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MIGRAZIONI. Minori non accompagnati. La storia di Youssef


Ottomila euro. Il prezzo della libertà. Migliaia di euro che Youssef ha pagato per raggiungere l'Italia dopo un viaggio in mare allucinante. Oggi il ragazzo egiziano vive a Caserta, ospite di una delle strutture di accoglienza del Cidis. L'articolo MIGRA

di Daniela Volpecina*

Pagine Esteri, 21 novembre 2022 – Il mio nome è Youssef e ho appena compiuto 15 anni ma a volte ho l’impressione di averne molti di più. Succede, dicono, quando sei costretto a separarti dalla tua terra e dalla tua gente e a ricominciare, da solo, a migliaia di chilometri di distanza. Proprio come è accaduto a me.

Nel 2021 ho lasciato l’Egitto, la mia famiglia, gli amici per affrontare un viaggio rocambolesco e pieno di incognite attraverso il mare e due continenti. Un’impresa enorme per un ragazzino che prima d’ora non era mai uscito dal suo villaggio.

Quando sono scappato, avevo ancora 14 anni. Non è stata una decisione facile e se non ci fosse stata mia madre a incoraggiarmi probabilmente ora sarei ancora nel mio Paese. A prendere bacchettate sulle mani dal maestro di scuola e a giocare a calcio in strada con un pallone fatto di stracci. Il destino però aveva in serbo per me qualcosa di diverso. Come avrei scoperto di lì a poco.

Il mio villaggio si trova nella parte occidentale dell’Egitto, in mezzo al nulla. Una terra arida, a tratti inospitale, famosa per il clima sahariano.

Per raggiungere la capitale ci vogliono quasi otto ore di treno, almeno così mi hanno detto, io al Cairo non ci sono mica mai stato. Le piramidi le ho viste solo in foto, su un libro di storia. Troppo lontane da quel fazzoletto di terra nel quale sono nato. Cheope, Tutankhamon, La Sfinge, sono la mia ossessione. Da quando ero alto appena una spanna. E immaginavo di essere stato un faraone in una delle mie vite passate. O almeno di aver fatto parte della famiglia reale. Una volta in tv hanno mostrato la Valle dei Re, dagli scavi sono emerse tantissime tombe e in ognuna ornamenti funerari, suppellettili, oro, oggetti preziosi. In alcune c’erano ancora le mummie, che impressione, chissà se ce ne sono altre sepolte lì da qualche parte. Ho sognato tante volte di essere un esploratore e rinvenire nuove tracce di questa antica civiltà dalla quale discende il mio popolo. Un sogno che ho accantonato da quando sono andato via. E’ difficile da spiegare ma a volte ho il sentore che non tornerò più. Non è un presentimento, è più un timore che alimenta tanti interrogativi. Interrogativi che mi pongo spesso da quando sono in Italia e soprattutto da quando ho scoperto che nelle scuole italiane un’ampia parte dei programmi è dedicata proprio alla storia del mio Paese. Mi domando se tornerò mai nella mia terra, se rivedrò i luoghi che mi hanno accolto quando ero ancora un bambino e se esiste un altro posto nel mondo che imparerò a chiamare ‘casa’. Probabilmente sì, ora riesco a vederlo con maggiore lucidità ma allora, spaventato com ero e poco preparato a tutto ciò che avrei dovuto affrontare, la mia mente era impegnata in ben altre riflessioni e turbamenti.

La prima volta che ho tentato di lasciare il Paese, l’ho fatto a piedi. Insieme ad altri ragazzi, tutti più grandi di me. Saremo stati dieci, forse dodici. Ci siamo messi in marcia al calar del sole e abbiamo camminato tutta la notte lungo i sentieri di montagna, seguendo un uomo che si è fatto pagare profumatamente con la promessa di portarci al confine con la Libia. Con me solo un piccolo zaino, un ricambio e qualcosa da mangiare. Che fatica! Se ci ripenso oggi. Era buio pesto e la strada tutta in salita. Faceva freddo ma era proibito persino battere i denti. Dovevamo muoverci con cautela e in gran silenzio per non rischiare di essere scoperti. Non saprei dire quanti anni avessero i miei compagni di viaggio e neanche da quale villaggio provenissero. Non ci furono presentazioni ufficiali, né tempo per una chiacchierata amicale. Di tanto in tanto solo il respiro affannoso di chi a stento riusciva a tenere il passo e lo scalpiccio dei sandali sul sentiero sterrato. Il rumore più assordante era però certamente quello generato dai pensieri e amplificato dal battito accelerato dei nostri cuori, le cui frequenze sono letteralmente impazzite quando la polizia di frontiera ha puntato le sue torce su di noi. La fortuna ci ha infatti voltato le spalle a pochi metri dalla meta. ‘Alt’, ‘Fermatevi subito’, sono le ultime frasi che sono riuscito a sentire prima degli spari. Quando mi sono voltato ho visto che gli agenti ci stavano già inseguendo. Troppo vicini per poterli seminare. Solo alcuni dei ragazzi sono riusciti a scappare e ovviamente si è data alla fuga anche la guida portandosi con se il mio zaino. Sono stato arrestato e messo in cella per cinque lunghi giorni. Quando mi hanno rilasciato, ho pensato che forse la seconda volta l’avrei fatta franca. Mi sbagliavo. C’ho riprovato ed è andata di nuovo male. Sono stato trattenuto dalle guardie per altri tre giorni, solo per aver tentato di lasciare il mio Paese.

All’epoca non potevo saperlo ma raggiungere i deserti orientali della Libia negli ultimi anni è diventato un miraggio. E sono sempre meno quelli che ci riescono. Il confine tra i due Paesi è presidiato infatti da decine di migliaia di truppe egiziane, cosparso di mine antiuomo e spesso monitorato anche dai cieli grazie al controllo aereo. Troppo alto il rischio di instabilità generato dal possibile passaggio di estremisti e militanti ostili alle autorità del Cairo, sempre più imponente il contrabbando di armi, droga ed esseri umani che si verifica lungo la frontiera.

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Riflessioni e analisi che avrei maturato solo successivamente, come è possibile immaginare. In quel momento avevo solo una gran fretta di partire e pochi mezzi a disposizione per farlo. Tentare per la terza volta di attraversare il confine via terra, affidandomi a mercenari pronti ad abbandonarmi al mio destino al primo ostacolo, non mi sembrava più un’idea così eccezionale. L’unica soluzione possibile era quella di sorvolare la frontiera. Proprio così. Prendere un aereo fino a Bengasi. Lì sarei stato intercettato da un gruppo clandestino che avrebbe organizzato il viaggio in Italia. Un piano perfetto. Almeno sulla carta. Prima avrei dovuto racimolare i soldi necessari. Come fare? E’ stato in quel momento che ho sentito forte il sostegno di mia madre. Una donna che, lo dico con fierezza, ha sacrificato tutto per me. Per garantirmi un futuro migliore. Un destino diverso da quello truce che ha accomunato tanti miei coetanei. Ancora prima delle primavere arabe.

E’ stata lei, anche questa volta, a sbracciarsi le maniche e a darsi da fare. Ha lavorato sodo, ha venduto quel poco di oro che avevamo in casa, ha chiesto un prestito per mettere insieme la somma che avrebbe coperto tutto il tragitto. Anche quello via mare. Fino in Italia. E tutto ciò pur conoscendo i rischi che avrei corso e pur sapendo che, nella migliore delle ipotesi, avremmo dovuto separarci chissà per quanto tempo.

Ottomila euro. A tanto ammontava il prezzo della mia libertà. Il costo da pagare per un nuovo inizio a migliaia di chilometri da casa. In una terra dove nulla è come pensavo e dove tutto mi appare in forme e colori differenti da quelli che ero abituato a percepire.

Il giorno del decollo ero emozionatissimo. Non ero mai salito su un aereo prima di allora. Dal finestrino guardavo estasiato il tappeto di nuvole – scomposte e apparentemente inconsistenti – sotto di noi, unico grado di separazione tra il cielo e il mare. Infinito, terso e azzurro il primo, così cristallino e increspato il secondo. Uno spettacolo perfetto per alimentare i sogni di un viaggiatore inesperto. Fantasticavo su chi sarebbe venuto a prendermi all’aeroporto, probabilmente, pensavo, sarà un autista in livrea con l’abito gallonato e le scarpe con la fibbia pronto ad aprirmi lo sportello della sua limousine oppure un giovane vestito all’occidentale a bordo di un’auto sportiva con tutte le hit del momento sparate a palla da un mega stereo incorporato nel cruscotto. Penso, ad un certo punto, di aver immaginato anche di essere accolto in una villa su due piani vista mare, degustando cibi prelibati e assaggiando pietanze mai conosciute. Sogni. Fantasticherie di ragazzo. Una bella illusione durata esattamente due ore. Il tempo del volo.

L’uomo che è venuto a prendermi in aeroporto era vestito in modo molto anonimo. Di lui mi ha colpito il fatto che fosse volutamente taciturno e anche parecchio accigliato. Non mi hai mai rivolto la parola e a stento mi avrà guardato. Mi ha portato in un garage non lontano da Bengasi e lì sono rimasto rinchiuso per due giorni e due notti. Insieme ad altre trenta persone. Solo quando è arrivata la conferma del pagamento del viaggio da parte di mia madre, la porta del garage si è aperta e un altro uomo si è fatto strada nella penombra per prelevarmi e portarmi in auto a Tobruk. Con me altri sette uomini. Probabilmente anche i loro bonifici erano stati incassati. Questa volta il percorso è stato più lungo. Quasi interminabile. Abbiamo viaggiato ininterrottamente per circa dieci ore.

