A bacio estinto, mi si scolpì un sorriso. È vero. E non è nemmeno male, sai? Mi sta bene. Fa pendant con la dignità che ho cucito a mano dopo che te ne sei andato.
Forse ero io che cercavo eternità in un momento. Tu cercavi il momento e basta.
E adesso sto qui. Statua tra statue. Regina di un giardino che non fiorisce mai allo stesso modo. Ma che almeno non mente. Non scompare.
E mentre penso a tutto questo, mi viene da ridere. E poi da piangere. E poi da ridere di nuovo. Che è il modo più elegante di accettare il fatto che ti ho amato. _________________________________________________________________ A volte le storie che ci spezzano il cuore sono le stesse che ci insegnano a tenerlo in mano senza tremare. A volte l’amore non finisce, semplicemente cambia forma. Diventa eco, sguardo, o una battuta che fa ancora male — anche se ci ridiamo sopra. _________________________________________________________________
Notti insonni, finestre e vite altrui immaginate.
Ai tempi dell'università, complice l'essere caduto nel tunnel di Final Fantasy XI con tutte le sue meccaniche assuefacenti da MMORPG, a poco a poco avevo preso l'abitudine di fare sempre più tardi la notte. Prima di cedere al sonno e andare a letto però, mi ritrovavo ad affacciarmi dalla finestra della mia stanza e guardare gli scorci del mio quartiere avvolti da un buio via via più flebile all'affacciarsi dell'aurora dal mare. A dirla tutta per lo più maledicevo il palazzo di fronte, alto giusto quel piano che bastava a tagliarmi la visuale di parte del centro storico e soprattutto della cattedrale, lasciandone scoperte giusto le punte delle guglie e della cupola. Però in quel palazzo, un paio di piani sotto al mio, c'era una per certi versi rassicurante certezza: ogni volta che tiravo fino a quell'ora, trovavo sistematicamente un uomo affacciato alla sua finestra. Abbastanza in là con gli anni, un viso da Novello Novelli un po' meno smunto, con indosso una canottiera bianca e un'immancabile sigaretta in mano, era sempre lì a compiere quello che probabilmente era il suo rito quotidiano post risveglio, anche se la sua vista sfortunatamente si limitava a un altro brutto palazzo costruito durante la speculazione edilizia degli anni '60 e alla strada sottostante. Flashforward di più di una dozzina d'anni, nel periodo post Covid. La stanza è ancora quella e io ho ripreso a fare sempre più tardi, arrivando spesso a vedere l'alba. Continuo a maledire il palazzo di fronte per la visuale di cui mi priva ma questa volta non vedo nessuno affacciarsi da quella finestra. Gli anni passati (e la pandemia) non lasciano spazio a tante spiegazioni alternative alla sua assenza.
Non ho mai interagito con lui, anche se forse in un occasione o due i nostri sguardi si sono incrociati per un istante, ma ammetto che un paio di volte sono andato a dormire chiedendomi chi fosse e immaginandomi quali storie potessero nascondersi dietro a quel volto da attore da commedia dallo sguardo malinconico. Ovviamente notte veniva fuori qualcosa di diverso e senza una conclusione, visto che il sonno rimandato troppo a lungo era lì pronto a prendermi...
All'epoca non lo sapevo ma, in senso molto lato, in qualche modo stavo anticipando lo spirito di un GDR indie che avrei scoperto molto più tardi e in cui di fatto si raccontano le vicende di una casa e della famiglia che la abita.
Sì, alla fine questo treno di pensieri nato dalla notizia di un lutto e dell'inevitabile sensazione di spaesamento per il tempo che passa è stato dirottato verso una stazione più comoda e familiare rispetto al riversare su internet un'intera catena di ricordi intimi, e quindi anche questo post è diventato un pretesto per parlare nuovamente di un gioco, come temo accadrà spesso. Se l'argomento non vi interessa potete saltare tutta la parte che segue e non vi perderete niente 😅
La casa sul confine dei ricordi...
House of Reeds di Sam Kabo Ashwell, di cui trovate qui la traduzione italiana fatta da Antonio Amato, è un gioco che potrebbe risultare decisamente atipico per chi da questo medium si aspetta avventure, combattimenti, punti esperienza, ecc. Quanto atipico? Giusto per fare un esempio, ɜ giocatorɜ non avranno un personaggio di loro “proprietà” ma sceglieranno di volta in volta quali personaggi vogliono in scena.
E il resto come funziona? Sintetizzando il più possibile un regolamento già breve, per cominciare le persone al tavolo stabiliranno assieme i cardini dell'ambientazione, dopo di che a turno contribuiranno a creare prima una mappa/planimetria della casa e infine il cast dei personaggi che la abitano. Una volta creata l'ambientazione si può cominciare a giocare: chi è di turno pescherà una carta con sopra uno spunto narrativo che dovrà essere portato in scena, quindi dirà in che stagione e in quale stanza ci troviamo, descrivendo anche un particolare che la rende diversa dal solito (e segnandolo nella planimetria se si tratta di qualcosa di sufficientemente importante e duraturo), chi è presente al suo interno e infine procederà con la narrazione.
Una carta che idealmente dovrebbe spuntare nel “mazzo” di ogni famiglia
Quando tuttɜ ɜ giocatorɜ avranno narrato una scena, nella fiction sarà passato un anno; si aggiorneranno le età dei vari personaggi e si procederà a ricominciare il giro da capo e così via fino alla conclusione della giocata, che avverrà quando vorranno i giocatori (un buon momento per chiudere è dopo aver pescato carta Trasloco).
