I custodi del vuoto Viviamo in un’epoca in cui la conoscenza è a portata di mano, ma mai come oggi l’ignoranza appare come una scelta. Una scelta comoda, rassicurante, talvolta perfino nobile agli occhi di chi la difende con orgoglio. I benpensanti e i perbenisti sono i guardiani di un ordine superficiale, in cui ciò che conta non è comprendere ma apparire, non sapere ma ripetere. Costoro si nutrono di certezze prefabbricate, di opinioni altrui riciclate come verità, e custodiscono con zelo un vuoto intellettuale che diventa norma, abitudine, persino identità sociale. In Italia, questa attitudine si manifesta con una forza particolare. Qui, il “sentito dire” è scienza, il pettegolezzo è informazione, l’apparenza è più importante della sostanza. Il dibattito pubblico si svolge spesso a colpi di slogan, condivisioni compulsive e indignazione programmata, mentre l’approfondimento, lo studio, il dubbio critico vengono relegati tra le stranezze di pochi. L’ignoranza non è più una condizione da colmare, ma uno scudo dietro cui ci si protegge dal fastidio del pensiero complesso. Il benpensante guarda con sospetto chi cerca di sapere di più, perché la conoscenza è sovversiva, rompe gli equilibri, smaschera le ipocrisie. Il perbenista, poi, si distingue per la sua adesione cieca a un codice di valori che spesso non comprende ma applica, convinto che basti essere conformi per essere giusti. Non importa se quel codice sia anacronistico, discriminatorio o privo di fondamento: ciò che conta è apparire corretti, moralmente allineati, socialmente accettabili. In questo meccanismo si annida la più pericolosa delle ignoranze: quella che non si riconosce come tale, che si ammanta di virtù e si fa giudice di chi osa discostarsi. Eppure, la conoscenza richiede fatica. Studiare, cercare, confrontarsi, sbagliare: tutto questo implica un investimento personale che molti rifiutano di compiere. È più facile vivere di frasi fatte, affidarsi al luogo comune, rimanere nell’alveo rassicurante delle opinioni condivise. Ma questa scelta ha un costo altissimo. Un costo culturale, prima di tutto, perché impoverisce il dibattito e rende sterile ogni discussione. Ma anche un costo umano, perché ci allontana gli uni dagli altri, ci rende sospettosi, cinici, incapaci di vera empatia. Non esiste una verità assoluta, è vero ma esiste la possibilità di avvicinarsi alla complessità del reale con onestà intellettuale, con curiosità, con umiltà. Esiste il dovere morale di informarsi, di dubitare, di non accontentarsi delle versioni preconfezionate. Esiste, infine, una forma di bellezza nell’atto di conoscere: quella che ci rende meno soli, più liberi, più umani. Contro i custodi del vuoto, non servono armi ma domande. Non servono certezze ma voglia di capire. E il coraggio, sempre più raro, di ammettere che non sappiamo tutto, ma che possiamo sempre imparare.
© Massimiliano Pesenti
Ieri qualcuno mi ha scritto una cosa che mi ha fatto riflettere! Cioè non devo pensare che in questo, o nel mondo reale, credo valga lo stesso, non c'è nessuno che apprezza il mio modo di pensare, agire, di pormi, di essere sempre così trasparente, sincera e vera con tutti! Eppure a volte ho davvero questa sensazione di vuoto, di spazi infiniti dove mi ritrovo a rincorrere me stessa, i miei pensieri, ricordi, emozioni e tentativi di comunicare, di condividere parole, immagini o attimi! Capisco che ci siano situazioni, pensieri, caratteri e pensieri divergenti, ma il più delle volte è dispendioso da parte mia tentare inutilmente di alimentare rapporti, fallimentari, univoci e a volte tossici! È così radicato in me questo bisogno di avere qualcuno con cui condividere, chiacchierare, semplicemente dirsi ciao, che spesso involontariamente o senza che me ne renda effettivamente conto, tendo ad allontanarmi, ad allontanare e rendere deboli e insicuri questi rapporti! Sicuramente è sbagliato voler a tutti i costi tenere uniti fili, che a volte invisibili, a volte fragili o danneggiati, stentano a rimanere integri...forse ho tanto ancora da imparare nel rapportarmi, devo imparare a non cercare continuamente, a non essere sempre troppo presente! A me piacerebbe solo essere utile, importante, di supporto per qualcuno, magari ricambiando quanto fatto, ricevuto, da quei pochissimi, rari e preziosi tesori che ho avuto la fortuna di ricevere e incontrare ..
[stime] -i*
un potere al netto strategico il portale] delle vettovaglie la] réclame il guinness] dei chiodi in bocca la sabbia in bottiglia] [la cucina i vasi i magazzini i* rottami incidentati un [voucher] giacimenti di] [scuolabus freelance le correnti] geotermie in rotta -ora] si imbastisce se canta se va] contromano uno di] netto rovescia i [Baselitz
L' atomica del vicino è sempre più...
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Intro.Più passano i giorni, più gli #USA e #Trump nicchiano, più le cose si ingarbugliano, più appare chiaro che l’attacco di Israele all’Iran ha solo nominalmente lo scopo di distruggere una ipotetica potenza nucleare. E’ tutt’altro. E, sicuramente, non sarà questa guerra a distruggere un regime teocratico sanguinario e opprimente. Anzi, forse riuscirà a renderlo più determinato nella sua opera di annichilimento dei diritti civili ed umani. Tutte cose che a #Netanyahu non interessano. A lui serve la poltrona e serve il sangue dei mussulmani, che si sa che a Occidente plaudono a chi si fa carico, finalmente, di queste cose (chissà le risate di Powell…).
Il recente attacco israeliano all’Iran – definito “Operation Rising Lion” – non può essere interpretato come un’operazione umanitaria finalizzata alla liberazione degli iraniani da un regime inumano, bensì come una mossa strategica di Benjamin Netanyahu per ampliare l’influenza e lo spazio geopolitico di Israele nella regione. Numerosi analisti evidenziano come l’obiettivo di Tel Aviv non sia la democratizzazione dell’Iran, ma piuttosto una forma di espansionismo politico-militare. Il “Financial Times” ha chiarito che, pur annichilendo elementi dell’apparato militare iraniano, l’azione di Israele non compromette il regime in sé, che acquisisce semmai una narrazione di resistenza e legittimità interna. In un articolo comparso su The Guardian, si sottolinea che l’offensiva “crudele ma strategica” può al contrario rafforzare l’unità nazionale iraniana e consolidare la leadership, invece di disgregarla.
Ma è l’analisi geopolitica a offrire chiavi interpretative più nette: secondo l’ISPI, l’operazione fornisce a Netanyahu strumenti politici interni ed esterni per consolidare il consenso e sfruttare la narrativa della sicurezza nazionale. In una analisi dell’Habtoor Research Centre, si legge che Tel Aviv ha orchestrato l’attenzione dei media e dei governi occidentali per ottenere sostegno diplomatico e militare, mentre la minaccia iraniana serve a distogliere l’attenzione dalle criticità domestiche.
“New Yorker” fa notare come l’attacco non sia frutto di un’escalation incontrollata: Netanyahu lo avrebbe voluto da tempo, per perseguire ambizioni ben precise, agendo appena Washington è apparsa debole o distratta. In realtà, mentre la narrazione ufficiale descrive queste operazioni come risposte a minacce imminenti – in particolare al rischio nucleare – molti commentatori ricordano come l’Iran non stesse effettivamente per ottenere la bomba, secondo agenzie internazionali quali AIEA e CIA, dando la misura del pretesto retorico usato da Tel Aviv.
Il rischio politico interno è lampante: fissando Netanyahu come “uomo della sicurezza”, le operazioni militari all’estero possono distogliere l’elettorato dai dossier interni e blindare la sua leadership qualora emergano scandali o critiche. Lo rivelano commentatori israeliani citati dal Guardian, che affermano come tali attacchi “frutto di un Netanyahu che capitalizza su un regime che sta perdendo legittimità e consenso”. Le prove emerse delineano un quadro nitido: l’operazione contro l’Iran non risponde all’urgente esigenza della popolazione iraniana, ma rappresenta per Netanyahu una straordinaria occasione politica di potenziamento internazionale e consolidamento interno. In gioco non vi è affatto un progetto di liberazione, bensì una manovra di influenza, territorio e consenso.
In conclusione.E se avesse delle fialette con del plutonio arricchito da scuotere, “Bibì” avrebbe finito il quadro.
#Blog #Israele #Iran #War #Medioriente #MiddleEast #Opinions #Geopolitica #Opinioni
Ry Cooder - Pull Up Some Dust and Sit Down (2011)
Il musicologo Ry Cooder ritorna con un nuovo lavoro a distanza di tre anni dalla trilogia formata dal bellissimo ‘progetto’ Chavez Ravine del 2005, dalla storia del gatto Buddy di My name is Buddy del 2007 e dal non tanto entusiasmante I, Flathead del 2008. Per metà dei suoi quarant’anni di attività musicale, Ry si è prodigato a riscoprire i suoni di diverse culture del mondo, famosissima è quella cubana dei Buena Vista Social Club, dell'Africa con Ali Farka Toure, del soul/gospel con Mavis Staples e l’ultima irlandese con i Chieftains... artesuono.blogspot.com/2019/01…
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SALMO - 136 (135)
INNO ALL’AMORE E ALLA BONTÀ DI DIO
1 Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre.
2 Rendete grazie al Dio degli dèi, perché il suo amore è per sempre.
3 Rendete grazie al Signore dei signori, perché il suo amore è per sempre.
4 Lui solo ha compiuto grandi meraviglie, perché il suo amore è per sempre.
5 Ha creato i cieli con sapienza, perché il suo amore è per sempre.
6 Ha disteso la terra sulle acque, perché il suo amore è per sempre.
7 Ha fatto le grandi luci, perché il suo amore è per sempre.
8 Il sole, per governare il giorno, perché il suo amore è per sempre.
9 La luna e le stelle, per governare la notte, perché il suo amore è per sempre.
10 Colpì l'Egitto nei suoi primogeniti, perché il suo amore è per sempre.
11 Da quella terra fece uscire Israele, perché il suo amore è per sempre.
12 Con mano potente e braccio teso, perché il suo amore è per sempre.
13 Divise il Mar Rosso in due parti, perché il suo amore è per sempre.
14 In mezzo fece passare Israele, perché il suo amore è per sempre.
15 Vi travolse il faraone e il suo esercito, perché il suo amore è per sempre.
16 Guidò il suo popolo nel deserto, perché il suo amore è per sempre.
17 Colpì grandi sovrani, perché il suo amore è per sempre.
18 Uccise sovrani potenti, perché il suo amore è per sempre.
19 Sicon, re degli Amorrei, perché il suo amore è per sempre.
20 Og, re di Basan, perché il suo amore è per sempre.
21 Diede in eredità la loro terra, perché il suo amore è per sempre.
22 In eredità a Israele suo servo, perché il suo amore è per sempre.
23 Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi, perché il suo amore è per sempre.
24 Ci ha liberati dai nostri avversari, perché il suo amore è per sempre.
25 Egli dà il cibo a ogni vivente, perché il suo amore è per sempre.
26 Rendete grazie al Dio del cielo, perché il suo amore è per sempre.
_________________Note
136,1 Questo salmo è conosciuto come il “grande” Hallel, cioè “l’inno di lode” per eccellenza. Composto in forma di litania, è entrato nella liturgia ebraica delle tre maggiori feste: Pasqua, Pentecoste e Capanne. La comunità d’Israele, raccolta in preghiera, con il ritornello di lode, all’amore di Dio che è per sempre, risponde al canto del solista che scandisce le tappe della storia della salvezza. Nell’insieme della Bibbia, questo inno è come la trasposizione poetica e celebrativa delle grandi professioni di fede che hanno contraddistinto i momenti più significativi della storia d’Israele (vedi Dt 26,1-19; Gs 24,1-28).
136,7 le grandi luci: gli astri.
136,23 Nella nostra umiliazione: allusione all’esilio babilonese (che si protrasse dal 587 al 538).
=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=
Approfondimenti
L'amore eterno di Dio Inno
L'orante loda e ringrazia solennemente il Signore per la sua bontà e il suo eterno amore. Questo salmo è stato chiamato per antonomasia il Grande Hallel. È un inno a carattere litanico, il cui ritornello, che strutturalmente fa anche da principio unificatore del tutto, si ripete ben 26 volte. Una simile composizione litanica si ha in Dn 3,52-56.57-88. Tutto il v. 1 comprendente il ritornello si trova identico anche nei Sal 106,1; 107,1; 118,1.29. È un salmo usato in contesto liturgico (cfr. 2Cr 5,13; 7,3.6; Esd 3,11), anche se la sua originaria collocazione non si conosce. La liturgia giudaica tardiva lo adopera per le feste di Pasqua, delle Capanne e del Capodanno. Il Sal 136 riprende per lo più il Sal 135 (cfr. spec. i vv. 10.17.22) e ha per canovaccio il credo storico di Dt 26,5-9; Gs 24,2-13, specialmente per quanto riguarda i tre articoli di fede: la creazione (vv. 4-9), la liberazione (vv. 10-20), il dono della terra (vv. 21-22). Il ritmo nel TM è quello della qînâ (3 + 2 accenti). Come elementi di struttura evidenziamo (a parte il ritornello) l'inclusione data dall'imperativo «lodate» dei versetti 1-3 ove ricorre tre volte in funzione anaforica, e quello del v. 26. Dal v. 4 al 25 si hanno 22 distici, quante sono le lettere dell'alfabeto ebraico.
