[escursioni]passacaglia H la borsa [singerfood punto] a cavallo ronzini il] martedì il paese] è ricco il dilagante il] flusso fischia dell'ottomano astratto o validazione] della sfida tiene le noci ritira tutto sempre aperti gli spessori è+] ricco incolla] sul modello [segui] trattengono dalla mancia dal] ritmo elegante oppure una]
[una linea immaginaria attraverserà questo ondeggiamento obliquo>G.Perec
Qui i libri si impolverano pure dentro, arrivano gli insetti. Fuori, fascisti e mafie si pigliano la reggenza del paese, ma diciamo del pianeta.
Los Lobos - Gates Of Gold (2015)
Questo disco arriva dopo che le ultime prove discografiche in studio erano diventate un poco appannate, avevano perso smalto (“The Town and The City” una spanna sopra l’ ultimo “Tin Can Trust” di cinque anni orsono, tuttavia entrambe sono prove meno convincenti di un glorioso passato). Però David Hidalgo e Louie Pérez sono tornati in gran forma e c’è una grande varietà nei suoni, con brani che si presentano in una veste squisitamente latina, oppure troviamo blues urbani, sonorità black, poi ci sono riferimenti ai Grateful Dead ed al loro capolavoro Kiko e riscontriamo la presenza di alcune grandi canzoni come ad esempio “Magdalena” e “When We Were Free”. Azzarderei col dire che è il disco più convincente dai tempi di “Good Morning Aztlán” (2002) e qualitativamente siamo ai livelli di Kiko... artesuono.blogspot.com/2015/10…
Ascolta il disco: album.link/s/7oM8JtjRTcDm4F9I3…
Libri. Il racconto: La preghiera di guarigione di Caterina
Come ogni sabato pubblichiamo sulla rubrica libriamoci un racconto, quello di questa settimana riguarda una preghiera di guarigione risalente a tempi antichi
L'Orazione di Caterina
Non è facile estrarre il bene dal male! Il sofferente si affidava al guaritore, che invocava l'aiuto dello Spirito Santo. Il guaritore gli cingeva la testa e recitava una preghiera, e il male si allontanava, lasciando il sofferente in pace. Anche quando il male persisteva, il sofferente riusciva a sopportarlo con più forza. Questo antico rito di guarigione era stato recitato in Italia per secoli presso la corte di un vecchio castello di campagna, che somigliava al Maschio Angioino, abitato da ricchi spagnoli mandati a governare quelle terre.
La storia inizia il 12 ottobre 1710, quando l'ultimo degli spagnoli presenti al castello si apprestava a partire. Catalina, la donna incaricata di chiudere per ultima le porte del castello, era in preda all'agitazione. La lettiga trainata da muli, che l'avrebbe portata via, stava per arrivare, e lei sembrava una gallina che non può fare l'uovo, tanto era ansiosa di completare l'ultimo compito. Una donna del posto, che aveva prestato servizio al castello e che Catalina aveva convocato con urgenza, tardava ad arrivare.
Il marito di questa donna era stato guarito da Catalina grazie a una preghiera. La donna aveva spesso chiesto a Catalina il testo della preghiera di guarigione, a volte con insistenza, ma Catalina aveva sempre rinviato la risposta e ora stava per partire. Ecco che la donna arrivò di gran fretta, salutando con un “Mi scusi, signora, sono al suo servizio”. Lei pensava che Catalina le avrebbe lasciato qualcosa di materiale, come un po' di grano, qualche moneta o utensili, ma Catalina aveva già messo tutto sotto chiave, segno che i suoi padroni avevano intenzione di ritornare. Sorreggendo con entrambe le mani un foglio piegato come una bolla papale, glielo consegnò dicendo: «Escucha! Chesta es tuja oración». Poi, parlando in napoletano per assicurarsi che capisse bene, disse: «Devi recitare questa preghiera ogni giorno, dal giorno di San Giovanni a Natale. Una volta che l'avrai imparata a memoria, dopo la messa della Natività, bruciala sul fuoco della mezzanotte e in quel momento sarai pronta a guarire i sofferenti dal male. Devi chiedere l'intercessione di Nostra Signora della Salute, pilastro della nostra fede. Cingi la fronte del sofferente prima di iniziare a pregare e toglila solo dopo che il sofferente abbia chiesto l'aiuto dello Spirito Santo». La donna rimase esterrefatta, immobile e silenziosa: quel foglio pesava come fosse ferro.
Nel frattempo, dalla via Latina era arrivata la lettiga; Catalina salì a bordo e partì senza aggiungere altro. Negli anni successivi, la preghiera si diffuse ampiamente e sopravvisse in diverse forme nella memoria orale delle famiglie dei borghi pedemontani a nord di Napoli. Venne recitata per guarigioni, esorcismi, per augurare salute e vigore ai popoli o semplicemente per pregare. Fu recitata durante la Grande Guerra, per tenere lontana la peste e durante la Seconda Guerra Mondiale per scongiurare le rappresaglie tedesche. Principalmente, nei secoli, fu recitata per guarire dalle sofferenze e cacciare via il male.
Il 29 aprile 1990, un'anziana infermiera consegnò la preghiera a una sua giovane conoscente omonima, Caterina. Le disse di impararla a memoria, proprio come secoli prima la donna spagnola Catalina aveva raccomandato. Nessuna copia scritta poteva essere utilizzata per guarire; era necessario chiedere l'aiuto della Madonna attraverso l'intercessione di San Giovanni Battista. L'infermiera raccomandò di fare molta attenzione al momento in cui il male fuoriusciva dal corpo del sofferente, per evitare di contaminare altre persone. Il guaritore, esorcizzando il male, avrebbe dovuto indirizzarlo con ferma intenzione verso una gramigna del bosco, che si sarebbe seccata. Dopo qualche anno, l'anziana infermiera morì. La giovane Caterina non diede importanza a quel foglio e lo lasciò in un libro, in una vecchia libreria della casa dei suoi nonni.
In seguito, Caterina si trasferì all'estero per lavoro e si stabilì a Saragozza, in Spagna. Il 29 aprile 2018, mentre si attardava in chiesa dopo la messa di mezzogiorno, la sua attenzione fu attirata da un gruppo di credenti che stava recitando proprio quella preghiera a 'los santos patronos'.
“¡Los que creemos en ti, bendecimos al Señor! Con usted ayuda Dios sálvame miserable pecador y siempre danos todo el vigor y la salud del cuerpo. Por sus sufrimientos, deja que el mal furioso se vaya o lo soportas con serenidad, en vista de su eterna salvación. El que sufre: 'Ayúdame a través del Espíritu Santo'. Amén”
Come un lampo illumina il buio di una stanza chiusa, nella memoria della donna apparve la copertina del libro dove aveva abbandonato, anni prima, la preghiera. A Natale, tornò in Italia, al suo paese natale. La stanza della casa di corte di fine Ottocento dei suoi nonni era stata abbandonata e saccheggiata, ridotta a un vero e proprio relitto del passato. Non c'era più nulla, solo vecchi libri sparsi a terra sul pavimento di cocciopesto, come se il tempo avesse cancellato ogni traccia di vita. Ma, miracolosamente, sullo scaffale della vecchia libreria tarlata, resisteva quel vecchio libro con all'interno la preghiera di Caterina, scritta a macchina.
“Benedici Tibi Benes Convertati viotiure et sereno molto mesta Diot salvamet seon miseri perto vior ognius date nobis et vobis salutem corporis o per exfelat corporis tui satis cum olà furiondo male patis per prevedentione eius filose provvedeste mei Spirito Santo Amen”.
Arrivò l'epoca delle pandemie, e poi il male si impadronì del mondo con le guerre. Caterina, nel frattempo, era diventata una guaritrice e si chiese se fosse possibile guarire il mondo dal male con la preghiera ricevuta in dono. Decise di organizzare una preghiera collettiva sui social, da recitare il 12 ottobre, giorno di Nostra Signora del Pilar, e il 29 aprile, giorno di Santa Caterina, compatrona d'Europa. Così, ogni anno, sempre più persone a queste date recitavano: “Noi credenti benediciamo il Signore. Con il Vostro aiuto, Dio salvi noi umili peccatori. Doni sempre a tutti ogni vigore e la salute del corpo, e per le sofferenze dei popoli vada via il male furibondo, oppure sopportiamolo senza patemi, in vista della salvezza eterna. Aiutateci per mezzo dello Spirito Santo. Amen”.
Qualche considerazione sui riscontri storici
La preghiera di guarigione è stata tramandata oralmente da madre in figlia nei paesi agricoli a nord di Napoli, nel casertano. Una delle ultime a farlo fu Fusco Maria Grazia, detta Caterina, nata a Giano Vetusto il 3 luglio 1924 e morta a Calvi Risorta il 17 dicembre 1997. Anche sua sorella, Fusco Giovanna, nata a Giano Vetusto il 12 maggio 1926 e morta a Calvi Risorta il 22 novembre 1990, contribuì a divulgare la preghiera. La versione in italiano è una variante dell'orazione adoperata da Caterina e oggi è a rischio di scomparsa.
Probabilmente la preghiera, che ha origini antiche risalenti ai tempi dei monaci basiliani, è stata fatta propria dalle popolazioni che la ricevevano in dono. Gli aragonesi l'hanno portata in Spagna, a Valencia e a Saragozza, combinandola con le orazioni e i riti di Nostra Signora del Pilar, che prevedono di cingere la fronte del sofferente. Pertanto, si deduce che non esiste un'orazione perfettamente simile in tutta Italia, poiché ogni persona, imparandola a memoria, ha aggiunto del proprio o per migliorarla o per errore.
I veneziani hanno fatto proprio il culto della Madonna della Salute adottando un'icona proveniente da Creta, la Mesopanditissa, venerata nella Basilica di Santa Maria della Salute. Tuttavia, l'icona più rappresentativa della Madonna è probabilmente quella tanto cara al pontefice Francesco, che si trova nella Basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto. In generale, le orazioni alla Madonna della Salute sono tipiche in tutta Italia e la preghiera di Caterina é una delle tante.
Il giovedì del libro! @L’angolo del lettore @libri #UnoLibri letterina@poliversity.it
Il giornale scritto in lingue diverse
Agli inizi degli anni 2000, un'iniziativa editoriale in collaborazione con il quotidiano 'Il Giornale di Caserta' portò all'uscita settimanale di un inserto dedicato agli immigrati. In un'epoca in cui Internet non era ancora di uso comune, quel giornale voleva rappresentare un ponte verso i paesi di origine degli immigrati. Per conservare memoria storica, ecco di seguito le prime copie di quel giornale su questo spazio web. La curiosità maggiore che suscitò all'epoca fu il fatto che il giornale fosse scritto in più lingue (multilingua).
SIRACIDE - Capitolo 48
Elia1Allora sorse Elia profeta, come un fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola.2Egli fece venire su di loro la carestia e con zelo li ridusse a pochi.3Per la parola del Signore chiuse il cielo e così fece scendere per tre volte il fuoco.4Come ti rendesti glorioso, Elia, con i tuoi prodigi! E chi può vantarsi di esserti uguale?5Tu hai fatto sorgere un defunto dalla morte e dagl'inferi, per la parola dell'Altissimo;6tu hai fatto precipitare re nella perdizione, e uomini gloriosi dal loro letto⊥.7Tu sul Sinai hai ascoltato parole di rimprovero, sull'Oreb sentenze di condanna.8Hai unto re per la vendetta e profeti come tuoi successori.9Tu sei stato assunto in un turbine di fuoco, su un carro di cavalli di fuoco;10tu sei stato designato a rimproverare i tempi futuri, per placare l'ira prima che divampi, per ricondurre il cuore del padre verso il figlio e ristabilire le tribù di Giacobbe.11Beati coloro che ti hanno visto e si sono addormentati nell'amore, perché è certo che anche noi vivremo⊥.
Eliseo12Appena Elia fu avvolto dal turbine, Eliseo fu ripieno del suo spirito; nei suoi giorni non tremò davanti a nessun principe e nessuno riuscì a dominarlo.13Nulla fu troppo grande per lui, e nel sepolcro il suo corpo profetizzò.14Nella sua vita compì prodigi, e dopo la morte meravigliose furono le sue opere.15Con tutto ciò il popolo non si convertì e non rinnegò i suoi peccati, finché non fu deportato dal proprio paese e disperso su tutta la terra. Rimase soltanto un piccolissimo popolo e un principe della casa di Davide.16Alcuni di loro fecero ciò che è gradito a Dio, ma altri moltiplicarono i peccati.