Fondamentalmente questo è tutto. Rispetto ad altri giochi senza GM però qui c'è un'ulteriore particolarità: anche se l'autore nelle 8 pagine scarse del manuale lo dà per scontato non specificandolo da nessuna parte, sarà solamente lə giocatorə di turno a narrare la scena senza assegnare personaggi ad altrɜ giocatorɜ o coinvolgerli per farli dialogare; l'interazione sta nel prendere quanto hanno già creato lɜ altrɜ ed espanderlo scena dopo scena.
...la stessa sempre, come tu la sai
Una cosa da tenere a mente è che la costante indiscussa di tutto il gioco è la casa. Grazie alle carte pescate potrebbe accadere che la famiglia si espanda o che perda qualche componente, o perfino che a un certo punto traslochi in blocco, ma qualsiasi cosa succeda, la casa sarà sempre lì, pronta ad accogliere ogni nuova famiglia che eventualmente la abiterà.
Va anche detto che in House of Reeds casa e famiglia sono concetti molto laschi: la casa può essere qualunque luogo vogliamo e la famiglia qualsiasi gruppo di persone che vive al suo interno. Una caverna e un gruppo di Neanderthal sono casa e famiglia? Certo che sì. Un laboratorio di ricerca sottomarino pieno di personale scientifico? Altrettanto. L'ultimo avamposto dell'umanità al confine con il Nulla e ɜ Guardianɜ che devono impedire che si espanda in quel che resta del mondo? E chi sono io per dirvi no?
E una roba ispirata a Star Trek (disegnata malissimo su Tabletop Simulator ma toccava accontentarsi) ce l'abbiamo?
Questa ampiezza delle due definizioni mi ha portato a osservare un curioso fenomeno in tutte le partite che ho giocato finora: l'approccio Out There ha sempre prevalso sul Down Here, cioè nessuna delle persone coinvolte ha scelto di ambientare la giocata nel mondo “reale” raccontando davvero la storia di una famiglia “normale”, ma piuttosto ha scelto sempre elementi fantastici o il più lontano possibile dalla quotidianità, e la cosa un po' mi dispiace.
Non fraintendetemi, anche “là fuori” sono venute fuori delle belle storie condivise; ricordo ancora con molto piacere la giocata in cui la casa era una nave pirata e la famiglia la sua ciurma, solo che più andavamo avanti più emergeva che quella nave era qualcosa di fuori dal tempo, destinata a navigare in mare aperto da e per chissà quanto, e che invece di trovare un approdo incontrava man mano navi sempre più moderne e potenti, ma anche se terrorizzata la ciurma veniva spinta a combattere dalla tonante voce di un capitano sempre chiuso nella sua cabina e che nessuno ricorda di aver mai visto di persona. La giocata si è conclusa col Trasloco, che in questo caso è stato il tanto agognato avvistamento della terra. Solo che una volta scesi si sono trovati di fronte a un'isola con uno strano fenomeno: due soli in direzione opposta, uno ormai al tramonto e l'altro al principio dell'alba. La ciurma sceglie di andare verso l'alba, tranne il nostromo che di ricominciare da capo non ha voglia e si incammina verso ovest, sperando di trovare la pace mentre osserva la nave ormai priva di equipaggio salpare verso chissà dove.
Capisco perfettamente perché in moltɜ preferiscano provare nel gioco di ruolo qualcosa di totalmente estraneo alla propria vita quotidiana, ma imho House of Reeds è il gioco giusto per lasciarsi andare e provare a giocare una storia che coinvolga anche un uomo attempato che inizia le sue giornate fumando affacciato a una finestra mentre guarda con espressione imperscrutabile la strada sottostante, che a volte c'è bisogno anche di toccare quelle corde ed è un peccato rinunciarci, un po' per partito preso, un po' per non uscire dalla propria comfort zone.
In ogni caso questo è un GDR che merita a prescindere dall'approccio con cui lo volete giocare; dategli una chance se potete e scoprite che storie verranno fuori dalle vostre case.
Hashtag rilevanti: #RobsCabinetOfMemories, #RobsCabinetOfGDR, #GDRSegreto
Un'occasione assai importante - a mio giudizio - per la messa a fuoco...
Un'occasione assai importante – a mio giudizio – per la messa a fuoco dell'asemic writing, delle sue articolazioni: “Scrittura asemica. Il segno prima del senso e senza padroni”: dal 26 aprile a Genova, al Centro studi per l’analisi del linguaggio, che conserva materiali preziosissimi di Vincenzo Accame.
Info e comunicato stampa si possono trovare all'indirizzo slowforward.net/2025/04/09/scr…
Chi è a Genova o può trovarsi lì all'inaugurazione non manchi di ascoltare la conferenza “Genealogie e derive della scrittura asemica”, di Felice Accame e Sandro Ricaldone
#asemic #asemicwriting #scritturaasemica #segno #segni #vincenzoaccame #feliceaccame #sandroricaldone
Hollow Knight, recensito da un creator che non ama(va) Hollow Knight
Ci sono giochi di cui è difficile parlare bene. Ci sono giochi di cui è difficile parlare male. E poi ci sono giochi di cui è difficile parlare, specialmente perché il proprio parere dipende dalle circostanze in cui esso è stato formulato. Questo perché i giochi “importanti” ti toccano dentro, interagiscono col tuo stato d'animo, lo modificano, diventano parte attiva di ciò che sei durante l'avventura che ti fanno vivere, e lo restano per molto, molto tempo. C'è anche un altro concetto da considerare, ovvero che una cosa è vivere un videogioco per sé stessi, come esperienza individuale, come fanno (fortunatamente) la maggior parte dei videogiocatori, e tutt'altra cosa è utilizzare un videogioco come mezzo col quale generare intrattenimento per un pubblico. Nel primo caso, il gioco sta sul palco, e tu sei tra il pubblico, e decidi se applaudire o fischiare. Nel secondo caso, tu stai sul palco insieme al gioco, diventi un'altra variabile che fa applaudire o fischiare il pubblico che sta in platea, e se non vai d'accordo con l'altro ingombrante inquilino del palco è un grosso problema, specialmente considerando che tu non sei nessuno, e l'altro magari è famoso, universalmente apprezzato e acclamato. Forse, se non ti ci trovi bene, il problema sei tu. Anzi, è molto probabile, e notando il tuo disagio, la platea non mancherà di fartelo presente. Però non vorrei parlarvi di questo. Questa è una recensione di Hollow Knight.
