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I Paesi dell’UE si sono schierati sulle misure a sostegno dell’innovazione, previste nel regolamento sull’IA. L’AI Act è una proposta storica per regolamentare l’intelligenza artificiale in base al suo potenziale di danno. Il disegno di legge si trova nell’ultima fase...


PRIVACYDAILY


N. 162/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: Gli sforzi del Congresso per rafforzare la sicurezza e la privacy dei bambini online, in un contesto di crisi della salute mentale giovanile, si scontrano con l’opposizione dei lobbisti che sostengono che le proposte legislative sarebbero controproducenti. “Ciò che è così frustrante è che gli interessi specifici di... Continue reading →


Ma il famoso messaggio di prova di #ITAlert era previsto che lo ricevessero tutti?
Perché in ufficio c'è stato un trillo in tutti i cellulari tranne il mio 😑


di Frida Nacinovich - Nel pantano del conflitto russo-ucraino affonda anche la propaganda. Ad esempio quella che vorrebbe la Russia di Vladimir Putin ancora


Violante: L’Anm viola la costituzione


Presidente Luciano Violante, lei è stato prima nella magistratura e poi nella politica. Chi ha ragione nell’ennesimo scontro? «Quando gli stessi conflitti politici si ripetono, noiosamente per decenni, bisogna andare alla radice». Vale a dire? «Alla rinun

Presidente Luciano Violante, lei è stato prima nella magistratura e poi nella politica. Chi ha ragione nell’ennesimo scontro?
«Quando gli stessi conflitti politici si ripetono, noiosamente per decenni, bisogna andare alla radice».

Vale a dire?
«Alla rinuncia della politica all’esercizio della propria sovranità in favore della magistratura avvenuta a partire dagli anni “80».

Cosa intende?
«Per non assumersi responsabilità, la politica ha delegato ai giudici non i processi ai singoli imputati di terrorismo, di mafia o di corruzione. Ma la stessa lotta al terrorismo, alla mafia, alla corruzione. E perciò i magistrati sono diventati, di fatto, compartecipi della sovranità . Per questo l’associazione che li rappresenta si muove a volte come titolare di una sovranità. È una stortura democratica».

Allora ha torto la magistratura?
«Bisogna tornare alla Costituzione. La politica, tutta, deve riconquistare la propria sovranità».

Come?
«Oggi i problemi più urgenti sono posti a mio avviso da atteggiamenti dell’Anm non congrui con la rappresentanza di un potere che deve essere terzo. Deve sostenere le proprie ragioni con modalità conformi al ruolo costituzionale della magistratura».

Non pensa che difendendo il valore dell’autonomia e dell’indipendenza l’Anm stia tutelando, come sostiene, anche i diritti dei cittadini?
«Può darsi. Ma l’Anm rappresenta i magistrati non i cittadini. I titolari della rappresentanza generale stanno in Parlamento, non nei tribunali. I contenuti sono a volte condivisibili. Ma il tono, il costume, avrebbe detto Machiavelli, non è condivisibile».

Perché, che tono è?
«Quello di chi si attribuisce un ruolo di rappresentanza generale e si costituisce come controparte del governo o di alcuni suoi membri».

Rispetto agli argomenti ciò non è secondario?
«No. È decisivo. Perché disegna un ruolo. E in questo momento l’Anm rischia di far diventare l’intera magistratura controparte del governo. Ma non lo è, e non può esserlo, a pena di far perdere alla magistratura quella credibilità che è il fondamento della sua legittimazione».

Il sospetto della premier è che parte della magistratura, ispirata da «pezzi grossi del Pd», voglia fermare la riforma Nordio. Lei, che da anni è sospettato di essere il «Grande vecchio» di queste manovre, pensa sia vero?
«Allora forse ero il Grande Giovane (ride ndr). Questi sospetti sono la banalizzazione di temi complessi. Chi governa, qualunque colore abbia, ha un problema di legittimazione quotidiana. Perché, non ogni 5 anni, ma ormai ogni ora, le notizie, vere e false, si propagano velocemente e rendono sempre più inquieto il mare della politica».

E quindi?
«I governi subiscono una sindrome di accerchiamento. Era già successo a Renzi, a Conte, a Berlusconi. Prodi criticò, non senza ragione, alcuni interventi della giustizia amministrativa. Fa parte della dinamica politica. Ma la magistratura deve mantenere la propria autorevolezza, non deve cedere al complesso del ring. Rischia di logorare la propria credibilità, magari cedendo alle sirene di parti interessate, che domani sarebbero pronte a voltare le spalle. Quando è accaduto, si sono trovati all’hotel Champagne».

A pilotare nomine. In quel caso cos’era?
«Una delle cose peggiori: una contrattazione tra politici e magistrati, nell’interesse non della giustizia ma di alcuni singoli».

Il governo mette in fila i casi La Russa, Santanché e Delmastro e formula il sospetto che sia iniziata un’offensiva pre elettorale in vista delle Europee. È così?
«Non vedo questo rischio, anche perché si vota ogni anno. E, come è noto, chi è sotto procedimento in genere guadagna voti, non li perde»

Si riferisce a Berlusconi?
«Anche a Trump».

Il governo reagisce accelerando sulla separazione delle carriere. È la soluzione?
«Sono contrario. Con il sottosegretario Delmastro il pm ha chiesto una cosa e il giudice ne ha fatta un’altra. Più separati di così! In Francia e in Germania è considerato positivo per la professionalità di un magistrato il cambio di funzioni».

Allora come uscirne?
«Mi occupo di diritto da più di mezzo secolo e ho maturato una forte diffidenza nei confronti della invocazione di regole quando mancano i costumi, le educazioni. È una questione di etica pubblica. Ci servono migliori comportamenti da parte di tutti».

L’Anm rivendica il diritto di dare pareri tecnici sulla riforma Nordio. Sbaglia?
«No; ha le competenze per farlo. E alcune osservazioni, come quelle sulla impraticabilità pratica del collegio di tre giudici per le decisioni sulla libertà, sono esatte. Ma non come controparte».

Allora?
«Deve prendere posizione nello spirito della leale collaborazione tra istituzioni, più volte richiamata dalla Consulta. Anche quando l’altra parte non lo fa. Non deve cadere nella trappola del litigio».

Faceva parte dei saggi della Riforme Calderoli Si è dimesso anche lei. Perché?
«Come ho detto al Ministro Calderoli e al Professor Cassese non avevo il tempo necessario per seguire con attenzione una riforma così decisiva per i diritti dei cittadini. Ho avvertito anche alcuni colleghi».

Condivide obiezioni degli altri che si sono dimessi?
«Il punto di fondo è che sui diritti essenziali dei cittadini deve intervenire il Parlamento».

Corriere della Sera

L'articolo Violante: L’Anm viola la costituzione proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Quale Nato dopo il nuovo Concetto strategico? Le riflessioni di Natalizia e Temine


“Investire nella Nato è il miglior modo per garantire il legame duraturo tra gli alleati europei e nordamericani, contribuendo contestualmente alla pace e alla stabilità globali. Condivideremo equamente responsabilità e rischi per la nostra difesa e sicur

“Investire nella Nato è il miglior modo per garantire il legame duraturo tra gli alleati europei e nordamericani, contribuendo contestualmente alla pace e alla stabilità globali. Condivideremo equamente responsabilità e rischi per la nostra difesa e sicurezza. La Nato è indispensabile per la sicurezza euroatlantica”. Le conclusioni del Concetto strategico 2022 forniscono una risposta sintetica – e quanto mai efficace – a tre domande ricorrenti sia per quanti studiano le alleanze, che per i decisori politici del passato e del presente: perché allearsi? Quindi, con chi allearsi? E, infine, cosa fare con gli alleati?

L’assenza di una risposta soddisfacente o il sorgere di dubbi rispetto a tali quesiti non di rado ha determinato lo scioglimento di alleanze oppure impedito a rapporti di partnership – anche intensi – di trasformarsi in alleanze. A essi non si è potuta sottrarre la Nato quando si è trovata ad attraversare i numerosi passaggi cruciali che hanno segnato gli ultimi trent’anni, come la fine della Guerra fredda, le guerre nei Balcani, gli attacchi dell’11 settembre 2001 e il riemergere di potenze revisioniste.

Se la presenza di un nemico dai tratti titanici come l’Unione Sovietica nel 1949 aveva costituito un incentivo decisivo per il superamento dei motivi di tensione nelle relazioni transatlantiche, la sua scomparsa rese sotto certi versi più difficile la conferma degli impegni assunti in passato di fronte al radicale mutamento intervenuto sul piano politico e strategico tra il 1989 e il 1991. Come suggerito dalla letteratura scientifica sul tema, d’altronde, le alleanze tendono a sciogliersi quando la minaccia contro cui si formano cessa di gravare sui suoi membri.

Rispetto a questa “regolarità” della vita politica internazionale e nonostante le diverse prospettive che emersero in quegli anni sul tema, l’Alleanza Atlantica ha costituito una rilevante eccezione. Se il primo ministro britannico Margareth Thatcher aveva profilato la possibilità di preservare la Nato entro i confini del 1989 e mantenere surrettiziamente in vita il Patto di Varsavia come foglia di fico utile a evitare che Mosca si sentisse umiliata, il ministro degli Esteri della Repubblica Federale Tedesca Hans-Dietrich Genscher propose di unire Nato e Patto di Varsavia all’interno di un nuovo progetto di sicurezza collettiva. La proposta di una nuova architettura di sicurezza paneuropea trovava anche l’appoggio di Michail Gorbachev, che confidava in una sorta di scambio tra l’apporto di Mosca alla fine della Guerra fredda e l’ottenimento al suo interno di una sorta di condizione di primus inter pares insieme a Washington.

Numerosi ex-dissidenti dell’Europa centro-orientale e i movimenti pacifisti, dal canto loro, proponevano la demilitarizzazione del continente come unico viatico per la pace. Fu solo l’affacciarsi all’orizzonte di nuove fonti di preoccupazione – come l’imprevedibilità degli esiti del processo di riunificazione tedesca, il tentato golpe in Urss e l’inizio delle violenze in Jugoslavia – unita alla volontà dell’amministrazione Bush sr. di non dissipare il primato americano in Europa e alla sua indisponibilità a mantenervi l’impegno militare americano all’interno di un nuovo sistema di sicurezza che fu possibile trovare una modalità di adattamento condivisa a un contesto in evoluzione, così come espressa nel Concetto strategico Nato del 1991.

Il completamento del cammino verso la democrazia e il libero mercato di alcuni paesi ex-comunisti, il perdurare dei conflitti nei Balcani, le pulizie etniche che li contraddistinsero e le prime formulazioni del cosiddetto “interventismo umanitario”, tuttavia, rilanciarono ben presto il dibattito intra-alleato su membership, minacce e raggio d’azione. Se gli Stati Uniti accantonarono la linea attendista sull’allargamento dell’Alleanza così come tenuta fino a metà anni Novanta, le potenze europee mostrarono i loro limiti nel mantenere la sicurezza sul continente senza il sostegno americano e accettarono il ripensamento in senso preventivo e unilaterale delle modalità di intervento della Nato. Da questo ulteriore dibattito scaturì il Concetto Strategico del 1999, che enunciava espressamente la politica dell’Open door, includeva le emergenze umanitarie tra le principali minacce alla sicurezza dei paesi membri, sanciva la necessità di agire d’anticipo contro i pericoli imminenti e, infine, estendeva il perimetro d’azione dell’Alleanza rispetto al dettato degli art. 5 e 6 del Trattato di Washington.