Ezechia e Isaia17Ezechia fortificò la sua città e portò l'acqua nel suo interno; con il ferro scavò un canale nella roccia e costruì cisterne per l'acqua.18Nei suoi giorni Sennàcherib fece una spedizione e mandò Rapsache; alzò la sua mano contro Sion e si vantò spavaldamente nella sua superbia.19Allora si agitarono loro i cuori e le mani, soffrirono come le partorienti.20Invocarono il Signore misericordioso, tendendo le loro mani verso di lui. Il Santo li ascoltò subito dal cielo⊥ e li liberò per mezzo di Isaia.21Egli colpì l'accampamento degli Assiri, e il suo angelo li sterminò,22perché Ezechia aveva fatto quanto è gradito al Signore e aveva seguito con fermezza le vie di Davide, suo padre, come gli aveva indicato il profeta Isaia, grande e degno di fede nella sua visione.23Nei suoi giorni il sole retrocedette ed egli prolungò la vita del re.24Con grande ispirazione vide gli ultimi tempi e consolò gli afflitti di Sion.25Egli manifestò il futuro sino alla fine dei tempi, le cose nascoste prima che accadessero.
_________________Note
48,1-11 Per il profeta Elia il Siracide manifesta profonda ammirazione. Vengono rievocate alcune vicende che la Bibbia racchiude nei libri dei Re: la caduta del fuoco dal cielo (1Re 18,38; 2Re 1,10-12), la risurrezione del figlio della vedova di Sarepta (1Re 17,17-22) e la sua assunzione al cielo su un carro di fuoco (2Re 2). Non manca un accenno al suo ruolo nella preparazione dell’epoca messianica (v. 10, da confrontare con Ml 3,23-24). Le vicende di Elia sono narrate in 1Re 17-2Re 2.
48,12-16 Di Eliseo si parla in 2Re 2-13.
48,17-25 Del re Ezechia viene celebrata l’opera di fortificazione di Gerusalemme (2Re 20,20), per proteggerla nell’eventualità di un assedio. Si accenna alla spedizione del re assiro Sennàcherib, che inviò il suo coppiere Rapsache (v. 18) contro il regno di Giuda; ma l’angelo del Signore intervenne salvando il popolo (2Re 18-19; Is 36-37). Il profeta Isaia è affiancato a Ezechia nella guida spirituale e materiale del regno. Di lui viene ricordato (v. 23) il miracolo narrato in 2Re 20,8-11 e Is 38,4-8.
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Approfondimenti
vv. 1-15d. Per Ben Sira Elia è come un fuoco (v. 1a), immagine efficace per indicare il suo zelo (v. 2b; cfr. il gioco di parole tra ’îš ’elōhîm ed ’ēš ’elōhîm, uomo di Dio e fuoco di Dio in 2Re 1,10.12). Viene mandato da Dio nel regno del Nord, per puriticarlo (vv. 1-3) e riunificarlo al regno davidico del Sud («ricondurre il cuore dei padri verso i figli»: v. 10c). Elia è visto come operatore di prodigi, più che come profeta (vv. 1.4): fa venire la carestia (v. 2a; cfr. 1Re 18,3; Lc 4,25), chiude i cieli (v. 3a; cfr. 1Re 17,1) e fa scendere il fuoco tre volte (v. 3b; cfr. 1Re 18,38; 2Re 1,10.12). Passando alla seconda persona singolare (vv. 5-11) – come già con Salomone (47,14-20) – Ben Sira fa poi riferimento ad altre opere prodigiose, che rendono Elia ineguagliabile: la risurrezione del figlio della vedova di Zarepta (v. 5; cfr. 1Re 17,17-22), la rovina di re malvagi (v. 6; cfr. 1Re 21,19-24; 2Re 1,16-17), l'esperienza del rimprovero sull'Oreb-Sinai (v. 7; cfr. 1Re 19,8-18), l'unzione di re e profeti (v. 8; cfr. 1Re 19,15-16), la sua fine gloriosa (v. 9; 2Re 2,1.11). Il vertice è nei vv. 10-11: Ben Sira afferma la fede biblica («è scritto») circa il ritorno di Elia nei tempi messianici (v. 10; cfr. Ml 3,24) per ristabilire le tribù di Giacobbe (cfr. Is 49,6). Per il NT questa profezia si compie in Giovanni Battista (Mt 17,10-13; Mc 9,11-13; cfr. anche Lc 1,17). Nel greco del v. 11 si esprime la convinzione che i morti nell'amore rivivranno e avranno la gioia di vedere Elia tornare. Per il tema della pena nell'aldilà, cfr. il greco di 7,17. L'ebraico del v. 11 è mutilo e forse allude ad Eliseo, che vide la scomparsa di Elia (cfr. 2Re 2,10-12); comunque non pare si discosti dalla concezione intramondana di Ben Sira (cfr. 14,11-19; 17,27-28).
Eliseo viene riempito dello spirito di Elia (v. 12), più di chiunque altro («due volte», BC: «due terzi»: cfr. 2Re 2,9-10), ed opera meraviglie (vv. 12cd-14; cfr. 2Re 2-6; 8; 13). Un chiaro parallelismo antitetico sottolinea la sua grandiosità in vita e in morte (v. 14). Ma il popolo del regno del Nord non si convertì e finì in esilio: allusione alla presa di Samaria nel 722 a.C. da parte assira e alla deportazione (v. 15cd; cfr. 2Re 17,5-23; Dt 4,25-27).
vv. 15e-25. Rimane solo il piccolo resto del regno di Giuda al Sud, con un discendente di Davide sul trono (v. 15ef). Estrema sintesi della storia dei re di Giuda (v. 16): Ben Sira ritiene che solo Ezechia (715-687 a.C.) possa rientrare tra i re buoni nello spirito della storia deuteronomica (cfr. 2Re 18,1-8). Ne riconosce anzitutto i meriti socio-politici: ha fortificato Gerusalemme, l'ha resa sicura contro eventuali assedi portando l'acqua dalla fonte del Ghicon fino alla piscina di Siloe con un tunnel, ha fronteggiato Sennacherib nel 701 (vv. 17-18; cfr. 2Re 20,20; 2Cr 32,30). Poi ne ricorda la pietà esemplare, a cui Dio dà ascolto inviandogli il proteta Isaia (vv. 19-20; cfr. 2Re 19,20-34). Ezechia è docile e fermo sulle vie del padre Davide (v. 22b: il nome Ezechia significa «JHWH rende forte, fermo») e viene guarito nella malattia (v. 23; cfr. 2Re 29,6; Is 38,5). L'ultima pennellata è per Isaia, che vede il futuro e consola Israele (vv. 24-25; cfr. Is 24-27 e 40-66). Per Ben Sira Isaia è autore di tutto il libro che porta il suo nome.
(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
[1]Sto spiegando frontalmente un pezzo della rivoluzione americana, parlo, mi agito, detto, indicando le slide che ho preparato cercando di rendere semplici e chiari le connessioni politico-economiche di quello di cui sto parlando, quando, a 35 minuti dall'inizio, sento una voce femminile che sussurra “bastaaa”. Mi giro e vedo il sorriso complice della studentessa e dico, ok, direi che ci possiamo un po' fermare.
Mi siedo al computer e cerco un video che spieghi come si caricavano i fucili nel 1700, giusto per sfruttare anche l'ultimo quarto d'ora di lezione, quando vedo un'ombra vicino a me. È uno studente.
“Senta – mi dice – volevo chiederle una cosa che non c'entra, ma che mi è venuta in mente mentre lei spiegava. Ma cosa succederebbe secondo lei se nel mondo si scoprisse che Dio non esiste?”. Lo guardo, mi giro verso lo schermo, guardo gli appunti. “Allora – dico – secondo me” e poi proseguiamo a parlare per venti minuti, oltre il suono della campanella, di Dio, dei Sumeri, di distopie, di Divinità native americane che colonizzano l'occidente, immaginando a un certo punto un mondo in cui mai nella sua storia avesse conosciuto il concetto di religiosità.
Alla fine io gli dico grazie e lui mi dice grazie e mi trovo così a scuotere la testa incredula guardando il vuoto.
[2]In classe stiamo vedendo Otello di Welles, con le quarte, e io lo commento e un po' spiego Shakespeare, un po' la regia di Welles. Gli studenti dopo una mezz'ora di bianco e nero con il faccione di Welles rispondono con scarsissimo entusiasmo e crescente distrazione al capolavoro del nostro.
Al che interrompo e dico, va bene, pausa. Ora prendete i cellulari, ci dividiamo a gruppi e dovete fare un breve filmato con almeno un campo, controcampo, montaggo interno con carrello a precedere, primo piano e piano americano. Loro si risvegliano, si guardano attorno e chiedono, ok, ma dove?
Mi guardo attorno anche io. La classe è troppo piccola, nei corridoio, addio sorveglianza e poi facciamo casino e disturbiamo le frontali delle altre aule. Guardo la finestra. “Andiamo fuori” dico e prendiamo tutto e usciamo fuori dalla scuola, cerchiamo un posto vicino al parcheggio.
Nell'ora successiva io giro ridacchiando vedendoli divisi in gruppi girare il loro film, montarlo, accorrere a momenti di panico per la telecamera e delucidazioni su cosa sia un montaggio interno. Ridono, si rilassano e costruiscono qualcosa fuori dall'aula che resta là, in alto, a fissarci, con il suo occhio vitreo.
[caffeine]passato e] come capillare il cinema diventa sonoro l'acrobata e] i saltatori passano o la polis sans titre raggiunge il cascatore il] dopoguerra sono quelli cascati il ramazzotti l'open [quello] del cinema oltrecortina] il fatturato in bolletta la televisione a] scoppio ritardato rischiare le] pensioni fatto spuntato rottura] del participio
Festa della Vendemmia: i bambini di Kidville portano colore e tradizione per le strade di Cesa e Aversa
Una giornata all’insegna dei colori, della gioia e delle tradizioni: così l’Istituto Kidville ha celebrato la tanto attesa Festa della Vendemmia, trasformando le vie di Cesa e Aversa in un tripudio di allegria e profumi d’autunno. Guidati dalle insegnanti e accompagnati dai dirigenti Maria Cammisa e Nicholas Errico, i piccoli alunni hanno sfilato per le strade con un carro riccamente addobbato, simbolo della raccolta dell’uva e della vita nei campi. Tra grappoli d’uva, foglie colorate, cesti di vimini e decorazioni fatte a mano, i bambini hanno portato in scena con vestiti a tema la magia della vendemmia, ricordando a tutti il valore della terra e delle nostre radici. L’intera comunità ha partecipato con entusiasmo, applaudendo al passaggio dei piccoli protagonisti e condividendo con loro un momento di autentica festa popolare. Le strade si sono riempite di sorrisi, canti e balli, mentre i più piccoli imparavano il significato profondo del lavoro, della condivisione e del rispetto per la natura. I dirigenti Maria Cammisa e Nicholas Errico, visibilmente orgogliosi della partecipazione e dell’entusiasmo dei bambini, hanno dichiarato: “Oggi abbiamo celebrato molto più di una tradizione: celebriamo la vita che nasce dalla terra e la meraviglia del tempo che matura i suoi frutti. La vendemmia è un gesto antico, fatto di mani che raccolgono e di cuori che ringraziano. È la metafora più bella del nostro cammino educativo: seminare, attendere, prendersi cura e infine raccogliere ciò che insieme abbiamo fatto crescere. Ogni grappolo d’uva è come un sogno che ha trovato la sua stagione. Oggi, guardando i ragazzi impegnati, curiosi, sorridenti, vediamo che anche la scuola è una grande vigna: un luogo dove si coltivano speranze, passioni, futuro. Che questa giornata ci ricordi che educare, come vendemmiare, significa credere nella forza silenziosa della crescita, nella bellezza della collaborazione e nella gratitudine per ciò che la vita ci offre. Buona vendemmia a tutti, e grazie a chi ogni giorno continua a credere nel valore della terra, della scuola e dell’amore per ciò che si fa.”
LA VISIONE
ancora sono sogno e inizio di pensieri e sento un angelo con l'ali vellutate coprirmi
nel bianco silenzio allagato di luna mi do d'amore mia “fuga” nell'intima mia essenza sorda al mondo
(2012)
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Apprezzamento
Il testo crea un’atmosfera notturna intensa e intima, piena di immagini sensoriali che comunicano sospensione, abbandono e un incontro sacro con qualcosa di puro. La voce lirica è coerente e il tono meditativo funziona bene per il tema della visione.
Analisi delle immagini e dei temi
- Immagini sensoriali: ali vellutate, bianco silenzio, allagato di luna funzionano come forte materiale iconografico che evoca tatto, vista e suono per sottrazione; la luna come acqua suggerisce immersione e purificazione.
- Tema: fusione tra sogno, amore e trascendenza; la “fuga” è insieme atto d’amore e atto di ritrazione dal mondo.