Estetica, design e poesia
Hollow Knight è un gioco bellissimo, dal punto di vista estetico. Non c'è zona che non abbia la propria identità, ma allo stesso tempo non c'è zona che non risulti armoniosa con le altre, perché il concetto che il gioco vuole esprimere è che Hallownest è un vero e proprio alveare, dove le creature trovano la propria casa e convivono sia con l'ambiente che con gli altri abitanti. È una metafora, che ci esprime la complessità e la fragilità di un mondo che, seppur alieno a noi, vale la pena salvare. Hollow Knight è un gioco che parla poco con le parole, ma tantissimo con le immagini. È criptico ma chiarissimo allo stesso tempo. La musica è parte integrante dell'aspetto grafico: precisa, mai invasiva, ma che collabora con ciò che vediamo con gli occhi al fine di esprimere un “mood” perfettamente coerente. Ci sono momenti in Hollow Knight dove l'impatto narrativo è comprensibile soltanto fermandosi a guardare, e ad ascoltare. La tristezza e la malinconia della City of Tears, l'opprimente strusciare di Deepnest, il mistero e l'anticipazione di Dirtmouth ci raccontano il luogo dove ci troviamo con chirurgica precisione senza pronunciare una sillaba. Certo, tutto ciò è chiaro e evidente se permetti a un gioco come Hollow Knight di parlarti, di raccontarti, di esprimerti questo suo “mood”. Non è qualcosa a cui il videogiocatore medio è abituato, specialmente considerando quanto solitamente si viene tenuti per meno, quanto le scelte registiche siano intente a farci notare gli elementi importanti e funzionali alla narrazione e lasciare il resto sullo sfondo. In Hollow Knight, ogni dettaglio è importante, ogni elemento grafico e sonoro ha un'importanza di lore e di gameplay. Il sound design è efficacissimo: quando vieni colpito, te ne accorgi inevitabilmente, e quell'istante di pausa nelle animazioni è sufficiente per permetterti di capire cosa hai sbagliato e ti permette di porti il problema su come non sbagliare la prossima volta. Allo stesso tempo, è immediatamente palese se ciò che stai colpendo sta subendo danni, o se è il caso di valutare una strategia differente. Naturalmente questo dialogo può avere luogo col giusto contesto. Ce ne sono tanti di adatti, ma di certo quello di trovarsi sullo stesso palco insieme al gioco, e con davanti il pubblico, non è un contesto che permette pause, riflessioni, introspezione. Questo perché il parere consolidato della “scienza” dell'entertainment sancisce che non puoi mai startene zitto, non puoi fermarti a riflettere, non puoi far passare neanche un secondo senza “dare spettacolo”, senza sforzarti di tenere il tuo pubblico con gli occhi incollati a te, specialmente considerando che il motivo per cui sono venuti nel tuo teatro è perché si aspettano che la tua presenza rappresenti un valore aggiunto rispetto al trascorrere il proprio tempo col tuo compagno di palco, estromettendoti dall'equazione. Che valore aggiunto dai, se ti fermi, zitto, e guardi? E ascolti? Un gioco come Hollow Knight è totalmente inadatto all'essere usato come strumento tramite il quale generare entertainment, specialmente se è la prima volta che lo giochi. Concentrandoti sul rapporto col pubblico, sei costretto a estromettere o quantomeno limitare il rapporto col videogioco, che sta parlando al pubblico ma soprattutto a te. E tu non lo ascolti, perché devi parlare, devi divertire, devi fare il giullare. Però non vorrei parlarvi di questo. Questa è una recensione di Hollow Knight.
