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28 zero-day in 3 giorni e oltre un milione di dollari in premi: ecco cosa è successo al Pwn2Own 2025


La ricerca dei bug frutta e anche molto!

Si è concluso il Pwn2Own Berlin 2025 con risultati tecnologici impressionanti, portando il montepremi complessivo a oltre un milione di dollari. I ricercatori di sicurezza hanno dimostrato sofisticate tecniche di sfruttamento contro obiettivi di alto profilo, tra cui Windows 11, VMware ESXi e Mozilla Firefox, rivelando vulnerabilità zero-day critiche che i fornitori devono ora affrontare.

La competizione di hacking, durata tre giorni, ha messo in luce 28 vulnerabilità zero-day uniche, con i ricercatori che hanno vinto premi per un totale di 1.078.750 dollari. Il terzo giorno si sono verificati diversi exploit zero-day significativi contro le principali piattaforme. L’ex vincitore del Master of Pwn Manfred Paul ha sfruttato con successo Mozilla Firefox sfruttando una vulnerabilità di tipo integer overflow nel motore di rendering, guadagnando 50.000 dollari e 5 punti Master of Pwn.

Questo exploit che riguarda solo il rendering ha dimostrato come aggressori sofisticati possano compromettere i sistemi sfruttando le vulnerabilità del browser. La sicurezza di Windows 11 è stata violata due volte nel corso della giornata. Miloš Ivanović ha dimostrato una vulnerabilità alle condizioni di gara per aumentare i privilegi al livello SYSTEM nel tentativo finale della competizione, guadagnando 15.000 dollari.

In precedenza, un membro del team di ricerca DEVCORE aveva dimostrato con successo l’escalation dei privilegi su Windows 11, sebbene uno dei due bug utilizzati fosse già noto a Microsoft. Anche i prodotti di virtualizzazione VMware si sono dimostrati vulnerabili. Corentin BAYET di Reverse_Tactics ha sfruttato VMware ESXi sfruttando una vulnerabilità di tipo integer overflow e un bug di variabile non inizializzata precedentemente segnalato, guadagnando 112.500 dollari nonostante la collisione parziale.

Inoltre, Thomas Bouzerar ed Etienne Helluy-Lafont di Synacktiv hanno sfruttato con successo VMware Workstation tramite un buffer overflow basato su heap, guadagnando 80.000 dollari e 8 punti Master of Pwn. STAR Labs SG si è aggiudicato il titolo di vincitore assoluto, aggiudicandosi il prestigioso titolo Master of Pwn con 320.000 dollari di guadagni e 35 punti. Il loro team ha dimostrato eccezionali capacità tecniche in diverse categorie.
Immagini del Pwn2own 2025 (Fonte zerodayinitiative.com)
In una dimostrazione particolarmente impressionante, i membri del team Dung e Nguyen hanno sfruttato una condizione di competizione TOCTOU (time-of-check-to-time-of-use) per uscire da una macchina virtuale, combinandola con una convalida impropria della vulnerabilità dell’indice dell’array per aumentare i privilegi in Windows. Questa complessa catena di attacchi ha fruttato loro 70.000 dollari e 9 punti Master of Pwn.

Secondo il rapporto, l’evento di Berlino del 2025 ha segnato un traguardo significativo, con 1.078.750 dollari assegnati in tre giorni, di cui 383.750 dollari solo nell’ultimo giorno. Questo montepremi da record sottolinea la crescente importanza e il valore economico della ricerca sulla sicurezza.

Dei 28 zero-day unici e divulgati durante l’evento, sette provenivano dalla categoria AI, a dimostrazione dell’espansione della superficie di attacco dovuta alla crescente diffusione dei sistemi di intelligenza artificiale. Il formato competitivo continua a rappresentare un meccanismo efficace per identificare vulnerabilità critiche prima che soggetti malintenzionati possano sfruttarle.
Immagini del Pwn2own 2025 (Fonte zerodayinitiative.com)
L’evento, ospitato da OffensiveCon, ha riunito ricercatori e fornitori di sicurezza d’élite in un quadro di collaborazione che apporta vantaggi all’intero ecosistema tecnologico. I fornitori hanno già iniziato ad affrontare le vulnerabilità scoperte, dimostrando l’impatto pratico dell’evento sul miglioramento della sicurezza digitale per gli utenti di tutto il mondo.

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Perché Durov di Telegram sbertuccia la Francia di Macron

L'articolo proviene da #StartMag e viene ricondiviso sulla comunità Lemmy @Informatica (Italy e non Italy 😁)
Via X Pavel Durov accusa la Francia (senza fornire prove) di aver chiesto a Telegram di censurare le voci dei conservatori in vista delle elezioni in Romania. Oltralpe, l'imprenditore russo rischia una condanna penale e pare per questo



Bisogna farci caso quando nella vita si fa qualcosa di nuovo per la prima volta. Ieri per esempio dopo tanti anni che non ne avevo avuto occasione, un po' per pigrizia un po' per fatalismo (primo o poi succederà da solo mi dicevo!) ho fatto il mio primo giretto in sup 🙌😅 Mia sorella si è appassionata e quindi se ne è accattato uno da portare in giro, e quindi insomma, appena ci siamo beccati dai miei a Fiumicino l'abbiamo buttato in acqua al Casa Gialla e provato in tutte le combinazioni possibili. Essendo cresciuto sulla spiaggia e avendo confidenza con canoa e altre robe acquatiche sono andato abbastanza bene dai, un po' fantozziano come postura ma nesnchr troppo 😅 Dentro la baia neanche son caduto, fuori invece c'erano un po' di onde ieri e quindi un paio di bagnetti mio malgrado li ho fatti 🤣 Comunque fico, ottima attività sportiva che necessita del reclutamento di un po' tutti i muscoli del corpo (braccia, addominali, core, gambe, piedi, tutti proprio) per tenersi in equilibrio e muoversi, e poi bellissima sensazione di volare a pelo dell'acqua, essendo molto minimal come natante. Dice che quelli bravi son capaci anche di cavalcarci le onde grosse, tipo surf, e quello pure deve essere fico 🌊👍😅 Tutto bello insomma, tranne la rottura de coglioni dei coatti con le moto d'acqua poco più a largo che son sempre bravissimi a guastare la poesia del mare in un raggio di kilometri tutto intorno a loro. Ma è legale poi sta cosa di guastare la poesia del mare?! 😬


Difendere scrittura a mano e lettura su carta: si muove il Parlamento

@Politica interna, europea e internazionale

Istituire una settimana nazionale della scrittura a mano e promuovere la lettura su libri cartacei nelle scuole. Sono le proposte legislative promosse dall’intergruppo parlamentare nato lo scorso ottobre, su impulso dell’Osservatorio Carta, Penna & Digitale della



The consequences of digital sovereignty


The consequences of digital sovereignty
WELCOME BACK TO DIGITAL POLITICS. I'm Mark Scott. This weekend was another belter when it came to elections (we'll get to that in a minute.) But, more importantly, Austria won this year's Eurovision song contest with this entry — still not as good as this Italian winner from 2021, imo.

