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Making a 2-Transistor AM Radio with a Philips Electronic Engineer EE8 Kit from 1966


[Anthony] holding the EE8 kit

Back in 1966, a suitable toy for a geeky kid was a radio kit. You could find simple crystal radio sets or some more advanced ones. But some lucky kids got the Philips Electronic Engineer EE8 Kit on Christmas morning. [Anthony Francis-Jones] shows us how to build a 2-transistor AM radio from a Philips Electronic Engineer EE8 Kit.

According to [The Radar Room], the kit wasn’t just an AM radio. It had multiple circuits to make (one at a time, of course), ranging from a code oscillator to a “wetness detector.”

The kit came with a breadboard and some overlays for the various circuits, along with the required components. It relied on springs, friction, and gravity to hold most of the components to the breadboard. A little wire is used, but mostly the components are connected to each other with their leads and spring terminals.

[Anthony] makes the 2-transistor radio, which continues from an earlier 1-transistor radio. The first components wired in are for the front panel: the potentiometer, variable capacitor, and power switch. Next, the spring terminals are clipped into place. The capacitors and resistors are installed. Then the diode is installed. The transistors are installed. The rest of the passive components and the various wires are installed. There is a technique for attaching the wires to the components using small springs to hold the wires in place. Finally, the “ferroceptor” is installed, and some batteries.

The whole apparatus is taken outside where a long wire antenna and an earth connection are connected to the circuit, but, alas, there wasn’t much of an AM signal to be received. [Anthony] tries again at nighttime and gets slightly better results, but only marginally.

You were a lucky kid to get one of these back in 1966. Maybe in 1967, you could be a radio engineer. If you are impressed with the EE8’s breadboard, you’d probably enjoy making one of these.

youtube.com/embed/PWPHGEWwKbU?…


hackaday.com/2025/10/12/making…



La bolla dell’intelligenza artificiale: cresce il timore di un nuovo tracollo tecnologico


Durante il DevDay, la conferenza annuale di OpenAI svoltasi questa settimana, il CEO Sam Altman ha risposto alle domande dei giornalisti, un gesto sempre più raro tra i leader tecnologici. Altman ha riconosciuto l’incertezza che circonda oggi il settore dell’intelligenza artificiale, affermando che “molti ambiti dell’AI stanno attraversando una fase instabile”.

Nella Silicon Valley cresce il timore di una nuova bolla tecnologica. Banca d’Inghilterra, Fondo Monetario Internazionale e il CEO di JPMorgan, Jamie Dimon, hanno espresso preoccupazioni simili. Dimon, in un’intervista alla BBC, ha sottolineato che “la maggior parte delle persone dovrebbe sentirsi più incerta sul futuro”.

Durante l’Italian Tech Week di Torino, Jeff Bezos, fondatore di Amazon e uno degli uomini più ricchi al mondo ha definito l’attuale entusiasmo per l’intelligenza artificiale (IA) come una “bolla”. Bezos ha spiegato che in momenti di grande euforia come quello attuale, “ogni esperimento viene finanziato, ogni azienda riceve fondi, indipendentemente dalla qualità delle idee”.

Durante un dibattito al Computer History Museum, l’imprenditore Jerry Kaplan, il quale fondò la Go Corporation, che sviluppò uno dei primi tablet computer ha ricordato di aver vissuto quattro bolle e teme che quella dell’AI possa essere ancora più grave. Secondo lui, la quantità di denaro oggi in circolazione supera di molto quella dell’era delle dot-com, “Quando (la bolla) scoppierà, la situazione sarà molto brutta, e non saranno solo le persone che lavorano nell’intelligenza artificiale a esserne colpite”, ha affermato. “Potrebbe rappresentare un freno per l’economia nel suo complesso.”

OpenAI, intanto, continua a espandersi. Dopo il lancio di ChatGPT nel 2022, l’azienda è al centro di una rete di accordi multimiliardari: un’intesa da 100 miliardi di dollari con Nvidia per nuovi data center, un piano d’acquisto di hardware AMD per miliardi e una collaborazione da 300 miliardi con Oracle. Oggi la società è valutata circa 500 miliardi di dollari.

Tali partnership hanno sollevato dubbi tra gli analisti, che le definiscono “finanziamenti rotativi”, ossia investimenti incrociati tra aziende per sostenere artificialmente la domanda. Altman respinge queste accuse, sostenendo che la crescita di OpenAI è reale, sebbene l’azienda non sia ancora profittevole.

C’è chi paragona la situazione attuale a quella di Nortel, la società canadese che negli anni 2000 gonfiò la domanda con prestiti ai clienti. Il CEO di Nvidia, Jensen Huang, ha difeso l’accordo con OpenAI, spiegando che “non esiste esclusività” e che la priorità è “favorire la crescita dell’ecosistema AI”.

Nonostante i rischi, molti esperti credono che gli attuali investimenti possano generare ricadute positive nel lungo periodo. Come ha osservato Jeff Boudier di Hugging Face, “anche se parte del capitale andrà perso, dalle infrastrutture costruite oggi nasceranno i prodotti e i servizi di domani”.

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DAS: l’orecchio del mondo nascosto nei cavi sottomarini


Oltre 1,2 milioni di chilometri di cavi in fibra ottica giacciono sul fondale oceanico, a lungo considerati esclusivamente parte di una rete di telecomunicazioni globale. Tuttavia, la tecnologia di rilevamento acustico distribuito (DAS), che sta rapidamente emergendo dalla fase sperimentale, sta aprendo un campo fondamentalmente nuovo : l’uso di queste linee per il monitoraggio subacqueo e la guerra antisommergibile. Quella che fino a poco tempo fa sembrava un’ipotesi sta già iniziando a concretizzarsi in sviluppi militari concreti.

Il DAS trasforma un cavo in fibra ottica convenzionale in una catena continua di sensori acustici sensibili. Quando un breve impulso di luce laser attraversa la fibra, i segnali riflessi vengono modificati da minuscole vibrazioni, come il rumore di un’elica sottomarina o l’onda acustica di un’esplosione.

Gli algoritmi di analisi automatica non solo registrano queste variazioni, ma determinano anche la direzione e la natura della sorgente. Il risultato è un sistema di ascolto passivo in grado di coprire vasti spazi marittimi, ma impercettibile e più conveniente rispetto ai tradizionali idrofoni o ai sistemi sonar attivi.

I test hanno confermato che il DAS è ugualmente efficace sia nelle zone costiere che in quelle di profondità. La tecnologia ha applicazioni che vanno oltre quelle militari: può rilevare tentativi di accesso ai cavi, registrare l’attività sismica sottomarina e rilevare segni di attività illegali sui fondali marini.

Se combinati con l’intelligenza artificiale, questi sistemi possono confrontare le firme acustiche con i dati GPS o AIS, consentendo la classificazione di imbarcazioni e oggetti sottomarini.

Diversi paesi stanno già integrando il DAS nelle proprie infrastrutture di difesa. Negli Stati Uniti, le informazioni raccolte dai cavi vengono immesse nei sistemi di gestione del combattimento e confrontate con quelle provenienti dagli aerei navali P-8A Poseidon e dai veicoli sottomarini autonomi. Sono inoltre in fase di sviluppo modelli di intelligenza artificiale per migliorare la precisione del riconoscimento.