Membership, finalità e perimetro operativo, tuttavia, erano destinate di lì a poco a essere rimesse ancora in discussione dalla lunga scia di sangue che il fenomeno jihadista avrebbe lasciato dietro di sé a partire dall’11 settembre 2001. Se all’indomani degli attacchi di al-Qaeda la coesione tra gli alleati risultò massima, tanto da far scattare per la prima volta la clausola della mutua assistenza militare contenuta nell’art. 5 del Patto Atlantico, le tensioni sulla presenza e le responsabilità della Nato in Afghanistan, sull’ipotesi di sostenere il regime change in Iraq e sui nuovi allargamenti a est avrebbero rilanciato un vivace dibattito tra gli Stati Uniti e gli alleati meno allineati – Francia e Germania in testa.

La presenza di un nemico nuovo sotto molteplici punti di vista, capace di colpire successivamente anche in Europa, indusse comunque le parti a trovare un terreno di incontro nella disponibilità a stabilire forme nuove di collaborazione esterna all’Alleanza per il contrasto al terrorismo, contribuire alla stabilizzazione di paesi in via di fallimento, dotare la Nato di una capacità di risposta rapida in grado di essere dislocata ovunque necessario e, quindi, di estendere ulteriormente il concetto di missione out of area. Una nuova fase dei rapporti transatlantici ha così preso forma, risultando immortalata nei tre core tasks della difesa collettiva, gestione delle crisi e sicurezza cooperativa così come definiti nel Concetto strategico 2010.

Nell’ultimo decennio la perdita di potere relativa degli Stati Uniti e dei loro alleati, la Brexit, il dibattito sull’autonomia strategica, così come la sfida contro l’ordine liberale delle potenze revisioniste, le minacce costanti che provengono dal Fianco sud e quelle emergenti dalle dimensioni cyber e spaziale, hanno contribuito al materializzarsi dell’ennesimo stress test per la Nato e – più in generale – per le relazioni transatlantiche.

Lo shock provocato dall’aggressione russa all’Ucraina, tuttavia, ha parzialmente smorzato le crescenti frizioni che stavano prendendo forma tra gli alleati in vista della stesura di un nuovo Concetto Strategico. Gli ha permesso, infatti, di fugare ogni dubbio sorto in merito alla necessità del perdurare della Nato, così come espresso sia da parte europea – soprattutto francese – che americana – in maniera particolarmente corrosiva negli anni dell’amministrazione Trump. Li ha indotti, inoltre, ad aumentare – o a promettere di aumentare – le proprie spese militari coerentemente con il Defence investment pledge.

Tre posizioni distinte – e non così facilmente conciliabili – sul futuro della Nato restano comunque sullo sfondo. Quella dei paesi dell’est, convinti che l’Alleanza debba continuare a occuparsi della stessa minaccia di sempre – la Russia – con gli stessi strumenti di sempre – deterrenza e difesa. Quella dei paesi dell’Europa meridionale – Italia in testa – che le chiedono di interessarsi paritariamente alle minacce provenienti dal Fianco est e dal Fianco sud, sviluppando ancor di più gli strumenti legati alla gestione delle crisi. Quelli anglosassoni, invece, che ambiscono a trasformarla in un’alleanza sempre più globale, sia allargandone ulteriormente il raggio d’azione, che rilanciando gli impegni in temi di sicurezza cooperativa.

Gli eventi seguiti al 24 febbraio 2022 hanno inevitabilmente rafforzato la prima delle tre posizioni, che ha contribuito più delle altre a modellare il nuovo Concetto strategico. Tale evoluzione, tuttavia, sembra assomigliare più alla classica polvere messa sotto il tappeto che a una vera e propria nuova soluzione, come dimostrano anche i contenuti dell’ultima National security strategy o della Global Britain che non sono del tutto sovrapponibili a quelli del Concetto strategico 2022 o all’ambiguità delle posizioni di alcuni paesi dell’Europa occidentale – quella francese su tutte – nei confronti di Mosca e Pechino. Nel medio termine, quindi, è verosimile che le diverse prospettive degli alleati tornino a fare capolino e la trasformazione in politiche della sintesi trovata al summit di Madrid rappresenti la grande sfida – anzitutto di carattere interno – cui l’Alleanza Atlantica dovrà far fronte da qui al 2030.

I temi del presente estratto sono più diffusamente trattati nel volume “La Nato verso il 2030. Continuità e discontinuità nelle relazioni transatlantiche dopo il nuovo Concetto strategico” (il Mulino, 2023), pubblicato nell’ambito del progetto Comdol+ del Centro studi Geopolitica.info con Cemas Sapienza, Dispi università di Genova, Unint, Unitelma Sapienza e sostenuto dall’Uap del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.


formiche.net/2023/07/nato-conc…



“È l’ora dell’educazione finanziaria!”: questo è lo slogan della sesta edizione del Mese dell’educazione finanziaria, la manifestazione promossa in tutta Italia dal Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanz…


Dal Mediterraneo al 2% per la Difesa. Ecco i dossier italiani a Vilnius


Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il ministro della Difesa, Guido Crosetto, sono arrivati nelle repubbliche baltiche, in vista del vertice dell’Alleanza Atlantica che si svolgerà a Vilnius martedì 11 e mercoledì 12 luglio. Prima di raggiunger

Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il ministro della Difesa, Guido Crosetto, sono arrivati nelle repubbliche baltiche, in vista del vertice dell’Alleanza Atlantica che si svolgerà a Vilnius martedì 11 e mercoledì 12 luglio. Prima di raggiungere la capitale lituana, Meloni e Crosetto hanno fatto tappa a Riga, in Lettonia, dove hanno incontrato il Contingente italiano Baltic task group impegnato nell’operazione Baltic guardian, una delle iniziative messe in campo in ambito Nato per rafforzare la difesa e la deterrenza del fianco orientale atlantico a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina. L’occasione ha permesso al ministro Crosetto anche di incontrare la collega lettone, Ināra Mūrniece. La presenza dei militari italiani nel baltico è la plastica dimostrazione della complessità e dello sforzo che ogni singolo Paese Nato sta attraversando di fronte alle sfide che attendono lo spazio transatlantico nel prossimo futuro e che saranno al centro del summit alleato. L’Italia, tra l’altro, si presenta con una serie di dossier cruciali, dalla spesa militare al 2%, alle iniziative per la prodizione di munizionamento e per l’innovazione per la Difesa, fino alla sfida del Mediterraneo allargato, area di principale interesse nazionale, le cui fragilità dovranno essere affrontate da tutti i Paesi alleati.

La questione del 2%

Tra i temi che saranno affrontati in Lituania, uno che è stato al centro anche del dibattito nazionale è il raggiungimento del 2% del Pil da dedicare alla Difesa. Un impegno assunto al vertice Nato del Galles nel 2014 e confermato da tutti i governi. Sul tema, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha posto un focus in particolare, e il ministro Crosetto ha ribadito più volte, anche in sede Atlantica, che non si tratta di un impegno facile per l’economia del Paese. L’inquilino di palazzo Baracchini ha anche presentato a Bruxelles la proposta di scorporare le spese della Difesa dai vincoli di bilancio, definito l’unico modo investire senza dover togliere risorse a interventi sociali. L’impegno del 2%, tra l’altro, è ormai considerato dall’Alleanza Atlantica un punto di partenza, con numerosi Paesi che già spingono per superarlo, e Crosetto ha più volte lanciato l’allarme per l’Italia di rischiare di diventare l’unico Paese alleato a non raggiungerlo o a non essere chiaro nei tempi con cui lo verrà raggiunto, mentre “gli altri Paesi già parlano del 3%”.

I requisiti Nato

Il nostro Paese sta gradualmente innalzando la propria spesa con l’obiettivo di raggiungere la soglia del 2% (circa 40 miliardi di euro, ne mancano ancora circa dieci), entro il 2028, prevedendo naturalmente anche la partecipazione a missioni, operazioni e altre attività. La spesa prevista si baserebbe principalmente sui fondi del ministero della Difesa, ma vedrebbe la partecipazione anche del ministero delle Imprese e Made in Italy e quello dell’Economia. All’interno dell’Alleanza, l’Italia rimane tra i venti Paesi, su trenta, a non aver ancora raggiunto il livello previsto in Galles. Ad oggi solo Grecia (3,9%), Stati Uniti (3,5%), Croazia (2,7%), Lettonia (2,3%), Regno Unito ed Estonia (2,2%), Polonia (2,1%), Portogallo, Turchia (2,1%) e Lituania (2,0%) spendono quanto previsto, e dall’est dell’Europa aumentano le voci che chiedono un aumento della soglia minima.

Munizioni e tecnologia

Le spese da destinare alla Difesa si collegano a un altro aspetto fondamentale, emerso in particolare a seguito dell’impegno assunto dall’Italia di inviare aiuti, anche militari, a Kiev: la produzione di munizionamento. Il consumo di munizioni sui campi ucraini ha dimostrato come l’industria occidentale non sia in grado di mantenere la produzione necessaria per affrontare un conflitto su grande scala. A Vilnius la Nato dovrà riflettere su quali decisioni dovranno essere poste in essere per assicurare il potenziamento della produttività con una pianificazione di medio-lungo periodo. A questo si unisce anche la necessità di spingere sull’innovazione tecnologica delle soluzioni e delle piattaforme per la Difesa. L’Italia in questo campo ha un ruolo di primo piano, dato che ospita a Torino una delle articolazioni della rete del Defence innovation accelerator for the North Atlantic (Diana), la rete federata di centri di sperimentazione e acceleratori d’innovazione con il compito di supportare le start up innovative facilitando la cooperazione tra settore privato e realtà militari lanciato dall’Alleanza Atlantica con l’agenda Nato 2030.

Impegno sul fianco sud

Altro tema che vedrà impegnato il nostro Paese sarà portare all’attenzione degli alleati il concetto che la sicurezza del Mediterraneo è parte essenziale del sistema di difesa transatlantico. Al di là della corrente crisi lungo il fianco orientale della Nato, dove l’Italia partecipa in prima linea con mezzi e militari al rafforzato dispositivo alleato di deterrenza, e in prospettiva artico, il Mare nostrum è oggi – e nel vicino futuro – un’area la cui instabilità coinvolge da vicino non solo i Paesi del meridione europeo, ma l’intero Vecchio continente. Energia, informazioni, materie prime e semilavorati passano sulle sue acque, le cui rotte devono essere mantenute aperte e sicure. A questo si aggiungono le crisi che attraversano il continente africano, economica, climatica e sociale, le cui ripercussioni saranno di portata epocale se non affrontate anche in seno alla Nato.

