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INSOSTANZIALE LA LUCE

insostanziale la Luce nella carne si oscura (energia fatta densa)

luce verde della memoria scuote la morte:

il nocciolo del tempo nel buio delle vene è universo presto deperibile

Analisi del testo


Contesto e tema


Questo breve componimento esplora il paradosso di una luce insostanziale che si fa carne, memoria e tempo. Il titolo è già lancinante: la luce “insostanziale” contrappone l’effimero all’esistenza corporea.


Temi e atmosfere


  • La tensione tra leggerezza e densità, luce e oscurità.
  • Il corpo come luogo di trasformazione energetica (“energia fatta densa”).
  • La memoria evocata come luce verde, capace di scuotere la morte.
  • Il tempo umano racchiuso nel “nocciolo” delle vene: un piccolo universo destinato a svanire.

Figure retoriche


  • Paradosso tra “insostanziale” e “carne” per mettere in crisi la percezione dei sensi.
  • Metafora dell’energia che si addensa in corpo, suggerendo un contatto tra fisica e vita interiore.
  • Colore come significante emotivo: il verde diventa memoria e rinascita.
  • Punteggiatura forte (parentesi e due punti) che interrompe il flusso, creando pause di sospensione.

Ritmo e musicalità


Il componimento gioca su versi brevi e cesure nette. L’uso della parentesi rallenta la lettura, invitando a soffermarsi sull’“energia fatta densa”. Il verso conclusivo apre uno squarcio nell’immenso (“universo / presto deperibile”), donando al lettore una sensazione di vertigine e caducità.


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SAPIENZA - Capitolo 1


LA SAPIENZA E IL DESTINO DELL’UOMO (1,1-5,23)

_ Invito a cercare la giustizia_1Amate la giustizia, voi giudici della terra, pensate al Signore con bontà d'animo e cercatelo con cuore semplice.2Egli infatti si fa trovare da quelli che non lo mettono alla prova, e si manifesta a quelli che non diffidano di lui.3I ragionamenti distorti separano da Dio; ma la potenza, messa alla prova, spiazza gli stolti.4La sapienza non entra in un'anima che compie il male né abita in un corpo oppresso dal peccato.5Il santo spirito, che ammaestra, fugge ogni inganno, si tiene lontano dai discorsi insensati e viene scacciato al sopraggiungere dell'ingiustizia.

La sapienza nel mondo6La sapienza è uno spirito che ama l'uomo, e tuttavia non lascia impunito il bestemmiatore per i suoi discorsi, perché Dio è testimone dei suoi sentimenti, conosce bene i suoi pensieri e ascolta ogni sua parola.7Lo spirito del Signore riempie la terra e, tenendo insieme ogni cosa, ne conosce la voce.8Per questo non può nascondersi chi pronuncia cose ingiuste, né lo risparmierà la giustizia vendicatrice.9Si indagherà infatti sui propositi dell'empio, il suono delle sue parole giungerà fino al Signore a condanna delle sue iniquità,10perché un orecchio geloso ascolta ogni cosa, perfino il sussurro delle mormorazioni non gli resta segreto.11Guardatevi dunque da inutili mormorazioni, preservate la lingua dalla maldicenza, perché neppure una parola segreta sarà senza effetto; una bocca menzognera uccide l'anima.

La morte è opera del peccato12Non affannatevi a cercare la morte con gli errori della vostra vita, non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani,13perché Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi.14Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c'è veleno di morte, né il regno dei morti è sulla terra.15La giustizia infatti è immortale.16Ma gli empi invocano su di sé la morte con le opere e con le parole; ritenendola amica, si struggono per lei e con essa stringono un patto, perché sono degni di appartenerle.

_________________Note

1,1 Questa esortazione è posta sulle labbra di Salomone, il re celebre per la sua saggezza; è rivolta ai capi delle comunità giudaiche presenti in Egitto e, nello stesso tempo, ai pagani perché si convertano dall’idolatria.

1,4 anima e corpo: i due elementi di cui è costituito l’uomo, secondo la filosofia greca, alla quale attinge anche l’autore del libro della Sapienza.

1,12-16 L’uomo è stato creato per l’immortalità, intesa come vita senza fine in Dio. L’autore non parla qui tanto della morte fisica, ma di quella che è provocata dal peccato, ed è la rovina dei viventi (v. 13), rende cioè definitiva la separazione da Dio (vedi v. 16).

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Approfondimenti


I cc. 1-6 costituiscono la prima parte del libro della Sapienza, dove emerge l'antico e difficile problema del rapporto giusti-empi. Apparentemente questi ultimi hanno la meglio sul terreno concreto dei temi esistenziali: morte-vita, adulterio-fedeltà, sterilità-prole numerosa, longevità-morte prematura; in realtà lo Pseudo-Salomone invita ad andare oltre l'apparenza in favore dell'autentica realtà, allargando l'orizzonte fino a comprendere l'immortalità promessa ai giusti e il giudizio finale che pende sugli empi. Viene così capovolta la situazione, e il pressante invito iniziale ad amare la giustizia e a ricercare il Signore (v. 1,1) sfocia nell'esortazione a ricercare la sapienza (6, 1-21). Questa parte è così articolata: invito a scegliere la giustizia (1,1-15), la scelta degli empi (1,16-2,24), la sorte del giusto e la sorte degli empi (3,1-4,19), il giudizio di Dio (5,1-23), l'esortazione a ricercare la sapienza (6, 1-21).

vv. 1-15. Questi versetti formano un'unità, di cui l'indizio letterario più appariscente è costituito dall'inclusione del termine «giustizia» (vv. 1.15), con al centro la duplice menzione di due termini della medesima radice («cose ingiuste», «giustizia»: v. 8); il termine «giustizia» si rivela dunque teologicamente importante. L'unità si articola poi al suo interno secondo un movimento di corti brani, determinati da indizi letterari e tematici (vv. 1-5; 6-11; 12-15). I vv 1-5 invitano pressantemente (cfr. i tre imperativi del v. 1) alla scelta di Dio in opposizione al progetto interiore degli stolti. Nei vv. 6-11 appare un denso vocabolario riguardante la parola: «labbra» (v. 6b), «parole della sua bocca» (v. 6e), «voce» (v. 7b), «proferire» (v. 8a), «parole» (v. 9b), «sussurro» (v. 10b), «mormorazioni-mormorare» (vv. 10b.11a): si tratta del progetto interiore degli empi, che si concretizza in un cattivo uso della parola; contro di esso, però, s'erge il giudizio divino di condanna. I vv. 12-15 hanno una duplice funzione: da un lato, tramite due nuovi imperativi negativi («non provocate», «non attiratevi»: v. 12) chiudono la precedente serie di cinque imperativi, invitando ad opporre un rifiuto al progetto dei malvagi; dall'altro preannunciano, tramite i vocaboli «morte» (vv. 12a.13a.14c), «rovina» (v. 12b.13b), il tema dell'unità seguente. Il versetto conclusivo riprende il termine iniziale dell'unità, «giustizia», specificandolo però come apportatore di immoralità, in contrasto con il progetto degli empi apportatore di rovina e di morte.

v. 1. «giustizia»: si tratta della giustizia dell'uomo, come in Sap 1,15; 5,6; 8,7 (due volte); 9,3; 14,7 (BC = «opera giusta»); 15,3. Essa consiste fondamentalmente nel conoscere Dio (15,3), da cui deriva un corretto rapporto con le creature (9,3) e un agire regolato secondo la volontà di Dio (14,7); ad essa si oppone l'idolatria (cfr. 14, 8). La giustizia rappresenta perciò un'attitudine globale, che include tutte le virtù (8,7) e anche la virtù cardinale della giustizia (8,7). Il verbo «amare», posto enfaticamente all'inizio, sottolinea infine il carattere esistenziale di questa giustizia, che coinvolge infatti l'intera esistenza dell'uomo. Questo tema troverà il suo apice nei cc. 6-9, dove l'autore illustra lo sposalizio di Salomone con la sapienza e dove, non a caso, compaiono gli unici altri tre usi del verbo «amare» con soggetto l'uomo (6,12; 7,10; 8,7). «voi che governate sulla terra»: verosimilmente coloro che detengono una qualche responsabilità politica sulle comunità giudaiche d'Egitto e della Palestina; questo, tra l'altro, permette all'autore di introdurre in scena il re Salomone. Ma la riflessione si allarga subito e principalmente ai connazionali ebrei, minacciati dalla seduzione del paganesimo. Nella tradizione sapienziale alcuni testi presentano la figura del saggio sotto i tratti del re (Pr 4,9; Sir 4,15 ebr.; 6,29-31) e lo stesso autore di Sapienza presenta il saggio nell'esistenza ultraterrena sotto i medesimi tratti regali (3,8; 5,16; 6,20); potremmo essere dunque davanti a una regalità politica fittizia.

**v. 2. I due verbi «lasciarsi trovare» e «mostrarsi» sono complementari; il primo indica specialmente il cammino che conduce l'uomo all'esperienza di Dio, e il secondo specifica che da parte di Dio si tratta d'una manifestazione profonda e interiore, per nulla emozionale o intellettuale soltanto. L'uomo tenta Dio soprattutto con un atteggiamento di totale chiusura a una prospettiva di fede.

v. 3. L'espressione «i ragionamenti tortuosi» introduce la serie di vocaboli relativi alla parola, ma li caratterizza sul piano esistenziale. Infatti il termine definisce la zoolatria egiziana (11, 15), l'empietà cananea (12, 10) e la decisione egiziana di inseguire gli Ebrei fuggiaschi (19,3); in un contesto più vicino questi ragionamenti troveranno espressione nel discorso degli empi, dove è tutta una concezione e scelta di vita a essere illustrata; un verbo appartenente alla medesima radice del nostro termine introduce il discorso (cfr. «sragionando»: 2,1). «l'onnipotenza»: il termine, come mostra il parallelismo con l'emistichio precedente, rappresenta Dio stesso, di cui si vuole però sottolineare l'attributo della potenza; cosi in Sap 5,23.

v. 4. Il peccato colpisce l'uomo integralmente, cioè nelle sue due componenti essenziali: anima e corpo, che vengono però viste unitariamente. È anzitutto nell'anima che viene concepito il male, il quale poi pervade così il corpo da renderlo asservito completamente. «sapienza»: all'interno d'una medesima riflessione lo Pseudo-Salomone passa con tutta naturalezza dalla menzione di Dio (v. 3a) e di un suo attributo sostitutivo (v. 3b) a quella della sapienza, che compare qui per la prima volta. Ciò significa anzitutto che egli concepisce la sapienza strettamente unita a Dio e da lui inseparabile; infatti essa scaturisce da Dio (7,25-26) ed è in comunione di vita con lui (8,3). Rispetto all'onnipotenza, la sapienza sottolinea in modo particolare una relazione personale con l'uomo, perché entra in lui e vi abita; quest'aspetto verrà illustrato ampiamente ai cc. 7-8 a proposito di Salomone. La presenza della sapienza in Salomone, negli uomini di buona volontà (6,12-21), nell'uomo in generale (9,18) e specialmente nel popolo eletto (10,1-11,1), è essenzialmente una presenza benefica e salvifica, paragonabile all'aspetto positivo della provvidenza. In particolare l'autore nel corso del libro insisterà sulla sapienza come principio interiore di vita morale e religiosa dell'uomo, come presenza divina che dà forza e luce; la sapienza appare così l'erede della nozione anticotestamentaria di spirito.

v. 5. Per spiegare l'incompatibilità della sapienza con il male, lo Pseudo-Salomone introduce il concetto parallelo dello «spirito santo che ammaestra»; l'identificazione spirito-sapienza sarà esplicita al versetto seguente. Lo spirito rappresenta ancora concretamente la presenza di Dio, ma con l'intento di porre in risalto l'aspetto della santità.

v. 6. La presenza della sapienza nell'uomo è qualificata dall'espressione «spirito amico degli uomini» (letteralmente: «spirito filantropo»); questo amore dell'umanità, fondato sulla coscienza dell'appartenenza alla medesima natura e compito precipuo dei sovrani, viene in realtà riconosciuto unicamente alla sapienza. Però di fronte alla seduzione e all'ambiguità d'un linguaggio spesso vuoto e falso – dobbiamo pensare al fascino esercitato sugli Ebrei alessandrini dalla filosofia e dalla retorica greca – la sapienza sola ne vede la radice interiore e ne giudica perciò l'errore. L'autore segue lo schema psicologico ebraico secondo cui i reni (BC = «sentimenti») sono la sede dei sentimenti e delle passioni e il cuore la sede del pensiero e della decisione. E partendo dai reni e dal cuore che si può giudicare le parole della bocca.

v. 7. Estensione della precedente riflessione antropologica a tutti gli uomini grazie al concetto parallelo di spirito, che con la sua presenza universale può cosi conoscere ogni voce.

v. 8. Ci troviamo di fronte a una nuova personificazione dell'agire di Dio tramite il concetto di giustizia vendicatrice (= punitrice o accusatrice).

vv. 9-11. Passaggio dalla conoscenza all'ascolto tramite i termini «suono» (v.9b), «orecchio» (v. 10a), «ascoltare» (v. 10a). «mormorazioni»: il termine designa le mormorazioni degli Israeliti contro Mosè e Aronne (Es 16,7.8.9.12; Nm 17,20.25; Sir 46,7), segno d'una mancanza di fede in Dio. L'insistenza dello Pseudo-Salomone su questo termine e su un vocabolario ad esso parallelo («sussurro-maldicenza-parola segreta-bocca menzognera») è verosimilmente una denuncia contro le critiche velenose che serpeggiavano nella comunità di Alessandria e che avevano come bersaglio i Giudei fedeli alla torah; il discorso degli empi nel capitolo seguente ne sarà un esempio. Queste mormorazioni sono il segno di una mancanza di fede verso Dio stesso, che perciò non le lascerà impunite. A Qumran le mormorazioni e in generale i peccati di lingua sono severamente puniti (1QS VII,4-5.15-18).

v. 12. «morte»: già al versetto precedente l'autore aveva cominciato a delineare il concetto di morte parlando di uccisione dell'anima. Qui morte assume il significato di morte escatologica; essa rimane certo in relazione alla morte fisica – è quest'ultima infatti che immetterà gli empi definitivamente nella morte escatologica – e tuttavia la trascende, in quanto essa è già presente in qualche modo nell'esistenza terrena degli empi e soprattutto perché essa rappresenta, dopo la morte fisica, una condizione di dannazione e di non-realizzazione. È evidente che in questo contesto e a motivo dello stretto parallelismo tra i due emistichi del v. 12 anche «rovina» acquista il significato di rovina escatologica. Questo è confermato da Sap 1,14c dove «rovina» (BC = «morte») è parallelo ad inferi (il v. 14d letteralmente suona: «né regno degli inferi sulla terra»); questi ultimi infatti non corrispondono semplicemente allo šᵉ’ôl ebraico, luogo dove, secondo la concezione comune anticotestamentaria, dopo la morte confluiscono in un'esistenza larvata buoni ed empi, bensì tendono a rappresentare un luogo di sofferenza e di tormenti riservato ai cattivi; sono dunque il regno della morte e della rovina radicale. Infine anche il termine «rovina» del v. 13, parallelo a morte, assume il significato di perdizione definitiva ed escatologica. L'autore dunque, tramite i vocaboli di «morte», «rovina», vuole sottolineare la realtà della morte spirituale, già presente nel peccatore, che avrà però la sua portata definitiva soltanto con la morte fisica e con il giudizio finale.

vv. 13-15. Questi versetti sono così costruiti: due emistichi affermativi (v. 14a.b) sono incorniciati da due coppie di emistichi negativi (vv. 13a.b; 14c.d); segue lapidaria e forte la frase dell'emistichio finale (v. 15). Al centro abbiamo due proposizioni che costituiscono il commento dello Pseudo-Salomone a Gn 1,3 e che affermano con forza che JHWH è il Dio dell'essere e della vita e che la creazione è essenzialmente positiva; i concetti di «tutto» e di «mondo» non ammettono limitazioni di sorta, e le forme verbali del passato e del presente («ha creato»; «sono») allargano a tutta la storia quest'affermazione. Il creatore è un Dio personale, che perciò non gode per la rovina dell'uomo (cfr. Ez 18,23.32). Il concetto di «inferi», luogo tenebroso dove la morte esercita il suo dominio sugli empi, riporta l'attenzione sull'uomo, a cui è infatti rivolta specificatamente l'affermazione finale del v. 15: Dio ha chiamato l'uomo all'immortalità e questa si acquisisce tramite la giustizia. Appare così la forza dell'imperativo iniziale: amate la giustizia (v. 1)!

