Ucraina, Turchia e spesa militare. L’intervento di Sullivan al Nato Public Forum
Durante la seconda giornata di lavori al summit Nato di Vilnius, il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan è intervenuto al Nato Public Forum, rispondendo alle domande postegli da Cristoph Heusgen, diplomatico tedesco e presidente della Munich Security Conference.
Il dialogo viene aperto dalla domanda di Heusgen sull’evoluzione nella posizione della Turchia rispetto all’entrata della Svezia nell’Alleanza atlantica, e in particolare sul ruolo avuto da Washington in questo spostamento. Il politico statunitense ha evidenziato come il vero artefice di questa evoluzione sia stato il segretario della Nato Jens Stoltenberg, che ha agito da mediatore tra le posizioni contrastanti di Ankara e Stoccolma fino a raggiungere il punto di compromesso, il sì di Erdogan all’ingresso della Svezia nell’Alleanza. Ha poi aggiunto che gli Stati Uniti si sono limitati ad assumere un ruolo gregario nei confronti dello sforzo di Stoltenberg, con il presidente Joe Biden che ha evidenziato alla sua controparte turca l’importanza fondamentale che l’entrata della Svezia nella Nato avrebbe per la struttura di sicurezza euroatlantica.
Sullivan ha anche negato fermamente la supposizione avanzata dal suo moderatore sulla possibilità di superare l’impasse nella fornitura degli F-16 ad Ankara in cambio della rimozione del veto sulla Svezia, ricordando come Biden lavori da mesi su questa questione, e che il dialogo con il congresso per approvare la fornitura proseguirà dopo l’accordo tra Svezia e Turchia agli stessi ritmi di prima.
Sul disappunto ucraino rispetto agli scarsi progressi raggiunti a Vilnius nei confronti dell’entrata di Kiyv nella Nato, la risposta di Sullivan non lascia spazio a dubbi. Il consigliere per la sicurezza nazionale evidenza come gli Stati membri dell’Alleanza siano d’accordo sul non poter includere l’Ucraina nella Nato fintanto che rimane in guerra con la Russia (poiché esso implicherebbe un estendersi del conflitto all’alleanza stessa secondo l’Articolo 5), così come sulla questione della Membership Action Plan, e ancora sul fatto che Kiyv abbia fatto grandi progressi sul piano delle riforme, progressi che però non sono sufficienti a raggiungere gli standard che tutti gli stati della Nato hanno dovuto rispettare prima di poter diventare membri dell’Alleanza.
Il comunicato rilasciato al termine dei lavori della prima giornata è stato concordato da tutti i leader partecipanti nel rispetto della propria visione, e per come è formulato esso rappresenta la posizione dell’Alleanza come un blocco unico; per arrivare a questo punto ogni stato condivide la sua visione tattica con gli altri, che tramite un processo di reciproca integrazione e mutuo aggiustamento portano alla nascita di una strategia comune basata su principi logici condivisi. “Unità non può essere l’essere d’accordo su ogni singola cosa dall’inizio alla fine”, nota l’amministratore statunitense.
La questione dell’unità è stata particolarmente sottolineata da Sullivan, riecheggiando quanto detto da Biden sull’importanza di mostrarsi uniti davanti a una Russia. Nei 505 giorni trascorsi dall’inizio dell’invasione il presidente russo Vladimir Putin ha più volte cercato il punto di rottura nelle discussioni dell’Alleanza, discussioni che però sono fisiologiche in un’alleanza composta da 31 diverse democrazie con interessi non sempre coincidenti.
Riguardo all’Ucraina, il consigliere di Biden rimarca come tutti i membri della Nato vedono nel lungo periodo l’ottenimento della membership da parte di Kyiv, visione confermata dai risultati del Summit di Vilnius; inoltre, Sullivan sottolinea come gli Stati Uniti (e non solo) siano pronti ad offrire all’Ucraina tutto il sostegno economico e militare necessario per difendersi da Mosca fino al raggiungimento della membership.
L’ultima questione affrontata da Sullivan è quella della “quota del 2%”: Heusgen ricorda che 9 anni fa, al summit in Galles svoltosi all’indomani dell’annessione della Crimea, gli Stati membri si impegnarono a destinare il 2% del proprio Pil alle spese militari; adesso quella del 2% viene vista come una soglia minima, ma alcuni paesi non sono ancora riusciti a raggiungerla, mentre i problemi all’orizzonte (anche non squisitamente militari) continuano a moltiplicarsi. Sullivan nota come negli ultimi 9 anni tutti gli stati membri abbiano comunque accresciuto la loro spesa militare, con alcuni paesi che hanno già raggiunto la soglia prefissata e altri che hanno un piano preciso per farlo; viceversa, come nota il politico americano, ci sono anche paesi che sono ben lontani dal raggiungimento del 2%, e i gap tra la spesa di diversi stati membri continua ad essere importante.
Considerando l’evolversi della situazione geopolitica, l’idea di Sullivan è che il 2% diverrà per forza di cose una soglia minima da estendere ulteriormente; gli Stati Uniti incoraggeranno questo processo e “non saranno timidi nel pressare chiunque rimanga indietro”.
Tecnologia e innovazione al centro della guerra. Il punto a Vilnius
Gli avvenimenti in Ucraina hanno reso ancor più chiaro quanto sia rilevante l’incidenza della tecnologia sul campo di battaglia e di come stia cambiando la guerra in sé. Dalla competizione strategica, che passa anche per l’innovazione, al Defence innovation accelerator for the North Atlantic (Diana) sono stati numerosi i temi al centro del panel “Tech talk: sfruttare le tecnologie emergenti per ottenere vantaggi strategici”, moderato dalla reporter Teri Schultz e tenutosi in occasione del Nato Public Forum, che si tiene in concomitanza del vertice di Vilnius dell’Alleanza atlantica.
Sinergia più stretta con i privati
“Continuo a riferirmi alla guerra russo-ucraina come a una Prima guerra mondiale combattuta con la tecnologia del XXI secolo”, ha esordito la senior policy fellow dell’European council of foreign relations (Ecfr), Ulrike Franke (nella foto). E infatti insieme al ritorno di un conflitto di stampo novecentesco, si è assistito anche a una centralità senza precedenti delle tecnologie disruptive e delle minacce emergenti sul campo di battaglia. Secondo quanto ha raccontato l’esperta, le forze ucraine si stima che abbiano perso circa diecimila droni al mese. Mai nessun conflitto fino ad ora aveva registrato un simile record. Accanto a ciò Franke ha voluto sottolineare il ruolo che ha giocato “la tecnologia in questa aggressione russa all’Ucraina e il ruolo enormemente importante che le aziende private e le aziende civili private stanno continuando a svolgere”, di cui “la maggior parte americane”. Si è visto ad esempio Google mettere una sorta di “ombrello digitale” su numerosi siti ucraini, affinché non potessero essere colpiti da attacchi Dos, o Amazon che ha permesso all’Ucraina di spostare al sicuro sul cloud molte funzioni statali, e ancora Starlink e SpaceX che con i loro satelliti hanno assicurato la connessione internet nel Paese. Per questo per non farsi trovare impreparati in futuro “abbiamo bisogno di legami sempre più stretti tra le aziende private e lo Stato in tempo di pace, in modo che se succede qualcosa si possa intervenire subito”, ha aggiunto ancora l’esperta.