Divisione:
- vv. 1-3: invitatorio;
- v. 4: motivazione;
- vv. 5-25: corpo (sviluppo del v. 4): a) vv. 5-9: la creazione; b) vv. 10-20: l'esodo; c) vv. 21-25: la terra;
- v. 26: conclusione: invitatorio.
v. 4. Questo versetto funge da “tesi” da dimostrare, ed esplicita la motivazione generale della lode dei vv. 1-3. La bontà e l'amore di Dio si esternano nei «prodigi» (niplᵉ’ôt) compiuti da Dio, che vengono specificati sommariamente nei versetti seguenti del corpo del salmo.
v. 12. «con mano potente e braccio teso»: per l'espressione cfr. Dt 4,34; 5,15; 7,19; 26,8. Con questa formula caratteristica della liberazione esodale si esprime la signoria di Dio e la sua potenza salvatrice.
v. 21. «Diede in eredità il loro paese»: il dono della terra è espresso con il verbo «dare» (ntn) (v. 21) che fa da inclusione alla strofa (vv. 21- 25). La terra è data in «eredità» (vv. 21-22), e perciò è un possesso durevole, un vero e proprio diritto di proprietà. La parola «eredità» (naḥalāh) è caratteristica del vocabolario dell'alleanza e della conquista della terra.
vv. 23-25. «Nella nostra umiliazione...»: questi versetti sono di carattere più generico e attuale; vi si parla di «umiliazione» e di «liberazione» di Dio (cfr. le tante umiliazioni subite da Israele nella sua lunga storia e di altrettante liberazioni di Dio) e della sua provvidenza. Egli nella sua liberalità nutre, non solo Israele, ma tutti i viventi (cfr. Sal 104,27-28; 145,15; 147,9).
v. 25. «ogni vivente»: lett. «ogni carne». Indica la fragilità e la fugacità delle creature.
v. 26. «Dio del cielo»: è un titolo di Dio entrato tardi nella teologia dell'AT e nel Salterio; è caratteristico dell'epoca persiana, cfr. Gio 1,9; Esd 1,2; 5,11-12; Ne 1,4-5; 2,4; 2Cr 36,23; Dn 2,19.28.37; 4,34; 5,23. Indica la trascendenza di Dio per antonomasia.
(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
La musica
le mani la voce il linguaggio del corpo: non sono che atavici mezzi di espressione
la musica vive nell’aria che trema di palpiti ed è da sempre –
convive col canto degli uccelli e viene da mondi ultraterreni .
Gina Bonasera in 100 amiche e amici in Facebook: La musica secondo me nasce con l'uomo e nell'uomo, mentre si trova ancora nel grembo materno. Sicuramente il rumore della pioggia, della grandine, delle onde marine , delle cascate, insomma anche i versi degli animali, oltre che gli eventi più o meno catastrofici e/ o dolcissimi come il fruscio delle fronde hanno influito già fin da tempi remoti alle prime “composizioni” musicali , fino ad arrivare ai ritmi africani e sud americani...etc. come dice Giordano. Penso che tra le arti sia la più nobile e l'unica forse che piaccia a tutti gli uomini, perché in essa c'è dolcezza, ritmo, vita e si accompagna meravigliosamente bene sia con la poesia che con la pittura, la danza.
.
Effetto Farfalla.
In un mondo ridotto in rovina, piegato da una Guerra Fredda mai realmente conclusa e da una Terza Guerra Mondiale scatenata da un attacco terroristico, i nostri protagonisti vengono scelti da un'entità aliena extradimensionale.
Questo essere, al di là del tempo e dello spazio, affida loro un compito gravoso: correggere il corso della storia.
Saranno inviati indietro nel tempo, incaricati di portare a termine missioni il cui impatto, seppur all'apparenza minimo, potrà generare quell’effetto farfalla capace di mutare il destino dell’umanità.
Non saranno eroi acclamati, né le loro imprese saranno leggenda. Eppure, nel silenzio dei loro gesti, potrebbe celarsi la speranza di un nuovo futuro.
Spunti d'ambientazione estratti casualmente da manuale “loner”
Paradossi del viaggio nel tempo; Invasione aliena; Diplomazia con i superpoteri; Intuire; Alleare;
Ero nerd quando per strada ti sputavano metaforicamente addosso
In senso figurato, ovvio, e metto in chiaro un paio di cose: non sto scrivendo questo per affibbiarmi una qualche primogenitura o la tessera numero 0 di un club esclusivo, è solo per dire che non lo sono più nel senso che la parola ha acquisito, ora che è più facile esserlo alla luce del sole, senza doversi scambiare gesti da carbonari. Avrei voluto poter attingere a una platea più ampia di possibili amicizie, all'epoca. Non era nulla di cui vantarsi, meglio tenere un profilo basso perché non si poteva essere sicuri degli interlocutori. Nerd non era un complimento, no no.
Quando per videogiocare dovevi pagare nelle sale giochi, considerate luoghi di perdizione per individui irrecuperabili, oppure avere qualche amico abbastanza ricco da potersi permettere una console o un qualche modello Commodore, prima che i prezzi diventassero più popolari.
Quando non potevi sfogliare una rivista di videogiochi in presenza di qualcuno più grande di te, figuriamoci andare in giro coi manga sotto gli occhi indagatori e giudicanti di un passante qualunque.
Quando le cose te le dovevi andare a cercare col lanternino, non le trovavi con un tasto magico.
Quando sul nastro trasportatore del supermercato rovesciavi una valanga di libri “sconvenienti”: Clive Barker, Stephen King, fantascienza a caso. Una volta, però, ho trovato una cassiera che era dalla nostra parte.
Quando, qualche anno dopo, uscire dalla proiezione di un anime era più disdicevole che farsi vedere alla biglietteria di una sala vietata ai minori. Quando Guerre Stellari e X-Files, quando l'aeromodellismo...
Quando si era una minoranza, insomma, quando noi eravamo piccoli e gli altri erano grandi, poi siamo cresciuti. Quelli più grandi di noi, ovviamente, ci sono ancora, ma siamo diventati abbastanza da comprenderci a vicenda, almeno all'interno delle nostre passioni. Quei figli ora sono diventati padri, insomma; io no, sono solo diventato più vecchio e anche questo va bene così.
Quando arriva la vita vera, che è come schiantarsi contro un muro, certe cose cambiano. Quando non trovi un lavoro o ne trovi uno da schiavo, quando i genitori invecchiano, si ammalano e peggio, quando il mondo che va a rotoli non sembra essere lontano come prima, quando capisci di riuscire appena a tenerti appena a galla nel presente e l'unica certezza del futuro è che non ne hai uno, ti passa la voglia di perderti in un videogioco, cadere tra le pagine di un libro. Seguire una serie diventa sempre meno attraente, anche la musica non suona più come prima e astrarsi dalle miserie quotidiane diventa impossibile, difficilissimo nel più paradisiaco degli scenari.
E così, proprio ora che potrei confondermi tra la nuova folla, con la diluizione della definizione di nerd a livelli omeopatici, so per certo di non far parte più della categoria. Non ho più la capacità di dedicarmi totalmente a certi argomenti, vivisezionarli, capirli profondamente, viverli, goderne. Non ricordo le storie, tantomeno i particolari, non ricordo i nomi; non ho la curiosità, il tempo libero (dalle preoccupazioni) da dedicare alla scoperta e alla riscoperta, sono fuori tempo massimo per i videogiochi moderni, i libri sono diventati noiosi dopo averne letti così tanti, l'estetica video contemporanea solitamente mi allontana, l'all you can eat del sistema abbonamento mi dà solo la nausea e non capisco come faccia la gente a guardare 300 serie tv 300 film giocare a 300 videogiochi da 300 ore nel solo mese di febbraio, che è ancora di 28 giorni salvo bisestili, come lo era quando ero nerd io, quando era brutto sentirsi apostrofare così.
Non saprei di cosa parlare, dove parlarne, con chi e come sostenere una discussione. Però, ora basta così: questi pensieri sono deragliati da un pezzo, non so dove andare a parare e la sintesi complessiva dei miei pensieri si riassume sempre in contenuti di scarsa rilevanza.
[provetecniche]la scansione [zenitale non provoca] dai terrapieni avanti tutta tagliano i vuoti [la storia che dura da oltre la] lingua mancante nel navigatore ritira] tutto va impostato con le punte trita battute acciaio] da fondo lamelle l'americana le] sponde [matematica in prova un attimo una] [disattenzione fanno] lo zero il meno] uno
Cosa funziona per evitare i furti in casa? I consigli della Rete Europea di Prevenzione
L'EUCPN è la Rete Europea per la Prevenzione della Criminalità. La Rete mira a collegare i livelli locale, nazionale ed europeo e a promuovere la conoscenza e le pratiche di prevenzione della criminalità tra gli Stati membri dell' #UE. Dal 2019, la Rete europea di prevenzione della criminalità (#EUCPN) e diversi paesi europei hanno organizzato il Focus Day dell’UE dedicato ai furti con scasso nelle abitazioni.
La sesta edizione dell'EU Focus Day sui furti in casa si è svolta il 18 giugno 2025. Con una campagna di prevenzione e iniziative locali, l'EUCPN, diversi paesi europei, Europol e la Commissione europea mirano a intensificare la lotta contro questo reato, informando i cittadini sulla possibilità di proteggere la propria abitazione dai furti.
I reati contro la proprietà, e più specificamente i furti con scasso, colpiscono molti cittadini europei. Fortunatamente, i furti con scasso sono prevenibili e non devono essere costosi! La ricerca dimostra chiaramente l'efficacia di serrature migliorate per porte e finestre o di luci esterne che si accendono quando i sensori rilevano movimento e fulmini interni con timer. Queste misure aumentano il rischio di essere scoperti e/o lo sforzo necessario per entrare in un'abitazione. Queste misure di sicurezza migliorate hanno prevenuto un gran numero di reati e hanno portato a un reale calo della criminalità. La morale per chi si occupa della prevenzione dei reati, tuttavia, non è quella di sedersi e rilassarsi. Al contrario! Molte persone sono ancora vittime di furti con scasso. Ecco perché 22 paesi europei, uniti nell'EUCPN (European Crime Prevention Network) e nell'EMPACT, hanno unito le forze per lanciare questa iniziativa.
La campagna di prevenzione #StopDomesticBurglaries si compone di un poster, un volantino, tre brevi post intranet, uno spot radiofonico e un filmato. Il filmato include iniziative degli Stati membri e ispira i partner nazionali a partecipare a questa iniziativa. L'EUCPN ha anche redatto il documento “Cosa funziona per prevenire i furti in casa?”, per supportare gli stakeholder europei, nazionali e locali offrendo una panoramica delle iniziative che potrebbero, o meno, essere efficaci per prevenire i furti in casa. Il documento in italiano è visionabile escaricabile qui eucpn.org/sites/default/files/…Quest'anno la campagna si è concentrata sull'informare i cittadini che possono proteggere la propria casa dai furti in casa e che non deve essere costoso. L'utilizzo di serrature robuste per porte, illuminazione esterna con sensore, serrature robuste per finestre e illuminazione interna con timer rappresenta la combinazione più efficace per prevenire i furti in casa. Stiamo anche organizzando alcuni webinar.
I 22 paesi europei partecipanti nel 2025 sono stati Albania, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, Islanda, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna, Ucraina e Regno Unito
Perché Opporsi alla Folla Non è Sempre Saggezza?
Disprezzare sistematicamente la direzione scelta dalla maggioranza non è segno di intelligenza superiore, ma di un rifiuto preconcetto che può portare a errori tanto gravi quanto quelli commessi da chi si adegua passivamente.
La folla, infatti, non è sempre sbagliata. Spesso le scelte collettive sono il risultato di un processo condiviso, di conoscenze accumulate e di bisogni comuni. Rifiutare qualcosa solo perché è popolare significa ignorare opportunità, idee valide e progressi nati proprio dalla collaborazione e dal consenso. Inoltre, correre sempre nella direzione opposta può isolare, privandoci del confronto e della crescita che derivano dall'interazione con gli altri.
La vera saggezza non sta nell'opporsi per principio, ma nel valutare con spirito critico ogni situazione, riconoscendo quando è giusto seguire una strada battuta e quando, invece, è necessario tracciare un percorso diverso. A volte la folla si sbaglia, altre volte ha ragione: la differenza sta nella capacità di discernere, non in un ribellismo fine a sé stesso.
L'individualità non si misura contro la massa, ma nella libertà di pensare con autonomia, senza schemi precostituiti.