vv. 1,16-2,24. Alla scelta esistenziale di Dio (1, 1-15) si contrappone la scelta degli empi. Questa è illustrata da un brano delimitato dall'inclusione d'un termine significativo: «appartenere» (1,16; 2,24), indicante appunto la parte scelta. Una breve unità (1,16-2,1a) introduce gli empi e soprattutto il loro falso ragionare (v. 1a); parallela ad essa un'altra breve unità (2,21-24) fa da conclusione al discorso degli empi richiamando in inclusione il verbo «ragionare» (v. 21; BC = «pensare»). Imponente e drammatico si erge al centro un lungo discorso in cui gli empi espongono la loro filosofia della vita (vv. 2,1b-20). Esso si articola fondamentalmente in due parti (1b-9; 10-20), la cui cesura è costituita dalla parola-chiave «parte» (v. 9c). La prima descrive la filosofia edonistica dei protagonisti, mossi unicamente alla ricerca del piacere quotidiano; che non si tratti d'una scelta pacifista, è ampiamente illustrato dalla seconda parte, dominata dalla tematica della persecuzione degli empi contro il giusto, termine-chiave di questi versetti (cfr. vv. 10a.12a.16c.18a). Nei vv. 23-24, facenti parte della conclusione del discorso degli empi, riappare il medesimo vocabolario della conclusione dell'unità precedente (1,13-15): «Dio», «creare», «mondo», «morte». Quelle ragioni che motivavano prima l'invito pressante a scegliere la giustizia vengono ora riprese ed approfondite in funzione di condanna per la scelta degli empi.

v. 1,16. «Gli empi»: assai verosimilmente gli Ebrei apostati d'Alessandria, sono qui definiti tramite quattro verbi, che descrivono in crescendo un autentico processo di innamoramento con la morte: dopo un invito iniziale nasce un'amicizia, che cresce fino a diventare passione divorante e patto durevole. La personificazione della morte e questo processo d'innamoramento sono il segno d'una scelta esistenziale, che concerne tutto l'uomo, corpo e anima; lo stridore dell'accostamento innamoramento-morte fa sentire non solo l'ironia dell'autore, ma anche l'impossibilità del progetto: amando la morte si otterrà forse la vita? «appartenerle»: letteralmente «d'esserne parte». Nel linguaggio biblico Israele è la «parte» del Signore (Dt 32,9; Zc 2,16; 2Mac 1,26; 14,15); in radicale contrasto con l'ideale storico del popolo di Dio, gli empi hanno scelto d'essere la parte della morte.

(cf. MICHELANGELO PRIOTTO, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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.. Pensieri, diversi..

✍️ Il tempo passa, racconta, custodisce, migliora e rigenera. Ci dà l'occasione di di cambiare prospettiva e di lasciare che anche una perdita, una sconfitta, una caduta, si rivelino motivo di rinascita e cambiamento. Accettare lo scorrere dei giorni con questa consapevolezza significa fidarsi del tempo, senza inseguirlo o combatterlo. Perciò quando mi guardo indietro, quando cerco risposte nel mio passato, quando mi rattristo pensando a ciò che ho perso, mi accorgo che nulla è andato perso e che col tempo tutto è rimasto custodito tra le pagine di un passato, che può essere sfogliato...È solo diventato radice, fondamenta di ciò che sono oggi e di ciò che sarò domani.. Ogni giorno che passa lascia un segno e quei segni non sono cicatrici da nascondere, ma da mostrare fieri e sicuri, perché ci appartengono, ci rappresentano... Cosi il tempo non ci allontana dalle persone o dalle cose, anzi le trasforma in qualcosa di nuovo, fa si che un errore diventa insegnamento, un addio diventa l'opportunità per un incontro nuovo, E permette ogni giorno all'alba , di far rinascere un tramonto nuovo, diverso, più bello ..

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[stime]aumentare l'attrito l'archetto il [cane da ferma] una manciata l'ossido binario [non scatta l'apertura la] porta una parte di] vetro raccoglie moschicidi märchen per la casa nelle zone fanno negozl [vendita coloniali pece greca


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Guida semplice di utilizzo per chi inizia da zero


Parrocchie Italiane funziona con la tecnologia Mastodon. Si tratta di una piattaforma di “Micro Blogging”, molto simile al vecchio “Twitter/X”.

Con l'iscrizione, che richiede solo una email e una password, verrà creato il vostro profilo, che potrete in seguito modificare mettendo una vostra foto e magari scrivendo una breve biografia o un messaggio a vostra scelta.

Il vostro profilo sarà in questa forma: @utente_scelto@parrocchie.masto.host

I rapporti con le altre persone, si dividono in Follower (Quelli che ti seguono) e “Following” (Quelli che segui tu).

All'inizio questi numeri saranno a zero. La piattaforma ti suggerisce solo ed esclusivamente il profilo dell'Amministratore. Quindi niente paura se ti sentirai come la particella di sodio nell'acqua Lete. Abbi solo la gentilezza di non iniziare a scrivere: “C'è nessuno?”, “Ma come funziona questo coso?”.

Non buttarti subito alla ricerca di altre persone, fai un bel respiro e prenditi una piccola pausa, già hai fatto un grosso passo in avanti.

Inizia a curare il tuo profilo. Prenditi il tempo necessario per mettere una foto, una tua descrizione o quello che vuoi. Cerca di renderlo interessante, in quanto nessuno seguirebbe una persona con un profilo vuoto. Puoi indicare anche il link di eventuali blog personali, oppure quello che vuoi. Non farti prendere dalla fretta di fare tutto e subito, non si tratta di vita o di morte, stai su un social per te nuovo e devi partire col piede giusto.

Adesso c'è la parte più difficile. Non saltare questa parte perché è la più importante: i livelli di visibilità (privacy) dei tuoi post e dei tuoi commenti.

Esistono quattro livelli di visibilità: – PUBBLICO: il tuo post o commento è visibile globalmente da tutti, anche al di fuori dell'Italia, ed appare nella TL (il rullo) di tutti;

NON ELENCATO: il tuo post o commento è visibile globalmente da tutti, anche al di fuori dell'italia, ma non appare nella TL. E' un livello utile quando si commenta un post pubblico, e si desidera che il commento sia visibile solo nell'ambito del post in questione;

FOLLOWER: il tuo post o commento è visibile solo ai tuoi follower;

PRIVATO: il tuo post o commento è visibile solo alle persone menzionate (@utente, @utente@mastodon.social, ecc.).

Nelle preferenze è possibile indicare un livello di visibilità di “default”. Ma è sempre possibile cambiare tale livello per ogni singolo post o commento.

Alla fine è più semplice a farsi che a dirsi.

Ma come si scrive un post. Si inizia scegliendo il livello di visibilità. Non sapete quante volte ho scritto “Ti amo” con visibilità pubblica per cui, se volete evitare figuracce mondiali, impostate il livello di privacy prima ancora di scrivere il post. Stessa cosa nelle risposte, ricordatevi di decidere chi potrà leggere i vostri commenti.

I post hanno possono avere una lunghezza massima di 500 caratteri, possono contenere link e si possono allegare foto (max 4 foto per post). Per i video, è buona norma inserire il link. Si possono inserire hashtag (#musica, #libri, ecc.).

Per adesso è già tanta roba. Ricordate di essere rispettosi e di pretendere rispetto. Cercate di instaurare un clima rilassato, di amicizia. Ricordate che Parrocchie Italiane: – non ha pubblicità; – non ha algoritmi; – i post vengono visualizzati in ordine cronologico; – non vengono ceduti i vostri dati; – non cerchiamo di vendervi prodotti o servizi, se non per iniziative benefiche.

Per oggi è tutto, buona socializzazzione con Parrocchie Italiane.

Grazie

In caso di necessità, è possibile inviare un messaggio privato a: @Admin di Parrocchie Italiane


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: a ogni immagine o video come questo, e alle migliaia e migliaia di testimonianze simili e rapporti sul #genocidio che abbiamo visto e registrato in questi ultimi due anni e nei 75 precedenti, la domanda è sempre la stessa: #israele , che giustificazione, che diritto hai di esistere, se il tuo esistere è QUESTO?

#Gaza #Cisgiordania #Palestina


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Fotografie

affacciato sui ricordi da finestra che abbaglia:

vi si sfoglia il quaderno degli anni

ti risucchiano a imbuto gli io i tuoi fantasmi

.

Arcangelo Galante su larecherche.it

Poesia intensa e concentrata, che in pochi versi riesce a restituire il potere ambivalente della memoria. L’immagine della finestra che abbaglia rende bene il contrasto tra luce e dolore del ricordo; il “quaderno degli anni” richiama la memoria come archivio di vita, mentre il vortice finale, con i fantasmi che risucchiano, trasmette la forza inquieta e talvolta opprimente del passato che ritorna. Lettura apprezzata e condivisa.

Già il sole s'asconde

già il sole s'asconde e le ombre si apprestano ad un'atavica danza

un ripudiato sé “morto” in me da tempo m'irride

-lo trafiggo con strali di luce-preghiera

16.5.25

:

Arcangelo Galante su larecherche.it

Un’interessante testo, che racchiude in pochi versi un contrasto forte tra buio e luce, tra un sé interiore ripudiato e la forza rigenerante della preghiera. Le immagini del tramonto e delle ombre che danzano creano un’atmosfera antica, quasi rituale, in cui l’autore affronta il proprio lato oscuro. La chiusa, con gli “strali di luce-preghiera”, è intensa e salvifica: la spiritualità diviene arma e speranza, capace di vincere l’ombra interiore. Lettura molto apprezzata e condivisa, nel suo peculiare contenuto.


noblogo.org/norise/fotografie



Stiamo tornando dalla Francia all'Italia quando facciamo una deviazione, una strada mai presa che si rivela poi uno sterrato che la nostra Nemo affronta con candida incoscienza. Lo sterrato sembra non finire mai, lambisce strapiombi che terrorizzano i figli, con grazia, sale a capofitto fino al cielo e ci troviamo alla fine in questo posto dove posteggiamo l'auto esausta per guardarci attorno.

Ci sono alcune strutture sciistiche chiuse, un albergo abbandonato con le finestre spezzate, un bar con scritto “open”, chiuso. Due o tre case isolate con cani che abbaiano e segni di divieto. Grossi prati di un verde abbagliante, montagne, alberi sempreverdi che emergono qua e là, come residui di una modellazione ambiente. Non c'è praticamente nessuno. L'unica strada che viene e che va, quella sterrata. Ogni tanto, rara, passa lentamente un auto sbalordita come noi, qualche moto ruggente, qualche bicicletta. Camminiamo, valutiamo i sentieri che partono per una passeggiata, ma anche le nuvole gonfie e nere che si raddensano e svaporano sopra di noi.

Alla fine, è ora di pranzo, Elettra propone di mangiare lì le cose che abbiamo in auto prese dalla casa francese che abbiamo abbandonato. Non c'è molto e buona parte delle cose sono immangiabili, wusterl freddi e nuggets di pollo surgelati. C'è una zona, delle panche in legno con al centro quello che sembra uno spazio per fare fuochi, più in basso, che raggiungiamo. “Ci penso io” dice terzogenita e inizia a raccogliere legna e va in auto a prendere un suo sketchbook di disegni.

Poi si mette vicino all'area fuoco, strappa via dallo sketchbook i suoi disegni peggiori, li appallottola e ci mette sopra dei rametti, si fa dare l'accendino da Elettra e inizia a provare ad accendere il fuoco. “L'ho già fatto” dice con sicurezza, ma il fuoco non prende, la legna è umida per le piogge dei giorni precedenti. “È legale accendere un fuoco?” chiede intanto secondogenito più preoccupato degli aspetti legali della cosa rispetto a quelli fisici. “No – dico io – ci arresteranno”.

Elettra si affiancherà a terzogenita per provare lei ad accendere il fuoco, poi secondogenito e poi anche l'io narrante, tutti ad usare la propria tecnica segreta per accendere il fuoco, fallendo, finché, mentre sto provando io, si affianca secondogenita, poi Elettra e – per farla breve – come in un film per famiglie, alla fine, collaborando, lentamente, con incertezza il fuoco effettivamente prende. Ci ritroviamo quindi nel mezzo di queste montagne con il fuoco che guizza, fuma, ci impesta del suo odore infernale e noi restiamo a debita distanza a riscaldarci e vederlo crescere e fiammeggiare.

E – niente – ancora oggi nel 2025 vedere sbucare dal niente un fuoco gestito dall'uomo ha un che di estraneo e magico, pensare che mentre si gira per il mondo si possa accendere un fuoco per farne qualcosa, come se fosse una cosa naturale, mostra tutto il suo essere innaturale, un passaggio determinante che abbiamo fatto chissà quando per diventare quello che siamo, l'essere più innaturale della terra, ed ora è lì in mezzo a noi che saltella e si alza verso il cielo e poi scema e sembra morire, tanto che continuiamo ad alimentarlo, scegliere rami, buttarli dentro, vederli lambiti trasformarsi.

È lì che terzogenita e secondogenito, come se fosse la cosa più naturale del mondo, si cercano due rametti, infilzano i wusterl e i nuggets surgelati, e si mettono attorno al fuoco per scaldarsi il cibo. Scherzano, ridono, rischiano che prenda fuoco anche il rametto che regge la carne, cercano tecniche per fissare i rametti sopra al fuoco, scappano quando il vento li investe con il fumo, morsicano timorosi e felici il risultato della loro caccia. Hanno creato qualcosa che prima non c'era, hanno trasformato un momento standard del nostro viaggio in Europa in qualcosa di memorabile.

Io – vegetariano ai margini – sgranocchio la mia carota e addento la mia mozzarella gusto industriale, e mi godo lo spettacolo, guardo per un attimo Elettra che li sta fissando da ogni parte.


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Ben Howard - I Forget Where We Are (2014)


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In un anno che non ci ha regalato dischi particolarmente riusciti, questo finale di stagione sembra avere in serbo per noi qualche piacevole sorpresa. Dopo aver parlato molto bene, un paio di settimane fa, dell'ultima fatica di Lucinda Williams, mi trovo oggi a raccontare un disco che, sono pronto a scommetterci, scalerà le classifiche personali di molti ascoltatori e probabilmente di molte riviste specializzate. Sto parlando del secondo full lenght di Ben Howard, ventisettenne songwriter londinese, che dopo il buon successo (anche commerciale) del disco d'esordio intitolato Every Kingdom (2011), torna a stupire con un album intenso ed emozionato... artesuono.blogspot.com/2014/11…


Ascolta: album.link/i/1440821129



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Ben Howard - I Forget Where We Are (2014)


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In un anno che non ci ha regalato dischi particolarmente riusciti, questo finale di stagione sembra avere in serbo per noi qualche piacevole sorpresa. Dopo aver parlato molto bene, un paio di settimane fa, dell'ultima fatica di Lucinda Williams, mi trovo oggi a raccontare un disco che, sono pronto a scommetterci, scalerà le classifiche personali di molti ascoltatori e probabilmente di molte riviste specializzate. Sto parlando del secondo full lenght di Ben Howard, ventisettenne songwriter londinese, che dopo il buon successo (anche commerciale) del disco d'esordio intitolato Every Kingdom (2011), torna a stupire con un album intenso ed emozionato... artesuono.blogspot.com/2014/11…


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CANTICO DEI CANTICI - Capitolo 8


Desiderio dell’unione1Come vorrei che tu fossi mio fratello, allattato al seno di mia madre! Incontrandoti per strada ti potrei baciare senza che altri mi disprezzi.2Ti condurrei, ti introdurrei nella casa di mia madre; tu mi inizieresti all'arte dell'amore. Ti farei bere vino aromatico e succo del mio melograno.3La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia.4Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, non destate, non scuotete dal sonno l'amore, finché non lo desideri.

EPILOGO (8,5-7)

5Chi sta salendo dal deserto, appoggiata al suo amato? Sotto il melo ti ho svegliato; là dove ti concepì tua madre, là dove ti concepì colei che ti ha partorito.6Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l'amore, tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina!7Le grandi acque non possono spegnere l'amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell'amore, non ne avrebbe che disprezzo.