Una condizione aggravata ulteriormente dalla guerra russa in Ucraina, come dimostrato dalla crescente presenza di navi e sommergibili della Federazione russa nel bacino, a cui di recente si è aggiunto un gruppo navale cinese composto da tre navi moderne. È chiaro che l’Italia giocherà un ruolo di primo piano, ma la portata globale delle sfide non può prescindere un’azione congiunta anche da parte degli alleati transatlantici. Un concetto che di recente il ministro Crosetto ha affrontato anche con l’omologo statunitense Lloyd Austin, che ha sua volta ha riconosciuto il ruolo dell’Italia quale “alleato fondamentale sul fianco sud della Nato”, apprezzandone il “robusto contributo per la sicurezza nel mondo dai Balcani, il Medio Oriente l’Africa” e in prospettiva verso l’Indo-Pacifico.


formiche.net/2023/07/difesa-do…



“Mediamare – Mediazione e I.A.”


E’ stato un piacere poter partecipare alla 7a edizione di Mediamare – Mediazione e I.A. per parlare di quali impatti avrà la AI nelle dinamiche negoziali e come si potrà governare il cambiamento. Grazie ad UNAM e ANF


guidoscorza.it/mediamare-media…



Lukashenko non sopravvive senza Putin. Parla la leader dell’opposizione bielorussa Tikhanovskaya


Svetlana Tikhanovskaya è stata in visita a Roma nei giorni scorsi. La leader dell’opposizione democratica bielorussa, che vive in esilio da tre anni, ha incontrato Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e mi

Svetlana Tikhanovskaya è stata in visita a Roma nei giorni scorsi. La leader dell’opposizione democratica bielorussa, che vive in esilio da tre anni, ha incontrato Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, e alcuni parlamentari italiani. Meloni le ha confermato la piena solidarietà del governo italiano alle forze dell’opposizione democratica bielorussa. “L’Italia è da sempre forte sostenitrice del nostro movimento democratico e sono stata qui per discutere di come sviluppare la nostra cooperazione”, spiega Tikhanovskaya a Formiche.net.

Tanti i temi al centro della visita: la situazione dei diritti umani in Bielorussia, le nuove minacce alla sicurezza regionale derivanti dal dispiegamento di armi nucleari e dalla presenza di mercenari Wagner e l’impegno dell’opposizione per portare il dittatore Alexander Lukashenko davanti alla Corte penale internazionale sul rapimento di bambini ucraini.

È soddisfatta dei suoi incontri a Roma?

Mi sento tra amici in Italia e sono rimasta colpita dal sostegno e dalla solidarietà nei confronti della Bielorussia. Ho partecipato al lancio del gruppo di amicizia con la Bielorussia al Parlamento italiano, è un segnale fortissimo per tutto il nostro popolo. In tutti i miei incontri ho ricevuto forti espressioni di sostegno. Inoltre, sono felice che qui ci sia una diaspora bielorussa molto attiva, che aiuta attivamente il movimento democratico bielorusso e l’Ucraina.

Cosa può fare l’Italia per la Bielorussia?

Chiedo ai nostri amici italiani di sostenerci nell’isolare il regime di Minsk con sanzioni più efficaci e mirate contro il regime e la Russia, tra cui sanzioni economiche e individuali, e sanzioni alla Russia per aver minato la nostra sovranità. Chiediamo inoltre di sostenere chi si batte a difesa dei diritti umani, i media e le famiglie dei perseguitati. Chiediamo sostegno per sollevare la questione della Bielorussia al prossimo vertice della Nato a Vilnius e per assicurarci che la voce dei bielorussi sia ascoltata in tutte le organizzazioni internazionali. Spero inoltre che si possa instaurare una collaborazione tra il settore privato italiano e quello bielorusso e che l’Italia possa ospitare personalità della cultura bielorussa e offrire stage e borse di studio a giovani bielorussi. È un investimento nel nostro futuro.

Cosa è cambiato nelle relazioni con i Paesi occidentali dopo l’invasione dell’Ucraina?

L’invasione russa dell’Ucraina ha aumentato la consapevolezza dell’importanza strategica della Bielorussia e del suo ruolo nella sicurezza regionale. Questo ha portato a un aumento del dialogo e delle consultazioni tra le nostre forze democratiche e i governi occidentali. Ha sottolineato la realtà delle minacce poste dai regimi autocratici, rafforzando la necessità della democrazia, del rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto. Tuttavia, pur apprezzando il sostegno internazionale, continuiamo a chiedere azioni più decisive, come già detto. È fondamentale che l’Occidente continui a sostenere il popolo bielorusso nella sua lotta per la democrazia, i diritti umani e la libertà.

Lukashenko è stato, almeno ufficialmente, il mediatore tra il presidente russo Vladimir Putin e Yevgeny Prigozhin dopo l’ammutinamento del gruppo Wagner. Qual è la situazione per il dittatore bielorusso?

Lukashenko non può sopravvivere un giorno senza Putin. Ecco perché è intervenuto come mediatore mentre Prigozhin marciava verso Mosca. Ed è per questo che sta soddisfacendo tutte le richieste del Cremlino. Questi due dittatori sono legati e cadranno insieme. Lukashenko non ha alcuna base o sostegno all’interno della Bielorussia: dipende completamente da Putin.

Quale ruolo ha avuto secondo lei nell’accordo tra Putin e Prigozhin?

Il ruolo di Lukashenko in tutto questo è stato molto esagerato. Non era altro che un messaggero di Putin per Prigozhin. Naturalmente Putin indebolito significa anche Lukashenko indebolito, quindi è nel suo interesse evitare il crollo del regime di Mosca. Ma sarebbe un grosso errore vederlo come mediatore di pace. Non ci si può fidare di lui e non rappresenta nessuno se non sé stesso. Purtroppo, la presenza di truppe russe, di armi nucleari e ora di Prigozhin sul nostro territorio rappresenta una minaccia diretta alla nostra sovranità. È anche una minaccia per i nostri vicini. Non possiamo escludere che la Russia lanci un altro attacco all’Ucraina dalla Bielorussia o che Lukashenko e Putin tentino nuove provocazioni ai confini. Allo stesso tempo, indebolendo Lukashenko, indeboliamo anche la Russia: la Bielorussia libera sarà la più grande sanzione contro la Russia e il miglior sostegno per l’Ucraina.


formiche.net/2023/07/lukashenk…



Oggi i metalmeccanici tornano in sciopero per quattro ore proseguendo la mobilitazione nazionale indetta da Fiom, Fim e Uilm per il rilancio dell’industria ch


Sono state/i in centinaia a raccogliere l’appello per l’apertura della fase costituente di Unione Popolare, nonostante il caldo soffocante di Roma. L’inco


Niente ufficio Nato a Tokyo (per ora). L’agenda di Kishida al summit


La Nato è pronta a rinviare la decisione di istituire un ufficio di collegamento a Tokyo all’autunno o più tardi. Lo ha rivelato Nikkei alla vigilia dell’inizio del summit di Vilnius, in Lituania. Il giornale giapponese ha ricordato l’opposizione alla pro

La Nato è pronta a rinviare la decisione di istituire un ufficio di collegamento a Tokyo all’autunno o più tardi. Lo ha rivelato Nikkei alla vigilia dell’inizio del summit di Vilnius, in Lituania. Il giornale giapponese ha ricordato l’opposizione alla proposta del segretario generale Jens Stoltenberg della Francia, preoccupata per le relazioni con la Cina, e ha evidenziato come i 31 membri cercheranno di superare le divergenze e finalizzare la decisione entro la fine dell’anno. È un punto “meno prioritario” nell’agenda del summit, hanno spiegato fonti diplomatiche che lavorano sul documento finale al giornale.

Durante un briefing con i giornalisti a cui Formiche.net ha partecipato, un funzionario del ministero degli Esteri giapponese non ha voluto commentare le “questioni interne” alla Nato aggiungendo che Tokyo “osserva ciò che accade” nell’Alleanza in merito all’ufficio di collegamento.

Due i temi di fondo della missione del primo ministro giapponese Fumio Kishida in Lituania e in Belgio: confermare l’impegno del Giappone assieme alla Nato e all’Unione europea per rafforzare la cooperazione nell’Indo-Pacifico; migliorare il coordinamento con i Paesi like-minded a difesa dell’ordine internazionale libero e aperto, come recita anche il comunicato finale del G7 di Hiroshima, in Giappone.

A Vilnius, Kishida parteciperà a una sessione con i 31 membri della Nato e i partner dell’Asia-Pacifico (il cosiddetto AP4: Giappone, Australia, Repubblica di Corea e Nuova Zelanda). La sua presenza segue quella storica dell’anno scorso, la prima per un primo ministro giapponese al vertice alleato. Come 12 mesi fa, in cima all’agenda del summit c’è il contesto di sicurezza internazionale sconvolto dall’invasione russa dell’Ucraina: un fattore che ha accelerato l’impegno giapponese in Europa e quelli europeo e statunitense nell’Indo-Pacifico. È l’interconnessione tra i quadranti euro-atlantico e indo-pacifico che Kishida richiama spesso e che riguarda anche, inevitabilmente, la competizione con la Cina. Il primo ministro poi avrà anche alcuni incontri bilaterali a Vilnius. Un funzionario del ministero degli Esteri giapponese non ha potuto offrire ulteriori dettagli sugli incontri rispondendo a una domanda di Formiche.net sulla possibilità di un incontro con Giorgia Meloni, presidente del Consiglio.

A Bruxelles, Kishida prenderà parte al vertice Ue-Giappone con Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, e Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea. Si parlerà di cooperazione in materia di sicurezza e di economia, comprese le misure per il digitale e il cambiamento climatico. In particolare, Kishida chiederà ai leader europei di abolire le restrizioni sull’importazione sui prodotti alimentari giapponesi.

Venerdì il primo ministro farà rientro a Tokyo per ripartire domenica alla volta del Medio Oriente verso Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar. È questo l’esatto ambito geostrategico in cui si snodano le interconnessioni che muovono le orientazioni di Kishida, seguendo per altro (pur con caratteristiche proprio) la visione del suo predecessore Shinzo Abe. Un’eredità che ha un valore nelle scelte dell’attuale Giappone (anche perché si muove di pari passo con quella di altre potenze asiatiche come la Cina o l’India, e Tokyo non intende restare indietro).

Dall’adozione, a dicembre dello scorso anno, di tre nuovi documenti sulla sicurezza, tra cui una nuova Strategia di sicurezza nazionale che delinea piani audaci per una “capacità di contrasto”, all’approvazione a marzo di un bilancio che mira a raddoppiare la spesa per la difesa entro il 2027, il Giappone nominalmente pacifista ha subito una trasformazione. Il carattere securitario di questo orientamento è dovuto sia alla riscoperta della necessità strategica di approfondire la sfera di influenza nell’Indo Pacifico, sia all’altrettanto necessaria volontà di gestire l’attivismo cinese.