Nel Regno Unito, il sistema è in fase di sperimentazione nell’ambito di un programma per la protezione delle comunicazioni sottomarine. Il Ministero della Difesa sta collaborando con gli operatori di telecomunicazioni del Nord Atlantico e del Mare del Nord, testando il DAS per il monitoraggio dei cavi e il tracciamento di possibili attività sottomarine.

Anche altri Paesi stanno esplorando attivamente il potenziale di questa tecnologia. I Paesi Bassi hanno già avviato il monitoraggio continuo del Mare del Nord utilizzando cavi esistenti. La Norvegia sta esplorando scenari di monitoraggio lungo le rotte marittime artiche e la Germania sta valutando il DAS come parte della sua strategia marittima. L’Unione Europea sta supportando gli sviluppi in questo settore attraverso il programma Horizon, compresi progetti sulla sorveglianza costiera e sulla protezione delle infrastrutture critiche.

Nell’ambito dell’alleanza AUKUS, Australia, Stati Uniti e Regno Unito stanno sviluppando l’integrazione del DAS con piattaforme sottomarine senza pilota e soluzioni di intelligenza artificiale per il tracciamento di sottomarini a bassa rumorosità. I partecipanti al progetto prevedono l’implementazione di una rete distribuita di sensori integrati con sistemi di tracciamento autonomi in tutta la regione indo-pacifica.

Anche i potenziali avversari sono interessati a questa tecnologia. La Cina, che gestisce una delle più grandi reti di cavi sottomarini della regione, sta, secondo gli analisti, testando il DAS per tracciare le interferenze e monitorare il traffico. La Russia, da parte sua, ha ripetutamente espresso preoccupazione per tali sviluppi nell’Artico e nel Baltico, considerandoli una minaccia alla segretezza delle sue operazioni sottomarine. In questo contesto, gli incidenti che comportano danni alle linee dei cavi sono diventati più frequenti : rotture inspiegabili e attività sospette vengono registrate in aree lungo rotte strategiche.

Il vantaggio principale del metodo rimane la possibilità di utilizzare i cavi esistenti, consentendo una rapida scalabilità senza significativi investimenti infrastrutturali. Tuttavia, questo vantaggio pone anche delle sfide: i volumi di dati in ingresso sono colossali e, senza algoritmi di filtraggio e interpretazione efficaci, risultano di scarsa utilità pratica. Rimane anche il problema dell’immunità al rumore: sono possibili tentativi di sopprimere, imitare o disabilitare fisicamente singole sezioni della rete via cavo.

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The Singing Dentures Of Manchester And Other Places


Any radio amateur will tell you about the spectre of TVI, of their transmissions being inadvertently demodulated by the smallest of non-linearity in the neighbouring antenna systems, and spewing forth from the speakers of all and sundry. It’s very much a thing that the most unlikely of circuits can function as radio receivers, but… teeth? [Ringway Manchester] investigates tales of musical dental work.

Going through a series of news reports over the decades, including one of Lucille Ball uncovering a hidden Japanese spy transmitter, it’s something all experts who have looked at the issue have concluded there is little evidence for. It was also investigated by Mythbusters. But it’s an alluring tale, so is it entirely fabricated? What we can say is that teeth are sensitive to sound, not in themselves, but because the jaw provides a good path bringing vibrations to the region of the ear. And it’s certainly possible that the active chemical environment surrounding a metal filling in a patient’s mouth could give rise to electrical non-linearities. But could a human body in an ordinary RF environment act as a good enough antenna to provide enough energy for something to happen? We have our doubts.

It’s a perennial story (even in fiction), though, and we’re guessing that proof will come over the coming decades. If the tales of dental music and DJs continue after AM (or Long Wave in Europe) transmissions have been turned off, then it’s likely they’re more in the mind than in the mouth. If not, then we might have missed a radio phenomenon. The video is below the break.

youtube.com/embed/Z0zrGnlrm-s?…

Dental orthopantomogram: Temehetmebmk, CC BY-SA 4.0.


hackaday.com/2025/10/12/the-si…



The second Global Tipping Points Report warns that the world has crossed a key threshold as ocean heat devastates warm-water reefs.#TheAbstract


Earth’s Climate Has Passed Its First Irreversible Tipping Point and Entered a ‘New Reality’


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Climate change has pushed warm-water coral reefs past a point of no return, marking the first time a major climate tipping point has been crossed, according to a report released on Sunday by an international team in advance of the United Nations Climate Change Conference COP30 in Brazil this November.

Tipping points include global ice loss, Amazon rainforest loss, and the possible collapse of vital ocean currents. Once crossed, they will trigger self-perpetuating and irreversible changes that will lead to new and unpredictable climate conditions. But the new report also emphasizes progress on positive tipping points, such as the rapid rollout of green technologies.

“We can now say that we have passed the first major climate tipping point,” said Steve Smith, the Tipping Points Research Impact Fellow at the Global Systems Institute and Green Futures Solutions at the University of Exeter, during a media briefing on Tuesday. “But on the plus side,” he added, “we've also passed at least one major positive tipping point in the energy system,” referring to the maturation of solar and wind power technologies.

The world is entering a “new reality” as global temperatures will inevitably overshoot the goal of staying within 1.5°C of pre-industrial averages set by the Paris Climate Agreement in 2015, warns the Global Tipping Points Report 2025, the second iteration of a collaboration focused on key thresholds in Earth’s climate system.

Warm-water corals are rich ecosystems that support a quarter of all marine life and provide food and income to more than a billion people. These vital reefs have experienced “diebacks” for years as rising marine temperatures produce mass-mortality bleaching events. But the severe marine heat waves of 2023 were particularly devastating, and the corals are now reaching their thermal threshold. The report concludes that they are virtually certain to tip toward widespread diebacks, though preventive actions can mitigate the extent of loss and secure small refuges.

“The marine heat wave hit 80 percent of the world's warm-water coral reefs with the worst bleaching event on record,” said Smith. “Their response confirms that we can no longer talk about tipping points as a future risk. The widespread dieback of warm-water coral reefs is already underway, and it's impacting hundreds of millions of people who depend on the reef for fishing, for tourism, for coastal protection, and from rising seas and storm surges.”

The report singled out Caribbean corals as a useful case study given that these ecosystems face a host of pressures, including extreme weather, overfishing, and inadequate sewage and pollution management. These coral diebacks are a disaster not only for the biodiverse inhabitants of the reefs, but also for the many communities who depend on them for food, income, coastal protection, and as a part of cultural identity.

“The Caribbean is in a particularly precarious situation,” Melanie McField, founder and director of the Healthy Reefs for Healthy People Initiative at the Smithsonian Institute, told 404 Media during the briefing. "We are very concerned about the Caribbean, but it's actually all of these warm-water reefs. They're all facing the same thing.”

McField added that the actions needed to bolster the corals’ defense against rising temperatures are clear, and include better sewage treatment, the creation of marine preserves, and more strident efforts to tackle overfishing.

“We've been saying the same things,” she said. “We haven't done them. Those are things that are completely in the power of national and local regulators.”