APPENDICI (8,8-14)

La sorella piccola8Una sorella piccola abbiamo, e ancora non ha seni. Che faremo per la nostra sorella nel giorno in cui si parlerà di lei?9Se fosse un muro, le costruiremmo sopra una merlatura d'argento; se fosse una porta, la rafforzeremmo con tavole di cedro.10Io sono un muro e i miei seni sono come torri! Così io sono ai suoi occhi come colei che procura pace!

La vigna11Salomone aveva una vigna a Baal-Amon; egli affidò la vigna ai custodi. Ciascuno gli doveva portare come suo frutto mille pezzi d'argento.12La mia vigna, proprio la mia, mi sta davanti: tieni pure, Salomone, i mille pezzi d'argento e duecento per i custodi dei suoi frutti!

Ultimo reciproco invito13Tu che abiti nei giardini, i compagni ascoltano la tua voce: fammela sentire.14Fuggi, amato mio, simile a gazzella o a cerbiatto sopra i monti dei balsami!

_________________Note

8,1-4 L’intenso desiderio della sposa di unirsi al suo amato (vv. 1-2) si va compiendo (vv. 3-4).

8,6 sigillo: veniva portato al collo o al braccio, appeso a una collana, o al dito come un anello. Nell’antichità serviva per indicare la proprietà e l’appartenenza, e per autenticare i documenti. Per la prima volta appare qui il nome di Dio: le vampe dell’amore sono una fiamma divina; letteralmente “una fiamma di Jah” (cioè di JHWH).

8,7 Le grandi acque: simbolo di tutto ciò che incute paura all’uomo.

8,8 Le ultime battute del Cantico sono composte da frammenti di poesia amorosa, posti sulle labbra ora del coro ora dell’amata e dell’amato. I vv. 8-10 e 11-12 sono canti nuziali espressi in forma di indovinelli scherzosi.

8,11-12 Baal-Amon (“il signore della moltitudine” oppure “il signore della ricchezza”): località sconosciuta; forse indica simbolicamente un luogo fertile e ricco di frutti.

=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti


vv. 1-4. Il secondo monologo della donna ha per fondale non più la campagna, bensì la città. La vediamo fantasticare ingenuamente di poter baciare in pubblico l'uomo che ama e immaginare di donarglisi totalmente; vorrebbe che lo sposo fosse suo fratello di sangue o di latte per poterlo assalire di baci sulla pubblica strada, senza suscitare malignità come fosse una prostituta! Le rigide convenzioni orientali impedivano la spontaneità delle effusioni in luogo pubblico anche tra due sposi; soltanto «una prostituta» si poteva permettere di piombare addosso a un giovane per strada, come si legge in Pr 7,10-23. La donna del Ct vorrebbe condurre l'amato nella sua casa materna, essere da lui iniziata all'amore (v. 2a) e in cambio gli darebbe la dolcezza e l'ebbrezza del suo amore femminile (v. 2b). «Il sogno della sposa finisce nel v. 3 con lo stupendo ritratto che abbiamo già incontrato in 2,6-7 e 3,5: i due sono ormai abbracciati e lo sposo è assopito, avvolto nell'estasi dell'amore, avvinghiato al corpo della sposa» (G. Ravasi) Per il v. 4 vedi il commento a 2,7.

vv. 5-7. È il culmine del Ct, la vetta della sua esaltante rivelazione, autentica “teofania” dell'amore. Sullo sfondo della fanciulla che sale dal deserto appoggiata al suo diletto (v. 5a), nell'esaltazione che lei fa dell'amore consumato (v. 5b) che aspira a fecondare in profonda comunione l'intera esistenza dei due sposi (v. 6a), il redattore del Ct ci consegna la sua teologia sull'amore sponsale, «una fiamma di Dio» (vv. 6b-7). 5b. «Sotto il melo ti ho svegliato»: in conformità al TM, i cui pronomi suffissi sono qui tutti al maschile. È la donna che parla e dice di avere «svegliato» lo sposo addormentato all'ombra dell'amore consumato, di averlo svegliato «sotto il melo», che è l'albero dell'amore già cantato in 2,3. 6a. «Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio»: «il cuore» è la sede del pensiero, «il braccio» è lo strumento principe dell'attività di una persona, «il sigillo» appeso al collo o come anello al dito serviva ad autenticare i documenti (cfr. Ez 28,12), ma anche a farsi identificare (cfr. Gn 41,42; Ger 22,24). È come se la sposa dicesse allo sposo: «Non devi pensare e progettare niente senza di me, non devi fare nulla senza la mia interiore presenza». La donna amata supplica l'amato «affinché lei stessa possa giacere come un eterno sigillo sul suo cuore palpitante, possa porsi come un anello che – saldo – circonda il suo braccio infaticabile. Il matrimonio è infinitamente più che amore; matrimonio è l'adempimento all'esterno, per il quale l'amore tende la mano fuori del suo intimo e beato appagamento» (F. Rosenzweig).

v. 6b. «Perché forte come la morte è l'amore...»: il causale (= perché) non introduce più (come in 1,2) una motivazione dettata dall'esperienza dei due amanti, in riferimento al loro amore, bensì una motivazione concernente l'amore come tale, l'amore di tutti gli sposi, l'amore di sempre. Le parole che il redattore mette in bocca alla donna assumono una solennità quasi oracolare che si accentua progressivamente. «Forte come la morte è l'amore, tenace come gli inferi (šᵉ’ôl) è la passione (BC: gelosia)». «La morte è il momento estremo, conclusivo e perfettivo della creazione, e l'amore è altrettanto forte. Nell'affermazione: “Forte come la morte è l'amore...” non parla l'amore in prima persona, ma tutto il mondo della creazione, vinto, viene posto ai suoi piedi. La morte, la vincitrice di ogni cosa, e lo šᵉ’ôl, che gelosamente trattiene nelle sue mani quanto è trapassato, sprofondano davanti alla sua forza e all'intensità del suo ardore. Il gelo di morte del passato, rigido come un oggetto, viene riscaldato dal fuoco dell'amore, dalle sue fiamme divine» (F. Rosenzweig). «Vampe di fuoco, una fiamma del Signore» (lett.: di Jah)(v. 6c): «Nelle vampe di fuoco, la grande rivelazione, semplicemente enunciata: “una fiamma del Signore”. L'amore è grande, è invincibile, perché è “fuoco che viene da Dio”» (L. Alonso Schökel). È l'unica menzione nel Ct del nome JHWH, nella forma abbreviava Jah, che qui non può esprimere semplicemente un superlativo («fiamma di Jah» = «fiamma più ardente che esista»): il contesto di Ct 8,6-7 è troppo ricco di assoluti (come «amore», «morte», «šᵉ’ôl» «grandi acque» della creazione) per non mantenere a JHWH il suo vero significato di nome di Dio. L'amore è fuoco che viene da Dio, perché «Dio è amore» (1Gv 4,8.16). Si ha un bel dire che il Ct è una raccolta di canti d'amore profani. Chi parla così, intende esprimere nulla più e nulla meno se non il fatto che Dio non ama; ma ciò è esattamente il contrario del Dio raccontato dalla Bibbia, quel Dio che procurò una compagna all'uomo, gliela consegnò e l'uomo l'accolse come un dono di Dio (cfr. Gn 2, 18ss.). «Le grandi acque non possono spegnere l'amore...» (v. 7a): «le grandi acque» sono «le acque dell'abisso», l'elemento primordiale dominato da Dio nella creazione (cfr. Gn 1,2-10), il segno della distruzione e della morte, dalle quali l'orante implora Dio di salvarlo (cfr. Sal 69,2-3). Anche se il caos originale ritornasse, come al tempo del diluvio (cfr. Gn 8,2), l'amore sussisterebbe perché è più forte: «Anche se l'amore non salva gli amanti dalla morte, in ogni caso la morte non può niente sull'amore» (D. Lys). «Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell'amore...» (v. 7b): l'amore non è commerciabile, non si compra né si vende, anche perché una grossa dote, fosse anche l'intera fortuna di un uomo, non gli assicura l'amore di una donna.

vv. 8-10. Con una sorta di flash-back letterario, la sposa appagata dall'amore (8,5-7) ritorna qui come l'adolescente smaliziata dell'inizio (cfr. 1,5-6), una ragazza giovanissima che i fratelli progettano, o sognano, di dare in sposa nelle migliori condizioni (vv. 8-9); ma la ragazza risponde, rivendicando la sua piena libertà di scelta nell'amore (v. 10). «Sono ai tuoi occhi come colei che ha trovato pace» (v. 10b): davanti al suo amato, da lei liberamente scelto, la fanciulla si proclama come «colei che ha trovato» (môṣᵉ’ēt: participio gal del verbo _mṣ’ che significa «trovare»), oppure come «colei che procura» _(môṣᵉ’ēt: participio hifil del verbo yṣ’ = «uscire», cioè «far uscire, procurare pace»). Questa pace (šālôm) sembra richiamare la šulammît di 7,1 (vedi commento); la šulammît e insieme paciticata e pacificante: incontrato colui che essa ama e da cui è ricambiata, la fanciulla «ha trovato pace», cioè il suo compimento e la sua pienezza, e insieme «ha procurato pace» al suo amato.

vv. 11-12. Si tratta del penultimo frammento di canto amoroso in bocca allo sposo, il quale si confronta con lo storico re Salomone che poteva contare su un abbondante e fastoso harem (v. 11) e dice di preferire la sua donna (la vigna nel Ct è sinonimo di femminilità), che è il suo unico e supremo bene (v. 12). «Baal-Amon»: una località ignota, il cui significato è «Signore della moltitudine» e che la dice lunga sull'harem del re Salomone (cfr. 1Re 11,3), favoloso ma anche dispendioso da custodire. I «custodi» della vigna (v. 12b) sembrano un'allusione agli eunuchi che avevano il compito di occuparsi delle donne dell'harem (cfr. Est 2,3.14). Allo sposo del Ct basta la sua vigna, la sua donna: l'enfasi della ripetizione («la vigna mia, proprio mia» del v. 12a) attesta la profondità e l'infrangibilità del vincolo che lega l'amato alla sua amata.

vv. 13-14. Nessuno si aspetterebbe un epilogo simile. L'avventura dei due spasimanti sembra riportata agli inizi, come se tutto ricominciasse da capo. Sulla bocca di lui, l'appello a lei perché «gli faccia sentire la sua voce» (v. 13; cfr. 2,14 e commento); e lei gli risponde, invitando l'amato a «correre-venire-tornare-penetrare» (piuttosto che «fuggire», questo è il senso del verbo ebraico brḥ) sui «monti degli aromi», immagine già nota (cfr. 2,17) del corpo e della femminilità della donna. È un invito all'amore, è l'esaltazione dell'amore mai compiutamente consumato. «Il Cantico non conduce l'avventura dell'amore a un lieto fine, ma al termine dell'ultimo poema l'avventura continua» (D. Lys). L'amore è, e sarà sempre, un'opera aperta.

(cf. VALERIO MANNUCCI, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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✍️ Prima dell'alba...

Ci sono giorni in cui sembra che tutto corre e va avanti, ancor prima che io mi sia svegliata. Sento i rumori che arrivano dalla strada, voci lontane, porte che si chiudono... Tutto si muove in fretta ed io mi sento catapultata in questa realtà, imprigionata da un ritmo troppo veloce, che non ho scelto e mi confonde!

Eppure, ho scoperto un segreto, esiste un attimo silenzioso che precede questa frenesia, è quell’attimo prima che la città si svegli, quando i lampioni sono ancora accesi, l’aria è fresca e frizzante, il cielo è ancora stellato ed esso mi avvolge come fosse una morbida coperta. È l'alba che precede il mattino! Che avanza silenziosamente e delicatamente! In quell’attimo posso fermarmi, respirare, ascoltare il mio cuore, le mie emozioni, le mie paure e lentamente iniziare ad affrontarle e superarle.. Quel silenzio non è uno spazio da colmare, bensì un un modo per ricordarmi che anche oggi posso alzarmi e ricominciare. Non serve affidarsi ad un grande gesto, basta preparare un caffè con calma, aprire la finestra per osservare il cielo che cambia colore, fermarsi davanti a quello spettacolo e lasciarsi trasportare con la fantasia, lontano, verso l'infinito dove tutto è silenzio e pace. E mentre il giorno avanza veloce, posso ritagliarmi il mio attimo, la mia pausa e iniziare la giornata in silenzio, in compagnia solo di me stessa! Così sarà la natura, con le sue meraviglie ad offrire il modo e il tempo per ricominciare, perché spesso le cose più grandi, belle e importanti non accadono nei giorni straordinari, bensì negli attimi silenziosi che accompagnano un' alba e che spesso sono nascosti dai rumori del mondo! Perciò cogliamo ogni attimo, ogni alba , ogni silenzioso tramonto ed ogni caldo abbraccio della luna, ogni giorno, ogni notte, sempre ...

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[rotazioni]domanda alla fine] un gonfiabile perde la testa occupa le sedi i distaccamenti come] la terra-terra torna piatta tutto il] fiato domandano il coro trasloca un corista alla volta fanno] i giri riconoscono le specie quelle [più lontane in] sicurezza


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NOVITÀ DI VENERDÌ 6/6/25.


NARRITIVA:

  • IL MONDO CHE CHIAMA di Douglas Bauer (Nutrimenti). Una storia ambientata nell'America profonda dell'inizio '900. Il protagonista si divide tra il suo lavoro di minatore di carbone e la partita domenicale di baseball. È una vita dura, finché non arriva la svolta: un talent scout lo nota e gli propone di entrare tra i giocatori di baseball professionisti. Per saperne di più: scheda libro.

FANTASCIENZA:

  • APOLLO CREDICI. MART WORKING – LAVORARE DA NASA di Maurizio De Angelis (Homo Scrivens). Fantascienza tutta da ridere: satira surreale e situazioni assurde accompagnano un improbabile equipaggio in una missione di recupero su Marte... Per saperne di più: scheda libro.

FUMETTI, MANGA E GRAPHIC NOVEL:

  • IL RITORNO DI DORIAN GRAY di Davide Barzi e Werner Maresta (Sergio Bonelli). Una catena di misteriosi delitti sembra portare al defunto Dorian Gray. Possibile che il dandy, morto sfigurato ai piedi del celebre suo ritratto, stia tornando a vendicarsi di coloro che lo hanno reso il mostro che è stato in vita? Per saperne di più: scheda libro.

SAGGISTICA:

  • LE STRADE DI ROMA di Catherine Fletcher (Garzanti). L'Impero romano, lungo la sua millenaria storia, ha innervato il mondo conosciuto con le sue strade e le sue vie di percorrenza: efficienti e veloci, hanno permesso la circolazione di uomini, merci e idee. Questo volume è il risultato di una ricerca storica sulla rete stradale di Roma attraverso Europa, Africa del nord e Medio Oriente, un'opera fondamentale, più longeva dell'Impero stesso. Per saperne di più: scheda libro.
  • 101 STRONZATE CHE I FILOSOFI HANNO (VERAMENTE) DETTO E FATTO di Francesco Pastorelli (Newton Compton). A tutti capita di dire una stupidaggine. Certo, è molto consolante che anche le grandi menti filosofiche, di tanto in tanto, ne abbiano detta qualcuna... Questo divertente e provocatorio saggio raccoglie le migliori (o peggiori?) assurdità partorite dalla mente dei grandi e famosi filosofi. Per saperne di più: scheda libro.
  • IFIGENIA di Francesca Ghedini (Marsilio). La figura di Ifigenia, primogenita del re Agamennone e sacrificata sull'altare dell'ambizione politica, è al centro di questo libro in tutte le sue sfaccettature di eroina omerica e tragica. Per saperne di più: scheda libro.
  • COMMENTO AL VANGELO di Lanza Del Vasto, a cura di Manfredi lanza (Il Pellegrino). A Parigi, dal 1946 al 1948, il filosofo Giuseppe Giovanni Lanza Del Vasto tenne incontri in cui commentava il Vangelo attraverso profonde meditazioni e pensieri, in un momento cruciale della storia dell'Europa. Questo libro raccoglie quelle meditazioni e ce le offre per poter cercare il significato delle Scritture nella vita di tutti i giorni. Per saperne di più: scheda libro.
  • I DILUVI DI DIO di Federico Giuntoli (Il Mulino). Un volume che ripercorre la storia del mito del diluvio divino, a partire dai testi mesopotamici e del suo significato, che non riguarda solo la distruzione ma anche la speranza di rinascita e rinnovamento. Per saperne di più: scheda libro.