E il passaggio della guerra russa in Ucraina è stato determinante. Tokyo ha compreso – nell’ambito di un processo strategico già avviato – che quell’evoluzione richiedesse una spinta tattica. Allineare la risposta a Mosca con quella occidentale – chiaramente guidata dalla Nato – diventava una forma di condivisione del proprio destino con partner come Stati Uniti e Unione Europea, anche pensando a una potenziale trasposizione di quello scenario in Asia, con la Cina protagonista (magari a Taiwan?).

È vero che la mossa di bloccare l’apertura del liaison office giapponese è stata spinta anche dalla volontà francese. L’Eliseo ha infatti ufficialmente commentato con la stampa: “Non siamo favorevoli per una questione di principio. Nato significa Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico”. E ancora: “Per quanto riguarda l’ufficio, le stesse autorità giapponesi ci hanno detto di non essere estremamente interessate”. Ma è altrettanto vero che al di là della posizione di Parigi, secondo qualche critico tenuta per non indispettire eccessivamente Pechino che aveva attaccato l’apertura dell’ufficio nipponico della Nato, è piuttosto evidente che la sovrapposizione è in corso.

La Nato sta da tempo aumentando la propria attenzione alla Cina, anche perché la Cina sta aumentando le sue relazioni con la Russia e in più di un’occasione alzato critiche contro l’alleanza. Nell’ambito di questo shift strategico, è quasi impossibile pensare che Tokyo non acquisisca peso maggiore nelle dinamiche della Nato, così come la Nato potrebbe aumentare le proprie attività nell’Indo Pacifico.


formiche.net/2023/07/ufficio-n…



European Commission gives EU-US data transfers third round at CJEU


La Commissione europea concede il terzo round ai trasferimenti di dati tra UE e USA presso la CGUE La Commissione europea annuncia il terzo "Safe Harbor", senza modifiche sostanziali. noyb riporterà la terza decisione di adeguatezza alla CGUE. Fool me thrice...


noyb.eu/en/european-commission…

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Come uccidere una rete decentralizzata (come il Fediverso)

di Ploum il 2023-06-23

In questo articolo molto interessante, Lionel Dricot ricostruisce la strategia dei #Gafam che sta dietro all'operazione Threads di Meta.

Un grosso grazie all'autore.

Buona lettura

L'anno è il 2023. L'intera Internet è sotto il controllo dell'impero GAFAM. Tutto? Beh, non del tutto. Perché alcuni piccoli villaggi stanno resistendo all'oppressione. E alcuni di questi villaggi hanno iniziato ad aggregarsi, formando il "Fediverso".
Con i dibattiti su Twitter e Reddit, il Fediverso ha iniziato a guadagnare fama e attenzione. La gente ha iniziato a usarlo davvero. L'impero ha cominciato ad accorgersene.

Capitalisti contro la concorrenza

Come ha detto Peter Thiel, uno dei principali investitori di Facebook: "La concorrenza è per i perdenti". Già, questi pseudo "il mercato ha sempre ragione" non vogliono un mercato quando ci sono dentro. Vogliono un monopolio. Fin dalla sua nascita, Facebook è stato molto attento a uccidere ogni concorrenza. Il modo più semplice per farlo è stato quello di acquistare le aziende che un giorno avrebbero potuto diventare dei concorrenti. Instagram e WhatsApp, per citarne alcune, sono state acquistate solo perché il loro prodotto attirava utenti e poteva gettare un'ombra su Facebook.
Ma il Fediverso non può essere comprato. Il Fediverso è un gruppo informale di server che discutono attraverso un protocollo (ActivityPub). Questi server possono anche eseguire software diversi (Mastodon è il più famoso, ma ci possono essere anche Pleroma, Pixelfed, Peertube, WriteFreely, Lemmy e molti altri).
Non si può comprare una rete decentralizzata!
Ma c'è un altro modo: renderla irrilevante. Questo è esattamente ciò che Google ha fatto con XMPP.


Come Google è entrato a far parte della federazione XMPP


Alla fine del XX secolo, i programmi di messaggeria istantanea (IM) erano di gran moda. Uno dei primi di grande successo fu ICQ, seguito rapidamente da MSN messenger. MSN Messenger era il Tiktok dell'epoca: un mondo in cui gli adolescenti potevano trascorrere ore e giorni senza adulti.
Poiché MSN faceva parte di Microsoft, Google ha voluto fargli concorrenza e nel 2005 ha presentato Google Talk, includendolo nell'interfaccia di Gmail. Ricordiamo che all'epoca non esistevano smartphone e pochissime applicazioni web. Le applicazioni dovevano essere installate sul computer e l'interfaccia web di Gmail era innovativa. MSN a un certo punto è stato persino fornito in bundle con Microsoft Windows ed era davvero difficile rimuoverlo. La creazione della chat di Google con l'interfaccia web di Gmail era un modo per essere ancora più vicini ai clienti rispetto a un software integrato nel sistema operativo.
Mentre Google e Microsoft lottavano per conquistare l'egemonia, gli appassionati di software libero cercavano di costruire una messaggistica istantanea decentralizzata. Come la posta elettronica, XMPP era un protocollo federato: più server potevano dialogare tra loro attraverso un protocollo e ogni utente si connetteva a un particolare server attraverso un client. Quell'utente poteva poi comunicare con qualsiasi utente su qualsiasi server utilizzando qualsiasi client. Questo è ancora il modo in cui ActivityPub e quindi il Fediverso funzionano.
Nel 2006, Google talk è diventato compatibile con XMPP. Google stava prendendo seriamente in considerazione XMPP. Nel 2008, mentre ero al lavoro, squillò il telefono. In linea, qualcuno mi disse: "Salve, siamo di Google e vogliamo assumerla". Ho fatto diverse telefonate e si è scoperto che mi avevano trovato attraverso la dev-list di XMPP.Stavano cercando degli amministratori di sistema per XMPP.
Quindi Google stava davvero adottando la federazione. Non era geniale? Significava che, improvvisamente, ogni singolo utente di Gmail diventava un utente XMPP. Questo non poteva che essere un bene per XMPP, giusto? Ero estasiato.


Come Google ha ucciso XMPP


Naturalmente, la realtà era un po' meno brillante. Innanzitutto, nonostante la collaborazione per lo sviluppo dello standard XMPP, Google stava realizzando una propria implementazione chiusa che nessuno poteva controllare. Si è scoperto che non sempre rispettavano il protocollo che stavano sviluppando. Non stavano implementando tutto. Questo ha costretto lo sviluppo di XMPP a rallentare, ad adattarsi. Nuove funzionalità interessanti non sono state implementate o non sono state utilizzate nei client XMPP perché non erano compatibili con Google Talk (gli avatar hanno impiegato moltissimo tempo per arrivare su XMPP). La federazione a volte si interrompeva: per ore o giorni non era possibile comunicare tra i server Google e i server XMPP regolari. La comunità XMPP fungeva da osservatrice e debugger dei server di Google, segnalando le irregolarità e i tempi di inattività (io l'ho fatto più volte, e questo è probabilmente il motivo dell'offerta di lavoro).
E poiché gli utenti di Google Talk erano molto più numerosi dei "veri utenti XMPP", c'era poco spazio per "non preoccuparsi degli utenti di Google Talk". I nuovi arrivati che scoprivano XMPP e non erano utenti di Google Talk avevano un'esperienza molto frustrante perché la maggior parte dei loro contatti erano utenti di Google Talk. Pensavano di poter comunicare facilmente con loro, ma in realtà si trattava di una versione degradata di ciò che avevano quando usavano Google Talk. Un tipico gruppo di utenti XMPP era composto principalmente da utenti di Google Talk e da alcuni geek.
Nel 2013, Google ha capito che la maggior parte delle interazioni XMPP avveniva comunque tra utenti di Google Talk. Non gli interessava rispettare un protocollo che non controllava al 100%. Quindi ha staccato la spina e ha annunciato che non sarebbe più stato federato. E ha iniziato una lunga ricerca per creare un servizio di messaggistica, a partire da Hangout (a cui sono seguiti Allo, Duo e poi ho perso il conto).
Come previsto, nessun utente di Google ha battuto ciglio. In effetti, nessuno di loro se n'è accorto. Nel peggiore dei casi, alcuni dei loro contatti sono diventati offline. Tutto qui. Ma per la federazione XMPP è stato come se la maggior parte degli utenti fosse improvvisamente scomparsa. Persino gli irriducibili fanatici di XMPP, come il vostro servitore, hanno dovuto creare account Google per mantenere i contatti con gli amici. Ricordate: per loro eravamo semplicemente offline. Era colpa nostra.
Sebbene XMPP esista ancora e sia una comunità molto attiva, non si è mai ripreso da questo colpo. Le aspettative troppo alte sull'adozione da parte di Google hanno portato a un'enorme delusione e a una silenziosa caduta nell'oblio. XMPP è diventato di nicchia. Così di nicchia che quando le chat di gruppo sono diventate di moda (Slack, Discord), la comunità del software libero le ha reinventate (Matrix) per competere mentre le chat di gruppo erano già possibili con XMPP. (Disclaimer: non ho mai studiato il protocollo Matrix, quindi non ho idea di come si comporti tecnicamente rispetto a XMPP. Credo semplicemente che risolva lo stesso problema e competa nello stesso spazio di XMPP).
XMPP sarebbe diverso oggi se Google non vi avesse mai aderito o non fosse mai stato considerato come parte di esso? Nessuno può dirlo. Ma sono convinto che sarebbe cresciuto più lentamente e, forse, in modo più sano. Che sarebbe più grande e più importante di oggi. Che sarebbe stata la piattaforma di comunicazione decentralizzata di default. Una cosa è certa: se Google non avesse aderito, XMPP non sarebbe peggiore di quello che è oggi.


Non è stata la prima volta: la strategia di Microsoft


Quello che Google ha fatto a XMPP non è una novità. Infatti, nel 1998, l'ingegnere Microsoft Vinod Vallopllil scrisse esplicitamente un testo intitolato "Blunting OSS attacks" in cui suggeriva di "differenziare (de-commoditize) i protocolli e le applicazioni [...]. Estendendo questi protocolli e sviluppandone di nuovi, possiamo impedire ai progetti OSS di entrare nel mercato".
Microsoft ha messo in pratica questa teoria con il rilascio di Windows 2000, che supportava il protocollo di sicurezza Kerberos. Ma il protocollo è stato esteso. Le specifiche di tali estensioni potevano essere scaricate liberamente, ma era necessario accettare una licenza che vietava di implementare tali estensioni. Non appena si cliccava su "OK", non si poteva lavorare su nessuna versione open source di Kerberos. L'obiettivo era esplicitamente quello di uccidere qualsiasi progetto di rete concorrente, come Samba.
Questo aneddoto è stato raccontato da Glyn Moody nel suo libro "Rebel Code" e dimostra che l'uccisione di progetti open source e decentralizzati è un obiettivo davvero consapevole. Non accade mai a caso e non è mai causato dalla sfortuna.
Microsoft ha utilizzato una tattica simile per assicurarsi il dominio nel mercato dell'office con Microsoft Office, utilizzando formati proprietari (un formato di file può essere visto come un protocollo per lo scambio di dati). Quando le alternative (OpenOffice e poi LibreOffice) sono diventate abbastanza brave ad aprire i formati doc/xls/ppt, Microsoft ha rilasciato un nuovo formato che ha definito "aperto e standardizzato". Il formato era, di proposito, molto complicato (20.000 pagine di specifiche!) e, soprattutto, sbagliato. Sì, sono stati introdotti alcuni bug nelle specifiche, il che significa che un software che implementa il formato OOXML completo si comporta in modo diverso da Microsoft Office.
Questi bug, insieme alle pressioni politiche, sono stati uno dei motivi che hanno spinto la città di Monaco a tornare indietro dalla migrazione verso Linux. Quindi sì, la strategia funziona bene. Oggi, docx, xlsx e pptx sono ancora la norma. Fonte: Ero presente, indirettamente pagato dalla città di Monaco per rfar sì che il rendering di LibreOffice OOXML fosse più simile a quello di Microsoft invece di seguire le specifiche.