Una vita senza Amazon: perché è ora di dire basta
L’indifferenza è complicità.
Ho vissuto a Venezia, per studio e durante la leva. Per questo, oggi mi unisco con convinzione ai comitati e alle associazioni cittadine che stanno contestando la presenza di Jeff Bezos nella città lagunare. Non è solo una questione simbolica: è una presa di posizione civile contro ciò che rappresenta.
Jeff Bezos non è un semplice imprenditore. È uno dei volti più potenti dell’oligarchia economica che gravita attorno a Donald Trump. Ha sostenuto apertamente la sua campagna elettorale, ha messo a disposizione il Washington Post quando faceva comodo, e si è presentato sorridente e in prima fila al suo insediamento, accanto a Elon Musk e agli altri signori del tecno-capitalismo.
Dietro la facciata dei servizi comodi e delle spedizioni veloci, Amazon è un colosso costruito sullo sfruttamento, sull’elusione fiscale, sulla distruzione del commercio locale e su un modello economico che concentra potere e ricchezza in pochissime mani. A scapito di tutti gli altri.
Ogni acquisto è un voto
Ogni volta che acquistate su Amazon, ogni volta che guardate qualcosa su Prime Video, che fate una diretta su Twitch o dite “Alexa”, state finanziando Bezos. State dando forza a un sistema che calpesta diritti, silenzia giornalisti e artisti, sfrutta lavoratori e svuota interi quartieri di botteghe reali.
La lista delle accuse è lunga e documentata:
- Censura dell’endorsement del Washington Post a Kamala Harris (ilfattoquotidiano.it/2024/10/2…)
- Sostegno pubblico a Trump: “Se posso essere d’aiuto, lo farò volentieri” (corriere.it/esteri/24_dicembre…)
- Sfruttamento della passion economy su Twitch, raccontato in questo video su PeerTube
- Le condizioni di lavoro nei magazzini Amazon documentate in innumerevoli inchieste
George Takei l’ha detto chiaramente:
“Se Jeff Bezos si arrende di fronte al potere, noi consumatori dovremmo mostrargli il nostro. RIMANENDO FUORI DA AMAZON.”
Come vivere senza Amazon e i suoi servizi
Vivere senza Amazon è non solo possibile, ma liberatorio. Dopo più di un anno di boicottaggio, posso confermare che si vive benissimo senza dare un euro a Bezos. Ecco una guida pratica per liberarsi, passo dopo passo:
📚 Libri (al posto di Amazon e Goodreads)
- Libraccio.it
- Bookdealer.it
- Librerie.coop
- Bookwyrm.it – social per lettori, decentralizzato e alternativo a Goodreads
🎥 Video e streaming (al posto di Prime Video e Twitch)
- Stremio – per guardare film e serie legalmente da più fonti
- Owncast – alternativa libera a Twitch
- PeerTube – piattaforma video federata, senza pubblicità e algoritmi tossici
🛍️ Acquisti (senza Amazon)
Elettronica:
Nuovo:
Usato:
🎂 25 anni con Amazon: tempo di cancellare
Quest’anno ho festeggiato i 25 anni da quando avevo aperto un account Amazon. Un pezzo d’archeologia digitale come l’email di Libero, ma era ora di dire basta. Non solo ho smesso di usarlo da tempo: ho deciso di chiuderlo definitivamente.
Se anche voi siete stanchi di finanziare un sistema che va contro i vostri valori, agite. Non limitatevi a lamentarvi. Disattivate. Cancellate. Scegliete.
🧠 Informati, condividi, agisci
📺 Video da vedere assolutamente:
Segui il canale: @unavitasenzabigtech
✊ Scegli da che parte stare
Venezia non ha bisogno di miliardari in yacht che la trattano come una passerella di lusso. Il web non ha bisogno di un monopolio che distrugge ogni forma di alternativa. Il mondo ha bisogno di cittadini consapevoli, non di consumatori passivi.
Bezos può comprare di tutto. Ma non deve comprare anche noi.
È tempo di scegliere. Scegliamo il Piccolo Web. Scegliamo il locale, l’etico, il federato. Scegliamo di dire NO ad Amazon.
Supporta servizi liberi e indipenenti dalle big tech
Devol gestisce un ampio numero di servizi alternativi a amazon e alle bigtech: servizi.devol.it/read/feed/ I costi di hosting sono supportati dalle donazioni, puoi sostenere i servizi con liberapay: liberapay.com/devol o offrendo un caffè: ko-fi.com/devol grazie!
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SALMO - 135 (134)
POTENZA DEL VERO DIO E INCONSISTENZA DEGLI IDOLI
1 Alleluia.
Lodate il nome del Signore, lodatelo, servi del Signore,
2 voi che state nella casa del Signore, negli atri della casa del nostro Dio.
3 Lodate il Signore, perché il Signore è buono; cantate inni al suo nome, perché è amabile.
4 Il Signore si è scelto Giacobbe, Israele come sua proprietà.
5 Sì, riconosco che il Signore è grande, il Signore nostro più di tutti gli dèi.
6 Tutto ciò che vuole il Signore lo compie in cielo e sulla terra, nei mari e in tutti gli abissi.
7 Fa salire le nubi dall'estremità della terra, produce le folgori per la pioggia, dalle sue riserve libera il vento.
8 Egli colpì i primogeniti d'Egitto, dagli uomini fino al bestiame.
9 Mandò segni e prodigi in mezzo a te, Egitto, contro il faraone e tutti i suoi ministri.
10 Colpì numerose nazioni e uccise sovrani potenti:
11 Sicon, re degli Amorrei, Og, re di Basan, e tutti i regni di Canaan.
12 Diede in eredità la loro terra, in eredità a Israele suo popolo.
13 Signore, il tuo nome è per sempre; Signore, il tuo ricordo di generazione in generazione.
14 Sì, il Signore fa giustizia al suo popolo e dei suoi servi ha compassione.
15 Gli idoli delle nazioni sono argento e oro, opera delle mani dell'uomo.
16 Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono,
17 hanno orecchi e non odono; no, non c'è respiro nella loro bocca.
18 Diventi come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida.
19 Benedici il Signore, casa d'Israele; benedici il Signore, casa di Aronne;
20 benedici il Signore, casa di Levi; voi che temete il Signore, benedite il Signore.
21 Da Sion, benedetto il Signore, che abita in Gerusalemme!
Alleluia.
_________________Note
135,1 Introdotto dall’invito a lodare il Signore (Alleluia), questo inno rievoca le grandi opere di Dio, motivo costante delle preghiere e dei canti che sgorgano dalle labbra d’Israele. Alla potenza che il Dio di Abramo dispiega lungo tutta la storia della salvezza viene contrapposta l’inconsistenza degli idoli, privi di vita: la loro stessa triste sorte viene invocata per chi li scolpisce e per chiunque in essi confida (v. 18).
135,11 I tre popoli qui nominati designano simbolicamente tutti i nemici d’Israele, che si opponevano al suo ingresso nella terra promessa. Di Sicon e di Og si parla in Nm 21,21-35 (vedi anche Sal 136,19-20).
135,19-20 Vengono elencate diverse categorie: i fedeli (la casa d’Israele), i sacerdoti (la casa di Aronne) e i leviti (la casa di Levi).
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Approfondimenti
Il Signore creatore e salvatore Inno
È un salmo alleluiatico con forte impronta liturgica (cfr. vv 1-2 e 19-21) adoperato probabilmente per la liturgia pasquale (cfr. vv. 8-12). Si tratta di composizione a carattere antologico, ricorrendovi molte citazioni di altri libri biblici, specialmente di Esodo e Deuteronomio. Sebbene prevalga la compilazione, non mancano alcuni spunti di originalità; tra l'altro si accenna nel v. 20 alla «casa di Levi» e nel v. 21 si riporta un attributo originale di Dio, chiamato «abitante di Gerusalemme». Per i suoi aramaismi e l'artificio della compilazione viene ritenuto postesilico (sec. IV). Gli accenti nel TM sono 3 + 3 a eccezione dei vv. 19-20 ove sono 4 + 4. La polemica antidolatrica dei vv. 15-18 riprende con qualche leggera differenza il Sal 115,4-8, e riflette il pensiero di Ger 10,1-16.
Si può suddividere così:
- vv. 1-4: introduzione: invito solenne alla lode con motivazioni;
- vv. 5-18: corpo: a) vv. 5-7 (I strofa): il creatore; b) vv. 8-14 (II strofa): il redentore; c) vv. 15-18 (III strofa): il vivente;
- vv. 19-21: conclusione: invitatorio solenne e benedizione.
v. 2. «voi che state»: lett. «voi che state in piedi». L'espressione si riferisce principalmente ai sacerdoti e leviti (vv. 19-20), cfr. Sal 134,1.
v. 4. «si è scelto Giacobbe... come suo possesso»: è la seconda motivazione dell'invito a lodare il Signore: l'elezione del popolo d'Israele tra tutti gli altri popoli (Dt 7,6) come sua esclusiva proprietà (sᵉgullâ) (Es 19,5; cfr. Dt 14,2; 26,17-18).
v. 5. «Io so che grande è»: si riporta la terza motivazione dell'invito a lodare sotto la veste di una professione di fede pronunciata da un singolo (io corporativo) in rappresentanza della comunità.
v. 6. «Tutto ciò che vuole il Signore lo compie»: l'espressione indica la completa libertà di Dio e l'efficacia delle sue parole.
v. 7. «Fa salire le nubi...»: di questa completa libertà e potenza di Dio creatore si cita solo il fenomeno della tempesta, ricordando le nubi, le folgori, la pioggia e i venti, fenomeno che per un semita abitante in una terra assetata di acqua, ha una rilevanza particolare (cfr. Ger 10,13; 51,16-17). Dio così dimostra anche la sua provvidenza.
v. 8. «Egli percosse i primogeniti d'Egitto..»: cfr. Es 11,5; 12,29. Il salmista sceglie a esempio solo l'ultima piaga, quella più grave, per indicare i molteplici interventi prodigiosi di Dio (cfr. Sal 78,43.51; 105,23-44; 136,10).
vv. 10-11. «Colpì numerose nazioni..... Seon, re degli Amorrei..»: si accenna simbolicamente a tre popoli per indicare tutti i nemici che Israele dovette vincere prima dell'ingresso nella terra promessa. Per Seon (in ebr. Sibon) cfr. Nm 21,21-32; per Og cfr. Nm 21,33-35; Dt 1,4; 3,1-13.
v. 18. «Sia come loro chi li fabbrica»: si conclude la terza strofa, che esalta meglio Dio come il «vivente» dal contrasto della descrizione degli idoli che sono statici e senza vita, con una specie di imprecazione-maledizione contro chi li scolpisce e chi in essi si rifugia e confida. Solo nel Signore bisogna confidare: cfr. Sal 115,9-11.
v. 21. «che abita in Gerusalemme»: come in Dt 33,16 ove il Signore è designato come «colui che abitava nel roveto», così qui è chiamato «abitante di Gerusalemme» per indicare la scelta di Dio di essere più concretamente in mezzo agli uomini (cfr. Sir 24,10-12).
(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
Prima o poi, qualcuno ci chiederà di aprire un barattolo recalcitrante
O di svitare qualcosa di ostinato in genere, ma nella realtà domestica il barattolo è il caso più comune.
Solitamente, si tratta di conserve, sottoli e sottaceti industriali, coi tappi avvitati da macchine che compensano la mancanza di cuore con una forza esuberante; solitamente, a occuparsene è la persona più forte in casa: statisticamente e per comodità, facciamo che sia il padre di famiglia. Questo padre che, sicuramente, agli occhi dei figli è pure l'essere umano più forte del mondo. È l'ultima risorsa, quando tutti gli altri muscoli in casa hanno fallito, ma il tempo passa. Eccome se passa. vola.
Prima o poi, la persona più forte della famiglia e, di conseguenza, del mondo, vi chiederà di aprire quel barattolo. E quel barattolo, che per tutti gli altri sembra un corpo unico, alla fine lo aprite e con uno sforzo relativamente leggero.“Tutto qui?”
Sono arrivato a questo punto di svolta ormai parecchi anni fa, ormai un numero a due cifre. La sensazione fu galvanizzante: il testimone era stato passato, ero il re della foresta, il più forte in quel microcosmo che è la casa. Era solo l'euforia iniziale, trasformatasi ben presto in tristezza, giusto il tempo di rendersi davvero conto della situazione.
Era iniziato il declino di quello che, nel bene e nel male, era il punto di riferimento. La persona che per anni si era presa cura di me, sempre nel bene e nel male, da quel momento in poi avrebbe avuto bisogno di qualcuno che se ne prendesse cura. Magari si fosse trattato, da lì in poi, solo di aprire barattoli. Quando mi son sentito dire “aiutami ad alzarmi dalla sedia, non ce la faccio, voglio andare a riposarmi un poco”, ho capito che anche io stavo iniziando a morire.