- Voce e prospettiva: io lirico femminile o neutro, intimista e distratto dal mondo esterno; il riferimento all’angelo introduce elemento salvifico o consolatorio.
- Musicalità: versi brevi e frammentati creano pause che rafforzano il tono sognante; alcune scelte metrico-ortografiche (doppio spazio, accenti) potrebbero essere uniformate per scorrevolezza.
Lamentazioni
Sono dunque questi gli anni che s'apprestano? Le mattine che s'affastellano come lenuzola piegate e riposte nell'armadio ma senza l'odore dolce dei sacchetti di lavanda, quelle mattine in cui socchiudi gli occhi per indovinare i granelli di polvere che turbinano in controluce investiti dai raggi del sole del mattino: e conteremmo quei pulviscoli all'infinito piuttosto che sentire l'aria fredda che scivola lenta sotto i lembi del pigiama e ci carezza con la mano fredda della morte senza però la volontà del nulla, dell'oblio del tutto. Sono qusti quindi i giorni che si apprestano? La processone delle ore e dei minuti che procede senza musica né banda dove ci conduce se non nelle bianche stanze degli uffici in cui scontiamo la pena di voler restare vivi? Il bianco delle pareti è come il bianco dei sepolcri ma senza odore acre senza l'umido di grotta e l'asfissiante biancora non è forse un crudele modo per ricordarci ciò che siamo? Questo discordante sottofondo, questo consueto e detestabile brusìo perché ci accompagna nei nostri tristi giorni? Perché non sono nostre di diritto le celestiali sinfonie, le arpe, i cori a cento voci? Chi volle per noi questo silenzio senza bellezza, questa noia senza requie, questa tenebra che non accoglie?
credo che senza un intervento militare deciso non ci sarà pace mai per il popolo palestinese. israhell dovrà affrontare una forza di interposizione più energica dei caschi blu dell'Onu. più paesi dovrebbero sbarcare a Gaza e in Cisgiordania per difendere i palestinesi che restano ancora vivi. decine di morti anche questa notte, come durante tutta la finzione di tregua
Fiano, o delle distinzioni di comodo.
(173)
Brevi e probabilmente banali considerazioni dopo l'ascolto di Emanuele Fiano oggi sui fatti accaduti a “Cà Foscari”.
Per chi segue il dibattito social, la posizione di Emanuele Fiano e “Sinistra per Israele” tende a sostenere che l’ #antisionismo sia una forma di #antisemitismo, cioè che l’opposizione al movimento sionista o alle politiche di Israele coincida sempre con l’odio verso gli ebrei. Questa visione semplifica e confonde due piani profondamente diversi.
L’antisemitismo è ostilità verso gli ebrei in quanto persone, religione o popolo: pogrom, discriminazioni, teorie del complotto e “Shoah” ne sono espressioni drammatiche. L’antisionismo invece è la critica dell’ideologia sionista e delle politiche dello Stato di Israele: non nasce per definizione come discorso d’odio, ma come posizione politica, spesso alimentata da ragioni storiche, etiche o di difesa dei diritti dei palestinesi.
Ci sono sempre stati ebrei antisionisti: gruppi religiosi o laici che non si riconoscono nello Stato di #Israele o ne criticano l’esistenza, a prescindere da ogni odio antiebraico. Anzi, la discussione critica tra ebrei su sionismo e Israele fa parte della storia stessa dell’ebraismo moderno. Equiparare ogni antisionismo all’antisemitismo cancella questa pluralità e nega il diritto a dissentire, dentro e fuori dalla comunità ebraica.
Una critica anche aspra al governo israeliano, alla sua politica verso i palestinesi o al progetto sionista in sé non implica odio per gli ebrei. Così come criticare la Russia di Putin, la Cina di Xi o l’America di Biden non significa odiare russi, cinesi o americani. Dire il contrario è una forma di propaganda che soffoca il dibattito, bolla ogni dissenso come intolleranza e serve spesso a zittire movimenti per i diritti umani o campagne di solidarietà internazionale.
Chi sostiene che antisionismo e antisemitismo siano la stessa cosa rischia di banalizzare davvero l’antisemitismo: se tutto è odio antiebraico, niente lo è più davvero. E si finisce per colpire chi magari lotta contro razzismi e colonalismi ma è a favore dei diritti di palestinesi, israeliani ed ebrei. Cosa che fanno, alla luce del sole, Fiano e i componenti di “Sinistra per Israele.” Antisionismo e antisemitismo sono cose diverse e confonderle fa male sia alla lotta contro le discriminazioni, sia alla libertà di dibattito politico.
Non ho scritto cose nuove, me ne rendo conto, ma continuare a “tenere il punto”, in giorni disperanti come questi, mi aiuta a considerare le cose per come dovrebbero essere, non per come vogliamo che siano.
#Blog #Antisemitismo #Antisionismo #Opinioni #Italia #Politics #Politica
Warren Haynes feat. Railroad Earth - Ashes & Dust (2015)
Che Warren Waynes volesse registrare un disco da cantautore non è una novità per chi segue con attenzione il musicista di Asheville. In fondo il suo esordio solista, Live At Bonnaroo del 2004, era un disco acustico che andava in questa direzione, per cui molti pensavano che Man In Motion sarebbe stato il tanto atteso album in studio da songwriter…ma sappiamo che le cose sono andate diversamente. Warren ha spiegato che canzoni di questo genere, non adatte agli Allman Brothers o ai Gov't Mule, si sono accumulate nel corso degli anni... artesuono.blogspot.com/2015/09…
Ascolta il disco: album.link/s/2Ept5AOP3rZorKVAD…
La cooperazione internazionale nella lotta alla corruzione
La Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC) è l'unico strumento anticorruzione universalmente vincolante. Adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 31 ottobre 2003, a seguito dei negoziati di Vienna, in Austria, rappresenta un impegno storico da parte dei Paesi nella lotta alla corruzione. Il suo punto di forza unico risiede nel suo approccio globale, che pone l'accento sulla prevenzione, l'applicazione della legge, la cooperazione internazionale e il recupero dei beni.
L' #UNCAC è stata fondamentale nel promuovere importanti riforme nazionali #anticorruzione, nel rafforzare i quadri giuridici e istituzionali e nel migliorare la collaborazione transfrontaliera. Svolge inoltre un ruolo fondamentale nel promuovere l'Agenda 2030 e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, affrontando gli impatti di vasta portata della corruzione sui principi e sui valori delle #NazioniUnite.
Poiché i casi di #corruzione sono spesso complessi e transnazionali, un'efficace cooperazione internazionale è fondamentale per indagare e perseguire con successo tali reati. La cooperazione internazionale promuove un approccio globale coordinato e unificato per combattere questo reato, consentendo la condivisione di informazioni, prove e altre forme significative di assistenza legale tra le autorità competenti di diversi Paesi.
Riconoscendo la natura complessa e transfrontaliera dei casi di corruzione, la Convenzione dedica un intero capitolo alla cooperazione internazionale (Capitolo IV). Questo capitolo fornisce un solido quadro normativo per gli Stati che desiderano impegnarsi nella cooperazione internazionale sia a livello formale che informale. A tal fine, gli Stati si impegnano a garantire l'esistenza di autorità anticorruzione indipendenti e specializzate per fornire la più ampia assistenza legale reciproca possibile, nonché uno scambio informale diretto e sicuro di informazioni sui casi di corruzione in corso. La Convenzione copre anche ulteriori forme di cooperazione internazionale in materia penale, come l'estradizione, il trasferimento di persone condannate, la cooperazione diretta tra le forze dell'ordine, le indagini congiunte e le tecniche investigative speciali. Incoraggia inoltre gli Stati a prendere in considerazione la possibilità di fornire assistenza reciproca nelle indagini e nei procedimenti in materia civile e amministrativa.
L'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile individua la corruzione come un ostacolo fondamentale allo sviluppo sostenibile e invita gli Stati membri a “ridurre sostanzialmente la corruzione e le tangenti in tutte le loro forme” (Obiettivo 16.5). Per monitorare i progressi verso l'Obiettivo 16.5 vengono utilizzati due indicatori. In primo luogo, la prevalenza della corruzione tra la popolazione (indicatore SDG 16.5.1) e in secondo luogo, la prevalenza della corruzione tra le imprese (indicatore SDG 16.5.2). Entrambi gli indicatori richiedono la conduzione di indagini campionarie basate sull'esperienza.
Le indagini basate sull'esperienza possono evitare le insidie sia dei dati amministrativi sulla corruzione (in particolare la pervasiva sottostima dei casi non rilevati e non segnalati) sia delle carenze degli studi sulla corruzione basati sulla percezione, che per definizione catturano solo le opinioni piuttosto che il fenomeno reale. Se ben progettate e implementate secondo gli standard internazionali, le indagini basate sull'esperienza sulla corruzione possono misurare sia i livelli che le tendenze della corruzione e di altre forme di corruzione. Possono anche aiutare a identificare istituzioni, aziende e gruppi di popolazione specifici maggiormente esposti alla corruzione. Di conseguenza, queste indagini hanno implicazioni politiche dirette: possono orientare le autorità nazionali su dove concentrare i loro sforzi anticorruzione. Tuttavia, è anche importante notare che le indagini sulla corruzione basate sull'esperienza non possono rilevare casi di “grande corruzione” tra le élite politiche e imprenditoriali. Invece, catturano le esperienze quotidiane di cittadini e imprese comuni quando accedono ai servizi pubblici.
A livello globale, 142 paesi e territori dispongono di dati sulla prevalenza della corruzione nella popolazione per il 2024 o per l'ultimo anno disponibile dal 2010. Questi dati indicano che la prevalenza della corruzione varia significativamente tra le regioni. Ad esempio, nei paesi con dati disponibili in Asia centrale e meridionale e nell'Africa subsahariana, la prevalenza media della corruzione nella popolazione è del 24,0%. Al contrario, questa percentuale scende al 15,7% in Asia orientale e sudorientale e al 9,0% in Europa e Nord America.
SIRACIDE - Capitolo 47
Natan e Davide1Dopo di lui sorse Natan, per profetizzare nei giorni di Davide.2Come dal sacrificio di comunione si preleva il grasso, così Davide fu scelto tra i figli d'Israele.3Egli scherzò con leoni come con capretti, con gli orsi come con agnelli.4Nella sua giovinezza non ha forse ucciso il gigante e cancellato l'ignominia dal popolo, alzando la mano con la pietra nella fionda e abbattendo la tracotanza di Golia?5Egli aveva invocato il Signore, l'Altissimo, che concesse alla sua destra la forza di eliminare un potente guerriero e innalzare la potenza del suo popolo.6Così lo esaltarono per i suoi diecimila, lo lodarono nelle benedizioni del Signore offrendogli un diadema di gloria.7Egli infatti sterminò i nemici all'intorno e annientò i Filistei, suoi avversari; distrusse la loro potenza fino ad oggi.8In ogni sua opera celebrò il Santo, l'Altissimo, con parole di lode; cantò inni a lui con tutto il suo cuore e amò colui che lo aveva creato.9Introdusse musici davanti all'altare e con i loro suoni rese dolci le melodie. ⌈Ogni giorno essi eseguono le loro musiche.⌉10Conferì splendore alle feste, abbellì i giorni festivi fino alla perfezione, facendo lodare il nome santo del Signore ed echeggiare fin dal mattino il santuario.11Il Signore perdonò i suoi peccati, innalzò la sua potenza per sempre, gli concesse un'alleanza regale e un trono di gloria in Israele.
Salomone12Dopo di lui sorse un figlio saggio, che, grazie a lui, abitò in un vasto territorio.13Salomone regnò nei giorni di pace, per lui Dio concesse tranquillità all'intorno, perché costruisse una casa per il suo nome e preparasse un santuario per sempre.14Come fosti saggio nella tua giovinezza e fosti colmo d'intelligenza come un fiume!15La tua fama ricoprì la terra, che tu riempisti di sentenze difficili.16Il tuo nome giunse lontano, fino alle isole, e fosti amato nella tua pace.17Per i canti, i proverbi, le sentenze e per i responsi ti ammirarono i popoli.18Nel nome del Signore Dio, che è chiamato Dio d'Israele, hai accumulato l'oro come stagno, hai ammassato l'argento come piombo.19Ma hai steso i tuoi fianchi accanto alle donne e ne fosti dominato nel tuo corpo.20Hai macchiato la tua gloria e hai profanato la tua discendenza, così da attirare l'ira divina sui tuoi figli ed essere colpito per la tua stoltezza.21Perciò fu diviso in due il tuo dominio e da Èfraim ebbe inizio un regno ribelle.22Ma il Signore non ha rinnegato la sua misericordia, non ha lasciato cadere nessuna delle sue parole. Non ha fatto perire la posterità del suo eletto e non ha distrutto la stirpe di colui che lo aveva amato. Egli concesse un resto a Giacobbe e a Davide un germoglio nato da lui.
