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Liu Bolin, l’artista invisibile liu bolin artista invisibile
Liu Bolin, l’artista invisibile, ha fatto del camouflage il tratto distintivo della sua produzione. In questa nuova puntata di Chinoiserie, la rubrica sull’arte cinese a cura di Camilla Fatticcioni, prosegue il racconto della Cina Contemporanea attraverso i suoi artisti. Si è appena conclusa a Palazzo Vecchio la mostra dedicata al mago del camouflage. Un anno fa, Liu Bolin iniziava il ...

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Il grande sciopero dei metalmeccanici rilancia la lotta operaia negli Stati Uniti


“Se le case automobilistiche hanno i soldi per Wall Street allora li hanno anche per gli operai che realizzano i loro profitti”, dice Shawn Fain, il neo eletto presidente dell’Union Auto Workers. La mobilitazione avviene in contemporanea nei colossi Ford,

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Di Alessandra Mincone

Pagine Esteri, 26 settembre 2o23Un grande sciopero nel settore metalmeccanico sta attraversando venti stati federali degli Stati Uniti d’America con la mobilitazione del sindacato United Auto Workers. L’organizzazione è in stato di agitazione dal 15 settembre, nel tentativo di ottenere un rinnovo dei contratti aziendali sulla base di un aumento salariale per l’intero settore, rivendicando almeno il 40% in più in cinque anni, per far fronte all’inflazione generale. Per la prima volta nella storia del sindacato, la campagna “Stand Up” ha messo in piedi una mobilitazione in contemporanea nelle grandi case automobilistiche Ford, General Motors e Stellantis, a seguito della trattativa infruttuosa di metà estate, che a ridosso dello scadere del rinnovo dei contratti (il 14 settembre) non aveva portato nessuna delle tre multinazionali ad accettare neanche la metà delle rivendicazioni operaie.

L’oggetto del conflitto non è solo un miglioramento dei minimi tabellari, ormai bloccati agli anni della grande crisi 2008-2009. Sul tavolo della trattativa ci è finito anche l’accordo stipulato dalla precedente dirigenza sindacale UAW, che riguarda l’abolizione dell’indennità di rincaro, che sarebbe dovuto essere un accordo transitorio fino alla fine della recessione economica ma è invece ancora in vigore nonostante gli aumenti del costo delle automobili, arrivati a superare il 34% negli ultimi quattro anni; e l’abolizione dei livelli inferiori (definiti con vincoli contrattuali maggiormente precari) e l’assunzione a tempo indeterminato dopo al massimo novanta giorni di lavoro continuo, cosa che consentirebbe di sbloccare l’accesso ai diritti sanitari e pensionistici almeno per quei lavoratori alle dirette dipendenze delle multinazionali.

Nei primi giorni di sciopero non è stato trovato alcun compromesso accettabile: la GM non ha offerto che il 18% degli aumenti richiesti e la Stellantis appena il 17,5%, mentre entrambe concordano che le assunzioni a tempo indeterminato debbano stabilizzarsi dopo almeno quattro anni di lavoro, se non oltre. La Ford, diversamente dai suoi competitor, ha successivamente proposto un aumento salariale del 20% e accettato l’adeguamento dei lavoratori a tempo indeterminato dopo tre mesi di assunzione continua; molto probabilmente solo per frenare l’allargamento alla mobilitazione, anche in vista dei plausibili scioperi nella filiera canadese, dove ventiquattro ore dopo la scadenza del contratto (19 settembre), è stato abbozzato un preaccordo con Unifor, sindacato che conta più di cinquemila iscritti in tre stabilimenti Ford. Pertanto i sindacati hanno sospeso lo stato di agitazione fino alla firma dell’accordo; il sindacato canadese, comunque, non avrebbe replicato il modello dello sciopero a scacchiera del sindacato made in USA, intendendo piuttosto aprire la trattativa sulle altre due filiere una volta ottenuto un risultato minimo in Ford.

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Nel frattempo, in considerazione dello stallo vertenziale presso le altre due case automobilistiche, altri nuovi cinquemila tesserati UAW hanno risposto alla mobilitazione aggiungendosi ai tredicimila scioperanti della prima ondata di blocchi, di trentotto stabilimenti diversi; da quelli della produzione dove gli operai sono impiegati sulla classica catena di montaggio, a quelli dove si occupano della distribuzione dei pezzi di ricambio alle concessionarie.

Stellantis non ha atteso molto tempo prima di dichiarare a mezzo stampa l’eventualità di chiusura o cessione di diciotto dei suoi siti statunitensi. L’organizzazione sindacale, pur senza sbilanciarsi, ha confermato che al centro della trattativa in essere ci sarebbe l’ammodernamento di alcuni impianti dismessi. È il caso dell’impianto di Belvidere, in Illinois, che chiudeva i battenti il 28 febbraio 2023 licenziando in massa mille e duecento operai, in conseguenza a un calo delle vendite del 61% del modello Jeep Cherokee e, a detta loro, dell’aumento dei costi necessari per la fase di transizione verso le nuove frontiere del mercato automobilistico.

È bene precisare che nella piattaforma rivendicativa, l’UAW chiede maggiore trasparenza nel settore in crescita dei veicoli elettrici e ibridi, denunciando le politiche di incentivo all’esodo e licenziamenti di massa dell’ultimo anno e le assunzioni dei lavoratori in appalto, definite “irregolarità legalizzate”, con cui si sottraggono le libertà sindacali agli operai, e le quali condizioni sociali costringono più facilmente a svolgere un lavoro usurante in cambio di paghe al ribasso. È indicativo che, moltissimi lavoratori neo assunti, svolgano anche sessanta ore settimanali per poco più di quindici dollari l’ora, e che le condizioni di maggiore sfruttamento si verifichino nei nuovi poli automobilistici come Tesla, dove la forza lavoro è ridotta ai minimi poiché sostituita in gran parte dai sistemi di automazione.

Non è da escludere che il processo di ristrutturazione in corso in Stellantis possa trasformarsi in una volontà della multinazionale di liberarsi dei magazzini dove sono presenti gruppi di operai sindacalizzati in favore di un nuovo mega-hub con manodopera disposta a rinunciare ad altri diritti. Ciò è dimostrato dai primi licenziamenti del 20 settembre in Ohio e in Indiana, che hanno colpito trecentosettanta operai in sciopero. L’azienda avrebbe anteposto alcuni vincoli di stoccaggio delle forniture ai posti di lavoro, visto che questi tre impianti sarebbero centrali per la distribuzione di pezzi per veicoli costruiti nel “Complesso Toledo”, anch’esso in agitazione.

Licenziamenti di massa hanno interessato anche i dipendenti in sciopero di General Motors, sempre mercoledì 20, con l’interruzione del lavoro in un impianto di assemblaggio in Kansas, a causa della carenza di forniture strategiche da una fabbrica nel Missouri, che dalla sua entrata in sciopero ha generato un calo produttivo verso il sito di Fairfax. Di preciso, sono stati lasciati a casa duemila lavoratori a cui, come risposta alla lotta, non verranno erogati i sussidi di disoccupazione supplementare normalmente garantiti dall’azienda.

In piattaforma, l’UAW chiede di trattare anche per l’introduzione di un piano di sicurezza e garanzia del posto di lavoro che preveda la possibilità di scioperare contro le serrate, insieme a una presa in carico salariale da parte dell’azienda, in via temporanea, per svolgere lavori socialmente utili anche in casi di licenziamenti individuali fino alla ricollocazione in organico dei lavoratori colpiti dai provvedimenti, anche presso altri impianti.

Le rivendicazioni al centro di questa ondata di scioperi vengono definite dal sindacato come per nulla inique e pretestuose se si pensa che le “tre big” abbiano complessivamente goduto di un incremento dei profitti pari al 65% in Nord America solo negli ultimi quattro anni. La stessa mobilitazione, certamente considerabile da un punto di vista del ritorno a un protagonismo degli iscritti, che comunque non oltrepassano il 16% di tutta la forza lavoro nell’industria metallurgica e automobilistica in USA, non riesce ancora a colpire in maniera significativa il mercato su larga scala: basti pensare che il valore in borsa delle azioni Ford e Stellantis non vede traccia di andamento negativo, nonostante gli analisti abbiano già quantificato danni per oltre cinque miliardi e mezzo di dollari per via degli scioperi.

“Ma se hanno i soldi per la Borsa di Wall Street dovrebbero averli anche per i lavoratori che realizzano i loro profitti”, ha dichiarato Shawn Fain, il neo eletto presidente dell’Union Auto Workers, in un intervento nella capitale mondiale dell’automobile, Detroit. Ha sottolineato che quella in atto “è una battaglia dei lavoratori contro i ricchi, della classe dei miliardari contro tutti gli altri”, e che il fine ultimo è rivendicare una vita dignitosa per la classe operaia, riferendosi al tema della riduzione dell’orario di lavoro per far fronte ai crescenti incidenti sul lavoro e in generale alle condizioni di iper sfruttamento. Alla proposta di limitare l’orario settimanale a un massimo di trentadue ore, a parità di salario, starebbero rispondendo anche molti altri operai che sulla scia dello stato di agitazione hanno iniziato a rifiutarsi di svolgere le ore di lavoro straordinario.