La competizione passa per il tech
“La Nato è stata davvero coraggiosa, in quanto organizzazione sovranazionale, a rendersi conto e a intervenire in questo divario e a guidare il Fondo [Nato Innovation] e l’attività Diana”, ha esordito invece Andrea Traversone, socio amministratore del Fondo per l’innovazione della Nato (Nif). Al Summit Nato di Madrid dello scorso anno infatti i leader dell’Alleanza avevano firmato una lettera d’intenti che impegnasse gli Stati a implementare l’Innovation fund, un fondo di un miliardo di euro che aiuterà nei prossimi 15 anni start up e realtà deep tech a innovare e migliorare la dotazione tecnologica dell’Alleanza Atlantica. L’obiettivo è mantenere il vantaggio tecnologico nella sfida posta da Russia e Cina a vantaggio della sicurezza transatlantica. Tale fondo, secondo Traversone, andrà a colmare un gap di investimento in deep tech che esiste da più di 25 anni. In ottica di competizione è dunque importante che la Nato e i suoi alleati abbiano implementato tale fondo multi-sovrano, per investire ancor più concretamente nell’innovazione e per rendere i cittadini alleati sempre più sicuri.
Tecnologie al servizio dell’innovazione
“Dovremmo essere in grado di ampliare la nostra definizione di tecnologia di sicurezza […] perché stiamo parlando di una tecnologia che ha un’ampia base nell’energia, nel clima […] e c’è una serie di soluzioni là fuori”, ha spiegato la presidente del Consiglio di amministrazione di Diana, Barbara K. McQuiston. Il progetto Diana mira infatti a creare una rete federata di centri di sperimentazione e acceleratori d’innovazione con il compito di supportare le start up innovative facilitando la cooperazione tra settore privato e realtà militari. “Per me la sicurezza economica e nazionale vanno mano nella mano”, ha proseguito McQuiston, secondo cui bisogna essere in grado di lavorare con gli imprenditori, accelerando i loro business nel dual-use, e allo stesso tempo studiare come queste tecnologie e soluzioni lavoreranno sul campo per molte attività portate avanti dalla Nato, ma anche per l’aiuto umanitario e l’emergenza migratoria. Diana il mese scorso ha aperto i primi uffici a Londra, ma in tale progetto è coinvolto anche il nostro Paese, sarà infatti Torino a ospitare l’acceleratore per il settore aerospaziale.
Etiopia, appello all’Unione Africana per affrontare le debolezze dell’accordo di pace in Tigray
“Un meccanismo di monitoraggio appena rilasciato ha rivelato prove inquietanti che l’accordo sulla cessazione delle ostilità (CoHA) raggiunto otto mesi fa tra il governo federale etiope e il Fronte popolare di liberazione del Tigray (TPLF) è viziato da lacune significative che incidono sulla protezione dei civili.”
Il monitoraggio della società civile, primo nel suo genere, trova inquietanti lacune nell’accordo di pace con il Tigray
Il report “Ethiopia Watch” esorta l’Unione Africana a costruire sullo storico accordo raggiunto a Pretoria otto mesi fa.
10 LUGLIO 2023 – Un meccanismo di monitoraggio appena rilasciato ha rivelato prove inquietanti che l’accordo sulla cessazione delle ostilità (CoHA) raggiunto otto mesi fa tra il governo federale etiope e il Fronte popolare di liberazione del Tigray (TPLF) è viziato da lacune significative che incidono sulla protezione dei civili.
Il meccanismo di monitoraggio, che è la creazione di una coalizione di organizzazioni della società civile regionali e internazionali, ha pubblicato i suoi risultati in un rapporto intitolato Ethiopia Watch: Civil Society Monitor of the Cessation of Hostilities Agreement. Il rapporto raccoglie e analizza i dati provenienti da fonti pubbliche e private, creando una valutazione completa e indipendente dell’accordo di pace mediato dall’Unione africana.
Il rapporto del meccanismo descrive il CoHA come un risultato epocale che ha migliorato la situazione in Etiopia. Ma il rapporto trova, e dettaglia meticolosamente, lacune critiche che derivano sia dalla portata limitata dell’accordo sia dai fallimenti nella sua attuazione.
Il rapporto di 26 pagine viene pubblicato in vista del vertice dell’Unione africana, che si terrà a Nairobi dal 13 al 16 luglio.
“Il rapporto rivela che è pericoloso affermare che l’Etiopia è ora in pace”,
“Il rapporto rivela che è pericoloso affermare che l’Etiopia è ora in pace”, ha affermato Dismas Nkunda , direttore esecutivo di Atrocities Watch Africa, che è un membro della coalizione della società civile che ha istituito il meccanismo . Anche se c’è molto da festeggiare riguardo al processo di pace guidato dall’UA, resta ancora molto lavoro da fare. L’ accordo deve essere pienamente implementato e dotato di risorse. Dovrebbe essere esteso per includere altri attori chiave del conflitto in tutta l’Etiopia. E deve essere ampliato per includere la piena partecipazione dei giovani, delle donne e delle ragazze”.
Le fonti utilizzate per il rapporto, molte delle quali hanno condiviso le loro intuizioni sulla condizione di anonimato, hanno contestato la narrativa predominante secondo cui il conflitto nel Tigray è stato risolto.
Sebbene sia vero che i giorni peggiori della guerra sono passati, le fonti del rapporto indicano le significative lacune evidenziate nel rapporto come prova che la pace è provvisoria, incerta e fragile.
Il rapporto descrive in dettaglio come le truppe eritree rimangano presenti in alcune parti del Tigray, dove sono accusate di aver ucciso civili, aver commesso aggressioni sessuali e perpetrato sparizioni forzate. I gruppi regionali della società civile coinvolti nel meccanismo di monitoraggio invitano il governo federale dell’Etiopia a chiedere espressamente che le forze eritree sul territorio etiope se ne vadano.
Il rapporto descrive come il conflitto sia persistito e intensificato in Amhara e, in misura minore, in Afar, commesso (come nel caso degli attacchi delle truppe eritree) da non firmatari dell’accordo di pace. Il destino della terra politicamente contesa (nel Tigray occidentale e meridionale) non viene affrontato esplicitamente dall’accordo e tuttavia è chiaramente un motore della presunta pulizia etnica in corso nel Tigray occidentale, dell’instabilità e del conflitto nella vicina regione di Amhara.
“I limiti dell’accordo minacciano di vanificare i progressi compiuti finora e gli organi politici dell’Unione africana possono e devono rafforzare l’accordo al fine di garantire una pace sostenibile in Etiopia”, ha affermato Achieng Akena, direttore esecutivo dell’International Refugee Rights Initiative , anche un membro della coalizione della società civile che ha istituito il meccanismo.
Il rapporto rileva che l’articolo 4 del CoHA impegna le parti a condannare qualsiasi atto di violenza sessuale e di genere. Eppure c’è stata poca o nessuna condanna pubblica da parte delle parti della violenza sessuale da parte delle proprie truppe, né degli incidenti verificatisi dopo la firma del CoHA né degli incidenti durante il conflitto. Il rapporto descrive ulteriormente come le donne fossero assenti dalle delegazioni ufficiali delle parti ai colloqui di pace.
“Il livello e la brutalità della violenza di genere commessa da tutte le parti in conflitto rende imperativo che le donne e le ragazze svolgano un ruolo centrale nel processo di pace e in qualsiasi processo di giustizia di transizione”, ha dichiarato Annah Moyo-Kupeta, direttore esecutivo del Centro . per lo studio della violenza e della riconciliazione, anch’esso parte della coalizione della società civile.
Il rapporto rileva una sorprendente mancanza di trasparenza nel lavoro del meccanismo ufficiale di monitoraggio, verifica e conformità dell’UA (AU-MVCM)
Il rapporto rileva una sorprendente mancanza di trasparenza nel lavoro del meccanismo ufficiale di monitoraggio, verifica e conformità dell’UA (AU-MVCM). Il gruppo di monitoraggio dell’UA lavora con poche risorse e un mandato limitato, mostra il rapporto. Allo stesso tempo, i suoi sforzi per ottenere l’accesso alle aree detenute da forze che non fanno parte del CoHA meritano il riconoscimento e il sostegno politico dell’UA.