Elegia della difficoltà
Hollow Knight è difficilissimo. Ok, l'ho detto, potete skippare questa sezione. Ah, siete ancora qui? Ok, allora riflettiamo un attimo. Che cosa significa che un gioco è “difficile”? Hollow Knight è uno di quei giochi che vengono in mente quando si parla di giochi “difficili”. Senza dubbio è perché si tratta di un titolo molto celebre, come d'altronde anche l'altro che viene in mente nello stesso contesto: Dark Souls. Una volta lessi una bellissima e concisa analisi: “Dark Souls non è difficile. Semmai, è severo.” ed è assolutamente vero. Hollow Knight, come anche Dark Souls, non ti spiega cosa devi fare, quando, o perché. Ciascuno dei due giochi ti offre la possibilità di personalizzare fino a un certo punto la tua esperienza di gioco, ma chi comanda rimane il gioco, non il giocatore. È il giocatore che deve adattarsi, usando gli strumenti che gli vengono dati, per superare le sfide. Il gioco non si inginocchia mai, non si piega di fronte alla frustrazione del giocatore. Il gioco ti invita a provare un'altra strada, un'altra strategia, ma assiste impassibile: sei tu a dover cambiare, non lui. Questa è una importante lezione di vita. Se devi spaccare un blocco di marmo, puoi provare a prenderlo a testate: il blocco di marmo non ti dirà se è giusto oppure no. Sarà la tua testa dolorante a suggerirti che forse può essere una buona idea provare un piccone. O un martello con un cuneo. O una carica di tritolo. Tutte soluzioni che in quel contesto possono funzionare, ma se l'ostacolo fosse “trovare un cappello che calza bene” dovrai avere la prontezza di tornare a utilizzare la testa: con la carica di tritolo non riuscirai a portare a termine la missione. Hollow Knight è difficile perché ti costringe a identificare la difficoltà e ad agire di conseguenza. Però, questo si potrebbe dire di fronte a qualsiasi difficoltà, no? Insomma, più o meno. Ci sono giochi dove puoi usare la stessa tattica dall'inizio alla fine del gioco, e funziona sempre. Ci sono giochi dove premendo un tasto si vince, o poco ci manca. Giochiamo ai videogiochi perché vogliamo un'esperienza narrativa interattiva: una storia dove una nostra azione ha una conseguenza. Altrimenti, se non c'è interattività, non è più un gioco: sarà un libro, un film, una canzone, ma non è un videogioco. I giochi “difficili” ci mettono di fronte a una situazione dove sono sempre di più le azioni di noi giocatori a fare la differenza, mentre nei giochi “facili” sono le azioni del personaggio, per lo più automatizzate. Non c'è il tasto “premi qui per vincere” in Hollow Knight. Non c'è l'accumulare punti esperienza per fare più danno e sostenere più ferite, che peraltro nell'altro esempio di gioco “difficile”, Dark Souls, invece è presente. Il personaggio diventa solo marginalmente più potente dall'inizio alla fine della storia. Chi diventa immensamente più forte è il giocatore. Le sezioni di platforming sono una chiara dimostrazione: all'inizio, superare un piccolo puzzle dove se sbagli vai a finire su una punta acuminata non è banale. Verso la fine, riesci a superare il Path of Pain nel White Palace. Non è il personaggio che è diventato più bravo a saltare, e le punte acuminate fanno lo stesso, letale danno. Sei tu giocatore che con le tue azioni hai sortito una conseguenza, non solo nel mondo di gioco, ma perfino nel tuo mondo reale: sai benissimo di essere diventato più bravo, e sai benissimo che è tutto merito tuo. Ecco perché ci piacciono i giochi difficili, più sono difficili e meglio è: perché siamo certi che, con il giusto impegno e tempo, riusciremo a conquistare anche quella difficoltà, che inizialmente ci sembrerà impossibile. Non c'è pensiero più confortante di questo, e forse è per questo che giochiamo ai videogiochi difficili: per dimostrare a noi stessi che siamo capaci di migliorare, di diventare più bravi, più forti, che siamo capaci di crescere. Hollow Knight, dicevo, è difficilissimo. Questa caratteristica è parte del suo fascino. Provare, riprovare, riprovare, riprovare, riprovare e infine riuscire è un processo indigesto, intenso, frustrante, e spesso bruttissimo e noiosissimo da vedere. Lo spettatore medio non vuole vedere un giocatore cadere per 100 volte nello stesso buco. E allora la pressione aumenta, perché stai facendo del tuo meglio e stai cadendo comunque nel buco, e ogni volta che ci cadi ti incazzi un po' di più, e più ti incazzi e meno sopporti qualcuno che in chat magari animato da buoni propositi ti spiega come fare, o peggio qualcuno che non aspettava altro per prenderti per il culo, o ancora peggio vedi che il tuo stream va male in quanto non stai offrendo l'entertainment che il tuo pubblico vuole, quel “valore aggiunto” che cercano da te. E più ti incazzi, e più è facile cadere in quel buco. E più ci cadi, e più ti incazzi. E più ti incazzi, e meno ti concentri, e meno impari, e più cadi nel buco, e più gente se ne va dal tuo pubblico, qualcuno forse per sempre. Che brutta idea scegliere un gioco come Hollow Knight da condividere con un pubblico. Però non vorrei parlarvi di questo. Questa è una recensione di Hollow Knight.
Una manciata di aghi nel pagliaio
Hollow Knight ha alcune scelte di game design un po' curiose. Mi rendo perfettamente conto che in tanti le difendano a spada tratta, ed è proprio questo il bello: non penso siano sbagliate o scorrette, penso che a me, personalmente, non facciano particolarmente impazzire. La prima, la più evidente, quella con cui si schiantano tutti: la mappa. Il fatto che la mappa di ciascuna zona in Hollow Knight inizi a essere gestita solo dopo averla acquistata da Cornipher e si aggiorni soltanto a un save point (raggiunto in vita, o in morte) è carino a livello di coerenza e “realismo”, ma è una scelta che rende il gioco artificialmente difficile, così anche il fatto che la bussola che permette di sapere dove ci troviamo nella suddedda mappa ci occupi uno slot dei charm. “Artificialmente” perché non si tratta di una difficoltà da superare, o meglio, è una limitazione imposta il cui superamento non rappresenta alcun premio, neanche la soddisfazione personale, o almeno questa è la mia percezione. È un elemento di frustrazione aggiuntivo, che pare qualcosa di implementato per il gusto di complicare l'esperienza di gioco. Altra scelta, diciamo, curiosa risiede nell'unica meccanica di personalizzazione del personaggio, ovvero i charm. I charm sono strani. Si tratta di potenziamenti che devi trovare in giro nella mappa, che influenzano marginalmente come il personaggio si comporta. Alcuni fanno schivare meglio e più spesso, altri allungano la portata dell'arma, altri aumentano il danno delle abilità o dell'attacco base. Non è un brutto sistema, anzi, è interessante che sia l'unico elemento di personalizzazione, ma in quanto tale rimane comunque molto limitato. I charm sono rilevanti, è vero, ma personalmente ritengo che lascino un po' l'amaro in bocca: potrebbero alterare davvero tanto la modalità di interazione col mondo di gioco, e invece salvo forse un paio non