Sulla questione è intervenuto anche Joe Biden che ha annunciato un incontro con i lavoratori per martedì 26 settembre, anche se non è detto che ad attenderlo ci sia una platea di futuri elettori, visto che il sindacato non ha formalmente appoggiato la sua ricandidatura. Certo è che non appoggeranno Trump, accusato di essere uno dei miliardari favorevole ad arricchire le proprie tasche e a salvaguardare la propria immagine. In questo panorama, sembra che l’UAW a prescindere dalla prossima tornata elettorale, stia favorendo la propria immagine soprattutto verso una fetta di lavoratori che, chissà, un domani potrebbero estendere lo sciopero in roccaforti antisindacali, a partire dagli stabilimenti del colosso di auto elettriche Tesla. Aree industriali buie di diritti e che per Ford, GM e Stellantis sono le nuove terre di sfruttamento da esplorare. Pagine Esteri

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RUSSIA-UCRAINA. Seymour Hersh: “L’esercito di Zelenskyj non può più vincere”


Il famoso giornalista investigativo Usa, vincitore del premio Pulitzer, scrive che nella comunità dell’intelligence americana si ritiene che l'esercito ucraino abbia rinunciato alla possibilità di superare le linee di difesa russe. L'articolo RUSSIA-UCRA

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Di Seymour Hersh*23 Settembre 2023 Modern Diplomacy

Martedì prossimo sarà l’anniversario della distruzione di tre dei quattro gasdotti Nord Stream 1 e 2 da parte dell’amministrazione Biden. Avrei altro da dire al riguardo, ma dovrò aspettare. Perché? Perché la guerra tra Russia e Ucraina, con la Casa Bianca che continua a respingere qualsiasi discorso di cessate il fuoco, è a un punto di svolta.

Ci sono valutazioni di rilievo nella comunità dell’intelligence americana, fondate su rapporti sul campo, che indicano che il demoralizzato esercito ucraino abbia rinunciato alla possibilità di superare le linee di difesa russe a tre livelli, pesantemente minate, e di portare la guerra in Crimea e nelle quattro oblast sequestrate e annesse alla Russia.

La realtà è che il malconcio esercito di Volodymyr Zelenskyj non ha più alcuna possibilità di vittoria.

La guerra continua, mi è stato detto da un funzionario statunitense con accesso all’intelligence, perché Zelenskyj insiste che sia così. Nel suo quartier generale e alla Casa Bianca di Biden non si discute di un cessate il fuoco e non c’è interesse per colloqui che possano portare alla fine del massacro. “Sono tutte bugie”, ha detto il funzionario, parlando delle affermazioni ucraine di progressi incrementali nell’offensiva che ha causato perdite sconcertanti guadagnando terreno in alcune aree che l’esercito ucraino misura in metri a settimana.

“Ci sono state alcune penetrazioni iniziali ucraine nei giorni di avvio dell’offensiva di giugno”, ha detto il funzionario, “vicino” alla prima delle tre formidabili barriere di difesa di cemento della Russia. “I russi si sono ritirati per risucchiarli. Poi (i soldati ucraini) sono stati tutti uccisi”. Dopo settimane di perdite elevate e scarsi progressi, insieme a terribili perdite di carri armati e veicoli blindati, i principali elementi dell’esercito ucraino, senza dichiararlo hanno di fatto annullato l’offensiva. I due villaggi che l’esercito ucraino ha recentemente affermato di aver catturato “sono così piccoli che non potrebbero stare tra due segnali Burma-Shave”.

Il messaggio di Zelenskyj di questa settimana all’Assemblea generale annuale delle Nazioni Unite a New York non ha offerto molte novità e, secondo quanto riportato dal Washington Post, ha ricevuto uno scontato “caloroso benvenuto” da parte dei presenti. Ma, osserva il Post, “ha pronunciato il suo discorso davanti a una sala piena a metà, con molte delegazioni che hanno rifiutato di presentarsi per ascoltare ciò che aveva da dire”. I leader di alcune nazioni in via di sviluppo, aggiunge il rapporto, erano “frustrati” dal fatto che i numerosi miliardi spesi senza responsabilità dall’Amministrazione Biden per finanziare la guerra in Ucraina hanno diminuito il sostegno alle loro lotte contro la povertà e il riscaldamento gobale e per garantire una vita più sicura ai propri cittadini.

In precedenza il presidente Biden rivolgendosi all’Assemblea Generale, non ha affrontato la pericolosa posizione dell’Ucraina nella guerra con la Russia ma ha rinnovato il suo schietto sostegno all’Ucraina. Biden con l’aiuto del segretario di stato Blinken e del consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan – ma con un appoggio in diminuzione altrove in America – ha trasformato il suo incessante sostegno finanziario e morale alla guerra in Ucraina in una questione di vita o di morte per la sua rielezione.

Il funzionario dell’intelligence americana con il quale ho parlato, ha trascorso i primi anni della sua carriera lavorando contro la minaccia sovietica e facendo spionaggio, rispetta l’intelligenza di Putin ma disprezza la sua decisione di entrare in guerra con l’Ucraina e di dare inizio alla morte e alla distruzione che causa ogni conflitto. Mi ha detto, “La guerra è finita. La Russia ha vinto. Non c’è più alcuna offensiva ucraina, ma la Casa Bianca e i media americani devono continuare a mentire. La verità è che se all’esercito ucraino venisse ordinato di continuare l’offensiva, si ammutinerebbe. I soldati non sono più disposti a morire, ma questo non si adatta alle cazzate scritte dalla Casa Bianca di Biden”.

9462892*E’ un famoso giornalista investigativo americano, autore di 11 libri. Ha ottenuto il riconoscimento nel 1969 per aver denunciato il massacro di civili inermi a My Lai e il suo insabbiamento da parte degli Stati uniti durante la guerra del Vietnam. Per quella rivelazione ha ricevuto nel 1970 il Premio Pulitzer. Nel 2004, ha dettagliato torture e abusi compiuti dai militari Usa sui prigionieri ad Abu Ghraib in Iraq. Nel 2013 Hersh rivelò che le forze ribelli siriane, piuttosto che il governo, avevano attaccato i civili con gas sarin a Ghouta. Nel 2015 ha dato un resoconto alternativo del raid statunitense in Pakistan che uccise Osama bin Laden.

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PRIVACYDAILY


N. 167/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: È stato un inizio difficile del nuovo anno scolastico per una ventina di adolescenti di Almendralejo, nel sud della Spagna. Hanno ricevuto foto di loro stesse completamente nude. Di loro stesse? Beh, non proprio. Le foto non sono mai state scattate. Sono state generate da un’intelligenza artificiale sulla... Continue reading →


Ecco i biglietti vincenti dell’estrazione a premi della nostra festa. Congratulazioni a chi ha vinto! #rifondazioneinfesta #rifondazionecomunista #estra

in reply to Informa Pirata

cioè direttamente:
huffingtonpost.it/rubriche/gov…


“Congresso ASSO DPO”


A Milano ho avuto il piacere di intervenire al Congresso organizzato da ASSO DPO per discutere di privacy e cybersecurity


guidoscorza.it/congresso-asso-…



Se tutti sono liberali, nessuno è liberale


L’Italia, come è noto, non ha avuto quella Riforma protestante che secondo Max Weber era il presupposto affinché “lo spirito del capitalismo” potesse attecchire davvero. In affetti, da noi ha attecchito ben poco. E forse non è un caso che solo i paesi eur

L’Italia, come è noto, non ha avuto quella Riforma protestante che secondo Max Weber era il presupposto affinché “lo spirito del capitalismo” potesse attecchire davvero. In affetti, da noi ha attecchito ben poco. E forse non è un caso che solo i paesi europei non riformati facciano parte di quella congrega che negli stati del nord Europa e nel mondo anglosassone, che del liberalismo è la patria, vengono sprezzantemente definiti Piigs (acronimo che molto e forse troppo ricorda la parola “maiali”). Sono il Portogallo, l’Irlanda, l’Italia, la Grecia e la Spagna.

Senza andare troppo in là nel tempo, la Prima Repubblica è stata politicamente dominata da due partiti, il PCI e la Dc. L’uno fortemente ideologico, tanto da essere qualificato come “partito Chiesa” e l’altro, la Democrazia cristiana, esplicitamente riferito ad una Chiesa vera e propria. Il pensiero e il metodo liberale, dunque, hanno avuto ben pochi margini d’azione nella società e nella politica italiane.