To that end, the report emphasizes that new governmental frameworks and institutions will need to be formed to tackle these problems, because the current system is clearly not up to the task. Avoiding future tipping points will not only require a doubling-down on decarbonization, but also demands major progress toward carbon removal technologies.

“We need to rapidly scale and take seriously the need for sustainable and equitable carbon removal technologies,” said Manjana Milkoreit, a postdoctoral researcher of sociology and human geography at the University of Oslo. “Carbon removal is now the only way to bring global temperatures back down after overshoot—to achieve net negative, not just net zero emissions. That requires serious and sustained investment, starting now.”

“We are currently not preparing for the distinct impacts of tipping points, and we do not have the capacities to address the cascading effects of tipping points,” she concluded. “The key message here is: Do not assume that we already know what to do, or we're already doing everything we can. It's not just more of the same. A different approach to governance is needed.”

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URGENTE: Il giornalista palestinese Saleh Al-Jaafarawi è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco...

URGENTE: Il giornalista palestinese Saleh Al-Jaafarawi è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco da uomini armati sconosciuti nel quartiere Tel Al-Hawa di Gaza City.

Fonte :canale Telegram Palestina Hoy

Gazzetta del Cadavere reshared this.




qualcuno dica a schifani che essere chiamati diesel non è necessariamente un complimento...


Festival del giornalismo culturale, il Master in Giornalismo della Lumsa vince il FgCult25

[quote]URBINO – Nella cornice della tredicesima edizione del Festival del giornalismo culturale di Urbino, l’allieva praticante del Master in Giornalismo della Lumsa Irene Di Castelnuovo ha vinto con il suo…
L'articolo Festival del giornalismo culturale, il



In 200mila da Perugia ad Assisi per dire no a tutte le guerre


@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/10/in-200m…
Tanti, tantissimi. “In più di 200 mila” dicono gli organizzatori, come non si vedeva dal 2001, hanno marciato da Perugia ad Assisi. A mettersi in cammino sotto lo slogan “Imagine alla the

in reply to Antonella Ferrari

speriamo che i partecipanti toscani siano poi andati a votare che l'astensione premia meloni...piazze piene urne vuote


Trames reshared this.




La SPID è stata dichiarata defunta dall’esecutivo, per essere sostituita dalla CIE.
di Marco Calamari

Dal pornocontrollo al tecnocontrollo - Cassandra Crossing 627

Cattive notizie per i diritti civili digitali. [...]
Nella trentennale storia della digitalizzazione del nostro paese spiccano ben quattro storie di successo. Alcune addirittura di livello mondiale. Senza scherzi!

In ordine cronologico:

l’istituzione della firma digitale con valore legale parificato a quella autografa, primo paese al mondo;
la creazione della Posta Elettronica Certificata, che permette di inviare messaggi con valore di raccomandata con ricevuta di ritorno, in maniera istantanea e sostanzialmente gratuita, invece che a botte di sette o più Euri;
l’implementazione del Processo Civile Telematico, che solo chi frequenta da operatore i tribunali può apprezzare in tutto il suo valore;
la realizzazione della SPID, un sistema di rilascio di credenziali con valore nazionale (no, non è un sistema di verifica dell’identità, checché se ne dica, e no, non ha nessuna vulnerabilità particolare).

4 casi di successo della informatizzazione delle PP.AA. che decine di milioni di italiani ormai utilizzano quotidianamente, a cui, solo per diffusione, se ne aggiunge un quinto, la CIE, Carta di Identità Elettronica.

C’è da dire che il “successo” della CIE è stato decretato ope legis come adempimento obbligatorio, supportato in maniera efficacissima dall’abolizione dell’alternativa cartacea, e solo dopo una trentennale ed iterativa gestazione sperimentale, che chi l’ha vissuta ancora ricorda nei propri incubi.

Senza altra volontà oltre quella di essere oggettivi, possiamo ricordare che Firma Digitale, CIE, CNS (Carta Nazionale dei Servizi), TSE (Tessera Sanitaria Elettronica) sono tutti tecnicamente in grado di fornire le funzionalità di identificazione, autenticazione e firma elettronica. La sola CIE possiede tuttavia lo status legale di documento di identità, che consente l’utilizzo come formale accertamento di identità.

Ora, potrebbe sembrare una cosa logica “accorpare” in un solo oggetto, la CIE, tutte le altre funzionalità, accentrando e “semplificando” una situazione che oggi, per quanto funzionante e largamente utilizzata, può apparire inutilmente complessa.

Sarebbe un errore; si tratta di una falsa semplificazione che, come tutte le soluzioni semplici di problemi complessi, è sbagliata. Cerchiamo di capire perché.

Chiunque abbia operato professionalmente nell’informatica sa perfettamente che la centralizzazione di qualsiasi cosa, se non fatta con estrema cura e professionalità e senza badare a spese, porta a vulnerabilità pericolose e potenziali, nuovi e gravi disservizi.

La storia recente ed anche meno, dell’informatica nella pubblica amministrazione ci ha insegnato che il collasso di un intero sistema è cosa non potenziale ma reale, ed anche molto frequente.

Sistemi separati, quando cadono, tirano giù “solo” la loro funzionalità, senza compromettere tutti gli altri servizi. Se poi sono stati realizzati ridondati o federati, come la tanto vituperata ma ben progettata SPID, riescono a mantenere la propria funzionalità almeno in parte.

Cosa succederebbe invece se un ipotetico sistema “tuttologico”, che fornisca firma, credenziali, autenticazione ed identità avesse un problema bloccante? E se, in questi tempi di guerra, questo problema bloccante fosse un atto criminale, oppure addirittura ostile?

Questo lungo antefatto ci è servito solo per arrivare finalmente alla cronaca di oggi.

Nel giro di pochi mesi, si è improvvisamente scoperto che la SPID è un sistema bacato e pericoloso, malgrado che 30 milioni di italiani la utilizzino quotidianamente al posto del più famoso e meno sicuro “1234”, e che sia praticamente gratuita per le casse dello stato.

Si tratta anche qui di una notizia errata. Il rilascio di SPID multiple, quindi di credenziali multiple, non rappresenta di per sé un pericolo, anzi può essere utile per compartimentare le attività di una persona, separando ad esempio il privato ed il lavoro.

Il problema del rilascio di SPID ad impersonatori dipende invece dalle procedure di identificazione, che devono essere efficaci, che sono normate puntualmente e su cui lo Stato, per suo stesso regolamento, deve vigilare.

Contemporaneamente si è “scoperto” che la CIE può essere utilizzata, oltre che come documento di identità, anche come firma elettronica di tipo intermedio, e come credenziale di accesso.

Improvvisamente l’esecutivo, con un inusuale atto di decisionismo tecnologico, annunciato pubblicamente e ripetutamente, ha deciso di dismettere quello che è stato realizzato solo pochi anni fa e funziona, sostituendolo con qualcosa di ancora indefinito, di cui sappiamo solo che si appoggerà alla CIE, tutto da realizzare e far adottare, ricominciando da capo un storia dolorosa, ma che era stata finalmente conclusa.