rappresentano gli stravolgimenti che potrebbero invece provocare. Il fatto è che comunque, essendo appunto l'unica modalità di personalizzazione, pur variando l'1% effettivamente la differenza si sente. Non so esprimere un parere finale su questa meccanica. Da un lato mi piace, dall'altro poteva essere molto di più. E il charm che permette di capire dove ti trovi nella mappa è orrendo. Il fatto è che giocando per la prima volta Hollow Knight avevo trovato tante cose in più che non riuscivo a sopportare. Avevo l'impressione di attraversare le piattaforme durante qualche salto complicato. Ero pronto a giurare che in tante istanze il nemico di turno non mi avesse veramente colpito, o che la posizione di qualche trappola fosse decisamente ingiusta. Ero fermamente convinto che la mappa fosse illeggibile, che il combattimento fosse noioso e monotono, che il platforming fosse solo e unicamente trial and error, che ci si perdesse in continuazione. Rigiocandolo, stavolta senza un pubblico, l'ho trovato molto più accessibile, molto più corretto, mai mi è capitato di subire danni senza sapere precisamente perché, e cosa dovessi fare la prossima volta per evitarlo (riuscirci ovviamente è un'altra storia!. Perché? Come può un gioco cambiare così tanto tra giocarlo da soli o giocarlo con (anzi, per) altri? Perché troviamo così difficile ammettere che le incomprensioni comunicative nel dialogo tra gioco e giocatore possono dipendere dal giocatore e dal rumore di fondo che lo circonda, fatto dalle aspettative del pubblico principalmente nel caso dei creator, piuttosto che ricadere sempre nelle stesse dinamiche di biasimare il gioco? O il controller, o “internet che lagga” e “la squadra avversaria che usa i cheat” se si trattasse di un gioco online? Hollow Knight mi ha mostrato incontrovertibilmente che si, magari nel pagliaio ci sono un po' di aghi, ma c'è anche un tronco di baobab, e il tronco in questione ero proprio io. O meglio, erano tutte quelle dinamiche che orbitano intorno al modo che mi sono imposto per generare intrattenimento utilizzando un videogioco. Forse, capire che questo modo di fare non va bene, mi ha reso un creator migliore. O per lo meno, mi ha reso conscio che la mia percezione di qualcosa che vedo per la prima volta sarà irrimediabilmente vessata dall'utilizzo che ne faccio. La reazione a una qualsiasi cosa non potrà mai essere veramente autentica se avviene per un pubblico, o per lo meno mai pari a quella che si avrebbe privatamente, anche perché chiunque abbia mai provato a creare intrattenimento sa benissimo che non basta puntarsi una telecamera in faccia, mettersi un microfono in bocca, e “giocare a un giochino”. Però non vorrei parlarvi di questo. Questa è una recensione di Hollow Knight.
L'originalità e la ripetizione
Non posso dire che la storia di Hollow Knight mi sia piaciuta. O meglio, probabilmente mi sarebbe piaciuta se prima non avessi giocato Dark Souls, e non avessi letto o guardato le altre storie a cui Hollow Knight si ispira. C'è una differenza interessante tra la storia ciclica raccontata in Hollow Knight e quella raccontata in Dark Souls, ed è un po' la differenza tra 1984 e Brave New World: in Dark Souls dobbiamo propagare quanto più possibile la falsa speranza rappresentata dalla fiamma, per mantenere più a lungo lo status quo, e in Hollow Knight dobbiamo combattere specificamente questa falsa speranza, di cui il regno è diventato schiavo. È difficile però non tracciare paralleli, anche perché come detto all'inizio, in questi anni se dici “videogioco difficile” ti viene in mente Dark Souls e Hollow Knight, principalmente. Ci sono anche tantissimi elementi di gameplay che li rendono simili: i falò e le panchine, la perdita di geo e la perdita delle anime quando si muore, le cure che richiedono tempo, il focus sui boss che rappresentano la vera metrica per sancire l'avanzamento lungo la storia, e molto altro. Sembra quasi voluto. Ovviamente, questi elementi non li ha inventati Dark Souls, ed è francamente ridicolo considerare Hollow Knight un souls-like, come è francamente ridicolo usare Hollow Knight come paragone per i metroidvania. Una volta ho letto in una recensione di Metroid Dread che il gioco si ispira a Hollow Knight, ovvero un gioco che si ispira a Super Metroid. Ma d'altronde non ci si può aspettare che un potenziale acquirente di un gioco in uscita abbia giocato Super Metroid, mentre per qualche motivo è più legittimo aspettarsi che abbia giocato Hollow Knight. Il problema però è che Hollow Knight non è un normale metroidvania. Certo, è un platform in 2d con focus sul combattimento e potenziamenti sequenzali che permettono di espandere le zone esplorabili. Però, tutti questi dettagli, tutti questi esempi di rilettura di elementi dati per assunto in questo genere, tutte queste particolarità che emergono solo quando lo si gioca attentamente, lo rendono un gioco maledettamente originale. Hollow Knight è un po' come quelle immagini che se le guardi con gli occhi socchiusi vedi qualcosa, mentre se ingrandisci l'immagine e guardi attentamente ti accorgi che il tuo cervello si stava inventando elementi che in realtà non ci sono, con una buona dose di pareidolia. La prima cosa che ho pensato quando ho avviato per la prima volta Hollow Knight è stata “Ok, vediamo cosa fa di diverso rispetto a Castlevania”, e così facendo mi sono rovinato l'esperienza, perché la mappa non è a quadretti e quindi è meno leggibile, perché non c'è la scelta delle armi e quindi è più monotono, perché non è in pixel art e quindi è più brutto, e via discorrendo. Stavo giocando a un gioco pensando a un altro. Ma sarò coglione? Il problema è che non siamo abituati all'originalità. Ovviamente, aggiungo: è parte della definizione di originalità. Però, per quanto sia ovvio, non riusciamo a definire qualcosa senza partire da ciò a cui somiglia. Quando uscì Doom venne definito “un'avventura in tre dimensioni”, e tutti i giochi “simili” che vennero dopo vennero chiamati “Doom-like” molto prima di essere naturalizzati in first person shooter, o fps. Così facendo, però, partiamo sempre e comunque da un punto di vista potenzialmente sbagliato: abbiamo ben chiaro in testa il paragone, e andiamo a caccia di ciò che questo gioco fa diversamente, negandoci di vedere il quadro nel suo insieme, fallendo nel considerare come tutti questi elementi definiscano un'identità a sé stante. Questo solitamente non è un grande problema: molti videogiochi sono proprio derivativi, ma quando ne spunta fuori uno veramente originale rischiamo di non accorgerci. E così anche in qualsiasi altra circostanza: di fronte a una nuova destinazione di viaggio tendiamo a paragonare il paesaggio con qualcosa di già visto, ascoltando un nuovo album di una band lo paragoniamo ai loro precedenti lavori, mangiando un piatto di pasta al sugo in un ristorante lo paragoniamo a come la faceva nostra nonna. Ci vuole uno sforzo non trascurabile a valutare le cose in quanto tali. Però non vorrei parlarvi di questo. Questa è una recensione di Hollow Knight.