Tuttavia, per un qualche misterioso paradosso della Storia, viviamo in un’epoca in cui l’appellativo “liberale” si è inaspettatamente guadagnato un inaspettato prestigio sociale. Lo testimonia il fatto che, di colpo, sono diventati tutti liberali. Liberale si dichiara da sempre il partito guidato da Antonio Tajani (FI) e liberali, anche se con occasionali confusioni “liberal” e “social liberali”, si qualificano il leader di Italia viva Matteo Renzi e quello di Azione Carlo Calenda. Liberale è stato giudicato il discorso di Giorgia Meloni per la fiducia in Parlamento. Ed era vero, le parole erano parole liberali. A partire dal ragionamento sull’importanza di lasciare liberi gli “spiriti animali” (cit, da J.M. Keynes) del ceto imprenditoriale rispetto alla naturale tendenza interventistica e dirigistica dello Stato. Ma non si può dire che, tra taxi, aerei, banche e via elencando, i fatti siano stati affettivamente coerenti con quelle parole.

Negli ultimi giorni, anche Giorgio Napolitano è, giocoforza, entrata nel novero dei liberali italiani. È accaduto a causa di un titolo forzato di Repubblica (“Un liberale tra le file del Pci”) ad un commento in cui Stefano Folli sosteneva, invece, sostanzialmente il contrario (“Giorgio Napolitano non era un liberale capitato quasi per caso nelle file del Pci. Era un comunista convinto e colto che aveva privilegiato l’opzione riformatrice in anticipo sui tempi”). Sull’HuffingtonPost è poi intervenuto Marco Gervasoni con un “Elogio liberale di Elly Schlein”. Un commento scritto con apprezzabile piglio anticonformista, la cui tesi che vedrebbe la segretaria del Pd dirazzare dal solco “cattocomunista” tanto da meritare l’apprezzamento di un liberale doc a me sembra, però, piuttosto forzata. Sbaglierò, ma l’approccio di Elly Schlein ai problemi della società italiana e del mondo mi pare ispirato ad un originale connubio tra la logica di un aderente ad un centro sociale e la logica di un boy scout. Stato e Dio la fanno ancora da padroni.

La verità è che, ad oggi, non risultano deroghe significative alla storia politica nazionale. L’istintiva tensione per la realtà contrapposta ad ogni demagogia, il valore del merito individuale, la concezione di uno “Stato minimo”, l’apertura dei mercati al principio della libera concorrenza, l’amore per il pluralismo e per il confronto tra tesi opposte sono ancora merce rara. Di buono c’è che il brand liberale, e in particolare quello einaudiano, sta vivendo una nuova giovinezza mediatica. Speriamo che qualcuno osi incarnarlo davvero.

HuffingtonPost

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Patria e libertà: gli Ottant’anni delle Quattro giornate di Napoli


La Fondazione Luigi Einaudi, la Fondazione San Giuseppe dei Nudi e l’Associazione Libera Unione Forense, promuovono la giornata di studi: “Patria e libertà: gli Ottant’anni delle Quattro giornate di Napoli”, il 29 settembre 2023 alle ore 15:00 presso il M

La Fondazione Luigi Einaudi, la Fondazione San Giuseppe dei Nudi e l’Associazione Libera Unione Forense, promuovono la giornata di studi: “Patria e libertà: gli Ottant’anni delle Quattro giornate di Napoli”, il 29 settembre 2023 alle ore 15:00 presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli Piazza Museo, 19 – Napoli

Saluti introduttivi

Ugo de Flaviis, Presidente Fondazione San Giuseppe dei Nudi
Giuseppe Benedetto, Presidente Fondazione Luigi Einaudi
Camillo Bruno, Presidente associazione Libera Unione Forense
Guido D’agostino, Presidente Istituto Campano per la Storia della Resistenza

Intervengono

Vincenzo De Luca, Presidente Regione Campania
Guido D’agostino, Presidente dell’Istituto Campano per la Storia della Resistenza
Giancristiano Desiderio, giornalista e scrittore
Gerardo Nicolosi, Università di Siena Raffaele Granato Corigliano, libero professionista
Renata Gravina, Università Sapienza, Fondazione Luigi Einaudi

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in reply to informapirata ⁂

«Basata su dozzine di interviste, documenti trapelati e approfondimenti sulle deliberazioni interne della Commissione, questa indagine collega i punti tra gli attori chiave che finanziano e organizzano la campagna di sostegno a favore della proposta di Johansson e i loro legami diretti con il commissario e il suo gabinetto.«

@privacypride@poliverso.org @privacypride@feddit.it

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in reply to informapirata ⁂

«Stakeholder, aziende di intelligenza artificiale e gruppi di difesa –che godono di un forte sostegno finanziario– esercitano una discutibile influenza sull’elaborazione della politica dell’UE.

La proposta di regolamento è eccessivamente "influenzata da aziende che fingono di essere ONG ma si comportano più come aziende tecnologiche", ha affermato Arda Gerkens, ex direttrice della più antica hotline europea per la segnalazione di materiale pedopornografico online.»

@privacypride@poliverso.org @privacypride@feddit.it

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Stiamo per perdere l’ultimo pilastro della nostra sicurezza digitale? L'articolo di Euronews

@Privacy Pride

Se utilizzi app crittografate come WhatsApp, Signal o ProtonMail, dovresti preoccuparti della possibile approvazione di una nuova legge europea.

Date le gravi conseguenze per la vita di molti, soprattutto dei più emarginati, è fondamentale che la privacy di tutti sia garantita, scrivono Viktoria Tomova e Chloé Berthélémy.

euronews.com/2023/09/25/are-we…

in reply to Privacy Pride

Esattamente a questo mi riferivo. La polizia non ha bisogno di forzare la crittografia. Devono solo chiederlo a #Meta. E probabilmente senza dover aspettare un mandato
@informapirata
in reply to Paolo Redaelli

@paoloredaelli sì, Ma questa è una tua assunzione, perché questo tipo di intervento si può fare solo con il mandato di un giudice.

Farlo senza, almeno fino all'approvazione del primo provvedimento chat control, quello che invita i fornitori a farlo base volontaria, tutto ciò era illegale. Oggi è legale, benché sia incompatibile con la Costituzione italiana. Domani continuerà a essere incompatibile con la costituzione italiana ma non sarà solo legale bensì obbligatorio

@privacypride



@Informatica (Italy e non Italy 😁)
Ai dischi serve davvero la cache?

È una curiosità che mi è venuta recentemente quando stavo facendo spesa,
Vedo che la maggior parte dei "dischi" (sia HDD che SSD) che vedo presentano una certa quantità di "cache DRAM",
Da quel che so serve a migliorare le prestazioni, mantenendo blocchi utilizzati di frequente in una memoria più veloce, e, per gli SSD, a ridurre i cicli di scrittura sulla memoria flash.

Ma qualcosa di simile se non mi sbaglio lo fanno anche sistemi operativi come linux e windows, mantenendo in memoria file letti e scritti di recente, quindi mi chiedo, fa davvero molta differenza avere o no una cache anche sul "disco" al di fuori di benchmark, come crystaldiskmark, che disabilitano esplicitamente la cache del sistema operativo?

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friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
Giovanni Petri

@gmg
OK, così ha molto più senso.

Grazie della spiegazione!

in reply to Giovanni Petri

tl;dr Sì, fa davvero molta differenza.

Anzitutto, in generale aggiungere altri livelli di cache, su un bus/dispositivo lento, aiuta sempre.

La cache interna e del sistema hanno ruoli diversi, non sono una in alternativa all'altra.

La cache del sistema operativo è a conoscenza della struttura dei file. Quindi sceglierà il momento migliore per "inviare" le scritture "cached" al disco, e quando "invalidare" la cache costringendoti a rileggere, sapendo quando apri o chiudi un file, e se lo apri in lettura o scrittura, etc.

Viceversa, il disco non sa come sono fatti i file, ma sa come è strutturato fisicamente il disco. Sugli SSD non è detto che dall'indice del blocco può indovinare su quale punto di quale chip si trova, perché questa corrispondenza cambierà nel tempo per rendere il disco più longevo. Quindi con queste informazioni aggiuntive, può sfruttare alcune euristiche basate sulla struttura fisica per migliorare le prestazioni.
Per gli hard disk invece ti serve semplicemente perché sono dannatamente lenti e ogni aiuto fa differenza.

Inoltre, si parla di DRAM, quindi volatile. Quindi più che i blocchi usati spesso sono quelli usati di recente che si trovano nella cache del disco, perché non sopravviverebbe al riavvio.
Alcuni hard disk hanno un piccolo SSD dentro che invece tiene i dati usati più spesso, e sono molto più veloci di un hdd normale. Ma su un ssd questo non ha senso perché se potessi fare una memoria non volatile più veloce faresti direttamente un ssd più veloce.

Sabrina Web 📎 reshared this.