A Cassandra è venuta in mente la storiella dei frati che fecero pipì sulle mele piccole e brutte del loro albero, perché erano certi che ne sarebbero arrivate altre grandi e bellissime, e che quando queste non arrivarono dovettero mangiarsi quelle piccole e brutte.

Ecco, sembra proprio la storia della SPID, che una campagna di stampa poco informata, se non addirittura strumentale, ha definito “troppo complessa e poco sicura”, raccontando che sarà presto sostituita dalla CIE inattaccabile e potente.

In tutto questo, cosa mai potrebbe andare storto?

Ci sono (purtroppo) altre chiavi di lettura che possono spiegare una vicenda apparentemente insensata sia tecnicamente che amministrativamente, riunirla all’improvvisa ed ineludibile necessità del pornocontrollo di stato, anzi a a livello europeo, e spiegare razionalmente tutto quanto.

Bastano due concetti chiave “centralizzazione dei dati” e “tecnocontrollo dei cittadini” per disegnare un panorama, anzi un vero progetto di controllo sociale, in cui la inspiegabile dimissione della SPID in favore della CIE diventa un elemento logico, razionale e necessario.

Infatti, se quello che si vuole ottenere è centralizzare il più possibile la gestione dei dati e degli accessi dei cittadini, con la conseguente possibilità di monitorare il loro operato, ed aprendo a teoriche ma terrificanti possibilità come quella di revocare completamente qualsiasi autorizzazione ad un individuo, allora sostituire un sistema federato e decentralizzato come la SPID con una gestione centralizzata, e dipendente da un documento emesso dallo Stato, è esattamente quello che serve. [...]

Dato il panorama “digitale” di oggi, di cui fa parte sostanziale l’indifferenza del pubblico, non c’è davvero di che essere ottimisti.


Cassandra Crossing 627/ Dal pornocontrollo al tecnocontrollo


L’identificazione della maggiore età dei fruitori del porno inizia a diventare legge senza che questo abbia creato reazioni significative. La SPID è stata dichiarata defunta dall’esecutivo, per essere sostituita dalla CIE. Sono fatti correlati tra loro? Certamente sono cattive notizie per i diritti civili digitali.

lealternative.net/2025/07/17/c…






Perugia – Assisi: un’umanità in cammino


@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/10/perugia…
Mi domando dove sia quest’umanità il resto dell’anno. Dove siano questi giovani che invocano pace e fraternità, solidarietà, giustizia, tenerezza. E mi rispondo che non è colpa loro ma nostra. Siamo noi, infatti, che non diamo spazio al meglio delle nuove



i sistemi satellitari sono una gran manna per i posti sperduti



January 2026 PPI GA Location Discussion


We are debating where to hold our General Assembly (GA) in January 2026.

The Board considered holding a physical event in Warsaw, Prague, and Potsdam/Berlin.

We are open to any reasonable offers. The event will also be taking place online, and the physical event may be a small or large event.

Technically more than one physical event is acceptable considering the global needs of our organization.

Please let a PPI representative know by October 19th if your party would like to host the GA.

We will announce the location(s) of the GA the following week.


pp-international.net/2025/10/2…



Afghanistan e Pakistan, combattimenti alla frontiera con decine di morti


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Decine di soldati uccisi e postazioni occupate in entrambe le direzioni, mentre Islamabad e Kabul chiudono i valichi di frontiera e rafforzano la sicurezza lungo il confine settentrionale
L'articolo Afghanistan e Pakistan, combattimenti alla frontiera con decine



Nei giorni successivi la formazione partigiana passa al comando di Stefano Carabalona grupposbarchi.wordpress.com/20…


Nei giorni successivi la formazione partigiana passa al comando di Stefano Carabalona

Rocchetta Nervina (IM): uno scorcio
Arturo Borfiga portò 12 russi al Dst. di Leo e un’altra volta un mulo con 2 mitragliatrici, di cui aveva infilato le canne nei pantaloni. Leo sgozzò l’ufficiale repubblichino che dai pressi del cimitero di Camporosso faceva sparare su Rocchetta Nervina. Quando a Vallecrosia il giorno del suo ferimento aprì la porta agli uomini dell’UPI era riuscito a mettere la mano sulla pistola del nemico, deviando il colpo partito nella colluttazione. Stefano “Leo” Carabalona era nato a Rocchetta Nervina (IM) il 10 gennaio del 1918. Dopo aver conseguito la maturità classica a Mondovì (CN), nell’imminenza della guerra fu chiamato alle armi ed inviato a Pola presso l’allora esistente scuola allievi ufficiali di complemento dei bersaglieri. Quale sottotenente dei bersaglieri partecipò alla campagna di Albania ed alla guerra in Grecia, dove venne decorato con una medaglia di bronzo al V.M. Promosso per merito straordinario tenente ed infine ferito più volte in combattimento, in seguito alle lesioni riportate nell’ultima delle ferite (schegge all’occhio sinistro) venne rimpatriato a Firenze presso l’ospedale militare. Congedato al termine della convalescenza, tornò a Rocchetta Nervina, ma nel 1941 in vista della campagna di Russia si arruolò volontario quale ufficiale di fanteria ed assegnato alla divisione celere “Legnano”. Rientrò in Italia a piedi con pochi superstiti della compagnia di cui era comandante. Nel 1943 si sottrasse alla chiamata della R.S.I.: per vendetta fu incendiata la casa di famiglia in Rocchetta Nervina, ma fortuite circostanze impedirono al fuoco di propagarsi e la casa si salvò. Sono rimaste sul pavimento di una stanza, visibili a tutt’oggi, le tracce di quelle fiamme. Massimo Carabalona, figlio di Stefano Carabalona, email del 23 dicembre 2021

Nella Valle Nervia alcuni ufficiali cercarono rifugio e sicurezza a Rocchetta Nervina, dove il tenente Stefano Carabalona [“Leo“], residente in loco, cercava di organizzare gli sbandati e di procurare il maggior numero di armi possibili. don Ermando Micheletto, La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di “Domino nero” – Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975

L’8° distaccamento giunge a Rocchetta Nervina verso il 20 giugno [1944]. È comandato da Alfredo Blengino (Spartaco) che il giorno 23 dello stesso mese, lancia un proclama alla popolazione del paese ringraziandola per la solita buona accoglienza fatta ai partigiani ed invitandola ad appoggiare, nella maggior misura possibile, l’azione di chi combatte per la libertà […] Gli uomini della formazione ammontano ad una ventina, ma, in pochi giorni, il numero degli effettivi è pressocchè raddoppiato mentre viene notevolmente migliorata l’organizzazione del distaccamento. L’armamento consiste in fucili e moschetti. L’8° distaccamento opera nella Val Roja, procurando notevoli difficoltà al traffico delle truppe nazi-fasciste. Nei giorni successivi la formazione passa al comando di Stefano Carabalona (Leo) che si trova subito impegnato in un durissimo combattimento.
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) – Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, p. 154