La coalizione chiede di intensificare la mediazione e il monitoraggio, anche nominando esperti civili in materia di diritti umani e di genere all’AU-MVCM.
“È importante utilizzare la memoria istituzionale e le risorse che il continente e l’Unione Africana hanno a disposizione e dispiegate in situazioni precedenti per risolvere problemi malvagi in passato”, ha affermato Shuvai Busuman Nyoni, direttore esecutivo della leadership Centro africana. “Lascia che l’Africa prenda seriamente in considerazione ciò che ha funzionato, ciò che può essere modificato e vada avanti con decisione e senza riserve”.
Il rapporto esplora la difficile situazione di centinaia di migliaia di sfollati interni (IDP) che hanno urgente bisogno di maggiore sostegno e sicurezza. Gli sfollati interni, che non hanno alcun diritto legale all’istruzione, alla salute, al benessere abitativo e al lavoro, vivono alla mercé degli individui e delle comunità che li aiutano.
La coalizione della società civile raccomanda che il governo federale introduca urgentemente un quadro politico per gli sfollati in tutta l’Etiopia e garantisca loro lo status legale come parte delle misure di riconciliazione nazionale a livello nazionale.
Il rapporto conferma le conclusioni di numerose notizie sulla sistematica dirottamento degli aiuti alimentari da parte delle autorità etiopi e tigrine.
“Il governo federale e il TPLF devono rispettare il loro impegno ai sensi del CoHA di non dirottare gli aiuti e l’assistenza alimentare e dovrebbero entrambi indagare con urgenza sulle segnalazioni persistenti di tale diversione e chiedere conto degli autori”, ha affermato Abdullahi Halakhe, che è l’ Avvocato anziano del Corno Orientale e dell’Africa meridionale con Refugees International.
I leader dell’Unione africana hanno la responsabilità speciale di insistere affinché le parti aderiscano al CoHA e garantire che l’accordo di pace serva da base per accordi futuri e migliori in tutta l’Etiopia, conclude il rapporto.
“Come accordo unico, il CoHA è un inizio positivo per la pace e la riconciliazione in Etiopia”, afferma il rapporto. “Nonostante i suoi successi nel mettere a tacere le armi nel Tigray, il CoHA rappresenta il pavimento, piuttosto che il soffitto, di ciò che può essere raggiunto per gli etiopi. La portata dei futuri accordi deve essere ampliata, se si vuole raggiungere una pace duratura in tutto il paese”.
Note ai redattori
Per intervistare i membri della coalizione della società civile che ha istituito il meccanismo di monitoraggio, si prega di contattare Peter Duffy: peter.duffy@crisisaction.org
FONTE: martinplaut.com/2023/07/10/a-c…
Dal summit Nato di Vilnius al G7 italiano. La partita del fianco Sud
L’invasione russa dell’Ucraina che ha catalizzato buona parte delle energie e degli impegni sulla sicurezza dell’Est Europa. I nuovi membri, Finlandia e tra qualche tempo Svezia, provenienti da Nord. Lo sguardo sempre più attento verso l’Indo-Pacifico. In questo contesto durante il summit Nato di Vilnius, in Lituania, poco spazio è stato dedicato al fianco Sud.
Gli alleati hanno evidenziato nelle dichiarazioni finali che “le sfide interconnesse di sicurezza, demografiche, economiche e politiche” nel vicinato meridionale sono “aggravate dall’impatto del cambiamento climatico, dalla fragilità delle istituzioni, dalle emergenze sanitarie e dall’insicurezza alimentare”. Ciò rende la regione un terreno fertile per gruppi armati, organizzazioni terroristiche, interferenze “destabilizzanti e coercitive” da parte di concorrenti strategici come la Russia e la Cina. Per questo, hanno dato mandato al Consiglio Nord Atlantico di avviare “una riflessione completa e approfondita sulle minacce e le sfide esistenti ed emergenti e sulle opportunità di impegno con i nostri Paesi partner, le organizzazioni internazionali e altri attori rilevanti della regione, da presentare al prossimo vertice del 2024”. Discussione, dunque, rimandata al summit di Washington quando la Nato festeggerà i suoi 75 anni.
E proprio l’anno prossimo la presidenza del G7 sarà dell’Italia, che ha nel vicinato meridionale l’area di maggiore interesse strategico. Il governo Meloni ha annunciato la presentazione a ottobre del Piano Mattei per l’Africa, un progetto di collaborazione “non predatoria” con i Paesi dell’Africa e del Medio Oriente su dossier come migranti ed energia. Rispetto al summit di quest’anno tenutosi a Hiroshima, in Giappone, il vertice che si svolgerà in Puglia aggiungerà un elemento: il rapporto con il Sud Globale, come ha spiegato nelle scorse settimane l’ambasciatore Luca Ferrari, sherpa G7/G20 a Palazzo Chigi.
Per l’Italia una doppia occasione da capitalizzare.
L’Italia, la Nato e la Cina. Il corsivo di Laura Harth
Dalle parole ai fatti. Dovrebbe essere quello il motto del governo Meloni dopo l’ottimo comunicato uscito dal summit Nato di Vilnius, in Lituania. Parole più forti che mai dall’Alleanza transatlantica, non solo sull’invasione russa dell’Ucraina, ma anche sul suo partner “senza limiti” nell’attacco frontale all’ordine internazionale basato sulle regole – la Repubblica popolare cinese. Un Paese nelle grinfie di una dittatura feroce che ormai da tempo cerca di imporre il suo modello per una governance mondiale alternativo a quello dei valori universali ribaditi con fermezza dagli alleati Nato. Un Paese che, come sottolinea il comunicato, non ha nessun remore a mettere in campo tutti gli strumenti politici, economici e militari a sua crescente disposizione per sfidare quello stesso ordine che – il regime malgrado – ha permesso alla sua popolazione di uscire dalla povertà più assoluta. Una dittatura che solo l’altro ieri – a 500 giorni esatti dalla guerra unilaterale scatenata da Mosca sul continente europeo – ha dichiarato di voler approfondire ancora il suo partenariato strategico con la Russia di Vladimir Putin per costruire un nuovo ordine mondiale.
Se non bastasse a convincere coloro che ancora credono nella favolosa operazione di disinformatia di una cosiddetta “soluzione cinese” al conflitto in Ucraina, ricordiamo che negli stessi 500 giorni Xi Jinping e la sua corte del Partito comunista cinese non hanno mai condannato l’invasione illegale russa. Mai. Non solo: hanno e continuano a sostenere lo sforzo bellico russo attraverso l’ampio spargimento della disinformazione dentro e fuori dalla Cina, l’aggiramento delle sanzioni imposte dall’alleanza dei Paesi a sostegno dei principi fondamentali della Carte della Nazioni Unite, e – dulcis in fundo – l’aiuto militare diretto.
Ma se dal comunicato Nato emerge un quadro molto chiaro circa la sfida condivisa dal più grande blocco democratico nella storia dell’umanità, esiste ancora grande opacità su un piano di implementazione concreta dei principi elencati e, ancor di più, sullo stato di preparazione allo scenario di un potenziale conflitto intorno a Taiwan. De-risking è la nuova parola d’ordine imposta con successo dall’Unione europea, ma di fatto – salvo rare eccezioni in alcuni campi ben (e troppo?) circoscritti – sembra mancare una strategia complessiva per preparare l’Italia a uno scontro che in termini economici sarebbe apocalittico rispetto alle già asprissime conseguenze della guerra russa. Sebbene sia vero che negli ultimi anni i vari governi italiani hanno fatto saggio uso incrementale del suo Golden Power per mettere al riparo asset strategici, non è altrettanto chiaro qual è il suo apprezzamento dell’esposizione economica italiana a uno shock simile.