AGGIORNAMENTO:
Questa tattica ha persino una pagina di Wikipedia


Meta e il Fediverso


Chi non conosce la storia è destinato a ripeterla. Il che è esattamente ciò che sta accadendo con Meta e il Fediverso.
Si dice che Meta diventerà "compatibile con Fediverso". Potrete seguire le persone su Instagram dal vostro account Mastodon.
Non so se queste voci abbiano un fondo di verità, se sia possibile che Meta prenda in considerazione l'idea. Ma una cosa mi ha insegnato la mia esperienza con XMPP e OOXML: se Meta si unisce al Fediverso, Meta sarà l'unico a vincere. In effetti, le reazioni mostrano che stanno già vincendo: il Fediverso è diviso tra il bloccare Meta o meno. Se ciò accadesse, significherebbe un mediverso a due livelli, frammentato e frustrante, con poca attrattiva per i nuovi arrivati.

AGGIORNAMENTO: Queste voci sono state confermate: almeno un amministratore di Mastodon, kev, di fosstodon.org, è stato contattato per partecipare a un incontro ufficioso con Meta. Ha avuto la migliore reazione possibile: ha rifiutato gentilmente e, soprattutto, ha pubblicato l'e-mail per essere trasparente con i suoi utenti. Grazie kev!
Mail di Meta a Kev, da Fosstodon, e risposta

So che tutti sogniamo di avere tutti i nostri amici e familiari sul Fediverso, in modo da evitare completamente le reti proprietarie. Ma il Fediverso non cerca il dominio del mercato o il profitto. Il Fediverso non cerca la crescita. Offre un luogo di libertà. Le persone che si uniscono al Fediverso sono quelle che cercano la libertà. Se le persone non sono pronte o non cercano la libertà, va bene. Hanno il diritto di rimanere su piattaforme proprietarie. Non dovremmo costringerle a entrare nel Fediverso. Non dovremmo cercare di includere il maggior numero di persone a tutti i costi. Dovremmo essere onesti e fare in modo che le persone si uniscano al Fediverso perché condividono alcuni dei valori che lo animano.
Competendo contro Meta nella cervellotica ideologia della crescita a tutti i costi, siamo certi di perdere. Loro sono i maestri di questo gioco. Stanno cercando di portare tutti nel loro campo, per far sì che le persone competano contro di loro usando le armi che vendono.
Il Fediverso può vincere solo mantenendo la sua posizione, parlando di libertà, morale, etica, valori. Avviando discussioni aperte, non commerciali e non campate in aria. Riconoscendo che l'obiettivo non è vincere. Non è aderire. L'obiettivo è rimanere uno strumento. Uno strumento dedicato a offrire un luogo di libertà agli esseri umani connessi. Qualcosa che nessuna entità commerciale potrà mai offrire.

Testo originale: https://ploum.net/2023-06-23-how-to-kill-decentralised-networks.html
Distribuito con licenza Creative Commons BY-SA
Traduzione italiana: framapiaf.org/@nilocram
Illustrazione di David Revoy
Traduction en Français par Nicolas Vivant
Traducción Española de Matii
Deutsche Übersetzung von Janet und anderen

#Fediverso #Fediverse #Gafam #XMPP #Mastodon #SoftwareLibero
@Informa Pirata @Scuola - Gruppo Forum @Devol :fediverso: @maupao

in reply to nilocram

@andreabont prova a leggere qui, lo spiega meglio di quanto potrei far io

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A proposito delle bombe a grappolo e della realtà della #guerra. Siamo sotto propaganda fin dall'inizio, ma la guerra è e resta una cosa sbagliata e immorale, un fallimento. L'obiettivo, una volta esplosa, è fermarla il prima possibile. Stiamo invece assistendo a un'escalation #Ucraina #bombeagrappolo
altreconomia.it/in-ucraina-le-…



#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



Il Programma alimentare mondiale (WFP) userà i robot per distribuire aiuti in aree di conflitto


I veicoli consegneranno cibo, medicine e acqua in situazioni ritenute troppo a rischio per gli operatori umanitari. L'articolo Il Programma alimentare mondiale (WFP) userà i robot per distribuire aiuti in aree di conflitto proviene da Pagine Esteri. htt

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della redazione

Pagine Esteri, 10 luglio 2023 – Con una mossa innovativa volta a proteggere gli operatori umanitari e a migliorare la distribuzione di aiuti alimentari, il Programma Alimentare Mondiale (WFP/PAM) pianifica di introdurre veicoli robotici alimentati da intelligenza artificiale per la consegna di pacchi alimentari nelle zone di conflitto e di disastri naturali. Questi veicoli autonomi debutteranno l’anno prossimo, segnando un avanzamento nelle operazioni umanitarie.

Secondo un funzionario del PAM, l’aumento della violenza contro gli operatori umanitari negli ultimi anni ha reso necessarie soluzioni alternative. L’uso di robot potrebbe potenzialmente mitigare i rischi associati alla consegna di aiuti in zone pericolose. Bernhard Kowatsch, responsabile del dipartimento di innovazione del PAM, sostiene che i veicoli potrebbero rivoluzionare la situazione, consentendo la consegna di cibo, medicine e acqua in situazioni ritenute troppo a rischio per gli operatori umanitari.

Il concetto di veicoli robotici è stato inizialmente sviluppato durante il conflitto ad Aleppo, in Siria, tra il 2012 e il 2016. I metodi tradizionali per la distribuzione di aiuti con gli aerei erano difficili ed costosi nelle aree di combattimento, hanno reso necessario un approccio più efficiente. Il PAM, in collaborazione con il Centro Aerospaziale Tedesco (DLR), ha lavorato al progetto AHEAD (Autonomous Humanitarian Emergency Aid Devices) per perfezionare questi veicoli.

I robot dotati di capacità anfibie e di trasportare fino a 2 tonnellate di cibo, utilizzano una combinazione di dati satellitari e sensori. Questa tecnologia consente ai conducenti remoti di guidare i veicoli in modo efficace. Tuttavia, il PAM programma di effettuare test di veicoli senza conducente all’inizio dell’anno prossimo, un passo cruciale per raggiungere la piena autonomia nella consegna di aiuti alimentari.

La messa in campo di robot con intelligenza artificiale per la consegna di aiuti offre un enorme potenziale, specialmente in aree di conflitto come il Sud Sudan, dove l’insicurezza alimentare grave colpisce milioni di persone. Pagine Esteri

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L'articolo Il Programma alimentare mondiale (WFP) userà i robot per distribuire aiuti in aree di conflitto proviene da Pagine Esteri.



Israele, Jenin e la prossima guerra


L'occupazione militare è il terreno di prova delle tecnologie israeliane più avanzate da collocare sul mercato internazionale delle armi L'articolo Israele, Jenin e la prossima guerra proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/07/10/mediori

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di Miriam Zenobio*

(le foto di Jenin dopo l’ultima operazione militare israeliana sono di Michele Giorgio)

Pagine Esteri, 10 luglio 2023 – La domanda che riecheggia in molti titoli di giornale è se Israele abbia raggiunto i suoi obiettivi a Jenin, segnando quella che viene già definita come la più significativa operazione militare israeliana nel campo profughi della Cisgiordania settentrionale dopo la famigerata operazione Scudo difensivo del 2002. Tuttavia, in mezzo a queste discussioni, ciò che rimane inesplorato è la vera natura di questi obiettivi. Mentre alcuni non prendono nemmeno in considerazione la legalità o legittimità di questa operazione proclamata come azione di antiterrorismo, gli osservatori più accorti sottolineano giustamente che tali sforzi alimentano la resistenza armata palestinese invece di sradicarla. A più di settant’anni dalla Nakba e in più di mezzo secolo di occupazione, sembra che i presunti obiettivi “antiterroristici” di Israele continuino a non essere raggiunti. In sostanza, nonostante le fluttuazioni, la resistenza armata palestinese continua a riemergere. Persino gli Stati Uniti, dopo aver tratto insegnamenti dalla guerra urbana contro-insurrezionale di Israele, alla fine hanno riconosciuto la loro inadeguatezza nel sedare la resistenza in Iraq e in Afghanistan. Di conseguenza, il generale Petraeus si è rivolto alla Pacificazione dell’Algeria del generale francese David Galula come quadro di riferimento per integrare le strategie di contro-insurrezione con mezzi di persuasione politica.

In altre parole, la violenza genera violenza, ma Israele non sembra essere preoccupato da questa prospettiva. E questo pone una domanda: chi trae veramente vantaggio dalla continua campagna di Israele tra le guerre? Jenin potrebbe essere la chiave della risposta.

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La routinizzazione della guerra e l’integrazione del conflitto armato nella vita quotidiana hanno portato il famoso sociologo israeliano Baruch Kimmerling a descrivere Israele come l’incarnazione del “militarismo totale”. Egli sosteneva che il militarismo civile fosse centrale nella percezione di sé della società e nello sviluppo delle sue dottrine sociali, militari, interne e di politica estera. Kimmerling ha sostenuto che la militarizzazione della società israeliana era così pervasiva che anche istituzioni apparentemente non correlate, come il sistema scolastico e giudiziario, ne mostravano l’influenza diffusa. Analogamente alla sua notevole analisi dello statalismo israeliano come religione di Stato, Kimmerling ha osservato come il militarismo in Israele funzioni come religione civile della sicurezza. Quindi, come qualsiasi altra religione, il militarismo sarebbe adottato da ogni cittadino israeliano in tenera età senza alcuna discussione. A livello istituzionale, ciò si traduce in una sacra enfasi sulle considerazioni militari e strategiche come fattori primari che influenzano il processo decisionale civile, sociale e politico. In sostanza, tutti gli aspetti della società israeliana sono orientati alla preparazione e all’impegno costante nella guerra.

Così come alimenta l’autoidentificazione collettiva e guida tutti gli aspetti della vita in modo evidente, il militarismo israeliano ha una portata anche sulla sfera economica?