[…] il mese di luglio si aprì con un rastrellamento tedesco a largo raggio, essenzialmente rivolto verso Rocchetta Nervina (IM), Castelvittorio, Molini di Triora e Langan.
La difesa di Rocchetta Nervina, che si protrasse dal 1° al 4 luglio 1944, ebbe luogo soprattutto ad opera dell’8° Distaccamento della IX^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Felice Cascione”, che da circa una settimana era attestato nel paese. […] Per alcune ore il combattimento si protrasse con alterne vicende ed alle 12 i nazifascisti si ritirarono, accusando la perdita di un centinaio di uomini.
La difesa del paese venne fiaccata il giorno successivo, 4 luglio 1944, ad opera di 800 uomini di truppa che, occupato il paese, lo saccheggiarono. Alla sera rimase sul selciato un ingente numero di vittime.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

Ma il tedesco pagò ben caro il suo successo, perché non meno di 180 uomini furono messi fuori combattimento… Fra coloro che maggiomente si distinsero sono da ricordare il vecchio “Notu” che, benché fosse rimasto ferito due volte, continuò a lottare fino all’esaurimento delle sue munizioni, Longo [Antonio Rossi], Falce [G.B. Basso], Colombo, Filatri [Gennaro Luisito Filatro, nato il 24 giugno 1917 a Civita (CS), già sergente maggiore del Regio Esercito, ufficiale addetto alle operazioni di distaccamento, passò poi in Francia al seguito di Carabalona], il giovanissimo Arturo [Arturo Borfiga] ed il prode Lilli [Fulvio Vicàri], che doveva più tardi immolare la sua giovane esistenza per la causa della liberazione.
Stefano Carabalona (Leo) in Mario Mascia, L’epopea dell’esercito scalzo, A.L.I.S., 1946, ristampa del 1975 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia

Il rastrellamento di luglio [1944] da parte dei nazifascisti non fu lungo. ll Comandante Vitò [Giuseppe Vittorio Guglielmo] aveva ordinato ed organizzato una ritirata di emergenza e dava ordini precisi ai vari comandanti dei distaccamenti di attendere i suoi ordini. Radunò lo Stato Maggiore e studiò nei minimi particolari un attacco alla caserma di Pigna (IM)
[…] Il distaccamento di Stefano Leo Carabalona [poco tempo dopo comandante della Missione Militare (dei Partigiani Garibaldini) presso il Comando Alleato] dalla parte di Rocchetta Nervina (IM), con Lolli [Giuseppe Longo, poco tempo dopo vice comandante della Missione Militare (dei Partigiani Garibaldini) presso il Comando Alleato], doveva vegliare con i suoi uomini la strada Dolceacqua-Pigna.
don Ermando Micheletto, Op. cit.

Verso la fine d’agosto 1944, in concomitanza con l’avanzata degli eserciti alleati sbarcati in Provenza, la V^ Brigata Garibaldi, forte ormai di oltre 950 uomini, iniziò un’azione convergente su Pigna, tenuta da un centinaio di militi repubblicani e centro delle difese nazi-fasciste della zona di montagna… In quei giorni si distinsero i distaccamenti di Gino (Gino Napolitano), di Leo (Stefano Carabalona), e di Moscone [Basilio Mosconi]. Alla fine il nemico rinunciò a difendere le sue posizioni di Pigna: evacuò il paese e si ritirò su posizioni più arretrate (Isolabona – Dolceacqua), abbandonando nella fuga precipitosa armi e munizioni che furono recuperate dai nostri e che andarono ad arricchire l’esiguo armamento di cui la brigata era provvista. Venne occupata Pigna, dove si stabilì il comando dei partigiani, si nominò un’amministrazione provvisoria e si provvide a munire la difesa della zona sia per poter riprendere gli attacchi verso la costa ed in direzione del fronte francese che si andava spostando verso est, sia per far fronte ad eventuali contrattacchi nemici. Infatti il I° distaccamento prese posizione su Passo Muratone alla destra dello schieramento per impedire puntate provenienti da Saorge (Francia); il V° distaccamento, al comando di Leo, occupò la stessa Pigna, posta al centro dello schieramento, distaccando una squadra di venti uomini a Gola di Gouta a guardia della strada. […] A Pigna, nel frattempo, era giunta una missionecomposta, di numerosi ufficiali “alleati”, accompagnati da un corrispondente di guerra canadese.
La missione studiata la zona, avrebbe dovuto proseguire per la Francia passando attraverso le maglie delle linee tedesche fra Gramondo e Sospel.
Mario Mascia, Op. cit.

Durante il periodo di attesa a PIGNA il comandante dei Partigiani della zona noto come LEO ci parlò della possibilità di passare in FRANCIA in barca da VENTIMIGLIA e suggerì di inviare uno dei suoi uomini sulla costa per fare delle indagini… I pescatori ci portarono vogando, senza ulteriori incidenti, in 3 ore e mezza a Monte Carlo [Monaco Principato] dove sbarcammo [quindi, approssimativamente alle ore 4 del 9 ottobre 1944, data in ogni caso indicata da Brooks Richards, Secret Flotillas, Vol. II, Paperback, 2013] e ci arrendemmo alla guarnigione F.F.I. La mattina seguente guidammo fino a Nizza e facemmo rapporto al Maggiore H. GUNN delle Forze Speciali … A Nizza informammo il Colonnello BLYTHE del quartier generale della task force della settima armata americana…
capitano G. K. Long, artista di guerra, documento britannico Mission Flap

Ad ogni modo presi contatto con Leo, che era appunto sbarcato in Francia in quel tempo… [parole del capitano Robert Bentley, ufficiale alleato di collegamento con i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] Mario Mascia, Op. cit.