Vi parlo di Hollow Knight
Il fatto è che io non saprei proprio parlarvi di Hollow Knight. Non è un gioco normale. Non è stata un'esperienza che posso descrivere senza parlare anche di tutto ciò che c'è girato intorno, tutte le considerazioni che mi ha obbligato ad affrontare. In giro si legge “Voto: 10”. Io i voti non li ho mai sopportati. Come si fa a riassumere con un numero un'esperienza interattiva, una narrazione in cui una parte di noi si stacca e diventa parte della storia stessa, un percorso a ostacoli al quale ci sottoponiamo di nostra sponte per il puro gusto di dimostrarci di essere in grado di superarlo? Ci sono tanti giochi come Hollow Knight. C'è chi vi potrebbe raccontare la stessa esperienza parlandovi di qualsiasi altro gioco, o addirittura di un libro, di una canzone, di un film, di un qualsiasi ricordo sul quale si decide di tornare, col sospetto che da un punto di vista diverso si scopra qualche altro dettaglio. Hollow Knight è ciò che mi ha insegnato che devo continuativamente mettere in discussione il mio punto di vista. Devo fare attenzione a come valuto qualcosa, perché il contesto di fruizione di un'opera è importante quanto l'opera stessa. Devo ricordarmi che quando sono seduto in una stanza da solo sono un persona, e quando sono di fronte a una platea sono un'altra persona. Non posso sapere se Hollow Knight vi provocherà le stesse riflessioni. Probabilmente no. Ma era proprio di questo che volevo parlarvi. Questa non era affatto una recensione di Hollow Knight.
Pavement - Slanted And Enchanted (1992)
Slanted and Enchanted è l'album di debutto in studio della band indie rock americana Pavement, pubblicato il 20 aprile 1992 dalla Matador Records. È l'unico album dei Pavement con il batterista Gary Young. L'album ha ricevuto il plauso della critica ed è considerato una pietra miliare per l'indie rock, con Rolling Stone che lo ha classificato al 199° posto nella sua edizione 2020 dei 500 migliori album di tutti i tempi. Nel 2007, l'album aveva venduto 150.000 copie.
Ascolta: album.link/i/1589229771
SALMO - 64 (63)
INVOCAZIONE DEL GIUSTO PERSEGUITATO1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.
2 Ascolta, o Dio, la voce del mio lamento, dal terrore del nemico proteggi la mia vita.
3 Tienimi lontano dal complotto dei malvagi, dal tumulto di chi opera il male.
4 Affilano la loro lingua come spada, scagliano come frecce parole amare
5 per colpire di nascosto l'innocente; lo colpiscono all'improvviso e non hanno timore.
6 Si ostinano a fare il male, progettano di nascondere tranelli; dicono: “Chi potrà vederli?”.
7 Tramano delitti, attuano le trame che hanno ordito; l'intimo dell'uomo e il suo cuore: un abisso!
8 Ma Dio li colpisce con le sue frecce: all'improvviso sono feriti,
9 la loro stessa lingua li manderà in rovina, chiunque, al vederli, scuoterà la testa.
10 Allora ognuno sarà preso da timore, annuncerà le opere di Dio e saprà discernere il suo agire.
11 Il giusto gioirà nel Signore e riporrà in lui la sua speranza: si glorieranno tutti i retti di cuore.
_________________Note
64,1 La figura del malvagio domina in questa lamentazione, che contiene l’invocazione di aiuto rivolta a Dio dal giusto perseguitato.
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Approfondimenti
Dio libera dalla congiura dei malvagi Supplica individuale
Insieme al Sal 54 questo salmo può essere considerato un modello per il genere delle “Suppliche individuali”, cui si accenna specificamente nel v. 2. I suoi tratti sono piuttosto generici, sebbene si adoperino immagini simboliche molto vivaci. Nonostante il TM sia abbastanza compromesso, si riescono a intravvedere le linee generali del componimento. L'azione si muove intorno al triangolo classico dei tre personaggi: Dio, io (= l'orante), essi (= i nemici). C'è l'immagine di Dio arciere (v. 8). Nel testo originale si trova un caso di paronomasia nei vv. 5-6. La simbologia è prevalentemente bellica, ma c'è anche quella somatica e della parola.