“Privacy Week”


Oggi ho avuto il piacere di intervenire alla Privacy Week per discutere di privacy e age verification.


guidoscorza.it/privacy-week/



Amnesty. I Talebani arrestano Matiullah Wesa, educatore che lotta per l’istruzione femminile


L’Afghanistan è l’unico paese al mondo che proibisce alle donne e alle ragazze di frequentare la scuola o l’università L'articolo Amnesty. I Talebani arrestano Matiullah Wesa, educatore che lotta per l’istruzione femminile proviene da Pagine Esteri. htt

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di Amnesty International

Pagine Esteri, 25 settembre 2023 – L’Afghanistan è l’unico paese al mondo che proibisce alle donne e alle ragazze di frequentare la scuola o l’università. Anche chi si impegna per il diritto all’istruzione femminile sta pagando un prezzo altissimo. Come Matiullah Wesa, un educatore, fondatore e dirigente di PenPath, un collettivo di 3000 volontari che fanno campagne nei distretti e nelle province remote dell’Afghanistan sull’importanza dell’istruzione, in particolare quella femminile. Prima della presa del potere dei Talebani, Wesa e gli altri volontari hanno sempre lavorato con leader religiosi e anziani per combattere l’analfabetismo nelle aree più remote e isolate.

Wesa è molto conosciuto in Afghanistan e, dopo che i Talebani hanno nuovamente assunto il controllo del paese, ha preso posizione e ha lanciato una campagna in favore del diritto all’istruzione femminile. Ma i Talebani non tollerano alcun dissenso e il 27 marzo 2023 Wesa è stato arrestato con accuse pretestuose. La sua famiglia non ha ancora ricevuto il permesso di fargli visita. Ora anche tutti gli altri volontari per il diritto all’istruzione sono a rischio.

Nel suo secondo rapporto al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, Richard Bennett, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Afghanistan, ha documentato la rapida contrazione dello spazio civico: le autorità hanno aumentato le limitazioni e la sorveglianza sui difensori dei diritti umani, che sono stati sottoposti a intimidazioni, anche tramite telefonate, ispezioni nelle loro case, aggressioni fisiche e verbali e arresti arbitrari, creando un clima di paura e senso di disperazione. I difensori dei diritti umani cambiano abitazione regolarmente a causa della paura e delle minacce da parte dei talebani. Il relatore Speciale ha anche riferito di irruzioni dei talebani nelle sedi di diverse organizzazioni della società civile durante le quali sono stati richieste le generalità del personale e delle persone associate, e talvolta anche dei loro familiari.

Firma l’appello per la scarcerazione di Matiullah Wesa

Arrestato attivista per l’istruzione femminile


amnesty.it/appelli/arrestato-a…

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pagineesteri.it/2023/09/25/cul…



#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



PODCAST. CINA: Passa anche per la porta siriana la strategia di Xi Jinping in Medio oriente


Il leader cinese ha incontrato la scorsa settimana a Hangzhou il presidente Bashar Assad e si è offerto di aiutare la ricostruzione della Siria nel quadro di un «partenariato strategico». Non sono ben chiari limiti e possibilità di questa rinnovata allean

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di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 25 settembre 2023. Con il giornalista ed esperto di Cina Michelangelo Cocco abbiamo analizzato i termini del “partenariato strategico” siglato qualche giorno fa dal leader cinese Xi Jinping e il presidente siriano Bashar Assad.

Per Damasco, sempre isolata e sotto sanzioni è ossigeno puro ma non pochi dubitano che Pechino si farà davvero carico della ricostruzione della Siria sfidando apertamente le sanzioni Usa. Di sicuro c’è invece la penetrazione sempre più evidente della Cina nel teatro mediorientale.
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Fossilization live 2023


Fossilization da Brasile live in Barrios Milano 18/9

youtu.be/u6a4og0nsmw



Le classifiche delle migliori università del mondo lasciano il tempo che trovano

@Universitaly: università & universitari

Periodicamente ottengono grandi attenzioni, e l'Italia sembra sempre arrancare, ma non è chiaro a chi servano veramente

Nonostante l’indubbia attenzione che ottengono, però, queste classifiche sono da anni molto criticate. Un po’ perché si basano su criteri arbitrari, che riflettono poco la moltitudine di ruoli sociali e culturali che le università svolgono sul territorio. Un po’ perché sono progettate quasi sempre sulla base del sistema d’istruzione inglese e statunitense, che riflette male come funzionano le università nel resto del mondo. Un po’, semplicemente, perché non è chiaro a cosa servano, se non a indirizzare attenzione e fondi verso le società che le stilano e le università che figurano ai primi posti.

L'articolo di @Viola Stefanello 👩‍💻 è qui su Il Post

in reply to Poliversity - Università ricerca e giornalismo

Fantastico modo di pensare! In effetti è proprio vero: gli osservatori influenzano ciò che osservano in questo caso e come l'hai scritto tu è perfetto.

È deprimente allo stesso modo che qualcosa che teoricamente sarebbe interessante (statistiche delle università a priori sarebbero anche cose utili) finisca per essere una forte fonte di influenza degli studenti e delle università. I fini di queste agenzie di classifiche non sono nobili...

in reply to ConstipatedWatson

@ConstipatedWatson
Legge di Goodhart: quando una misura diventa un obiettivo, cessa di essere una buona misura. L'intero sistema capitalista è costruito in violazione di questa legge.

L reshared this.



Ieri la Commissione Europea pubblica, e poi annulla la pubblicazione della sua propaganda a chatcontrol

@Privacy Pride

A quanto pare, la Commissione Europea sta preparando altro materiale per promuovere la proposta #chatcontrol, ma ha deciso di non pubblicarlo per ragioni sconosciute (anche se il ritardo del voto del Consiglio sembra la causa più probabile).
Ma la cache di Google è implacabile: (archiviato qui)

Grazie a @onrust per aver riportato la notizia (qui il suo post su mastodon)


European Commission publishes, and then unpublishes (?), their #chatcontrol propaganda page.

But google cache is relentless: https://www.consilium.europa.eu/en/policies/protect-against-child-sexual-abuse/" target="_blank" rel="noopener noreferrer">webcache.googleusercontent.com… (archived: archive.ph/kzJV1)

#StopChatcontrol


Questa voce è stata modificata (2 anni fa)


Decreti grancassa


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Papà invia foto di suo figlio nudo via Gmail e il suo account Google viene bloccato per sempre: notizia dell'anno scorso, ma fa capire bene le implicazioni del regolamento europeo CHATCONTROL

@Privacy Pride

La scansione automatica di Gmail ha segnalato un account dopo l'invio di foto di un bambino nudo al medico. Ora l'account è bloccato per sempre.

'era una volta un padre che usava Google per tutto: e-mail, calendario, foto, login. Ma poi ha condiviso foto di suo figlio nudo con il medico dei loro figli tramite Gmail. Il suo account Google è stato bloccato. È stato segnalato per la distribuzione di materiale pedopornografico o CSAM (acronimo di child sexual abuse material). Anche se l'indagine è stata rapidamente chiusa, il blocco di Google è rimasto in vigore. Questo padre ha perso l'accesso ad anni di conversazioni e-mail, voci di calendario, foto e altro ancora. Questo esempio dimostra quanto sia dannosa la scansione di materiale CSA. Abbiamo invece bisogno di sicurezza e privacy online!

L'incidente descritto sopra è avvenuto durante la pandemia di COVID, con la chiusura di molti studi medici. Tra i primi a parlarne, il New York Times.

Google gestisce un sistema automatico per analizzare ogni messaggio inviato alla ricerca di potenziale materiale pedopornografico (CSAM).

Ad oggi, questo sistema è volontario, ma l'UE vuole rendere obbligatoria la scansione lato client per la ricerca di materiale CSAM, il che rappresenterebbe una devastante intrusione nella privacy di tutti.

I sistemi di riconoscimento di contenuti sono soggetti a errori e possono rovinare la vita digitale e quella reale degli utenti

in reply to Privacy Pride

Da specificare che non ha mandato "foto del figlio nudo" (che potrebbe essere grave) ma ha fatto una domanda medica al proprio pediatra inviando una foto dettagliata. Non a caso è stato scagionato immediatamente dalle autorità competenti.

Purtroppo Google è completamente gestito da bot e non è possibile contattare un umano per una revisione manuale, il ban in questi casi è permanente perché i bot vedono che c'è un pene nella foto e non possono capire il contesto medico.