Avrei voluto dormire. Sapevo sarebbe stato l’unico modo per tornare a sognare. Dopo i due giorni nel garage, avevo infatti smesso di fantasticare. Piuttosto avevo iniziato a temere. Temere per la mia sicurezza. Per la mia incolumità. Non sapevo con certezza dove fossimo diretti. Avrebbero potuto abbandonarmi lungo il percorso, in qualche anfratto dimenticato da Allah, far perdere le mie tracce, uccidermi persino. Chi avrebbe saputo di me? Del giovane Youssef che sognava di raggiungere l’Italia? Probabilmente nessuno. Tentai con tutte le forze che mi erano rimaste di scacciare questi orribili pensieri e cominciai a concentrare lo sguardo sul percorso. Fu allora che vidi una pattuglia della polizia libica. La prima. Lungo il tragitto incrociammo almeno tre posti di blocco. E tutte e tre le volte ci imposero di fermarci. Ufficialmente per controllare i documenti. Ma scoprii presto che non era solo per quello. Al termine della perquisizione gli agenti portarono via sigarette, soldi e anche cellulari. Il mio era nascosto in una scarpa (un vecchio trucco suggerito da un amico che aveva tentato invano di lasciare il Paese l’anno precedente) e così sono riuscito a sottrarlo alla bramosia degli uomini in divisa.

Poi il viaggio è proseguito nella sua disagevole e fastidiosa monotonia. Intorno a noi solo tanta desolazione. L’ultima fermata, prima della tappa definitiva, è stata programmata a pochi Km dalla destinazione esclusivamente per bendarci. Il percorso da quel momento in poi mi è apparso ancora più tortuoso e infinito. Quando l’auto ha decelerato per poi fermarsi e l’uomo alla guida del veicolo ha aperto lo sportello, era già buio. Eppure i miei occhi, ormai liberi dalla benda, hanno faticato ugualmente a mettere a fuoco il palazzo che si stagliava di fronte.

Non saprei dire quanti anni avesse questo edificio, in parte ancora allo stato grezzo, anche perché siamo rimasti davanti alla porta solo per una manciata di minuti. Dentro invece ci sarei rimasto per 45 giorni. Sempre nella stessa stanza. Insieme ad altri 120 uomini di diverse età e nazionalità. Tutti in attesa della barca che ci avrebbe traghettato in Italia. Una barca che però sembrava non arrivare mai.

Non è stato facile ritagliarsi quei pochi centimetri di pavimento dove rimanere seduto tutto il giorno, tutti i giorni, in religioso silenzio, fino al momento fatidico. ‘Dovete essere invisibili e silenziosi’, questo è ciò che ci veniva intimato quotidianamente in un dialetto arabo che non saprei riprodurre. Ci si poteva alzare solo per andare nell’unico bagno disponibile ma la fila era sempre lunghissima. Se qualcuno faceva rumore o alzava la voce, venivamo manganellati tutti, senza distinzione. Braccia, gambe, schiena. Se ti andava male potevi beccarti anche una scudisciata sul viso o sul capo.

Ho ricordi sfocati di quei giorni tutti uguali, scanditi soltanto dall’arrivo del cibo, quasi sempre bruciato e immangiabile, che ci portavano, due volte al giorno, uomini dai volti arcigni, armati di tutto punto, che aprivano bocca solo per minacciarci. Ricordo di aver pensato e ripensato mille volte al motivo per il quale mi trovavo lì e se ne fosse valsa davvero la pena. In alcuni momenti, ripensando a mia madre e al mio villaggio, mi rispondevo che avrei fatto meglio a rimanere a casa mia, poi però mi facevo forza, stringevo i denti e ripetevo a me stesso, quasi come fosse un mantra, ‘il peggio è passato, il meglio sta per arrivare’. E il bello è che in quei momenti ci credevo sul serio.

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Più volte in quelle sei settimane ci avevano lasciato intendere che la partenza sarebbe stata imminente ma ai loro annunci non seguiva mai un segnale concreto. Ci illudevano, forse per scongiurare proteste o tensioni. I malumori, già alla fine della prima settimana, cominciavano infatti a farsi sentire ma chiedere spiegazioni o ribellarsi a quello stato di cose non era affatto consigliabile. Un siriano che ci aveva provato era stato malmenato e colpito ripetutamente alla nuca. Un gesto che ci zittì tutti. Definitivamente. Spegnendo sul nascere ogni possibile tentativo di rivolta.

Poi finalmente il segnale, quello vero, arrivò. Di quel giorno ricordo a malapena la data ma so che eravamo già a novembre. Dall’unica finestra della stanza, coperta da una tenda opaca, intravidi un cielo stranamente plumbeo. Al piano di sotto il calpestio ripetuto di passi pesanti e lo stridio di carrelli. Come se una massa di persone si fosse improvvisamente mossa tutta insieme. ‘Si stanno dando un gran da fare lì sotto’, brontolò un vecchio seduto poco distante da me. Erano già le 5 del pomeriggio quando uno degli uomini salì ad annunciare la partenza. Un’ora più tardi eravamo già in movimento. Ci hanno caricato, quattordici persone alla volta, in macchine di fortuna e piccoli furgoni. E ci hanno portato tutti in un’altra casa, questa volta non lontano dal mare. ‘Ci siamo’, mi sono detto. E ho stretto forte i pugni.

Quando ho visto la barca in lontananza ho pensato ad un miraggio. Solo quando si è avvicinata alla riva ho concretizzato che forse il momento tanto atteso e anche così temuto era arrivato. Ma l’imbarcazione non era proprio quella che avevo immaginato. Dire che si trattasse di un vecchio relitto rimesso in sesto per l’occasione non renderebbe affatto l’idea delle pessime condizioni in cui versava quel mezzo che avrebbe dovuto condurci fin sulle coste italiane. Rabbrividii quando scoprii che su quel peschereccio malmesso avremmo dovuto starci in 302. In prevalenza egiziani come me ma anche tanti siriani e qualche tunisino.

Appena salito a bordo ho avvertito uno sbandamento. Sarei caduto se ci fosse stato lo spazio per farlo. Ma intorno a me c’era già una bolgia di persone intente ad occupare i ponti, la chiglia e ogni centimetro calpestabile della barca. A stento e a fatica sono riuscito a inserirmi anch’io e a trovare un appiglio al quale aggrapparmi durante quelli che sarebbero stati i sei giorni più brutti della mia vita.

“Sono un ribelle/perché non voglio vivere nelle lacrime e nel sangue/perché non voglio la povertà e la fame…”era tanto che non sentivo questo brano, ho letto che in alcuni Paesi dell’Africa è stato censurato, lo canticchia un giovane seduto non lontano da me. Lo interpreto come un segnale di speranza e ottimismo. Che è poi il clima generale che si respira sul peschereccio. Sono tutti fiduciosi e soddisfatti per essere riusciti a imbarcarsi. Il cielo è sereno. E gli scafisti continuano a ripetere che in tre giorni saremo in Italia. Condizioni meteo permettendo. Anche le provviste imbarcate sono tarate per questo lasso di tempo. A bordo ci sono solo 15 litri di acqua disponibili al giorno, l’equivalente di un bicchiere e mezzo a testa. E’ chiaro fin dalla partenza che patiremo la sete.

Sul peschereccio si affollano uomini e ragazzini. Con due di loro ho stretto un’amicizia fraterna. Si chiamano Ahmed e Mahmoud, e sono entrambi egiziani. Abbiamo tanto in comune e tutti e tre desideriamo la stessa cosa. Studiare e crescere in un contesto democratico. In un Paese che sia in grado di riconoscere i nostri talenti e ci consenta di realizzare le nostre aspirazioni. Mi piace conversare con loro, rende il viaggio meno faticoso e il tempo scorre più velocemente. Finalmente, mi dico convinto, la fortuna è tornata ad assistermi, ma ho parlato troppo presto. Il mio ottimismo è destinato a infrangersi contro le onde sempre più alte del mare che non ho mai visto così agitato.

La tempesta è nell’aria e i primi ad averne sentore sono i veterani, quelli che hanno già tentato invano di raggiungere l’Italia una prima volta attraverso il mare. Per noi ragazzi il pericolo è qualcosa di astratto e affascinante ma fiutarlo è un’arte che spetta agli adulti. Ancor di più se non sei mai stato in balia delle onde in mare aperto per così tanto tempo. Molti di noi arrivano dal deserto. Alcuni non hanno mai messo piede fuori dal proprio villaggio. E non hanno mai visto il mare prima d’ora. C’è chi impreca, chi vomita, chi si contorce per gli spasmi allo stomaco. E tutto questo prima ancora che la tempesta raggiunga il suo apice.

Per tre giorni e tre notti la pioggia scende incessante. Senza mai concedere tregua. Esposti alle intemperie e senza alcuna possibilità di ripararsi, restiamo lì a inzupparci fino al midollo, ciascuno pregando il proprio Dio, qualcuno invocando persino il diavolo purchè metta fine al diluvio.

Leggo il terrore negli occhi di chi mi è accanto. Probabilmente sa che quella potrebbe essere l’ultima scena che vedrà in vita sua. Che il mio potrebbe essere l’ultimo sguardo che incrocerà. E allora mi faccio forza, gli allungo la mano, gliela stringo, forte, lui mi guarda sorpreso per un attimo, poi fa lo stesso con il suo vicino, e la catena umana cresce, fino all’ultimo centimetro visibile del ponte. E’ a questo punto che qualcuno intona un canto, triste e monotono, ma che ci fa sentire tutti meno soli.

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Poi l’onda. Anomala. Selvaggia. Trascinante. E il buio.