Il miracolo economico di Israele, nonostante le sue continue guerre, è stato ampiamente discusso. Tuttavia, è plausibile che queste guerre non abbiano ostacolato il suo successo, ma piuttosto vi abbiano contribuito. I critici sostengono da tempo che l’occupazione di Israele ha avuto un impatto negativo sull’economia del Paese, con costi significativi. Essi affermano che l’enfasi del Paese sul militarismo ha portato a continui investimenti nell’espansione delle infrastrutture degli insediamenti, spesso a spese degli svantaggiati all’interno di Israele. Tuttavia, un esame più attento rivela che l’approccio militarista di Israele è stato la forza trainante della crescita, della prosperità e persino dell’ingegno del suo settore economico più importante, facendogli guadagnare la stimata reputazione di “start-up nation”. Mi riferisco in particolare al settore tecnologico e all’industria militare, che, come ha commentato Yotam Feldman, “non appartiene a pochi venditori, ma è di proprietà dell’intero Paese”.

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Nel suo stimolante documentario “The Lab” (2013), Feldman mostra efficacemente le connessioni tra l’operazione Scudo difensivo (2002) a Jenin e lo sviluppo di importanti prodotti di punta della fiorente industria israeliana del commercio di armi, come il CornerShot brevettato dal tenente colonnello Amos Golan. In effetti, le esportazioni di armi di Israele hanno subito un’impennata senza precedenti nel 2002, sfruttando il clima post 11 settembre. Il valore di queste esportazioni è salito alle stelle, più che raddoppiando rispetto all’anno precedente e culminando in uno sbalorditivo record di oltre 4 miliardi di dollari. Sorprendentemente, due decenni dopo, questa cifra è salita a ben 12 miliardi di dollari. In particolare, i Paesi firmatari degli Accordi di Abramo contribuiscono per il 24% a questa somma, mentre i Paesi europei rappresentano il 29% della composizione delle esportazioni, al secondo posto dopo i Paesi asiatici.

Perché c’è una domanda così alta di armi israeliane? La risposta potrebbe inizialmente apparire ovvia: Israele si è affermato come produttore leader e innovativo di armi, guadagnandosi il plauso per le sue avanzate capacità tecnologiche che consentono di massimizzare gli obiettivi militari con un bassissimo costo di vita (militare, non civile) in quella che viene ormai condotta come una guerra sempre più remota. In una candida conversazione con Feldman, Binyamin Ben-Eliezer, ex generale, ministro dell’Industria, delle Infrastrutture e della Difesa a più riprese, ha risposto con sicurezza che la gente gravita naturalmente verso prodotti che sono stati rigorosamente testati. Molte compagnie dell’industria militare israeliana affermano con orgoglio che le loro creazioni sono state sottoposte a test approfonditi per diversi decenni, vantando fiducia nella loro qualità e affidabilità.

Pertanto, l’industria militare israeliana considera l’occupazione della Palestina come un fertile terreno di prova. Naomi Klein ha osservato come, grazie all’occupazione, Israele sia diventato “uno showroom aperto ventiquattro ore su ventiquattro, un esempio vivente di come si possa godere di una relativa sicurezza in mezzo a una guerra costante”. Con orgoglio, gli sviluppatori di armi israeliani, molti dei quali sono veterani dell’esercito, affermano che la Cisgiordania e la Striscia di Gaza agiscono come laboratori reali, consentendo loro di sperimentare nuove tecnologie e armi direttamente sul campo.

D’altronde, perché limitarsi a impiegare un ambiente di simulazione, con ritagli di cartone in finti villaggi palestinesi, quando si possono apprendere le più avanzate tecniche di guerra urbana, come il “mouse-holing”, le manovre dei bulldozer blindati e i nidi di trappole esplosive, proprio nel mezzo di un vero

villaggio con veri palestinesi? E’ questo il caso delle esercitazioni militari svolte a Masafer Yatta, aka Zona di tiro 918, nelle colline a sud di Hebron, dove un migliaio di persone oltre a vivere sotto continua minaccia di espulsione, vedono i loro villaggi trasformarsi in qualcosa di simile al set cinematografico di Fauda – se non fosse che le ferite sono vere.

In questo complesso scenario, l’importanza di Jenin non può essere sottovalutata. È stato, infatti, proprio, nell’aprile 2002 che l’IDF ha effettuato una svolta strategica, scatenando una forza devastante che l’ha distinta dai precedenti sforzi militari israeliani in Cisgiordania. Stephen Graham racconta questo momento cruciale, sottolineando l’impareggiabile potenza dimostrata dall’IDF a Jenin, e in misura minore in altre città della Cisgiordania, con un numero impressionante di morti e sfollati, a fronte di pochissime perdite israeliane. Inoltre, Michael Evans sostiene che l’operazione Scudo difensivo a Jenin non solo ha segnato un punto di svolta nella strategia di guerra urbana di Israele, ma è anche servita come esempio paradigmatico di una nuova forma di guerra asimmetrica. L’operazione Defensive Shield ha mostrato l’evoluzione delle strategie successivamente impiegate da altri eserciti statali tecnologicamente avanzati quando si sono confrontati con gruppi di insorti, a scapito delle ingenti perdite civili che si sono verificate nei teatri urbani densamente popolati dove hanno avuto luogo.

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Inutile dire che gli Stati Uniti sono stati i primi a adottare le tattiche pionieristiche di contro-insurrezione urbana potenziate dai sofisticati armamenti israeliani e dalle loro tecnologie avanguardistiche – come dimostrano i casi documentati di soldati americani, vestiti con l’equipaggiamento dell’IDF, che hanno diligentemente osservato e assimilato le lezioni dello sfollamento e demolizione del campo profughi di Jenin nel 2002. Tuttavia, le forze armate americane non sono state le sole a riconoscere il valore dell’incorporazione di metodi israeliani e di armi avanzate nelle loro strategie antiterroristiche, che hanno poi impiegato in Iraq e Afghanistan. Attirando l’attenzione a livello globale, gli ufficiali militari di varie nazioni convergono ogni anno in Israele per partecipare alle simulazioni militari organizzate dai principali produttori di armi del Paese. Tra i principali beneficiari, il Brasile ha dimostrato una notevole scrupolosità, tanto che uno dei quartieri più afflitti dalla Guerra alla droga a Salvador, noto come Baixa dos Sapateiros, si è guadagnato il soprannome di Striscia di Gaza bahiana.

Il rapporto dell’Europa con il settore degli armamenti di Israele, come ha osservato Antony Loewenstein nel suo ultimo libro “The Palestine Laboratory”, non è da meno e Horizon ha giocato un ruolo cruciale nello scambio. Il generale israeliano Yoav Gallant ha criticato l’ipocrisia dell’Europa. Da un lato, l’Europa critica le azioni politiche di Israele, ma dall’altro, ammira con convinzione la capacità di Israele di infliggere danni significativi con perdite minime. È interessante notare che, secondo alcuni rapporti, la presidenza francese avrebbe chiesto consiglio alle autorità israeliane durante gli ultimi violenti disordini popolari in Francia.

Tutto ciò suggerisce che Israele non dipende solo ontologicamente dall’occupazione dei palestinesi, ma anche economicamente. L’occupazione della Palestina funge da incubatrice di idee per la risoluzione dei problemi che vengono tradotte in modo fruttuoso nell’industria delle armi ed esportate in tutto il mondo accrescendo il suo status a livello internazionale. Come nel 2002, anche oggi, ciò che resta da vedere da quest’ultima operazione a Jenin non è se abbia raggiunto gli obiettivi antiterrorismo di Israele, ma piuttosto cosa prospetta per la guerra futura. Pagine Esteri

*Ricercatrice in Middle Eastern Studies e International Security Studies. Ha vissuto e studiato in Israele-Palestina e ha esperienze lavorative presso le Nazioni Unite e l’Istituto Affari Internazionali.

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Yan Pei-Ming a Firenze: pittore di storie


Yan Pei-Ming a Firenze: pittore di storie Yan Pei-Ming Firenze
Yan Pei-Ming arriva a Firenze con le sue tele monumentali: dal 7 luglio al 3 settembre Palazzo Strozzi presenta Yan Pei-Ming – Pittore di storie, la più grande mostra in Italia dedicata all’artista franco-cinese. A cura di Arturo Galasino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi, l’esposizione propone un percorso di oltre trenta opere che portano lo spettatore dentro la potente ...

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In Cina e Asia – Terminata la visita di Yellen in Cina. Dialogo "diretto e produttivo”


In Cina e Asia – Terminata la visita di Yellen in Cina. Dialogo yellen
I titoli di oggi:

Terminata la visita di Yellen in Cina. Dialogo "diretto e produttivo"
Multa per Ant e Tencent. La campagna di rettifica è davvero conclusa?
Cina: prezzi alla produzione ai minimi dal 2015
AIIB: revisione interna ritiene le accuse di influenza del Pcc "prive di ogni fondamento"
Cina, venticinquenne arrestato per furto di dati di migliaia di universitari
Uzbekistan: Mirziyoyev verso il terzo mandato consecutivo da presidente

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PRIVACYDAILY


N. 161/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: Le autorità di Hong Kong e della Cina continentale svilupperanno entro pochi mesi un piano d’azione per un accordo che renda più facili i trasferimenti transfrontalieri di dati bancari e di assistenza personale nella Greater Bay Area, ha rivelato il responsabile tecnologico della città.Il Segretario per l’Innovazione, la... Continue reading →



Rivoluzione Pixelfed: in arrivo un nuovo modo di accedere a Pixelfed in meno di 60 secondi, con il proprio account Mastodon.

@Che succede nel Fediverso?

#Pixelfed ha presentato una novità bellissima per tutto il #Fediverso, replicabile per tutti gli altri progetti!


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Joining Pixelfed has never been easier!

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in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

da un lato geniale, da un'altro pericola perchè accentra ancor più potere alle grandi istanze mastodon.
Ma in definitiva io sono per semplificare e secondo me i progetti minori dovrebbero approffittare dell'enorme popolarità di mastodon.


Simone Le Marteau, I. Apparatus. A partire «dagli anni Novanta si è manifestata appieno una serie di cambiamenti sociali covati lentamente nel periodo prece


Feddit: come può un utente #Mastodon seguire una comunità #Lemmy? Quali sono le comunità italiane nate dopo l'esplosione della redditmigration? Quali sono quelle nate prima? Si può aprire un nuovo thread da Mastodon?

Tutte le risposte nel post linkato (qui leggibile su feddit)


Feddit: come seguire una comunità Lemmy da Mastodon? Quali sono le comunità italiane nate dopo l'esplosione della redditmigration? Quali quelle nate prima? Si può aprire un nuovo thread da Mastodon?

Un utente #Mastodon può seguire una comunità #Lemmy in 2 modi:
- cliccare sul nome utente di una comunità (per esempio @fediverso ) e seguirla
- scrivere il nome della comunità (possibilmente completo di @ ma non è sempre necessario) nella casella di ricerca di #Mastodon

#Mastoaiuto




Yellen in Cina: la tempesta del «disaccoppiamento»


Yellen in Cina: la tempesta del «disaccoppiamento» 8122586
La segretaria del Tesoro degli Stati uniti accusa Pechino di «pratiche economiche inique». E garantisce di non volere una separazione delle economie. La Cina non si fida

L'articolo Yellen in Cina: la tempesta del «disaccoppiamento» proviene da China Files.