Dare ad aziende come Google un obbligo del genere è follia

in reply to Moonrise2473

@Moonrise2473

> Da specificare che non ha mandato "foto del figlio nudo" (che potrebbe essere grave


)

Tu dici che non è il titolo giusto, ma in realtà quel titolo mette subito il lettore in condizione di pensare che quel padre sia colpevole e in tal modo si capisce il senso di #chatcontrol: tu mandi un messaggio che credi essere riservato e il sistema lo intercetta senza mandato di alcun magistrato, lo interpreta come un messaggio CSAM e fine della storia.
Nel caso migliore tu passi una brutta settimana, ma poi ti si sistema tutto e fai finta che non sia successo nulla, che è la specialità che ogni suddito sviluppa per sopravvivere.
Nel caso peggiore passi i guai, perdi tutto e magari si viene anche a sapere in giro che mandi foto di bambini nudi.

Eh no, mi dispiace, ma il titolo è giusto

Unknown parent

friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
Privacy Pride
@qwe Sinceramente non mi ricordavo di questo dettaglio che, se confermato, Sarebbe ancora più inquietante. A parziale giustificazione di Google (parziale eh, Google è uno dei più accesi sostenitori di questo tipo di controlli sciagurati), c'è da dire che per un provider di servizi che offre spazio web agli utenti, il fatto che a causa di alcune immagini si rischia il sequestro dei server (e nel caso del Cloud un sequestro dei server può significare un interruzione di servizio su tutti i server Che condividono quel contenuto!), comporta un pericolo estremamente grande per una società abituata a fatturare continuativamente cifre immense...
Tutto questo però non rende questo tipo di provvedimenti più digeribili: chi se ne frega dell'interesse delle aziende quando vengono messi a rischio i diritti delle persone!


L'eurodeputato Pirata Patrick Breyer invia il proprio augurio e sostegno ai manifestanti del Privacy Pride

@Privacy Pride

peertube.uno/w/r7oLe7rwNUWL6NU…Patrick Breyer europarlamentare del Partito Pirata Europeo, invia un messaggio di saluto agli italiani che partecipano al Privacy Pride: "La vostra manifestazione è un importante supporto per chi, al Parlamento Europeo, sta combattendo per difendere i diritti fondamentali, il diritto alla privacy e ai messaggi confidenziali"

Ringraziamo @Patrick Breyer per il suo supporto alla nostra battaglia contro #chatcontrol e a favore della #privacy e rilanciamo il suo invito!

"chiedete al governo italiano di non appoggiare la proposta #ChatControl, contattate gli europarlamentari italiani che il mese prossimo voteranno su questa proposta e chiedete loro di rispettare il vostro diritto alla privacy e di intraprendere misure mirate, efficaci e rispettose dei diritti, per proteggere i bambini!"

#StopChatcontrol


Stop chatcontrol: il sostegno dell'Europarlamentare Patrick Breyer al Privacy Pride. "La privacy ci rende sereni"


Patrick Breyer, dei Pirati Europei, invia un messaggio di saluto agli italiani che partecipano al Privacy Pride: "La vostra manifestazione è un importante supporto per chi, al Parlamento Europeo, sta combattendo per difendere i diritti fondamentali, il diritto alla privacy e ai messaggi confidenziali"




Sulla spesa pubblica serve un segnale forte


Non è rassicurante sentire, qualche giorno fa, dal ministro dell’Economia che sulla manovra «siamo in alto mare». Ma è comprensibile: la situazione è quanto mai incerta e i numeri della NaDef, la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza ch

Non è rassicurante sentire, qualche giorno fa, dal ministro dell’Economia che sulla manovra «siamo in alto mare». Ma è comprensibile: la situazione è quanto mai incerta e i numeri della NaDef, la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza che il governo approverà la prossima settimana, ballano. Di certo, come ha osservato ancora Giancarlo Giorgetti, la spesa per interessi sul debito pubblico è cresciuta di 14-15 miliardi per via dell’inflazione e del rialzo dei tassi. Giusto la somma che servirebbe per confermare il taglio del cuneo sulle retribuzioni fino a 35 mila euro lordi e per partire con la riforma dell’Irpef, accorpando primo e secondo scaglione sotto l’aliquota più bassa: quindi il 23% fino a 28 mila euro di imponibile (contro i 15 mila attuali). Eppure, almeno i dieci miliardi necessari per confermare il taglio del cuneo andranno assolutamente trovati, perché non è pensabile che, dal prossimo gennaio, 11 milioni di lavoratori dipendenti subiscano una perdita netta media in busta paga di 98 euro al mese (fonte Inps). E aggiungere al taglio del cuneo l’ulteriore sconto che deriverebbe da una prima rivisitazione dell’Irpef, a ben vedere, non farebbe che dare un doveroso aiuto ai redditi medio-bassi rispetto alla perdita del potere d’acquisto che, proprio ieri, un rapporto di Mediobanca ha quantificato del 22% per i lavoratori dell’industria nel 2022.

Ma l’impoverimento rispetto al costo della vita non riguarda solo i redditi da lavoro, bensì anche le pensioni. E dunque c’è da augurarsi che il governo non cada nella tentazione, come l’anno scorso, di far cassa (ben 10 miliardi in tre anni) tagliando l’indicizzazione degli assegni previdenziali. Sono voci di spesa, quelle per contrastare il carovita, da considerare «obbligate». Se non formalmente, nella sostanza. Sia per assicurare la tenuta sociale sia per contrastare i venti di recessione. Così come vanno considerate incomprimibili le spese per la sanità. Non si può non aver imparato la lezione del Covid, né continuare a non vedere che il diritto costituzionale alla salute non è garantito in modo uniforme sul territorio, che il personale sanitario è in fuga, che le liste di attesa si allungano ai danni dei più poveri. E poi ci sono gli interventi a sostegno della natalità, che la premier Giorgia Meloni ha giustamente indicato tra le priorità della legge di Bilancio. Non solo gli asili nido e i sostegni alle mamme lavoratrici, ma un sistema fiscale che consenta di azzerare, almeno per le famiglie a reddito medio-basso, le spese per il mantenimento dei figli.

Misure molto costose, ma che vanno avviate perché siamo in colpevole ritardo sulle politiche per contrastare il declino demografico. Si parla di una manovra di una trentina di miliardi. In realtà ce ne vorrebbero molti di più, per lasciare un segno. Ma bisogna fare i conti con la pesante eredità di un debito pubblico monstre che da molti anni comprime le ambizioni di qualsiasi governo. Anche questa manovra dovrà essere «prudente»,come dice Giorgetti. Bell’aggettivo. In realtà, un ripiego necessitato, non una scelta. Ciò di cui l’Italia avrebbe bisogno è invece una manovra ambiziosa e di lungo respiro. Non si può chiedere al governo Meloni l’impossibile. Ma qualche segnale sì. La prossima sarà la prima legge di Bilancio al 100% di questo esecutivo, dato che quella di un anno fa era già stata impostata dal governo Draghi. A una premier che si dice sicura di restare a Palazzo Chigi per tutta la legislatura si può, per esempio, chiedere il coraggio di affrontare due sfide politicamente delicate. La prima: una spending review che vada ben oltre quel miliardo e mezzo di riduzione della spesa dei ministeri prevista per il 2024. O il governo vuol far credere che la lotta agli sprechi sia finita con la stretta sul Reddito di cittadinanza?

La seconda: il disboscamento delle tax expenditure, quella giungla di 740 fradetrazioni, deduzioni e altre agevolazioni fiscali che sottrae ogni anno gettito per oltre 80 miliardi di euro (4 punti di Pil). È vero che il grosso riguarda gli sconti sulla prima casa e sulle spese sanitarie, che nessuno vuole toccare. Ma è anche vero che un governo, all’inizio del suo cammino, può osare di più. degli 800 milioni-un miliardo di euro di tagli di cui ha parlato il vice ministro dell’Economia, Maurizio Leo. Basta avere coraggio e lungimiranza.

Corriere della Sera

L'articolo Sulla spesa pubblica serve un segnale forte proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



📚 #Scuola, disponibili i primi dati sull’anno scolastico 2023/2024: in classe circa 7,2 mln di studenti.
📊 È disponibile sul sito del MIM l’approfondimento con i primi dati sull’anno appena iniziato.

Qui tutti i dettagli ▶️ miur.gov.



Dirigenti scolastici: con valuta odierna sono stati liquidati gli stipendi di settembre con l’incremento della posizione di parte variabile, su precisa indicazione del Ministro Giuseppe Valditara e grazie alla collaborazione istituzionale con il MEF.


La società giapponese Calsonic Kansei controllata dal fondo statunitense Kkr ha deciso di chiudere il proprio stabilimento Magneti Marelli di Crevalcore per sp


Quanto tempo impiega Xshitter a caricare le pagine di...? Twitter sta ancora limitando i link dei concorrenti: verifica tu stesso

@Etica Digitale (Feddit)

Secondo l'analisi, gli utenti della piattaforma social, ora ufficialmente conosciuta come X, sono costretti ad attendere in media circa due secondi e mezzo dopo aver cliccato sui collegamenti a Bluesky, Facebook, Instagram e Substack. Si tratta di un'attesa più di 60 volte superiore all'attesa media per i collegamenti ad altri siti.