Roboamo e Geroboamo23Salomone andò a riposare con i suoi padri e dopo di sé lasciò un discendente, stoltezza del popolo e privo di senno, Roboamo, che si alienò il popolo con le sue decisioni, e Geroboamo, figlio di Nabat, che indusse Israele a peccare e aprì a Èfraim la via del peccato.24Le loro colpe si moltiplicarono tanto da farli esiliare dal proprio paese.25Essi commisero ogni genere di malvagità, finché non giunse su di loro la vendetta.
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Approfondimenti
vv. 1-11. Dopo il rapido accenno al profeta Natan (v. 1), si passa al profilo di Davide (vv. 2-11). La sua superiore bontà è paragonata – con immagine cultuale – al grasso scremato dalle vittime (v. 2). Si delineano prima i meriti militari (vv. 3-7) e poi quelli cultuali (vv. 8-10). Da ultimo si ricorda in modo sfumato il peccato con la moglie di Uria (cfr. 2Sam 11,12; Sal 51) e si accenna rapidamente all'alleanza regale (v. 11). Ben Sira narra con gusto le vittorie su leoni e orsi a difesa delle pecore (v. 3; cfr. 1Sam 17,34s.) e la sconfitta del gigante Golia grazie alla forza del Signore (vv. 4-5; cfr. 1Sam 17,32-51); e ancora le lodi del popolo (v. 6; cfr. 1Sam 18,7) ed il successo contro i vari nemici, Moabiti e Aramei, Edomiti, Ammoniti e Filistei (v. 7; cfr. 2Sam 8). Al gusto si unisce, poi, l'ammirata devozione nel descrivere la riforma religiosa: Ben Sira sembra indugiare volentieri sul Davide orante e cantore (v. 8) e sul legislatore che ha rilanciato la vita del santuario con musicisti, feste e canti (vv. 9-10). L'aspetto regale è nettamente oscurato dal significato sacerdotale dell'opera Davide (v. 11), pervenuto alla perfezione in questo campo (v. 10b).
vv. 12-25. L'introduzione pone l'accento sulla saggezza di Salomone, a cui i meriti del padre Davide hanno fatto ereditare un vasto regno (v. 12). Il brano si sviluppa in tre parti: l'elogio del re sapiente (vv. 13-18), l'esito negativo del suo peccato, che divide il regno di suo padre (vv, 19-21), e la promessa del «resto» (v. 22), seguita dalla fine degli stolti fatta dai figli di Salomone: Roboamo, re di Giuda (v. 23), e Geroboamo, re di Israele (vv. 24-25). Salomone è ricordato, oltre che per il regno di pace e la costruzione del santuario (v. 13), anche per la ricchezza (v. 18) e soprattutto per la fama di sapiente e compositore di canti (vv. 14-17). Allusioni alle risposte date alla regina di Saba (1Re 10,1-10) e al Cantico dei Cantici (Ct 1,1). Il greco, alludendo al suo nome (Salomone, il «pacifico»), amplifica il favore universale per la sua opera di pace (v. 16, assente in ebraico). Nei vv. 14-20 l'autore fa ricorso alla seconda persona singolare: stesso uso con Elia (48,4-11). La macchia del peccato riguarda le donne straniere, in quanto causa di indebolimento della fede dei padri e di idolatria (vv. 19-20; cfr. Pr 31,3, ma soprattutto Dt 17,17). Il riferimento al resto è in un quadro di messianismo regale, con l'allusione alla radice di Davide (v. 22f; cfr. Is 11,1). Dopo Salomone il male del regno diviso in due crebbe a causa dello stolto Roboamo (gioco di parole tra rabab, vasto – presente in ebr. – e ‘am, popolo, presente in gr.) e dell'innominabile Geroboamo (l'ebr. non vuole ricordarne il nome), che portò Israele sulla via del peccato. Esito di tutto ciò: esilio ed ogni sorta di malvagità, finché non sorse Elia.
(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
Caserta. Centinaia di lavoratori pubblici in attesa del rinnovo contrattuale e cittadini costretti a pagare di più per servizi peggiori
Centinaia di lavoratori pubblici in attesa del rinnovo contrattuale e cittadini costretti a pagare di più per servizi peggiori. È la fotografia della realtà degli enti locali nella provincia di Caserta secondo la CISL Funzione Pubblica, che lancia un allarme sulla tenuta stessa dei servizi pubblici sul territorio.
“Nella nostra provincia – spiega il segretario generale Franco Della Rocca – parliamo di 104 comuni e di migliaia di dipendenti che da anni attendono la sottoscrizione del contratto 2022-2024, rimasto al palo, e l’avvio della nuova tornata 2025-2027.
Questo stallo produce conseguenze dirette sulla qualità della vita dei cittadini: meno personale negli uffici, servizi esternalizzati, costi maggiori a carico delle famiglie.”
Il segretario evidenzia come la carenza di personale e la mancata attrattività del pubblico impiego stiano svuotando gli enti locali, spingendo sempre più amministrazioni a ricorrere a ditte esterne.
“Il risultato – aggiunge Della Rocca – è che i Comuni spendono di più e rendono di meno. Le esternalizzazioni, infatti, gravano sulla finanza pubblica e per far quadrare i bilanci gli enti sono costretti ad aumentare le tariffe dei servizi a domanda individuale.
Un paradosso che colpisce due volte i cittadini: pagano più tasse e ricevono un servizio gestito da terzi, spesso con minore efficienza.”
La CISL Fp ricorda che nella sanità il contratto è stato già firmato, garantendo continuità e tutele per il personale, mentre nelle funzioni centrali l’accordo è stato raggiunto anche senza l’intesa con CGIL e UIL.
“Non si può più rimandare – conclude Della Rocca –: i lavoratori degli enti locali meritano il rinnovo del contratto e un riconoscimento reale del loro ruolo. Bloccare ancora la trattativa significa penalizzare non solo i dipendenti, ma anche i cittadini che ogni giorno si affidano ai servizi pubblici.”
Formia. Piste pedonali abbandonate senza manutenzione nei pressi di Panorama
Nelle periferie delle città, la mancanza di piste pedonali sicure e ben mantenute è un problema sempre più sentito. I cittadini si lamentano della scarsa attenzione riservata alla realizzazione e alla manutenzione di queste infrastrutture essenziali per la mobilità sostenibile e la sicurezza stradale. Alcuni cittadini:“Io vado a fare compete al centro commerciale vicino alla rotonda di Panorama a Formia e devo camminare sulla strada perché non ci sono piste pedonali sicure”, racconta Maria, una cittadina di Formia. “È pericoloso e scoraggiante.”
Giovanni aggiunge: “Le poche piste pedonali che ci sono, sono spesso in condizioni pietose. Le strisce pedonali sono scolorite e le erbacce ostruiscono il percorso.”
La mancanza di piste pedonali sicure e ben mantenute mette a rischio la sicurezza dei cittadini e scoraggia l'attività fisica e la mobilità sostenibile. È necessario che le autorità locali investano nella realizzazione e nella manutenzione di piste pedonali sicure e ben progettate.
La mancanza di piste pedonali sicure e ben mantenute nelle periferie delle città è un problema che richiede attenzione immediata. I cittadini meritano di poter camminare e andare in bicicletta in sicurezza. È tempo che le autorità locali prendano seriamente in considerazione le esigenze dei cittadini e investano nella realizzazione e nella manutenzione di piste pedonali sicure e sostenibili.
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Ordine dei giornalisti della Campania
jeans strappati
Forse c'era sotto dell'altro ed ora ha poca importanza le urla e quella porta sbattuta della mia vecchia stanza.
Forse c'era sotto dell'altro oppure ero io a provocare ma se uscivo così conciato avrei fatto meglio a non rientrare.
Forse c'era sotto dell'altro ma quei jeans strappati erano per me la cosa più importante del mondo nel mille e novecento ottantatré.
Forse c'era sotto dell'altro ma ora non ha più importanza tutta quell'acqua è passata e quanto rimane è pazienza.
Trey Anastasio - Paper Wheels (2015)
Il linguaggio di un musicista sono i suoi ascolti, anche quando un gruppo, o un solista, intende superarli o lasciarseli alle spalle. È proprio questa semplice verità, ancora oggi invisa a qualche purista dell'illuminazione improvvisa, il segreto della grandezza dei Phish, creatura nata presso l'Università del Vermont, nel 1983, allorché il chitarrista Trey Anastasio e i suoi tre complici trovarono divertente l'idea di mettere sul pentagramma una conoscenza enciclopedica della storia del rock e dei suoi derivati, ogni volta riletti in un'apoteosi di virtuosismi, improvvisazioni, divagazioni, rimaneggiamenti e, non ultime, straordinarie facilità e freschezza di scrittura... artesuono.blogspot.com/2015/12…
Ascolta il disco: album.link/s/7pm7zDU7tYJ6qjMD8…
[stime]manca l'ammoniaca l'aspic lo parlano al 2% [codici catastali per il 27%] oppure 0.000000001 fondersi di bocchedafuoco l'arsenale le bronzine buccheri nel] 30% dei casi provano senza] risultati personalizzati lo] trovano scritto come antiaderente solo il 4% solo [nanosecondi] placche riservato in resina placebo la notte di A. i] detonatori
[provetecniche]tutte le strade topiramato fuggito] ma panico [una finestra] la pretattica il pannello con le curve di] manca solo -e dove] le finestre fanno mobili vista mare accumulatori per i reagenti tutte le] tracce che può contenere
SIRACIDE - Capitolo 46
Giosuè e Caleb1Valoroso in guerra fu Giosuè, figlio di Nun, successore di Mosè nell'ufficio profetico; secondo il suo nome, egli fu grande per la salvezza degli eletti di Dio, compiendo la vendetta contro i nemici insorti, per assegnare l'eredità a Israele.2Com'era glorioso quando alzava le sue braccia e brandiva la spada contro le città!3Chi prima di lui era stato così saldo? Egli guidava le guerre del Signore.4Al suo comando non si arrestò forse il sole e un giorno divenne lungo come due?5Egli invocò l'Altissimo, il Sovrano, mentre i nemici lo premevano da ogni parte; lo esaudì il Signore grande con una grandinata di pietre poderose.6Egli piombò sulla nazione nemica e nella discesa distrusse gli avversari, perché le nazioni conoscessero tutte le sue armi e che la loro guerra era contro il Signore. Egli infatti marciò dietro al Sovrano7e nei giorni di Mosè compì un'opera di misericordia: egli e Caleb, figlio di Iefunnè, opponendosi all'assemblea, impedendo che il popolo peccasse e calmando le maligne mormorazioni.8Solo loro due furono salvati fra i seicentomila fanti, per far entrare il popolo nell'eredità, nella terra in cui scorrono latte e miele.9Il Signore concesse a Caleb una forza che l'assistette sino alla vecchiaia, perché raggiungesse le alture del paese; così la sua discendenza possedette l'eredità,10affinché tutti i figli d'Israele sapessero che è bene seguire il Signore.
I giudici11Ci sono poi i giudici, ciascuno con il suo nome: di coloro il cui cuore non commise infedeltà e di quanti non si allontanarono dal Signore, sia il loro ricordo in benedizione!12Le loro ossa rifioriscano dalla loro tomba e il loro nome si rinnovi nei figli, perché essi sono già glorificati.
Samuele13Samuele, amato dal suo Signore, profeta del Signore, istituì la monarchia e unse dei prìncipi sul suo popolo.14Secondo la legge del Signore governò l'assemblea e il Signore volse lo sguardo benevolo su Giacobbe.15Per la sua fedeltà si dimostrò profeta e per le sue parole fu riconosciuto veggente degno di fede.16Egli invocò il Signore, il Sovrano, quando i nemici lo premevano all'intorno, con l'offerta di un agnello da latte.17Il Signore tuonò dal cielo e con grande fragore fece udire la sua voce;18sterminò i capi degli abitanti di Tiro e tutti i prìncipi dei Filistei.19Prima dell'ora del suo sonno eterno attestò davanti al Signore e al suo unto: “Né denari né sandali ho preso da alcuno”, e nessuno poté contraddirlo.20Ancora dopo che si fu addormentato profetizzò, predicendo al re la sua fine; anche dal sepolcro levò la sua voce per cancellare con una profezia l'iniquità del popolo.
_________________Note
46,20 Si allude all’episodio narrato in 1Sam 28.