— Digital sovereignty is now the name of the game. That's going to lead to increased silos between how countries approach crucial tech policy issues.

— Romanians backed a pro-EU candidate to become the country's next president. That hasn't stopped many from crying foul play.

— The cost of using the most advanced AI models has fallen 280-fold over the last 18 months as companies race to woo users worldwide.

Let's get started:



digitalpolitics.co/newsletter0…



Using pitot tubes for more than aircraft


A white control box is shown in the foreground. The box has an LCD display, eight button, and two barbed fittings for flexible tubing.

When we hear the words “pitot tube,” we tend to think more of airplanes than of air ducts, but [Franci Kopač]’s guide to pitot tubes for makers shows that they can be a remarkably versatile tool for measuring air speed, even in domestic settings.

A pitot tube is a tube which faces into an air flow, with one hole at the front of the tube, and one on the side. It’s then possible to determine the air speed by measuring the pressure difference between the side opening and the end facing into the wind. At speeds, temperatures, and altitudes that a hacker’s likely to encounter (i.e. not on an airplane), the pressure difference is pretty small, and it’s only since the advent of MEMS pressure sensors that pitot tubes became practical for amateurs.

[Franci]’s design is based on a Sensiron SDP differential pressure sensor, a 3D-printed pitot tube structure, some tubing, and the microcontroller of your choice. It’s important to position the tube well, so that it doesn’t experience airflow disturbances from other structures and faces straight into the air flow. Besides good positioning, the airspeed calculation requires you to know the air temperature and absolute pressure.

[Franci] also describes a more exotic averaging pitot tube, a fairly simple variation which measures air speed in cavities more accurately. He notes that this provides a more inexpensive way of measuring air flow in ducts than air conditioning flow sensors, while being more resilient than propeller-based solutions – he himself used pitot tubes to balance air flow in his home’s ventilation. All of the necessary CAD files and Arduino code are available on his GitHub repository.

If you’re looking for a more conventional duct flow meter, we’ve covered one before. We’ve even seen a teardown of a pitot tube sensor system from a military drone.


hackaday.com/2025/05/19/using-…



#Ucraina, la partita di Istanbul


altrenotizie.org/primo-piano/1…



Messaggi quantistici: verso una rete ultra sicura e accessibile


@Informatica (Italy e non Italy 😁)
I ricercatori del team di Toshiba Europe, guidato da Mirko Pittalunga, per la prima volta, con un normale cavo in fibra ottica lungo ben 254 chilometri, sono riusciti a ottenere una comunicazione quantistica coerente. Ecco i progressi verso i messaggi quantistici senza






La cyber hygiene dei sistemi di IA: criticità e proposte
correttive


@Informatica (Italy e non Italy 😁)
Attualmente non esistono framework di IA che siano secure-by-default. L'adozione di procedure carenti sotto l'aspetto della cyber hygiene fa sì che i sistemi di IA presentino vulnerabilità intrinseche e problemi di sicurezza. Ecco come rendere la sicurezza parte

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“Rispondimi velocemente: Analisi multidisciplinare della sextortion maschile in Italia”, la prima ricerca italiana interamente dedicata a questo fenomeno con vittime di sesso maschile.

Il report nasce dall’esperienza diretta maturata tra il 2020 e il 2024 dall'associazione #PermessoNegato, fondata e gestita da @Matteo G.P. Flora (sì, è nel Fediverso, ma è come se non ci fosse 🤓).

Durante questo periodo sono stati documentati oltre 1.000 casi di sextortion in Italia.

I dati parlano chiaro: il 90% delle vittime è di sesso maschile, un’informazione che ribalta la narrazione tradizionale sulla violenza digitale, ancora troppo spesso percepita come un problema esclusivamente femminile.

permessonegato.it/report/

@Etica Digitale (Feddit)



Quando l’MFA non basta! Abbiamo Violato il Login Multi-Fattore Per Capire Come Difenderci Meglio


Nel mondo della cybersecurity esiste una verità scomoda quanto inevitabile: per difendere davvero qualcosa, bisogna sapere come violarlo. L’autenticazione multi-fattore è una delle colonne portanti della sicurezza informatica moderna. Dovrebbe essere una barriera invalicabile per i criminali informatici. Ma cosa succede se quella barriera, invece di essere abbattuta con la forza bruta, viene semplicemente aggirata con astuzia?

È quello che il team cyber di Eurosystem, composto da Kevin Chierchia (Red TeamMalware Analyst), Fabio Lena (Red Team – Phishing & Awareness Specialist) e Leonardo Taverna (Cyber Security Intern), ha voluto scoprire. L’occasione è arrivata durante un’attività di Adversary Emulation per un cliente, dove l’obiettivo era valutare la resilienza reale delle difese aziendali contro scenari verosimili.

E così, è nata una domanda: “È possibile simulare un attacco phishing che riesca a superare anche l’autenticazione a più fattori?”.

Un’impresa che potrebbe sembrare contraddittoria: perché investire tempo e risorse per aggirare una delle più importanti misure di sicurezza esistenti? La risposta è semplice quanto inquietante: perché i criminali informatici lo stanno già facendo. E lo fanno bene.

È bene ricordare che simulazioni come questa devono sempre essere svolte in ambienti autorizzati e controllati, nel rispetto della legge e degli obiettivi condivisi con il cliente.

L’idea: MITM tra utente e portale, sfruttando un proxy


l principio alla base è tanto semplice quanto pericoloso: creare un proxy MITM (Man-In-The-Middle) che si frapponga tra la vittima e il vero portale di autenticazione. In questo modo, tutto ciò che l’utente inserisce – incluse le credenziali e i token MFA – viene intercettato in tempo reale e riutilizzato dall’attaccante per “loggarsi” prima che scada.