Quando qualche ora più tardi ho riaperto gli occhi, la situazione intorno a me non era diventata affatto più rassicurante. I più fragili si ammalano, c’è chi vomita di continuo e chi non ha più la forza neanche di mangiare il panino al formaggio che ci hanno portato gli scafisti. Quando il motore va in avaria e il livello dell’acqua sale fino alle ginocchia, l’entusiasmo delle prime ore scompare del tutto per lasciare spazio alla paura e all’ansia.

Sono ore terribili. Quelle in cui rivedi, come in un film, tutta la tua vita al ralenti e maledici il giorno in cui hai deciso di intraprendere il viaggio. Quei momenti che non augureresti a nessuno. Quelli in cui realizzi che potrebbero essere gli ultimi della tua vita e che tu li stai vivendo con dei perfetti sconosciuti, lontano da chi ami. Un pensiero che devono aver fatto in tanti. E che qualcuno lassù probabilmente ha ascoltato.

Come per miracolo, a sbloccare la situazione è stato uno di noi. Un meccanico. Proprio così. Tra gli sciagurati che si sono imbarcati in Libia c’era anche un uomo abile con i motori. E’ grazie al suo intervento se il peschereccio non è affondato. Non ricordo il suo nome ma penso che lo ringrazierò in eterno. Così come quell’egiziano che vedendomi fradicio mi ha portato dei vestiti asciutti. Un gesto di grande umanità. Spero un giorno di poter ricambiare in qualche modo.

Sudici, spaventati, disidratati (l’acqua potabile a disposizione è terminata da un bel po’ proprio come avevo previsto) e ancora in balìa del mare mosso, così ci hanno trovato e recuperato i soccorritori italiani nella notte tra il 13 e il 14 novembre del 2021 al largo di Roccella Ionica nella Locride.

Non so come abbiano fatto ad avvistarci. Se fossero di passaggio in quelle acque o se siano stati allertati da qualcuno che era a bordo del peschereccio. Mi piace pensare che chi mi ama, abbia avuto la forza e l’istinto di spingere quella vecchia imbarcazione verso un porto sicuro. Ancorarla al molo di una terra ricca di opportunità e speranza per chi, come me, tenta di cambiare il proprio futuro. Un futuro ancora tutto da scrivere e costruire. Qui in Italia.

YOUSSEF OGGI

Youssef oggi vive a Caserta, ospite di una delle strutture di accoglienza del Cidis, insieme ad altri minori stranieri non accompagnati originari di Albania, Tunisia, Egitto, Gambia, Pakistan, Bangladesh e non solo. Dopo aver frequentato con successo l’ultimo anno della scuola secondaria di primo grado e superato gli esami per ottenere la licenza media, Youssef ha intrapreso un nuovo percorso scolastico in un istituto della provincia di Caserta finalizzato a conseguire il diploma di Tecnico per i servizi socio assistenziali – Odontotecnico. Nel frattempo continua a frequentare corsi di lingua italiana, svolge attività sportiva e partecipa attivamente come volontario a tutte le iniziative sociali di rigenerazione urbana messe in campo dal Cidis con una duplice finalità: consentire a questi giovani stranieri di contribuire alla riqualificazione del territorio nel quale vivono attraverso interventi di manutenzione e conservazione di parchi e spazi verdi, e al tempo stesso accelerare quel processo di integrazione sociale che non può prescindere da un ruolo di cittadinanza attiva.

Per tutti loro si tratta infatti di mostrare un segnale di gratitudine e di riconoscenza nei confronti del Paese che li ha accolti ma è anche un modo per migliorare la vivibilità del luogo in cui hanno scelto di studiare e lavorare. Il percorso di integrazione e inclusione sociale è naturalmente solo agli inizi ma sono tutti fiduciosi e certi di poter dare tanto al territorio nel quale stanno mettendo radici. Youssef in primis che non perde occasione per confrontarsi e dialogare con i suoi nuovi amici senza però dimenticare quelli vecchi. Ha mantenuto infatti vivo il suo legame con Ahmed e Mahmoud, i due egiziani conosciuti sul peschereccio, anche se per il momento si sentono solo telefonicamente perché i suoi coetanei attualmente sono ospiti di alcune strutture del nord Italia. E, grazie alle videochiamate, riesce a vedere quasi tutti i giorni la sua adorata mamma che continua a spronarlo a dare il meglio di se in tutte le circostanze. Adora il cibo italiano e ha ricominciato a sognare ad occhi aperti. Un giorno, ora ne è certo, tornerà in Egitto per riabbracciare la sua famiglia e per vedere finalmente le piramidi. Pagine Esteri

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*Giornalista professionista freelance, Daniela Volpecina collabora con il quotidiano Il Mattino e l’emittente tv La7. Ha realizzato reportage in Italia e all’estero. Alcuni dei suoi lavori sono stati pubblicati da Avvenire, Donna Moderna, Informazioni della Difesa, TmNews e Agon Channel. Ha partecipato, con un suo scritto, alla raccolta di storie sulla pandemia ‘Ekatomére’ di Terra somnia editore. Un altro racconto, sul mondo del calcio, è inserito nel volume ‘Interrompo dal San Paolo’ pubblicato dalla Giammarino editore.

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Oggi, #22novembre, è la Giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole, istituita dal Parlamento italiano il 13 luglio 2015.

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Le stringhe terminate con valore nullo sono il più grande errore della storia dell'informatica


My password is just every Unicode codepoint concatenated into a single UTF-8 string.
xkcd.com/2700/



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“È necessario che ci siano anche alcuni spiriti liberi che tengano viva, nei modi che oggi sono possibili, la fiamma della libera critica, della libertà di parola e di opinione” da Lettera di Einaudi ad A. Albertini, 31 ottobre 1923 L'articolo #uncaffèco
“È necessario che ci siano anche alcuni spiriti liberi che tengano viva, nei modi che oggi sono possibili, la fiamma della libera critica, della libertà di parola e di opinione”


da Lettera di Einaudi ad A. Albertini, 31 ottobre 1923

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L’orrenda invasione russa in Ucraina è esattamente la stessa invasione in atto in Siria per mano della Turchia, con la differenza che dell'aggressione turca ai danni dei curdi nessuno ne parla

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Corruzione, violazioni dei diritti umani e insostenibilità ambientale: cresce l’imbarazzo intorno ai mondiali del Qatar, ma è troppo tardi. Si è aperta ieri a Doha, in Qatar, la 22esima edizione della Coppa del mondo di calcio.


E la chiamano distensioneIl ministro degli esteri tedesco Annalena Baerbock è oggi a Parigi e venerdì il primo ministro francese Elisabeth Borne incontrerà Olaf Scholz a Berlino.


Sabino Cassese: “L’autonomia voluta dalla Lega ferisce l’unità del Paese”


Il costituzionalista: «Dubbi sui trasferimenti di competenze come istruzione e ambiente» Prima sono sorti dubbi di incostituzionalità sul decreto anti-rave, ora piovono sulla bozza del ministro Calderoli per le autonomie regionali. Così, ad ogni acceleraz

Il costituzionalista: «Dubbi sui trasferimenti di competenze come istruzione e ambiente»


Prima sono sorti dubbi di incostituzionalità sul decreto anti-rave, ora piovono sulla bozza del ministro Calderoli per le autonomie regionali. Così, ad ogni accelerazione, segue una frenata. Per il professor Sabino Cassese, tra i più autorevoli costituzionalisti del secondo dopoguerra, questo accade perché nella coalizione di centrodestra «c’è il desiderio di dare il segnale che il governo provvede a tutte le urgenze, sa guidare la macchina dello Stato e assicura la cura degli interessi che la coalizione si è intestata, quali difesa delle frontiere e ordine pubblico». Ma la legge attuativa delle autonomie regionali è materia delicata e se non trattata con la giusta accortezza – avverte Cassese – rischia di acuire le disuguaglianze e rendere più profonda la spaccatura tra Nord e Sud.

Giorgia Meloni ha chiesto al ministro Calderoli di garantire innanzitutto l’unità del Paese.


«Un’esigenza giusta, quella di assicurare il rispetto delle autonomie, nell’ambito di un ordinamento unitario: così prescrive la Costituzione. L’esigenza di unità è innanzitutto assicurata dall’eguale rispetto dei diritti sul territorio e dall’unica voce data allo Stato fuori, nei rapporti internazionali. Questo spiega perché siano particolarmente dubbi i trasferimenti dei poteri legislativi in materia di norme generali sull’istruzione, ambiente, tutela e sicurezza del lavoro, tutela della salute, rapporti internazionali e con l’Unione Europea, commercio estero, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione e ordinamento delle comunicazioni. Tanto più se si considera che nel programma esposto dal governo al Parlamento si parla della proprietà pubblica delle reti di comunicazione».

La Lega sostiene sia fallito il modello di stato centralista, nel momento in cui non è riuscito a compensare gli storici divari tra Nord e Sud.


«Occorre, innanzitutto, essere certi che interventi diretti ad assicurare l’eguaglianza, come quelli riguardanti la sanità, l’istruzione, la tutela del lavoro, non producano il risultato di aumentare le diseguaglianze. Poi, tener conto che il divario tra Nord e Sud è aumentato. Essenziale la questione delle risorse. La Costituzione parla di maggiori compiti, non di maggiori risorse da trasferire».

E se al Nord andranno più risorse, il Sud ne otterrà meno.


«Certo. La torta non si allarga se alcune Regioni ne prendono una fetta più grossa, perché qualcun’altra ne avrà una più piccola. Nel 2017 – 2018 era stato valutato che le tre regioni del Nord che richiedevano l’autonomia differenziata avrebbero goduto di 21 miliardi in più di risorse per anno, ciò che avrebbe comportato per la Lombardia un aumento delle risorse disponibili in bilancio di più di un quarto. Da ultimo, non va dimenticato che alcune Regioni vogliono colmare il cosiddetto residuo fiscale positivo, lamentando che lo Stato raccoglie imposte sul loro territorio più di quanto conferisce loro in termini di servizi. Tutto questo riapre la ferita del divario».