Faccio volontariato in un posto, nonostante la mia età sono tra i più giovani del gruppo. Mi chiedono di avvitare e svitare cose, operazioni che loro fanno con le pinze, a me bastano ancora solo le mani; quell'irrigatore, che per loro è a fine corsa, nelle mie mani fa ancora una decina di giri. Quando mi è (ri)capitato la prima volta, però, non ho provato nessuna euforia, nessun brivido di forza. Mi sono solo intristito e ho fatto in modo che non se ne accorgesse nessuno.
[rotazioni]gratuito per limiti l'inerme la città dell'enel] è stata lungamente osservata le manovre un cemento rapidissimo un limite di frisia [oci ciornie mi sembra vuota la casa il] telegrafico refil fanno la doppia corsia la carreggiabile tracciano colonne fumo direttamente fumo e una supercar fa] [da sponsor nel caso] scoppi
Una società che ha perso concentrazione
Questa è la traduzione dell'articolo di Ploum: A Society That Lost Focus, datato 18/03/2024.
La nostra mente, il collo di bottiglia
All'inizio degli anni '90, dopo aver modificato il mio computer MS-DOS, riuscii a giocare ai videogiochi. Uno di questi giochi si chiamava “Battle Chess”. Era una partita a scacchi in cui i pezzi combattevano davvero l'uno contro l'altro. Era divertente. Ero, e sono tuttora, un giocatore di scacchi mediocre. Venivo 'mattato' in meno di 10 o 15 mosse al livello più facile. Per fare un esperimento, ho aumentato la difficoltà e ho iniziato a giocare. È successo qualcosa di strano: continuavo a perdere, ma ci volevano molte più mosse. Riuscivo a proteggere la mia partita e persino ad ottenere qualche pareggio.
Era un bug del gioco?
Anche se ero solo un adolescente, ho capito subito il motivo. Con l'impostazione “difficile”, il gioco cercava con più impegno di trovare una mossa valida. Sul mio processore 386, senza coprocessore matematico, questo richiedeva tempo. Diversi secondi o addirittura un minuto per mossa. Durante quel tempo, pensavo, anticipando.
Con l'impostazione più facile, le mosse del computer avvenivano immediatamente. Sapevo di avere tutto il tempo che volevo, ma ero spinto a muovermi velocemente. Non potevo prendere tempo mentre l'altra parte reagiva immediatamente alle mie mosse.
Il mondo in cui viviamo è come quella partita a scacchi con l'impostazione più facile. Tutto accade immediatamente, in ogni momento. Il lavoro d'ufficio può ora essere riassunto come il tentativo di rispondere il più rapidamente possibile a ogni singola e-mail fino alla fine della giornata, per poi ricominciare da capo il mattino successivo, un processo che impedisce essenzialmente qualsiasi riflessione profonda, come sottolineato da Cal Newport nel suo libro “A world without email” (Un mondo senza e-mail).
Non avendo più tempo per pensare, mascheriamo la nostra mancanza di idee con trucchi comportamentali. Abbiamo sostituito i documenti con PowerPoint perché permettevano alla mancanza di struttura e al vuoto di sembrare professionali (basta copiare e incollare i dati dell'ultimo PowerPoint ricevuto in un file di testo e vedere da soli quanto sia penoso. Le comunicazioni PowerPoint alla NASA sono state persino diagnosticate da Edward R. Tufte, autore di “The cognitive style of PowerPoint”, come una delle cause che hanno portato al disastro dello Space Shuttle Columbia).
Il problema fondamentale è che, per la prima volta nella storia dell'umanità, il nostro cervello è il collo di bottiglia. In tutta la storia, la trasmissione delle informazioni era lenta. I cervelli erano veloci. Dopo aver inviato una lettera, avevamo giorni o mesi per pensare prima di ricevere una risposta. Erasmo scrisse il suo famoso “Elogio della follia” in pochi giorni mentre viaggiava in Europa. Non avrebbe mai potuto farlo in un paio d'ore su un aereo mentre il piccolo schermo del sedile davanti gli mostrava pubblicità.
Nel 2012, lo scrittore francese Thierry Crouzet ha avuto uno dei primi casi documentati di “burnout online”. Essere sempre connesso con sconosciuti interessanti e idee interessanti a cui voleva rispondere rapidamente era troppo per il suo cervello. Una notte, ha avuto un forte attacco di panico e ha deciso di passare sei mesi senza Internet, un'esperienza che ha raccontato nel suo libro “J'ai débranché”.
L'Internet sopravvalutata
Il feedback immediato della connettività permanente è chiaramente una cosa negativa. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Dopo lo scoppio della bolla degli anni 2000, che ci ha dimostrato che Internet non era “denaro magico”, la domanda è diventata “come monetizzare Internet?”. Alcuni geek idealisti hanno risposto: “Non si monetizza, è un mondo non commerciale”. Ma i geek, come tutti, volevano o avevano bisogno di essere pagati. Per guadagnare, hanno consegnato le redini del nuovo mondo che stavano creando ai commerciali. Ecco fatto: gli hacker hanno venduto Internet in cambio di uno stipendio.
Fino al 2000, i commerciali si sono baloccati con l'idea di vendere il lavoro degli hacker. Con un piccolo problema: l'hanno venduto troppo, immergendosi nella fantasia dei geek che presto tutti sarebbero stati su Internet, acquistando costantemente cose online.
Negli anni 2000, nessuno tranne i geek voleva passare la vita dietro un enorme schermo luminoso. I commerciali si sono improvvisamente risvegliati alla realtà con la bolla delle dot-com. Se non tutti volevano essere su Internet e nessuno avrebbe comprato nulla su Internet, c'erano due possibili soluzioni: monetizzare il fatto che alcune persone stavano già trascorrendo molto tempo su Internet o convincere più persone a collegarsi a Internet.
Le aziende sopravvissute, come Google, hanno scelto la soluzione più semplice: monetizzare ciò che le persone stavano già dando a Internet: il loro tempo e la loro attenzione. La pubblicità era ovviamente già parte del web (principalmente attraverso i famigerati “pop-up”), ma Google ha innovato inventando un modo completamente nuovo di sfruttare l'attenzione: cercare di imparare il più possibile sugli utenti per mostrare loro la pubblicità su cui sono più propensi a cliccare. L'intera storia è raccontata in modo molto dettagliato nel libro “Surveillance Capitalism” di Soshanna Zuboff.
Se questa “pubblicità personalizzata” funzioni davvero meglio di quella tradizionale è oggetto di dibattito. Per Tim Hang, autore di “Subtime Attention Crisis”, e per Cory Doctorow, autore di “How to destroy surveillance capitalism”, l'impatto reale sulle vendite è trascurabile, ma poiché i marketer pensano che funzioni, investono ingenti somme di denaro in essa, rendendo l'intera tecnologia una bolla molto redditizia.
Ma il vero impatto è indiscutibile: finché qualcuno la acquista, è davvero redditizio vendere l'attenzione e tutte le informazioni che si possono ottenere dai consumatori. Di conseguenza, questa pratica si è generalizzata e quasi tutti i siti web e le app su Internet cercano di ottenere entrambe le cose. E lo fanno in modo molto scientifico.
Abbiamo dimenticato come non spiare e rubare l'attenzione
Ora è considerata una “pratica normale” cercare di ottenere l'attenzione e i dati dei propri utenti, anche se non ha senso dal punto di vista commerciale.
Le app bancarie inviano notifiche per mostrare il loro nuovo logo scintillante, i buoni vecchi siti di e-commerce chiedono ai propri clienti il numero di figli che hanno o la loro fascia di reddito. Anche i blog personali non commerciali o alcuni siti web dedicati alla privacy contengono software di analisi per tracciare i propri utenti. Non tracciare i propri utenti è più difficile che farlo! Ogni singolo venditore da cui acquisti, anche quelli tradizionali, ti sommergerà di email.
Si potrebbe supporre che l'acquisto di un nuovo materasso sia qualcosa che si fa solo ogni dieci anni e che il mercato potenziale per i venditori di materassi sia costituito da coloro che non hanno acquistato un materasso negli ultimi cinque anni. Allora perché qualcuno ha pensato che, subito dopo aver acquistato un materasso, sarei stato interessato a ricevere notizie sui materassi ogni singola settimana della mia vita?
Le due conseguenze di tutto ciò sono che la nostra privacy viene violata nella misura massima consentita dalla tecnologia e che la nostra attenzione viene catturata scientificamente nella misura massima consentita dalla tecnologia. E, in entrambi gli aspetti, la tecnologia sta “migliorando”, poiché tutte le menti più brillanti del mondo vengono assunte proprio per questo scopo.
Mentre lavorava presso Google, Tristan Harris si rese conto di quanto ciò che stavano costruendo fosse finalizzato ad attirare l'attenzione delle persone. Lasciò Google per creare il “Center for Humane Technology”, che cerca di sensibilizzare l'opinione pubblica sul fatto che... la nostra attenzione è catturata da tecnologie monopolistiche.
L'ironia è palpabile: Tristan Harris aveva un'ottima intuizione, ma non riesce a immaginare di fare altro che “sensibilizzare” attraverso i social network o costruire tecnologie che ti avvisano che dovresti concentrarti. Costruiamo un altro strato di complessità sopra tutto il resto e sensibilizziamo affinché questo strato sia adottato abbastanza ampiamente da diventare la base del prossimo paradigma di complessità.
Adorare idee superficiali
Essere costantemente distratti ci impedisce di avere idee e di comprendere. Abbiamo bisogno di uno slogan accattivante. Invece di leggere un rapporto di tre pagine, preferiamo una presentazione PowerPoint di 60 diapositive, contenente per lo più immagini di repertorio e grafici fuori contesto.
Abbiamo valorizzato l'immagine eroica del CEO che arriva in riunione e dice agli ingegneri: “Ho dieci minuti prima della mia prossima riunione. Ditemi tutto in cinque minuti e prenderò decisioni da un miliardo di dollari”.
Col senno di poi, è ovvio che prendere buone decisioni in quel contesto non è altro che tirare a sorte. In modo buffo, è stato dimostrato più volte che ogni CEO di alto profilo non è migliore di un algoritmo decisionale casuale. Ma, a differenza degli algoritmi, i CEO di solito hanno carisma e sicurezza. Possono prendere una decisione molto sbagliata, ma possono convincere tutti che è quella giusta. Che è esattamente la definizione del lavoro di un venditore.
In “Deep Work”, Cal Newport cerca di promuovere la posizione opposta, l'arte di prendersi il tempo per pensare, per riflettere. In “The Ideas Industry”, Daniel Drezner osserva che le idee lungimiranti, sottili e complesse sono sempre più sostituite da slogan semplicistici, il cui esempio più eclatante sono le famose conferenze TED. In 18 minuti, alle persone viene venduta un'idea e, se il relatore è un buon venditore, hanno la sensazione di aver imparato qualcosa di profondo e nuovo. Il solo fatto che si possa imparare qualcosa di così profondo in 18 minuti è un insulto a tutto il mondo accademico. Non sorprende che lo stesso mondo accademico sia visto da molti come un gruppo di vecchi noiosi che passano il tempo a scrivere lunghi articoli invece di inventare slogan accattivanti per cambiare il mondo.
Soccombere alle nostre dipendenze
La maggior parte dei monopoli è stata costruita eliminando le possibilità di scelta. Non era possibile acquistare un computer senza Microsoft Windows. Non era possibile visitare alcuni siti web senza Internet Explorer. Non è possibile trovare un telefono senza Google in un negozio (Google paga molti miliardi di dollari ogni anno per essere il motore di ricerca predefinito sui dispositivi Apple). E se si riesce a rimuovere Google dal telefono, si perde la possibilità di utilizzare alcune app, tra cui la maggior parte delle app bancarie. La maggior parte delle app controlla persino all'avvio se i servizi Google sono installati sul telefono e si rifiuta di avviarsi in caso contrario. Se è davvero difficile non usare Google, si tratta per definizione di un monopolio forzato. Allo stesso modo, è molto difficile evitare Amazon quando si fa shopping online.
C'è un'eccezione: Facebook. Nulla ci obbliga ad andare su Facebook o Instagram. Nulla ci obbliga a trascorrere del tempo su questi social network. È come se avessimo una scelta. Ma sembra che non sia così.
Perché? Perché passiamo un'ora su uno stupido gioco per smartphone che avrebbe dovuto durare cinque minuti invece di leggere un libro? Perché trascorriamo ogni minuto della nostra vita controllando il cellulare e rispondendo a chiacchiere banali, anche se siamo nel bel mezzo di una conversazione con qualcun altro? Perché siamo spinti a mettere a rischio la nostra vita e quella dei nostri figli solo per rispondere rapidamente mentre guidiamo?
A causa del modo in cui è strutturato il cervello umano. Dal punto di vista evolutivo, siamo alla ricerca di nuove esperienze. Imparare nuove esperienze, buone o cattive che siano, può aiutare i nostri cromosomi a sopravvivere più a lungo rispetto ad altri. Proviamo quella famosa “scarica di dopamina”, descritta in modo dettagliato da Liberman e Long in “The molecule of more”.