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Approfondimenti
vv. 1-12. Tre rievocazioni compongono il brano: Giosuè (vv. 1-6), Caleb (vv. 7-10) e i giudici (vv. 11-12). L'intento didascalico di mostrare che è bene seguire il Signore (v. 10) fa rileggere in modo edificante la storia della conquista della terra promessa ad opera di Giosuè. La fermata del sole (v. 4) e la grandinata eccezionale (v. 5; cfr. Gs 10,13) evidenziano la mano forte del successore di Mosè (vv. 2.4a), che vinceva perché invocava e seguiva l'Altissimo (vv. 5-6). Giosuè, modello di preghiera nella tribolazione, viene ascoltato dall'altissimo sovrano (v. 5a). Il nome divino ‘elyôn è frequente (14 volte) in questi ultimi capitoli del libro, mentre nel resto si usa JHWH. La rievocazione, a questo punto, fa un passo indietro, ricordando un atto di pietà (v. 7a) di Giosuè e Caleb, avvenuto prima della conquista. I due, dopo avere esplorato il paese di Canaan, cercano di convincere l'assemblea che mormora, che è possibile entrarci, avendo fede nell'aiuto del Signore. Il popolo non cambia parere e, di conseguenza, solo due – contro seicentomila – si salvarono (v. 8; cfr. 10,16; Es 12,37; Nm 11,21). Infine l'elogio complessivo dei giudici: dopo aver escluso chi è caduto nell'idolatria (v. 11) – si allude forse a Gedeone (Gdc 8,27) e Sansone (Gdc 13-16) – Ben Sira auspica che le loro ossa rifioriscano nei figli (v. 12). Non pare si tratti del tema della risurrezione, quanto piuttosto di quello della rinascita, nel tempo di Ben Sira, della fede e delle gesta eroiche di chi introdusse Israele nella sua terra.
vv. 13-20. Dopo le opere di Samuele in vita (vv. 13-16) e la risposta potente del Signore (vv. 17-18), il brano ricorda il testamento in punto di morte e l'attività profetica dal sepolcro (vv. 19-20). Samuele è l'ultimo dei giudici (v. 14a), che non si è mai lasciato corrompere da denaro (v. 19); ha istituito la monarchia (v. 13), consacrando Saul (cfr. 1Sam 10,1) e dopo di lui Davide (v. 20b; cfr. 1Sam 16,13); è stato profeta fedele e verace (vv. 15.20) ed ha svolto funzioni sacerdotali, pregando e offrendo sacrifici (v. 16). L'ebraico lo ricorda esplicitamente, oltre che come nazireo consacrato alla funzione profetica dal grembo materno alla morte, anche come giudice e sacerdote, uomo di senno fino alla fine.
(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
Spoofing dell’ID chiamante, un reato transnazionale. La posizione di Europol
Europol sostiene con urgenza un approccio europeo unificato per combattere il crescente problema dello spoofing dell’ID chiamante, una tecnica sempre più sfruttata dai criminali informatici per attività fraudolente e truffe di ingegneria sociale.
Questa pratica prevede che i criminali manipolino le informazioni visualizzate sul telefono del destinatario, facendo sembrare che la chiamata provenga da una fonte legittima, come una banca, un ente governativo o persino un membro della famiglia. La natura ingannevole di questi appelli ha portato a notevoli danni finanziari e sociali, con perdite globali stimate in circa 850 milioni di euro all’anno. Telefonate e SMS continuano a essere i principali vettori di queste truffe, rappresentando circa il 64% degli incidenti denunciati. Nascondendo la loro vera identità e posizione, i truffatori sono in grado di manipolare le vittime inducendole a rivelare informazioni personali, trasferire denaro o concedere l'accesso a dispositivi e account, il che rende estremamente difficile per le forze dell'ordine rintracciarli e perseguirli.
La natura senza confini dello spoofing dell’ID chiamante ha consentito alle reti criminali organizzate di operare in più giurisdizioni, complicando ulteriormente gli sforzi per combattere il problema. Queste reti spesso sfruttano le lacune giurisdizionali per evitare il rilevamento e il perseguimento giudiziario, utilizzando lo spoofing come strumento per impersonare entità fidate e ottenere la fiducia delle vittime. In alcuni casi, questa pratica è stata utilizzata nei cosiddetti incidenti di “schiacciamento”, in cui vengono effettuate false chiamate di emergenza dall'indirizzo della vittima, portando a risposte di emergenza su larga scala. Le indagini hanno anche rivelato l'emergere di un modello di business “spoofing-as-a-service”, che offre strumenti già pronti per impersonare forze dell'ordine o istituzioni finanziarie. Questi servizi sono spesso gestiti dall’estero, rendendo ancora più difficile per le autorità rintracciare e fermare gli autori dei reati.
Europol ha sottolineato che l’attuale squilibrio, in cui lo spoofing è facile da commettere ma difficile da indagare, è insostenibile. Per risolvere questo problema, Europol sollecita l’attuazione di misure che aumentino i costi e la complessità tecnica per i criminali che devono nascondersi dietro identità contraffatte, consentendo allo stesso tempo agli investigatori di agire rapidamente oltre confine. Una recente indagine Europol condotta in 23 paesi ha evidenziato le sfide significative nell’attuazione di misure efficaci contro lo spoofing dell’ID chiamante, lasciando circa 400 milioni di persone in tutta l’UE vulnerabili a questi tipi di attacchi.
Le forze dell’ordine hanno identificato diversi ostacoli importanti, tra cui una cooperazione limitata con gli operatori di telecomunicazioni, normative frammentate e una mancanza di strumenti tecnici per identificare e bloccare le chiamate contraffatte. Per affrontare queste sfide, Europol e i suoi partner hanno delineato tre priorità chiave:
- lo sviluppo di standard tecnici armonizzati per tracciare le chiamate fraudolente, verificare gli ID chiamanti legittimi e bloccare il traffico ingannevole;
- il rafforzamento della collaborazione transfrontaliera per migliorare la condivisione di informazioni e prove tra le forze dell’ordine, i regolatori e le parti interessate del settore;
- l’allineamento delle normative nazionali per consentire la tracciabilità legale, chiarire gli usi legittimi del mascheramento dell’ID chiamante e promuovere strumenti antifrode comprovati.
Sebbene le richieste misure anti-spoofing siano fondamentali, le forze dell’ordine sono anche consapevoli che i criminali continueranno ad adattare ed evolvere le loro tattiche. Le minacce emergenti come le truffe basate su SIM, i servizi prepagati anonimi e gli schemi di smishing (tipologia di phishing che utilizza messaggi di testo e sistemi di messaggistica per appropriarsi di dati personali) richiederanno una vigilanza continua e una cooperazione intersettoriale. Le misure proposte da Europol sono in linea con la strategia ProtectEU, che mira a rafforzare la capacità collettiva dell’Europa di combattere la criminalità organizzata e proteggere i cittadini dalle minacce sia online che offline. Attraverso una continua collaborazione tra più soggetti interessati, l’Europa può lavorare per ripristinare l’integrità delle sue reti di comunicazione e ridurre il crescente danno causato dallo spoofing dell’ID chiamante.
IO ERO LA'
(nella ricorrenza dell'11 settembre)
quasi un assentarmi da me (stato catatonico davanti allo schermo) (auto- difesa inconscia per non viverlo quel momento?)
-ma io “ero” là tra vite spaginate nell'aria:
io presente-assente stagliato contro un cielo stravolto
...e in me
cadevo
(2012)
.
Revision ravvicinata
IO ERO LÀ
(nella ricorrenza dell’11 settembre)
quasi un’assenza da me, stato
catatonico davanti allo schermo
autodifesa che si spezza: non viverlo
quel momento — o viverlo a metà?
ma io ero là,
tra vite spaginate nell’aria,
presente-assente,
stagliato contro un cielo stravolto.
...e dentro,
cadevo.
(2012)
Variante lirica
IO ERO LÀ
(nell’eco dell’11 settembre)
mi assentavo come se fossi aria,
catatonia appesa allo schermo,
autodifesa che impara a non sentire.
ero là, tra pagine di vite scagliate,
presenza che si frange contro un cielo spezzato.
e poi — nella quiete che resta —
cadevo, lento, dentro il giorno che non torna.
(2012)
Variante asciutta e tagliente
IO ERO LÀ
(11 settembre)
assente davanti allo schermo
catatonia, meccanismo: non guardare
o guardare senza essere tutto
ero là. vite spaginate nell’aria
io, presente-assente, contro il cielo rotto
e dentro di me
cadevo.
(2012)
Note su ritmo e immagini
- Mantieni la dicotomia “presente-assente” come fulcro emotivo; ripeterla o trasformarla in immagine rafforza il conflitto interno.
- Le parentesi funzionano per l’intimità riflessiva; usale di nuovo se vuoi sottolineare pensieri infranti, ma evita l’eccesso per non frammentare troppo la scansione.
- Alterna frasi spezzate e versi compatti: i versi spezzati simulano lo sbandamento dello sguardo davanti allo schermo.
- La chiusa “cadevo” è potente perché semplice; isolala visivamente per aumentare il peso del ricordo.
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Chiusura riflessiva
e nella sacca del silenzio raccolsi i frammenti
delle parole non dette, li tenni contro il petto
come lenti per vedere meglio quel giorno —
e restai, sospeso, a misurare il vuoto che ancora ha peso.
Chiusura secca e definitiva
e poi nulla di più che una caduta.
il corpo resta, il resto è memoria bruciata.
ho contato i battiti, ho visto il cielo cedere.
cadevo. fine.
Chiusura ambigua e possibile
e invece — qualcosa continuava a muoversi:
una voce lontana, il rumore di passi che ritornano,
una piccola luce che non voleva spegnersi.
cadeva, ma ogni caduta imparava a rialzarsi.
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Salmo 39
Pallida la luna scruta questa gelata sera d'ottobre. Le case - come lapidi incolonnate custodiscono le strade: troppo profondo il silenzio per tacere il mio segreto. L'ombra leggera e scura che già tante volte ho conosciuto ecco arriva alle mie spalle e mi sussurra all'orecchio l'orrore che non ha nome: durare, esistere, questo il destino di noi che cerchiamo di fuggire — essere una cosa tra le cose — dividerci gli attimi di questa falsa eternità. Simulacri delle ore e dei minuti s'obliano gli istanti e raccogliamo i nostri giorni come fossero macerie e i nostri scheletri invecchiati bisbiglieranno dalla polvere “ancora tempo, ancora un po' di tempo”.
Ma io conosco quest'inganno, io che ho imparato a fuggire dal miraggio dell'eterno, a guisa di un Lucifero demente innalzo al cielo la mia fiamma m se passo tra gli uomini ogni solco della pelle è una piaga di dolore. Il Tempo annulla la fatica delle genti sventa i progetti dei popoli ma il suo piano esiste per sempre. L'occhio del Tempo è su quelli che lo temono. Il mio cuore ha le vertigini e la forza m'abbandona: “Fammi conoscere, Signore, la misura dei miei giorni”. Io, presso di te, sono un forestiero. Potessi avere un respiro ancora prima dell'oblio della notte, prima di tornare alla casa senza tempo, prima che si spezzi il filo d'argento e la lampada d'oro si rompa e ogni cosa torni a essere un soffio: così come è sempre stato.
Sufjan Stevens - Carrie & Lowell (2015)
“I don’t know where to begin”. Difficile immaginare una confessione più disarmata, per uno che di mestiere fa il cantastorie. Scoprirsi così sopraffatti da aver perso le parole. Da aver paura persino di affrontare il silenzio. Difficile immaginarlo soprattutto per uno come Sufjan l’eclettico, quello del giro dell’America in cinquanta album e delle lettere aperte a Miley Cyrus su Tumblr. Ma in “Carrie & Lowell” le cose sono diverse: “Questo non è il mio progetto artistico. Questa è la mia vita”. E il gioco dei trasformismi lascia il posto alla carne e al sangue dell’esperienza... artesuono.blogspot.com/2015/04…
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SIRACIDE - Capitolo 45
1amato da Dio e dagli uomini: Mosè, il cui ricordo è in benedizione.2Gli diede gloria pari a quella dei santi e lo rese grande fra i terrori dei nemici.3Per le sue parole fece cessare i prodigi e lo glorificò davanti ai re; gli diede autorità sul suo popolo e gli mostrò parte della sua gloria.4Lo santificò nella fedeltà e nella mitezza, lo scelse fra tutti gli uomini.5Gli fece udire la sua voce, lo fece entrare nella nube oscura e gli diede faccia a faccia i comandamenti, legge di vita e d'intelligenza, perché insegnasse a Giacobbe l'alleanza, i suoi decreti a Israele.