La Repubblica popolare cinese da anni sta lavorando sul suo cosiddetto piano di doppia circolazione, che mira a isolare il suo mercato domestico da shock esterni – come le indubbie sanzioni nel caso di una invasione di Taiwan – mentre al contempo cerca di accrescere la sua leva economica esterna per creare dipendenze strategiche e aumentare la sua influenza come ribadisce il comunicato Nato. Precedenti governi italiani sono caduti nella trappola di tale strategia, come evidenziato dalla disastrosa sottoscrizione del memorandum d’intesa sulla Via della Seta, un accordo politico che certamente non ha aiutato a mettere in guardia il mondo imprenditoriale italiano sui rischi dello crescente scontro geopolitico cercato da Pechino.
Il continuo tentennare dell’attuale governo sulla continuazione o meno di quell’accordo certamente non è utile a preparare meglio la società italiana sulle conseguenze di quanto descritto dal summit di Vilnius. Facile immagine le forti pressioni da Pechino o dal mondo imprenditoriale italiano per “non agire in modo che possa far infuriare la Cina”. Serve proprio a quello la famosa leva economica. Ma un governo responsabile, che ha gli occhi ben aperti sulla sfida cinese come emerge dalla sottoscrizione del comunicato Nato, ha l’obbligo di superare le ambiguità del passato. Occorre prepararci al peggio ora per resistere meglio quando arriva. Da chi ha interessi privati diretti in Cina alla società italiana intera.
Lo stesso compito spetta al parlamento, maggioranza e opposizione. Dopo Vilnius, sarebbe più che opportuno che i parlamentari cominciassero a interrogare il governo apertamente non solo sulla questione della Via della Seta, ma anche sull’esposizione economica complessiva del Paese. Quante aziende sono a rischio nel caso di un conflitto e le conseguenti sanzioni? Come sta, se lo sta facendo, il governo comunicando tali rischi con il settore? Quali politiche intende mettere in campo per accrescere la loro comprensione del e resilienza al rischio? Come, sempre se, si stanno preparando le aziende stessi? Per l’interesse dell’Italia: dalle parole ai fatti. Ora.
Pirates welcome new manufacturing rules
Today, the European Parliament will adopt its position on the Ecodesign regulation for the trilogue negotiations with the Council. MEPs drafted a law that will establish new manufacturing rules for e.g. tech and fashion companies, aiming to significantly reduce the environmental impact by setting circular design criteria on most consumer goods in the EU. Pirate Party Members of the European Parliament, active proponents of the ‘right to repair’ directive which pursues similar circular economy targets, welcome the mandate.
Patrick Breyer, Member of the European Parliament for the German Pirate Party, comments:“Consumers stand to benefit immensely from this legislation. We want to ban planned obsolescence particularly for digital consumer goods. Manufacturers must not be allowed to limit the lifetime of a product to maximise profits. According to our mandate, manufacturers will also need to make available software updates and cannot simply run away from their products. Consumers will have access to repair guidelines, not only mechanics. As consumers in the digital age, we should have a right to control, repair and modify the technology that shapes our lives – this is our conviction as Pirates.”
Marcel Kolaja, Member and Quaestor of the European Parliament for the Czech Pirate Party and Member of the Committee on the Internal Market and Consumer Protection, comments:
“Unfortunately, it’s not uncommon to throw away a product that still works and we would prefer continue using it. However, a repair of a minor flaw would be too expensive. We may have gotten used to it, but it’s a problem worth addressing. Both because of our wallets and because of the environmental impact. Ban on products that are faulty “by design” and compliance with ecodesign requirements such as affordable and accessible repair will save every European family between €650 and €1800 every year. And the benefits for our environment will be priceless. Another important aspect of the legislation is the ban on the disposal of functional but unsold products, such as electronic and textiles. This kind of wasteful behavior happens with the sole aim of not reducing market prices and it is unacceptable. Even more so at a time when we are hearing calls from the same producers for more sensible ways of consuming, as a way of their greenwashing techniques.”
GHAJAR. Vite sospese al confine tra Libano e Israele
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di Michele Giorgio –
(Articolo pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto)
Pagine Esteri, 12 luglio 2023. Una vita sospesa, senza sapere se Ghajar tornerà un giorno sotto il controllo di Damasco, come vorrebbero i suoi abitanti alawiti che si sentono siriani, se, almeno per metà, sarà parte in modo permanente del Libano o se invece, come sembra in questi giorni, resterà tutto sotto l’autorità di Israele. È questa la condizione di questo villaggio al confine tra il Libano e le alture siriane del Golan, attraversato dalla Linea Blu tracciata nel 2000 dall’Onu e abitato da duemila persone che Israele, alzando nei giorni scorsi una recinzione, ha voluto mettere sotto la sua sovranità (che l’Onu riconosce solo a metà). La vicenda è passata quasi inosservata perché i riflettori la settimana passata sono rimasti puntati sull’invasione israeliana del campo profughi di Jenin, in Cisgiordania. Ed è emersa per lo scontro a fuoco lungo il confine – lancio di un razzo da parte di (pare) uomini di Hamas in Libano e reazione dell’artiglieria israeliana – avvenuto il 5 luglio. Una fiammata preceduta dalla mossa del movimento sciita Hezbollah di allestire due tende di osservazione nell’area delle colline di Kfar Shuba e delle fattorie di Shebaa occupate da Israele.
In sostanza gli israeliani hanno messo in discussione la demarcazione del confine terrestre fatta dall’Onu allo scopo di fare pressione su Hezbollah. Con i suoi avamposti «militari avanzati» nell’area delle fattorie di Shebaa, il movimento sciita libanese ha voluto riaffermare la sua resistenza armata e la legittimità del suo arsenale per la liberazione di quel fazzoletto di terra occupato da Israele rivendicato da Beirut sebbene sia considerato siriano dalla comunità internazionale. Il confine israelo-libanese da alcuni mesi vive una crescente tensione, in conseguenza della riconciliazione tra Iran e Arabia saudita, per decenni i principali giocatori sullo scacchiere politico interno libanese. La svolta ha complicato i piani di Tel Aviv di creare una coalizione araba a guida israeliana contro l’Iran. E ha dato agli alleati di Teheran nella regione, a cominciare da Hezbollah, maggior riconoscimento e legittimità di azione con riflessi immediati sul terreno. La leadership di Hezbollah intende unificare l’«asse della resistenza», dai Pasdaran (Guardie rivoluzionarie iraniane) alle fazioni armate palestinesi. Perciò, durante le recenti offensive militari israeliane in Cisgiordania e Gaza, si è detto pronta a sostenere la lotta armata palestinese. Ad aprile Hezbollah ha lanciato razzi verso il territorio israeliano e a giugno ha tenuto una esercitazione militare su vasta scala a Kfar Shuba. Quindi la scorsa settimana i combattenti sciiti hanno abbattuto un drone israeliano che aveva violato lo spazio aereo libanese.
Israele ha replicato inviando i suoi bulldozer oltre la recinzione tecnica e la Linea Blu a Houla e i suoi soldati hanno sparato proiettili di gomma e lanciato granate stordenti e lacrimogeni contro i civili libanesi che protestavano. Infine, è cominciata la battaglia della comunicazione. La stampa israeliana ha riferito che Hezbollah ha rimosso uno dei suoi avamposti militari a Kfar Shuba a seguito delle pressioni della comunità internazionale. L’Unifil, il contingente di interposizione dell’Onu sulla Linea Blu non è stato in grado di confermare. Il portavoce del movimento sciita ha negato: «Gli avamposti sono ancora dove dovrebbero essere e intendiamo persino aumentarne il numero in base alle esigenze della resistenza». Giovedì scorso Hezbollah ha esortato il governo e tutti i libanesi ad agire per impedire un insediamento israeliano permanente nella parte settentrionale di Ghajar. Gli abitanti del villaggio sono divisi. Quelli, nella zona nord, invocano la piena sovranità libanese e quelli, nella parte meridionale, che preferiscono restare almeno per ora con Israele, per ragioni di lavoro.