A partire dalle ore 10.30, a Roma, negli spazi del Circolo Arci “Concetto Marchesi” nel Parco Tiburtino III, in Via del Frantoio 5, si terrà un incontro pu


La Biblioteca del MIM celebra il 140° anniversario della pubblicazione del libro "Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino" con un'esposizione di volumi dedicata.


#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta la Scuola primaria “Padre Pio da Pietrelcina” di Valmontone, a pochi chilometri dalla Capitale.


Godflesh - Purge


Però per chi vuole c'è il sangue che scorre dentro i computer, quella sottile ansia mista a piacere che solo i Godflesh sanno dare. Un disco molto molto importante, ancora più utile in questi nostri tempi, che i Godflesh avevano già abbondantemente descritto. Un grandissimo ritorno per un disco che diventerà fondamentale in una discografia che non ha eguali.
@Musica Agorà iyezine.com/godflesh-purge

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Conoscere ADHD


chng.it/RbKy5dqXdH
Conoscere ADHD è importante, in particolare per gli insegnanti, e la sanità pubblica deve essere dalla parte delle famiglie rilasciando le certificazioni in tempi brevi


#NotiziePerLaScuola

Pubblicata la ricerca INDIRE su libri di testo e contenuti didattici digitali.

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Beat!


Ecco un altro libro di quelli che suonano - questo però oltre che suonare, urla pure, protesta e soprattutto cerca di difendersi.


Dentro ci sono "quei ragazzi e ragazze che nella metà degli anni Sessanta hanno desiderato la libertà totale al posto dell'ipocrisia e la dignità umana al posto dell'arrivismo". Quelli che hanno anticipato le grandi rivolte del Sessantotto, quelli che "hanno trovato l'anarchia sulla loro strada, spesso senza saperlo, spesso senza alcun filo diretto con quel movimento, pur parlando la stessa lingua senza che alcuno l'abbia insegnata".

iyezine.com/beat



Cosa ci guadagna Meta a "entrare nel Fediverso"? Nulla di economicamente rilevante, almeno nell'immediato. Il progetto è "soltanto" di natura strategica

@Che succede nel Fediverso?

Riportiamo per intero la nostra risposta a un thread comparso su feddit.it e in particolare all'osservazione di @Darjuz (È un’azienda è ovvio che cerca di inserirsi in un ambito che le sembra promettente per farsi i soldi…)

Non saprei. Il Fediverso non è facilmente monetizzabile e quella che sta facendo Meta non è un’operazione ad alto rendimento sebbene sia sicuramente un’operazione a bassissimo costo.

Quello che Facebook non può sopportare è il fatto che gli utenti socializzino al di fuori del suo giardino recintato, in cui le persone sono costrette a consumare nel baretto aziendale! Per il momento sono pochi utenti, ma la minaccia può essere devastante sul lungo termine.

Ora, in qualsiasi azienda, se esiste un rischio esistenziale, si cerca di di battersi fino in fondo per eliminarlo o mitigarne gli effetti. Come ultima soluzione ci si può assicurare contro quel rischio.

Siamo arrivati al nocciolo della questione: questa iniziativa di Meta, non è altro che un piccolo costo assicurativo.

Come funziona questa assicurazione? Mi sembra abbastanza chiaro: Meta si trova a muovere truppe in un terreno sconosciuto per portare, come direbbe un’altra simpatica realtà che abbiamo imparato a conoscere meglio in quest’ultimo anno e mezzo, un’operazione speciale per degratuitizzare il Fediverso.

Questa operazione presenta una grandissima possibilità di successo, considerando l’immensa sproporzione a favore di Meta. Inoltre, sempre per riprendere la metafora Ucraina, Zuckerberg confida nell’avidità di alcuni importanti amministratori di istanza: «questi amministratori hanno concentrato sulle proprie istanze la maggior parte degli utenti del Fediverso, quindi parlano la mia stessa lingua e quindi saranno alleati della mia impresa contro il temibile spettro della gratuità. Basterà far avere loro quattro spicci e un piatto di lenticchie»

Funzionerà questa strategia? Ci sono molti elementi che suggeriscono di sì. Esattamente come la Russia aveva sufficienti elementi per immaginare una conquista dell’Ucraina in tempi piuttosto rapidi, perché « Noi siamo una superpotenza e tutti i russofoni d’Ucraina ci saluteranno come liberatori e imbraceranno le armi contro il loro governo antirusso»

Naturalmente, Questa è l’unica cosa che insegni la storia, anche i piani ben studiati non per questo si concretizzano…

Ecco perché è importante dare seguito alla proposta di defederazione delle istanze di Zuckerberg: Il motivo è che non bisogna mai dare nulla per scontato!

PS: riportiamo anche le osservazioni completamente diverse di @Uriel Fanelli (no, molto probabilmente non lo troverete perché avrà bloccato voi o la vostra istanza... 🙃) che prevede la volontaria non federazione da parte di Meta.

Immagine ripresa dall'articolo di Pradeep Viswanathan su Big Tech Wire



è ovvio che cerca di inserirsi in un ambito che le sembra promettente per farsi i soldi


Non saprei. Il Fediverso non è facilmente monetizzabile e quella che sta facendo Meta non è un'operazione ad alto rendimento sebbene sia sicuramente un'operazione a bassissimo costo.

Quello che Facebook non può sopportare è il fatto che gli utenti socializzino al di fuori del suo giardino recintato, in cui le persone sono costrette a consumare nel baretto aziendale! Per il momento sono pochi utenti, ma la minaccia può essere devastante sul lungo termine.

Ora, in qualsiasi azienda, se esiste un rischio esistenziale, si cerca di di battersi fino in fondo per eliminarlo o mitigarne gli effetti. Come ultima soluzione ci si può assicurare contro quel rischio.

Siamo arrivati al nocciolo della questione: questa iniziativa di Meta, non è altro che un piccolo costo assicurativo.

Come funziona questa assicurazione? Mi sembra abbastanza chiaro: Meta si trova a muovere truppe in un terreno sconosciuto per portare, come direbbe un'altra simpatica realtà che abbiamo imparato a conoscere meglio in quest'ultimo anno e mezzo, un'operazione speciale per degratuitizzare il Fediverso.

Questa operazione presenta una grandissima possibilità di successo, considerando l'immensa sproporzione a favore di Meta. Inoltre, sempre per riprendere la metafora Ucraina, Zuckerberg confida nell'avidità di alcuni importanti amministratori di istanza: «questi amministratori hanno concentrato sulle proprie istanze la maggior parte degli utenti del Fediverso, quindi parlano la mia stessa lingua e quindi saranno alleati della mia impresa contro il temibile spettro della gratuità. Basterà far avere loro quattro spicci e un piatto di lenticchie»

Funzionerà questa strategia? Ci sono molti elementi che suggeriscono di sì. Esattamente come la Russia aveva sufficienti elementi per immaginare una conquista dell'Ucraina in tempi piuttosto rapidi, perché « Noi siamo una superpotenza e tutti i russofoni d'Ucraina ci saluteranno come liberatori e imbraceranno le armi contro il loro governo antirusso»

Naturalmente, Questa è l'unica cosa che insegni la storia, anche i piani ben studiati non per questo si concretizzano...

Ecco perché è importante dare seguito alla proposta di defederazione delle istanze di Zuckerberg: Il motivo è che non bisogna mai dare nulla per scontato!


in reply to La Scimmia di Mare

Se hai però tutte le impostazioni buone e corrette (DMARC e compagnia) non esiste per ora questo problema in realtà. Uso un dominio personale su Proton da tempo e non è mai finito in spam da nessuna parte, nemmeno da Google.
Questa voce è stata modificata (2 anni fa)
in reply to skariko

Io ho avuto esperienza opposta, ma confesso in pochi casi (e per poco tempo)


Threads e il Fediverso. Alcune considerazioni sul nuovo social di Meta e la federazione con le altre istanze ActivityPub

@Che succede nel Fediverso?

C'e' una certa eccitazione nel Fediverso (o "Mastodon" per i cefalopodi) per via della notizia che "Threads" abbia un'interfaccia ActivityPub, ovvero sarebbe capace di federarsi con il Fediverso, cioe' con qualsiasi altra cosa parli ActivityPub. Ci sono gia' le petizioni dei sysadmin , che rifiutano a priori di federarsi. E che a mio avviso sono tempo perso.

Ci sono molte ragioni per cui lo dico.

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in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

Tagliamo i ponti. Chiunque deve avere 10 30 50 milioni di coscritti per sentirsi a suo agio in una comunità può farsi un secondo account e provarselo da lì. E da pazzi dare accesso ad una comunità indipendente al MAGNAte di Facebook. Tanto valeva restare su Twitter.
Questa voce è stata modificata (2 anni fa)


#37 / Pesca a strascico


Causa miliardaria contro OpenAI (chatGPT) / Le reti a strascico di Google / Twitter Files: sorveglianza e censura dalla FBI e intelligence Ucraina / Meme e citazione del giorno.

Causa miliardaria contro OpenAI (chatGP)


Dopo le peripezie italiche arrivano guai anche oltre oceano per OpenAI, l’azienda acquisita da Microsoft che sviluppa e gestisce chatGPT. Pare infatti che il 28 giugno un gruppo di persone abbiano intentato un’azione legale congiunta per chiedere a OpenAI un risarcimento danni di ben tre miliardi di dollari.

OpenAI è accusata di aver allenato il suo algoritmo usando dati acquisiti illegalmente dal web1 con la tecnica dello scraping. In italiano si potrebbe tradurre con raschiare o grattare, ed è quella tecnica automatizzata che permette di raccogliere a strascico dati disponibili pubblicamente su Internet — come ad esempio post e foto sui social network.

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I casi analoghi non mancano, come ad esempio quello di ClearViewAI che ha raccolto ben trenta miliardi di foto dal web per allenare i suoi algoritmi di riconoscimento facciale e poi vendere i servizi a polizia e intelligence statunitensi. In quel caso ci furono diverse sanzioni milionarie da parte delle autorità ma non mi risulta che l’azienda se ne sia curata più di tanto.

In almeno un caso la Federal Trade Commission ha intimato la distruzione di algoritmi allenati senza il consenso dei soggetti a cui facevano riferimento i dati. Se i giudici dovessero decidere che OpenAI ha allenato i suoi modelli in modo illecito, giungerebbero alla stessa decisione? Probabilmente no, dato che anche ClearViewAI è ancora in piedi.

Le reti a strascico di Google


Un recente aggiornamento alla privacy policy di Google lascia intendere che è ufficialmente iniziata una gara con OpenAI che sarà combattuta a suon di reti da pesca virtuali.

Nell’ultima versione dell’informativa si legge che l’azienda userà dati disponibili pubblicamente per allenare i suoi modelli di intelligenza artificiale come Google Translate, Bard (il competitor di ChatGPT) e altri servizi in Cloud2.