Durante la fase di ricerca, il team si è imbattuto nel documento “Top Phishing Techniques” di Hadess.io, che ha rappresentato una fonte di ispirazione concreta. Da lì, il passo verso la sperimentazione pratica è stato breve

Evilginx 3 e GoPhish: due volti dello stesso attacco, cocktail perfetto (e velenoso)


Il cuore del progetto è Evilginx 3, una piattaforma open source pensata per simulare attacchi man-in-the-middle (MitM) altamente sofisticati. A differenza dei classici attacchi di phishing, che mirano a sottrarre username e password, Evilginx è in grado di catturare anche i token di sessione emessi dopo l’autenticazione, rendendo di fatto inutile la protezione MFA in molte sue forme.

Evilginx agisce come un trasparent proxy: clona fedelmente le pagine di login dei principali provider (Microsoft 365, Google, Okta…) e inoltra tutto il traffico tra la vittima e il sito reale. L’utente inserisce le proprie credenziali, supera l’MFA, e nemmeno se ne accorge, perché la risposta arriva dal vero server. Ma nel frattempo, il token di sessione è stato intercettato e può essere utilizzato per accedere direttamente all’account compromesso.

Evilginx agisce come un transparent proxy: clona fedelmente le pagine di login dei principali provider (Microsoft 365, Google, Okta…) e inoltra tutto il traffico tra la vittima e il sito reale. L’utente inserisce le proprie credenziali, supera l’MFA, e nemmeno se ne accorge, perché la risposta arriva dal vero server. Ma nel frattempo, il token di sessione è stato intercettato e può essere utilizzato per accedere direttamente all’account compromesso.

Il team ha integrato Evilginx con GoPhish, potente framework di social engineering, per orchestrare campagne su larga scala, automatizzate, e personalizzate in base ai profili delle vittime. Il risultato? Una piattaforma ibrida, modulare e perfettamente aderente alle reali minacce che oggi si muovono nel dark web.

L’impatto reale: se anche l’MFA può cadere


Il risultato ha dimostrato quanto sia possibile – e realistico – orchestrare un attacco in grado di eludere anche una delle misure difensive più propagandate degli ultimi anni. Ma attenzione: non è un fallimento dell’MFA, né un invito a dismetterla. Quello che emerge da questo tipo di simulazioni non è solo una vulnerabilità tecnica, ma un problema sistemico. La fiducia cieca nelle tecnologie di autenticazione multifattore rischia di diventare il nuovo anello debole della catena. Non perché l’MFA non funzioni – al contrario, è una barriera indispensabile – ma perché non è infallibile. E soprattutto, non è sufficiente da sola.

youtube.com/embed/Py9X6uYK1RM?…
Video che riproduce l’intero attacco che è stato svolto
Le aziende spesso implementano l’MFA come “sigillo finale” della sicurezza, rilassandosi dietro alla sua presunta inviolabilità. Ma un attacco come quello veicolato tramite Evilginx dimostra che basta un clic sbagliato per far crollare l’intero castello. E quel clic, inutile dirlo, continua a essere umano.

La formazione: l’unico vero firewall umano


Siamo chiari: l’MFA è e resta una tecnologia fondamentale. Rinunciarvi sarebbe una follia.

Ma senza una cultura della sicurezza diffusa, senza un personale formato, consapevole, aggiornato e capace di riconoscere anche i segnali più sottili di un attacco, qualsiasi sistema è destinato a cedere.

Non c’è tecnologia che possa resistere all’ingenuità, alla fretta, alla distrazione. È per questo che ogni test che conduciamo serve non solo a collaudare le difese digitali, ma anche – e soprattutto – a risvegliare l’attenzione delle persone, mostrando loro che l’inganno può essere perfetto. Che la trappola può sembrare reale. Che la minaccia è dentro la posta elettronica, tutti i giorni.

Come ci si difende? Tecnologie sì, ma senza le persone non basta


Dopo aver dimostrato che anche l’MFA può essere aggirato, viene naturale chiedersi: come possiamo proteggerci davvero? La risposta non sta solo nella tecnologia, ma in un approccio multilivello che combina strumenti avanzati e formazione costante.

Le aziende dovrebbero iniziare a valutare l’adozione di soluzioni MFA resistenti al phishing, come FIDO2 o WebAuthn, che impediscono la riutilizzabilità dei token anche in caso di attacco MITM. Ma non basta. Serve monitoraggio delle sessioni, segmentazione della rete, controlli comportamentali e una solida politica di incident response.

E poi ci sono le persone. Perché puoi anche blindare ogni porta, ma se chi lavora in azienda non riconosce un finto portale o approva una notifica push MFA mentre è distratto, sei punto e a capo. Le campagne di phishing simulato, i momenti di formazione mirata e il coinvolgimento diretto sono ancora oggi tra le armi più potenti nella difesa aziendale.

In altre parole: la tecnologia è una barriera, ma la consapevolezza è l’antidoto. Chi si ferma all’MFA ha solo fatto il primo passo.

Conclusione: tra lupi e pecore, noi restiamo pastori armati


Abbiamo scelto di camminare sul filo sottile che separa l’attacco dalla difesa, convinti che solo esplorando il buio possiamo illuminare la strada. Evilginx 3 è solo uno degli strumenti che usiamo per questo viaggio nel lato oscuro della rete. Ma è anche una sveglia, una sirena, un urlo: la sicurezza non è mai definitiva. È un processo, una mentalità, una responsabilità condivisa.

Chi pensa che basti implementare l’MFA per dormire sonni tranquilli, si illude.

La sicurezza non è una scatola chiusa con un lucchetto, ma un equilibrio dinamico che si basa su tecnologia, processo e soprattutto persone formate e consapevoli.

E allora continuiamo a testare, a simulare, a violare. Non per distruggere, ma per proteggere meglio. Perché se non lo facciamo noi, lo faranno altri. E loro non verranno con buone intenzioni.

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MiSTer For Mortals: Meet the Multisystem 2


MiSTER Multisystem 2 on a wooden table

If you’ve ever squinted at a DE10-Nano wondering where the fun part begins, you’re not alone. This review of the Mr. MultiSystem 2 by [Lee] lifts the veil on a surprisingly noob-friendly FPGA console that finally gets the MiSTer experience out of the tinker cave and into the living room. Developed by Heber, the same UK wizards behind the original MultiSystem, this follow-up console dares to blend flexibility with simplicity. No stack required.