Il maresciallo Reiter fece accompagnare da due agenti in borghese la staffetta Irene [in questa versione dei fatti la persona, costretta dai nazisti a fare da esca per attirare in trappola i due partigiani] verso la casa di Vallecrosia, dove “Leo” e “Rosina[Luciano Mannini], ignari, aspettavano il ritorno di chi li aveva traditi [in altre versioni della narrazione di questo tragico evento emerge, invece, una casuale scoperta di collegamenti clandestini da parte degli apparati nazisti di controllo]
Leo [responsabile, al momento cui si riferisce la presente testimonianza, dell’Ufficio Informazioni Militari della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni”] restò gravemente ferito [era il giorno 8 febbraio 1945]. Ma anche i due agenti nemici versarono in fin di vita. “Leo” e “Rosina” fuggirono per vie diverse eludendo anche il successivo rastrellamento tedesco. “Leo” trovò rifugio nella clinica Moro sulla via Romana, dove venne medicato ma non ricoverato. Il partigiano Lotti, probabilmente avvisato da “Rosina”, o non so come, avvisò il nostro CLN di Bordighera che “un agente americano” era stato ferito e si trovava alla clinica Moro. Insieme a Renzo Biancheri “U Longu”, prelevammo “Leo” dalla Clinica Moro [n.d.r.: che era stata trasferita dal 2 gennaio 1944 a Villa Poggio Ponente di Vallecrosia] e lo portammo all’ospedale di Bordighera. Riuscimmo a ricoverarlo con un tragico stratagemma. Per i ricoveri con ferita i medici dovevano dichiarare se la ferita era stata causata da scheggia di bomba o da colpo d’arma da fuoco. All’ospedale “Leo” venne curato da due medici che conoscevo bene, il dr. Giribaldi e il dr. Gabetti, e assistito dalla caposala, infermiera Eva Pasini. Il dr. Gabetti mi disse che difficilmente “Leo” sarebbe sopravvissuto e che quindi conveniva ricoverarlo come “ferito da colpo d’arma da fuoco” e non rischiare la vita quando la polizia fascista avesse preso conoscenza del referto. Così fu fatto: “Leo” fu ricoverato e gli vennero prestate le prime cure. La Pasini mi prese da parte e mi disse che “Leo” si sarebbe potuto salvare; e che se non era morto fino ad allora sarebbe potuto sopravvivere e a quel piìunto avrebbe dovuto subire l’inevitabile interrogatorio dei nazifascisti. Il pericolo era grave e serio: “Leo” era a conoscenza di importanti particolari della struttura dei servizi di informazione. Io e Renzo Biancheri, “Rensu u Longu”, accompagnammo “Leo” giù per le scale dell’ospedale e sulla canna della mia bicicletta lo portai a casa di Renzo, dove lo nascondemmo in cantina.
Avvisammo il dr. De Paolis, che si prese cura di “Leo”: lo curai con delle flebo che gli iniettavo nelle cosce perché non ero capace di infilare l’ago nel braccio.
All’interno del CLN il fatto suscitò scalpore e innestò una approfondita discussione, che evidenziò la urgente necessità di cautelarsi con le forze alleate della vicina Francia per una maggior collaborazione e soprattutto coordinamento. Curammo “Leo” come era possibile, ma le sue condizioni permanevano critiche. Con il Gruppo Sbarchi di Vallecrosia predisponemmo una barca per il trasporto in Francia. Il Gruppo Sbarchi era stato creato dal nostro CLN, che mi incaricò ufficialmente, con tanto di credenziali dell’Alto Comando, di rappresentare la Resistenza Italiana presso il comando alleato e di coordinare le loro azioni alle nostre esigenze. Alla sera convenuta imbarcammo “Leo” e Luciano “Rosina” Mannini; con Renzo “U Longu”
[Biancheri] iniziammo a remare verso la costa francese. Il dr. De Paolis, viste le condizioni ormai gravi di “Leo”, mi aveva incaricato di iniettargli una fiala di adrenalina: con questa adrenalina in corpo “Leo” affrontò il viaggio. Giungemmo nel porto di Monaco, dove fummo subito presi in consegna dalle sentinelle algerine e portati all’Hotel de Paris, sede del comando francese. Riuscimmo a far ricoverare “Leo” a Nizza, ma per il resto insistetti non poco per contattare il comando inglese o quello americano, che erano gli autori della missione in Italia di “Leo”. Renzo ”Stienca” Rossi in Gruppo Sbarchi Vallecrosia, Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia <Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM)> di Giuseppe Mac Fiorucci]

26 febbraio 1945 – Dal C.L.N. di Bordighera, prot. n° 2 al comandante Curto [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria] – Informava che il Comitato era entrato in contatto con il garibaldino Leo [Stefano Carabalona, già comandante di distaccamento partigiano e protagonista di eroici episodi, quali il suo contributo alla valorosa, ancorché vana difesa di Rocchetta Nervina (IM) e di Pigna (IM); artefice del ritorno da Ventimiglia (IM) via mare, con l’intervento finale di Giulio “Corsaro/Caronte” Pedretti e di Pasquale Pirata Corradi (detto anche Pascalin), ma con l’aiuto di molte altre persone, alle loro fila di alcuni ufficiali della missione alleata Flap; responsabile, al momento cui si riferisce la presente testimonianza, della Missione Militare (dei Partigiani Garibaldini) presso il Comando Alleato] del Secret Service [OSS statunitense] inviato a Vallecrosia dagli americani per avere notizie sulla 28^ linea; che Leo era poi stato ferito da agenti dell’U.P.I. [Ufficio Politico Investigativo della Repubblica di Salò] in seguito a una delazione del suo radiotelegrafista; che Leo era riuscito a fuggire dall’ospedale di Bordighera; che era stato prelevato da uomini del C.L.N. e ricoverato in luogo segreto in attesa di essere trasferito in Francia; che Leo aveva riferito di essere passato il 10 dicembre 1944 in Francia, che Leo aveva scritto una lettera, allegata al documento in parola, per il comandante Curto, lettera in cui Leo aveva scritto: “Era mia intenzione di recarmi presso di te per poterti dire qualche cosa che interessava sia te personalmente, sia il complesso di tutta la Divisione [II^ Divisione “Felice Cascione”]. Io sono partito per la Francia il 10 dicembre; giunto colà presi contatto con il Comando Americano di Nizza con il quale già ero in relazione da circa due mesi; presi pure contatto con il capitano inglese Bentley, il quale volle sapere da me vita e miracoli di tutti i capi: io dissi il più poco possibile e per quello che riguardava il colore politico andai coi piedi di piombo. In quei giorni prese contatto con il Comando Inglese il dott. Kanheman il quale si sbottonò facendo 53 profili per iscritto di tutti i capi dell’allora Divisione “F. Cascione”. Appena io sentii le sue bellicose intenzioni, da buon garibaldino, lo incontrai e misi in luce a lui e a quanti erano con lui (gli altri erano bravi figlioli e furono subito d’accordo con me) quanto di poco simpatico stessero facendo. D’allora stetti più in guardia. In ogni modo so con precisione che di parecchi capi ha dato giudizi un po’ avventati di Simon [Carlo Farini, Ispettore Generale al Comando Operativo della I^ Zona Liguria], Vittò [Giuseppe Vittorio Guglielmo, comandante della II^ Divisione], Orsini [Agostino Bramè, commissario della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione] ed altri. Insomma ho creduto bene che tu sappia che questo signore si è presentato agli inglesi come l’anima e il cervello della Divisione, critico di tutto e di tutti, tu stesso non escluso. Io e Lolly [Giuseppe Longo, vice comandante della Missione Militare (dei Partigiani Garibaldini) presso il Comando Alleato] in compenso abbiamo scritto parecchio sulla 2a Divisione Garibaldina e sul suo comandante e sono convinto che chiunque leggerà quelle modeste righe di modesti eroismi non potrà che meravigliarsi. I francesi parlano sovente di occupare fino a S.Remo, e siccome hanno sul fronte qualche battaglione potrebbero anche farlo; ad evitare ciò basterebbe l’occupazione fatta Mezz’ora prima dai garibaldini. Noi avevamo a che fare con gli americani che comandano questo fronte. Per conto mio, sono molto migliori degli inglesi, con noi poi vanno molto d’accordo. Giorni fa è arrivato in Francia il fratello di Kanheman (il fratello maggiore è andato a Roma) il quale dev’essere andato in Francia per dire agli inglesi che qui il patriottismo è divenuto banditismo, ecc… Ti prego di dire a Vittò che mi tenga sempre presente come suo garibaldino perché tutto il lavoro che faccio, l’ho fatto e lo continuerò a fare come Garibaldino della 2a Divisione Garibaldi. Io tornerò in Francia fra una decina di giorni anche perché la mia ferita me lo impone (non sono riusciti a prendermi, però mi hanno ferito allo stomaco) e se sia tu o Simon o qualche altro vuol darmi qualche incarico sarò ben lieto di rendermi utile Ti saluto caramente tuo Leo” . 10 marzo 1945 – Dal CLN di Sanremo, prot. n° 410, al CLN di Bordighera – Invitava ad “intrattenere maggiori rapporti tra i due Comitati, mediante staffette che portino notizie riguardanti movimenti di truppa e segnalino eventuali bombardamenti”. Segnalava che il Comando Operativo della I^ Zona Liguria desiderava inviare alcuni documenti in Francia tramite “Leo” [Stefano Carabalona, che, ferito, dal 5 marzo era già stato portato in salvo in Costa Azzurra] e di conseguenza chiedeva la data in cui fosse stato disponibile “Leo”. Comunicava che 6 uomini dovevano varcare il confine. 12 marzo 1945 – Dal CLN di Sanremo, prot. n° 424, a “Capitano Roberta” [Robert Bentley, capitano del SOE britannico, ufficiale di collegamento alleato con i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] – Comunicava che… quel giorno stesso il CLN di Bordighera aveva avvertito che “Leo” e “Rosina” [Luciano Mannini], accompagnati da altri due partigiani [Renzo Biancheri e Renzo Rossi], erano, nella notte tra il 5 ed il 6 marzo partiti per la Francia; che “Leo” era sempre ferito; che il suo passaggio in Francia era stato affrettato. Da documenti IsrecIm in Rocco Fava,Op. cit.