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“Se tu o le tue informazioni sono presenti su un sito web, potremmo indicizzarle ed esporle sui servizi Google”.

Sembra davvero non esserci scampo. Siamo tutti condannati ad essere cavie da laboratorio e fattori di produzione per i nuovi scintillanti strumenti di intelligenza artificiale che amiamo. Ora scusate ma vado a rinnovare l’abbonamento a ChatGPT, che mi è più simpatico di Bard.

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Alcuni documenti interni a Twitter mostrano che l’FBI ha collaborato con l’intelligence Ucraina (SBU - Security Service of Ukraine) per censurare alcuni account Twitter e ottenere informazioni personali sui proprietari.

Share

Non dovrebbe essere una novità per chi ha seguito le vicende dei Twitter Files, di cui fanno parte anche questi documenti più recenti, ma dovrebbe certamente ricordarci il livello di sorveglianza e censura costante a cui siamo assoggettati noi altri del mondo libero.

“Thank you very much for your time to discuss the assistance to Ukraine, I am including a list of accounts I received over a couple of weeks from the Security Service of Ukraine. These accounts are suspected by the SBU in spreading fear and disinformation. For your review and consideration.”


La lista è di circa 163 account, tra cui alcuni di giornalisti americani e canadesi colpevoli di aver espresso la loro opinione sulla guerra in Ucraina in termini non favorevoli alla propaganda occidentale.

Il referente interno, Yoel Roth, il dirigente che gestiva direttamente i rapporti con l’FBI, è stato licenziato a novembre 2022 da Elon Musk poco prima della diffusione dei Twitter Files.

Per chi avesse perso le puntate precedenti, consiglio questo breve ripasso:

Strike: news e trend topic di privacy


Per chi bazzica LinkedIn, ogni lunedì sera c’è STRIKE, un nuovo format video in cui insieme a due colleghi parlo di news e trend topic di privacy.

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Sono già usciti i primi due episodi, in cui abbiamo parlato della nuova stagione di Black Mirror (spoiler alert) e del nuovo sistema IT-Alert.

È probabile che nel prossimo futuro verrà proposto anche su altre piattaforme social, ma per ora è solo su LinkedIn. È una produzione di Privacy Week, la media company che si occupa di privacy, cybersecurity, nuove tecnologie e diritti umani.

Qui trovate i primi due episodi:


Meme del giorno


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Citazione del giorno

“On matters of style, swim with the current, on matters of principle, stand like a rock.”
Thomas Jefferson

Articolo consigliato


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1

redhotcyber.com/post/3-miliard…

2

gizmodo.com/google-says-itll-s…



Dante Alighieri - Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io


Immaginare di fare un viaggio in barca a vela con i due amici del cuore. Senza una meta precisa, in compagnia delle tre donne amate, passando il tempo a parlare(?!) di amore. Dante.


Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio;

sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ’l disio.

E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:

e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi



Completata la traduzione di Riprendersi la città. Guida per i cittadini, con 40 idee per riappropriarsi della città.


Cinque mesi fa era stata pubblicata la prima parte della traduzione italiana, ora finalmente abbiamo completato tutta la traduzione della guida (44 pagine in formato .pdf).

La guida si può scaricare da qui: dgxy.link/riprendersi_la_citta
#MobilitàSostenibile #PianificazioneUrbanistica #città #PisteCiclabili #bicicletta #SpazioPubblico

Come avevo già scritto, "Recuperar la ciudad. Reclaim the city", è una guida scritta da un gruppo di attivisti spagnoli che si propone di individuare degli strumenti e delle azioni concrete per limitare lo strapotere del traffico automobilistico privato, promuovere una mobilità sostenibile e ridare alla città il suo carattere di spazio pubblico fruibile da tutti i cittadini.

Si è trattato di una traduzione collaborativa: come attività di educazione civica ho proposto alla mia classe quinta linguistico dell’IIS Carlo Emilio Gadda di Paderno Dugnano di suddividersi in gruppi e ciascun gruppo aveva il compito di tradurre una parte delle 40 idee che venivano presentate nella guida. Per i molti impegni degli studenti, il lavoro di traduzione si è sviluppato in un periodo di tempo più lungo del previsto e ha richiesto un’ulteriore revisione linguistica, visto che l’argomento e la terminologia della guida non erano dei più familiari, almeno per le studentesse della mia classe (che comprende un solo impavido studente). Anche la successiva impaginazione di testi e immagini, di cui mi sono occupato io, ha richiesto un tempo superiore al previsto. Alla fine però ce l’abbiamo fatta e la guida è stata messa a disposizione di tutta la classe per poter essere usata eventualmente nel colloquio orale dell’esame di stato. Naturalmente sia la traduzione che l’impaginazione si possono sempre migliorate.


Le 40 idee presentate nella seconda parte della guida offrono un catalogo davvero ampio di buone pratiche che i cittadini possono intraprendere, si tratta in realtà di un piccolo manuale di educazione civica che potrebbe essere davvero utile per aumentare la consapevolezza di tutti sull’importanza dell’utilizzo e della condivisione degli spazi pubblici e sulla necessità di promuovere una mobilità davvero sostenibile.


Salvo alcune idee che contengono specifici riferimenti al contesto e alla legislazione spagnoli, le altre idee hanno una validità davvero universale.
Perché non diffondere questa guida nelle amministrazioni pubbliche e nelle scuole?
Per intanto la traduzione italiana è a disposizione di tuttə, condividetela pure senza risparmio 😀

La guida è distribuita con licenza Creative Commons BY-NC-SA

Naturalmente un grandissimo grazie (muchissimas gracias 😀 a @Marcos M. e a tutte le persone che hanno collaborato alla stesura della versione originale in spagnolo.

Si può scaricare il testo da qui: dgxy.link/riprendersi_la_citta

#MobilitàSostenibile #PianificazioneUrbana #SpazioPubblico #città #PisteCiclabili #bicicletta #traduzioni @macfranc @Rivoluzione mobilità urbana🚶🚲🚋


#Riprendersi la città. Guida per i cittadini, con 40 idee per riappropriarsi della città


"Recuperar la ciudad. Reclaim the city" è una guida scritta da un gruppo di attivisti spagnoli che si propone di individuare degli strumenti e delle azioni concrete per limitare lo strapotere del traffico automobilistico privato, promuovere una mobilità sostenibile e ridare alla città il suo carattere di spazio pubblico fruibile da tutti i cittadini.
Un numeroso gruppo di persone affronta il traffico inquinante delle auto. | BiciMan

La guida è disponibile sul web in spagnolo (recuperarlaciudad.notion.site/…) e in inglese (recuperarlaciudad.notion.site/…) oppure dalle stesse pagine si può scaricare una versione bilingue in formato pdf.

In italiano, al momento, è disponibile solo la prima parte della guida (l'introduzione), qui sotto trovate l'incipit e questo è il link per scaricare il testo tradotto finora: nilocram.eu/edu/Riprendersi_la…

Sono disponibili in italiano anche due numeri della newsletter curata dallo stesso gruppo di attivisti:

Perché abbiamo bisogno di più ciclistə nelle nostre città?

Promuovere la mobilità in bicicletta attraverso misure di pianificazione urbana

Buona lettura 😀

Se avete tra le mani questo testo, è probabile che vi siate resi conto dell'importanza per le persone di riappropriarsi dello spazio della città, nonché dei problemi che sorgono nel tessuto urbano quando ciò non avviene. Potreste anche essere qui perché sospettate di avere la capacità di migliorare il comune in cui vivete o perché siete alla ricerca di strumenti legali e non violenti per riprendervi la città. Siete nel posto giusto.
Questa è una guida pratica perché i cittadini possano riprendersi la città. Noi, le persone, abbiamo un potere immenso nel plasmare l'ambiente in cui viviamo, anche se per decenni lo abbiamo ceduto a comuni che non sempre si sono occupati del benessere sociale. Cosa possiamo fare per recuperare lo spazio pubblico?
Vi diamo delle alternative in modo che possiate scegliere in base alle vostre possibilità e al vostro grado di impegno. [...]

Scarica il testo da qui: nilocram.eu/edu/Riprendersi_la…
@Rivoluzione mobilità urbana🚶🚲🚋 @maupao @Marcos Martínez


in reply to nilocram

Ottima iniziativa questa traduzione!

Ho subito preso a prestito un'immagine (dal sito spagnolo) per una risposta sul fediverso: sociale.network/@Pare/11065994…

Due domande.

In futuro si potrebbe prevedere una pubblicazione in un formato che faciliti l'esercizio dei diritti della licenza CC BY-NC-SA?

Perché forse servirebbe un secondo passaggio di localizzazione. Controllando qui e là che i codici stradali italiano e spagnolo concordino. Che ne dite?


È vero, è vero!
Bisogna scegliere i percorsi!
Come suggerisce la guida per #RiprendersiLaCittà di cui è appena stata annunciata la traduzione italiana: poliverso.org/display/0477a01e…

Scegliere i percorsi esercitando ovunque possibile il diritto di precedenza della mobilità leggera di fronte a chi usa l'automobile, cui occorre ricordare quotidianamente di rispettare le altre forme di mobilità.
@rivoluzioneurbanamobilita


macfranc reshared this.

in reply to nilocram

@macfranc @Rivoluzione mobilità urbana🚶🚲🚋
Ciao, sì sono d'accordo, sarebbe utile fare un confronto tra il codice stradale spagnolo e quello italiano, probabilmente qualche differenza c'è, ma arrivare a questa prima versione è stato già un bel successo.
Spero di aver capito bene l'altra domanda, se serve un'edizione editabile della guida, la puoi scaricare da qui (in formato .odt): framadrive.org/s/6KzEnrYZCjkNW…
Grazie per l'apprezzamento 😀


Poland slams child sexual abuse material regulation as unnecessary


Paweł Lewandowski, Polish Undersecretary of State at the Chancellery of the Prime Minister told EURACTIV that the regulation to fight child sexual abuse material (CSAM) online is unnecessary as there are other regulations about safety on the internet.


euractiv.com/section/law-enfor…



GDPR Procedures Regulation: "Stripping citizens of procedural rights"


Regolamento GDPR sulle procedure: "Spogliare i cittadini dei diritti procedurali" Oggi la Commissione europea ha presentato una proposta per risolvere la (mancanza di) cooperazione tra alcune autorità di protezione dei dati (DPA). Si tratta di un passo indietro, non di un passo avanti. Procedures Regulation


noyb.eu/en/gdpr-procedures-reg…



CJEU declares Meta/Facebook's GDPR approach largely illegal


La CGUE dichiara ampiamente illegale l'approccio di Meta/Facebook al GDPR Nella decisione odierna, la CGUE ha dichiarato ampiamente illegale l'approccio di Meta/Facebook al GDPR, analogamente al precedente contenzioso di noyb davanti all'EDPB che ha portato a una multa di 390 milioni di euro. Meta Logo with checkboxes


noyb.eu/en/cjeu-declares-metaf…