It comes in two varieties, to be precise: with, or without analog ports. The analog edition features a 10-layer PCB with both HDMI and native RGB out, Meanwell PSU support, internal USB headers, and even space for an OLED or NFC reader. The latter can be used to “load” physical cards cartridge-style, which is just ridiculously charming. Even the 3D-printed enclosure is open-source and customisable – drill it, print it, or just colour it neon green. And for once, you don’t need to be a soldering wizard to use the thing. The FPGA is integrated in the mainboard. No RAM modules, no USB hub spaghetti. Just add some ROMs (legally, of course), and you’re off.

Despite its plug-and-play aspirations, there are some quirks – for example, the usual display inconsistencies and that eternal jungle of controller mappings. But hey, if that’s the price for versatility, it’s one you’d gladly pay. And if you ever get stuck, the MiSTer crowd will eat your question and spit out 12 solutions. It remains 100% compatible with the MiSTer software, but allows some additional future features, should developers wish to support them.

Want to learn more? This could be your entrance to the MiSTer scene without having to first earn a master’s in embedded systems. Will this become an alternative to the Taki Udon announced Playstation inspired all-in-one FPGA console, which does require a DE-10 (or compatible)? Check the video here and let us know in the comments.

youtube.com/embed/UVx08a-dZRY?…


hackaday.com/2025/05/19/mister…



Assemblea del Tg3 – Chiediamo libertà d’informazione a Gaza: lasciateci entrare nella Striscia


I giornalisti non devono essere un bersaglio, lasciateci entrare a Gaza.
Di fronte alla drammatica situazione nella Striscia, l’opinione pubblica mondiale continua a non poter avere notizie raccolte in modo autonomo e indipendente.
Oltre 200 colleghi sono stati uccisi in Palestina dall’inizio del conflitto, molti di più che in ogni altra guerra dell’ultimo secolo.
Agli inviati internazionali viene impedito di accedere per fare il loro lavoro in modo autonomo e sicuro.
L’assemblea delle giornaliste e dei giornalisti del Tg3, all’unanimità, lancia un appello alle autorità israeliane affinché torni possibile adempiere al diritto dovere di raccontare con obiettività quanto accade, in particolare alla popolazione civile.
L’opinione pubblica deve poter vigilare sul rispetto del diritto internazionale e dei principi di umanità.
Vogliamo proseguire nel racconto delle sofferenze di chi è innocente, a partire dai bambini, come abbiamo sempre fatto con il massimo dell’impegno e della professionalità fin dal terribile attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre.
La redazione del Tg3 osserva peraltro con preoccupazione la difficoltà crescente di testimonianza un po’ ovunque nel mondo, con i giornalisti divenuti target anche in Ucraina e altri contesti e con il rilascio dei visti giornalistici sempre più complicato in molti paesi, ostacolo spesso insormontabile e che limita il nostro lavoro.

L’Assemblea del Tg3


dicorinto.it/associazionismo/a…

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Space Threat Landscape 2025, le sfide alle porte e come affrontarle


@Informatica (Italy e non Italy 😁)
La principale agenzia per la cyber security dell'UE ha pubblicato un nuovo rapporto dettagliato che delinea il panorama delle minacce e raccomanda misure per mitigare i rischi più gravi nel settore spaziale
L'articolo Space Threat Landscape 2025, le sfide alle porte e

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Grave Falla RCE in Remote Desktop Gateway (RD Gateway). Aggiornare Subito


Una vulnerabilità critica nel Remote Desktop Gateway (RD Gateway) di Microsoft che potrebbe consentire agli aggressori di eseguire codice dannoso sui sistemi interessati da remoto. Il difetto, è stato scoperto e segnalato da VictorV (Tang Tianwen) del Kunlun Lab, e deriva da un bug di tipo use-after-free (UAF) attivato da connessioni socket simultanee durante l’inizializzazione del servizio Remote Desktop Gateway.

Remote Desktop Gateway (RD Gateway) è un ruolo di Microsoft Windows Server che consente agli utenti remoti di accedere alle risorse interne in modo sicuro ed efficiente tramite Internet. “La vulnerabilità si verifica quando più thread possono sovrascrivere lo stesso puntatore globale, corrompendo i conteggi dei riferimenti e portando infine alla dereferenziazione di un puntatore sospeso, uno scenario UAF classico”, spiega l’avviso di sicurezza .

La vulnerabilità, identificata come CVE-2025-21297 alla quale è stato assegnato uno score CVSSv3 pari ad 8.1, è stata divulgata da Microsoft nei suoi aggiornamenti di sicurezza di gennaio 2025 e da allora è stata attivamente sfruttata.

Nello specifico, la vulnerabilità esiste nella libreria aaedge.dll, all’interno della funzione CTsgMsgServer::GetCTsgMsgServerInstance, dove un puntatore globale (m_pMsgSvrInstance) viene inizializzato senza un’adeguata sincronizzazione dei thread. Secondo i ricercatori, per sfruttare con successo un attacco è necessario che l’aggressore:

  1. Connettersi a un sistema che esegue il ruolo Gateway Desktop remoto;
  2. Attiva connessioni simultanee al RD Gateway (tramite più socket);
  3. Sfruttare il problema di temporizzazione per cui l’allocazione della memoria e l’assegnazione dei puntatori non sono sincronizzate.
  4. Fare in modo che una connessione sovrascriva il puntatore prima che un’altra finisca di farvi riferimento.

Sono vulnerabili diverse versioni di Windows Server che utilizzano RD Gateway per l’accesso remoto sicuro, tra cui:

  • Windows Server 2016 (installazioni Core e Standard).
  • Windows Server 2019 (installazioni Core e Standard).
  • Windows Server 2022 (installazioni Core e Standard).
  • Windows Server 2025 (installazioni Core e Standard).

Le organizzazioni che utilizzano RD Gateway come punto di accesso fondamentale per dipendenti, collaboratori o partner che lavorano da remoto sono particolarmente a rischio. Microsoft ha risolto questa vulnerabilità nel
Patch Tuesday di maggio 2025, introducendo la sincronizzazione basata su mutex, garantendo che un solo thread possa inizializzare l’istanza globale in un dato momento.

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In Memory of Ed Smylie, Whose Famous Hack Saved the Apollo 13 Crew


Some hacks are so great that when you die you receive the rare honor of both an obituary in the New York Times and an in memoriam article at Hackaday.