Quanto tempo impiega Xshitter a caricare le pagine di questi concorrenti?

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Il venerdì di Rifondazione: Pablo Iglesias, Michele Santoro e salario minimo Bologna, 21 settembre 2023 Continua la Festa nazionale di Rifondazione Comun


Meloni e la necessità di “aprire al centro”


A chi conosce un po’ di storia d’Italia e vede la piega che sta prendendo il governo Meloni vengono subito alla mente due confronti, due ricordi, pur sapendo bene che il primo non piacerà molto all’attuale presidente del Consiglio. È il confronto con il g

A chi conosce un po’ di storia d’Italia e vede la piega che sta prendendo il governo Meloni vengono subito alla mente due confronti, due ricordi, pur sapendo bene che il primo non piacerà molto all’attuale presidente del Consiglio. È il confronto con il governo che costituì Mussolini all’indomani della marcia su Roma, e con quello che costituì De Gasperi dopo la vittoria del 18 aprile. Nel novembre del 1922 il futuro duce si guardò bene dall’assegnare il ministero della Guerra ad Amerigo Dumini o a qualche altro scherano dello squadrismo: lo diede invece al maresciallo Diaz; tanto meno si rivolse a Roberto Farinacci per il ministero dell’Istruzione: chiamò Giovanni Gentile.

Ancor più e meglio De Gasperi, il quale, pur disponendo nel ’48 di una maggioranza assoluta in Parlamento non chiese a don Sturzo di fare il presidente della Repubblica. Lo chiese al liberale Luigi Einaudi, e allo stesso modo non diede lo strategico ministero degli Esteri a Dossetti o a un suo fedelissimo, lo diede al repubblicano Sforza. Ora, sia Mussolini che De Gasperi avevano, benché su scala maggiore, lo stesso problema cha si è presentato a Meloni. Entrambi i loro governi rappresentavano due fratture di portata drammatica rispetto al corso precedente della storia del Paese, due veri e propri terremoti politici carichi di un forte significato anche simbolico. Nel primo caso era la fine dell’Italia liberale, nel secondo la fine della conventi o ad excludendum dei cattolici dalla direzione dello Stato, che risaliva al Risorgimento. Ebbene, sia Mussolini che De Gasperi capirono che era loro interesse, proprio perciò, formare due esecutivi e addirittura scegliere un capo dello Stato che grazie ad una oculata scelta di nomi, cercassero di attutire quanto più possibile, agli occhi del Paese prima che a quelli dei loro avversari, la portata della rottura di cui sopra.

Capirono cioè che era un loro interesse mostrarsi, come si dice, inclusivi, scegliendo di essere affiancati da persone non appartenenti alla propria parte anche se naturalmente non ostili. E sicuramente lo fecero, si badi, non già per una qualche forma di debolezza o di sfiducia nelle proprie capacità. Al contrario: perché non solo si sentivano sicuri del fatto loro ma perché ognuno di essi intendeva che il proprio governo rappresentasse una vera rottura e l’apertura di una fase politica davvero nuova e destinata a durare, come in effetti fu. Immagino che una eguale ambizione abbia tuttora anche la nostra attuale presidente del Consiglio. Si dà il caso però che il risultato elettorale le abbia consegnato la guida di una coalizione nella quale il principale interesse dei suoi alleati è quello di renderle la vita difficile, mettendo ogni giorno potenzialmente in crisi il suo governo. Ne risulta che un obiettivo più che mai vitale di Giorgia Meloni non possa che essere quello di accrescere al massimo il proprio bottino di voti alla prossima occasione elettorale. Magari a spese dei suddetti alleati, ma ben più plausibilmente andando a pescare nel grande bacino costituito dagli italiani i quali la volta scorsa non le hanno dato il voto, o non hanno votato o hanno disperso il proprio voto parcheggiandolo da qualche parte. E cioè nell’elettorato definibile genericamente moderato o centrista che dir si voglia, il quale prima di darle il suo consenso ha voluto però vederla all’opera.

A Giorgia Meloni doveva essere evidente, insomma, che il suo interesse, una volta divenuta presidente del Consiglio, era quello di aprire al centro, come si dice. Che solo da lì poteva venirle la forza per consolidare la sua leadership realizzando il disegno di dar vita a una grande forza liberal-conservatrice, così da rimodellare il sistema politico italiano dando inizio a una fase davvero nuova della sua storia. Viceversa la presidente del Consiglio, lungi dal battere questa strada ha preso quella opposta. A cominciare dalla composizione del governo, infatti, invece di cercare di dare a questo un respiro nazionale, invece di aprire nelle molte nomine successive a chi rappresentava mondi e culture diverse dalle sue, invece di mostrarsi capace di ricercare e di accogliere nella propria compagine qualche significativa eccellenza del Paese disposta a collaborare con il suo tentativo, Giorgia Meloni si è rinchiusa in una sorta di «ridotto della Valtellina» identitario o, se si preferisce evitare infelici memorie, in una sorta di quadrato di Villafranca costituito da compagni quasi di scuola, da fedelissimi della prim’ora, da vecchi militanti amici, da congiunti e parenti stretti: che tutti quindi le devono tutto.

Il carattere schietto della presidente, abituata al parlare franco, non se la prenderà se le diciamo che non è così, però, che si costruisce una leadership autorevole. Non è così che si entra in sintonia con la maggioranza effettiva del Paese e se ne diventa la guida, non è così che si attua una grande svolta politica, e soprattutto non è così che si ottengono buoni risultati di governo. In politica la fedeltà a tutta prova può servire nel momento aspro dello scontro; ma quando invece si tratta di decidere, di organizzare e di agire nell’interesse della collettività, allora serve altro. Servono le competenze, le idee, l’immagine pubblica, le relazioni, le capacità. Serve l’impegno sincero a far parte di una squadra, di un governo appunto: che è cosa diversa da una schiera di pretoriani.

Corriere della Sera

L'articolo Meloni e la necessità di “aprire al centro” proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Oggi, dalle ore 10.00, presso la Sala “Aldo Moro” del MIM si svolge l’evento #BackToSchool 2023.

Potete seguire la diretta qui ▶️ youtube.com/watch?v=hF1i0WWrUO…




Stefano Galieni* La visita della Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, insieme alla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è


Domani, giovedì 21 settembre, a Roma, dalle ore 10.00, presso la Sala “Aldo Moro” del MIM, si svolgerà l’evento #BackToSchool 2023.


Weekly Chronicles #46


Privacy vs sicurezza pubblica, Online Safety Bill, Offuscare casa su Google Maps. Meme e quote della settimana.

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Privacy vs sicurezza pubblica, l’eterno dilemma?


Come bilanciare le necessità di sicurezza pubblica con la nostra privacy? È giusto riempire le nostre città di telecamere? Quando è troppo o quando è poco? Sono alcune delle domande che mi sono state fatte da un giornalista del Sole24Ore parlando proprio del tema della criminalità e della videosorveglianza.

In verità ritengo che non ci sia nulla da bilanciare. Se pensiamo alla sicurezza pubblica come alla protezione dell’incolumità fisica delle persone, allora siamo messi male.

La videosorveglianza non ha alcun impatto reale sulla criminalità violenta. Un criminale violento, per definizione, non teme la legge e non teme punizioni, o non sarebbe tale. Sono molto recenti gli episodi di stupri e accoltellamenti in pieno giorno e in zone trafficatissime e sorvegliatissime come la Stazione Centrale di Milano.

Anche il web è pieno zeppo di video di criminali che noncuranti di telecamere e smartphone commettono reati violenti come rapine senza batter ciglio (un esempio). Altri, i più folli, si filmano addirittura da soli mentre ammazzano passanti innocenti per sport (un esempio).

Togliamoci dalla testa la funzione preventiva della videosorveglianza; esiste solo sui libri. Non funziona, se non limitatamente in casi molto specifici. Questo studio evidenzia infatti come i crimini non violenti e pianificati, come i piccoli furti commessi dai borseggiatori, sono parzialmente influenzati dalla presenza di telecamere (-20% di borseggi nel campione osservato). Tuttavia, lo stesso studio afferma senza ombra di dubbio che i crimini legati a droga o commessi da persone violente (quindi non pianificati, come uno stupro) non sono affatto influenzati dalla presenza di telecamere.

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Riempire le nostre città di telecamere non ha senso.

Ciò detto, dobbiamo riconoscere che l’utilità delle telecamere riguarda esclusivamente l’amministrazione della giustizia. Il video è una prova che può essere usata in giudizio per ottenere un ristoro (in un mondo ideale) o perseguire il criminale.

Il bilanciamento allora, è presto fatto.

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Lo Stato dovrebbe rinunciare a ogni pretesa di sorveglianza nelle strade pubbliche e incentivare invece la diffusione privata di telecamere possedute dai cittadini. La diffusione capillare di telecamere sarebbe bilanciata dalla decentralizzazione del possesso e quindi del potere di controllo che ne deriva.