#1943 #1944 #1945 #alleati #BordigheraIM_ #dicembre #fascisti #febbraio #Francia #giugno #Gruppo #Leo #luglio #marzo #Monaco #Nizza #partigiani #PignaIM_ #Resistenza #RocchettaNervinaIM_ #RoccoFava #Sbarchi #StefanoCarabalona #tedeschi #VallecrosiaIM_







Sarò alla marcia perchè la Palestina trovi finalmente Pace


@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/10/saro-al…
Anche stavolta parteciperò alla Marcia della Pace Perugia-Assisi. L’ho fatto tante volte, fin dai tempi della FGCI. Poi, negli anni, con i figli piccoli, figli di noi che stavamo diventando



Oggi tutti in marcia per la pace!


@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/10/oggi-tu…
“Ci sarà una partecipazione molto ampia da ogni parte d’Italia. Ringraziamo tutti coloro che hanno reso possibile questo evento, istituzioni incluse”. Così Flavio Lotti, presidente della Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace, ha aperto l’incontro con la stampa




MAMbo è molto attivo nella costruzione e nel mantenimento di una fitta rete di relazioni con altri musei adrianomaini.altervista.org/ma…





“Metti via la spada”. Sono le parole rivolte da Gesù a Pietro nell’orto degli ulivi: Leone XIV le ha poste al centro della sua omelia, durante l’omelia della Veglia mariana con il Rosario per la pace pronunciata in piazza San Pietro.


“Dio regala gioia a chi produce amore nel mondo, gioia a quanti, alla vittoria sul nemico, preferiscono la pace con lui”. Ad assicurarlo è stato il Papa, commentando la frase contenuta nel angelo di Matteo: "Beati voi, operatori di pace”.


Un East Shield a difesa dell’Europa. Reportage dal Fianco Orientale

@Notizie dall'Italia e dal mondo

Krynki è un piccolo villaggio della Polonia nord-orientale, a circa tre ore di auto da Varsavia. La strada per arrivarci attraversa la pianura polacca senza incontrare ostacoli naturali, fatta eccezione per la nebbia, a tratti fittissima, che da ottobre a marzo riduce la visibilità ad appena pochi metri e



Plus, when did claret get so good and why did Shackleton's ship Endurance sink? Historical updates aplenty.

Plus, when did claret get so good and why did Shackletonx27;s ship Endurance sink? Historical updates aplenty.#TheAbstract


Mole-Rats Could Hold the Key to Living Longer


Welcome back to the Abstract! These are the studies this week that lived long, played hard, crashed out, and topped it off with a glass of claret.

First off, it’s Naked Mole-Rat Week! Or at least it should be, given that there are multiple new studies about these rodents, which are neither moles nor rats, but are certifiably naked. Then: dogs on benders; ships on ice; and an aged wine with notes of oak, blackberry, and aggressive trade policy.

The age of Man is over; the time of the Mole-Rat has come


Yamakawa, Masanori et al. “Quantitative and systematic behavioral profiling reveals social complexity in eusocial naked mole-rats.” Science Advances.

Y. Chen et al. “A cGAS-mediated mechanism in naked mole-rats potentiates DNA repair and delays aging.” Science.

What a whirlwind week it’s been for the naked mole-rat beat, with studies that shed light into the complex social behavior of these burrowing rodents as well as their extreme longevity. Let’s make like a naked mole-rat and dig in!

Naked mole-rats didn’t get the memo about being a normal mammal and instead opted for a “eusocial” society similar to insects that is ruled by a colony queen with an entourage of breeder males, which are supported by a caste system of non-breeding workers. It’s super weird, but it seems to be working out for them because they can live to nearly 40 years old—ten times longer than most animals their size—and they are highly resistant to cancer and a host of other deathbringers.

Scientists took a closer look at the palace intrigue of these rodents by setting up several colonies in laboratory conditions and tracking their movements with microchips. The results revealed that queens are bossy bullies that get so tired from shoving their subjects around that they have to take frequent royal naps.
Different chambers in the experiment. Image: Yamakawa, Masanori et al.
Non-breeding workers, meanwhile, fell into six main “clusters” including cleaners, transport specialists, caretakers, diggers, and a group that just kind of idly loafs around (my spirit mole-rat cluster).

“Breeding females patrol burrows and display agonistic dominance toward nonbreeders paralleling queen aggression in primitively eusocial insects,” said Masanori Yamakawa of Kumamoto University. Meanwhile, non-breeding “cluster 1 individuals (high mobility and garbage occupancy) may serve as transport specialists, whereas those in cluster 4 (low mobility and frequent occupancy of nonfunctional chambers) may engage primarily in digging tasks. Cluster 5 individuals, who frequently occupied toilet chambers, may contribute to cleaning-related roles.”

In addition to this window into mole-rat social behavior, a new genetic analysis identified the critical role of an enzyme called cGAS, a common component in animal immune systems, in extending the lives of these subterranean super-agers.

Whereas cGAS may hinder DNA repair in most animals, including humans and mice, the naked mole-rat has evolved a version of the enzyme with four modified amino acids that enhances DNA repair . Naturally, the researchers also engineered some fruit flies with this naked mole rat enzyme—you gotta mess with fruit flies or it’s not science—and lo and behold, the juiced flies lived to about 70 days, roughly ten days longer than the control group.

“Our work provides a molecular basis for how DNA repair is activated to contribute to the exceptional longevity during evolution in naked mole-rats,” said researchers led by Yu Chen of Tongji University in Shanghai. “These findings support the notion that efficient DNA repair decelerates the aging process and raise the possibility that targeting cGAS to enhance DNA repair could provide an intervention strategy for promoting longevity.”

All those past adventurers were looking for the Fountain of Youth in the wrong places; it wasn’t in some beautiful tropical grove, but rather a stanky underground rodent pit.