The recently deceased, Ed Smylie, was a NASA engineer leading the effort to save the crew of Apollo 13 with a makeshift gas conduit made from plastic bags and duct tape back in the year 1970. Ed died recently, on April 21, in Crossville, Tennessee, at the age of 95.

This particular hack, another in the long and storied history of duct tape, literally required putting a square peg in a round hole. After an explosion on the Apollo 13 command module the astronauts needed to escape on the lunar excursion module. But the lunar module was only designed to support two people, not three.

The problem was that there was only enough lithium hydroxide onboard the lunar module to filter the air for two people. The astronauts could salvage lithium hydroxide canisters from the command module, but those canisters were square. Ed and his team famously designed the required adapter from a small inventory of materials available on the space craft. This celebrated story has been told many times, including in the 1995 film, Apollo 13.

Thank you, Ed, for one of the greatest hacks of all time. May you rest in peace.

Header: Gas conduit adapter designed by Ed Smylie, NASA, Public domain.


hackaday.com/2025/05/18/in-mem…

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Intelligenza Artificiale: Implementazione del meccanismo dell’attenzione in Python


Il meccanismo di attenzione è spesso associato all’architettura dei transformers, ma era già stato utilizzato nelle RNN (reti ricorrenti).

Nei task di traduzione automatica (ad esempio, inglese-italiano), quando si vuole prevedere la parola italiana successiva, è necessario che il modello si concentri, o presti attenzione, sulle parole inglesi più importanti nell’input, utili per ottenere una buona traduzione.

Non entrerò nei dettagli delle RNN, ma l’attenzione ha aiutato questi modelli a mitigare il problema vanishing gradient, e a catturare più dipendenze a lungo raggio tra le parole.

A un certo punto, abbiamo capito che l’unica cosa importante era il meccanismo di attenzione e che l’intera architettura RNN era superflua. Quindi, Attention is All You Need!

Self-Attention nei Transformers


L’attenzione classica indica dove le parole della sequenza in output devono porre attenzione rispetto alle parole della sequenza di input. È importante in task del tipo sequence-to-sequence come la traduzione automatica.

La self-attention è un tipo specifico di attenzione. Opera tra due elementi qualsiasi della stessa sequenza. Fornisce informazioni su quanto siano “correlate” le parole nella stessa frase.

Per un dato token (o parola) in una sequenza, la self-attention genera un elenco di pesi di attenzione corrispondenti a tutti gli altri token della sequenza. Questo processo viene applicato a ogni token della frase, ottenendo una matrice di pesi di attenzione (come nella figura).

Questa è l’idea generale, in pratica le cose sono un po’ più complicate perché vogliamo aggiungere molti parametri/pesi nell nostra rete, in modo che il modella abbia più capacità di apprendimento.

Le rappresentazioni K, V, Q


L’input del nostro modello è una frase come “mi chiamo Marcello Politi”. Con il processo di tokenizzazione, una frase viene convertita in un elenco di numeri come [2, 6, 8, 3, 1].

Prima di passare la frase al transformer, dobbiamo creare una rappresentazione densa per ogni token.

Come creare questa rappresentazione? Moltiplichiamo ogni token per una matrice. La matrice viene appresa durante l’addestramento.

Aggiungiamo ora un po’ di complessità.

Per ogni token, creiamo 3 vettori invece di uno, che chiamiamo vettori: chiave (K), valore (V) e domanda (Q). (Vedremo più avanti come creare questi 3 vettori).

Concettualmente questi 3 token hanno un significato particolare:

  • La chiave del vettore rappresenta l’informazione principale catturata dal token.
  • Il valore del vettore cattura l’informazione completa di un token.
  • Il vettore query, è una domanda sulla rilevanza del token per il task corrente.

L’idea è che ci concentriamo su un particolare token i e vogliamo chiedere qual è l’importanza degli altri token della frase rispetto al token i che stiamo prendendo in considerazione.

Ciò significa che prendiamo il vettore q_i (poniamo una domanda relativa a i) per il token i, e facciamo alcune operazioni matematiche con tutti gli altri token k_j (j!=i). È come se ci chiedessimo a prima vista quali sono gli altri token della sequenza che sembrano davvero importanti per capire il significato del token i.

Ma qual’è questa operazione magica?

Dobbiamo moltiplicare (dot-product) il vettore della query per i vettori delle chiavi e dividere per un fattore di normalizzazione. Questo viene fatto per ogni token k_j.

In questo modo, otteniamo uno scroe per ogni coppia (q_i, k_j). Trasformiamo questi score in una distribuzione di probabilità applicandovi un’operazione di softmax. Bene, ora abbiamo ottenuto i pesi di attenzione!

Con i pesi di attenzione, sappiamo qual è l’importanza di ogni token k_j per indistinguere il token i. Quindi ora moltiplichiamo il vettore di valore v_j associato a ogni token per il suo peso e sommiamo i vettori. In questo modo otteniamo il vettore finale context-aware del token_i.

Se stiamo calcolando il vettore denso contestuale del token_1, calcoliamo:

z1 = a11v1 + a12v2 + … + a15*v5

Dove a1j sono i pesi di attenzione del computer e v_j sono i vettori di valori.

Fatto! Quasi…

Non ho spiegato come abbiamo ottenuto i vettori k, v e q di ciascun token. Dobbiamo definire alcune matrici w_k, w_v e w_q in modo che quando moltiplichiamo:

  • token * w_k -> k
  • token * w_q -> q
  • token * w_v -> v

Queste tre matrici sono inizializzate in modo casuale e vengono apprese durante l’addestramento; questo è il motivo per cui abbiamo molti parametri nei modelli moderni come gli LLM.

Multi-Head Self-Attention (MHSA) nei Transformers


Siamo sicuri che il precedente meccanismo di self-attention sia in grado di catturare tutte le relazioni importanti tra i token (parole) e di creare vettori densi di quei token che abbiano davvero senso?

In realtà potrebbe non funzionare sempre perfettamente. E se, per mitigare l’errore, si rieseguisse l’intera operazione due volte con nuove matrici w_q, w_k e w_v e si unissero in qualche modo i due vettori densi ottenuti? In questo modo forse una self-attention è riuscita a cogliere qualche relazione e l’altra è riuscita a cogliere qualche altra relazione.