Ogni volta che arriva una notifica, ogni volta che compare una bolla rossa in qualche parte dello schermo, il cervello reagisce come se fosse una nuova opportunità vitale. Non possiamo perdercela. Uno studio ha dimostrato che il solo suono di una notifica è sufficiente a distrarre un guidatore tanto quanto se stesse scrivendo un messaggio mentre guida. Sì, anche senza guardare il telefono, sei distratto tanto quanto se lo guardassi (il che non è una scusa per guardarlo).
Il cervello ha imparato che il telefono è un fornitore casuale di “nuove esperienze”. Anche in modalità aereo, è stato dimostrato che avere il telefono sulla scrivania o nella borsa riduce notevolmente l'attenzione e le prestazioni cognitive. Le prestazioni sono tornate alla normalità solo quando il telefono è stato messo in un'altra stanza.
Lottare per ritrovare la concentrazione
Ecco, l'unico modo per non avere tentazioni è non avere il telefono a portata di mano. Il già citato scrittore francese Thierry Crouzet mi ha detto una volta che era molto difficile concentrarsi sulla scrittura quando si sa che basta spostare la finestra del word processor con il mouse per andare su Internet. Sul web, i forum degli scrittori sono pieni di discussioni sui dispositivi “senza distrazioni”. Alcuni, tra cui il sottoscritto, stanno tornando alle vecchie macchine da scrivere, un paradigma descritto come una vera e propria resistenza da Richard Polt nell'eccellente libro “The Typewriter Revolution”.
Ci si potrebbe persino chiedere se l'epidemia di “elettrosensibilità”, ovvero il malessere o la nausea provocati dall'esposizione al wifi o ad altre emissioni wireless simili, non sia semplicemente una reazione psicologica alla sovrastimolazione. È stato osservato che i sintomi sono reali (le persone si sentono davvero male e non stanno simulando), ma che, in un ambiente controllato in doppio cieco, i sintomi sono legati alla convinzione dell'esistenza delle emissioni wireless (se si simula un router wireless lampeggiante senza emettere nulla, le persone si sentono male; se si emettono emissioni wireless ma si dice alle persone che sono disattivate, si sentono meglio).
Nel suo libro di riferimento “Digital Minimalism”, Cal Newport offre un quadro di riferimento per ripensare il modo in cui utilizziamo le tecnologie digitali. L'idea centrale è quella di bilanciare consapevolmente costi e benefici, evidenziando i costi più nascosti. Facebook potrebbe essere gratuito nel senso che non devi pagare per usarlo. Ma essere esposti alla pubblicità, essere esposti a invettive politiche rabbiose, sentirsi obbligati a rispondere, essere esposti a immagini di persone che una volta conoscevi e che sembrano avere una vita straordinaria (anche se virtuale) è un costo molto alto.
Basta fare due conti. Se avete 180 amici su Facebook, che al giorno d'oggi sembra un numero basso, e se i vostri amici prendono in media 10 giorni di ferie all'anno, avrete in media cinque amici in vacanza ogni giorno. Aggiungete a questa statistica il fatto che ad alcune persone piace ripubblicare foto di vecchie vacanze e ciò significa che sarete bombardati quotidianamente da immagini di spiagge assolate e paesaggi meravigliosi mentre aspettate sotto le luci al neon il vostro prossimo noioso incontro in un ufficio grigio. Per come è progettato, Facebook vi fa sentire infelici.
Questo non significa che Facebook non possa essere utile e avere dei vantaggi. Come sottolinea Cal Newport, è necessario adattare il proprio utilizzo per massimizzare i benefici cercando di evitare il più possibile i costi. Bisogna pensare consapevolmente a ciò che si vuole davvero ottenere.
Questa idea di minimalismo digitale ha portato a una rinascita dei cosiddetti “dumb phone”, telefoni che non sono smart e che sono in grado di effettuare chiamate e inviare/ricevere SMS. Alcuni marchi stanno persino iniziando a innovare in questo particolare mercato, come Mudita e Lightphone.
Ironia della sorte, questi telefoni pubblicizzano la consapevolezza e la concentrazione. Cercano di attirare la vostra attenzione per vendervi... la vostra stessa attenzione.
Concentrazione contro il consumismo
Uno dei credi consumistici è che il mercato risolverà tutto. Se c'è un problema, qualcuno venderà rapidamente una soluzione. Come sottolineato da Evgeny Morozov in “To Save Everything, Click Here”, questo non è solo un modo di pensare sbagliato. È effettivamente dannoso.
Con il denaro pubblico, stiamo attivamente finanziando aziende e startup pensando che creeranno posti di lavoro e venderanno soluzioni a ogni problema. Si sottintende che ogni soluzione debba essere tecnologica, vendibile e intuitiva. Tutto qui: non bisogna pensare troppo a un problema, ma costruire ciecamente qualsiasi soluzione venga in mente utilizzando lo stack tecnologico di tendenza. L'autore francese Antoine Gouritin ha scritto un libro divertente e interessante su tutta questa filosofia, intitolato “Le Startupisme”.
La causa principale è questa: non abbiamo più alcun quadro mentale se non quello di spiare le persone e rubare la loro attenzione. Le scuole di business insegnano come realizzare PowerPoint accattivanti rubando l'attenzione delle persone. Ogni azienda è in guerra con le altre per catturare la vostra attenzione e i vostri cicli cerebrali. Anche il mondo accademico sta lottando per ottenere finanziamenti sulla base di PowerPoint accattivanti e del numero di pubblicazioni. Questa è stata l'osservazione cruda di David Graeber: anche gli accademici hanno smesso di pensare per giocare al “gioco dell'attenzione”.
Non esiste una soluzione miracolosa. Non ci sarà alcuna soluzione tecnologica. Se vogliamo riprendere il controllo della nostra attenzione e dei nostri cicli cerebrali, dovremo allontanarci e normalizzare i momenti di disconnessione. Riconoscere e condividere il lavoro di coloro che non cercano l'attenzione a tutti i costi, che non hanno slogan accattivanti né conclusioni spettacolari. Dobbiamo iniziare ad apprezzare i lavori più difficili che non ci offrono un profitto immediato a breve termine.
È la nostra mente, non la tecnologia, il collo di bottiglia. Dobbiamo prenderci cura della nostra mente. Dedicare tempo a pensare lentamente e profondamente.
Dobbiamo riportare Sapiens nell'Homo Sapiens Sapiens.
Sono Ploum, scrittore e ingegnere. Mi piace esplorare l'impatto della tecnologia sulla società. Potete iscrivervi via e-mail o via RSS. Ho a cuore la privacy e non condivido mai il vostro indirizzo.
Scrivo romanzi di fantascienza in francese. Per Bikepunk, il mio nuovo libro post-apocalittico sui ciclisti, il mio editore sta cercando contatti in altri paesi per distribuirlo in lingue diverse dal francese. Se potete aiutarmi, contattatemi!
Povero futuro.
(169)
Nota: questo sarà un post noioso, ma, a volte, le aride cifre fotografano nitidamente le situazioni, anche quelle molto grandi, anche quelle che dentro hanno milioni di persone. D’altro canto sono certo che chiunque vorrà leggere queste righe sa comprendere benissimo numeri e percentuali. Altrimenti sarebbe un guaio.
Nel corso del 2024, l’Italia ha registrato un aggravamento significativo sia della #povertà assoluta sia di quella relativa, alla luce di dati ufficiali e referti della società civile. Secondo l’ultimo rapporto ISTAT e della “Caritas”, la quota di persone in condizione di povertà assoluta ha raggiunto il 9,7 %, pari a circa 5,6–5,7 milioni di individui, corrispondente a circa 2,2 milioni di famiglie. Lo stesso rapporto segnala come la povertà assoluta, benché stabile tra il 2022 e il 2023, risulti al livello più elevato dell’ultimo decennio, con una progressione costante dal 2014 (dal 6,9 % al 9,7 %) per quanto riguarda le persone.
Sul versante della povertà relativa, si evidenzia un ulteriore peggioramento: nel 2023 le famiglie colpite dal fenomeno superavano i 2,8 milioni (10,6 %) e le persone in difficoltà ammontavano a 8,4 milioni (14,5 %). Parallelamente, l’Eurostat stima che nel 2024 il 23,1 % degli italiani – circa 13,5 milioni – viva in condizioni di rischio di povertà o esclusione sociale, con aumenti particolarmente allarmanti per quanto riguarda i minori e le persone over 60.
A questi numeri drammatici si accompagna la crescita del fenomeno dei “Working poor”: in Italia il 21 % dei lavoratori percepisce un reddito insufficiente per condurre una vita dignitosa, con una situazione che colpisce in modo particolarmente intenso le classi operaie (tra le quali la povertà assoluta ha superato il 16,5 %) e i 35-54enni, oltre il 30 % dei quali non riesce a evitare uno stato di indigenza.
Tale contesto si dispiega in un quadro di politiche pubbliche inadeguate: le misure statali di contrasto alla povertà — dal “reddito di inclusione” alla spesa sociale — risultano insufficienti e, in molti casi, inefficaci. Nonostante il “Reddito di cittadinanza” abbia avuto un impatto importante, ben il 56 % delle persone povere non lo ha percepito, per cause che vanno dai problemi di residenza alla burocrazia. Le politiche di welfare restano lacunose e non affrontano adeguatamente la questione del “lavoro povero”, né investono in una rete di protezione robusta per le famiglie vulnerabili.
Questa fragilità sociale si inserisce in un contesto europeo che appare sempre più orientato verso la militarizzazione. Il “ReArm Europe – Readiness 2030”, lanciato a marzo 2025 dalla Commissione UE, punta a mobilitare fino a 800 miliardi di euro in spese per la difesa, tra aumenti delle spese nazionali, fondi comuni e prestiti SAFE da 150 miliardi, con la possibilità di dirottare risorse dai fondi di coesione e sostenibilità. Secondo le ultime stime, per colmare il gap militare si dovrebbe arrivare a investire fino al 5 % del PIL, una cifra che in Francia, Regno Unito e in molti altri Paesi corrisponde all’intero ammontare delle loro politiche di welfare e di protezione sociale. Analisti economici sottolineano che una simile quantità di risorse sarà sottratta a capitoli cruciali per combattere la povertà, rafforzare l’istruzione, la sanità e l’inclusione sociale, aumentando di conseguenza le disuguaglianze e l’emarginazione delle fasce più deboli.
La convergenza tra crisi del reddito, insufficienza delle politiche sociali e spinta europea verso spese militari aggressive aggrava la condizione dei più deboli. Se non si rivedono le priorità — affiancando politiche attive per il lavoro, la dignità universale del reddito e un welfare veramente inclusivo — il rischio è quello di lasciare milioni di cittadini italiani ed europei in una situazione di esclusione sempre più profonda.
Ma, forse, è proprio questo lo scopo ultimo di tutta questa sequela di mancanze, di tutti i soldi che non andranno ad aiutare le persone, soprattutto quelle povere, emarginate, fastidiose: la loro eliminazione. Se non fisica (almeno lo spero), almeno dalla vita pubblica, dalla società. Relegare coloro che non possono più permettersi la dignità sarebbe un ottimo viatico alla dittatura totale del liberismo, dell’effimero, del domani concesso solo a chi i soldi li ha e non viene disturbato da Governi sempre più distanti da una minima idea di democrazia.Se il futuro deve ancora essere scritto, non può diventare così. Non dovrebbe permetterlo nessuno, mai.
#Blog #Italia #ReArmEurope #UE #Società #Povertà #Society #Poverty #Opinioni #Opinions
L’illusione dell’eterno
La realtà è che nulla è garantito, nemmeno ciò che ci sembra più solido. Le relazioni si logorano, le persone cambiano, gli affetti possono svanire nel momento in cui meno te lo aspetti.
Avere paura di lasciare non è un segno di debolezza, ma la prova di un legame autentico. Se qualcosa ci importa davvero, è naturale temere di perderla. Pretendere di vivere senza quel timore significa negare il valore di ciò che amiamo.
Inoltre, pensare che “le cose importanti non se ne vadano” può portare a dare per scontate persone e opportunità, senza impegnarsi a coltivarle. La verità è che tutto richiede cura, attenzione e, a volte, anche la forza di accettare che qualcosa di prezioso possa sfuggirci.
La vita non è una promessa. Le cose importanti possono abbandonarci, ed è proprio questa consapevolezza che ci spinge ad apprezzarle, a lottare per loro e, quando necessario, ad affrontare il dolore del distacco con coraggio, senza nasconderci dietro illusioni di eternità.
SALMO - 134 (133)
INVITO ALLA LODE1 Canto delle salite.
Ecco, benedite il Signore, voi tutti, servi del Signore; voi che state nella casa del Signore durante la notte.
2 Alzate le mani verso il santuario e benedite il Signore.
3 Il Signore ti benedica da Sion: egli ha fatto cielo e terra.
_________________Note
134,1 L’ultimo “canto delle salite” è una suggestiva preghiera della sera che abbraccia i pellegrini, invitati a lasciare il tempio, e i sacerdoti, chiamati a custodire nella notte il luogo della presenza del Signore.