In non-naked-mole-rat news…

Sit. Stay. Stage an intervention.


Mazzini, Alja et al “Addictive-like behavioural traits in pet dogs with extreme motivation for toy play.” Scientific Reports.

Dogs can literally get addicted to the game, according to a study that probed “‘excessive toy motivation” in domestic dogs as “a potential parallel to behavioral addictions in humans.” What this means in practice is that researchers enlisted 105 dogs to play with a lot of really fun toys and about a third of them got totally hooked.
youtube.com/embed/6hDndTOibQs?…
Thirty-three of the playful pooches “exhibited behaviors consistent with addictive-like tendencies including an excessive fixation on toys, reduced responsiveness to alternative stimuli, and persistent efforts to access toys,” said researchers led by Alja Mazzini of the University of Bern. “Dogs [are] the only non-human species so far that appears to develop addictive-like behaviours spontaneously without artificial induction.”
A bull terrier during tug-of-war play. Image: Alja Mazzini
While this an interesting scientific conclusion, the study is perhaps most notable for producing delightful footage of dogs in the midst of full-on toy benders. Like all of us who struggle with bad habits and fixations, these dogs will just have to take it one play at a time.

The enduring Endurance mystery


Tuhkuri, Jukka. Why did Endurance sink? Polar Record.

Endurance, the ship crushed by ice in 1915 during Ernest Shackleton's Antarctic expedition, was actually not all that endurant, according to Jukka Tukuri of Aalto University who concludes in a new study that “Shackleton was well aware of the risks related to the strength of Endurance, but chose to use it anyway.”

“This ship is not as strong as the Nimrod constructionally” wrote Shackleton of Endurance in a letter to his wife in 1914, comparing it to his previous Antarctic ride. “There is nothing to be scared of as I think she will go through ice all right only I would exchange her for the old Nimrod any day now except for comfort.”

You have to love the phrase “there is nothing to be scared of” in a letter from a guy on his way to the South Pole in a rickety ship that is definitely going to sink the following year. I’m sure Mrs. Shackleton was totally comforted by this! Tukuri provides many other fascinating diary entries to support his conclusion that “Endurance was not among the strongest ships of its time.”
The wreck of Endurance. Image: © Falklands Maritime Heritage Trust / National Geographic
That said, Endurance spent more than a century two miles under the Antarctic seas before the wreck was amazingly rediscovered and photographed in 2022. It’s still looking pretty good, even if Shackleton’s decision to set sail in it does not hold up as well.

A toast to the 17th century


Leary, Charlie. “Tasting 1660s Bordeaux claret: temporal transformation and wine economics.” Notes and Records: the Royal Society Journal of the History of Science.

To fight off that polar chill, let’s warm up for the (North American) long weekend with a really, really aged glass of wine. A new study upends the traditional narrative about the emergence of Bordeaux claret as a desired wine in the 1600s, suggesting it was not strictly developed in response to tariffs (Sike! I used wine to lure you into a disguised tariff story).

“The advent of a stronger, darker style of Bordeaux red wine, known as claret, in the English market has drawn substantial scholarly interest because it played a pivotal role in the balance of trade and international political economy during the eighteenth century,” said author Charlie Leary, a wine historian.

“Economic historians have posited that Bordeaux vignerons developed high-quality, high-priced claret in response to England’s fixed, volume-based tariffs on French wine,” he continued. “This article…shows that the new claret style pre-existed England’s tariff regime.”

With that, cheers to lost years and jeers to economic fears.

Thanks for reading! See you next week.




L’Unione dei Comitati contro l’inceneritore partecipa al “IX. International Applied Social Sciences Congress - C-iasoS 2025”


L’Unione dei Comitati contro l’inceneritore partecipa al “IX. International Applied Social Sciences Congress - C-iasoS 2025”, che si terrà presso l’Università di Roma “La Sapienza” dal 13 al 15 Ottobre 2025, illustrando un lavoro dal titolo “The Rome Waste Management Plan - Incinerator: A Wrong Choice”.

E’ una occasione importante per presentare, in un contesto internazionale qualificato, le considerazioni che facciamo da tempo nel denunciare la assurdità di questo Progetto – antistorico, antieconomico e pericoloso – e per confrontarci con esperti che certamente non affrontano il tema sulla base di pregiudizi ideologici o di interessi economici di lobby industriali; è un primo contributo ad un auspicabile dibattito sul piano di Roma e sul nuovo inceneritore, in assenza di un confronto mai accettato dal Sindaco di Roma.

La presentazione, fatta da Giuseppe Girardi, si terrà lunedì 13, nella sessione pomeridiana che inizia alle ore 14, presso la “Sala Lauree” della facoltà di Scienze Politiche, alla città universitaria, Piazzale Aldo Moro, 1.



Hack the Promise 2025 Conference Review


The HackThePromise Festival took place again from October 3–5, 2025 in the city of Basel, Switzerland. The theme this year was “Hacking Systems, Hacking Futures.” As usual, numerous Pirates were in attendance, including PPI´s alternate board member Schoresh Dawoodi who spoke at the event and took pictures for us.

The festival interprets “hacking” as not only about computers. It means breaking open systems, rethinking rules, and finding new ways to live and work together. HackThePromise mixes talks, art, films, workshops, technology, and social discussions.

Over three days, participants questioned ask how technology can serve freedom and community instead of control.

HackThePromise continues to grow as a meeting point for creative blending of technology and society. It is not only about tools but also about values. We look forward to participating in the future.


pp-international.net/2025/10/h…



il coordinamento impossibile


ottobre è letteralmente impazzito. non riesco a tener dietro al cumulo di incontri avvenuti, imminenti, in programma.
solo ieri, quattro o cinque - ma sicuramente di più - reading, mostre e presentazioni contemporanee tra Roma e fuori.
sono stato assente ovunque, preso da faccende extraletterarie.
ma anche avessi potuto dedicarmi a una cosa, quale avrei scelto?

anni fa si parlava di una specie di coordinamento cittadino per gli eventi, ovviamente mai realizzato.

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Il Dpp racconta la difesa che verrà. La spesa militare italiana letta da Mazziotti di Celso

@Notizie dall'Italia e dal mondo

Il ministero della Difesa ha reso pubblico il Documento Programmatico Pluriennale 2025-2027. Il documento viene pubblicato dopo la legge di bilancio, pertanto non aggiunge fondi ulteriori a quelli già stanziati per la difesa. Tuttavia, esso fornisce dettagli



PODCAST. Testimonianza da Gaza: in migliaia ritornano verso le case distrutte


@Notizie dall'Italia e dal mondo
"Dobbiamo cominciare a ricostruire. Ma dobbiamo ricostruire noi stessi prima, la nostra anima". Sami Abu Omar, cooperante di Gaza, ci racconta le prime ore del cessate il fuoco e la situazione nella Striscia di Gaza.
L'articolo PODCAST. Testimonianza da







There are famously two hard problems in computer science: cache invalidation, naming things, and off by one errors.

PS: Friendica status editor does not seem to have a language selector; hopefully this post-scriptum will give the oversmart algoritm some hints about it but I'm disappointed, given UX is not in the "hard problems" set 😁