INFANZIA E RAGAZZI:

  • L'ALLEVAMENTO DEI CANI IMPROBABILI di Teo Benedetto e Davide Panizza (Franco Cosimo Panini). Un albo illustrato che consiste in un catalogo di cani impossibili e divertentissimi: c'è il CANadese (un cane a forma di tenda), il CANtiere (un cane che aiuta i muratori), CANnella CANbella e CANnolo (tre cani da pasticceria), e così via... ogni cane assurdo è illustrato attraverso una scheda con curiosità e istruzioni per allevarlo. Età di lettura: dai 4 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • IMPARA IL FRANCESE FACILMENTE illustrato da Simona Giudizio (NuiNui). Un libro sonoro per iniziare in modo divertente l'apprendimento della lingua francese. Una voce, in italiano, spiega il funzionamento delle 10 tavole interattive, e una voce madrelingua pronuncia le parole nel modo corretto. La batteria è ricaricabile tramite cavo USB. Età di lettura: dai 4 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • UN LEPROTTO MOLTO DI FRETTA di Christian Merveille e Lorenzo Sangiò (Terre di Mezzo). Il leprotto corre velocemente attraverso il villaggio e poi nel bosco per andare dai suoi amici. Forse corre TROPPO velocemente, e qualcosa gli è sfuggito... Età di lettura: dai 5 anni. Per saperne di più: scheda libro.
  • LA BANDA MISFIT – INSOSPETTABILI AGENTI SEGRETI di Lisa Yee, illustrato da Dan Santat (EDT – Giralangolo). La protagonista Olive viene trasferita in una scuola “speciale”: un collegio su un'isola ricavato da una vecchia prigione. In realtà, il collegio è un centro di reclutamento per giovani agenti segreti, e Olive si troverà con altri quattro amici, disadattati come lei, per formare la Banda Misfit e sventare i piani malvagi dei criminali internazionali. Età di lettura: dai 12 anni. Per saperne di più: scheda libro.

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Lucinda Williams - Where The Spirit Meets The Bone (2014)


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Era da parecchio che attendevo il nuovo disco della Williams, da tre anni almeno, da Blessed, un signor disco. Blessed, a sua volta, veniva dopo due dischi, a mio parere, meno riusciti: West e, sopratutto, Little Honey. Down When The Spirit Meets The Bone è invece un bel disco, anzi un grande disco. Prima di tutto è doppio, ed è la prima volta che la Williams mette sul piatto 20 canzoni nuove, non lo aveva mai fatto. 20 canzoni, anzi 19, composte da lei. Di doppi ne aveva pubblicati due: il Live @ The Fillmore e l’edizione speciale di Blessed. Ma questa è la prima volta che la cantautrice pubblica 20 canzoni nuove di zecca. Una proposta ricca, piena di musica, gonfia di chitarre. Questo è un disco di chitarre in primo luogo perchè, oltre ai fidi Val McCallum, Greg Leisz e (in una sola canzone) Doug Pettibone, Lucinda ha chiamato a sé Tony Joe White, Bill Frisell, Jonathan Wilson e Stuart Mathis (chitarra nei Wallflowers di Jakob Dylan)... artesuono.blogspot.com/2014/10…


Ascolta: album.link/i/915095610



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Lucinda Williams - Where The Spirit Meets The Bone (2014)


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Era da parecchio che attendevo il nuovo disco della Williams, da tre anni almeno, da Blessed, un signor disco. Blessed, a sua volta, veniva dopo due dischi, a mio parere, meno riusciti: West e, sopratutto, Little Honey. Down When The Spirit Meets The Bone è invece un bel disco, anzi un grande disco. Prima di tutto è doppio, ed è la prima volta che la Williams mette sul piatto 20 canzoni nuove, non lo aveva mai fatto. 20 canzoni, anzi 19, composte da lei. Di doppi ne aveva pubblicati due: il Live @ The Fillmore e l’edizione speciale di Blessed. Ma questa è la prima volta che la cantautrice pubblica 20 canzoni nuove di zecca. Una proposta ricca, piena di musica, gonfia di chitarre. Questo è un disco di chitarre in primo luogo perchè, oltre ai fidi Val McCallum, Greg Leisz e (in una sola canzone) Doug Pettibone, Lucinda ha chiamato a sé Tony Joe White, Bill Frisell, Jonathan Wilson e Stuart Mathis (chitarra nei Wallflowers di Jakob Dylan)... artesuono.blogspot.com/2014/10…


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E' l'ora di cambiare. Adesso!


Ci sono situazioni nella vita dove non c'è una scelta buona e una cattiva, ma sei costretto giocoforza a scegliere la meno peggio. Molte volte questo cozza contro la tua coerenza e contro i tuoi valori, ma ti fai andare bene quella scelta, cercando di incastrarla a martellate nella tua esistenza e raccontandoti una storia distorta per fartela digerire meglio.

Una di queste situazioni, è la presenza di docenti, maestri, educatori, sacerdoti, giusto per elencare qualche categoria, sui social media centralizzati.

Cosa ci fanno queste persone che dovrebbero educare, con l'insegnamento e con l'esempio delle proprie azioni, su piattaforme social dove vengono venduti i propri dati, vengono manipolate le informazioni, vengono servite ogni secondo pubblicità inutili se non dannose, vengono risucchiati sullo schermo di uno smartphone tutti i momenti di tempo libero. E' inutile far finta di non vedere, il Re è nudo, ormai lo sanno anche i muri qual'è il fine di tali piattaforme: Fare denaro spremendo come limoni i propri iscritti.

Con quale coerenza, sapendo queste cose e molto di più, un insegnante, un sacerdote, un educatore, permane su queste piattaforme, mettendo a tacere la coscienza, chiudendo gli occhi davanti ai danni che queste stanno procurando ai nostri giovani, ai nostri figli, e anche a noi stessi.

E' comprensibile che si cerchi di restare in contatto con i nostri giovani, utilizzando gli stessi strumenti. Anche perché alternative non c'erano, e come ho detto all'inizio, la cosa ce la siamo fatta piacere, anche storcendo la bocca. Qualcuno dirà: “ho bisogno di stare là dove sono i giovani, per portare la mia testimonianza”.

Stolto!

Tu sei meno di “voce di uno che grida nel deserto”, tu sei “voce di uno che grida nel vuoto”, perchè la tua testimonianza vale meno della pubblicità dei divani, meno del video divertente, meno della foto del coniglio con le corna da alce. Perché l'algoritmo ha deciso che quelle cose sono più importanti di te, perché fanno ridere e ci possono piazzare più pubblicità nel mezzo.

Ma adesso è arrivata l'ora, ed è questa, di prendere per mano il futuro dei nostri ragazzi ed indirizzarlo verso la via maestra. Non possiamo più tenere gli occhi chiusi, non è più accettabile. Con l'avvento delle varie Intelligenze Artificiali, le società multimiliardarie ci salteranno addosso con una potenza di fuoco mai vista prima, ed alla quale non siamo preparati. Non si distinguerà più il vero dal falso, la foto originale e quella manipolata, il video reale e quello creato, la notizia vera da quella falsa. Solo per elencare le cose più evidenti.

I nostri ragazzi sono drogati, letteralmente, perché gente senza scrupoli ha giocato con la dopamina, per tenerci incollati allo schermo, scrollando un rullo che non ha mai fine. E sarà sempre peggio. E non serve togliere il cellulare per qualche ora, pensando così di riuscire ad avere attenzione, perché comunque la loro mente sta pensando ad altro, sta pensando alla notifica, alla risposta che deve dare a quel messaggio, ai like che deve aumentare. La loro mente sta pensando al cellulare nel cassetto e a quando lo riavranno.

Noi cinquantenni siamo l'ultima generazione che ha visto il mondo come era prima dei social media centralizzati. Perché non è Internet il male, non sono i motori di ricerca, non sono le piattaforme social, il male è lo sfruttamento di tali piattaforme per fare denaro, tanto denaro, che finisce nelle mani di poche persone, che ormai sono presi da deliri di onnipotenza. I loro sistemi sono talmente grandi che ormai vanno da soli, hanno preso il sopravvento, la creatura sta controllando il creatore. Non si fermeranno mai, perché la creatura è una macchina, e non ha una coscienza, non ha alcun senso di umanità, conosce solo un ordine: “fare più denaro”.

Noi che abbiamo una certa età, abbiamo la responsabilià di fermare i giochi, di indicare una strada di uscita, laddove l'uscita non si vede. Siamo nel 2025, la tecnologia ci mette a disposizione alternative etiche, rispettose della privacy, non commerciali. Sono social puliti, frequentati per adesso da poche persone. Non possiamo pretendere di tornare indietro negli anni, ma possiamo tornare a quei rapporti di amicizia che sia vera amicizia, a social fatti da noi stessi, gestiti da noi stessi, senza profilazione, senza pubblicità, senza febbre da like.

Mi rivolgo a voi, docenti, maestri, educatori che magari siete più bravi con il computer, ad informarvi su questa realtà che si chiama “Fediverso”, che rappresenta un'alternativa etica e rispettosa delle persone. Non metto link, ognuno faccia le ricerche più opportune, ognuno si informi come può, perché è giunto il momento di riprendere in mano la nostra dignità, di non rinunciare alla nostra coerenza, di dare un segno di discontinuità.

Siamo come Davide contro Golia, ma la storia insegna che a volte si può vincere. Non bisogna mai rinunciare in partenza, perché allora saremo completamente in balìa di un elaboratore elettronico, che decide per noi la nostra vita. Con l'aiuto di Dio sono sicuro che riusciremo a fare qualcosa. Un lungo cammino inizia con un piccolo passo. Facciamo quel passo.

Namastè.


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GRAVIDE DI LAMPI

la luna piegata sui miei fogli compone queste lettere gravide di lampi tagliate nella luce assetate nel supplizio dell'inchiostro vibranti su pentagrammi di sogni

Analisi del testo


Occhi sulla pagina


Questo breve testo si apre con un’immagine sospesa: la luna non è solo un astro, ma un gesto, “piegata sui miei fogli”. Già qui entriamo in un universo di scrittura che vive di notti, segreti e slanci luminosi.


Temi e atmosfere


  • La scrittura come atto rituale: la luna “compone queste lettere” suggerisce un demiurgo che dà forma al verso.
  • Il lampo come scintilla creativa: le parole sono “gravide di lampi”, pronte a esplodere in un fragore di idee.
  • La tensione tra sete e supplizio: l’inchiostro diventa al tempo stesso nutrimento (“assetate”) e tormento (“supplizio dell’inchiostro”).
  • La fusione tra suono e visione: i “pentagrammi di sogni” collegano la pagina a uno spartito visionario, dove la parola suona prima di essere letta.

Figure retoriche principali


  • Anastrofe (“la luna piegata”) per creare straniamento e concentrare l’attenzione sul soggetto celeste.
  • Metafora estesa dell’inchiostro come sangue creativo, dolore e sete.
  • Ossimori (“supplizio” vs “vibranti”) che accentuano la contraddizione emotiva tra sofferenza e esaltazione.
  • Sinestesia tra luce, suono e tatto: il testo invita tutti i sensi a partecipare all’esperienza poetica.

Ritmo e musicalità


Il verso è fluido e scandito da enjambement brevi. La lettura accelera tra “gravide di lampi / tagliate nella luce” e rallenta in “assetate / nel supplizio dell’inchiostro”, creando un’onda di intensità che culmina nel pianissimo dei “pentagrammi di sogni”.


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✍️ Pensieri...diversi .

Si dice che chiusa una porta, si apra un portone, quindi io dovrei essere circondata da imponenti portoni, magari dagli inserti dorati .. E invece ho un rapporto indefinito con le porte, ho l'abitudine di non chiuderle mai a chiave e di lasciarle spesso socchiuse .. Uno dei miei molteplici difetti, forse insicurezza, poco coraggio o eccessiva fiducia. Così col tempo ho continuato a non chiudere le porte, preferisco siano gli eventi o gli altri a farlo per me...Questo perche' credo che non aspetti a me decidere chi deve uscire per sempre dalla mia vita, dai miei pensieri e soprattutto dal mio cuore. In genere ci pensano gli altri, chi prende un'altra strada spesso lo fa consapevolmente e senza chiedermi il permesso, così all'improvviso o poco per volta, passo dopo passo e mi ritrovo una lunga fila al di là della mia porta. Così, lascio aperto, convinta, illusa o speranzosa che, chissa' un giorno chi era uscito, si possa presentare davanti a quell'uscio e trovando aperto, possa chiedermi di entrare e farmi compagnia per un caffè. E nonostante il tempo passato, l'orgoglio, il dolore, sarò ben lieta di offrire quel caffè e forse anche un nuovo posto nella mia vita, magari vicino a quella porta ..


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✍️ Pensieri...diversi .


✍️ Pensieri...diversi .

Si dice che chiusa una porta, si apra un portone, quindi io dovrei essere circondata da imponenti portoni, magari dagli inserti dorati .. E invece ho un rapporto indefinito con le porte, ho l'abitudine di non chiuderle mai a chiave e di lasciarle spesso socchiuse .. Uno dei miei molteplici difetti, forse insicurezza, poco coraggio o eccessiva fiducia. Così col tempo ho continuato a non chiudere le porte, preferisco siano gli eventi o gli altri a farlo per me...Questo perche' credo che non aspetti a me decidere chi deve uscire per sempre dalla mia vita, dai miei pensieri e soprattutto dal mio cuore. In genere ci pensano gli altri, chi prende un'altra strada spesso lo fa consapevolmente e senza chiedermi il permesso, così all'improvviso o poco per volta, passo dopo passo e mi ritrovo una lunga fila al di là della mia porta. Così, lascio aperto, convinta, illusa o speranzosa che, chissa' un giorno chi era uscito, si possa presentare davanti a quell'uscio e trovando aperto, possa chiedermi di entrare e farmi compagnia per un caffè. E nonostante il tempo passato, l'orgoglio, il dolore, sarò ben lieta di offrire quel caffè e forse anche un nuovo posto nella mia vita, magari vicino a quella porta ..

@Marti75@snowfan.masto.host




CANTICO DEI CANTICI - Capitolo 7


Nella sposa tutto è bellezza e armonia1Vòltati, vòltati, Sulammita, vòltati, vòltati: vogliamo ammirarti. Che cosa volete ammirare nella Sulammita durante la danza a due cori?2Come sono belli i tuoi piedi nei sandali, figlia di principe! Le curve dei tuoi fianchi sono come monili, opera di mani d'artista.3Il tuo ombelico è una coppa rotonda che non manca mai di vino aromatico. Il tuo ventre è un covone di grano, circondato da gigli.4I tuoi seni sono come due cerbiatti, gemelli di una gazzella.5Il tuo collo come una torre d'avorio, i tuoi occhi come le piscine di Chesbon presso la porta di Bat-Rabbìm, il tuo naso come la torre del Libano che guarda verso Damasco.6Il tuo capo si erge su di te come il Carmelo e la chioma del tuo capo è come porpora; un re è tutto preso dalle tue trecce.7Quanto sei bella e quanto sei graziosa, o amore, piena di delizie!8La tua statura è slanciata come una palma e i tuoi seni sembrano grappoli.9Ho detto: “Salirò sulla palma, coglierò i grappoli di datteri”. Siano per me i tuoi seni come grappoli d'uva e il tuo respiro come profumo di mele.10Il tuo palato è come vino squisito, che scorre morbidamente verso di me e fluisce sulle labbra e sui denti!

Canto d’amore11Io sono del mio amato e il suo desiderio è verso di me.12Vieni, amato mio, andiamo nei campi, passiamo la notte nei villaggi.13Di buon mattino andremo nelle vigne; vedremo se germoglia la vite, se le gemme si schiudono, se fioriscono i melograni: là ti darò il mio amore!14Le mandragore mandano profumo; alle nostre porte c'è ogni specie di frutti squisiti, freschi e secchi: amato mio, li ho conservati per te.

_________________Note

7,1-10 L’amata è chiamata ora con il nome di Sulammita: il termine porta in sé un’assonanza con Salomone e illumina così la simbologia regale, che fa da sfondo al Cantico. L’assonanza con shalòm (“pace”) rimanda all’idea di benessere, perfezione, compiutezza. la danza a due cori: probabilmente una particolare danza nuziale.