Divisione:
- vv. 2-3: appello introduttivo;
- vv. 4-7: congiura dei nemici;
- vv. 8-9: loro sconfitta;
- vv. 10-11: conclusione: lode corale.
v. 2. «del mio lamento»: alla lett. «nel mio lamentarmi». Il lamentarsi (syḥ) è il gemere nascosto, il sussurrare, come la preghiera di Anna, madre di Samuele al santuario di Silo (1Sam 1,15-16), cfr. Gb 7, 11.
v. 3. «congiura... tumulto...»: il salmista chiede protezione contro le macchinazioni dei suoi nemici, che in segreto preparano un complotto contro di lui.
v. 4. «Affilano la loro lingua...»: c'è la figura della metonimia. La lingua è paragonata metaforicamente alla spada, che è simbolo del parlare sprezzante, e le parole sono assimilate alle frecce, cfr. Sal 55,22; 57,5. «parole amare»: sono le accuse false presentate in tribunale, o le calunnie e le diffamazioni che amareggiano l'innocente.
v. 5. «l'innocente»: il salmista si definisce qui «innocente, integro» (tām); nel v. 11 si chiamerà anche «giusto»(ṣaddîq).
v. 6. «Si ostinano nel fare il male...»: alla lett. «Si fanno forti del loro agire male». Il versetto sottolinea la caparbietà dei nemici nell'operare il male. Essi inoltre si incoraggiano a perseverare nelle loro scelte perverse, sfidando anche Dio.
v. 7. La traduzione dell'intero versetto è congetturale a causa della corruzione del testo. «un baratro è l'uomo e il suo cuore un abisso»: si tratta probabilmente di un detto o di un proverbio. Può richiamarsi a Ger 17,9-10. Ma forse qui è una glossa.
v. 9. «la loro stessa lingua...»: è la tesi della “nemesi immanente”, che ricorre spesso nei passi imprecatori dei salmi di “Supplica”. «scuoterà il capo»: è un gesto di scherno e commiserazione per i nemici, che stoltamente, andando contro l'innocente, hanno sfidato Dio. Si vede che la sconfitta dei nemici è avvenuta sotto gli occhi di tutti (cfr. Sal 22,8).
(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
[stime]sulle prime la scala dei grigi dappertutto delle teche messe in asse] sulle scale segnala la gradazione l'altimetro delle corriere delle] curve isotoniche firma] il consenso le bruciature nello schermo del melograno granate] [di seconda mano scoppi ritardati gravano la catalogazione è assunto] per coprire il dolo sono] numerose le assunzioni la finezza delle arti plastiche le prime dappertutto] delle macchine
3 contraffattori arrestati in Italia per aver forgiato banconote per un valore di 180 000 EUR
La banda ha distribuito la maggior parte delle banconote e monete false in Austria, Belgio, Francia, Germania e Spagna
I membri di un gruppo criminale coinvolto nella produzione di banconote in euro contraffatte di alta qualità sono stati arrestati in un'operazione transfrontaliera, che è stata sostenuta da Europol. L'inchiesta è stata condotta dai carabinieri italiani e ha coinvolto anche autorità provenienti da Austria, Belgio, Francia, Germania e Spagna. Gli investigatori ritengono che il gruppo criminale abbia contraffatto banconote per un valore stimato di 180 000 EUR. Va rimarcato che l’ #Armadeicarabinieri possiede un proprio assetto specialistico, il Comando Antifalsificazione Monetaria, che risale al 1992, quando, in ottemperanza al quadro della ripartizione degli obiettivi tra le varie Forze di Polizia, fu riconosciuto all’Arma dei Carabinieri il consolidato interesse nel settore del falso nummario, costituendo il Nucleo Operativo Antifalsificazione Monetaria, poi elevato a Comando di Corpo, e riconosciuto con Regolamento del Consiglio Europeo Autorità Nazionale nel settore per l’Arma dei Carabinieri (G.U. Unione Europea del 10 marzo 2009).Nel corso dell’operazione, svoltasi tra Lecce e Padova, sono state rinvenute e sequestrate 600 banconote in euro contraffatte in tagli da 10, 20, 50 e 100 EUR per un valore totale di circa 50.000 EUR, e 3 contraffattori sono stati arrestati in Italia. L'inchiesta, iniziata nel 2024, ha rivelato che un'organizzazione criminale che operava nel sud Italia distribuiva grandi quantità di banconote false da 10, 20, 50 e 100 EUR in tutta la zona euro. In particolare, Austria, Belgio, Francia, Germania e Spagna hanno ricevuto la maggior parte della moneta falsa.
Il gruppo criminale ha mostrato un alto livello di competenza tecnica e organizzazione interna. Il leader della banda ha venduto le banconote contraffatte tramite una piattaforma di messaggistica online, con gli acquirenti che hanno effettuato pagamenti in criptovaluta. Una volta confermati i pagamenti, le banconote false sono state inviate tramite il normale servizio postale. Gli investigatori hanno anche scoperto che lo stesso gruppo criminale aveva istituito una zecca illegale per la moneta da 2 euro nel nord Italia. Le autorità hanno quindi smantellato la zecca, insieme a una tipografia per banconote in euro contraffatte nell'Italia meridionale.