I presidenti di Regione del Sud chiedono che si approvino i Lep e i costi standard, poi le autonomie. Hanno ragione?


«La bozza di lavoro dell’8 novembre 2022, presentata dal ministro Calderoli, prevede che i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) precedano i trasferimenti e solo se dopo un anno non siano stabiliti i Lep, si passi ai trasferimenti. Non vedo perché in un anno non si possano stabilire i Lep, anche perché costituiscono un patto con i cittadini, trasferendo, quindi, in parallelo compiti e risorse necessarie, senza prevedere eccezioni».

Si potranno trasferire alle Regioni fino a 23 funzioni attualmente in capo allo Stato. Alcune regioni, come il Veneto, le chiederanno tutte, altre meno. Qualcuna, nessuna. Si possono creare squilibri?


«Conferire autonomia vuol dire accettare la differenziazione tra le Regioni. Ma bisogna mettere insieme determinazione dei Lep, trasferimenti di compiti, personale e risorse».

Il ministro replica alle critiche sottolineando che anche il ritardo nell’attuazione delle autonomie va contro i dettami costituzionali.


«La Costituzione ha subito più volte ritardi nell’attuazione: Corte costituzionale 1956 e regioni 1970, 22 anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione. Non si tratta di una illegittimità costituzionale (la norma costituzionale dispone che ulteriori forme di autonomia “possono” essere attribuite a singole Regioni), ma una inerzia da evitare».

Le opposizioni chiedono che il Parlamento possa intervenire sugli accordi tra governo e Regioni.


«L’ulteriore trasferimento alle Regioni è un problema nazionale. Fa parte di un pacchetto unitario, con il quale bisogna ridurre la asimmetria tra governo centrale e Regioni, dando al primo quella stabilità che alle Regioni è stata data circa trent’anni fa. Poi, non basta risolverlo con intese con ciascuna Regione. Occorre valutarlo complessivamente, come d’altra parte ha riconosciuto il ministro Calderoli portando la bozza di lavoro del disegno di legge alla Conferenza Stato Regioni»

La Stampa

L'articolo Sabino Cassese: “L’autonomia voluta dalla Lega ferisce l’unità del Paese” proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Iran: Teheran – Kobane, la linea del fronte


Le manifestazioni contro il governo di Teheran sono entrate nel terzo mese, crescono e diventano sempre più violente. Nelle scorse ore, un ulteriore innalzamento di standing: il territorio del Kurdistan in Iraq potrebbe essere invaso da Iran e Turchia. L'azione potrebbe destabilizzare ulteriormente l'intera area, con conseguenze geopolitiche che si estenderebbero in tutto lo scenario europeo e euroasiatico, ma le conseguenze potrebbero esserci anche per la rivoluzione che a Teheran sta maturando

L'articolo Iran: Teheran – Kobane, la linea del fronte proviene da L'Indro.



Conoscere per crescere. Credi nel tuo sogno! di Maria Letizia Sebastiani e Federica Ciampa


#orientare #connessoalletuepassioni #regionelazio #FSE+ Non arrendersi alle prime difficoltà. Non lasciarsi sfuggire l’opportunità di approfondire le inclinazioni personali, gli interessi e le skills nella scelta del proprio futuro formativo, professional

#orientare #connessoalletuepassioni #regionelazio #FSE+

Non arrendersi alle prime difficoltà. Non lasciarsi sfuggire l’opportunità di approfondire le inclinazioni personali, gli interessi e le skills nella scelta del proprio futuro formativo, professionale e lavorativo, è fondamentale per i giovani. “Conoscere per crescere” è il progetto ideato dalla Fondazione Luigi Einaudi di Roma per orientare gli studenti degli Istituti d’Istruzione Superiore Marconi di Civitavecchia e Dante Alighieri di Anagni nell’ambito dell’avviso pubblico della Regione Lazio “ORIENTARE” finanziato con il Programma Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+) 2021- 2027.

youtube.com/embed/IKyM7ztUFtc

Approfondisci il progetto “Conoscere per crescere”

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Presentazione della Scuola di Liberalismo 2022 di Messina – unime.it


Si è svolta presso la Sala Senato dell’Ateneo la conferenza stampa di presentazione dell’edizione 2022 della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina

Si è svolta presso la Sala Senato dell’Ateneo la conferenza stampa di presentazione dell’edizione 2022 della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e la Fondazione Bonino-Pulejo.

Alla presenza del Prorettore Vicario, prof. Giovanni Moschella, il Direttore Generale della Scuola, prof. Pippo Rao, e il Direttore Scientifico, prof. Giuseppe Gembillo, hanno presentato la dodicesima edizione messinese del corso dedicato agli autori più rappresentativi del pensiero liberale ed alle loro opere.

Hanno preso parte all’incontro, anche, Enzo Palumbo (Membro della Commissione Giustizia della Fondazione Luigi Einaudi), Edoardo Milio (Responsabile Relazioni istituzionali), Gabriella Sorti (Responsabile del Comitato di Segreteria) ed i membri del Comitato organizzatore.

La “Scuola di Liberalismo di Messina”, le cui iscrizioni sono gratuite, verrà inaugurata il 28 novembre, si articolerà in 14 lezioni che si concluderanno il 18 febbraio presso l’Auditorium della Gazzetta del Sud. Ai frequentanti di almeno i 2/3 delle lezioni sarà rilasciato un attestato di partecipazione.

Agli studenti universitari verranno riconosciuti crediti formativi.

Verranno, inoltre, assegnate 3 borse di studio da 500 euro ai corsisti, con età inferiore a 32 anni, che avranno svolto delle tesine sulle tracce che saranno comunicate e che verteranno sui temi oggetto del Corso. Le tre borse, intitolate alla memoria di Gaetano Martino, sono finanziate dalla Fondazione Luigi Einaudi, dal Coordinamento messinese della Fondazione Luigi Einaudi e dalla Fondazione Bonino Pulejo.

unime.it

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#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione.

🔸 MIM-Regioni, sbloccati 500 milioni per il potenziamento dei laboratori degli ITS

🔸 Accordo con le Province su #PNRR e scuole superiori

🔸 …



Non esiste democrazia senza lavoro

"In definitiva, oggi, mentre leggete queste parole, in Italia è tollerato il furto di lavoro, il furto di ciò che serve ovviamente per guadagnarsi da vivere, ma non solo: serve per guadagnarsi la propria stessa libertà e la propria dignità (l’art. 36 della Costituzione infatti recita: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa»). Un contesto di questo tipo, assai intuibilmente, rende praticamente impossibile la partecipazione democratica delle persone con gravi ricadute in termini di democrazia costituzionale. Non solo, per inciso è bene precisare che questo contesto rende praticamente inattuabili molte altre regole in materia di lavoro, prime fra tutte quelle relative a salute e sicurezza sui luoghi di lavoro."

lindipendente.online/2022/11/2…



Il paese delle armi. Falsi miti, zone grigie e lobby nell’Italia armata

Questo libro affronta il tema della produzione, del commercio e dell’uso delle armi “comuni” nel nostro Paese: demolisce falsi miti, fa luce su zone

magozine.it/il-paese-delle-arm…

#Recensionilibri #armi #Beretta #Fiocchi #Italia #lobby #omicidio #patriarcato



Devo essermi perso alcuni passaggi negli ultimi anni, ma ho appreso che #BitTorrent è stata acquistata da una startup in ambito #crypto
Ho cercato informazioni su wiki ma con scarsi risultati: è stato acquistato e reso "chiuso" anche il protocollo?

reshared this

in reply to J. Alfred Prufrock

Anche a me risulta difficile pensare che il protocollo possa essere diventato "privato". Mi ha lasciato spiazzato vedere offline bittorrent .org (cfr. github.com/bittorrent/bittorre… )e trovare .com saturo di servizi offerti legati a qualche tipo di token.
in reply to J. Alfred Prufrock

Alcuni servizi anche interessanti, come quello per lo streaming live video (che, sempre in giro per wiki, apprendo esser stato famigerato per essere stato largamente usato da creator estremisti far right per contenuti tanto discutibili quanto remunerativi)


Cari amici, vi ricordo che "settimana prossima" vuole l'articolo: "Ci vediamo LA settimana prossima" 👋


E nel dinner talk di Sky, vip, manager e calendiani ci spiegano com'è difficile arrivare a fine mese - Kulturjam

«La nuova frontiera dell'infotainment è in realtà la riedizione fantozziana del "Cari inferiori", in cui amici di un certo livello sociale si abboffano davanti alle telecamere mentre discutono di massimi sistemi. Lo chiamano dinner talk.»

kulturjam.it/news/dinner-talk-…



I 698 morti

"Cosa si può dire se non che questa è una tragedia gigantesca? Una carneficina in continua crescita che non può essere frutto di tragiche fatalità. È un massacro senza fine frutto dello sfruttamento, della precarietà, dei bassi salari, dell’aumento del tempo di lavoro, di persone anziane costrette a lavorare, della povertà crescente… quindi del sistema capitalista. Una guerra di classe."

lunitadeilavoratorionline.word…



I tribunali “segreti” che consentono ai colossi energetici di denunciare i Governi

"In altre parole: le aziende che ritengono di aver subito un danno dallo Stato per via dalle politiche energetiche e climatiche adottate, possono trascinarlo in tribunale e costringerlo ad un risarcimento miliardario."

lindipendente.online/2022/11/1…



Pensavo che sarebbe interessante (e forse esiste già, ma non l'ho trovato) sviluppare un servizio che funga da proxy aggregatore per i diversi account del fediverso che un utente può possedere.