7,5 Chesbon: località della Transgiordania, corrisponde all’attuale Tell Hesban, circa 20 chilometri da Amman. La porta di Bat-Rabbìm (“la porta della figlia dei molti”) è da collocare probabilmente in questa stessa città.

7,6 Carmelo (“giardino”): monte sulla costa mediterranea; nel linguaggio poetico della Bibbia è simbolo di bellezza e di imponenza.

7,14 le mandragore: con i loro frutti gialli dolci e dall’intenso profumo, erano considerate un afrodisiaco.

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Approfondimenti


vv. 7,1-8,4. Il Ct ci offre un secondo canto al corpo della donna amata (7,2-6; cfr. 4,1-7), introdotto dal coro delle fanciulle estasiate dalla bellezza della šûlammît danzante (7,1). Questo elogio del corpo di lei può leggersi sulla bocca del diletto, ma più probabilmente sono ancora le fanciulle che inneggiano alla bellezza del corpo della sposa. Intervengono poi gli stessi sposi, lui che aspira a possedere l'amata (7,7-10a), lei che evoca l'amplesso appena consumato (7,10b-11). Segue infine un duplice monologo d'amore che lei indirizza al suo diletto: il primo (7,12-14) risuona nell'incanto dell'alba di una primavera campestre palestinese; il secondo (8, 1-2) ha per fondale le strade di una città, che l'amata vorrebbe testimone felice di un amore spassionatamente palese. Il tenero abbraccio dell'amato (8,3) chiude felicemente la storia sognata della fanciulla, che essa vorrebbe interminabile: «non destate, non scuotete dal sonno l'amata...» (8, 4).

v. 7,1. La ripetizione del verbo bisillabo šûbî (= «Volgiti»: quattro volte) dà al v. 1 un vivace ritmo di danza, quasi a voler accompagnare anche ritmicamente questa «danza a due schiere», così chiamata perché le fanciulle che danzano insieme alla sposa sono divise in due schiere (una schiera era quella dei giovani danzanti?), o forse perché la sposa danzante teneva nelle mani due spade per sconfiggere gli spiriti del male. Il nome _šûlammît: tra i molti nomi o titoli che la bella del Ct assume, questo (unicamente qui in 7,1; ma vedi anche 8,10) ha tutta l'aria di uno pseudonimo misterioso, ricco di simbolismo. La šûlammît (con l'articolo) è la Pacifica, la Perfetta, l'Integra, colei che trae nome e significato dal vocabolo ebraico šālôm «pace, benessere, perfezione» che sta alla base del nome Salomone, lo šᵉlōmōh di Ct 3,7.9.11 e Ct 8,11-12. Se lo sposo-re ha la regalità maestosa del re storico Salomone (3,7-11), se ne discosta da lui e dal suo copioso harem (6,8-9; 8,11-12), e pur tuttavia ne porta il nome. Egli è il vero e autentico šᵉlōmōh, l'uomo della pace, l'uomo della perfezione, dalla cui «costola» (cfr. Gn 2,21-23) nasce la sua unica, la Šulammît Il binomio šᵉlōmōh-šûlammît: è il corrispondente compiuto e perfetto del binomio ’îš-’îššâ: «uomo-donna» della prima creazione.

v. 7,2-6. La descrizione parallela di Ct 4,1-7 partiva dal capo e scendeva fino al bacino della donna; qui, invece, secondo la posizione normale di chi guarda una danzante, il movimento è inverso: dai piedi racchiusi in sandali da principessa (v. 2), si sale progressivamente per tutto il corpo sino al volto e alle chiome (v. 6).

v. 3. «Il tuo ombelico» (v. 3a): il termine ebraico šōr ricorre anche altrove (cfr. Ez 16,4) con il significato di ombelico (in arabo è detto šurr), che non contrasta affatto con la comparazione che il poeta ne fa: «come una coppa rotonda». Ciò è conforme anche ai canoni dell'arte egizia, secondo i quali l'ombelico di una donna tende ad allargarsi fino a configurarsi come una piccola coppa: l'ombelico, infatti, evoca il grembo fertile, la radice stessa della fecondità generativa. Ma šōr potrebbe anche indicare la stessa vulva, il sesso femminile (in arabo širr: širrî = «segreto, pudenda»), ammirato nel canto come «coppa rotonda» dalla quale fluisce «il vino» della fertilità e della vita. Il canto elogia, contestualmente e con immagini agresti, il ventre (o addome) della donna (v. 3b): «grano e gigli» sono parimenti un simbolo di fertilità. Il Ct, con questo e altri canti del corpo di lei e di lui, «ci invita ancora una volta a non relegare la fisicità e la sessualità a due sole aree, quella dell'anatomia fredda e quella della pornografia miserabile. Il corpo è anche una parola viva d'amore, un termine di linguaggio e di relazione interpersonale» (G. Ravasi).

vv. 4-6. «I seni», mobili e perfettamente uguali, sono paragonati a due «gemelli di gazzella» (v. 4; cfr. 4,5); «il collo» è slanciato «come torre d'avorio» (v. 5a), materiale prezioso e aristocratico (cfr. Am 3,15); «gli occhi» sono limpidi e luminosi come laghetti che riflettono il cielo («laghetti di Chesbon» del v. 5b, città regale della Transgiordania, celebre per le molte acque: cfr. Nm 21,26-34). «il naso» candido («libano» in ebraico significa anche «bianco») incombe come una torre di guardia sulla Siria e sulla sua capitale Damasco (v. 5c); infine, «il capo» che svetta come il «Carmelo» (v. 6a: Carmelo in ebraico significa alla lettera «la vigna di Dio», «la vigna fertile per eccellenza»), e le chiome d'un fulvo acceso simile alla porpora, capaci di impigliare con la loro magia lo sposo innamorato (v. 6b).

vv. 7-10a. Il “canto del corpo” della donna culmina in un brevissimo monologo dello sposo, il quale contempla rapito l'intero corpo di lei (vv. 7-8) e anela a possederlo (v. 9). Lo sposo immagina di salire su questa «palma» viva che è la sua donna, di stringerla a sé, di inebriarsi del suo profumo, di gustare i suoi frutti. I seni come «grappoli di palma» (vv. 8 e 9a) diventano «grappoli d'uva» nel v. 9b, immagine più consona al linguaggio erotico: infatti nel Ct il sesso femminile viene designato come vigna (1,6.14; 2,15; 8,12) o come una vite (7,13). E il v. 9c («il profumo del tuo respiro come di pomi») introduce il motivo dei baci, che viene ripreso nel v. 10a: «Il tuo palato», ovvero i tuoi baci e le tue parole d'amore, sono come vino squisito che scivola sulle labbra assopite dell'innamorato.

vv. 10b-11. Fino al v. 10a è lo sposo che si rivolge all'amata: vedi il suffisso al femminile de «il tuo palato» come i precedenti «i tuoi seni» e «il tuo respiro» del v. 9. Ma nel v. 10b incontriamo il termine dôdî (= «il mio diletto») che nel Ct è sempre usato da lei o dal coro per designare l'amato. Pertanto, dal v. 10b è la donna che parla come se interrompesse il complimento dello sposo sui baci di lei, per confermargli: «Sì! il mio palato (= i miei baci) scorre dolcemente verso il mio diletto» (v. 10b) e «fluisce sulle labbra dei dormienti» (v. 10c: secondo il TM), ovvero sulle labbra degli amanti assopiti nell'ebbrezza dell'amore. Il v. 11, uno dei vertici del messaggio del Ct, esprime la reciproca e paritaria esperienza del possesso totale, propria dell'amore sponsale. L'espressione in bocca all'amata: «e la sua brama è verso di me» (v. 11b) rimanda spontaneamente a Gn 3,16 che parla della brama (è lo stesso termine tᵉšûqâ) della donna verso l'uomo, effetto e segno dello scadimento originale: «Verso tuo marito sarà la tua brama». Una rivincita della donna sull'uomo? Certamente, la donna nel Ct riconquista il proprio posto e la propria dignità pari a quelli dell'uomo; l'amore sponsale ritrova il suo vero significato di mutua totale donazione dei due corpi.

vv. 12-8,4. L'ardente invito a uscire nei campi a primavera stagione dell'amore, che prima (cfr. 4,4-5) era stato di lui, risuona ora in bocca all'amata nel primo monologo (7,12-14). Accanto alla consueta immagine amorosa delle «vigne», della «vite» e dei «melograni», compaiono ora le «mandragore» dal mitico profumo, che maturano in maggio al tempo della mietitura del grano ed erano considerate (cfr. Gn 30,14-16) un afrodisiaco potente. Tutto è molto erotico in questo monologo, nel quale la donna è felice di donarsi al suo sposo («là ti darò le mie carezze» del v. 13d), per il quale essa tiene in serbo «ogni specie di frutti squisiti, frutti freschi insieme a frutti stagionali» (v. 14), che sono i doni dell'amore antichi e nuovi a un tempo.

(cf. VALERIO MANNUCCI, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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[piriche]oppure fondali da camion piazzole permaflex [amministrano con drappelli e pieghi] ibridi interfacce e colubrine il] commercio svende le camicie di piombo ai garibaldini un] programma per limitare [persone sullo sfondo


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La formula magica: 𝓹𝓻𝓮𝓷𝓭𝓮𝓽𝓮 𝓾𝓷 𝓬𝓾𝓸𝓻𝓮 𝓷𝓮 𝓰𝓻𝓪𝓷𝓭𝓮 𝓷𝓮 𝓹𝓲𝓬𝓬𝓸𝓵𝓸, 𝓵𝓸 𝓪𝓹𝓻𝓲𝓽𝓮 , 𝓶𝓮𝓽𝓽𝓮𝓽𝓮 𝓭𝓾𝓮 𝓻𝓪𝓶𝓲 𝓭𝓲 𝓯𝓮𝓵𝓲𝓬𝓲𝓽𝓪̀,𝓾𝓷 𝓹𝓲𝔃𝔃𝓲𝓬𝓸 𝓭𝓲 𝓰𝓲𝓸𝓲𝓪 𝓮 𝓭𝓾𝓮 𝓯𝓸𝓰𝓵𝓲𝓮 𝓭𝓲 𝓼𝓸𝓻𝓻𝓲𝓼𝓸. 𝓪𝓰𝓰𝓲𝓾𝓷𝓰𝓮𝓽𝓮 𝓾𝓷𝓸 𝓼𝓹𝓻𝓾𝔃𝔃𝓸 𝓭𝓲 𝓼𝓮𝓷𝓬𝓮𝓻𝓲𝓽𝓪̀ 𝓮 𝓾𝓷𝓸 𝓭𝓲 𝓸𝓷𝓮𝓼𝓽𝓪̀, 𝓹𝓸𝓲 𝓶𝓮𝓼𝓬𝓬𝓸𝓵𝓪𝓽𝓮 𝓹𝓮𝓻 𝓾𝓷 𝓶𝓲𝓷𝓾𝓽𝓸.𝓕𝓪𝓽𝓽𝓸 𝓺𝓾𝓮𝓼𝓽𝓸 𝓪𝓰𝓰𝓲𝓾𝓷𝓰𝓮𝓽𝓮 𝓭𝓾𝓮 𝓰𝓸𝓬𝓬𝓮 𝓭𝓲 𝓯𝓲𝓭𝓾𝓬𝓲𝓪, 𝓮 𝓾𝓷𝓪 𝓰𝓸𝓬𝓬𝓲𝓪 𝓭𝓲 𝓼𝓮𝓷𝓼𝓲𝓫𝓲𝓵𝓲𝓽𝓪̀. 𝓪𝓵𝓵𝓪 𝓯𝓲𝓷𝓮 𝓪𝓰𝓰𝓲𝓾𝓷𝓰𝓮𝓽𝓮 𝓮𝓵𝓲𝓼𝓲𝓻 𝓭'𝓪𝓶𝓸𝓻𝓮 𝓹𝓮𝓻 𝓿𝓸𝓲 𝓶𝓪 𝓼𝓸𝓹𝓻𝓪𝓽𝓽𝓾𝓽𝓽𝓸 𝓹𝓮𝓻 𝓰𝓵𝓲 𝓪𝓵𝓽𝓻𝓲, 𝓷𝓸𝓷 𝓻𝓲𝓼𝓹𝓪𝓻𝓶𝓲𝓪𝓽𝓮𝓿𝓲 𝓲𝓷 𝓺𝓾𝓮𝓼𝓽𝓸 𝓪𝓫𝓫𝓸𝓷𝓭𝓪𝓽𝓮 𝓹𝓾𝓻𝓮. 𝓮𝓬𝓬𝓸 𝓵𝓪 𝓯𝓸𝓻𝓶𝓾𝓵𝓪 𝓹𝓮𝓻 𝓪𝓿𝓮𝓻𝓮 𝓾𝓷 𝓪𝓷𝓲𝓶𝓪 𝓬𝓪𝓷𝓭𝓲𝓭𝓪 𝓮 𝓼𝓮𝓻𝓮𝓷𝓪 𝓫𝔂 𝓝𝓪𝓭𝓲𝓪


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✍️ La mia formula magica (By Nadia)

Prendete un Cuore, né grande e né piccolo, lo aprite e ci mettete dentro due rami di Felicità, un pizzico di Gioia e due foglie di Sorriso. Aggiungete uno spruzzo di Sincerità e uno di Onestà e poi mescolate per un minuto. Fatto questo aggiungete due gocce di Fiducia e una goccia di Sensibilità.. Infine aggiungete l'Elisir d'Amore per voi, ma soprattutto per gli altri, non risparmiatevi in questo..abbondate pure! Ecco, la formula per avere un' anima candida e serena!


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Peter Gabriel - And I’ll Scratch Yours (2013)


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Ci sono voluti tre anni per far sì che gli artisti omaggiati da Peter Gabriel in Scratch My Back ricambiassero il favore. Era già tutto nei piani dell’ex Genesis: al suo volume dedicato alle cover, reinterpretate in uno stile sobrio, con arrangiamenti orchestrali tra il sublime e l’ampolloso, tra il moribondo e il solenne, sarebbe dovuto seguire subito il gemello And I’ll Scratch Yours – tant’è che molti brani qui presenti sono già noti ai più, perché diffusi in release speciali per il Record Store Day o su YouTube e SoundCloud. Troppo bello per essere vero: molti rifacimenti in risposta tardavano ad arrivare, e qualcuno ha rinunciato a inviare contributi dopo aver storto il naso (è il caso dei Radiohead, inizialmente previsti in scaletta con Wallflower) ascoltando la bizzarra trasformazione del proprio pezzo. Incassati i “no” anche da David Bowie (Heroes), Neil Young (Philadelphia) e Ray Davies, tutto è rimasto in standby per un bel po’ di tempo... sentireascoltare.com/recension…


Ascolta: album.link/i/987512394



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Peter Gabriel - And I’ll Scratch Yours (2013)


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Ci sono voluti tre anni per far sì che gli artisti omaggiati da Peter Gabriel in Scratch My Back ricambiassero il favore. Era già tutto nei piani dell’ex Genesis: al suo volume dedicato alle cover, reinterpretate in uno stile sobrio, con arrangiamenti orchestrali tra il sublime e l’ampolloso, tra il moribondo e il solenne, sarebbe dovuto seguire subito il gemello And I’ll Scratch Yours – tant’è che molti brani qui presenti sono già noti ai più, perché diffusi in release speciali per il Record Store Day o su YouTube e SoundCloud. Troppo bello per essere vero: molti rifacimenti in risposta tardavano ad arrivare, e qualcuno ha rinunciato a inviare contributi dopo aver storto il naso (è il caso dei Radiohead, inizialmente previsti in scaletta con Wallflower) ascoltando la bizzarra trasformazione del proprio pezzo. Incassati i “no” anche da David Bowie (Heroes), Neil Young (Philadelphia) e Ray Davies, tutto è rimasto in standby per un bel po’ di tempo... sentireascoltare.com/recension…


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CANTICO DEI CANTICI - Capitolo 6


Io sono del mio amato e il mio amato è mio1Dov'è andato il tuo amato, tu che sei bellissima tra le donne? Dove ha diretto i suoi passi il tuo amato, perché lo cerchiamo con te?2L'amato mio è sceso nel suo giardino fra le aiuole di balsamo, a pascolare nei giardini e a cogliere gigli.3Io sono del mio amato e il mio amato è mio; egli pascola tra i gigli.