Durante l'inchiesta, Europol ha facilitato lo scambio di informazioni, sostenuto finanziariamente e coordinato diverse attività operative. Gli analisti di Europol hanno anche fornito supporto analitico per identificare il paese in cui venivano distribuite le banconote. Il giorno dell'azione, Europol ha inviato tre esperti in Italia per fornire supporto tecnico e controllare le informazioni operative contro le banche dati di Europol e i sistemi della Banca centrale europea. I reati finanziari sono uno degli elementi comuni delle principali minacce identificate da Europol, nella sua “Valutazione della minaccia di criminalità grave e organizzata dell'UE” (#EUSOCTA). Queste minacce stanno progressivamente destabilizzando l'UE e sono sfruttate online, poiché le reti criminali operano gradualmente tramite le infrastrutture digitali e online, comprese le piattaforme di messaggistica, come questa operazione ha dimostrato.
Hanno partecipato all'indagine: Austria: polizia federale (CIS), Belgio: polizia federale (OCRFM), Francia: polizia nazionale (OCRFM), Germania: polizia federale (BKA), Italia: Carabinieri (CCAFM), Spagna: Brigada de Investigación Banco de España (BIBE, polizia spagnola)
non è colpa nostra
Invecchiamo ed ogni cosa si fa più faticosa mi duole sempre qualcosa la pallocca addominale è andata a farsi benedire, mi son perso un bicipite il collo s'incricca non sento una cippa dall'orecchia sinistra.
Ma tu diventi ogni giorno più bella ed io darei ancora e ancora il mio regno per la tua mela.
Invecchiamo ed ogni foglio fotocopiato è un foglio bianco di meno mi fa male la schiena e la pallocca culturale non vale più nemmeno la pena, mi perdo il discorso opino a casaccio non ricordo una sega e l'orgoglio mi frega.
Ma tu diventi ogni giorno più bella ed io darei ancora e ancora il mio regno per la tua mela.
Invecchiamo ed è meglio non pensarci troppo mi fa male il corpo e la pallocca mistica scende dalla croce per andare su Marte, le idee fanno girotondo i concetti emersi ritornano a fondo non capisco nemmeno come mi chiamo.
Ma tu diventi ogni giorno più bella ed io darei ancora e ancora il mio regno per la tua mela.
🖋️Ieri, 6 mesi fa, da quell'esperienza,oggi mi sento un po' confusa, stanca, ho avvertito tanto la vicinanza di chi mi ha mandato un pensiero, un abbraccio, una parola, una faccina, parole profonde di incoraggiamento, da chi ha vissuto o vive questa situazione, o non so più come definirla! Malattia? Ufficialmente lo sono, mi si riconosce per un codice di esenzione con cui posso , usufruire dei medicinali, che sono abbastanza costosi e qualche visita di controllo se i tempi di attesa me lo consentono! Ringrazio davvero tutti, lontani vicini, reali, virtuali, io vivo anche di queste piccole dimostrazione di affetto, vicinanza, amicizia...La strada è ancora lunga, la paura ormai è mia compagna di viaggio, ma ho anche dalla mia parte la speranza, la forza, la consapevolezza che lentamente sta venendo fuori, nn si può essere mai preparati ad affrontare situazioni del genere, non c'è un manuale da seguire, bisogna solo avere tanta forza e voglia di lottare di nn lasciarsi sopraffare dai momenti bui, dalle incertezze che ci sono e ci saranno! Ho ancora albe e tramonti davanti a me, la luna da osservare, nuovi orizzonti da raggiungere, un figlio da amare, da crescere ....una famiglia, amici ...me stessa da curare e accompagnare in questo cammino!
The Velvet Underground - The Velvet Underground (1969)
The Velvet Underground è il terzo album della rock band americana The Velvet Underground. Pubblicato nel marzo 1969 su MGM Records, è stato il loro primo disco con Doug Yule che ha sostituito il precedente membro John Cale. Registrato nel 1968 ai TTG Studios di Los Angeles, California, il sound dell'album, composto in gran parte da ballate e canzoni rock semplici, ha segnato un notevole cambiamento di stile rispetto alle precedenti registrazioni della band. Il cantante Lou Reed ha fatto intenzionalmente questo come risultato del loro precedente album abrasivo White Light/White Heat. Reed voleva che altri membri della band cantassero nell'album; Yule ha contribuito come voce solista ad alcune tracce e la traccia di chiusura “After Hours” è cantata dal batterista Moe Tucker. Tematicamente, The Velvet Underground parla di amore, contrastando le precedenti uscite della band. Reed ha ideato l'ordine delle tracce e ha basato la sua scrittura di canzoni su relazioni e religione. “Pale Blue Eyes” è stata salutata come una delle sue migliori canzoni d'amore, sebbene “The Murder Mystery” sia nota per la sua sperimentazione in un richiamo a White Light/White Heat. Billy Name scattò la fotografia dell'album della band seduta su un divano alla Factory di Andy Warhol. Il processo di registrazione iniziò con breve preavviso e, sebbene la band avesse un morale alto, alla fine rimase delusa dal fatto che Reed avesse creato il suo mix del prodotto finale. Le recensioni contemporanee elogiarono l'album, che fu un punto di svolta per la band. Tuttavia, The Velvet Underground non riuscì a classificarsi, soffrendo ancora una volta di una mancanza di promozione da parte dell'etichetta discografica della band. Reed ebbe un ruolo dominante nel processo di mixaggio e il suo mix dell'album, soprannominato “closet mix”, fu pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti. L'ingegnere del suono della MGM Val Valentin fu accreditato per un mix diverso che è stato distribuito più ampiamente da allora. Le recensioni retrospettive lo hanno etichettato come uno dei più grandi album del decennio degli anni '60 e di tutti i tempi, con molti critici che ne hanno notato la produzione sommessa e i testi personali. Nel 2020, la rivista Rolling Stone lo ha classificato al numero 143 nella sua lista dei 500 migliori album di tutti i tempi.
Ascolta: album.link/i/1440814049