La disputa territoriale è iniziata nel 2000 quando Israele si è ritirato dal sud del Libano dopo 22 anni di occupazione, decidendo però di mantenere il controllo di una porzione del villaggio. Dopo 23 anni, la questione si è riaperta completamente e rischia di essere la scintilla di una nuova guerra tra Israele e Hezbollah. L’Unifil è presa tra due fuochi. Il suo mandato dovrà essere rinnovato dall’Onu ad agosto. Israele e Usa premono affinché i caschi blu svolgano un azione di contrasto di Hezbollah non prevista però dai compiti dei soldati delle Nazioni unite, in buona parte italiani.
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WaveMakers la serie che ha dato il via a un’ondata MeToo a Taiwan
WaveMakers, serie Netflix uscita nel 2023, racconta le vicissitudini dell'ufficio stampa di un partito politico taiwanese, impegnato nella campagna elettorale per le elezioni presidenziali. Al centro della vicenda vi è la storia di una ragazza dell'ufficio stampa del partito, che accusa un collega di molestie sessuali. WaveMakers ha rafforzato il movimento #MeToo a Taiwan. Articolo realizzato in collaborazione con Gariwo - La Foresta dei Giusti
L'articolo WaveMakers la serie che ha dato il via a un’ondata MeToo a Taiwan proviene da China Files.
In Cina e Asia – Summit Nato: "Pechino minaccia l’ordine internazionale”
I titoli di oggi:
Summit Nato: "La Cina minaccia l'ordine internazionale"
Thailandia: il premier ed ex generale golpista Prayut annuncia di volersi ritirare dalla politica
Taiwan, pronta esercitazione di evacuazione su larga scala
Bulgari si scusa con Pechino per aver separato la Rpc da Taiwan sul proprio sito
Tik Tok, senatore Usa: il "lobbying aggressivo di Pechino sta rallentando la corsa al RestrictAct"
Allarme talenti, le aziende cinesi cercando di "riprendersi" i cittadini all'estero
Clima, piogge record causano morti e danni in tutta l'Asia
L'articolo In Cina e Asia – Summit Nato: “Pechino minaccia l’ordine internazionale” proviene da China Files.
“L’uomo e l’intelligenza artificiale tra scienza, etica e diritto”
Oggi a partire dalle ore 18,30 parteciperò con Gianluigi Ciacci e Paolo Galdieri all’incontro “L’uomo e l’intelligenza artificiale tra scienza, etica e diritto” organizzato dell’Associazione Culturale International Horizon, via degli Uffici del Vicario 43, Roma Qui il link completo alle informazioni internationalhorizon.it/2023/0…
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Difesa, investimenti e migranti. Patto da 30 miliardi tra Meloni ed Erdogan
Quota trenta. È l’obiettivo italo-turco relativo all’interscambio commerciale tra i due paesi, scaturito tra le altre cose, dall’incontro bilaterale a margine del Vertice Nato di Vilnius tra il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il Presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan. Il faccia a faccia tra i due leader, accompagnati dalle delegazioni, è durato circa 50 minuti, a conferma degli intensi rapporti tra i due Paesi. Focus su difesa, investimenti e migranti.
Scambi
Punto di partenza la relazione solida alla voce difesa, che rende l’asse tra Italia e Turchia intenso: l’obiettivo di un ulteriore slancio nei rapporti economici, per arrivare a un interscambio di 30 miliardi di euro, rappresenta l’impegno comune. Esattamente un anno fa l’allora premier Mario Draghi siglò ad Ankara ben nove accordi di cooperazione in diversi ambiti in occasione del terzo vertice intergovernativo, dopo quelli datati 2008 e 2012. L’Italia è il quarto partner commerciale della Turchia, inoltre Roma e Ankara, in qualità di potenze regionali, condividono interessi comuni nel bacino del Mediterraneo su cui provano ad incidere in aree connesse come Libia, Afghanistan e Libano.
Mediterraneo
Da un lato Giorgia Meloni ha posto l’accento sulla strategia complessiva per il Mediterraneo e il contrasto all’immigrazione clandestina, coagulatasi nel Piano Mattei e ha confermato l’interesse alla collaborazione in diversi settori. Dall’altro appare evidente che, al momento, un dossier su tutti spicca tra i due paesi: la Libia.
L’Italia da tempo sta costruendo uno sforzo diplomatico al fine di offrire supporto alla stabilizzazione istituzionale del paese, con l’auspicio che si tengano al più presto elezioni politiche libere e regolari e parallelamente con Eni svolge un ruolo ormai certificato.
La Turchia continua nelle sue interlocuzioni con il governo locale, al fine di restare centrale nell’area: lo dimostra il recente annuncio del ministro libico del petrolio e del gas, Mohamed Aoun, riguardo al fatto che le società turche sono partner prioritari per la ricerca sismica in Libia, citando la vicinanza geografica e l’esperienza della Turchia nel settore. Più in generale, l’intero versante che va da Gibilterra a Cipro è attraversato da zone economiche esclusive valutate come una straordinaria opportunità commerciale.
Energia
Anche se non è stato ufficialmente oggetto del vertice, il dossier energetico è di fatto uno dei maggiori punti all’interno delle politiche mediterranee che riguardano le relazioni fra i due paesi. Va ricordato che la capacità del Trans-Anatolian Natural Gas Pipeline (Tanap) che trasporta il gas naturale dall’Azerbaigian alla Turchia e poi in Europa, è stata rafforzata contribuendo non solo alla partnership energetica tra Ankara e Baku ma facendo della Turchia un punto di riferimento. Quest’anno i dati elle esportazioni parlano di 22,2 miliardi di metri cubi di gas attraverso il gasdotto, di cui 10,2 bcm destinati alla Turchia e 12 bcm all’Europa.
Il combinato disposto tra il Baku-Tbilisi-Erzurum, il Tanap e il Tap, è di 40 miliardi di dollari, proprio al fine di aumentare la diversificazione delle risorse dell’Europa alla voce gas naturale. Secondo i dati diffusi dal “Natural Gas Market 2022 Sector Report” dell’Autorità turca di regolamentazione del mercato energetico le spedizioni di gas dall’Azerbaigian alla Turchia quest’anno accusano un aumento di circa 1,5 miliardi di metri cubi rispetto a 12 mesi fa.
PRIVACYDAILY
#38 / Geopolitica dei dati e coincidenze
Stati Uniti e Unione Europea hanno fatto pace
La notizia della settimana è che la Commissione Europea ha adottato una decisione di adeguatezza per il nuovo accordo internazionale per il trasferimento di dati verso gli Stati Uniti: lo EU-US Data Privacy Framework, che ha sostituito il Privacy Shield.
Dice la Commissione che ora le aziende europee potranno esportare dati verso gli Stati Uniti, come facevano fino al 2020, senza doversi preoccupare di adottare particolari misure di sicurezza per la salvaguardia dei nostri interessi.
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Il motivo di questo rinnovato amore dopo anni di guerra fredda sui dati — di cui anche chatGPT fu vittima recente — è che gli Stati Uniti avrebbero previsto delle misure di salvaguardia per i diritti dei cittadini europei, inclusa la limitazione dell’accesso ai nostri dati da parte dell’intelligence statunitense.