Provo a spiegarmi. Esistono numerosi social network decentralizzati che utilizzano il protocollo ActivityPub, tramite il quale sono tra loro interoperabili. Così un utente Mastodon può ricevere i video pubblicati da un amico su un'istanza PeerTube. Come utente del Fediverso, potrei aprire un account Pixelfed per pubblicare le mie foto, PeerTube per i video, Friendica per il microblogging ecc. Ognuno di questi account avrà il proprio handle, i propri follower e i propri seguiti, il che può diventare scomodo da gestire.

Invece, mi piacerebbe esporre verso l'esterno un unico handle aggregato, ad esempio @c64@luca.it, e "agganciare" a questo handle i numerosi account del fediverso di cui dispongo, per esempio

- @c64@mastodon.uno per Mastodon,
- @c64@poliverso.it per Friendica, ecc.

Come funzionerebbe dunque l'handle aggregato? Tutti i messaggi in entrata verrebbero aggregati dal proxy, e replicati verso tutti gli account personali. In questo modo, per esempio, avrei la possibilità di leggere lo stream dei post dei seguiti tramite Mastodon, che ha un'interfaccia più comoda e matura rispetto a Friendica, oppure utilizzare proprio Friendica. Anche i messaggi in uscita (post, video ecc.) sarebbero mediati dal proxy, in modo tale che i miei follower vedrebbero tutti i messaggi che pubblico, indipendentemente dal social che ho utilizzato per la pubblicazione per ogni singolo messaggio.

Infine, l'handle aggregato potrebbe essere permanente: così potrei modificare l'istanza dei miei social in modo trasparente, senza dover chiedere ai follower di modificare l'handle seguito.




#NotiziePerLaScuola

#PNRR, decreto di approvazione delle graduatorie dell’investimento per asili nido e scuole dell’infanzia e servizi di educazione e cura per la prima infanzia.

Info ▶️ miur.gov.

Poliverso & Poliversity reshared this.



#NotiziePerLaScuola

“A Scuola di OpenCoesione": online l’elenco delle scuole ammesse a partecipare al progetto per l’anno scolastico 2022/2023.

Info ▶️ miur.gov.



Hanno appena citato Mastodon a RaiNews, nell'ambito della notizia sul fatto che i dipendenti di Twitter stanno dando le dimissioni in massa... prepariamoci allo sbarco 😁

Luca Gasperini reshared this.



Forse una delle feat che avevo sottovalutato di #friendica è che l'interfaccia "retro" la rende resistente a esodi, diaspore e migrazioni di massa 😁

Andrea reshared this.

in reply to J. Alfred Prufrock

Altro punto per #friendica : miliardari "eccentrici" non ne conoscono l'esistenza e non li bloccano nei social che decidono di trasformare nella propria corte


Qualcuno è riuscito a capire il motivo scatenante per cui nelle ultime sei ore c'è stata un'ondata migratoria eccezionale di iscrizioni a #Mastodon?

- Ne ha parlato forse qualche youtuber?
- Un tiktoker?
- Facebook ha deciso di far collassare i server più grandi di Mastodon per eliminare la potenziale concorrenza?
- C'è stato un servizio giornalistico in TV?
- Radio Maria ha sconsigliato mastodon?
- Una catena di S. Antonio che se non ti iscrivi a Mastodon vieni bocciato alla maturità?
- PIERO FASSINO HA DICHIARATO CHE MASTODON NON SARA' MAI UN FENOMENO DI MASSA? 😱😱😱



Mastodon può sopravvivere alla legge europea sui servizi digitali? Konstantinos Komaitis, un esperto di regolamenti di Internet e diritto d'autore prova a rispondere a questa domanda


Proponiamo di seguito l'articolo di Konstantinos Komaitis

Sono passate circa due settimane da quando Elon Musk, l'uomo più ricco del mondo, ha acquisito Twitter e, già, i crescenti timori su cosa questo significhi per la libertà di parola sulla piattaforma di microblogging hanno iniziato a proliferare. Con Musk che licenzia alcuni membri del personale chiave di Twitter, tra cui il capo legale di Twitter Vijaya Gadde e rescinde i contratti con moderatori di contenuti in outsourcing, molti utenti sono alla ricerca di un'alternativa.

Un numero considerevole sta migrando al "fediverse", e in particolare a Mastodon, una piattaforma di microblogging simile che è stata chiamata "Twitter, con l'architettura sottostante della posta elettronica". Il decentramento di Mastodon solleva interrogativi sostanziali su come si applicheranno i regimi normativi esistenti, come il Digital Services Act (DSA) europeo.

Il passaggio a Mastodon

Il fediverso - una parola macedonia formata da federazione e universo - è una rete di server interconnessi che comunicano tra loro sulla base di protocolli di rete decentralizzati. Questi server possono essere utilizzati per la pubblicazione sul Web e l'hosting di file e consentono agli utenti di comunicare tra loro nonostante si trovino su server indipendenti.

Per Mastodon, l'interoperabilità è fondamentale. Pensalo come un account di posta elettronica: un utente può utilizzare un servizio di posta di Google, ma ciò non gli impedisce di comunicare con qualcuno che utilizza Hotmail o anche con qualcuno che ospita il proprio server di posta. Finché viene seguito un insieme di protocolli, gli utenti possono comunicare facilmente tra i server. L'idea alla base di un'architettura così decentralizzata è dare agli utenti il ​​controllo diretto del loro utilizzo e della loro presenza online. Mastodon è uno dei tanti social network che operano utilizzando software gratuito e open source; altri esempi includono Peertube, che è simile a YouTube, e diaspora* (non capisco perché viene richiamata più spesso Diaspora rispetto a Friendica, ndr) , che assomiglia di più a Facebook.

Dall'acquisizione di Twitter da parte di Musk e dalle turbolenze che ha causato, la crescita di Mastodon è passata da 60-80 nuovi utenti all'ora a 3.568 nuove registrazioni in un'ora la mattina del 7 novembre. Ora ha accumulato oltre 6 milioni di account utente ed è ancora in crescita.

Per iscriversi a Mastodon, un utente può unirsi a un numero di server diversi (noti come "istanze") di sua scelta; queste istanze determinano i contenuti che gli utenti possono vedere e le linee guida della comunità a cui devono iscriversi. In sostanza, l'amministratore o gli amministratori di ciascuna istanza fungono da "moderatore" - decidendo cosa è consentito o meno in quell'istanza - e hanno il potere di filtrare o bloccare i contenuti che contraddicono le regole stabilite. Gli amministratori possono agire da soli come moderatori o utilizzare un team di moderatori. All'interno di un'istanza, un utente può pubblicare testo o altri media, seguire e comunicare con altri utenti (all'interno e all'esterno della propria istanza) e condividere dati pubblicamente o con un gruppo selezionato.

Proprio come Twitter, Mastodon usa gli hashtag, ha un limite di caratteri per i post (500 invece dei 280 di Twitter) ed è già popolato di immagini di gatti. Sebbene alcuni utenti si siano lamentati della complessità del processo di registrazione e della generale facilità d'uso del sito (o della sua mancanza), Mastodon si è rivelato un'alternativa salutare e ha dimostrato che gli utenti sono pronti ad abbandonare i servizi di social media consolidati se lo desiderano sono presentati con le opzioni.

Moderazione dei contenuti su Mastodon

Alla fine, tuttavia, il futuro di Mastodon dipenderà dal modo in cui le sue singole istanze e il sito, come un insieme collaborativo, si occuperanno della moderazione dei contenuti e della libertà di parola. Il fascino di Mastodon sta nel suo decentramento. Quando Eugen Rochko ha fondato la rete nel 2016, proveniva da un "sentimento di sfiducia nei confronti del controllo dall'alto che Twitter esercitava" . Contrastando questa sfiducia, affermando anche con orgoglio che "non è in vendita",la rete Mastodon non ha un unico proprietario o amministratore che possa stabilire le regole; invece, l'amministratore di ciascuna istanza locale stabilisce le regole del proprio server, che gli utenti devono rispettare. Se un utente non è d'accordo con queste regole, può facilmente passare a un'istanza che si allinea con il suo punto di vista, creando solide strade per la libertà di parola. Se un amministratore rileva che un utente ha pubblicato qualcosa in violazione delle regole dell'istanza, può rimuovere il contenuto o persino rimuovere l'utente dall'istanza; l'utente può quindi semplicemente passare a un altro server.

L'amministratore può anche bloccare il contenuto dall'istanza che esegue se disturba gli utenti. Nel 2019, la piattaforma di social media Gab, un hub per i suprematisti bianchi, ha testato i limiti di Mastodon sulla moderazione dei contenuti. Anche se Mastodon non poteva negare l'uso da parte di Gab del suo software open source, dal momento che chiunque può utilizzare il software se "mantiene la stessa licenza e rende pubbliche le proprie modifiche", le singole istanze sono state in grado di bloccare, e di conseguenza isolare, Gab e i suoi utenti. Non essendo in grado di interagire con altre istanze, Gab divenne un'istanza senza valore per il collettivo Mastodon. In risposta a questo, mastodon . sociale— uno dei server gestiti da Mastodon — ha aggiornato la sua politica relativa alla promozione delle istanze sul proprio sito Web ufficiale, prima di bloccare definitivamente Gab.

Sebbene non esista un'autorità centrale su Mastodon, quando ti iscrivi alla rete ti mostra alcune istanze popolari a cui puoi unirti per avere un'idea generale del contenuto sulla rete. Queste istanze devono rispettare determinate regole come non consentire il razzismo, il sessismo, l'omofobia, la transfobia, ecc. Sui loro server. Questo mostra come il contenuto (o meglio una piattaforma) può essere moderato su una rete decentralizzata: mentre il contenuto offensivo non è necessariamente completamente rimosso dalla rete, l'azione locale può essere intrapresa da ciascun amministratore di istanza per evitare e infine ostracizzare i server "problematici".