Le forze dell’ordine ne potrebbero comunque usufruire. Non è fuori dal mondo: la polizia già usa strumenti privati per coadiuvare le indagini. Ad esempio, l’accesso ai tabulati telefonici dei servizi di telecomunicazione o ai sistemi di tracciamento GPS di Google. Lo stesso può farsi per le videoregistrazioni.

Per un approfondimento sul tema vi rimando a questo articolo che scrissi nel 2021, ma ancora attualissimo:

Di tutto questo ne parleremo anche la prossima settimana durante la Privacy Week, il festival della privacy e delle nuove tecnologie. Vi consiglio tantissimo di registrarvi sul sito e seguire lo streaming!

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Anche l’Online Safety Bill è quasi legge


La legge inglese contro la pedopornografia e contro “contenuti illegali” potenzialmente pericolosi è stata approvata dal parlamento e presto sarà legge. L’Online Safety Bill è una legge che in qualche modo riunisce le finalità dei Regolamenti europei Digital Services Act (in vigore) e Chatcontrol (in discussione).

Ha lo scopo di “migliorare la sicurezza di Internet”, di mitigare il rischio derivante dalla diffusione di contenuti illegali e di proteggere i minori online — qualsiasi cosa voglia dire.

Tra le varie cose, obbligherà le aziende che offrono servizi di comunicazione a introdurre algoritmi e misure tecniche per sorvegliare proattivamente comunicazioni, video e immagini inviate attraverso i loro servizi. Le conseguenze potrebbero essere devastanti per tutte le aziende che offrono servizi di comunicazione cifrate end-to-end, trovandosi a dover decidere se rispettare la legge o tutelare i loro utenti.

Non è un caso che Signal, famosa organizzazione no profit che sviluppa l’omonimo sistema di comunicazione privacy-friendly, abbia già affermato tempo fa che avrebbe cessato l’erogazione dei servizi nel Regno Unito se la legge fosse passata.

Vedremo che succederà ora che la legge, in effetti, è quasi passata.

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Offuscare la tua casa su Google Maps


Mi sono da poco trasferito e ho notato che, nonostante io viva in una piccola stradina laterale di un piccolo paese di periferia, la macchina spiona di Google Maps non mi ha risparmiato. Devo ammettere che non sono abituato ad avere casa mia esposta così a tutto il mondo, e la cosa mi ha turbato abbastanza.

Allora, non mi restava che chiedere a Google di offuscare tutto. Il processo è abbastanza semplice ma non tutti lo conoscono. Ecco una breve guida:

  1. Apri Google Maps: vai al sito web di Google Maps o apri l'app sul tuo smartphone
  2. Localizza la tua casa: Inserisci il tuo indirizzo nella barra di ricerca o naviga manualmente fino alla tua casa
  3. Passa alla vista stradale:
    • Su Desktop: Clicca e trascina l’omino giallo (trovato nell'angolo in basso a destra) sulla strada davanti alla casa
    • Su Mobile: Tocca la posizione e seleziona l'opzione Vista Stradale


  4. Identifica l'Area da offuscare:
    • Su Desktop: Naviga fino alla vista che mostra chiaramente la tua casa
    • Su Mobile: Pizzica per ingrandire o scivola per regolare la vista fino a quando la tua casa è visibile e centrata


  5. Clicca su “Segnala un problema”:
    • Tocca l'icona del menu a tre punti (solitamente nell'angolo in alto a destra) e seleziona "Segnala un problema."


Compila il modulo:

  • Trascina il riquadro rosso sulla tua casa per specificare l'area che desideri sfocare.
  • Ti verrà chiesto perché vuoi sfocare l'immagine. Scegli l'opzione "la mia casa" e fornisci dettagli aggiuntivi se necessario.

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Weekly Memes


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Weekly Quote

“If you only read the books that everyone else is reading, you can only think what everyone else is thinking.”

Haruki Murakami

English version

Privacy vs. Security, the Eternal Dilemma


How to balance the needs of public security with our privacy? Is it right to fill our cities with cameras? When is it too much or too little? These are some of the questions I was asked by a journalist, discussing the topics of crime and video surveillance.

In truth, I believe there's nothing to balance. Video surveillance has no real impact on violent crime. A criminal, by definition, does not fear the law and does not fear punishment, or they wouldn't be a criminal. Violent criminals, in particular, are not particularly sensitive.

Moreover, the web is full of videos showing criminals committing violent crimes like robberies without a care for cameras and smartphones (an example). Others, the most insane and violent ones, even film themselves killing innocent passersby for sport (an example).

Let's dispel the notion that video surveillance has a preventive function; it only exists in books. It doesn't work.

That being said, we must acknowledge that the utility of cameras is solely related to the administration of justice. Video is evidence that can be used in court to seek redress (in an ideal world) or to prosecute the criminal.

The balance is then easily struck.

The state should abandon any claims to surveillance and instead encourage the private proliferation of cameras owned by citizens. This way, the widespread use of cameras would be balanced by the decentralization of ownership and thus the power of control that derives from it.

Law enforcement could still make use of them. It's not far-fetched; the police already use private tools to assist in investigations. For example, access to phone call records from telecommunications services or GPS tracking systems from Google. The same can be done for video recordings.

We will also discuss all of this next week during Privacy Week, the privacy and new technologies festival. I highly recommend registering on the website and following the livestream!

The Online Safety Bill is almost law


The English law against child pornography and potentially dangerous "illegal content" has been approved by parliament and will soon become law. The Online Safety Bill is a law that somehow combines the purposes of the European Regulations Digital Services Act (in effect) and Chatcontrol (under discussion).

Its purpose is to "improve Internet safety," mitigate the risk arising from the spread of illegal content, and protect minors online—whatever that may mean.

Among other things, it will compel companies offering communication services to introduce algorithms and technical measures to proactively monitor communications, videos, and images sent through their services. The consequences could be devastating for all companies that offer end-to-end encrypted communication services, as they will have to decide whether to comply with the law or protect their users.

It's no accident that Signal, a well-known nonprofit organization that develops the privacy-friendly communication system of the same name, stated some time ago that it would cease providing services in the UK if the law were passed.

We'll see what happens now that the law is, in fact, almost passed.

Blur Your House on Google Maps


I recently moved and noticed that, despite living on a small side street in a small suburban town, Google Maps' spying car did not spare me. I must admit I'm not used to having my house exposed to the whole world, and it bothered me quite a bit.

So, all that was left for me to do was to ask Google to blur everything. The process is quite simple, but not everyone is aware of it. Here's a brief guide:

  1. Open Google Maps: Go to the Google Maps website or open the app on your smartphone.
  2. Locate your house: Enter your address in the search bar or manually navigate to your house.
  3. Switch to street view: On Desktop: Click and drag the yellow figure (usually found in the lower right corner) onto the street in front of your house. On Mobile: Tap the location and select Street View.
  4. Identify the Area to Blur: On Desktop: Navigate to the view that clearly shows your house. On Mobile: Pinch to zoom in or slide to adjust the view until your house is visible and centered.
  5. Click "Report a Problem": Tap the three-dot menu icon (usually in the upper right corner) and select "Report a Problem."
  6. Drag the red box over your house to specify the area you want to blur. You'll be asked why you want to blur the image. Choose the option "my home" and provide additional details if necessary.

privacychronicles.it/p/weekly-…



Future of Privacy Forum and Leading Companies Release Best Practices for AI in Employment Relationships


Expert Working Group Focused on AI in Employment Launches Best Practices that Promote Non-Discrimination, Human Oversight, Transparency, and Additional Protections. Today, the Future of Privacy Forum (FPF), with ADP, Indeed, LinkedIn, and Workday — lead

Expert Working Group Focused on AI in Employment Launches Best Practices that Promote Non-Discrimination, Human Oversight, Transparency, and Additional Protections.

Today, the Future of Privacy Forum (FPF), with ADP, Indeed, LinkedIn, and Workday — leading hiring and employment software developers — released Best Practices for AI and Workplace Assessment Technologies. The Best Practices guide makes key recommendations for organizations as they develop, deploy, or increasingly rely on artificial intelligence (AI) tools in their hiring and employment decisions.

Organizations are incorporating AI tools into their hiring and employment practices at an unprecedented rate. When guided by a framework centered on responsible and ethical use, AI hiring tools can help match candidates with relevant opportunities and inform organizations’ decisions about who to recruit, hire, and promote. However, AI tools present risks that, if not addressed, can impact job candidates and hiring organizations and pose challenges for regulators and other stakeholders.