Aronne6Egli innalzò Aronne, santo come lui, suo fratello, della tribù di Levi.7Stabilì con lui un'alleanza perenne e lo fece sacerdote per il popolo. Lo onorò con splendidi ornamenti e gli fece indossare una veste di gloria.8Lo rivestì con il massimo degli onori, lo coronò con paramenti di potenza: calzoni, tunica ed efod.9Lo avvolse con melagrane e numerosi campanelli d'oro all'intorno, che suonassero al muovere dei suoi passi, diffondendo il tintinnio nel tempio, come memoriale per i figli del suo popolo.10Lo avvolse con una veste sacra d'oro, violetto e porpora, opera di ricamatore, con il pettorale del giudizio, con i segni della verità11e con tessuto di scarlatto filato, opera d'artista, con pietre preziose, incise come sigilli, incastonate sull'oro, opera d'intagliatore, quale memoriale, con le parole incise secondo il numero delle tribù d'Israele.12Sopra il turbante gli pose una corona d'oro con incisa l'iscrizione sacra, insegna d'onore, lavoro vigoroso, ornamento delizioso per gli occhi.13Prima di lui non si erano viste cose tanto belle, mai uno straniero le ha indossate, ma soltanto i suoi figli e i suoi discendenti per sempre.14I suoi sacrifici vengono interamente bruciati, due volte al giorno, senza interruzione.15Mosè riempì le sue mani e lo unse con olio santo. Ciò divenne un'alleanza perenne per lui e per i suoi discendenti, finché dura il cielo: quella di presiedere al culto ed esercitare il sacerdozio e benedire il popolo nel suo nome.16Lo scelse fra tutti i viventi perché offrisse sacrifici al Signore, incenso e profumo come memoriale, e perché compisse l'espiazione per il popolo.17Nei suoi comandamenti gli diede il potere di pronunciare giudizi, perché insegnasse a Giacobbe le sue testimonianze e illuminasse Israele nella sua legge.18Contro di lui insorsero uomini stranieri e furono gelosi di lui nel deserto: erano gli uomini di Datan e di Abiròn e quelli dell'assemblea di Core, furiosi e violenti.19Il Signore vide e se ne indignò; essi finirono annientati nella furia della sua ira. Egli compì prodigi a loro danno, per distruggerli con il fuoco della sua fiamma.20E aumentò la gloria di Aronne, gli assegnò un'eredità: gli riservò le primizie dei frutti, gli assicurò anzitutto pane in abbondanza.21Si nutrono infatti delle vittime offerte al Signore, che egli ha assegnato a lui e ai suoi discendenti.22Tuttavia non ha eredità nella terra del popolo, non c'è porzione per lui in mezzo al popolo, perché il Signore è la sua parte e la sua eredità.
Fineès23Fineès, figlio di Eleàzaro, fu il terzo nella gloria, per il suo zelo nel timore del Signore, per la sua fermezza quando il popolo si ribellò, per la bontà coraggiosa della sua anima; egli fece espiazione per Israele.24Per questo con lui fu stabilita un'alleanza di pace, perché presiedesse al santuario e al popolo; così a lui e alla sua discendenza fu riservata la dignità del sacerdozio per sempre.25Per l'alleanza fatta con Davide, figlio di Iesse, della tribù di Giuda, l'eredità del re passa solo di figlio in figlio, l'eredità di Aronne invece passa a tutta la sua discendenza.26Vi infonda Dio sapienza nel cuore, per giudicare il suo popolo con giustizia, perché non svanisca la loro prosperità e la loro gloria duri per sempre.
_________________Note
45,6-22 La lunga trattazione riservata ad Aronne è motivata dal suo sacerdozio, per il quale il Siracide mostra venerazione e nutre grande speranza in vista del futuro d’Israele. La descrizione delle vesti sacerdotali di Aronne si ispira a Es 28.
45,10 i segni della verità: gli urìm e tummìm, strumenti particolari che si usavano quando si consultava la divinità (Es 28,30).
45,12 l’iscrizione sacra: il nome sacro di Dio.
45,15 L’espressione “riempire le mani” designa l’investitura sacerdotale.
45,18-19 Allusione all’episodio di ribellione, narrato in Nm 16,1-17,15.
45,23-26 Fineès (o Pincas) riveste un ruolo speciale nella trasmissione del sacerdozio, essendo nipote di Aronne (il sacerdozio si trasmetteva in linea ereditaria, v. 25). Di lui si parla in Nm 25,11-13.
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Approfondimenti
vv. 44,23f-45,5. Entra subito in scena Mosè. Il riferimento a Giuseppe (cfr. Eb 11,22) si trova alla fine della sezione (cfr. 49,15), anche se non manca chi vuole vederlo nei tratti iniziali del profilo di Mosè (cfr. 44,23f-45,2). Diversamente che per Abramo, qui Ben Sira sottolinea molto l'iniziativa divina, con una dozzina di verbi che hanno Dio per soggetto. Mosè, da lui amato (cfr. 45,1a; stesso termine solo per Samuele in 47,13), è scelto fra tutti gli Israeliti (questo il senso di «ogni carne»: v. 4b; cfr. v. 16a) e uguagliato alla gloria degli angeli (v. 2a; per i santi = angeli cfr. 42,17), reso forte davanti ai nemici (v. 2b) e glorioso davanti ai re (v. 3b); è intercessore ascoltato per allontanare minacce (v. 3a) e partecipa alla gloria ed alla santità di Dio (vv. 3d.4a), messo in grado di udirne la voce, entrare nella sua nube misteriosa (v. 5ab) e riceverne i comandamenti faccia a faccia (vv. 3c.5c). L'ebraico è un po' più riservato circa l'incontro di Mosè con Dio. Tuttavia il trattamento eccezionale, tenuto conto della pietà e fedeltà di Mosè (vv. 1a.4a), mira a fare di lui l'interprete della legge di vita per il bene di tutto il popolo (v. 5eg; cfr. v. 17cd; ma anche 17,11; 24,23).
vv. 6-22. Il ritratto di Aronne, tre volte più lungo, anticipa temi e lessico dell'elogio del sommo sacerdote Simone (cfr. 50,1-21). Dopo aver introdotto Aronne, fratello di Mosè, collocato in mezzo al popolo e all'alleanza con la funzione specifica di sacerdote (vv. 6-7), Ben Sira si immerge nella descrizione ammirata del suo abbigliamento liturgico, vera delizia degli occhi e dell'udito (vv. 8-12). Passa, poi, a presentare la duplice funzione del sacerdote:
- a) offrire i sacrifici e compiere l'espiazione (vv. 13-16);
- b) insegnare e far applicare la legge (v. 17).
Dopo aver ricordato la rivolta politica di Datan e Abiron, discendenti di Ruben (v. 18c; cfr. Nm 16,1.12s.), e la rivendicazione sacerdotale della “banda di Core”, discendente di Levi (v. 18d; cfr. Nm 16,1-11), seguite dal castigo (v. 19; cfr. Nm 16,16-35), Ben Sira conclude descrivendo lo statuto speciale della discendenza di Aronne, la cui eredità è il Signore stesso (vv. 20-22). La grande attenzione data al sacerdozio rivela una sensibilità e una necessità: da un lato la nota ammirazione di Ben Sira per il culto (cfr. 7,29-31 e 34,18-35,10), dall'altro la convinzione che Israele ormai non ha altre istituzioni a cui appoggiarsi (cfr. v. 26).
vv. 23-26. L'eredità di Aronne si trasmette integra alla sua discendenza (v. 25d): il nipote Finees, figlio di Eleazaro, viene qui collocato in grande rilievo. Il libro dei Numeri ricorda la sua risolutezza nell'eseguire l'ordine mosaico di eliminare quanti aderivano al culto di Baal-Peor. Finees uccide l'israelita Zimri e la madianita Cozbi, facendo cessare il flagello divino contro Israele (Nm 25,1-8). Ben Sira non ricorda il gesto omicida, ma la concessione a Finees e alla sua discendenza della guida dei santi (ebraico: santuario) e del popolo con la dignità del sacerdozio per sempre (v. 24; cfr. Nm 25,13). Il “terzo posto” (v. 23a) può avere due spiegazioni:
- a) quella genealogico-sacerdotale, secondo cui Finees è considerato terzo dopo Aronne ed Eleazaro o dopo Mosè e Aronne;
- b) quella spirituale, secondo cui egli è terzo per fedeltà dopo Abramo e Mosè (cfr. 44,20; 45,4).
Il brano è chiuso da due riferimenti intrecciati, concernenti il presente: l'alleanza regale con Davide, ormai senza prospettive socio-politiche all'epoca di Ben Sira (v. 25ab) e l'augurio perché i discendenti di Aronne nel sacerdozio siano le vere guide politiche di Israele, assicurandogli un governo giusto (v. 26)
(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
[rotazioni] -we were in a small cafe
le terrazze si copiano una prima] sistemazione è tempo che il sistema se ne accorga una seconda proprietà] pende da un capo incolla] pirata con deposito foto automatica dal] davanzale sporgente pezzano intonaci] verde chiarissimo a RigaVecrīga] senza supermercati frugali senza [estensioni chiusa] al traffico ai devoti
[vortex] -trenta capolavori ritrovati
usati -motivo ricorrente] verosimile un sofà o isola componibile] chateaubriand la] cortina fastidi cambio di pile in] pectore la nervosa comazione ordina] e ritira il portolano] va in secca l'ora legale inesauribile] -eppure claustrofobica
Van Morrison - Duets: Re-Working The Catalogue (2015)
Non è un mistero che i dischi del nuovo millennio, comunque sempre dignitosi, di “Van the Man”, oltre ad un paio di compilations, albums di covers e il nostalgico, storico live di Astral Weeks, siano scivolati progressivamente verso una stanchezza creativa che è andata di pari passo a quella fisica, palesata nei concerti degli ultimi anni (ridotti nei tempi per problemi di voce) e nelle dichiarazioni delle ultime interviste (non riesco più a fare tour, mi stanco troppo). Quindi con queste premesse, arrivato lannuncio del progetto dei duetti (chiaramente con un occhio rivolto al mercato), pur rappresentando una delle figure più ammirate e rispettate del mondo della musica, il rischio di flop artistico non era poi unipotesi così remota... artesuono.blogspot.com/2015/03…
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SIRACIDE - Capitolo 44
LA SAPIENZA DI DIO NELLA STORIA D’ISRAELE (44,1-50,29)
L’elogio degli antenati1Facciamo ora l'elogio di uomini illustri, dei padri nostri nelle loro generazioni.2Il Signore li ha resi molto gloriosi: la sua grandezza è da sempre.3Signori nei loro regni, uomini rinomati per la loro potenza, consiglieri per la loro intelligenza e annunciatori nelle profezie.4Capi del popolo con le loro decisioni e con l'intelligenza della sapienza popolare; saggi discorsi erano nel loro insegnamento.5Inventori di melodie musicali e compositori di canti poetici.6Uomini ricchi, dotati di forza,⊥ che vivevano in pace nelle loro dimore.7Tutti costoro furono onorati dai loro contemporanei, furono un vanto ai loro tempi.8Di loro, alcuni lasciarono un nome, perché se ne celebrasse la lode.9Di altri non sussiste memoria, svanirono come se non fossero esistiti, furono come se non fossero mai stati, e così pure i loro figli dopo di loro.10Questi invece furono uomini di fede, e le loro opere giuste non sono dimenticate.11Nella loro discendenza dimora una preziosa eredità: i loro posteri.12La loro discendenza resta fedele alle alleanze e grazie a loro anche i loro figli.13Per sempre rimarrà la loro discendenza e la loro gloria non sarà offuscata.14I loro corpi furono sepolti in pace, ma il loro nome vive per sempre.15I popoli parlano della loro sapienza, l'assemblea ne proclama la lode.
Enoc e Noè16Enoc piacque al Signore e fu rapito⊥, esempio di conversione per tutte le generazioni.17Noè fu trovato perfetto e giusto, al tempo dell'ira fu segno di riconciliazione; per mezzo suo un resto sopravvisse sulla terra, quando ci fu il diluvio.18Alleanze eterne furono stabilite con lui, perché con il diluvio non fosse distrutto ogni vivente.
Abramo19Abramo fu grande padre di una moltitudine di nazioni, nessuno fu trovato simile a lui nella gloria.20Egli custodì la legge dell'Altissimo, con lui entrò in alleanza. Stabilì l'alleanza nella propria carne e nella prova fu trovato degno di fede.21Per questo Dio gli promise con giuramento di benedire le nazioni nella sua discendenza, di moltiplicarlo come la polvere della terra, di innalzare la sua discendenza come gli astri e di dar loro un'eredità da mare a mare e dal fiume fino all'estremità della terra.
Isacco e Giacobbe22Anche a Isacco fu fatta la stessa promessa grazie ad Abramo, suo padre.23La benedizione di tutti gli uomini e la sua alleanza Dio fece posare sul capo di Giacobbe; lo confermò nelle sue benedizioni, gli diede il paese in eredità: lo divise in varie parti, assegnandole alle dodici tribù.