Ebbene, questo è ciò che accade esattamente in MHSA. Il caso appena discusso contiene due head (teste), perché ha due insiemi di matrici w_q, w_k e w_v. Possiamo avere anche più head: 4, 8, 16, ecc.

L’unica cosa complicata è che tutte queste teste vengono gestite in parallelo, elaborandole tutte nello stesso calcolo utilizzando i tensori.

Il modo in cui uniamo i vettori densi di ogni head è semplice, li concateniamo (quindi la dimensione di ogni vettore deve essere più piccola, in modo che quando li concateniamo otteniamo la dimensione originale che volevamo) e passiamo il vettore ottenuto attraverso un’altra matrice imparabile w_o.

Hands-on

Supponiamo di avere una frase. Dopo la tokenizzazione, ogni token (o parola) corrisponde a un indice (numero):

tokenized_sentence = torch.tensor([
2, #my
6, #name
8, #is
3, #marcello
1 #politi
])
tokenized_sentence

Prima di passare la frase nel transformer, dobbiamo creare una rappresentazione densa per ciascun token.

Come creare questa rappresentazione? Moltiplichiamo ogni token per una matrice. Questa matrice viene appresa durante l’addestramento.

Costruiamo questa matrice, chiamata matrice di embedding.

torch.manual_seed(0) # set a fixed seed for reproducibility
embed = torch.nn.Embedding(10, 16)

Se moltiplichiamo la nostra frase tokenizzata con la matrice di embedding, otteniamo una rappresentazione densa di dimensione 16 per ogni token

sentence_embed = embed(tokenized_sentence).detach()
sentence_embed

Per utilizzare il meccanismo di attenzione dobbiamo creare 3 nuove matrici w_q, w_k e w_v. Moltiplicando un token di ingresso per w_q otteniamo il vettore q. Lo stesso vale per w_k e w_v.

d = sentence_embed.shape[1] # let's base our matrix on a shape (16,16)

w_key = torch.rand(d,d)
w_query = torch.rand(d,d)
w_value = torch.rand(d,d)

Calcolo dei pesi di attenzione


Calcoliamo ora i pesi di attenzione solo per il primo token della frase.

token1_embed = sentence_embed

[0]#compute the tre vector associated to token1 vector : q,k,v
key_1 = w_key.matmul(token1_embed)
query_1 = w_query.matmul(token1_embed)
value_1 = w_value.matmul(token1_embed)

print("key vector for token1: \n", key_1)
print("query vector for token1: \n", query_1)
print("value vector for token1: \n", value_1)

Dobbiamo moltiplicare il vettore query associato al token1 (query_1) con tutte le chiavi degli altri vettori.

Quindi ora dobbiamo calcolare tutte le chiavi (chiave_2, chiave_2, chiave_4, chiave_5). Ma aspettate, possiamo calcolarle tutte in una sola volta moltiplicando sentence_embed per la matrice w_k.

keys = sentence_embed.matmul(w_key.T)
keys[0] #contains the key vector of the first token and so on

Facciamo la stessa cosa con i valori

values = sentence_embed.matmul(w_value.T)
values[0] #contains the value vector of the first token and so on

Calcoliamo la prima parte della formula adesso.

import torch.nn.functional as F

# the following are the attention weights of the first tokens to all the others
a1 = F.softmax(query_1.matmul(keys.T)/d**0.5, dim = 0)
a1

Con i pesi di attenzione sappiamo qual è l’importanza di ciascun token. Quindi ora moltiplichiamo il vettore di valori associato a ogni token per il suo peso.

Per ottenere il vettore finale del token_1 che includa anche il contesto.

z1 = a1.matmul(values)
z1

Allo stesso modo, possiamo calcolare i vettori densi consapevoli del contesto di tutti gli altri token. Ora stiamo utilizzando sempre le stesse matrici w_k, w_q, w_v. Diciamo che usiamo una sola head.

Ma possiamo avere più triplette di matrici, quindi una multi-heads. Ecco perché si chiama multi-head attention.

I vettori densi di un token in ingresso, dati in input a ciascuna head, vengono poi concatenati e trasformati linearmente per ottenere il vettore denso finale.

import torch
import torch.nn as nn
import torch.nn.functional as F

torch.manual_seed(0) #

# Tokenized sentence (same as yours)
tokenized_sentence = torch.tensor([2, 6, 8, 3, 1]) # [my, name, is, marcello, politi]

# Embedding layer: vocab size = 10, embedding dim = 16
embed = nn.Embedding(10, 16)
sentence_embed = embed(tokenized_sentence).detach() # Shape: [5, 16] (seq_len, embed_dim)

d = sentence_embed.shape[1] # embed dimension 16
h = 4 # Number of heads
d_k = d // h # Dimension per head (16 / 4 = 4)

# Define weight matrices for each head
w_query = torch.rand(h, d, d_k) # Shape: [4, 16, 4] (one d x d_k matrix per head)
w_key = torch.rand(h, d, d_k) # Shape: [4, 16, 4]
w_value = torch.rand(h, d, d_k) # Shape: [4, 16, 4]
w_output = torch.rand(d, d) # Final linear layer: [16, 16]

# Compute Q, K, V for all tokens and all heads
# sentence_embed: [5, 16] -> Q: [4, 5, 4] (h, seq_len, d_k)
queries = torch.einsum('sd,hde->hse', sentence_embed, w_query) # h heads, seq_len tokens, d dim
keys = torch.einsum('sd,hde->hse', sentence_embed, w_key) # h heads, seq_len tokens, d dim
values = torch.einsum('sd,hde->hse', sentence_embed, w_value) # h heads, seq_len tokens, d dim

# Compute attention scores
scores = torch.einsum('hse,hek->hsk', queries, keys.transpose(-2, -1)) / (d_k ** 0.5) # [4, 5, 5]
attention_weights = F.softmax(scores, dim=-1) # [4, 5, 5]

# Apply attention weights
head_outputs = torch.einsum('hij,hjk->hik', attention_weights, values) # [4, 5, 4]
head_outputs.shape

# Concatenate heads
concat_heads = head_outputs.permute(1, 0, 2).reshape(sentence_embed.shape[0], -1) # [5, 16]
concat_heads.shape

multihead_output = concat_heads.matmul(w_output) # [5, 16] @ [16, 16] -> [5, 16]
print("Multi-head attention output for token1:\n", multihead_output[0])

Conclusioni


In questo post ho implementato una versione semplice del meccanismo di attenzione. Questo non è il modo in cui viene realmente implementato nei framework moderni, ma il mio scopo è quello di fornire alcuni spunti per permettere a chiunque di capire come funziona. Nei prossimi articoli analizzerò l’intera implementazione di un’architettura transformer.