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Approfondimenti
Ringraziamento e benedizione Salmo di ringraziamento collettivo
Il carme, ultimo “Cantico delle ascensioni”, è il più breve dei “Salmi graduali” e dopo il Sal 117, il più breve dell'intero Salterio. Lo schema strutturale è dialogico e nella sua brevità, si compone di un solo appello (vv. 1-2) e di una sola risposta (v. 3). Il verbo «benedire» (brk) ricorre tre volte e con due diversi significati: nei vv. 1-2 significa «ringraziare» (benedizione dichiarativa), movimento ascensionale, e nel v. 3 «operare efficacemente, creare, salvare» (benedizione costitutiva), movimento discensionale. La simbologia è spaziale-sacrale (tempio), temporale e liturgica.
Divisione:
- vv. 1-2: invito corale del popolo alla preghiera notturna;
- v. 3: risposta corale dei sacerdoti con la benedizione.
v. 1. «Ecco, benedite il Signore»: il popolo che sta per lasciare di sera il tempio esorta i sacerdoti e gli addetti al tempio a continuare di notte la lode, in una perenne adorazione al Signore. «servi del Signore»: sono i sacerdoti e leviti in particolare, essi che erano votati al culto divino. «state nella casa del Signore»: lett. «rimanete in piedi». È un gesto di adesione pronta al Signore. La prassi è attestata anche nell'antico Oriente. I sacerdoti e leviti vegliavano anche di notte nel tempio, sicché la lode divina non si interrompeva mai (cfr. Sal 135,2; 1Cr 9,33).
v. 2. «Alzate le mani...»; è il gesto tipico di preghiera che indica l'atto di supplicare.
v. 3. Alla benedizione «verso» Dio i sacerdoti congedano la folla con la benedizione del Signore che abita nel tempio («Sion»). La benedizione di Dio è efficace, creativa e salvatrice. Essa viene dall'Onnipotente che ha creato l'universo e perciò è realizzatrice di bene.
(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
Radiohead - The King of Limbs (2011)
Come si diceva, un nuovo disco va assaporato lentamente, se poi il disco in questione è dei Radiohead, allora la regola va moltiplicata. The King of Limbs non è un disco facile, chi conosce e ama i Radiohead è preparato a questo. Molte loro uscite hanno spiazzato e anche The King of Limbs, in parte, mantiene questa promessa. Chiamiamole ricerche, esperimenti, poco cambia, il loro percorso sonoro è sempre all'insegna dell'innovazione e dello stile progressivo... (Continua a leggere... artesuono.blogspot.com/2014/07…)
Ascolta: album.link/i/1109714965
In un punto dell'eterno
(momento)
spiove luce di stelle la stanza si riempie di cielo come quando in un punto dell’eterno palpitò la mia essenza biancore irreale carne-e-cielo l’Io nell’oceanosogno si guarda cadere a imbuto fuori del tempo fino all’attimo prenatale alla luce del sangue
. Da Assonanze (WP) Flavio Almerighi l’Io si dissolve nel sogno oceanico del tempo e dell’origine. La luce delle stelle penetra lo spazio intimo, trasformandolo in una soglia tra il corpo e l’infinito. Un viaggio a ritroso, fino all’attimo in cui esistere era ancora un palpito nel grembo dell’eterno, bravissimo Felice versi che mi hanno molto colpito.
. Paola Stella Percorso all’indietro ~ Dall’infinito cielo di stelle al magnetismo puntuto del sangue ~ Il percorso e’ solo immaginario ~ Lo spirito non “rientra” mai, si libera ~ Credo che uscire dalla dimensione sanguigna sia come uscire da un carcere pieno di cose influenti.
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Silvia De Angelis ...una lirica intensa e visionaria: in pochi versi, Serino evoca un momento sospeso, tra cielo e carne, in cui l'Io si riconosce come parte dell’eterno...
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SALMO - 133 (132)
INNO ALL'AMORE E ALLA CONCORDIA1 Canto delle salite. Di Davide.
Ecco, com'è bello e com'è dolce che i fratelli vivano insieme!
2 È come olio prezioso versato sul capo, che scende sulla barba, la barba di Aronne, che scende sull'orlo della sua veste.
3 È come la rugiada dell'Ermon, che scende sui monti di Sion. Perché là il Signore manda la benedizione, la vita per sempre.
_________________Note
133,1 L'olio profumato che tutto permea della sua fragranza e la rugiada che tutto avvolge nel suo manto di freschezza, diventano simboli della felicità che scaturisce dall’amore e dalla concordia nella comunità d’Israele e di tutti gli uomini.
133,2 Aronne: il sommo sacerdote, che veniva consacrato mediante l’unzione sul capo. La sua barba fluente non veniva mai rasata.
133,3 Ermon: alta montagna del Libano, sulle pendici meridionali della catena dell’Antilibano, al confine settentrionale della terra di Canaan.
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Approfondimenti
Amore fraterno, pace e prosperità Salmo sapienziale (+ motivi liturgici)
Il poeta per descrivere il vero amore fraterno usa le immagini suggestive dell'unguento prezioso, dell'olio e della rugiada sullo sfondo di un panorama palestinese brullo e assolato. Il salmo, di buona fattura, è del postesilio. Come tutti i canti delle ascensioni usa la tecnica della ripetizione graduale (vv. 2-3). Il metro nel TM è quello della qînâ (3 + 2 accenti). Il campo semantico e simbolico è spaziale, vegetale e liturgico.
Divisione: * v. 1: introduzione tematica; * vv. 2-3a: illustrazione del tema; * v. 3b: conclusione: benedizione e vita.
v. 1. «i fratelli»: questi sono sia fratelli di sangue, sia i fratelli della comunità israelitica.
v. 2. «È come olio profumato...» l'olio è indicato non per la sua funzione nutritiva, ma per quella cosmetica. Il riferimento è probabilmente all'olio dell'unzione del sommo sacerdote, che veniva arricchito da numerose essenze profumate (Es 30,22-33; 37,29). «barba di Aronne»: l'espressione si ripete due volte. Ciò oltre a essere un espediente dei “Salmi graduali”, dà plasticamente l'immagine dello scorrere abbondante e lento dell'olio della consacrazione sulla barba lunga e folta, perché mai tagliata (Lv 21,5), del sommo sacerdote Aronne.
v. 3a. «come rugiada dell'Ermon»: la rugiada suggerisce freschezza e vitalità, specialmente in una terra brulla come quella di Israele. La sua caduta è una benedizione (2Sam 1,21). «sui monti di Sion»: l'accenno a Sion è una sottolineatura teologica, espressa chiaramente nel v. 3b, per indicare che anche la rugiada proviene da Dio che siede nel tempio in Sion, fonte di benedizione e di vita.
v. 3b. «Là il Signore dona..»: lett. «Perché là...». È la motivazione del salmo e una professione di fede nel Signore. L'avverbio «là» si riferisce in inclusione anche al primo versetto, ove si esalta la fraternità. Perciò, intende il salmista, da Sion e dalla fraternità vera deriva la benedizione di Dio, fonte di vita.
(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
William Fitzsimmons - Gold In The Shadow (2011)
Quello che traspare fin dalle prime note di Gold in the Shadow è una particolare e marcata intimità. Lo stile dato dalla voce e dalla sonorità raffinata, lieve e crepuscolare di William Fitzsimmons, suggeriscono un viaggio emotivo nei meandri del suo, del nostro ‘essere’... (Continua a leggere: artesuono.blogspot.com/2014/07…)
Ascolta: album.link/i/1476081042
La Relazione Europea sulla Droga
La Relazione Europea sulla Droga 2025: Tendenze e Sviluppi presenta l'ultima analisi dell'EUDA sulla situazione della droga in Europa. L’ #EUDA è l’Agenzia dell’Unione europea sulle droghe (European Union Drugs Agency). È un organismo dell’ #UE con sede a Lisbona, operativo dal 2 luglio 2024, che ha sostituito il precedente Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze.
Concentrandosi sul consumo di droghe illecite, sui danni correlati e sull'offerta di droga, la relazione fornisce una serie completa di dati nazionali su questi temi, nonché sui trattamenti specialistici per la tossicodipendenza e sui principali interventi di riduzione del danno.
Il report fornisce una panoramica aggiornata sulla situazione delle droghe in Europa fino alla fine del 2024, evidenziando tendenze e sviluppi rilevanti per le politiche e gli operatori del settore.
Offerta, produzione e precursori La disponibilità di droghe illecite rimane elevata per tutte le sostanze. I dati del 2023 mostrano tendenze stabili nei sequestri e nei reati legati alla droga, con una produzione significativa e sequestri di precursori chimici.
Cannabis È la droga illecita più consumata in Europa. I dati includono prevalenza d’uso, richieste di trattamento, sequestri, prezzo, purezza e danni associati.
Cocaina Seconda droga più usata dopo la cannabis, con variazioni significative tra i paesi. Il report analizza uso, trattamento, sequestri, prezzo, purezza e danni.
Stimolanti sintetici Comprendono amfetamina, metamfetamina e catinoni sintetici. L’analisi copre uso, trattamento, sequestri, prezzo, purezza e impatti sulla salute.
MDMA Associata principalmente al contesto ricreativo e notturno. Il report esamina uso, sequestri, prezzo e purezza.
Eroina e altri oppioidi L’eroina è l’oppioide illecito più usato e causa un notevole carico sanitario. La situazione evolve, influenzando le strategie di intervento.
Nuove sostanze psicoattive Il mercato è dinamico, con nuove sostanze rilevate ogni anno. Include cannabinoidi sintetici, catinoni, oppioidi sintetici e nitazeni.
Altre droghe LSD, funghi allucinogeni, ketamina, GHB e protossido di azoto sono usati in Europa. Il report analizza uso, sequestri, trattamento e danni.
Uso di droghe per via iniettiva In calo negli ultimi dieci anni, ma ancora associato a gravi danni sanitari. Include dati su prevalenza e analisi dei residui nelle siringhe.
Malattie infettive correlate Chi si inietta droghe è a rischio di infezioni come HIV ed epatiti B e C. Il report fornisce dati aggiornati su queste infezioni.
Morti indotte da droghe Fondamentale per valutare l’impatto sulla salute pubblica. Include dati su overdose e sostanze coinvolte.
Trattamento con agonisti degli oppioidi È il trattamento specialistico più comune per gli utenti di oppioidi. Il report analizza copertura, accesso e percorsi terapeutici.
Riduzione del danno Comprende interventi per ridurre i danni sanitari, sociali ed economici. Include programmi con naloxone, stanze del consumo e trattamenti sostitutivi.
La pubblicazione è scaricabile qui edr-2025-full-book-6.06.2025-en.pdf
Volare basso
un volare basso s'invischia nella melassa d'infantili ricordi
quando la luna era lo scrigno dei sogni
e un'altalena dondolava corpi d'aria
a fare la vita leggera
3.4.25 . Giordano Genghini nel suo gruppo Facebook. “Ho apprezzato molto questo post (…) con la sua mirabile capacità di dire, o fare intuire, l’essenziale in pochissime parole, la “vita leggera” dell’infanzia è, e concordo, il tema centrale di questa bellissima lirica. In tale “vita leggera”, che qui ritorna negli “infantili ricordi”, tutto è magia (personalmente, però, non definirei, negativamente, “melassa” queste dolci immagini): ineffabilmente stupende sono le due metafore che, usando il minor numero possibile di parole, fanno rivivere tale passato, “quando la luna era / lo scrigno dei sogni” (e che meravigliosa allitterazione sonora, anche!) e quando “un’altalena dondolava / corpi d’aria”. Con due sole espressioni, caro Felice, hai riportato me – e, credo, molti altri tuoi lettori – nel tempo “leggero” della nostra infanzia, benché essa sia stata diversa per ognuno di noi. Altro che “melassa”: questo tuo testo è per me – e, credo, non solo per me – un dono di prezioso valore che, a mio avviso, solo una poesia straordinaria come la tua può offrire a chi ha ricevuto, senza alcun merito, la possibilità di comprenderla e di godere della tua magia di “creatore del linguaggio”. Molte grazie, dunque, per questo tuo post… “
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Tom Waits - Bas As Me (2011)
Bad as Me è il diciassettesimo album in studio del cantautore statunitense Tom Waits, pubblicato il 21 ottobre 2011 dalla Anti-Records. L'album è noto per essere stato registrato già nel febbraio 2011 e la sua uscita è stata annunciata ufficialmente il 23 agosto 2011 sul sito web ufficiale di Waits e su vari social network. Lo stesso giorno, la traccia che dà il titolo all'album, “ Bad as Me “, è stata pubblicata come primo singolo dell'album su iTunes. L'album è il primo album di Waits composto interamente da materiale nuovo in sette anni da Real Gone (2004). L'etichetta di Waits, aveva recentemente concordato un accordo di distribuzione con la Warner Music Group che consentiva loro di pubblicare l'album a livello internazionale. Questa segna la prima pubblicazione di Waits tramite l'organizzazione Warner dai tempi di Heartattack and Vine (1980). Alla sua uscita, Bad as Me ha ricevuto ampi consensi dalla critica. L'album è stato nominato per un Grammy Award come miglior album di musica alternativa. Dopo l'uscita, Bad as Me divenne il primo album di Waits nella top 10 negli Stati Uniti, raggiungendo il numero 6.