QUINTO POEMA (6,4-8,4)

Il fascino dell’amata4Tu sei bella, amica mia, come la città di Tirsa, incantevole come Gerusalemme, terribile come un vessillo di guerra.5Distogli da me i tuoi occhi, perché mi sconvolgono. Le tue chiome sono come un gregge di capre che scendono dal Gàlaad.6I tuoi denti come un gregge di pecore che risalgono dal bagno; tutte hanno gemelli, nessuna di loro è senza figli.7Come spicchio di melagrana è la tua tempia, dietro il tuo velo.8Siano pure sessanta le mogli del re, ottanta le concubine, innumerevoli le ragazze!9Ma unica è la mia colomba, il mio tutto, unica per sua madre, la preferita di colei che l'ha generata. La vedono le giovani e la dicono beata. Le regine e le concubine la coprono di lodi:10“Chi è costei che sorge come l'aurora, bella come la luna, fulgida come il sole, terribile come un vessillo di guerra?“.11Nel giardino dei noci io sono sceso, per vedere i germogli della valle e osservare se la vite metteva gemme e i melograni erano in fiore.12Senza che me ne accorgessi, il desiderio mi ha posto sul cocchio del principe del mio popolo.

_________________Note

6,1-3 Questo canto della reciprocità fa da sfondo a tutto il Cantico. Nella storia dell’interpretazione, è stata colta qui un’eco della formula dell’alleanza biblica (“Il Signore è il nostro Dio e noi siamo il suo popolo”), evidenziando nel poema il legame che unisce Dio e Israele. Vi si è anche visto un rimando allo stupore estatico dell’uomo di fronte alla donna nel giardino di Eden, dove la solitudine di Adamo è vinta da Dio con il dono di Eva, la donna, (Gen 2,18-25).

6,4 Tirsa (“la graziosa”): capitale del regno d’Israele, prima di Samaria.

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Approfondimenti


vv. 2-3. Il giardino, nel quale scende l'innamorato, è il corpo della donna con i suoi colori e i suoi profumi, che egli è venuto a esplorare per cogliervi e gustare i frutti di un amore consumato. È l'amore tra due persone che si esprime attraverso la fisicità di un amore completo, che fa gridare alla donna la mirabile formula di alleanza sponsale, di mutua appartenenza dei due mediata dall'amore: «Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me» (v. 3a). L'alleanza sponsale di lui e di lei è come l'alleanza sponsale tra Dio e Israele (cfr. Dt 26,17-18; 12-13).

vv. 4-12. Secondo il flusso a spirale, tipico della poesia orientale, il Ct torna con questo nuovo e solenne canto al corpo della donna, l'unica per il suo uomo, la sola che sempre gli rapisce il cuore, che lo fa uscire di senno. L'elogio del corpo di lei ricalca il precedente (cfr. 4,1-4), ma con un elemento nuovo che si chiama appunto unicità. La sposa è unica, la sola che colma il cuore dell'amato (vv. 8-9).

vv. 4-10. La bellezza della donna è maestosa come una città; il suo incedere come «vessilli spiegati» incute quasi paura e genera battaglie nel cuore dell'amante, lo rende ardente come fiamma in piena follia. Tirza (v. 4) è la città più bella del Nord, antica capitale di quel regno dopo Geroboamo I (cfr. 1Re 14,17; 15,21-23; 16,8-23); la ben nota Gerusalemme è la più bella città del Sud, capitale di tutto Israele da quando fu espugnata da Davide, e dopo la divisione de due regni, capitale del regno del Sud, centro culturale e spirituale di tutto Israele.

v. 5. Lo sguardo della donna ne fa una terribile incantatrice. I suoi occhi non sono più paragonati a «colombe» (cfr. 4,1), ma comunicano un potere magico che soggioga: il verbo ebraico hirhîbunî del v. 5b (tradotto con «mi turba») contiene la stessa radice del nome Rahab, il mitico mostro degli oceani che incuteva terrore!

vv. 8-9. Questi versetti ci introducono in un immenso harem, storico e immaginario a un tempo (cfr. le «settecento mogli e trecento concubine» del re Salomone in 1Re 11,3), nel quale si contano «sessanta regine» nel rango più alto, «ottanta concubine» al secondo livello e infine una moltitudine innumerevole di «fanciulle» addette ai numerosi servizi del palazzo. Ma ecco l'espressione più importante del brano: la sposa è per il suo sposo l'unica, è una sola (ripetuto due volte nel v. 9a.b). Ciò viene proclamato, non soltanto perché per ogni uomo innamorato la propria donna è la più bella che ci sia, l'unica al mondo; e neppure soltanto perché la sua sposa è davvero bellissima, come dice il coro di tutte le donne dell'harem, che cantano la beatitudine della sposa amata (v. 9c). Essa è l'unica, perché l'amore nella sua forma più forte e più alta è monogamico e totale. È questa la rivoluzionaria predica del Ct per la società ancora poligamica del postesilio israelita!

vv. 10. Come avveniva nel canto precedente (cfr. 6,1), anche qui il poeta, con un finissimo espediente letterario, introduce il coro che celebra con nuove immagini la bellezza della donna e prepara l'incontro d'amore evocato nei vv. 11-12. L'inno del coro, dai contorni cosmici, si affida tutto a immagini di luce: la sposa risplende come aurora che sorge, ha la delicatezza incantevole della luna, sprigiona il fulgore del sole.

v. 11. Il giardino, sempre nel Ct simbolo del corpo della sposa, viene chiamato qui «giardino dei noci» _(ebr. ginnat ’egôz: ’egôz = «noce» è di origine persiana ed è un hapax nella Bibbia): le noci in Siria erano un frutto associato al culto della dea Astarte, al fine di ottenere il dono della fecondità.

v. 12. Si tratta del versetto più oscuro del Ct, forse a causa della corruzione del testo ebraico qui difficilmente ricostruibile; da qui la diversità delle versioni proposte, addirittura la soluzione di chi si rifiuta semplicemente di tradurne il secondo stico. Sulla bocca di lui (ma grammaticalmente è possibile che siano parole di lei), viene evocata l'estasi d'amore, nella quale l'incontro (v. 11) avrebbe trascinato i due amanti: questo sembra essere il senso già del v. 12a lō yāda‘ tî napšî, alla lettera «non conosco la mia anima», cioè «non mi riconosco più, sono fuori di me», leggendo napšî = «la mia anima, il mio io» come complemento oggetto di «non conosco». Come il dolore (cfr. Gb 9,21), il piacere e la gioia dell'amore fanno perdere il controllo di sé. Comunque il senso non cambia molto, anche nel caso che si consideri napšî come soggetto del verbo successivo śāmatnî (v. 12b = «mi ha fatto», oppure «mi ha posto su»). Il diletto si sente come trasformato o rapito in un cocchio stupendo e alato ed esclama: «Non so (come), ma il mio desiderio mi ha rapito sui carri di Ammi-nadib!». Il carro di Ammi-nabid sarebbe l'emblematico carro di un nobile principe (possibile significato di ’ammi-nādib), sul quale si è rapiti o nel quale si è trasformati nella folle corsa dell'amore.

(cf. VALERIO MANNUCCI, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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[piriche]naviglio da trasporto disegno preparatorio serpentine prima tacca riparazione] urgente agosto il noir oppure [di comune

danno tot. riporto di uno e virgola to radio estate l'arancia del barbiere centro di tutto anche]

una modica quantità di watt attacchi fatti a règime gasoline velocissime nessuna] variazione manometri con i piombi [idranti sul pavimento

spegne [riceve i dazi i terzi] -allonsanfàn


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The Avett Brothers - Magpie And The Dandelion (2013)


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In una lettera ai propri fan gli AVETT BROTHERS hanno annunciato lo scorso agosto che “Magpie And The Dandelion” è stato concepito durante le registrazioni del penultimo album “The Carpenter”, uscito nel 2012. “Mentre stavamo lavorando a 'The Carpenter', eravamo così ispirati che abbiamo scritto canzoni per un intero altro album” ha dichiarato la band. “Durante quelle session, e lavorando nuovamente con Rick Rubin, ci siamo trovati in un’atmosfera speciale, come se tutti fossimo veramente in perfetta sintonia”. Negli utlimi dieci anni gli AVETT BROTHERS hanno pubblicato 7 album, 4 EP e svariati video, in studio e dal vivo... discoclub65.it/prossime-uscite…


Ascolta: album.link/i/1444015866



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The Avett Brothers - Magpie And The Dandelion (2013)


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In una lettera ai propri fan gli AVETT BROTHERS hanno annunciato lo scorso agosto che “Magpie And The Dandelion” è stato concepito durante le registrazioni del penultimo album “The Carpenter”, uscito nel 2012. “Mentre stavamo lavorando a 'The Carpenter', eravamo così ispirati che abbiamo scritto canzoni per un intero altro album” ha dichiarato la band. “Durante quelle session, e lavorando nuovamente con Rick Rubin, ci siamo trovati in un’atmosfera speciale, come se tutti fossimo veramente in perfetta sintonia”. Negli utlimi dieci anni gli AVETT BROTHERS hanno pubblicato 7 album, 4 EP e svariati video, in studio e dal vivo... discoclub65.it/prossime-uscite…


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Resilienza


Ed eccomi a parlare della cosa più nominata dagli antimanager: la resilienza. Che se ci pensi è proprio ciò che dovremmo evitare ed è ciò che invece viene sempre elevato a punto di arrivo delle principali peggiori aziende. Vediamo assieme perché.

Il termine resilienza viene mutuato dal mondo dei materiali, delle costruzioni. Vuol dire che un materiale, una volta sottoposto a forze esterne, si modifica e poi ritorna come prima. Come se non fosse successo nulla.

Funziona benissimo per i materiali. E con gli esseri umani? Vediamolo assieme.

Mettiamo che una persona compia un'azione e le “forze esterne” (mercato, concorrenza...) le capitino addosso e le pieghino, la deformino. Ecco, gli antimanager vogliono che questa persona ritorni come prima, come se non fosse successo nulla. E qui è il vero disastro concettuale e pratico, perché: 1. Vuol dire che ritorni a fare quello che facevi prima, quindi quello che ti ha portato a subire queste forze (perché non prevederle e cercare di evitarle) e ti ha piegato. Insomma, parafrasando Einstein, tornare a fare le stesse cose di prima sperando di ottenere risultati differenti sarebbe pura follia. E l'antimanager che ti parla di resilienza è pura follia. 2. Vuol dire che di tutto quello che è successo non hai imparato un bel niente, infatti torni come prima. E no, caro (perché solitamente guadagna tanto) antimanager, io non voglio tornare come prima. Io voglio migliorare e quindi diventare meglio di prima 3. Per tornare come prima vuol dire che alcuni caratteri umani li hai persi. Primi fra tutti le emozioni. Come puoi tornare esattamente come prima, come se nulla fosse successo? E le emozioni? Certo, l'antimanager dice che le emozioni vanno tenute da parte e lo dice bello arrabbiato. Che controsenso! La rabbia è un'emozione. Inoltre dentro la parola emozione c'è un mondo. Deriva da “e-movere” quindi muovere verso. Le emozioni sono il miglior carburante per fare le cose, per muoversi. Certo devono essere ben gestite ma servono tantissimo.

Io penso che tu abbia ben compreso che la resilienza funziona bene per le cose inanimate ma debba essere qualcosa da cui fuggire a gambe levate se la si vuole applicare agli esseri umani perché, in questo contesto, è veramente dannosa.

Ti auguro di sbagliare e di migliorare e mai di tornare come prima. Torna meglio di prima. Come amo ripetere “ogni volta che cadi, raccogli qualcosa”.

A presto!


noblogo.org/antimanager/resili…



cuore e caffè


ordinariafollia-log_026-2025.jpg

Portami il caffè a letto se vuoi ma non donarmi il tuo cuore dammi retta, so bene che puoi ma tienilo che ti potrà servire se non altro per campare.

Scrivimi con le dita parole sulla schiena mentre io provo ad indovinare se il tuo amore è più grande del mare ma tienilo, in ogni caso almeno un bicchiere solo per te.

Portami il caffè a letto se vuoi ma non darmi tutto il tuo amore dammi retta, so bene che puoi ma tienilo che ti potrà servire se non altro per continuare a fare quello che ti pare.


log.livellosegreto.it/ordinari…



CANTICO DEI CANTICI - Capitolo 5


1Sono venuto nel mio giardino, sorella mia, mia sposa, e raccolgo la mia mirra e il mio balsamo; mangio il mio favo e il mio miele, bevo il mio vino e il mio latte. Mangiate, amici, bevete; inebriatevi d'amore.

QUARTO POEMA (5,2-6,3)

L’amato bussa alla porta2Mi sono addormentata, ma veglia il mio cuore. Un rumore! La voce del mio amato che bussa: “Aprimi, sorella mia, mia amica, mia colomba, mio tutto; perché il mio capo è madido di rugiada, i miei riccioli di gocce notturne”.3“Mi sono tolta la veste; come indossarla di nuovo? Mi sono lavata i piedi; come sporcarli di nuovo?“.4L'amato mio ha introdotto la mano nella fessura e le mie viscere fremettero per lui.5Mi sono alzata per aprire al mio amato e le mie mani stillavano mirra; fluiva mirra dalle mie dita sulla maniglia del chiavistello.6Ho aperto allora all'amato mio, ma l'amato mio se n'era andato, era scomparso. Io venni meno, per la sua scomparsa; l'ho cercato, ma non l'ho trovato, l'ho chiamato, ma non mi ha risposto.7Mi hanno incontrata le guardie che fanno la ronda in città; mi hanno percossa, mi hanno ferita, mi hanno tolto il mantello le guardie delle mura.8Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, se trovate l'amato mio che cosa gli racconterete? Che sono malata d'amore!9Che cosa ha il tuo amato più di ogni altro, tu che sei bellissima tra le donne? Che cosa ha il tuo amato più di ogni altro, perché così ci scongiuri?

L’incanto dell’amato10L'amato mio è bianco e vermiglio, riconoscibile fra una miriade.11Il suo capo è oro, oro puro, i suoi riccioli sono grappoli di palma, neri come il corvo.12I suoi occhi sono come colombe su ruscelli d'acqua; i suoi denti si bagnano nel latte, si posano sui bordi.13Le sue guance sono come aiuole di balsamo dove crescono piante aromatiche, le sue labbra sono gigli che stillano fluida mirra.14Le sue mani sono anelli d'oro, incastonati di gemme di Tarsis. Il suo ventre è tutto d'avorio, tempestato di zaffiri.15Le sue gambe, colonne di alabastro, posate su basi d'oro puro. Il suo aspetto è quello del Libano, magnifico come i cedri.16Dolcezza è il suo palato; egli è tutto delizie! Questo è l'amato mio, questo l'amico mio, o figlie di Gerusalemme.

_________________Note

5,14 Tarsis: località spesso nominata nella Bibbia, per indicare grande distanza e florida ricchezza.