L'articolo Intelligenza Artificiale: Implementazione del meccanismo dell’attenzione in Python proviene da il blog della sicurezza informatica.



Malwareless attacks: “Ciao sono del reparto IT. Installa AnyDesk così risolviamo subito il problema”


Gli attacchi di phishing hanno nuovamente attirato l’attenzione degli esperti di sicurezza informatica. Questa volta è diventato attivo il gruppo Luna Moth, noto anche come Silent Ransom Group. Il suo obiettivo era ottenere l’accesso ai sistemi interni di organizzazioni legali e finanziarie negli Stati Uniti per poi estorcere denaro tramite la minaccia di fuga di dati. Una nuova ondata di attacchi è iniziata a marzo 2025 e dimostra un elevato livello di ingegneria sociale senza l’uso di malware.

Lo scenario di attacco si basa sull’imitazione del supporto tecnico. Le vittime ricevono e-mail in cui viene chiesto loro di contattare un presunto reparto IT aziendale. Dopo la chiamata, gli aggressori ti convincono a installare sul tuo computer un software legittimo per il controllo remoto, come AnyDesk, Atera, Syncro, Zoho Assist, Splashtop e altri. Questi programmi sono firmati digitalmente e non destano sospetti da parte degli strumenti di sicurezza. Una volta connessi, gli aggressori ottengono accesso diretto alla postazione di lavoro e possono esaminare il contenuto del sistema, delle unità di rete e di altri dispositivi nell’infrastruttura.

Secondo EclecticIQ, i domini simili agli indirizzi dei veri servizi di supporto vengono utilizzati a scopo di camuffamento. In totale sono stati registrati almeno 37 nomi di dominio di questo tipo tramite GoDaddy. Nella maggior parte dei casi utilizzano nomi falsi, utilizzando le parole chiave “helpdesk” o “supporto” riferendosi a un’azienda specifica, il che consente loro di ingannare con successo i dipendenti delle organizzazioni.

Dopo aver ottenuto l’accesso ai dati, gli aggressori li caricano sui propri server utilizzando le utility WinSCP e Rclone, per poi inviare minacce alle vittime chiedendo il pagamento di un riscatto. Il rifiuto è seguito dalla promessa di pubblicare i dati rubati sulla pagina pubblica di Luna Moth. Secondo EclecticIQ, l’importo del riscatto varia da uno a otto milioni di dollari, a seconda della rilevanza e della portata delle informazioni rubate.

La particolare pericolosità di questi attacchi è evidenziata dall’assenza di allegati dannosi o link infetti. Tutte le interazioni avvengono all’interno di canali legittimi e il software viene installato dagli utenti stessi con il pretesto di ricevere assistenza. Questo schema complica seriamente il rilevamento degli incidenti e richiede una revisione delle politiche di sicurezza all’interno delle aziende. Le misure consigliate includono il blocco degli strumenti RMM inutilizzati e l’inserimento nella blacklist dei domini di phishing noti.

Inoltre l’installazione di software sulle PDL da parte degli utenti dovrebbe essere disabilitata by design.

L'articolo Malwareless attacks: “Ciao sono del reparto IT. Installa AnyDesk così risolviamo subito il problema” proviene da il blog della sicurezza informatica.



Designing A Hobbyist’s Semiconductor Dopant


Two clear phials are shown in the foreground, next to a glass flask. One phial is labelled “P,” and the other is labelled “N”.

[ProjectsInFlight] has been on a mission to make his own semiconductors for about a year now, and recently shared a major step toward that goal: homemade spin-on dopants. Doping semiconductors has traditionally been extremely expensive, requiring either ion-implantation equipment or specialized chemicals for thermal diffusion. [ProjectsInFlight] wanted to use thermal diffusion doping, but first had to formulate a cheaper dopant.

Thermal diffusion doping involves placing a source of dopant atoms (phosphorus or boron in this case) on top of the chip to be doped, heating the chip, and letting the dopant atoms diffuse into the silicon. [ProjectsInFlight] used spin-on glass doping, in which an even layer of precursor chemicals is spin-coated onto the chip. Upon heating, the precursors decompose to leave behind a protective film of glass containing the dopant atoms, which diffuse out of the glass and into the silicon.

After trying a few methods to create a glass layer, [ProjectsInFlight] settled on a composition based on tetraethyl orthosilicate, which we’ve seen used before to create synthetic opals. After finding this method, all he had to do was find the optimal reaction time, heating, pH, and reactant proportions. Several months of experimentation later, he had a working solution.

After some testing, he found that he could bring silicon wafers from their original light doping to heavy doping. This is particularly impressive when you consider that his dopant is about two orders of magnitude cheaper than similar commercial products.

Of course, after doping, you still need to remove the glass layer with an oxide etchant, which we’ve covered before. If you prefer working with lasers, we’ve also seen those used for doping.

youtube.com/embed/1dFj-tGn8DI?…


hackaday.com/2025/05/18/design…




Hackaday Links: May 18, 2025


Hackaday Links Column Banner

Saw what you want about the wisdom of keeping a 50-year-old space mission going, but the dozen or so people still tasked with keeping the Voyager mission running are some major studs. That’s our conclusion anyway, after reading about the latest heroics that revived a set of thrusters on Voyager 1 that had been offline for over twenty years. The engineering aspects of this feat are interesting enough, but we’re more interested in the social engineering aspects of this exploit, which The Register goes into a bit. First of all, even though both Voyagers are long past their best-by dates, they are our only interstellar assets, and likely will be for centuries to come, or perhaps forever. Sure, the rigors of space travel and the ravages of time have slowly chipped away at what these machines can so, but while they’re still operating, they’re irreplaceable assets.