Ascolta: youtube.com/watch?v=hegZcz7Q-b…
1 anno di fuga dall'internet commerciale
Da dove sono partito
Circa un anno fa, a cavallo fra primavera ed estate 2025, ero in uno stato costante di disregolazione emotiva causato dall'uso compulsivo di Instagram e Reddit (e in parte X), per cui scelsi di andare alla radice del problema e tagliare via i social network commerciali: basta accesso costante a un flusso perpetuo di informazioni miste, strutturato in una forma tale da farmele ingurgitare senza ragionarci sopra e mirato a scandalizzarmi e farmi polemizzare sul nulla. Il passo successivo fu spostarsi su (quel che resta de) l'internet libero, con un profilo Mastodon, questo blog qua, e la riscoperta di newsletter e feed RSS, nel tentativo di riprendere io il controllo dei flussi di informazioni che mi raggiungono: nel tentativo di responsabilizzarmi e controllare io a che informazioni accedo, quando e come. La cosa è escalata al punto che, a una certa, ho distrutto Windows 10 dal mio portatile e ci ho montato su Linux Mint. Oggi, in ogni caso, mi rendo conto che ho davvero ancora tanto da fare.
Cos'ho imparato sinora
Riprendendo alcuni dei passaggi più interessanti di Hacking del sé, la chiave di volta del mio percorso è che devo ancora accrescere la consapevolezza di me stesso e il mio autocontrollo. In particolare:
- Ho imparato sulla mia pelle che davvero i mali del secolo sono la noia, la mancanza di focus, e la solitudine, perché pur essendomi sbarazzato degli spazi online più esplicitamente pensati per succhiarci via tempo ed energie (e preziosi dati monetizzabili), nondimeno non mi sono affatto liberato del doomscrolling: se ho davanti del tempo vuoto, più o meno lungo, o se voglio fare una pausa da un'attività, l'istinto automatico è ancora di tirar fuori il telefono per sfogliare e aggiornare all'infinito le cronologie di Mastodon, o le caselle e-mail, o i miei blog preferiti, o leggere e rileggere articoli di Wikipedia e TV Tropes che vanno a toccare sempre gli stessi pochi temi di mio interesse, magari più volte gli stessi fino a memorizzarne dei brani. Confesso di avere abbastaza schifo di questa mia incapacità di sganciarmi dal cellulare e dalla sua illusione di essere agganciato e partecipe ai fatti del mondo, e dedicare invece il mio spazio-tempo vuoto a un'attività continuativa, possibilmente analogica (ma su questo ci torneremo).
- Ho imparato che il mio autocontrollo informatico diventa decisamente migliore se riesco a metter via il telefono (tendenzialmente in carica sul comodino) e a lavorare sul computer, perché la maggiore “ergonomicità” del lettore di feed RSS mi permette di isolare l'accesso alle notizie sul suo software dedicato, e immergermi meglio su ciò che effettivamente voglio fare, che sia un lavoro in cloud via browser o uno locale con programmi locali. E ora che sono su Linux, non devo più sprecare le ore a tenere il computer accesso senza usarlo affinché installi gli abnormi aggiornamenti Microsoft.
- Ho imparato che compartimentare meglio gli ambienti del cyberspazio mi aiuta ad attenuare la “reperibilità 24/7”: seguendo uno spunto di Liberare il mio smartphone per liberare me stesso, sono riuscito a compartimentare i miei strumenti informatici fra modalità lavorativa e modalità personale: le credenziali della piattaforma Google con cui lavoro sono state relegate a un profilo utente apposito sul cellulare, e a un browser dedicato sul computer (Chromium, contrapposto al Firefox per uso personale), e in tal modo sono io a cambiare nome utente o browser, in modo da decidere quando dedicarmi al lavoro e quando ai fatti miei. Certamente, resta il problema che su telefono non ho ancora saputo snellire e scremare le funzionalità “personali” in modo da non cadere in meccanismi di dipendenza (vedi sopra).
- Ho imparato che la decentralizzazione dei cyberspazi e l'eliminazione degli algoritmi profilatori non bastano a rendere sano Internet: prevedibilmente, serve a monte un'etica-deontologia dello stare su Internet, e una consapevolezza di che spazio abiti e di come lo stai usando. In questi ultimi 6 mesi circa, ho usato Mastodon essenzialmente per sfogare i miei patemi personali e/o le mie filippiche a tema politico, non diversamente da come facevo su Instagram: a differenza che su Instagram, non credo di aver fatto stare male altre persone, ma sicuramente ho inquinato e degradato la qualità dei contenuti di uno spazio autogestito che è stato troppo gentile per dirmi di piantarla. Come si è detto in questo interessantissimo dibattito avviato dall'utente Xab, forse è il caso di uscire dal paradigma post-Facebook per cui i social network siano una “federazione di blog”, in cui ogni utente può raccontare quel che vuole senza badare all'effetto complessivo sullo scambio di informazioni, e tornare invece nel paradigma forum: ogni spazio online ha una funzione designata (come ogni profilo utente sul telefono, vedi sopra), ed è tuo dovere di utente immeterci dati coerenti con tale funzione. Come non si usa un foglio di testo come foglio di calcolo, analogamente non si parla di cavoli propri in un luogo di discussione tematica.
- Ho imparato che saperti montare da solo Linux, armeggiare con un file epub e scrivere testi in Markdown non conta nulla come capacità informatica: le competenze digitali che ti permettono davvero di fare hacking sono altre e molto più avanzate, e bisogna avere l'umiltà di ammetterlo e decidere se si può e vuole impararle davvero con studio costante.
- Ho imparato che imparare solo capacità informatiche non conta granché, in un progetto generale di vita più consapevole/politicizzata/antagonista/come cavolo vogliamo chiamarla. Grazie al cielo il mondo fisico è ancora là fuori, e per fare davvero contropotere punk servono piuttosto capacità di agricoltura, di meccanica-elettricistica-idraulica, di cucito/sartoria e di cucina. Insomma, quelle competenze pratiche che non studiamo più a scuola per classisimo, ma che cinquant'anni fa erano patrimonio di tutta quella generazione capace di occupare case vuote in città e mettere in piedi comuni in campagna.
- Ho imparato che per me la militanza politica è fonte di gioia e soddisfazione costante, perché anche nel fallimento sento di stare agendo contro un sistema marcio, ma dall'altra parte è la cosa di cui più sono pratico, a fronte dei vari hobby di cui so poco e in modo settoriale.
I miei propositi da qui in poi
Sono tutti questione di accrescere la mia autodisciplina:
- Assumere un maggior controllo del mio telefono e spazzare via le fonti residue di distrazione. Basta applicazioni separate se non strettamente necessarie (tipo lo SPID): tutto il resto via browser, e vanno messi a regime i feed RSS sul telefono come su computer. Basta doomscrolling.
- Di pari passo, meno telefono in mano e più lettura di testi lunghi quando sono fuori casa. Piuttosto, che mi guardino storto, ma da ora sì all'e-reader a tavola.
- Di pari passo, più notizie in formato cartaceo, ovviamente di testate selezionate. Sono due settimane che riesco a leggere da cima a fondo «Internazionale», dopo anni che mi perdevo sempre per strada, forse riuscirò ad appaiarci un altro settimanale cartaceo (quale, non so). E magari, anche una bella riscoperta delle radio.
- Nella mia vita reale, circoscrivere un po' di più e un po' meglio l'attività politica e dare più spazio ai miei hobby, prima di trasformarmi nel mio avversario naturale, cioè il sinistronzo con una copia de Il capitale su per il culo e zero vita culturale-ricreativa.
- Saper smanettare poco e male coi computer non fa alcuna differenza tangibile nel mondo attorno a me. È ora di imparare cose pratiche vere, che siano competenze artigianali e/o lingue straniere. Voglio dire, un Egiziano mi ha detto che potrei diventare un discreto arabofono!
E niente, credo che questo sia tutto. Ci riaggiorniamo fra sei mesi, per valutare se e quanto ho assolto ai miei propositi.
SALMO - 132 (131)
LA FEDELTÀ DI DIO ALLE PROMESSE FATTE A DAVIDE1 Canto delle salite.
Ricòrdati, Signore, di Davide, di tutte le sue fatiche,
2 quando giurò al Signore, al Potente di Giacobbe fece voto:
3 “Non entrerò nella tenda in cui abito, non mi stenderò sul letto del mio riposo,
4 non concederò sonno ai miei occhi né riposo alle mie palpebre,
5 finché non avrò trovato un luogo per il Signore, una dimora per il Potente di Giacobbe”.
6 Ecco, abbiamo saputo che era in Èfrata, l'abbiamo trovata nei campi di Iaar.
7 Entriamo nella sua dimora, prostriamoci allo sgabello dei suoi piedi.
8 Sorgi, Signore, verso il luogo del tuo riposo, tu e l'arca della tua potenza.
9 I tuoi sacerdoti si rivestano di giustizia ed esultino i tuoi fedeli.
10 Per amore di Davide, tuo servo, non respingere il volto del tuo consacrato.
11 Il Signore ha giurato a Davide, promessa da cui non torna indietro: “Il frutto delle tue viscere io metterò sul tuo trono!
12 Se i tuoi figli osserveranno la mia alleanza e i precetti che insegnerò loro, anche i loro figli per sempre siederanno sul tuo trono”.
13 Sì, il Signore ha scelto Sion, l'ha voluta per sua residenza:
14 “Questo sarà il luogo del mio riposo per sempre: qui risiederò, perché l'ho voluto.
15 Benedirò tutti i suoi raccolti, sazierò di pane i suoi poveri.
16 Rivestirò di salvezza i suoi sacerdoti, i suoi fedeli esulteranno di gioia.
17 Là farò germogliare una potenza per Davide, preparerò una lampada per il mio consacrato.
18 Rivestirò di vergogna i suoi nemici, mentre su di lui fiorirà la sua corona”.
_________________Note
132,1 Due motivi fanno da cornice al tredicesimo “canto delle salite”. Da una parte la scelta di Sion come sede della dimora di Dio (vv. 2-10); dall’altra la scelta di Davide e della sua discendenza come guida del popolo d’Israele (vv. 11-18). Vengono rievocate le vicende del trasferimento dell’arca dell’alleanza nel tempio di Gerusalemme (2Sam 6; 1Cr 13; 15) e le promesse fatte dal Signore a Davide tramite il profeta Natan (2Sam 7 e Sal 89).
132,2 Potente di Giacobbe: uno degli antichi titoli con cui viene chiamato Dio.
132,6 Èfrata: designa la zona di Betlemme, città natale di Davide; Iaar: nome poetico della località di Kiriat-Iearìm (“città delle foreste”), poco distante da Gerusalemme (vedi 1Cr 13,5-6).
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Approfondimenti
La fedeltà di Dio alla dinastia davidica Salmo regale (+ motivi di supplica e oracoli)
Il salmo rievoca due grandi motivi: quello della scelta di Sion (tempio) come sede della presenza di Dio con l'arca (frutto del giuramento fatto da Davide a Dio) (vv. 2-10), e quello della scelta di Davide e della sua dinastia (frutto del giuramento fatto da Dio a Davide) (vv. 11-18). Il carme si ispira a 2Sam 7 e all'ideologia soggiacente. È arcaico, preesilico (epoca della monarchia). Rispetto al Sal 89 (in cui si riporta il giuramento-impegno di Dio per Davide) e a 2Sam 7, il Sal 132 si rivela più originale. Esso sviluppa infatti, nei due oracoli riportati, ambedue gli elementi significati dalla voce ebraica bayit: «casa» come tempio, e «casa» come dinastia. Perciò il salmo si presenta con due facce: come Cantico di Sion e come salmo regale in una cornice di lamentazione. Evoca inoltre anche la liturgia del trasporto dell'arca santa (2Sam 6,13-19). L'identificazione della festività per l'utilizzo del salmo resta incerta. Il simbolismo di fondo è di carattere spazio-temporale; è presente inoltre anche quello psicosomatico applicato a Dio. Il salmo è ben curato, unitario e strutturato a dittici, i cui elementi abbastanza omogenei e paralleli sono rinsaldati da alcune inclusioni date dalla voce Davide (vv. 1.10-11.17), dall'appellativo divino «Potente di Giacobbe» (vv. 2.5), «trono» (vv. 11-12), dal verbo «giurare» (vv. 2.11), dalla voce «riposo» (vv. 8.14), dalle voci «sacerdoti... fedeli» (vv. 9.16) e da «consacrato» (= Messia) (vv. 10.17). Nel TM il ritmo è dato da 3 + 3 accenti. L'esegesi rabbinica e la tradizione cristiana considerano il salmo come messianico.