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Approfondimenti


vv. 2-8. L'andamento della lirica è ancora (cfr. 3,1-5 e commento) quello di un sogno d'amore (questa volta mancato), che l'amata rievoca. La visita dell'innamorato nel sogno e la sua serenata (vv. 1-2) trovano l'innamorata alle prese con una schermaglia d'amore ben descritta nel v. 3. Quando finalmente si decide ad alzarsi per aprire all'amato (vv. 5-6), egli è ormai già lontano. La ricerca affannosa per la città, il brusco incontro con le guardie che la percuotono e la spogliano scambiandola per una prostituta (cfr. Pr 7,9-12), approdano soltanto nel grido angosciato con cui la donna protesta alle compagne «la sua malattia d'amore», perché l'aiutino nella ricerca dell'amato e gli comunichino l'unico messaggio che le interessa: «Sono malata d'amore!».

v. 4. «Il mio diletto ha messo la mano nello spiraglio...», cioè nell'apertura della porta che consentiva di aprire anche da fuori, azionando «il chiavistello» (v. 5b) con cui si chiudeva la porta dall'interno. Non sembra coerente con il contesto (l'appuntamento d'amore risulta mancato!) una lettura semplicemente erotica della «mano» e dell'«apertura» come eufemismi ebraici (cfr. Is 57,8-10) per indicare il sesso di lui e di lei. In questo canto, pur con il desiderio ardente di lei, l'incontro d'amore non accade. «La donna non è affatto pronta al dono assoluto di sé. Essa conserva zone d'ombra e di rifiuto che le impediscono di adempiere, in verità e in pienezza, a tutte le esigenze dell'amore» (A. Chouraqui).

vv. 5,9-6,3. Il coro delle fanciulle in apertura (v. 9) collega l'idillio con il canto precedente (5,8). Perché tanta appassionata ricerca dell'amato, e quali sono i suoi connotati somatici che permettono l'identificazione di lui, alla cui ricerca sono chiamate anche le compagne? L'amata risponde descrivendo il corpo del diletto e tessendone l'elogio senza falsi pudori, in un'atmosfera di gioiosa sensualità che fa contrasto con la drammatica scena notturna dell'idillio precedente. In 6,1 interviene ancora il coro delle fanciulle, le quali spostano la domanda dai connotati fisici dell'amato al luogo del suo appuntamento. Ciò consente al poeta, con fine abilità letteraria, di far raccontare l'incontro d'amore alla stessa donna, che nella rievocazione sembra rivivere intensamente l'amplesso (6,2-3).

vv. 10-16. Come la bellezza del corpo dell'amata (cfr. 4,1-7), anche la bellezza del corpo dell'amato viene rappresentata al vivo nella sua interezza, dall'alto verso il basso. Il diletto «viene caratterizzato come qualcosa di preziosamente luminoso, un chiaro splendore ravvivato da macchie di colore. Tre volte incontriamo l'oro (vv. 11.14.15), delimitato dall'avorio e dal marmo; e insieme il rosso, il nero, il bianco (il “latte”), l'azzurro, il rosa, il verde cupo dei cedri. Elemento predominante, quello che rende “il diletto riconoscibile tra mille» è la luce che lo fa splendente; ma lui non è solo questo, è anche uno che attrae a sé irresistibilmente, che non si può non desiderare» (G. Garbini). «Questo è il mio diletto, questo è il mio amico» (v. 16b), canta la sposa: come fosse la statua vivente di un giovane dio!

(cf. VALERIO MANNUCCI, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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A Sócrates no le gustaba la escritura (este es un ensayo sobre la inteligencia artificial)


A Sócrates no le convencía eso de escribir. Su argumento principal era que, al tener las ideas siempre a la mano en un dispositivo externo a la mente humana, esto atrofiaría nuestra memoria: ya no haríamos un esfuerzo por recordar largos poemas épicos, o largas listas de hechos científicos. Pero tampoco haríamos un esfuerzo por recordar nuestros propios argumentos sobre disquisiciones varias. Todo estaría por ahí, en papel o en piedra, listo para consultarse cuando se nos diera la gana.

Esto, habría dicho Sócrates, nos daría una “simulación” del conocimiento, en vez de permitirnos acceder a un “verdadero” conocimiento de las cosas. Por supuesto, yo sólo sé de esto porque uno de los discípulos de Sócrates, un tal Platón, escribió en su Fedro acerca de lo que su maestro pensaba de la escritura.

A pesar de las críticas de Sócrates, la escritura triunfó como tecnología: casi todas las sociedades del planeta la han adoptado y buena parte de nuestro conocimiento, nuestras comunicaciones y nuestra vida en general está basada en esta invención.

Esta victoria, a pesar de las críticas de “tradicionalistas” como Sócrates, ha sido puesta en paralelo con el estado de las cosas con la inteligencia artificial: una nueva tecnología que tiene muchos críticos, pero que eventualmente se impondrá y cambiará nuestra manera de vivir por completo.

Yo mismo, en otras conversaciones sobre otras cosas, he recurrido a esta historia de Sócrates con la escritura. Recuerdo en algún taller dictado hace muchos años haber dicho que las redes sociales (con todas las críticas que merecían y aún merecen) se impondrían como tecnología, cambiarían nuestra manera de vivir (y sí, estoy citando esto no como un buen ejemplo, sino como un ejemplo de que uno puede usar este argumento para cualquier innovación). Así como las críticas de Sócrates no pudieron parar el éxito de la escritura, nosotros no podríamos parar el auge de las redes sociales.

Pero Sócrates tuvo razón en algo: la escritura sí atrofió nuestra memoria. No la de todos, por supuesto, pero sin duda relegó el acto de recordar a un segundo plano, tanto individualmente (alguien con memoria eidética, o con el conocimiento oral de su pueblo es impresionante, pero no es tan respetado como antes), como colectivamente (después de milenios de escritura, cada vez hay menos personas por ahí recitando La Ilíada y cada vez son menos las sociedades en las que importa la tradición oral).

Pero, a cambio, la escritura nos abrió la posibilidad de conocer mucho más allá de lo que puede guardar una memoria humana individual. Los grandes avances de la ciencia, la filosofía, o la literatura (occidentales y orientales, del sur y del norte), no habrían sido posibles sin la escritura, sin la posibilidad de intercambiar ideas a lo largo de países, continentes y siglos.

Un discípulo de Platón, Aristóteles, a veces es descrito como una de las últimas personas que sabían todo lo que había por saber. No porque estuviera al tanto de todo el conocimiento en general, sino porque en su época la escritura aún no era tan popular y la cantidad de conocimiento a la que podía potencialmente tener acceso un individuo seguía siendo muy limitada. Quizás conociera todo lo que había que conocer en su mundo, pero ese mundo era bastante pequeño. Probablemente ignoraba conocimientos de China, o América, pero no podía saber que los ignoraba.

Eso es imposible de sostener ahora. Ninguna persona por sí sola puede tener en su cabeza todo el conocimiento humano. Pero sí tiene acceso, potencialmente, a todo este conocimiento, en internet, en libros, incluso en ChatGPT. Cada formato con sus errores y sesgos.

Por su parte, las redes sociales (en un sentido amplio que incluye foros y blogs) atrofiaron nuestro sentido de habitar una realidad común. Pero a cambio nos dieron la posibilidad de cambiar las dinámicas del poder de la información. Ahora “cualquiera” (en el sentido de Ratatouille) puede hacer escuchar su voz, no sólo los guardianes de la información a los que hemos estado acostumbrados. Esto tiene sus cosas buenas y malas, pero sin duda ha cambiado cómo vivimos e interactuamos.

Una de las críticas que se le suele hacer a la inteligencia artificial generativa (que como conté en otro post, es una sección muy específica de la IA) y que yo mismo hago, es que va a atrofiar nuestra capacidad de hacer y pensar cosas críticamente. Si decides programar usando sólo un chatbot (una práctica llamada “vibe coding” en inglés), vas a delegar constantemente no sólo el trabajo, sino la capacidad de aprender cómo hacerlo. Nunca vas a aprender a programar bien. Ni siquiera vas a saber cómo corregir los errores que salgan de ese vibe coding, porque no vas a saber identificarlos. Lo mismo puede pasar con cualquier actividad humana que se le delegue a una inteligencia artificial: escribir, componer o tocar música, pensar en argumentos, lo que sea.

Emily Bender, una de las autoras del famoso artículo académico “On the Dangers of Stochastic Parrots”, que argumenta que las inteligencias artificiales generativas son sólo máquinas que reproducen patrones (y por lo tanto no “entienden” lo que escriben, ni “tienen consciencia”) planteó en estos días en su blog que esto, delegar el aprendizaje de habilidades, es un costo de oportunidad. Es decir que, al hacerlo, se pierde la alternativa, que en este caso es poder hacer cosas nosotros mismos (incluso cosas mundanas e insulsas como enviar un correo electrónico laboral).

Por supuesto, muchos de todas maneras la usan y la seguirán usando para realizar actividades que quizás no les son tan importantes No podemos negar que la inteligencia artificial esté aquí para quedarse. El asunto es cómo va a quedarse. A diferencia de la escritura, no es claro cuál es el beneficio concreto que pueda traernos la inteligencia artificial para que se justifique su eventual omnipresencia (y el atrofiamiento que ella implica). Si absolutamente todos adoptáramos su uso en todas las áreas de la vida, pronto nadie tendría habilidades. Es más, sólo podríamos acceder a habilidades pagando el precio de suscripción (que inevitablemente será aumentado por las compañías de IA que en estos momentos están operando a pérdidas para fidelizar a sus clientes).

El vibe coding funciona porque hay gente que sabe programar. Un programador que sabe lo que hace puede pedirle a una IA que le haga un código y luego puede revisar y corregir sus inevitables* errores. O puede corregir los errores de las personas que no saben programar pero usaron un chatbot para escribir código. De hecho hay toda una industria de programadores dedicados a hacer estos arreglos. Muchas empresas de software ahora no están contratando a programadores junior, con la idea de que alguien puede producir código à la vibe coding y luego un programador más experto lo puede corregir. ¿Pero qué van a hacer cuando esos programadores expertos se retiren y las empresas pierdan esas habilidades? Por ahora, muchas confían en las promesas de mejoría de la industria de la inteligencia artificial*.

Pero yo postulo que este, como todos los sectores, eventualmente se dará cuenta que tener habilidades humanas es mucho más valioso. De hecho muchas ya se han dado cuenta. Y las personas se darán cuenta también: incluso si la industria de la inteligencia artificial no está en una burbuja y si sí se apodera de todas nuestras vidas, las personas nos daremos cuenta de que obtener habilidades es mucho más valioso de delegárselas a una máquina.

Ya que escribo como trabajo, muchas veces me han preguntado si no creo que seré reemplazado por una inteligencia artificial. Yo creo que no. Aunque seguramente muchas personas usarán estas herramientas para escribir cosas, consideren lo que pasaría si todo el texto del mundo fuera creado por IA: los modelos de lenguaje en los que están basados estas herramientas simplemente regurgitarían infinitamente otros textos, si bien coherentes, de baja calidad y de dudosa verosimilitud ya regurgitados por otra inteligencia artificial. Eventualmente habría un mercado para algún humano que entrara, cuando menos, a revisar, a editar, a hacer algo con el texto. A escribir.

La escritura fue revolucionaria, por todas las razones ya mencionadas; pero la inteligencia artificial parece cada vez más ser una “tecnología normal”, como lo plantean en un artículo académico Arvind Narayanan y Sayash Kapoor. Una tecnología que transformará muchas cosas, pero que no es tan utópica como la pintan sus mercaderes, ni tan distópica como dicen sus más fuertes críticos. Sino una tecnología más, que tendrá sus usos y aplicaciones, sus consecuencias y efectos, pero no cambiará a toda la sociedad de pies a cabeza.

En su blog, Bender también argumenta que aún podemos, como sociedad, influenciar el impacto que pueda tener la inteligencia artificial en nuestras vidas. La escritura es sencilla y, ya inventada, es prácticamente inevitable (como cuenta el escritor de ciencia ficción Ted Chiang en un cuento sobre la escritura y la memoria). La inteligencia artificial es muy compleja y aún no nos ha demostrado que se justifique para ser inevitable y que sus críticos quedemos como Sócrates.

*La industria de la inteligencia artificial argumenta que su producto mejorará tanto que los errores sí llegarán a ser evitables. A mí no me convence ese argumento.


noblogo.org/pablo/a-socrates-n…



[provetecniche]qui non si vede] le prove le [appoggia vetrificano] ci sono dettati e cloniche nella parte] inferiore vis-à-vis o mancano] le prove uno armeggia sanno di nafta irritante si chiude a serramanico l'] occhio [il propulsore


noblogo.org/lucazanini/provete…



✍️ Accettare...

Si deve accettare, ciò che non si può cambiare, capire e migliorare, come fiumi impetuosi che non si possono arginare, parole che restano sospese, strade che si dividono all’improvviso e cuori che senza alcun motivo scelgono di non restare e di farci soffrire. Ci sono piogge rigeneranti, violente, nuvole che coprono il sole, giorni che volano veloci senza un perché, e sogni che si sciolgono appena l'alba si colora. E come non posso convincere la luna a restare ogni sera con me e il mare a non infrangere le sue onde sugli scogli, così non dobbiamo trattenere chi ha deciso di andare via, né correggere o cancellare il passato come fosse un foglio sgualcito. E così accetto il dolore, le ferite , l'ansia, l'insicurezza, le ombre..e combatto per le mie battaglie, per la mia guerra.. così mi piego, ma non mi spezzo, sorrido e mi rialzo anche se cado e abbraccio il cielo anche se non è sempre azzurro. Accettare è liberare il cuore dal peso di catene invisibili e pesanti, è fare pace con il passato, accarezzando ogni attimo del presente...

Perché un leone anche se ferito ruggisce, si difende, non si arrende e combatte, e col suo ardore dipinge il cielo e la terra arsa e spenta fa rifiorire... By Marty


noblogo.org/bymarty/accettare



"Dedicata a Nadia"


“Dedicata a Nadia” Grigio è il cielo stasera... 20/08/2025

✍️ Un cielo grigio stasera si specchia nel blu profondo di queste acque limpide, mentre un velo di malinconia si diffonde nel mio cuore... Le nuvole si addensano, diverse, pesanti, sottili, basse, minacciose ... forse un timido riflesso dell'anima mia, in pena per qualcuno o qualcosa, per sogni infranti o treni mai presi... Eppure in questo grigiore, si cela, velata, un po' candida e trasparente, una bellezza effimera, sfuggente, una pace dei sensi, dell' anima e dei pensieri, che solo la natura sa donare, a chi propenso è a coglierne i segnali! Se di grigio il cielo si colora, ecco in noi un invito a riflettere, a guardarci e riscoprirci dentro, nel cuore, nel profondo, laddove spesso è rinchiusa la calma, la speranza e una tavolozza piena di nuovi colori! Così basta un attimo, dei colori , un pennello e insieme siam pronti a regalare armonia e colore, a quel cielo grigio che improvvisamente aveva rattristato i nostri cuori... By Marty


noblogo.org/magia/dedicata-a-n…





[escursioni]l'istitutrice ******* ha litigato con la governante il padiglione] fodera di carte] le finestre l'ingresso [è monouso a doppia mandata loro] si fanno in tre sono truppe con i sonar gli altisonanti l'] onnivora elettrica rende i corpi fascicoli in quarta come materia massa o figura] risulta breve -uno [stacco


noblogo.org/lucazanini/escursi…



✍️ Ho appena festeggiato e raggiunto il mio mezzo secolo, non ho fatto bilanci, non ho rimpianti, non ho paura del futuro, perché ho vissuto, tutto ciò che potevo, nel bene, nel male, ho amato, mi hanno amata forse e ho raggiunto la consapevolezza che certo avrei potuto fare, dare di più, ma va bene lo stesso, evidentemente era giusto così! Cosi apro la mia vecchia scatola del passato e ci ritrovo ancora me stessa, foto ingiallite, pagine di diario , poesie appuntate su carta di vario genere, anch'essa ingiallita. E in quell’istante, il cuore sembra battere più forte, sembra riportarci indietro, come se il passato potesse ancora trattenerci incatenati. Altre volte ci accarezza con i suoi ricordi, con nostalgia, con emozione e amore! È come una soffitta ,un rifugio, piena di oggetti dimenticati, polverosi, alcuni non servono più, altri hanno ancora il potere di scaldarci, di ricordarci chi siamo stati, quello che siamo e magari anche quello che vorremmo ancora essere e realizzare. Perciò non bisogna sentirsi prigionieri del proprio vissuto, ma custodi fedeli del nostro archivio personale da cui attingere i sorrisi, gli insegnamenti, senza dimenticare gli errori, i momenti difficili, recuperando la forza nata da una caduta, la dolcezza ricevuta da un abbraccio, il coraggio, la pazienza, la speranza e l'amore! Forse un ricordo ci insegna la resilienza di cui abbiamo bisogno, forse un vecchio dolore ci ricorda la nostra forza, forse una foto sbiadita ci dona un sorriso nei giorni grigi e tristi.