FPF and the AI working group recommend:

  • Developers and deployers should have clearly defined responsibilities regarding AI hiring tools’ operation and oversight;
  • Organizations should not secretly use AI tools to hire, terminate, and take other actions that have consequential impacts;
  • AI hiring tools should be tested to ensure they are fit for their intended purposes and assessed for bias;
  • AI tools should not be used in a manner that harmfully discriminates, and organizations should implement anti-discrimination protections that go beyond laws and regulations as needed;
  • Organizations should not use facial characterization and emotion inference technologies in the hiring process absent public disclosures supporting the tools’ efficacy, fairness, and fitness for purpose;
  • Organizations should implement AI governance frameworks informed by the NIST AI Risk Management Framework;
  • Organizations should not claim that AI hiring tools are “bias-free;” and
  • AI hiring tools should be designed and operated with informed human oversight and engagement.
“When properly designed and utilized, AI must process vast amounts of personal data fairly and ethically, keeping in mind the legal obligations organizations have to those with disabilities and people from underrepresented, marginalized and multi-marginalized communities. This is why developers and deployers of AI in the employment context should use these Best Practices to show their commitment to ethical, responsible, and human-centered AI tools in compliance with civil rights, employment and privacy laws.”
Amber Ezzell, FPF Policy Counsel

“The intersection between hiring, employment, and AI tools presents complex opportunities and challenges for organizations, particularly concerning issues of equity and fairness in the workplace. Our Best Practices will guide U.S. companies as they create and use AI technologies that impact workers, ensuring that they address key issues regarding non-discrimination, responsible AI governance, transparency, data security and privacy, human oversight, and alternative review procedures.”
John Verdi, Senior Vice President of Policy at FPF


Leading policy frameworks, including the NIST’s AI Risk Management Framework (AI RMF), Civil Rights Principles for Hiring Assessment Technologies, the Data and Trust Alliance’s initiative Algorithmic Safety: Mitigating Bias in Workforce Decisions, and more, helped inform the Best Practices guide.


“AI tools can help candidates discover and describe their skills and find new opportunities that match their experience. The Best Practices assist organizations in instituting guardrails around using AI systems responsibly and ethically.”
Jack Berkowitz, ADP’s Chief Data Officer

“The use of automated technology in the workplace can result in better matches for both job seekers and employers, increased access to diverse candidates and a broader pool of applicants, and greater access to hiring tools for small to mid-sized businesses. These Best Practices provide concrete guidance for using the tools responsibly.”
Trey Causey, Indeed’s Head of Responsible AI

“We know that a responsible and principled approach to AI can lead to more transparency and better matching of job seeker skills to employer needs. The Best Practices are a real step forward and reflect the accountability needed to ensure these technologies continue to power opportunity for all members of the global workforce.”
Sue Duke, LinkedIn’s VP of Global Public Policy

“Since 2019, Workday has partnered with government officials and thought leaders like the Future of Privacy Forum to advance smart safeguards that cultivate trust and drive responsible AI. We’re proud to have co-developed these Best Practices, which offer policymakers a roadmap to responsible AI in the workplace and call on other organizations to join us in endorsing them.”
Chandler Morse, Workday’s Vice President of Public Policy


While existing anti-discrimination laws can apply to the use of AI tools for hiring, the AI governance field is still maturing. FPF’s Best Practices engages the broader AI governance field in the ethical use and development of AI for employment. The guide may also be updated to reflect developing AI regulatory requirements, frameworks, and technical standards.

Read the full Best Practices Guide Here


fpf.org/blog/future-of-privacy…



You live in a digital neofeudalism


We're not in the Middle Ages, screamed the Knight of the Order of the Wokes.

The Middle Ages are often invoked to describe a dark, brutal period without freedom, where the masses were at the mercy of a few feudal lords and rulers who fought over lands and resources.

They say life back then wasn't much to write home about. Fortunately, today we are much more civilized. At least, that’s what they say.

We have discovered representative democracy, expelled the cowardly monarchs who plagued us, eliminated the scourge of serfdom, and forgotten the picturesque chivalric orders with their oaths of loyalty to the rulers. But is it really so?

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My impression is that representative democracy and the proliferation of eccentric ideas about social justice and social equity have actually created the conditions for the resurgence of a global digital neo-feudalism.

At the apex of this new feudal pyramid, we undoubtedly have a small but powerful elite of people with vast wealth and power who use supranational tools, both known and unknown, to exercise and manifest their will.

Among them, first and foremost, is the International Monetary Fund (IMF), a financial instrument of the United Nations and the ultimate authority for much of the world. Then there are central banks like the Federal Reserve Bank or the European Central Bank.

Lastly, we must not forget supranational administrative entities such as the World Health Organization (WHO), the aforementioned United Nations (UN), or the somewhat obscure Financial Action Task Force (FATF), which, nevertheless, has a huge impact on our lives. And how could we forget our beloved European Union and the globalist think-tank that is the World Economic Forum?

The combination of people and supranational structures makes up what we could define today as the head of the empire.

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Call for Nominations: 14th Annual Privacy Papers for Policymakers


The Future of Privacy Forum (FPF) invites privacy scholars and authors with an interest in privacy issues to submit finished papers to be considered for FPF’s 14th annual Privacy Papers for Policymakers (PPPM) Award. This award provides researchers with t

The Future of Privacy Forum (FPF) invites privacy scholars and authors with an interest in privacy issues to submit finished papers to be considered for FPF’s 14th annual Privacy Papers for Policymakers (PPPM) Award. This award provides researchers with the opportunity to inject ideas into the current policy discussion, bringing relevant privacy research to the attention of the U.S. Congress, federal regulators, and international data protection agencies.

The award will be given to authors who have completed or published top privacy research and analytical work in the last year that is relevant to policymakers. The work should propose achievable short-term solutions or new means of analysis that could lead to real­-world policy impact.

FPF is pleased to also offer a student paper award for students of undergraduate, graduate, and professional programs. Student submissions must follow the same guidelines as the general PPPM award.

We encourage you to share this opportunity with your peers and colleagues. Learn more about the Privacy Papers for Policymakers program and view previous year’s highlights and winning papers on our website.

FPF will invite winning authors to present their work at an annual event with top policymakers and privacy leaders in spring 2024 (date TBD). FPF will also publish a printed digest of the summaries of the winning papers for distribution to policymakers in the United States and abroad.

Learn more and submit your finished paper by October 20th, 2023. Please note that the deadline for student submissions is November 3rd, 2023.


fpf.org/blog/call-for-nominati…

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Il neofeudalesimo digitale


Non siamo mica nel medioevo, gridò il Cavaliere dell'Ordine dei Woke.

Il medioevo viene spesso chiamato in causa per indicare un periodo buio, brutale, senza libertà, in cui le masse erano alla mercé di pochi signori e sovrani che si contendevano terre e risorse.

La vita, dicono, non doveva essere granché. Fortunatamente, oggi siamo molto più civilizzati.

Abbiamo scoperto la democrazia rappresentativa, scacciato i vili monarchi che ci affliggevano, eliminato la piaga della servitù della gleba e dimenticato i pittoreschi ordini cavallereschi, coi loro giuramenti di fedeltà ai sovrani. Ma è davvero così?

La mia impressione è che la democrazia rappresentativa e la proliferazione di strampalate idee di giustizia ed equità sociale abbiano invero creato i presupposti per la reviviscenza di un neofeudalesimo digitale globale.

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All’apice della nuova piramide feudale abbiamo certamente una piccola ma poderosa elite di persone con tanti soldi e potere che usano strumenti sovranazionali conosciuti e sconosciuti per esercitare e manifestare la loro volontà.

Tra questi troviamo prima di tutto il Fondo Monetario Internazionale (IMF), strumento finanziario delle Nazioni Unite e di ultima istanza per gran parte del mondo. Poi ci sono le banche centrali, come la Federal Reserve Bank o la Banca Centrale Europea.

Infine, non bisogna dimenticare enti sovranazionali amministrativi come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), le già citate Nazioni Unite (ONU) o il semisconosciuto Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (FATF), che però ha un enorme impatto sulle nostre vite. E come dimenticare poi la nostra beneamata Unione Europea e il think-tank globalista che è il World Economic Forum?

L’insieme di persone e strutture sovranazionali compone quello che oggi potremmo definire come la testa dell’impero.

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Non tutte le mie creazioni DIY sono orripilanti. Stavolta, per fare un regalo sia a me che non, abbellisco delle mollette per capelli, nel primo modo che mi viene a mente.


Privatocrazia sanitaria, in Italia il 60% dei fondi per la salute pubblica finisce ai privati. Il monito di Nicoletta Dentico | AFV

"La situazione ha raggiunto livelli più che allarmanti: almeno il 60% dei fondi pubblici finisce in mano ai privati, in particolare per l’acquisto di servizi medici e farmacologici; più del 50% delle istituzioni sanitarie che si occupano di malattie croniche sono in mano ai privati, così come lo sono più dell’80% delle istituzioni di assistenza sanitaria residenziale. I tagli della prossima legge di bilancio assecondano questa metastasi.”

ancorafischiailvento.org/2023/…