I chiari vantaggi di tali sistemi decentralizzati, specialmente se non sono a scopo di lucro, come Mastodon, sono le responsabilità diffuse di moderazione dei contenuti, l'empowerment degli utenti e i disincentivi per i conflitti degli utenti (soprattutto legati alla conduzione del coinvolgimento, come si vede nei grandi social media). Tuttavia, questo ci lascia ancora con la questione dei contenuti manifestamente discutibili, come materiale sullo sfruttamento sessuale di minori o contenuti terroristici. Certamente, le istanze hanno i propri incentivi per moderare e sbarazzarsi di tali contenuti; tuttavia, è anche importante ricordare che le reti decentralizzate non sono al di sopra della legislazione del governo, né sono una panacea per la moderazione dei contenuti. Allo stesso modo in cui i governi possono ordinare la rimozione di un sito Web, possono anche ordinare la rimozione delle istanze di Mastodon.

Mastodon e la legge sui servizi digitali

Mentre Mastodon continua a guadagnare popolarità, una domanda che rimane è come gli sforzi legislativi esistenti possano influenzare l'intero sito web e/o le sue istanze. In particolare, il Digital Services Act (DSA) in Europa è stato creato per affrontare i problemi di moderazione dei contenuti che si manifestano in piattaforme molto più grandi e centralizzate, come Facebook. Quale sarà l'effetto del DSA su Mastodon?

Attualmente, ci sono più di 3000 istanze sulla rete, tutte con i propri utenti, linee guida e amministratori. In questo contesto, il DSA non fornisce chiarezza sulle questioni dei social media decentralizzati. Tuttavia, sulla base delle categorizzazioni del DSA, è molto probabile che ogni istanza possa essere vista come una ' piattaforma online ' indipendente su cui un utente ospita e pubblica contenuti che possono raggiungere un numero potenzialmente illimitato di utenti. Pertanto, ciascuna di queste istanze dovrà rispettare una serie di obblighi minimi per i servizi di intermediazione e hosting, incluso avere un unico punto di contatto e un rappresentante legale, fornire termini e condizioni chiari, pubblicare relazioni semestrali sulla trasparenza, avere un meccanismo di notifica e azione e comunicare informazioni su rimozioni o restrizioni sia ai fornitori di avvisi che a quelli di contenuto .

Oggi, dato il modello senza scopo di lucro e l'amministrazione limitata e volontaria della maggior parte delle istanze esistenti, tutti i server Mastodon sembrerebbero esenti dagli obblighi per le grandi piattaforme online. Tuttavia, cosa significherà se un'istanza finirà per generare oltre 10 milioni di EUR di fatturato annuo o assumerà più di 50 membri del personale? Ai sensi del DSA, se tali soglie vengono raggiunte, gli amministratori di tale istanza dovrebbero procedere all'attuazione di requisiti aggiuntivi, tra cui un sistema di gestione dei reclami, la cooperazione con segnalatori attendibili e organismi extragiudiziali per le controversie, una maggiore trasparenza delle relazioni e l'adozione delle misure di protezione dei bambini, così come il divieto di modelli oscuri. Il mancato rispetto di questi obblighi può comportare multe o il blocco geografico dell'istanza in tutto il mercato dell'UE.

Inoltre, in teoria, c'è sempre la possibilità che un'istanza possa raggiungere la soglia per lo stato "Very Large Online Platform" (VLOP) del DSA se la sua base di utenti continua a crescere e raggiunge i 45 milioni di utilizzo mensile. Oggi, mastodon.social è l'istanza più grande, con 835.227 utenti . Se supera la soglia dell'utente VLOP, vi è un numero significativo di obblighi che questa istanza dovrebbe rispettare, come valutazioni del rischio e audit indipendenti. Questo può rivelarsi un onere amministrativo costoso e gravoso, dato il suo fatturato attuale . È quindi importante che la Commissione europea fornisca ulteriori chiarimenti su questi casi e lo faccia rapidamente.

È difficile prevedere cosa accadrà se, e quando, il numero di utenti di Mastodon raggiungerà piattaforme come Twitter e Facebook, specialmente nel regno della moderazione dei contenuti. Poiché la moderazione nelle principali piattaforme di social media è condotta da un'autorità centrale, il DSA può effettivamente ritenere una singola entità responsabile attraverso obblighi. Questo diventa più complesso nelle reti decentralizzate, dove la moderazione dei contenuti è prevalentemente guidata dalla comunità.

Ambiguità normativa e Fediverso

Attualmente, Mastodon tenta di rispondere ai problemi della moderazione dei contenuti attraverso la sua architettura decentralizzata. Non esiste un'autorità o un controllo centrale che si possa indicare e ritenere responsabile per le pratiche di moderazione dei contenuti; invece, la moderazione avviene in modo organico dal basso verso l'alto. Per quanto riguarda il modo in cui le imminenti normative digitali possono essere applicate a queste piattaforme, ci rimangono ancora una miriade di domande, che crescono solo se consideriamo come una rete decentralizzata potrebbe implementare questi requisiti.

L'ambiguità sul fediverso mostra che quando si progetta la regolamentazione di Internet, è importante farlo con la più ampia creatività e innovazione possibile, invece di avere in mente determinati attori. L'ultima cosa che l'Europa vuole è la sua regolamentazione che limiti l'innovazione futura, alzando le barriere all'ingresso sia per le nuove imprese che per gli utenti.

Link al post originale: techpolicy.press/can-mastodon-…
Note sugli autori:

Konstantinos Komaitis è un veterano dello sviluppo e dell'analisi della politica Internet per garantire un Internet aperto e globale. Konstantinos ha trascorso quasi dieci anni nello sviluppo di politiche e strategie attive come Senior Director presso la società di Internet. Prima di allora, ha trascorso 7 anni come docente senior presso l'università di Strathclyde, Glasgow, nel Regno Unito, dove facevamo ricerca e insegnavamo politica di Internet. Konstantinos è un oratore pubblico che ha parlato a molti eventi in tutto il mondo, incluso un discorso TedX, e uno scrittore che ha scritto per vari punti vendita tra cui Brookings, Slate, TechDirt, EuroActive. Ha conseguito due lauree magistrali e un dottorato ed è autore di un libro sulla regolamentazione dei nomi a dominio. È anche co-conduttore del "Podcast di Internet of Humans". Il suo sito personale è: www.komaitis.org .
Louis-Victor de Franssu è il CEO e co-fondatore di Tremau, una start-up tecnologica Trust & Safety che aiuta i servizi online ad adattarsi al quadro normativo in evoluzione. Prima di Tremau, Louis-Victor è stato vice dell'ambasciatore francese per gli affari digitali. In questo ruolo, si è specializzato in questioni relative alla lotta ai contenuti illegali online e alla disinformazione, guidando anche il lavoro della Francia sull'invito all'azione di Christchurch. Prima di entrare a far parte del Ministero per l'Europa e gli Affari Esteri, Louis-Victor ha lavorato per un'importante società di consulenza per la gestione del rischio non finanziario nel settore finanziario. Louis-Victor ha conseguito un MBA presso l'INSEAD e un BA presso l'Università di Notre Dame.


Metascuola


Lunedì scorso abbiamo fatto a scuola una cosa semplice, eppure a quanto pare difficile. Ci siamo messi in cerchio, in aula magna. Studenti, docenti e dirigente. E abbiamo parlato di noi. Della nostra scuola. Della scuola in generale. Di quello che va, di quello che non va. Abbiamo parlato e ascoltato. Altrove si chiama Student Voice, io la chiamo Metascuola. Sospendere per qualche ora la condizione scolastica ordinaria con i suoi ruoli e le sue gerarchie e interrogarsi sul senso di quello che si fa giorno dopo giorno.
Quello di lunedì è stato il primo incontro. Altri ne seguiranno. E cercheremo di capire insieme cosa cambiare, e come.

Ognuno reshared this.

in reply to Antonio Vigilante

per curiosità, ci sono stati poi altri incontri oppure è stato solo il primo sampietrino posato dalla dirigente sulla strada delle buone intenzioni?


"Sulla qualità del nostro cervello siamo tutti molto permalosi. Accusare il prossimo di essere debole di reni, o di polmoni, o di cuore, non è un reato; definirlo debole di cervello invece sì."

Primo Levi


in reply to Signor Amministratore ⁂

Hi @Michael Vogel , unfortunately I can't send you a message on matrix at heluecht:feneas.org. Can I ask you to connect with me? I would like to ask you a private question
Unknown parent

friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
Signor Amministratore ⁂
@Michael Vogel I sent you my message! I'm glad my report helped at least get your Matrix address updated... 😅


rant su spot televisivi

Ho sempre prestato eccessiva attenzione al linguaggio pubblicitario, quello televisivo in particolare.

E se certe cose non hanno tempo (come piazzare ore pasti tutti gli spot che fanno passare l'appetito), altre segnano vere e proprie ondate.

Ad esempio c'è stato il periodo della body positivity, in cui più o meno goffamente veniva inserito - finendo per evidenziarlo invece che integrarlo - qualche corpo o volto normale in contesti di usuale perfezione di corpi e volti televisivi.

Ora, sarà che i recenti fatti elettorali mi avranno un po' colpito, ma: non suona anche a voi un po' esagerata la presentazione patriottica del cioccolato ITALIANO con latte ITALIANO e nocciole ITALIANE? Lo dice proprio così. (Segue personaggio con espressione grottesca che scandisce "mmmh, SFITZERO?" e surreale risposta corale di bambini perfetti.)

in reply to J. Alfred Prufrock

re: rant su spot televisivi

non guardo tv da anni, ma forse ho compreso di quale pubblicità si tratti. La mia memoria non è mai stata buona, ma la parte finale credo sia rimasta invariata da diversi anni, no?