Eh sì, perché nel 2020 abbiamo deciso che esportare dati verso gli Stati Uniti era illegale proprio a causa di una sentenza della Corte di Giustizia Europea che dopo una causa lunga quasi 10 anni decise che le attività di sorveglianza di massa dell’intelligence statunitense erano troppo pervasive e penetranti per poter anche solo sperare di proteggere i diritti e interessi dei cittadini europei.
Abbiamo passato gli ultimi 3 anni a fare terrorismo psicologico alle aziende, con tanto di sanzioni del Garante Privacy, ma si scherzava: col nuovo pezzo di carta magico firmato da Biden e dalla Von der Leyen ora siamo tutti di nuovo al sicuro e i nostri dati potranno liberamente transitare verso i nostri padr… ehm — alleati: gli Stati Uniti.
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BRITcoin sarà uno strumento di controllo dell’immigrazione?
Britcoin, il nome con cui è conosciuto amichevolmente il progetto inglese di CBDC (Central Bank Digital Currency) — da non confondersi con Bitcoin — potrebbe essere collegato a un sistema di age check e nationality check automatizzati1.
In altre parole, questa nuova versione della Sterlina potrebbe essere programmabile in modo tale da bloccare l’acquisto di prodotti vietati ai minori di 18 anni o magari applicare condizioni di utilizzo diverse in base alla nazionalità. Magari potrebbero essere previsti limiti temporali per l’uso della CBDC nazionale da parte dei turisti o di tutti coloro che per qualche motivo si trovano in UK senza avere la cittadinanza.
La programmabilità è una caratteristica funzionale di molti progetti di CBDC, e la Bank of Englad non ha mai fatto mistero della volontà di approfondire proprio questo aspetto. I soldi del futuro potrebbero diventare un’importante arma geopolitica, ancora più di adesso.
Facebook era un progetto del Pentagono?
Noi ci fidiamo degli Stati Uniti perché sono nostri grandi amiconi, ma non dimentichiamo che hanno da sempre avuto il pallino della sorveglianza di massa.
Parliamo ad esempio di un peculiare progetto finanziato nel 2003 dalla US Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), che aveva lo scopo di creare una piattaforma pubblica per la raccolta massiva di dati personali utili ad allenare algoritmi di intelligenza artificiale.
Il progetto si chiamava “LifeLog” e l’idea era molto semplice: creare uno strumento — una sorta di diario elettronico — che permettesse alle persone di registrare digitalmente la loro vita: spostamenti, conversazioni, letture, relazioni, acquisti e molto altro.
"LifeLog will be able … to infer the user’s routines, habits and relationships with other people, organizations, places, and objects," the pamphlet explained, "and to exploit these patterns to ease its task."2
Inspiegabilmente DARPA chiuse però i rubinetti al progetto LifeLog poco meno di un anno dopo la sua nascita, precisamente a febbraio 2004…
Per una assoluta coincidenza, proprio in quegli stessi giorni veniva fondato Facebook.
Stasera webinar su privacy, sicurezza e hard-wallet
Se possiedi un Ledger o un altro hard wallet potrebbe interessarti il webinar di stasera organizzato da Etherevolution, in cui si parlerà di privacy, sicurezza e hard wallet.
Spiegheranno come evitare rischi, le caratteristiche ottimali, le vulnerabilità e l'importanza di agire responsabilmente ed evitare scorciatoie quando si tratta della sicurezza dei propri fondi.
Parteciperò anch’io, anche se solo come ospite.
Per chi volesse iscriversi: questo è il link.
Meme del giorno
Citazione del giorno
“In the West, we have been withdrawing from our tradition-, religion- and even nation-centred cultures, partly to decrease the danger of group conflict. But we are increasingly falling prey to the desperation of meaninglessness, and that is no improvement at all.”
Jordan B. Peterson
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Open Letter: Commissioner Reynders asked to correct unacceptable accusations against NGOs
Lettera aperta: Il Commissario Reynders chiede di correggere le accuse inaccettabili contro le ONG Il commissario europeo Reynders ha ripetutamente attaccato le "organizzazioni non profit" come la noyb, sostenendo che esse portano i casi davanti alla CGUE come "modello di business".
A proposito di Zeri, ricordiamo il grande Federico
Federico Zeri (Roma, 12 agosto 1921 – Mentana, 5 ottobre 1998) è stato uno storico dell'arte e critico d'arte italiano.
Ricordiamo chi ha inventato lo Zero
मुक्त ज्ञानकोश विकिपीडिया से
शून्य
Estela C de Tres Zapotes.jpg
ईपीआई-ओल्मेक स्क्रिप्ट।
शून्य (०) एक अंक है जो संख्याओं के निरूपण के लिये प्रयुक्त आजकी सभी स्थानीय मान पद्धतियों का अपरिहार्य प्रतीक है। इसके अलावा यह एक संख्या भी है। दोनों रूपों में गणित में इसकी अत्यन्त महत्वपूर्ण भूमिका है। पूर्णांकों तथा वास्तविक संख्याओं के लिये यह योग का तत्समक अवयव है।
ग्वालियर दुर्ग में स्थित एक छोटे से मन्दिर की दीवार पर शून्य (०) उकेरा गया है जो शून्य के लेखन का दूसरा सबसे पुराना ज्ञात उदाहरण है। यह शून्य आज से लगभग १५०० वर्ष पहले उकेरा गया था।[1]
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In Cina e Asia – Al via il summit Asean di Jakarta
I titoli di oggi:
Al via il summit Asean di Jakarta
Il Sud-Est asiatico contro le bombe a grappolo Usa dirette in Ucraina
Isole Salomone, la partnership con la Cina è ora ufficiale
Via Yellen, Xi incontra la portavoce del Consiglio russo
A cena con Yellen, i netizen cinesi criticano le donne che hanno condiviso l'esperienza sui social
India e chip, Foxconn si ritira dalla joint venture con Vedanta
L'articolo In Cina e Asia – Al via il summit Asean di Jakarta proviene da China Files.
La Commissione europea assegna il terzo round ai trasferimenti di dati UE-USA alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea
Nuovo Trans-Atlantic Data Privacy Framework in gran parte una copia di "Privacy Shield". #noyb contesterà la decisione.
Il terzo tentativo della Commissione europea di ottenere un accordo stabile sui trasferimenti di dati UE-USA tornerà probabilmente alla Corte di giustizia (CGUE) nel giro di pochi mesi. Il presunto "nuovo" Trans-Atlantic Data Privacy Framework è in gran parte una copia del fallito "Privacy Shield". Nonostante gli sforzi di pubbliche relazioni della Commissione europea, ci sono pochi cambiamenti nella legge statunitense o nell'approccio adottato dall'UE. Il problema fondamentale con FISA 702 non è stato affrontato dagli Stati Uniti, in quanto gli Stati Uniti continuano a ritenere che solo le persone statunitensi siano degne di diritti costituzionali
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L’Atlantico «orientale»: accordi con Tokyo e Seul
Al summit della Nato anche i rappresentanti del gruppo Ap4. Verso l'annuncio due documenti di cooperazione con Giappone e Corea del sud, sarà invece rinviata la decisione sull'apertura di un ufficio a Tokyo
L'articolo L’Atlantico «orientale»: accordi con Tokyo e Seul proviene da China Files.
Perché in ufficio c'è stato un trillo in tutti i cellulari tranne il mio 😑
European Commission gives EU-US data transfers third round at CJEU
La Commissione europea concede il terzo round ai trasferimenti di dati tra UE e USA presso la CGUE La Commissione europea annuncia il terzo "Safe Harbor", senza modifiche sostanziali. noyb riporterà la terza decisione di adeguatezza alla CGUE.