Divisione: * vv. 1-10 (I parte): in un contesto di supplica: giuramento di Davide per l'arca; * vv. 11-18 (II parte): oracolo di risposta: giuramento di Dio per Davide.
v. 1. «Ricordati...»: l'imperativo «ricordati» (zᵉkôr) introduce nella Bibbia a volte una supplica (cfr. Is 38,2-3; Lam 5,1). In un altro salmo regale (Sal 89,48-51) è come qui in rapporto alle promesse davidiche. Il salmista affida alla «memoria» viva e gratificante del Signore le difficoltà interiori e esteriori di Davide («tutte le sue prove»), nonché il suo zelo, per dare una degna dimora all'arca dell'alleanza.
v. 2. «quando giurò...»: non si ha traccia di questo giuramento di Davide, né di un suo voto nell'AT. In 2Sam 7 il proposito di Davide di costruire una «casa» (tempio) al Signore non è rafforzato da giuramento. Probabilmente si tratta di una finzione letteraria del poeta per fare da pendant con il giuramento di Dio nei confronti di Davide della seconda parte del salmo (v. 11).
v. 6. «Efrata»: (= la fruttifera) è di solito identificata con la zona di Betlemme, città natale di Davide (Rt 4,11; Mic 5,1; 1Cr 2,50-51; 4,4). «campi di Iaar»: lett. «campi boscosi», ma l'espressione richiama Kiriat-Iearim, località a 15 km a ovest di Gerusalemme, ove l'arca fu condotta dopo il pellegrinare presso i Filistei (1Sam 7,1-2), prima di essere trasportata da Davide a Gerusalemme (2Sam 6,2-12; 1Cr 13,1-6).
v. 7. «sgabello dei suoi piedi»: cfr. Sal 99,5; 1Cr 28,2. Il trono di Dio era collocato invece nei cieli, cfr. 1Sam 4,4; 2Sam 6,2; Lv 16,2.
v. 8. «Alzati, Signore...»: si rivolge al Signore l'invito a mettersi in marcia verso la nuova e definitiva dimora in Sion («luogo del tuo riposo»). Ma il trasferimento dell'arca è anche simbolo della potenza salvifica di Dio, cfr. Nm 10, 35.
v. 9. «I tuoi sacerdoti... i tuoi fedeli...»: si accenna alla processione festosa formata da clero e popolo per il trasporto dell'arca (cfr. 2Sam 6,5). «si vestano di giustizia»: gli stessi indumenti sacri dei sacerdoti devono essere segno di purificazione, santificazione e di «giustizia» (= salvezza-vittoria) che Dio fa conseguire al suo popolo (cfr. 1Cr 15,12-14).
v. 10. «Per amore... non respingere»: il salmista riprende la supplica del v. 1 e, richiamando i meriti di Davide e i suoi stretti rapporti con il Signore, chiede la protezione divina sul re. «tuo consacrato»: lett. «tuo unto» = tuo Messia), cioè il re.
v. 11a. «Il Signore ha giurato... e non ritratterà...»: alla lettera «Ha giurato il Signore a Davide, verità che non tornerà da sé». Si sottolinea l'efficacia del giuramento divino, la sua continuità e irreversibilità.
v. 12. «Se i tuoi figli custodiranno...»: il giuramento divino è condizionato alla fedeltà e all'osservanza delle clausole dell'alleanza. Qui come in 1Cr 28,5-7, ove si riferisce direttamente a Salomone, la condizione viene espressa in positivo, mentre in 2Sam 7,14-15, in negativo, cfr. Sal 89,31-34. Tuttavia le infedeltà non possono annullare completamente la promessa (2Sam 7,15).
v. 13. «Il Signore ha scelto Sion...»: cfr. 2Cr 6,6. È un commento di una voce esterna (coro sacerdotale?) che collega l'oracolo dei vv. 13-18 alla prima parte.
v. 15. «Benedirò...»: la presenza dell'arca in Sion porta ricchezza e benedizione. Questa, a partire da Gerusalemme, si riversa come un fiume su tutta la terra d'Israele fecondandola e producendo pane a sazietà anche per «i suoi poveri».
v. 16. «Rivestirò di salvezza i suoi sacerdoti... i suoi fedeli»: cfr. v. 9. Qui alla «giustizia» (ṣedeq) del v. 9 si è sostituito il sinonimo «salvezza» (yeša‘).
v. 17. «Là farò germogliare...»: il verbo «germogliare» contiene in sé un forte riferimento messianico. In Ger 23,5 si parla di «un germoglio giusto» (ṣemaḥ ṣaddîq) con chiara allusione messianica (cfr. Ger 33,15; Zc 3,8; 6,12), mentre in Is 11,1 si parla di un «virgulto». «la potenza di Davide»: lett. «il corno di Davide», cfr. Sal 18,3. «una lampada al mio consacrato»: la simbologia della lampada richiama la fiamma del focolare per indicare la famiglia. La lampada perciò qui è simbolo della discendenza, cfr. 1Re 11,36.
v. 18. «Coprirò di vergogna...»: lett. «rivestirò di vergogna». Si noti il contrasto con il v. 16. Lì i sacerdoti vengono «rivestiti di salvezza» qui i nemici vengono «rivestiti» di vergogna. «splenderà la corona»: lett. «fiorirà la sua corona». C'è l'immagine vegetale della fioritura. In contrasto con la vergogna (bôšēt) umiliazione dei nemici, splenderà il diadema regale sulla testa del re, cioè torna a «fiorire» sul re «germoglio» (v. 17) che la porta sul capo.
(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
Tradition is not the worship of ashes, but the preservation of fire.
Gustav Mahler
[stime]-meno gamma completa antineutrini sopra ortiche comanda ha una carica una] manfrina poi si] armano pezza polvere palla in ordine in attenzione o] sono ortiche da mammiferi segue] [la tabella del fertilizzante il] green screen di meno [del possibile on burlap on stretcher frame
L'inganno del trampolino: quando le pietre restano ostacoli (E va bene così... senza parole... )
Che le pietre sul nostro cammino possano sempre trasformarsi in opportunità è un’illusione ottimista che ignora la complessità della vita. Non tutto può essere superato o convertito in un vantaggio, e pretendere il contrario rischia di colpevolizzare chi, nonostante gli sforzi, non riesce a superare gli ostacoli.
Alcune pietre sono semplicemente troppo pesanti da spostare, altre feriscono chi inciampa, lasciando cicatrici che non guariscono. Non tutto dipende dalla nostra volontà: esistono barriere sistemiche, ingiustizie e sfortunate coincidenze che non si possono ribaltare con un semplice cambio di prospettiva.
Invece di raccontarci che ogni ostacolo è un potenziale trampolino, forse dovremmo accettare che a volte la strada è bloccata, e che non è un fallimento cercare un altro percorso—o addirittura fermarsi. La resilienza ha dei limiti, e riconoscerli non è segno di debolezza, ma di onestà.
✍️Pensieri lontani... Ho postato un pensiero o citazione, o ero intenzionata a farlo riguardante treni persi, presi involontariamente, volontariamente, per necessità, ecc..e credo di essere una che fondamentalmente di treni reali ne ha presi ben pochi, e di quelli ideali altrettanto! Ne ho persi alcuni, forse per timore, altri li ho presi, ma la destinazione era sbagliata, altri mi hanno accompagnato là dove non c'era posto per me, altri invece, forse più importanti, li ho visti sfrecciare davanti a me, all'improvviso, senza preavviso e senza che ci fossero altre corse in programma! Morale? Forse non sono ancora pronta a viaggiare, soprattutto con l'alta velocità, mi ostino a camminare, passeggiare e andare in bici, e per necessità a spostarmi in macchina! Ma non amo viaggiare e ultimamente di treni non ne ho più visti passare, né mi sono informata sulle destinazioni, Mi sono momentaneamente fermata ad aspettare, in panchina, in un parco, circondata dal verde, dal cielo azzurro, di sentirmi pronta per viaggiare, per affrontare un cammino nuovo, una meta nuova ... E allora in solitudine aspetto, osservo da lontano i treni passare, gli aerei disegnare scie nel cielo...e in cuor mio spero di poter un giorno salire e così raccontare del treno da me passato per portarmi un po' più lontano, dal mio solito parco!
Bon Iver – Bon Iver (2011)
Bon Iver è il secondo album in studio della band indie folk americana Bon Iver, pubblicato il 17 giugno 2011. L'album è composto da 10 canzoni ed è stato visto come una nuova direzione musicale per la band. L'album ha avuto un successo commerciale, debuttando al primo posto nella classifica degli album norvegesi e nella classifica degli album danesi e al secondo posto nella classifica Billboard 200 degli Stati Uniti. Ha venduto 104.000 copie nella sua prima settimana negli Stati Uniti. A settembre 2016, l'album ha venduto un totale di 629.000 copie negli Stati Uniti. Ha ricevuto ampi consensi dalla critica, alcuni dei quali lo hanno nominato uno dei migliori album del 2011. L'album ha vinto il Grammy Award per il miglior album di musica alternativa alla cerimonia del 2012 , mentre la canzone “Holocene ” è stata nominata per canzone dell'anno e disco dell'anno.
Ascolta: album.link/i/438685974
SALMO - 131 (130)
ABBANDONO FIDUCIOSO IN DIO1 Canto delle salite. Di Davide.
Signore, non si esalta il mio cuore né i miei occhi guardano in alto; non vado cercando cose grandi né meraviglie più alte di me.
2 Io invece resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l'anima mia.
3 Israele attenda il Signore, da ora e per sempre.
_________________Note
131,1 Intimità e fiducia, consapevolezza della propria dipendenza da Dio e totale affidamento a lui caratterizzano questo breve inno, intriso di profonda spiritualità.
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Approfondimenti
Fiducia e abbandono totale in Dio Salmo di fiducia
Per la scena di dolce intimità questo salmo è stato da varie parti definito come uno tra i più belli del Salterio.
Divisione:
- v. 1: giuramento d'innocenza;
- v. 2: professione di fiducia personale;
- v. 3: esortazione alla fiducia.
v. 1. «Signore»: l'invocazione al Signore, situa la confessione d'innocenza successiva nell'ambito della preghiera.
v. 2. «bimbo svezzato»: non si tratta del bimbo allattato, ma di quello già svezzato (gāmul). C'è perciò un rapporto con la madre non solo dettato dall'istinto naturale, ma già di una certa consapevolezza. Il bimbo svezzato secondo l'antica usanza aveva più di due anni.
(cf. VINCENZO SCIPPA, Salmi – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)
LA NOTTE DEI LUNGHI ARTIGLI
Francis e Gustav vivono insieme. A volte si amano, a volte si tollerano a fatica, ma convivono ormai da anni e non saprebbero stare lontani l'uno dall'altro. Questo fino a quando compare Francesca... Donna, quindi biologicamente affine a Gustav che è un uomo (ah, dimenticavo di dire che Francis è un gatto!), arriva a sconvolgere il tranquillo ménage à deux. Così Francis decide che qull'appartamento non è abbastanza grande per tutti e tre e scompare. Inizia così la sua seconda vita, una vita fatta di mistero, intrighi felini e delitti.
Gran bel libro, sia per chi ama gli intrighi sia per chi ama i gatti. Se li amate entrambi, non potete proprio perdervelo!
Titolo: La notte dei lunghi artigliAutore: Pirinçci AkifTraduttore: Boschetti S. Editore: TEA Data di Pubblicazione: 1996 ISBN: 8830412147
(Nonsolobotte – 4 gennaio 2008)
La forza non nasce solo dalla sofferenza
L’idea che le anime più forti siano necessariamente temprate dal dolore e che i caratteri più solidi debbano essere segnati da cicatrici è una visione riduttiva e, a tratti, romantica della resilienza. La sofferenza può certamente insegnare, ma non è l’unica maestra della vita, e soprattutto non è una condizione obbligatoria per sviluppare forza interiore.
Esistono persone che hanno costruito la propria solidità attraverso l’amore, la serenità, l’esempio positivo di chi le ha circondate. La vera forza non si misura dalle ferite subite, ma dalla capacità di crescere, adattarsi e resistere alle avversità indipendentemente dalla loro presenza. Anzi, a volte è più difficile mantenere un carattere equilibrato e compassionevole quando non si è stati logorati dalle difficoltà, perché significa aver scelto la forza volontariamente, non per obbligo.
Inoltre, glorificare la sofferenza come unico percorso verso la maturità rischia di normalizzare il dolore come inevitabile, quasi auspicabile, e può portare a sottovalutare l’importanza di prevenire ingiustizie e traumi evitabili. La resilienza è ammirevole, ma non dovremmo confonderla con l’idea che sia giusto o necessario soffrire per diventare migliori.
Infine, le cicatrici non sono sempre simbolo di saggezza: a volte sono semplicemente segni di un passato che avremmo preferito non vivere. E va bene così. La vera grandezza sta nel trovare luce anche senza dover prima attraversare il buio.
[piriche]
[filtri]cerimonie strutturate brecce [brocche morfoliti [dimensioni variabili come] esplosione senza esplosivi implosivi il] campo visivo dadistar no profit lavori] in economia fanno il trattato] da un certo orario presenze con cadenza autunnale] con cadenze ottimali se] esposti