That makes the fix to the thruster problem all the more ballsy, since the Voyager team couldn’t be 100% sure about the status of the primary thrusters, which were shut down back in 2004. They thought it might have been that the fuel line heaters were still good, but if they actually had gone bad, trying to switch the primary thrusters back on with frozen fuel lines could have resulted in an explosion when Voyager tried to fire them, likely ending in a loss of the spacecraft. So the decision to try this had to be a difficult one, to say the least. Add in an impending shutdown of the only DSN antenna capable of communicating with the spacecraft and a two-day communications round trip, and the pressure must have been unbearable. But they did it, and Voyager successfully navigated yet another crisis. But what we’re especially excited about is discovering a 2023 documentary about the current Voyager mission team called “It’s Quieter in the Twilight.” We know what we’ll be watching this weekend.

youtube.com/embed/RIP1p5gAoak?…

Speaking of space exploration, one thing you don’t want to do is send anything off into space bearing Earth microbes. That would be a Very Bad Thing™, especially for missions designed to look for life anywhere else but here. But, it turns out that just building spacecraft in cleanrooms might not be enough, with the discovery of 26 novel species of bacteria growing in the cleanroom used to assemble a Mars lander. The mission in question was Phoenix, which landed on Mars in 2008 to learn more about the planet’s water. In 2007, while the lander was in the Payload Hazardous Servicing Facility at Kennedy Space Center, biosurveillance teams collected samples from the cleanroom floor. Apparently, it wasn’t very clean, with 215 bacterial strains isolated, 26 of which were novel. What’s more, genomic analysis of the new bugs suggests they have genes that make them especially tough, both in their resistance to decontamination efforts on Earth and in their ability to survive the rigors of life in space. We’re not really sure if these results say more about NASA’s cleanliness than they do about the selective pressure that an extreme environment like a cleanroom exerts on fast-growing organisms like bacteria. Either way, it doesn’t bode well for our planetary protection measures.

Closer to home but more terrifying is video from an earthquake in Myanmar that has to be seen to be believed. And even then, what’s happening in the video is hard to wrap your head around. It’s not your typical stuff-falling-off-the-shelf video; rather, the footage is from an outdoor security camera that shows the ground outside of a gate literally ripping apart during the 7.7 magnitude quake in March. The ground just past the fence settles a bit while moving away from the camera a little, but the real action is the linear motion — easily three meters in about two seconds. The motion leaves the gate and landscaping quivering but largely intact; sadly, the same can’t be said for a power pylon in the distance, which crumples as if it were made from toothpicks.

youtube.com/embed/77ubC4bcgRM?…

And finally, “Can it run DOOM?” has become a bit of a meme in our community, a benchmark against which hacking chops can be measured. If it has a microprocessor in it, chances are someone has tried to make it run the classic first-person shooter video game. We’ve covered dozens of these hacks before, everything from a diagnostic ultrasound machine to a custom keyboard keycap, while recent examples tend away from hardware ports to software platforms such as a PDF file, Microsoft Word, and even SQL. Honestly, we’ve lost count of the ways to DOOM, which is where Can It Run Doom? comes in handy. It lists all the unique platforms that hackers have tortured into playing the game, as well as links to source code and any relevant video proof of the exploit. Check it out the next time you get the urge to port DOOM to something cool; you wouldn’t want to go through all the work to find out it’s already been done, would you?


hackaday.com/2025/05/18/hackad…



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in reply to simona

mamma mia, chissà quando verrà alla luce tutta la spy-monnezza che ci siamo comprati


allergia - sgrunt!


maledette #graminacee! 🤧🤧😭ho consumato mille fazzoletti (cit.)

pollenundallergie.ch/informazi…
#allergia #nasochecola #occhicheprudono



Speed Up Arduino with Clever Coding


We love Arduino here at Hackaday; they’ve probably done more to make embedded programming accessible to more people than anything else in the history of the field. One thing the Arduino ecosystem is rarely praised for is its speed. That’s where [Playduino] comes in, with his video (embedded below) that promises to make everyone’s favourite microcontroller run 50x faster.

You might be expecting an unstable overclocking setup, with swapped crystals, tweaked voltages and a hefty heat sink, but no! This is stock hardware. The 50x speedup comes from one simple hack: don’t use digitalWrite();

If you aren’t familiar, the digitalWrite() function is one of the key functions Arduino gives you to operate its boards– specify the pin and the value (high or low) to drive it. It’s very easy, but it’s also very slow. [Playduino] takes a moment to show just how much is going on under the hood when you call digitalWrite(), and shows you what you can do instead if you have a need for speed. (Hint: there’s no Arduino-provided code involved; hardware registers and the __asm keyword show up.)

If you learned embedded programming in an earlier era, this will probably seem glaringly obvious. If you, like so many of us, got started inside of the Arduino ecosystem, these closer-to-the-metal programming techniques could prove useful tools in your quiver. Big thanks to [Stephan Walters] for the tip.

Of course if you prefer to speed things up by hardware rather than software, you can overclock an Arduino– with liquid nitrogen, even.

youtube.com/embed/hRqJkfB8uoE?…


hackaday.com/2025/05/18/speed-…



Microsoft abbraccia il Passwordless: riflessioni

Perché abbandonare le password?
Cos’è l’autenticazione passwordless?
Come funziona il sistema passwordless di Microsoft?
Sicurezza e resilienza: un nuovo standard
Implicazioni per la cybersecurity aziendale e personale

insicurezzadigitale.com/micros…

@Informatica (Italy e non Italy 😁)



Ma cancellarsi da Facebook è davvero possibile?


Mesi fa mi sono cancellato da Facebook e sono venuto qui.

Non ho fatto la sospensione dell'account ma proprio la cancellazione. Il sistema mi aveva detto che per 30 giorni avrebbe mantenuto l'account, casomai avessi cambiato idea, e poi l'avrebbe cancellato.

Ormai sono passati mesi ma un mio amico mi ha mandato una screenshot in cui il mio account si vede ancora, come se non fosse mai stato cancellato.

Voi come lo spiegate? Può essere che quel mio amico stia vedendo il contenuto della cache del suo browser?

in reply to Max su Poliverso 🇪🇺🇮🇹

Facebook and Meta are extremely untrustworthy. I do not think they ever really delete user data even if they claim to do so.

They treat their users like cattle and regard user data as Meta's own property.

Questa voce è stata modificata (4 mesi fa)


che dire. quanto è imbarazzante. mi sento appartenente a un popolo davvero problematico. e non è un complimento. dopo la cacciata di daghi questo è quello che siamo? sembra una di quelle storie in cui e dodicenni salvano il mondo. e non ce l'ho con la povera Von Der Leyen a cui va tutta la mia comprensione. adulti responsabili non ce ne sono? una cosa è certa: gli italiani rendono possibile il sogno più improbabile. parlo della Meloni. che non so se impersoni il gatto o la volpe. spero la volpe almeno.