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Come uccidere una rete decentralizzata (come il Fediverso)
di Ploum il 2023-06-23
In questo articolo molto interessante, Lionel Dricot ricostruisce la strategia dei #Gafam che sta dietro all'operazione Threads di Meta.
Un grosso grazie all'autore.
Buona lettura
L'anno è il 2023. L'intera Internet è sotto il controllo dell'impero GAFAM. Tutto? Beh, non del tutto. Perché alcuni piccoli villaggi stanno resistendo all'oppressione. E alcuni di questi villaggi hanno iniziato ad aggregarsi, formando il "Fediverso".
Con i dibattiti su Twitter e Reddit, il Fediverso ha iniziato a guadagnare fama e attenzione. La gente ha iniziato a usarlo davvero. L'impero ha cominciato ad accorgersene.
Capitalisti contro la concorrenza
Come ha detto Peter Thiel, uno dei principali investitori di Facebook: "La concorrenza è per i perdenti". Già, questi pseudo "il mercato ha sempre ragione" non vogliono un mercato quando ci sono dentro. Vogliono un monopolio. Fin dalla sua nascita, Facebook è stato molto attento a uccidere ogni concorrenza. Il modo più semplice per farlo è stato quello di acquistare le aziende che un giorno avrebbero potuto diventare dei concorrenti. Instagram e WhatsApp, per citarne alcune, sono state acquistate solo perché il loro prodotto attirava utenti e poteva gettare un'ombra su Facebook.
Ma il Fediverso non può essere comprato. Il Fediverso è un gruppo informale di server che discutono attraverso un protocollo (ActivityPub). Questi server possono anche eseguire software diversi (Mastodon è il più famoso, ma ci possono essere anche Pleroma, Pixelfed, Peertube, WriteFreely, Lemmy e molti altri).
Non si può comprare una rete decentralizzata!
Ma c'è un altro modo: renderla irrilevante. Questo è esattamente ciò che Google ha fatto con XMPP.
Come Google è entrato a far parte della federazione XMPP
Alla fine del XX secolo, i programmi di messaggeria istantanea (IM) erano di gran moda. Uno dei primi di grande successo fu ICQ, seguito rapidamente da MSN messenger. MSN Messenger era il Tiktok dell'epoca: un mondo in cui gli adolescenti potevano trascorrere ore e giorni senza adulti.
Poiché MSN faceva parte di Microsoft, Google ha voluto fargli concorrenza e nel 2005 ha presentato Google Talk, includendolo nell'interfaccia di Gmail. Ricordiamo che all'epoca non esistevano smartphone e pochissime applicazioni web. Le applicazioni dovevano essere installate sul computer e l'interfaccia web di Gmail era innovativa. MSN a un certo punto è stato persino fornito in bundle con Microsoft Windows ed era davvero difficile rimuoverlo. La creazione della chat di Google con l'interfaccia web di Gmail era un modo per essere ancora più vicini ai clienti rispetto a un software integrato nel sistema operativo.
Mentre Google e Microsoft lottavano per conquistare l'egemonia, gli appassionati di software libero cercavano di costruire una messaggistica istantanea decentralizzata. Come la posta elettronica, XMPP era un protocollo federato: più server potevano dialogare tra loro attraverso un protocollo e ogni utente si connetteva a un particolare server attraverso un client. Quell'utente poteva poi comunicare con qualsiasi utente su qualsiasi server utilizzando qualsiasi client. Questo è ancora il modo in cui ActivityPub e quindi il Fediverso funzionano.
Nel 2006, Google talk è diventato compatibile con XMPP. Google stava prendendo seriamente in considerazione XMPP. Nel 2008, mentre ero al lavoro, squillò il telefono. In linea, qualcuno mi disse: "Salve, siamo di Google e vogliamo assumerla". Ho fatto diverse telefonate e si è scoperto che mi avevano trovato attraverso la dev-list di XMPP.Stavano cercando degli amministratori di sistema per XMPP.
Quindi Google stava davvero adottando la federazione. Non era geniale? Significava che, improvvisamente, ogni singolo utente di Gmail diventava un utente XMPP. Questo non poteva che essere un bene per XMPP, giusto? Ero estasiato.
Come Google ha ucciso XMPP
Naturalmente, la realtà era un po' meno brillante. Innanzitutto, nonostante la collaborazione per lo sviluppo dello standard XMPP, Google stava realizzando una propria implementazione chiusa che nessuno poteva controllare. Si è scoperto che non sempre rispettavano il protocollo che stavano sviluppando. Non stavano implementando tutto. Questo ha costretto lo sviluppo di XMPP a rallentare, ad adattarsi. Nuove funzionalità interessanti non sono state implementate o non sono state utilizzate nei client XMPP perché non erano compatibili con Google Talk (gli avatar hanno impiegato moltissimo tempo per arrivare su XMPP). La federazione a volte si interrompeva: per ore o giorni non era possibile comunicare tra i server Google e i server XMPP regolari. La comunità XMPP fungeva da osservatrice e debugger dei server di Google, segnalando le irregolarità e i tempi di inattività (io l'ho fatto più volte, e questo è probabilmente il motivo dell'offerta di lavoro).
E poiché gli utenti di Google Talk erano molto più numerosi dei "veri utenti XMPP", c'era poco spazio per "non preoccuparsi degli utenti di Google Talk". I nuovi arrivati che scoprivano XMPP e non erano utenti di Google Talk avevano un'esperienza molto frustrante perché la maggior parte dei loro contatti erano utenti di Google Talk. Pensavano di poter comunicare facilmente con loro, ma in realtà si trattava di una versione degradata di ciò che avevano quando usavano Google Talk. Un tipico gruppo di utenti XMPP era composto principalmente da utenti di Google Talk e da alcuni geek.
Nel 2013, Google ha capito che la maggior parte delle interazioni XMPP avveniva comunque tra utenti di Google Talk. Non gli interessava rispettare un protocollo che non controllava al 100%. Quindi ha staccato la spina e ha annunciato che non sarebbe più stato federato. E ha iniziato una lunga ricerca per creare un servizio di messaggistica, a partire da Hangout (a cui sono seguiti Allo, Duo e poi ho perso il conto).
Come previsto, nessun utente di Google ha battuto ciglio. In effetti, nessuno di loro se n'è accorto. Nel peggiore dei casi, alcuni dei loro contatti sono diventati offline. Tutto qui. Ma per la federazione XMPP è stato come se la maggior parte degli utenti fosse improvvisamente scomparsa. Persino gli irriducibili fanatici di XMPP, come il vostro servitore, hanno dovuto creare account Google per mantenere i contatti con gli amici. Ricordate: per loro eravamo semplicemente offline. Era colpa nostra.
Sebbene XMPP esista ancora e sia una comunità molto attiva, non si è mai ripreso da questo colpo. Le aspettative troppo alte sull'adozione da parte di Google hanno portato a un'enorme delusione e a una silenziosa caduta nell'oblio. XMPP è diventato di nicchia. Così di nicchia che quando le chat di gruppo sono diventate di moda (Slack, Discord), la comunità del software libero le ha reinventate (Matrix) per competere mentre le chat di gruppo erano già possibili con XMPP. (Disclaimer: non ho mai studiato il protocollo Matrix, quindi non ho idea di come si comporti tecnicamente rispetto a XMPP. Credo semplicemente che risolva lo stesso problema e competa nello stesso spazio di XMPP).
XMPP sarebbe diverso oggi se Google non vi avesse mai aderito o non fosse mai stato considerato come parte di esso? Nessuno può dirlo. Ma sono convinto che sarebbe cresciuto più lentamente e, forse, in modo più sano. Che sarebbe più grande e più importante di oggi. Che sarebbe stata la piattaforma di comunicazione decentralizzata di default. Una cosa è certa: se Google non avesse aderito, XMPP non sarebbe peggiore di quello che è oggi.