In ogni caso anche a me sembra esagerata ed un po' paradossale questa presentazione estremamente patriottica dato che, giustamente, sono loro stessi a riportare come il cacao venga dall'Ecuador: elah-dufour.it/en/ingredients



Il GARR, la Scuola e la rete UNIRE


LA RETE GARR E LA RETE UNIRE
di Maria Laura Mantovani

In questo video Enzo Valente ci racconta perché è stata fatta la Rete GARR, una storia che parte dal 1986. Oggi si dovrebbe decisamente fare la rete UNIRE, siamo in tremendo ritardo: 36 anni dopo la nascita dell’idea della rete GARR.

Chi è Enzo Valente?

Un sognatore che ha contribuito a realizzare un sogno. Una persona che se è convinto di realizzare una cosa, la porta a termine. Sicuramente un leader. È stato il primo direttore del GARR.

Che cos’è la Rete GARR?

GARR è la Rete Italiana della Ricerca. Connette tra loro tutte le università e gli enti di ricerca italiani con tecnologie da sempre all’avanguardia, al fine di garantire prestazioni ai massimi livelli resi possibili con le apparecchiature esistenti. Di reti della ricerca come la rete GARR (#NREN ) ce ne sono nel mondo una ottantina, ogni Stato ha la propria, e tutte sono connesse tra loro, così che i ricercatori in tutto il mondo hanno a disposizione delle tecnologie per connettersi tra di loro tra le più performanti al mondo. La Rete GARR è una sicura eccellenza italiana. I tecnici e gli scienziati che l’hanno costruita e ogni giorno contribuiscono a migliorarla sono tra i migliori cervelli d’Italia nel loro ambito. Per questo devono essere considerati dei patrioti. Italiani che fanno grande l’#italia.

Che cos’è la Rete UNIRE e perché non c’è ancora?

UNIRE è la proposta di legge che vorrebbe istituire la Rete Italiana delle Scuole. Era Maggio 2020, Governo Conte 2, quando sono stati deliberati 400 milioni di euro per portare la #bandaultralarga in tutte le scuole. Un passaggio straordinario di miglioramento della connettività scolastica. Ma nonostante questo sforzo, che si sta portando a termine, quello che si sta realizzando non è ancora la Rete Unica Italiana delle Scuole, sono solo tanti cavi che connettono le scuole ad Internet e nemmeno con una gran qualità del servizio.

Cosa manca per fare la rete UNIRE? Manca un cervello che coordini il corpo, che faccia sinergia, che permetta di risparmiare denaro aumentando le prestazioni, che fornisca un ambiente dove le idee possono maturare e svilupparsi.

La Rete UNIRE si potrebbe realizzare da subito, perché già 135 milioni sono in un fondo dedicato a questo progetto. Si tratta ora di fondare il soggetto istituzionale che deve occuparsi di realizzare tutto ciò.

La rete UNIRE realizzerà, imitando il modello GARR, il coordinamento delle scuole italiane di ogni ordine e grado per l'accesso alla rete #INTERNET, oltre che la distribuzione di linee guida comuni ed un supporto tecnico centralizzato per risolvere i disservizi e per mantenere l’infrastruttura allo stato dell’arte.

UNIRE si occuperà inoltre del funzionamento della #didatticadigitale integrata e della #cybersecurity nelle scuole sia per le applicazioni usate che per i #datipersonali, con un'attenzione particolare al fatto che vengono trattati dati personali di bambini e ragazzi ossia di minorenni.

Infine la Rete sarà finalizzata alla realizzazione e alla gestione, attraverso un #privatecloud, dei servizi didattici e amministrativi della scuola.

Così anche le scuole italiane potranno vantare con UNIRE la propria eccellenza.

Vi invito a rivedere la storia del GARR in questo video per sognare come potrà essere bella la rete UNIRE

u.garr.it/4VhCS

DDL Rete UNIRE : senato.it/service/PDF/PDFServe…

Per chi vuole approfondire e vedere com'è la Rete GARR adesso, progettata per la velocità di 1 Terabit/s, può guardare questo video u.garr.it/s3Qae

in reply to Roberto Resoli

@nilocram @maupao Originariamente su Facebook, e depurato dai link interni a quella piattaforma.


Insegnanti, genitori e attivisti si muovono per liberare le scuole dalla morsa di Google e Microsoft


di Rachel Knaebel

"Trasformare l'insegnamento e l'apprendimento e consentire a ogni studente e insegnante di esprimere il proprio potenziale personale". Questa è la promessa - commerciale - che il gigante digitale Google sta pubblicizzando con i suoi strumenti Google for Education per le scuole. Offre soluzioni online per i libri di testo e la comunicazione in classe. L'azienda promuove servizi "centralizzati" e "facili da usare". L'argomento sta conquistando le scuole di tutto il mondo.

Google e Microsoft, le due principali multinazionali dell'industria big-tech globale, sono sempre più presenti nelle scuole europee. Ma in tutto il continente, genitori, insegnanti e attivisti per la libertà digitale stanno cercando di opporsi alla morsa delle aziende sugli studenti.

"All'inizio della pandemia, quando è stato necessario decidere come organizzare una scuola a distanza, ogni scuola ha fatto quello che poteva. Non c'erano criteri per la scelta degli strumenti, nemmeno per la protezione dei dati", dice Inge Klas, genitore nel sud della Germania. Nella sua regione, la chiusura iniziale ha spinto molte scuole a rivolgersi a Microsoft. Lo Stato regionale voleva utilizzare Microsoft 365 per la scuola a distanza e per tutto il resto, come la registrazione dei voti degli alunni. Sono stati i sindacati degli insegnanti a dire subito che qualcosa non andava.

Anche la sezione locale dell'associazione di hacker Chaos Computer Club ha reagito prontamente. "Hanno chiamato i politici a rispondere del fatto che molti dati sensibili di minori sarebbero stati inseriti in questo software. È stato un campanello d'allarme per l'opinione pubblica", afferma Inge Klas.

Alla fine, l'ufficio per la protezione dei dati personali di questa regione della Germania (Baden-Württemberg) ha vietato l'uso del pacchetto Microsoft in tutte le scuole della regione in primavera. Un'altra regione (Renania-Palatinato) ha vietato alle scuole lo strumento di videoconferenza Microsoft Teams, sempre per motivi di protezione dei dati degli alunni. In Danimarca, l'ufficio nazionale per la protezione dei dati ha dichiarato a luglio che Google for Education non era conforme al Regolamento generale europeo sulla protezione dei dati (GDPR).

Sebbene gli strumenti dei Gafam siano stati dichiarati non idonei dalle autorità, le scuole devono ancora trovare delle alternative. "Nel nostro caso, la decisione del responsabile della protezione dei dati è stata emessa a giugno, vietando Microsoft 365 dall'inizio dell'anno scolastico. Ma non tutte le scuole hanno ancora trovato soluzioni alternative. Molte scuole utilizzano ancora Microsoft", afferma Inge Klas, che lavora in un'associazione di genitori per un approccio diverso alla scuola digitale. Negli ultimi mesi molte famiglie si sono rivolte al nostro collettivo perché nelle loro scuole vengono utilizzati Microsoft e Google, chiedendo come possono opporsi. Consigliamo di parlarne con la direzione della scuola, che però spesso è sopraffatta dal problema. E questo a volte porta a conflitti tra genitori e scuole. È un problema che riguarda tutto il Paese.

Tuttavia, al di là del Reno, come in Francia e nel resto d'Europa, sono già disponibili per le scuole strumenti alternativi ai Gafam. "La maggior parte delle scuole della regione utilizzava Moodle (per l'apprendimento online) o BigBlueButton (per le classi virtuali con videoconferenza). Avremmo bisogno di una dozzina di persone che ci lavorino per sviluppare uno strumento più completo", afferma Inge Klas.

Una suite di strumenti open-source

Questo è esattamente ciò che stanno facendo gli attivisti dell'associazione Xnet, con sede a Barcellona, che si impegna per le libertà digitali. L'organizzazione ha sviluppato una suite di strumenti digitali per l'istruzione, chiamata DD, per "digitalizzazione democratica". "DD è come un Google Education, con ancora più funzioni", spiega Simona Levi, fondatrice di Xnet. La grande differenza con Google e Microsoft è che tutto funziona con software libero e open source, con codice aperto e trasparente, senza raccogliere dati all'insaputa degli utenti. Ogni attore può contribuire a migliorarlo.

Xnet è partito da software libero esistente e li ha messi insieme sulla stessa piattaforma. "Lavoriamo con Moodle, BigBlueButton, Nextcloud, Etherpad, tutto in un unico strumento. È un'alternativa che mira a essere agile come gli strumenti Gafam", continua l'attivista di Barcellona. Il software libero è sempre esistito nel settore dell'istruzione, ma spesso è più complicato e bisogna disporre di software diversi per svolgere compiti diversi. L'obiettivo del progetto DD è quello di avere un'unica piattaforma, di inserirvi il meglio delle soluzioni gratuite, di semplificarla e di renderla ancora più leggera rispetto alle grandi opzioni tecnologiche.

Xnet ha ricevuto il sostegno finanziario della città di Barcellona. "Il Comune ci dà dei soldi e ci lascia lavorare. Ma è proprio la società civile a farlo", afferma Simona Levi. La suite è stata utilizzata per un anno nelle scuole comunali. Abbiamo bisogno che più istituzioni siano coinvolte nel progetto per creare un codice aperto per gli strumenti di educazione digitale disponibile per tutta l'Europa, che ogni Paese potrebbe poi adattare. Proponiamo la nostra suite ai Paesi in cui le autorità di protezione dei dati hanno vietato i Gafam nelle scuole.
In Francia, il software dominante è quello francese, ma proprietario.