MosèDa lui fece sorgere un uomo mite, che incontrò favore agli occhi di tutti,
_________________Note
44,1-50,29 L’ultima sezione del libro del Siracide esalta l’azione della sapienza di Dio nella storia d’Israele. L’autore tratteggia una galleria di ritratti che racchiude al suo interno i personaggi più cari alla tradizione biblica, collegati con gli eventi più significativi della storia del popolo di Dio (vedi anche 1Mac 2,51-61; Sal 78; 105; 106; 135; 136; Sap 10-19; Eb 11).
44,16-18 Il ricordo di Enoc rimanda a Gen 5,21-24. All'epoca del Siracide questo personaggio era molto popolare ( v. 16) e su di lui si concentrò l'attenzione del giudaismo, che gli attribuì alcuni scritti apocrifi.
44,21 Le espressioni da mare a mare e dal fiume fino all’estremità della terra contengono l’idea di universalità.
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Approfondimenti
vv. 1-15. Il brano intende lodare gli antenati, che furono illustri (coperti di doxa/ḥesed: v. 1a) e virtuosi (pieni di eleos/ḥesed: v. 10a). La prospettiva universalista della sezione (44,18.19.21.23) sembrerebbe favorire l'idea che si tratti di eroi profani (vv. 2-9), a fronte dei quali Ben Sira ricorderebbe gli antenati degli Ebrei (v. 1.10). Tuttavia sembra preferibile considerare questo brano come uno sguardo d'insieme sulla storia religiosa e civile di Israele, poi dettagliata col richiamo di personaggi del passato (44,16-49,16) e di uno del presente (50,1-21). Retrospettive storiche, con intenti didattici, apologetici o parenetici, sono presenti in Ez 20,4-44; Ne 9,6-37; Sal 78; 105; Gdt 5,5-21; Sap 10-12; 1Mac 2,51-64; At 7,2-53; Gc 5,10-11; Eb 11,2-39.
Dopo l'introduzione (vv. 1-2), troviamo un elenco di attività (forse dodici), che assicurano gloria imperitura a chi le ha esercitate (vv. 3-7), e poi un riferimento agli «altri» di cui «non sussiste memoria» (v. 9). Chi sono questi altri? Alcuni ci vedono gli Israeliti infedeli del passato, specie i re del Nord e del Sud. Sembra probabile , tuttavia, che si tratti di Israeliti pii, ma dimenticati. Ben Sira li celebra come eroi oscuri della fede: furono «uomini virtuosi» (v. 10) e conservano una eredità buona e fedele, che rimarrà nelle generazioni future (vv. 11-15). Sembra si parli degli Asidei (da ḥesed – ḥasidîm; cfr. 1Mac 2,42; 7,13), gli Ebrei fedeli alla legge durante la rivolta maccabaica. Il tema relativo a “generare-generazioni” compare all'inizio, al centro e alla fine del brano (vv. 1.7.14). Se, dunque, si tratta di storia sacra – più che profana – anche nel brano iniziale, bisogna aprire la Bibbia con Ben Sira e seguirlo come guida attraverso un'immaginaria galleria. Citazioni o semplici allusioni vengono dal Pentateuco e da Giosuè, Giudici, Samuele, Re, Cronache, Neemia, Salmi, Proverbi e Giobbe.
In 44,3-7 affiora un elenco di dodici (?) categorie di eroi: regnanti (v. 3a) come Davide (cfr. 47,1-11) e Salomone (cfr. 47,12-22); uomini rinomati per potenza (v. 3b) come Giosuè (cfr. 46,1-8), Caleb (cfr. 46,9-10) e i giudici (cfr. 46,11-12); consiglieri intelligenti (v. 3c) come Natan (cfr. 47,1), Isaia (cfr. 48,20.22) e Geremia (cfr. 49,6); portatori di annunci profetici (v. 3d) come Samuele (cfr. 46,13-20), Elia (cfr. 48,1-1), Eliseo (cfr. 48,12-16), Isaia, Geremia, Ezechiele (cfr. 49,8) e i dodici Profeti minori (cfr. 49,10); capi del popolo (v. 4a) come Giuseppe (cfr. 49,15); esperti della legge (v. 4b) come Mosè (cfr. 44,23f-45,5); saggi (v. 4c) come Salomone e Giobbe (cfr. 49,9); inventori di melodie (v. 5a) come Davide (cfr. 2Cr 7,6); compositori di canti (v. 5b) come Salomone (cfr. Ct 1,1) o Ezechia (cfr. Is 38,9); uomini ricchi e forti (v. 6a) come Abramo (cfr. 44, 19-21), Isacco (cfr. 44, 22) e Giacobbe (cfr. 44, 23a-e); uomini di pace (v. 6b) come Giobbe. Volendo completare il numero simbolico di dodici, bisogna tener conto degli «autori di proverbi» di cui parla l'ebraico (aggiungendo lo stico 44,4c «autori di proverbi tradizionali»), con allusione al Salomone della tradizione e forse allo stesso Ben Sira. L'espressione «Tutti costoro» (44,7a) fa da sintesi delle diverse categorie e mira a rafforzare la fede ed il coraggio dei contemporanei di Ben Sira. Per il numero «dodici» cfr. 44,23e; Ap 21,12-14.
vv. 16-23e. La galleria comincia e in qualche modo finisce con Enoch (44,16; 49,14), segno di scienza, in ebraico (B: _da‘at) ed esempio di conversione, nella tradizione greca (metanoia: 44,16b). Questa sottolinea il fatto che egli piacque a Dio e risale, forse, all'immagine primitiva di Enoch che «camminò con Dio» come Noè (cfr. Gn 5,22 e 6,9) e fu portato via («fu preso»: Gn 5,24 [LXX]). La lettera agli Ebrei legherà il gradimento di Dio alla fede di Enoch, ponendolo subito dopo Abele e prima di Noè (Eb 11,5-6). Il tardo giudaismo, presentandolo come autore del Libro di Enoch, lo fa simbolo di scienza: conosce segreti naturali e soprannaturali ed inventa scrittura e astronomia (cfr. Giubilei 4,17). L'idea di “rapimento” contiene la sfumatura dell'essere trasferito (metatithēmi: 44,16a; cfr. Eb 11,5) in altro luogo (la VL aggiunge: «in paradiso») e dell'essere assunto (analambano: 49,14b; cfr. Mc 16,19; At 1,2.11; 1Tm 3,16). Pur non avendo una prospettiva ultraterrena, l'Enoch di Ben Sira è creatura che viene tolta via dalla terra (cfr. 49, 14b). Noè (vv. 17-18), immagine di uomo perfetto e giusto, diventa riconciliazione (gr.: «scambio») e alleanza (ebr.: «segno, arcobaleno») eterna che difende i viventi dal diluvio. Il tema profetico del “piccolo resto” è applicato alla funzione salvifica di Noè (kataleimma: v. 17c; cfr. Is 10,22; 37,32); in questa sezione torna ancora dopo il peccato di Salomone (47,22e) e al tempo di Elia (48,2b) e di Eliseo (cfr. 48,15e). Abramo (vv. 19-21) non ebbe eguali (44,19b; cfr. 48,4b) nella gloria: è modello di osservanza della legge, di alleanza incisa nella carne con la circoncisione e di fedeltà nella prova (v. 20); per questo Dio giura di benedire i popoli nella sua discendenza. I figli di Abramo si muovono lungo la verticale terra-cielo e da un orizzonte all'altro. In Abramo Ben Sira vede uniti la radice nazionalista di Israele – vedi la circoncisione del v. 20c e la paternità di Giacobbe in v. 22b – e l'orizzonte universale della «moltitudine dei popoli», di cui egli è «grande padre» (v. 19a). Il piccolo resto salvatosi con Noè (v. 17c) abbraccia ormai tutti i popoli, dal fiume Eufrate (v. 21g; cfr. Es 23,31) fino all'estremità della terra. I meriti del padre si prolungano nei figli: Isacco e Giacobbe ricevono conferme della promessa e delle benedizioni fatte ad Abramo. Il movimento approda alle dodici tribù di Israele (v. 23e).
(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
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Sintesi della settimana
“Bro mi sento come se 2 parti andassero in conflitto e a volte andassero in armonia, quella che mi preoccupa è la parte del me passato, nostalgico, espressivo, emotivo e forse, quello che veramente sono io. Sta morendo”
Questa frase per nulla confusa, scritta nel panico e con sicuramente tanti dubbi e dilemmi esistenziali è il perfetto riassunto di questa settimana, alla riscoperta di me stesso tra ricordi del passato (semicit a me stesso).
Quindi cosa ho concluso? Un emerito CAZ**, no aspe, qualcosa lo raggiunto.
Così come a giugno all'inizio mi dava fastidio che non venisse in mente nulla di particolare alla mente di una persona se gli dici di descrivermi, abbandonai l'idea di chiedere a ogni persona che conosco di descrivere cosa sono per loro (mi mangio le mani di non essermi scaricato la clip di LallaWaffle a giugno) e decisi di pensare a cosa vorrei che le persone mi ricordassero.
Bene, ora se dici di descrivermi dicono “Quello dell'UDS”, “L'attivista”, “Il COMUNISTA”. Ma dio santo, c'è sono onorato di essere chiamato “quello dell'UDS” ma Cristo ti sei perso giusto gli altri 5 anni della mia vita.
Per quanto ammetti che l'UDS è quello a cui mi sto impegnando di più in assoluto, io in verità ho cercato di fare nel tempo varie cose creative per esprimere il me interriore (che si rintanava in un anfratto spaventato del giudizio).
Io sono molto amante della musica, di quella che esprime un male interiore, in cui l'artista scarica il suo male in quella canzone e in un certo senso ti dice che non sei da solo anche se lo fa' anche per auto convincersi. Poi sono amante dell'animazione 2D, di quella molto amatoriale che trovi su YouTube e che è spesso un modo di sfogarsi dell'artista, infatti molto personale e interiore. Infine ho passato molta della mia vita su Twitter (non era ancora X) e su Discord e infatti l'unico motivo per cui il mio Nickname storico decisi di non cambiarlo è perché ormai mi conoscevano così lì. eletronico2.
Ma il mio nome d'arte “Ele” in verità (derivante da eletronico2) è il nome con cui mi hanno sempre chiamato i miei amici dell'epoca (2020). Ammetto che ero felice e non lo sapevo.
Ma quindi, il mio male interiore da dove nasce? Dal bisogno di esprimermi perché se guardi il mio profilo e vedi solo ciò che faccio nell'attivismo e non nella mia vita, allora è effettivamente un problema, perché non è solo privacy ma chiusura a guscio che mi sta soffocando.
Mi manca farmi una passeggiata con un Bubble Tea al corso della mia città, con un manga o un libro a leggere nel parco fino a quando non arriva l'ora di andarsene o che arrivano i miei amici. Mi manca portare anelli per ogni persona che ha dato un qualcosa nella mia vita e bombardarli di nozioni quotidiane e cazzate per avere compagnia. Mi mancano le serate in chiamata o in presenza, calme, in cui si parla di come ci aspettavamo di essere da grandi e quanto siamo andati lontani.
Ma tutto questo me lo sono tolto. Nessuno me l’hanno tolto, lo tolto io, soffocando quella parte di me in una gabbia in modo da non uscire mai e sviluppare una corazza di ferro. Perché era l'unico modo per non crollare in lacrime dallo stress e per le pugnalate prese.
Ma ora sono qui, che mi lamento di non riuscire ad aprire quella gabbia, di non essere mai me stesso al 100%, facendo conoscere a tutti la parte più logica e meno affettuosa, per paura delle pugnalate.
Come risolvere?
Semplice, sbloccati, apriti.
Col cazzo.
Non è così semplice, manco io non so da dove ripartire, quello che mi viene in mente per ora è l'aspetto esteriore, cosa di cui mi sono sempre lamentato, perché se all'inizio una maglietta nerd e dei annelli almeno mi facevano stare decentemente bene con me stesso. Ora non ho né l'uno né l'altro e sinceramente non voglio accontentarmi di una maglietta. Ma gli shop che amo inquinano, sfruttano e per etica morale non mi permetterei mai ad acquistare l'ha. Allora usato, non ho trovato un cazzo (ma qua mi rendo conto che sono io che non so farlo). Non so manco da dove partire per comprare i vestiti che mi piacciono, se chiedo “Dove hai comprato quel pantalone?” “Da Shein”, MANNAGGIA LA ..., quindi siamo sempre lì, ma un altro enorme problema è CON QUALI SOLDI.
Per questo l'ho sempre accantonato diventando però un problema. Mi serve un mano ma non riesco a chiederla, mi serve per il vestiario, per il calore umano che mi manca, nella fiducia perché non riesco a fidarmi più di nessuno,nell'esprimere me stesso.
Perché non so farlo.
L' impunità Israeliana in Cisgiordania.
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L’inchiesta di Ronen Bergman e Mark Mazzetti, pubblicata nel 2024 sul “New York Magazine” ed ora tradotta da “Internazionale” per la sua nuova collana “Extra Large”, è una documentazione profonda e drammatica dell’impunità dei coloni israeliani nella Cisgiordania occupata. Partendo da un contesto storico che risale al 1967, anno in cui Israele occupò militarmente la Cisgiordania dopo la “Guerra dei sei giorni”, la colonizzazione si è sviluppata come un progetto sostenuto da ideologie nazionaliste e da una politica statale che ha favorito gli insediamenti di coloni ebrei, oggi circa 700mila nella regione. Questi insediamenti sono considerati illegali dal diritto internazionale e spesso anche dalla legge israeliana stessa.
Secondo gli autori, il quadro che emerge è quello di una violenza dei coloni contro i palestinesi che avviene in un clima di quasi totale impunità. Gli atti violenti, dalle aggressioni fisiche agli attacchi incendiari, raramente vengono perseguiti dalle autorità israeliane. L’inchiesta racconta la storia del villaggio di Khirbet Zanuta, dove dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, l’escalation di violenze dei coloni è degenerata senza alcun intervento efficace delle forze di sicurezza israeliane nonostante ripetute richieste di aiuto.
È emerso come funzionari di alto livello, tra cui il ministro dell’Amministrazione della Cisgiordania Bezalel Smotrich, abbiano attivamente ostacolato l’applicazione della legge contro l’espansione illegale degli insediamenti e la violenza dei coloni.
Una fonte militare israeliana ha dichiarato che «gli sforzi per reprimere la costruzione di insediamenti illegali si sono ridotti fino a scomparire», mentre gruppi per i diritti umani israeliani hanno evidenziato che solo il 3% dei casi di violenza dei coloni tra il 2005 e il 2023 ha portato a una condanna. Ami Ayalon, ex capo dello “Shin Bet”, ha sottolineato che “...il primo ministro e il gabinetto fanno capire che se viene ucciso un ebreo è una cosa terribile, mentre se viene ucciso un arabo non è la fine del mondo.”
Questa disparità di trattamento ha contribuito a cementare un sistema di due giustizie: una per i coloni e un’altra per i palestinesi. L’inchiesta rivela anche come la complicità tra coloni e Stato israeliano, alimentata da indugi politici e da un’ideologia radicale, stia minando non solo i diritti dei palestinesi ma anche le basi della democrazia israeliana stessa, consegnando la Cisgiordania a un ciclo di violenza e ingiustizia senza fine. Questa analisi mette a nudo una realtà in cui “coloni violenti e Stato sono diventati “una cosa sola”, sottolineando come l’impunità sia il cemento di un’occupazione violenta e continua, nonostante tutto questo sia stato dichiarato illegale nel diritto internazionale. La solita, ammessa e protetta protervia di Israele.
Nota: per acquistare l’inchiesta in formato e-book o cartaceo, potete andare sul sito di “Internazionale”: internazionale.it/
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NEGAZIONE DELLA MORTE
inargenta sul mare la fine del giorno
sapere che Qualcuno da sempre mi conosce
notte d'ossidiana ora m'avvolge mi sogna nelle vene del buio io non posso morire
morire alla vita...
. Accolgo il tuo testo: netto, notturno, con una dichiarazione finale che ribalta il senso. Di seguito tre varianti che esplorano sfumature diverse mantenendo il centro tematico della negazione della morte.
Variante lirica
inargenta sul mare la fine del giorno
sapere che Qualcuno mi conosce da sempre
notte d’ossidiana mi avvolge, mi sogna
nelle vene del buio: io non posso morire
morire alla vita diventa un verbo che si rifiuta
la luce trattenuta come un segreto sotto la pelle.
Variante tagliente
il giorno si inargentava e si spegneva
c’è un Qualcuno che mi conosce da sempre
notte d’ossidiana: mi stringe, mi consuma
io dico no — non posso morire
morire alla vita è un atto che rifiuto, un colpo senza presa.
Variante minimalista
inargenta il mare
Qualcuno mi conosce
ossidiana notte
io non posso morire
morire alla vita
Note sul ritmo e le immagini
- Immagine centrale: la contrapposizione tra l’argento del tramonto e l’ossidiana della notte funziona come ossimoro visuale; mantienila netta.
- Voce e maiuscole: l’uso di “Qualcuno” con maiuscola evoca destino o divinità; mantienilo se vuoi quel senso di confidenza eterna.
- Chiusura: la frase “io non posso morire” è un enunciato potente, trattalo come punto focale isolandola o dandole enjambement per amplificarne la forza.
- Sugg.: prova a leggere ogni variante ad alta voce e segnare dove trattenere il respiro; i silenzi faranno il resto.
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Neville Brothers — Yellow Moon (1989)
Assieme a Brothers Keeper è senz’altro Yellow Moon il disco più importante della produzione musicale dei Neville Brothers. Seguendo coerentemente una linea di sviluppo artistico che dall’iniziale influenza del cajun e della tradizione creola di New Orleans li ha portati man mano ad una miscela sempre più veriegata di stili, i Neville Brothers arrivano alla tappa più importante del loro lunghissimo cammino discografico iniziato negli anni sessanta come Meters... silvanobottaro.it/archives/369…
Ascolta il disco: album.link/s/5mk6XIaqIFbESIcfq…
SIRACIDE - Capitolo 43
Le meraviglie di Dio nel creato: il sole1Vanto del cielo è il limpido firmamento, spettacolo celeste in una visione di gloria.2Il sole, quando appare nel suo sorgere, proclama: “Che meraviglia è l'opera dell'Altissimo!”.3A mezzogiorno dissecca la terra e di fronte al suo calore chi può resistere?4Si soffia nella fornace nei lavori a caldo, ma il sole brucia i monti tre volte tanto; emettendo vampe di fuoco, facendo brillare i suoi raggi, abbaglia gli occhi.5Grande è il Signore che lo ha creato e con le sue parole ne affretta il corso.
La luna6Anche la luna, sempre puntuale nelle sue fasi, regola i mesi e indica il tempo.7Viene dalla luna l'indicazione di ogni festa, fonte di luce che decresce fino a scomparire.8Da essa il mese prende nome, mirabilmente crescendo secondo le sue fasi. È un'insegna per le schiere in alto, splendendo nel firmamento del cielo.
Le stelle9Bellezza del cielo è la gloria degli astri, ornamento che brilla nelle altezze del Signore.10Stanno agli ordini di colui che è santo, secondo il suo decreto, non abbandonano le loro postazioni di guardia.
L’arcobaleno11Osserva l'arcobaleno e benedici colui che lo ha fatto: quanto è bello nel suo splendore!12Avvolge il cielo con un cerchio di gloria, lo hanno teso le mani dell'Altissimo.
La potenza del Signore13Con il suo comando fa cadere la neve e fa guizzare i fulmini secondo il suo giudizio:14per esso si aprono i tesori celesti e le nubi volano via come uccelli.15Con la sua potenza egli condensa le nuvole e si sminuzzano i chicchi di grandine.17aIl rumore del suo tuono fa tremare la terra,16e al suo apparire sussultano i monti; secondo il suo volere soffia lo scirocco,17bcosì anche l'uragano del settentrione e il turbine dei venti. Egli sparge la neve come uccelli che discendono, come locusta che si posa è la sua caduta.18L'occhio ammira la bellezza del suo candore e il cuore stupisce nel vederla fioccare.19Riversa sulla terra la brina come sale, che gelandosi forma punte di spine.20Soffia la gelida tramontana, sull'acqua si condensa il ghiaccio; esso si posa sull'intera massa d'acqua, che si riveste come di corazza.21Egli divora i monti e brucia il deserto; come fosse fuoco, inaridisce l'erba.22Rimedio di tutto è un annuvolamento improvviso, l'arrivo della rugiada ristora dal caldo.
23Con la sua parola egli ha domato l'abisso e vi ha piantato le isole.24I naviganti del mare ne descrivono i pericoli, a sentirli con i nostri orecchi restiamo stupiti;25là ci sono opere singolari e stupende, esseri viventi di ogni specie e mostri marini.26Per lui il suo messaggero compie un felice cammino, e per la sua parola tutto sta insieme.
27Potremmo dire molte cose e mai finiremmo, ma la conclusione del discorso sia: “Egli è il tutto!”.28Come potremmo avere la forza per lodarlo? Egli infatti, il Grande, è al di sopra di tutte le sue opere.29Il Signore è terribile e molto grande, meravigliosa è la sua potenza.30Nel glorificare il Signore, esaltatelo quanto più potete, perché non sarà mai abbastanza⊥. Nell'esaltarlo moltiplicate la vostra forza, non stancatevi, perché non finirete mai. 31Chi lo ha contemplato e lo descriverà? Chi può magnificarlo come egli è?32Vi sono molte cose nascoste più grandi di queste: noi contempliamo solo una parte delle sue opere.33Il Signore infatti ha creato ogni cosa e ha dato la sapienza ai suoi fedeli.
_________________Note
43,11-12 L’arcobaleno è un cerchio di gloria, teso dalle mani di Dio, di cui ricorda l’alleanza con l’umanità (Gen 9,13).
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Approfondimenti
vv. 1-12. Ben Sira fa la rassegna delle singole opere create: il firmamento (v. 1), il sole (vv. 2-5), la luna (vv. 6-8), le stelle (vv. 9-19) e l'arcobaleno (v. 11-12). Insiste sulla loro bellezza solenne e funzionale, quasi liturgica. Ma il vero protagonista sono «le mani dell'Altissimo» (v. 12b). Tutto l'universo appare come un grande tempio, in cui astri e fedeli, collegati da un unico calendario religioso lunare, si uniscono nella lode dell'Altissimo (vv. 2.12). L'animo poetico e liturgico di Ben Sira sottolinea la grandezza del sole, creato da Dio, ed il ruolo della luna (vv. 6-7; cfr. Nm 28, 11; Os 2, 13), nell'indicare i mesi e le feste. Rispetto al racconto sacerdotale genesiaco (Gn 1), Ben Sira lascia qui in secondo piano gli intenti didascalici e racconta il suo brivido religioso di fronte all'affascinante docilità del cielo agli ordini del Santo (v. 10a). L'arcobaleno è il segno riassuntivo dell'alleanza con cui l'Altissimo avvolge il creato e la storia (v. 11).
vv. 13-33. Il brano si può articolare così: la potenza di Dio che comanda i fenomeni naturali, dalla neve alla grandine, dai venti alle nubi (vv. 13-22); la potenza della sua parola che doma l'abisso del mare e ne trasforma i misteri in suoi messaggeri (vv. 14-26); il bilancio sull'identità di Dio e di coloro che possono avere la forza per magnificarlo come egli è (vv. 27-31); la sintesi sapienziale sulla teologia della creazione (vv. 32-33). Ad ogni momento Ben Sira collega una sorta di rivelazione di Dio creatore:
- a) esce dal nascondimento e si fa vedere (optasia: v. 16a), incutendo tremore nel creato e sollecitando obbedienza;
- b) esce dal silenzio e parla (logismos, logos: vv. 23.26), domando le forze del caos (abisso: cfr. il vuoto primordiale di Gn 1,2 e il mitico mostro marino di Is 30,7) e mettendo ordine tra tutte le creature, che sono suoi messaggeri (aggelos: v. 26a);
- c) di fronte alla sua opera l'uomo (noi, voi, chiunque: cfr. vv. 27.30.31) sperimenta l'inadeguatezza e lo riconosce come «tutto» (v. 27b), cioè come sorgente e sostegno di ogni cosa creata;
- d) infine Dio rimane, nonostante tutto, nascosto nel mistero (apokrypha: v. 32a) e dona la sapienza agli uomini pii (eusebeis: v. 33b).
Il poema della natura propone un messaggio chiaro sull'immanenza (v. 27) e la trascendenza (v. 28) di Dio, unendo sensibilità stoica e fede jahvistica. Escluso ogni spiritualismo ma anche ogni panteismo (stoico), Ben Sira sollecita i lettori (il “voi” del v. 30) a moltiplicare le proprie forze nell'esaltare il Dio creatore, distinto dalle sue opere, ma ad esse ben presente. La successiva storia di Israele sarà modello di lode, ma anche di consapevolezza che egli è sempre oltre. La domanda tradizionale «Chi può contemplarlo?» (cfr. Es 33,20) riceverà una risposta non più negativa: il Logos, sin dall'inizio rivolto verso il seno del Padre (cfr. Gv 1,1), è il solo capace di spiegarlo all'uomo, entrando nella natura umana (cfr. Gv 1,18).
(cf. PIETRO FRANGELLI, Siracide – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)