E così che il nostro passato non è più una prigione, ma semplicemente uno scrigno da cui attingere e lasciarsi guidare nel cammino che ci condurrà nel domani..


noblogo.org/magia/ho-appena-fe…



Bruce Springsteen — Working On A Dream (2009)


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Attribuendo la qualità di un disco in base al mio teorema musicale: “La somma di quante volte un cd suona nel lettore musicale è uguale alla somma di quanto il disco piace”, il disco suona poco. Effettivamente la “paura” della vicinanza a “Magic”, uscito poco più di un anno fa era fondata. Il boss ci aveva abituato a dei lunghi silenzi discografici, proprio perché era capace di restare in sala d’incisione 5/6 mesi anche per incidere un solo brano, e faceva passare degli anni, anche 4 o 5, prima di pubblicare un altro album. Comunque non per questo, il disco è da buttare, anzi la sufficienza (e anche più) non fa difetto. Working On A Dream non è un disco pop, è neanche un disco di scarti di “Magic”, è un disco atipico... silvanobottaro.it/archives/364…


Ascolta: album.link/i/404071615



noblogo.org/available/bruce-sp…


Bruce Springsteen — Working On A Dream (2009)


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Attribuendo la qualità di un disco in base al mio teorema musicale: “La somma di quante volte un cd suona nel lettore musicale è uguale alla somma di quanto il disco piace”, il disco suona poco. Effettivamente la “paura” della vicinanza a “Magic”, uscito poco più di un anno fa era fondata. Il boss ci aveva abituato a dei lunghi silenzi discografici, proprio perché era capace di restare in sala d’incisione 5/6 mesi anche per incidere un solo brano, e faceva passare degli anni, anche 4 o 5, prima di pubblicare un altro album. Comunque non per questo, il disco è da buttare, anzi la sufficienza (e anche più) non fa difetto. Working On A Dream non è un disco pop, è neanche un disco di scarti di “Magic”, è un disco atipico... silvanobottaro.it/archives/364…


Ascolta: album.link/i/404071615


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Il Silver Notice colpisce il crimine organizzato … nelle sue tasche. L'insegnamento di Giovanni Falcone (“segui il denaro”) trova concreta applicazione


Globalmente, i criminali riescono a mantenere circa il 99 per cento dei loro guadagni illegali. L'iniziativa “Silver Noice” di INTERPOL mira a modificare tale dato, dando visibilità globale su miliardi di dollari in beni illegali e supportando il loro recupero e il loro ritorno al loro proprietario legale.

Silver Notice è il più recente “codice a colori” di Interpol, e consente ai paesi di condividere avvisi e richieste di informazioni in tutto il mondo. È stato lanciato sperimentalmente lo scorso gennaio 2025, con 51 paesi partecipanti e alla fine di giugno sono stati pubblicati oltre 50 avvisi, coinvolgendo paesi da tutto il mondo. Tutte le richieste di pubblicazione di un Silver Notice sono esaminate dal team di operazioni e specialisti legali e, per coloro che sono ammessi alla pubblicazione, la unità di criminalità finanziaria specializzata lavora a stretto contatto con le giurisdizioni coinvolte per tracciare e identificare i beni ricercati. Partendo da contanti o criptovaluta a immobili, yacht di lusso o automobili, questi beni sono i proventi illegali di attività criminali come frode, corruzione, droga, armi e traffico di esseri umani, e la criminalità ambientale. Sono spesso rapidamente spostati oltre i confini, rendendo il recupero altamente complesso e dipendente dall'efficace cooperazione internazionale che solo INTERPOL può fornire. Dice Valdecy Urquiza, Segretario Generale di INTERPOL: “Dal punto di vista dei loro guadagni finanziari, stiamo lavorando per interrompere le reti criminali e ridurre il loro impatto dannoso sulle comunità in tutto il mondo”

Il primo Silver Notice è stato richiesto in gennaio dall'Italia: la Guardia di Finanza era alla ricerca di informazioni sui beni appartenenti ad un appartenente alla mafia. Da allora, è anche diventata una delle prime storie di successo del nuovo strumento, con oltre 1,7 milioni di dollari in attività illegali – che vanno da contanti e immobili a veicoli e persino bovini – identificati e situati in Brasile. A seguito dei primi contatti tra gli organi giurisdizionali nazionali in Italia e in Brasile, la pubblicazione della Silver Notice ha consentito un coordinamento diretto tra Forze di polizia, sostenuto dall’unità specializzata di criminalità finanziaria di INTERPOL. Ciò a sua volta ha portato alla cooperazione con l'appropriata corte brasiliana a livello locale e alla riuscita identificazione dei beni illegali, con il coordinamento per garantire il loro sequestro in corso. “L’iniziativa Silver Communication dà alla legge il suo primo strumento globale per rendere questo tipo di risultato una realtà”, afferma Claudio Marinelli, Coordinatore Operativo, INTERPOL Financial Crime and Anti-Corruption Centre. “Fino al suo lancio, abbiamo avuto zero visibilità sul valore del danno creato da criminali organizzati a livello globale, ma ora i dati delle comunicazioni e delle diffusioni già pubblicate ci danno un quadro chiaro di miliardi di dollari in beni illeciti, con centinaia di obiettivi identificati e centinaia di nuovi indizi da indagare. ”

Seguendo i soldi in tutto il mondo Oltre a fornire un caso di coordinamento per sostenere i paesi che seguono questi obiettivi, gli esperti di criminalità finanziaria hanno anche organizzato workshop per dare ai professionisti dell'applicazione della legge e della giustizia in tutte le regioni una migliore comprensione di come utilizzare lo strumento nella sua fase pilota. Il loro impatto è stato chiaro, con il numero di richieste di pubblicazione moltiplicato cinque volte dopo il primo workshop solo nelle Americhe. “I partecipanti ai workshop sono stati molto entusiasti del potenziale dell’Avviso d’Argento”, afferma Theos Badege, Direttore pro tempore, INTERPOL Financial Crime and Anti-Corruption Centre: “Lo sanno che il denaro è il filo che attraversa quasi ogni forma di crimine organizzato e che per smantellare le reti criminali, dobbiamo seguire i soldi – identificarlo, rintracciarlo, interrompere l’infrastruttura finanziaria che consente loro di riciclare denaro attraverso i confini e lavorare per restituire beni rubati al loro legittimo proprietario,” conclude.

Si può quindi affermare che il mai dimenticato insegnamento di Giovanni Falcone nella lotta alle mafie (“follow the money – segui il denaro”) trova in ambito internaionale concreta attuazione mediante l'applicazione del Silver Notice

#silvernotice #interpol #followthemoney


noblogo.org/cooperazione-inter…


Il Silver Notice colpisce il crimine organizzato … nelle sue tasche.


Il Silver Notice colpisce il crimine organizzato … nelle sue tasche. L'insegnamento di Giovanni Falcone (“segui il denaro”) trova concreta applicazione


Globalmente, i criminali riescono a mantenere circa il 99 per cento dei loro guadagni illegali. L'iniziativa “Silver Noice” di INTERPOL mira a modificare tale dato, dando visibilità globale su miliardi di dollari in beni illegali e supportando il loro recupero e il loro ritorno al loro proprietario legale.

Silver Notice è il più recente “codice a colori” di Interpol, e consente ai paesi di condividere avvisi e richieste di informazioni in tutto il mondo. È stato lanciato sperimentalmente lo scorso gennaio 2025, con 51 paesi partecipanti e alla fine di giugno sono stati pubblicati oltre 50 avvisi, coinvolgendo paesi da tutto il mondo. Tutte le richieste di pubblicazione di un Silver Notice sono esaminate dal team di operazioni e specialisti legali e, per coloro che sono ammessi alla pubblicazione, la unità di criminalità finanziaria specializzata lavora a stretto contatto con le giurisdizioni coinvolte per tracciare e identificare i beni ricercati. Partendo da contanti o criptovaluta a immobili, yacht di lusso o automobili, questi beni sono i proventi illegali di attività criminali come frode, corruzione, droga, armi e traffico di esseri umani, e la criminalità ambientale. Sono spesso rapidamente spostati oltre i confini, rendendo il recupero altamente complesso e dipendente dall'efficace cooperazione internazionale che solo INTERPOL può fornire. Dice Valdecy Urquiza, Segretario Generale di INTERPOL: “Dal punto di vista dei loro guadagni finanziari, stiamo lavorando per interrompere le reti criminali e ridurre il loro impatto dannoso sulle comunità in tutto il mondo”

Il primo Silver Notice è stato richiesto in gennaio dall'Italia: la Guardia di Finanza era alla ricerca di informazioni sui beni appartenenti ad un appartenente alla mafia. Da allora, è anche diventata una delle prime storie di successo del nuovo strumento, con oltre 1,7 milioni di dollari in attività illegali – che vanno da contanti e immobili a veicoli e persino bovini – identificati e situati in Brasile. A seguito dei primi contatti tra gli organi giurisdizionali nazionali in Italia e in Brasile, la pubblicazione della Silver Notice ha consentito un coordinamento diretto tra Forze di polizia, sostenuto dall’unità specializzata di criminalità finanziaria di INTERPOL. Ciò a sua volta ha portato alla cooperazione con l'appropriata corte brasiliana a livello locale e alla riuscita identificazione dei beni illegali, con il coordinamento per garantire il loro sequestro in corso. “L’iniziativa Silver Communication dà alla legge il suo primo strumento globale per rendere questo tipo di risultato una realtà”, afferma Claudio Marinelli, Coordinatore Operativo, INTERPOL Financial Crime and Anti-Corruption Centre. “Fino al suo lancio, abbiamo avuto zero visibilità sul valore del danno creato da criminali organizzati a livello globale, ma ora i dati delle comunicazioni e delle diffusioni già pubblicate ci danno un quadro chiaro di miliardi di dollari in beni illeciti, con centinaia di obiettivi identificati e centinaia di nuovi indizi da indagare. ”

Seguendo i soldi in tutto il mondo Oltre a fornire un caso di coordinamento per sostenere i paesi che seguono questi obiettivi, gli esperti di criminalità finanziaria hanno anche organizzato workshop per dare ai professionisti dell'applicazione della legge e della giustizia in tutte le regioni una migliore comprensione di come utilizzare lo strumento nella sua fase pilota. Il loro impatto è stato chiaro, con il numero di richieste di pubblicazione moltiplicato cinque volte dopo il primo workshop solo nelle Americhe. “I partecipanti ai workshop sono stati molto entusiasti del potenziale dell’Avviso d’Argento”, afferma Theos Badege, Direttore pro tempore, INTERPOL Financial Crime and Anti-Corruption Centre: “Lo sanno che il denaro è il filo che attraversa quasi ogni forma di crimine organizzato e che per smantellare le reti criminali, dobbiamo seguire i soldi – identificarlo, rintracciarlo, interrompere l’infrastruttura finanziaria che consente loro di riciclare denaro attraverso i confini e lavorare per restituire beni rubati al loro legittimo proprietario,” conclude.

Si può quindi affermare che il mai dimenticato insegnamento di Giovanni Falcone nella lotta alle mafie (“follow the money – segui il denaro”) trova in ambito internaionale concreta attuazione mediante l'applicazione del Silver Notice

#silvernotice #interpol #followthemoney


Segui il blog e interagisci con i suoi post nel fediverso. Scopri dove trovarci:l.devol.it/@CoopIntdiPoliziaTutti i contenuti sono CC BY-NC-SA (creativecommons.org/licenses/b…)Le immagini se non diversamente indicato sono di pubblico dominio.



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Un tempo non è che le vacanze durassero più a lungo, o anche se lo facevano non era quello il problema, un tempo quando eri in vacanza eri sganciato da tutto. Oggi i social ti braccano, le chat lampeggiano, le mail ti inseguono, per quanto tu possa correre veloce c'è sempre un roaming pronto a tenerti con la testa nei casini del mondo reale, sai tutto quello che accade nel mondo e sai anche cosa la gente ne pensa di quello che succede, in genere cose imbarazzanti, e hai per le mani strumenti che ti permettono di continuare a produrre materiali di consumo per la rete, è dura sganciarsi da tutto, ho questo ricordo di quando ero ragazzino che quando qualcuno riceveva, faccio un passo indietro:

l'ho anche scritto in un libro, quando ero adolescente per molti anni di seguito i miei genitori portavano me e mio fratello in un camping sulla costa ligure, in un bungalow, per circa un mese. Luglio. Un tempo lunghissimo. In quel momento ero sganciato da tutto, tutti erano sganciati da tutti, niente cellulari, niente internet, niente di niente. Anche Paper Soft non arrivava nelle edicole. Solo i cabinati mostravano le loro luci sfavillanti e qualche coraggioso ragazzino milanese che si era portato il Commodore 64 con i joystick. Arrivo al punto: quando qualcuno riceveva una telefonata, si accendevano i microfoni di tutto il camping e la voce della gestrice o del figlio echeggiava per le tende e i bungalow per annunciare a tutti che c'era una telefonata per la famiglia Venerandi, quello era il collegamento con la realtà, altro che WhatsApp, mio padre che correva imbarazzato per andare a rispondere all'unico telefono del campeggio.

Così oggi staccare è il vero miracolo, nella testa, riuscire a sganciarsi dal reale, che poi, il reale non esiste, lo dice anche il libro che sto leggendo, il reale è una specie di impasto di visioni del mondo, interpretazioni, ideologie, tutto mescolato e che un retaggio illuminista ci fa credere che quello che pensiamo essere il mondo, quello sia reale. Da questo punto di vista una cosa che mi rilassa, malata, è pensare di essere all'interno di un ambiente, l'ho già scritto da qualche parte. Essere in un ambiente, tipo realtà virtuale, e pensare che tutto quello che posso fare è comunque confinato a questa realtà che vivo. Che è pochissima cosa se ci fai caso. È tutto confinato a questa piccola realtà che vivo.

Così oggi ero seduto con i figli ed Elettra e mio figlio ordina una crepe. Non ricordo il nome, era il nome di una montagna qua vicino, anzi il nome lo ricordo ma non voglio farvi sapere dove sono, diciamo crepe Monte Bianco. Con prosciutto, formaggi vari, eccetera. Aspettiamo, portano a me una crepe ai quattro formaggi, che avevo ordinato, e a mio figlio, al posto di quella con prosciutto e formaggi, una crepe con panna, cioccolato, e gelato. Attoniti. Siccome ci sono già un po' di cose che mi avevano innervosito, in pratica degli operai, non certo per colpa loro, hanno iniziato a trivellare a fianco del mio tavolino per cercare – immagino – del petrolio visto il rumore e la quantità di polvere sollevata, prima di incazzarmi controllo che non abbiamo sbagliato noi. Prendo il menu.

E scopro che il gestore del ristorante, oltre a sfoggiare un cartello scritto a mano con scritto “no bc!” che significa che si paga solo in contanti, il gestore ha avuto la geniale idea di avere una crepe salata con prosciutto e formaggio chiamata Monte Bianco, e una crepe dolce con cioccolata, panna e gelato chiamata Monte Bianco. Lo stesso identificatore unico, poi uno si chiede perché in HTML se la prendono malissimo se usi due id uguali.

Piccolo inciso. Non così il Lisa, il Lisa era una linea Apple che veniva dopo l'Apple II ma prima del Macintosh. Era un computer amichevole come il Macintosh ma terribilmente più lento e costoso, benché più sofisticato. Io ne ho usato uno una volta, al museo Apple, e – per farla breve – il Lisa potevi creare più file nella stessa cartella con lo stesso nome. Non ricordo come facesse a sapere se volevi poi quella salata o quella dolce, ma così era. Fine inciso.

Comunque qualche giorno fa mi sono messo a camminare per una valle, da solo. Non c'era campo. Ho lasciato tutti e ho iniziato a camminare in avanti in questa valle, e più andavo avanti più la valle sembrava che si terraformasse davanti ai miei occhi, alberi, cascate, prati, gruppi di persone, rami del fiume, arbusti, ponti, più andavo avanti più mi sentivo dentro una sandbox che sarebbe potuta andare avanti all'infinito per mostrarmi sempre nuovi rilievi e microvariazioni della natura. Alte sui lati si alzavano le montagne, come background di un mondo che avevo nella testa e mentre camminavo pensavo, e mescolavo stronzate a immaginazioni, progetti a stronzate di nessun peso e così sono andato avanti per quasi un'ora, al che mi sono reso conto che dovevo anche tornare poi indietro, e che c'era il resto della famiglia che, dopo quasi due ore avrebbe pensato che ero morto – sicuro – ucciso da una delle mucche che pascolavano enormi al margine del fiume.

Quindi torno indietro a passo veloce e quando arrivo trovo Elettra senza scarpe, che ride con i figli mentre fanno una gara di zattere autocostruite nel mezzo del fiume, le stringhe delle scarpe sono servite per legare i tronchetti e i calzini per fare la vela, e stanno sfidandosi mentre le zattere si impigliano per le rocce e le sterpaglie ai lati del fiume e io resto così a fissarli come un miracolo, penso quanta energia e quanta bellezza, mentre reggo con una mano un bicchierino di plastica con dentro un caffè macchiato che mi sta colando su tutta la mano e la carta alluminia che frulla metallica scossa dal vento.


noblogo.org/fabriziovenerandi/…