Non è stata la prima volta: la strategia di Microsoft
Quello che Google ha fatto a XMPP non è una novità. Infatti, nel 1998, l'ingegnere Microsoft Vinod Vallopllil scrisse esplicitamente un testo intitolato "Blunting OSS attacks" in cui suggeriva di "differenziare (de-commoditize) i protocolli e le applicazioni [...]. Estendendo questi protocolli e sviluppandone di nuovi, possiamo impedire ai progetti OSS di entrare nel mercato".
Microsoft ha messo in pratica questa teoria con il rilascio di Windows 2000, che supportava il protocollo di sicurezza Kerberos. Ma il protocollo è stato esteso. Le specifiche di tali estensioni potevano essere scaricate liberamente, ma era necessario accettare una licenza che vietava di implementare tali estensioni. Non appena si cliccava su "OK", non si poteva lavorare su nessuna versione open source di Kerberos. L'obiettivo era esplicitamente quello di uccidere qualsiasi progetto di rete concorrente, come Samba.
Questo aneddoto è stato raccontato da Glyn Moody nel suo libro "Rebel Code" e dimostra che l'uccisione di progetti open source e decentralizzati è un obiettivo davvero consapevole. Non accade mai a caso e non è mai causato dalla sfortuna.
Microsoft ha utilizzato una tattica simile per assicurarsi il dominio nel mercato dell'office con Microsoft Office, utilizzando formati proprietari (un formato di file può essere visto come un protocollo per lo scambio di dati). Quando le alternative (OpenOffice e poi LibreOffice) sono diventate abbastanza brave ad aprire i formati doc/xls/ppt, Microsoft ha rilasciato un nuovo formato che ha definito "aperto e standardizzato". Il formato era, di proposito, molto complicato (20.000 pagine di specifiche!) e, soprattutto, sbagliato. Sì, sono stati introdotti alcuni bug nelle specifiche, il che significa che un software che implementa il formato OOXML completo si comporta in modo diverso da Microsoft Office.
Questi bug, insieme alle pressioni politiche, sono stati uno dei motivi che hanno spinto la città di Monaco a tornare indietro dalla migrazione verso Linux. Quindi sì, la strategia funziona bene. Oggi, docx, xlsx e pptx sono ancora la norma. Fonte: Ero presente, indirettamente pagato dalla città di Monaco per rfar sì che il rendering di LibreOffice OOXML fosse più simile a quello di Microsoft invece di seguire le specifiche.
AGGIORNAMENTO:
Questa tattica ha persino una pagina di Wikipedia
Meta e il Fediverso
Chi non conosce la storia è destinato a ripeterla. Il che è esattamente ciò che sta accadendo con Meta e il Fediverso.
Si dice che Meta diventerà "compatibile con Fediverso". Potrete seguire le persone su Instagram dal vostro account Mastodon.
Non so se queste voci abbiano un fondo di verità, se sia possibile che Meta prenda in considerazione l'idea. Ma una cosa mi ha insegnato la mia esperienza con XMPP e OOXML: se Meta si unisce al Fediverso, Meta sarà l'unico a vincere. In effetti, le reazioni mostrano che stanno già vincendo: il Fediverso è diviso tra il bloccare Meta o meno. Se ciò accadesse, significherebbe un mediverso a due livelli, frammentato e frustrante, con poca attrattiva per i nuovi arrivati.
AGGIORNAMENTO: Queste voci sono state confermate: almeno un amministratore di Mastodon, kev, di fosstodon.org, è stato contattato per partecipare a un incontro ufficioso con Meta. Ha avuto la migliore reazione possibile: ha rifiutato gentilmente e, soprattutto, ha pubblicato l'e-mail per essere trasparente con i suoi utenti. Grazie kev!
• Mail di Meta a Kev, da Fosstodon, e risposta
So che tutti sogniamo di avere tutti i nostri amici e familiari sul Fediverso, in modo da evitare completamente le reti proprietarie. Ma il Fediverso non cerca il dominio del mercato o il profitto. Il Fediverso non cerca la crescita. Offre un luogo di libertà. Le persone che si uniscono al Fediverso sono quelle che cercano la libertà. Se le persone non sono pronte o non cercano la libertà, va bene. Hanno il diritto di rimanere su piattaforme proprietarie. Non dovremmo costringerle a entrare nel Fediverso. Non dovremmo cercare di includere il maggior numero di persone a tutti i costi. Dovremmo essere onesti e fare in modo che le persone si uniscano al Fediverso perché condividono alcuni dei valori che lo animano.
Competendo contro Meta nella cervellotica ideologia della crescita a tutti i costi, siamo certi di perdere. Loro sono i maestri di questo gioco. Stanno cercando di portare tutti nel loro campo, per far sì che le persone competano contro di loro usando le armi che vendono.
Il Fediverso può vincere solo mantenendo la sua posizione, parlando di libertà, morale, etica, valori. Avviando discussioni aperte, non commerciali e non campate in aria. Riconoscendo che l'obiettivo non è vincere. Non è aderire. L'obiettivo è rimanere uno strumento. Uno strumento dedicato a offrire un luogo di libertà agli esseri umani connessi. Qualcosa che nessuna entità commerciale potrà mai offrire.
Testo originale: https://ploum.net/2023-06-23-how-to-kill-decentralised-networks.html
Distribuito con licenza Creative Commons BY-SA
Traduzione italiana: framapiaf.org/@nilocram
• Illustrazione di David Revoy
• Traduction en Français par Nicolas Vivant
• Traducción Española de Matii
• Deutsche Übersetzung von Janet und anderen
#Fediverso #Fediverse #Gafam #XMPP #Mastodon #SoftwareLibero
@Informa Pirata @Scuola - Gruppo Forum @Devol :fediverso: @maupao
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Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ likes this.
Ma in definitiva io sono per semplificare e secondo me i progetti minori dovrebbero approffittare dell'enorme popolarità di mastodon.
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Feddit: come può un utente #Mastodon seguire una comunità #Lemmy? Quali sono le comunità italiane nate dopo l'esplosione della redditmigration? Quali sono quelle nate prima? Si può aprire un nuovo thread da Mastodon?
Tutte le risposte nel post linkato (qui leggibile su feddit)
Ministero dell'Istruzione
#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta la Scuola primaria “Padre Pio da Pietrelcina” di Valmontone, a pochi chilometri dalla Capitale.Telegram
Godflesh - Purge
@Musica Agorà iyezine.com/godflesh-purge
Conoscere ADHD
Conoscere ADHD è importante, in particolare per gli insegnanti, e la sanità pubblica deve essere dalla parte delle famiglie rilasciando le certificazioni in tempi brevi
Aiuta Alberto Vallortigara a far crescere questa petizione! 🚀
Certi bambini non dovrebbero neanche nascereChange.org
Pubblicata la ricerca INDIRE su libri di testo e contenuti didattici digitali.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola Pubblicata la ricerca INDIRE su libri di testo e contenuti didattici digitali.Telegram
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Beat!
Ecco un altro libro di quelli che suonano - questo però oltre che suonare, urla pure, protesta e soprattutto cerca di difendersi.
Dentro ci sono "quei ragazzi e ragazze che nella metà degli anni Sessanta hanno desiderato la libertà totale al posto dell'ipocrisia e la dignità umana al posto dell'arrivismo". Quelli che hanno anticipato le grandi rivolte del Sessantotto, quelli che "hanno trovato l'anarchia sulla loro strada, spesso senza saperlo, spesso senza alcun filo diretto con quel movimento, pur parlando la stessa lingua senza che alcuno l'abbia insegnata".
informapirata
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