In Francia la situazione è molto diversa da quella della Spagna o della Germania. "Nelle scuole francesi non sono Google e Microsoft a dominare. La maggior parte delle implementazioni di software per la gestione della classe e della vita scolastica avviene con Pronote", riassume Brendan Chabannes, insegnante e portavoce del sindacato Sud Éducation.

Pronote è un pacchetto software sviluppato da una società francese, Index Éducation, che qualche anno fa è entrata a far parte di Docaposte, una filiale delle Poste francesi e della Caisse des dépôts et consignations. L'azienda che fornisce a un gran numero di scuole francesi un software di gestione delle classi non ha nulla a che fare con Gafam. Pronote non è un software libero", afferma Brendan Chabannes. Non abbiamo accesso al codice sorgente, è un software proprietario che funziona solo se si paga la licenza e la si rinnova ogni anno.

L'insegnante si rammarica che il sistema educativo nazionale francese non abbia adottato una soluzione centralizzata per tutte le scuole. Allo stato attuale, ogni scuola può scegliere il proprio software. "Potete immaginare le economie di scala se avessimo un unico software centralizzato, possibilmente gratuito!

Secondo il sindacalista, un software sviluppato internamente sarebbe preferibile anche in considerazione della delicatezza dei dati in questione: "In Pronote abbiamo pagelle, valutazioni, ritardi, assenze e motivi delle assenze, sanzioni, indirizzi e numeri di telefono dei genitori. Oggi, ogni scuola che utilizza Pronote può scegliere di ospitare i dati nel data center della società Index Education, oppure di "distribuire Pronote sulla propria rete locale", spiega l'azienda.

Quando il Ministero dell'Istruzione francese assume il fondatore di Framasoft

L'impulso per una maggiore diffusione del software libero nelle scuole potrebbe venire dal Ministero dell'Istruzione? L'anno scorso, il Dipartimento Digitale del Dipartimento dell'Educazione Nazionale ha assunto uno dei co-fondatori di Framasoft, la storica associazione francese per la promozione del software libero. Da allora, Alexis Kauffmann si occupa dello sviluppo di progetti di software libero e di risorse educative. (Il grassetto è del traduttore)

Il ministero (e il suo "centro di competenze per il software libero") ha anche sviluppato una piattaforma di strumenti digitali gratuiti per i professionisti dell'istruzione nazionale: Apps éducation. Da questo sito, gli insegnanti possono utilizzare direttamente software per videoconferenze e classi virtuali, condivisione di documenti, video, ecc. La maggior parte di questi software sono gratuiti (ad esempio BigBlueButton, Peertube, Nextcloud, ecc.). Il Dipartimento Digitale del Ministero dell'Istruzione ha investito quasi un milione di euro nel progetto. Inoltre, per le classi virtuali gestite dal Cned (Centre national d'enseignement à distance), lo strumento gratuito BigBlueButton sostituirà il vecchio software Blackboard, i cui dati erano ospitati da Amazon, a partire dal prossimo autunno.

Alcuni insegnanti, tuttavia, sono dei pionieri e non hanno aspettato che il loro ministero passasse all'open source. Thomas Crespin, insegnante di matematica, ha sviluppato nel 2009 Sacoche, uno strumento digitale gratuito dedicato alla valutazione delle competenze degli studenti. Sacoche è un'applicazione open source, gratuita, fatta dagli insegnanti per gli insegnanti e non rivolta ai dirigenti scolastici", spiega l'insegnante-sviluppatore. Sacoche permette di fare tonnellate di cose che Pronote non fa: si possono fare valutazioni, gli studenti possono presentare richieste di rivalutazione, si possono associare risorse di lavoro in modo che gli studenti lavorino in modo indipendente. Con Sacoche, abbiamo risposto alle esigenze degli insegnanti attraverso un forum.
Garantire la sovranità dei dati

Lo sviluppo del software è stato finanziato da un'associazione di insegnanti, Sésamath, che pubblica libri di testo di matematica, anch'essi con licenza aperta, che possono essere scaricati gratuitamente. Sacoche non ha ancora ricevuto alcun finanziamento dal sistema educativo francese. Tuttavia, "sarebbe opportuno riprendere il lavoro svolto per Sacoche e svilupparlo ulteriormente", afferma Thomas Crespin. L'insegnante di matematica si rammarica anche del fatto che solo "una minoranza di genitori è a conoscenza del Gafam e si oppone ad esso".

Per Simona Levi, attivista di Barcellona, la cosa principale oggi è fare pressione sugli Stati e sull'Unione Europea. "La società civile sta già facendo un grande sforzo. Se le grandi multinazionali tecnologiche hanno potuto avere così tanto spazio nell'istruzione, è perché le istituzioni non si sono assunte le loro responsabilità. L'Unione europea e i governi devono impegnarsi a creare una piattaforma europea aperta per la digitalizzazione dell'istruzione. Per noi è immorale che la digitalizzazione dell'istruzione e dell'amministrazione in generale avvenga con mezzi che non garantiscono la sovranità dei dati dei cittadini.

Rachel Knaebel


Eppur si muove! Basta!, un media indipendente francese, pubblica un articolo molto interessante che fa il punto sulle alternative ai #GAFAM che stanno crescendo nel mondo della #scuola in alcuni paesi europei (Francia, Germania e Spagna) : poliverso.org/display/0477a01e… #SoftwareLibero #Fediverso #Xnet @informapirata @lealternative @maupao @paolo @devol @monitorapa @mcp_ @opensource @scuola@poliverso.org @scuola@mastodon.uno @bastamedia @ItaLinuxSociety
in reply to Roberto Resoli

@Roberto Resoli @nilocram @FabTheProgrammer :ubuntu:
Ma non c'entra con cosa? Scusate, mi sono perso... Io ho semplicemente detto che la forza del fediverso é che non c'é piú un supermercato gigante che apre chiude filtra profila decide ecc... x volere di un unico proprietario ma una serie (anche numerosa) di snelli negozi (anche del tipo "Friendica") che possono rispondere con maggiore puntualità alle esigenze dei "clienti" ma che allo stesso tempo possono interoperare e comunicare tra di loro con una lingua comune e aperta... C'é qualche imprecisione su questo? Quindi ritengo che non sia indispensabile che ogni servizio che si voglia adottare (x esempio di quelli della DD che hai perfettamente rappresentato nella tua infografica) debba essere ospitato su un unico big cloud che tornerebbe a centralizzare eccessivamente...! Solo questo intendevo... 😀


ho provato #FirefoxTranslate nelle mie webapp per #LivelloSegreto e #Poliverso e funziona a meraviglia! Ovviamente la traduzione non è perfetta, ma è in locale e non è "invadente": non mi viene mai proposta, ad esempio, se nel flusso della TL spunta un solo post in lingue diverse dall'italiano. Ma se apro uno specifico post in lingua straniera, eccolo farsi vivo e, dopo aver macinato un po' mi serve il contenuto tradotto.

So che l'ho già detto, ma è la parte più importante: il tutto senza cloud, cioè senza che nessuno prenda nota di cosa mi sia servito tradurre



MASTODON, FINE DELLA PRIMA PARTE?


Framablog pubblica la traduzione in francese di un interessante articolo di Hugh Rundle che analizza la nuova ondata migratoria da Twitter a #Mastodon dal punto di vista di un "mastonauta" della prima ora, che è anche amministratore di un'istanza di Mastodon, in originale il titolo è "Home invasion" 😀
L' articolo secondo me è ricco di spunti di riflessione, anche sulle "magnifiche sorti e progressive" del #Fediverso.
Qui sotto trovate i link al testo originale dell'articolo, alla sua traduzione su Framablog, e per chi proprio volesse una spolverata di italiano, c'è anche la traduzione dell'introduzione all'articolo su Framablog.
Buona lettura!

L'articolo in originale: hughrundle.net/home-invasion/

Qui invece l'articolo su Framablog: framablog.org/2022/11/12/masto…

Per finire, l'introduzione su Framablog:

Il recente afflusso di registrazioni su Mastodon, sotto forma di un'ondata di questa portata senza precedenti, è stato ampiamente riportato dai media. Molti hanno guardato al social network federato con nuova curiosità, per spiegare (a volte in modo goffo o frammentario, ma è normale ) di cosa si tratta ai molti "migranti" che hanno reagito con forza all'acquisizione dell'uccello azzurro da parte di E. Musk.

L'evento, perché di evento si tratta, visto che i social network sono diventati un tema cruciale, ha suscitato, e questo è abbastanza salutare, molte domande, ma spesso da un'unica prospettiva: "Tu che vieni dall'uccello che ha del piombo nelle ali, cosa puoi trovare e cosa devi temere registrandoti su Mastodon?". E in effetti questo risponde più o meno a una forte richiesta.

Tuttavia, ci è sembrato interessante adottare una sorta di momentaneo controcampo : "Che cosa possono sperare o temere i mastonauti (sì, possiamo chiamarli così) con i nuovi massicci arrivi ?

È quello che si propone di analizzare Hugh Rundle nel post che abbiamo tradotto qui sotto. Conosce bene Mastodon e ne gestisce un'istanza da diversi anni. La sua posizione può sembrare eccessivamente pessimistica, in quanto ritiene che dovremmo essere in lutto per Mastodon così come lo abbiamo conosciuto fin dai primi giorni del Fediverse. Chissà cosa porteranno i prossimi mesi alla federazione di server minuscoli o obesi che, grazie alla loro interconnessione, federano gli esseri umani, al di fuori della portata del capitalismo di sorveglianza?

@Poliverso notizie dal fediverso @maupao @informapirata :privacypride: