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DolphinGemma Seeks to Speak to Dolphins


A black and blue swirl background with the logo of a blue dolphin over the word DolphinGemma with dolphin in white and Gemma in blue

Most people have wished for the ability to talk to other animals at some point, until they realized their cat would mostly insult them and ask for better service, but researchers are getting closer to a dolphin translator.

DolphinGemma is an upcoming LLM based on the recordings from the Wild Dolphin Project. Using the hours and hours of dolphin sounds recorded by researchers over the decades, the hope is that the LLM will allow us to communicate more effectively with the second most intelligent species on the planet.

The LLM is designed to run in the field on Google Pixel phones, due to it being based on Google’s in-house Gemini product, which is a bit less cumbersome than hauling a mainframe on a dive. The Wild Dolphin Project currently uses the Georgia Tech developed CHAT (Cetacean Hearing Augmentation Telemetry) device which has a Pixel 6 at its heart, but the newer system will be bumped up to a Pixel 9 to take advantage of all those shiny new AI processing advances. Hopefully, we’ll have a better chance of catching when they say, “So long and thanks for all the fish.”

If you’re curious about other mysterious languages being deciphered by LLMs, we have you covered.

youtube.com/embed/T8GdEVVvXyE?…


hackaday.com/2025/04/24/dolphi…

Simone 🤖 & Bruno 🐕 reshared this.



Chi sono io per giudicare?


altrenotizie.org/primo-piano/1…


Le Action Figure della Cyber Security. Red Hot Cyber lancia la serie “Chiama Ammiocuggino!”


In un mondo dove ogni giorno si registrano migliaia di attacchi informatici, molte aziende continuano a sottovalutare l’importanza della cybersecurity, affidandosi a “sedicenti esperti” improvvisati o poco competenti. Da questa triste realtà nasce la nuova serie satirica di Red Hot Cyber: Amiocuggino – le action figure della cyber security.

Una provocazione, certo.

Ma anche uno specchio fedele di ciò che troppo spesso accade nel panorama aziendale italiano e non solo: ci si affida a persone prive di reali competenze, con la convinzione che “tanto basta saper smanettare” oppure “che vuoi che accada a noi?”. Il risultato? Sistemi vulnerabili, dati esposti, e un falso senso di protezione.

Quando il risparmio diventa un costo enorme


La verità è semplice: nella cybersecurity, il risparmio può diventare il tuo peggior investimento.

Le conseguenze di un data breach non sono molto economiche. Le perdite reputazionali possono devastare l’immagine di un’azienda, minare la fiducia di clienti e partner, e compromettere anni di lavoro.

E se l’attacco è di tipo ransomware, il danno può diventare esponenziale: intere filiere produttive si bloccano, la produzione si arresta, gli ordini non vengono evasi, e ogni giorno fermo si traduce in migliaia – se non milioni – di euro persi.

Tutto per non aver investito in modo serio in prevenzione, monitoraggio e risposta.

La cybersecurity oggi, non è un optional


Investire in cybersecurity oggi non è un fattore accessorio, ma è un valore abilitante per il tuo business.

È la base su cui costruire continuità operativa, innovazione e fiducia digitale. Senza di essa, qualsiasi trasformazione digitale rischia di essere una bomba a orologeria pronta a esplodere.

La serie Amiocuggino vuole proprio colpire con ironia il cuore del problema: ridicolizzare l’approccio superficiale per stimolare una presa di coscienza. Non basta un “cuggino che ci capisce di computer” per difendere un’azienda dalle minacce complesse, servono persone esperte.

Conclusione


Purtroppo la chiave è che la cybersecurity deve divenire una cultura e non un obbligo.

Non può essere trattata come una scocciatura normativa o una casella da spuntare per adeguarsi al GDPR. Deve diventare parte integrante del pensiero strategico di ogni organizzazione. Come la sicurezza sul lavoro o la qualità dei prodotti, anche la sicurezza digitale richiede attenzione quotidiana, aggiornamento continuo e consapevolezza diffusa a tutti i livelli aziendali.

Solo se siamo consapevoli dei rischi, possiamo essere davvero resilienti agli attacchi informatici. Solo comprendendo le dinamiche delle minacce, l’evoluzione degli attacchi e i punti deboli della nostra infrastruttura, possiamo costruire processi difensivi solidi, flessibili e adattabili. La sicurezza non è un obiettivo da raggiungere una volta per tutte: è un percorso e mai una destinazione.

Perché in fondo, se lasci la sicurezza del tuo business in mano ad Amiocuggino… sai già come andrà a finire.

Certo, gli attacchi informatici avvengono a tutti. È una realtà con cui ogni organizzazione deve fare i conti. Ma non confondiamo il fatto che “tanto succederà, occorre solo capire quando” con l’atteggiamento pericoloso del “non faccio nulla, tanto fai o non fai è la stessa cosa”.

Questa è una trappola mentale che spinge molte aziende all’inazione, a rimandare, a minimizzare. E proprio lì, in quel vuoto di responsabilità, si insinuano le minacce. La differenza tra un’azienda che subisce un attacco e si rialza in fretta, e una che crolla sotto il peso delle conseguenze, sta nella preparazione, nella formazione e nella cultura.

Investire in cybersecurity non serve ad evitare ogni incidente, ma a limitare l’impatto, a reagire con lucidità, a garantire continuità e fiducia. È una scelta strategica, non un costo. È la base per costruire aziende resilienti, capaci di affrontare l’innovazione digitale senza paura, ma con consapevolezza.

Perché oggi, non è più una questione di “se verrai attaccato”, ma di quanto sarai pronto quando accadrà. E lì, credimi, Amiocuggino non ti salverà.

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Firewall Sonicwall a rischio: un nuovo bug di sicurezza permette il blocco da remoto


Esiste una falla di sicurezza nella SSLVPN del sistema operativo firewall di Sonicwall, SonicOS. Gli aggressori possono causare il crash del firewall e quindi provocare un denial of service. Sonicwall sta fornendo aggiornamenti per risolvere la vulnerabilità.

Sonicwall ha pubblicato un bollettino di sicurezza in cui l’azienda avverte della vulnerabilità. Nell’interfaccia “Virtual Office” di SonicOS SSLVPN, in circostanze non specificate può verificarsi un cosiddetto “null pointer dereference”, ovvero il codice può tentare di rilasciare nuovamente risorse già rilasciate.

Nel bollettino SonicWall riporta che “Una vulnerabilità di dereferenziazione del puntatore nullo nell’interfaccia di SSLVPN di SonicOS consente a un aggressore remoto e non autenticato di bloccare il firewall, causando potenzialmente una condizione di negazione del servizio (DoS).”

Questo di solito porta al crash del software, come in questo caso, e fortunatamente non può essere utilizzato impropriamente per iniettare ed eseguire codice dannoso. Gli aggressori possono causare questo dalla rete senza autenticazione preventiva, come spiega Sonicwall nella descrizione della vulnerabilità (CVE-2025-32818, CVSS 7.5 , rischio ” alto “).

La vulnerabilità migliora le versioni aggiornate del firmware per i dispositivi interessati della serie Gen7 NSv, in particolare NSv 270, NSv 470, NSv 870, nonché per i firewall Gen7 TZ270, TZ270W, TZ370, TZ370W, TZ470, TZ470W, TZ570, TZ570W, TZ570P, TZ670, NSa 2700, NSa 3700, NSa 4700, NSa 5700, NSa 6700, NSsp 10700, NSsp 11700, NSsp 13700 e NSsp 15700 nella versione 7.2.0-7015 e successive e per TZ80 nella versione 8.0.1-8017 o successive.

I crediti vanno al ricercatore di sicurezza informatica Jon Williams di Bishop Fox.

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BigTech, Apple e Meta sanzionate dalla Commissione Ue per violazione del DMA


@Informatica (Italy e non Italy 😁)
Dopo un lungo processo di dialogo e analisi delle difese presentate dalle aziende coinvolte, la Commissioneeuropea ha inflitto sanzioni alle Big tech statunitensi per pratiche anticonconcorrenziali. Ecco tutti i dettagli
L'articolo BigTech, Apple e Meta



Non solo Forze armate, il pilastro europeo della Nato si gioca sull’industria

@Notizie dall'Italia e dal mondo

Il settore della difesa in Europa sta vivendo una fase di inedita vitalità sui mercati finanziari. I numeri parlano chiaro: da inizio anno, le principali aziende europee del comparto hanno registrato crescite a doppia e, in alcuni casi, a tripla cifra. I titoli di



È uscito il nuovo numero di The Post Internazionale


@Politica interna, europea e internazionale
È uscito il nuovo numero di The Post Internazionale. Il magazine, disponibile già da oggi, giovedì 24 aprile, sia nella versione digitale che in tutte le edicole, propone ogni due settimane inchieste e approfondimenti sugli affari e il potere in Italia, storie inedite e reportage dal mondo, e grande spazio




Giochi della gioventù, 110 appuntamenti per oltre 100 mila studenti!

Qui tutti i dettagli ▶ mim.gov.it/web/guest/-/giochi-…



A Bicycle is Abandonware Now? Clever Hack Rescues Dead Light


A bicycle is perhaps one of the most repairable pieces of equipment one can own — no matter what’s wrong with it, and wherever you are on the planet, you’ll be able to find somebody to fix your bike without too much trouble. Unfortunately as electric bikes become more popular, predatory manufacturers are doing everything they can to turn a bike into a closed machine, only serviceable by them.

That’s bad enough, but it’s even worse if the company happens to go under. As an example, [Fransisco] has a bike built by a company that has since gone bankrupt. He doesn’t name them, but it looks like a VanMoof to us. The bike features a light built into the front of the top tube of the frame, which if you can believe it, can only be operated by the company’s (now nonfunctional) cloud-based app.

The hack is relatively straightforward. The panel for the VanMoof electronics is removed and the works underneath are slid up the tube, leaving the connector to the front light. An off the shelf USB-C Li-Po charger and a small cell take the place of the original parts under a new 3D printed panel with a switch to run the light via a suitable resistor. If it wasn’t for the startling green color of the filament he used, you might not even know it wasn’t original.

We would advise anyone who will listen, that hardware which relies on an app and a cloud service should be avoided at all costs. We know most Hackaday readers will be on the same page as us on this one, but perhaps it’s time for a cycling manifesto to match our automotive one.

Thanks [cheetah_henry] for the tip.


hackaday.com/2025/04/24/a-bicy…

Maronno Winchester reshared this.



“Zoom richiede il controllo del tuo schermo”: la nuova truffa che sta colpendo manager e CEO


“Elusive Comet”, un gruppo di hacker motivati finanziariamente, prende di mira gli utenti e i loro wallet di criptovalute con attacchi di ingegneria sociale che sfruttano la funzionalità di controllo remoto di Zoom per indurre gli utenti a concedere loro l’accesso ai propri computer. La funzione di controllo remoto di Zoom permette ai partecipanti di assumere il controllo del computer di un altro partecipante.

Secondo l’azienda di sicurezza informatica Trail of Bits, che si è imbattuta in questa campagna di ingegneria sociale, i responsabili rispecchiano le tecniche utilizzate dal gruppo di hacker Lazarus nel massiccio furto di criptovalute Bybit da 1,5 miliardi di dollari .

“La metodologia ELUSIVE COMET rispecchia le tecniche alla base del recente attacco informatico da 1,5 miliardi di dollari a Bybit a febbraio, in cui gli aggressori hanno manipolato flussi di lavoro legittimi anziché sfruttare le vulnerabilità del codice”, spiega il rapporto Trail of Bits. L’azienda è venuta a conoscenza di questa nuova campagna dopo che gli autori della minaccia hanno tentato di condurre un attacco di ingegneria sociale contro il suo CEO tramite X messaggi diretti.

L’attacco inizia con un invito a un’intervista “Bloomberg Crypto” tramite Zoom, inviato a obiettivi di alto valore tramite account fittizi su X o via e-mail (bloombergconferences[@]gmail.com). Gli account falsi impersonano giornalisti specializzati in criptovalute o testate giornalistiche Bloomberg e raggiungono le vittime tramite messaggi diretti sulle piattaforme dei social media.

Gli inviti vengono inviati tramite link di Calendly per pianificare una riunione su Zoom. Poiché sia ​​gli inviti/link di Calendly che quelli di Zoom sono autentici, funzionano come previsto e riducono i sospetti del destinatario.

Durante la chiamata Zoom, l’aggressore avvia una sessione di condivisione dello schermo e invia una richiesta di controllo remoto alla vittima. Il trucco utilizzato in questa fase è che gli aggressori rinominano il loro nome visualizzato su Zoom in “Zoom”, in modo che il messaggio visualizzato dalla vittima reciti “Zoom richiede il controllo remoto del tuo schermo”, facendolo apparire come una richiesta legittima da parte dell’app.

Tuttavia, l’approvazione della richiesta fornisce agli aggressori il pieno controllo remoto sul sistema della vittima, consentendo loro di rubare dati sensibili, installare malware, accedere a file o avviare transazioni crittografiche.

L’aggressore potrebbe agire rapidamente per stabilire un accesso persistente impiantando una backdoor furtiva per sfruttarla in un secondo momento e disconnettersi, lasciando alle vittime poche possibilità di rendersi conto della compromissione.

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Dazi, dopo Apple anche Google farà l’indiana con i suoi smartphone?

L'articolo proviene da #StartMag e viene ricondiviso sulla comunità Lemmy @Informatica (Italy e non Italy 😁)
Google starebbe valutando di trasferire gran parte della propria produzione hardware dal Vietnam all'India, che ha maggiori probabilità dato il suo peso commerciale ed economico di spuntare con Trump balzelli di favore. Anche Cupertino si





Hanno reso i computer fastidiosi venditori

Pensavi che il tuo “non mi interessa” fosse chiaro? YouTube, Spotify & Co. hanno altri piani. Spoiler: non è un bug, è una feature.

I computer sono macchine precise, non esseri umani, e non dovremmo aspettarci che si comportino come tali. La cosiddetta “umanizzazione” dell’esperienza utente mira a rendere più accessibili i comandi meccanici, pur conservando la loro precisione.
Ma ecco che l'UX designer e il product manager hanno spesso finito per complicare le cose, trasformando i software in fastidiosi venditori porta a porta. Questi programmi adottano tattiche manipolative che insistono anche dopo un rifiuto chiaro da parte dell’utente.

Un esempio? YouTube continua a proporre contenuti non richiesti, ignorando apertamente il “non mi interessa”. Il risultato è che molte persone — specialmente i più giovani — crescono pensando che sia normale che il software si comporti in modo invadente e inaffidabile... perché ormai il software è stato istruito a ignorarti con un bel sorriso virtuale.

rakhim.exotext.com/they-made-c…

@Etica Digitale (Feddit)

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From PostScript to PDF


There was a time when each and every printer and typesetter had its own quirky language. If you had a wordprocessor from a particular company, it worked with the printers from that company, and that was it. That was the situation in the 1970s when some engineers at Xerox Parc — a great place for innovation but a spotty track record for commercialization — realized there should be a better answer.

That answer would be Interpress, a language for controlling Xerox laser printers. Keep in mind that in 1980, a laser printer could run anywhere from $10,000 to $100,000 and was a serious investment. John Warnock and his boss, Chuck Geschke, tried for two years to commercialize Interpress. They failed.

So the two formed a company: Adobe. You’ve heard of them? They started out with the idea of making laser printers, but eventually realized it would be a better idea to sell technology into other people’s laser printers and that’s where we get PostScript.

Early PostScript and the Birth of Desktop Publishing


PostScript is very much like Forth, with words made specifically for page layout and laser printing. There were several key selling points that made the system successful.

First, you could easily obtain the specifications if you wanted to write a printer driver. Apple decided to use it on their LaserWriter. Of course, that meant the printer had a more powerful computer in it than most of the Macs it connected to, but for $7,000 maybe that’s expected.

Second, any printer maker could license PostScript for use in their device. Why spend a lot of money making your own when you could just buy PostScript off the shelf?

Finally, PostScript allowed device independence. If you took a PostScript file and sent it to a 300 DPI laser printer, you got nice output. If you sent it to a 2400 DPI typesetter, you got even nicer output. This was a big draw since a rasterized image was either going to look bad on high-resolution devices or have a huge file system in an era where huge files were painful to deal with. Even a page at 300 DPI is fairly large.

If you bought a Mac and a LaserWriter you only needed one other thing: software. But since the PostScript spec was freely available, software was possible. A company named Aldus came out with PageMaker and invented the category of desktop publishing. Adding fuel to the fire, giant Lionotype came out with a typesetting machine that accepted PostScript, so you could go from a computer screen to proofs to a finished print job with one file.

If you weren’t alive — or too young to pay attention — during this time, you may not realize what a big deal this was. Prior to the desktop publishing revolution, computer output was terrible. You might mock something up in a text file and print it on a daisy wheel printer, but eventually, someone had to make something that was “camera-ready” to make real printing plates. The kind of things you can do in a minute in any word processor today took a ton of skilled labor back in those days.

Take Two


Of course, you have to innovate. Adobe did try to prompt Display PostScript in the late 1980s as a way to drive screens. The NeXT used this system. It was smart, but a bit slow for the hardware of the day. Also, Adobe wanted licensing fees, which had worked well for printers, but there were cheaper alternatives available for displays by the time Display PostScript arrived.

In 1991, Adobe released PostScript Level 2 — making the old PostScript into “Level 1” retroactively. It had all the improvements you would expect in a second version. It was faster and crashed less. It had better support for things like color separation and handling compressed images. It also worked better with oddball and custom fonts, and the printer could cache fonts and graphics.

Remember how releasing the spec helped the original PostScript? For Level 2, releasing it early caused a problem. Competitors started releasing features for Level 2 before Adobe. Oops.

They finally released PostScript 3. (And dropped the “Level”.) This allowed for 12-bit colors instead of 8-bit. It also supported PDF files.

PDF?


While PostScript is a language for controlling a printer, PDF is set up as a page description language. It focuses on what the page looks like and not how to create the page. Of course, this is somewhat semantics. You can think of a PostScript file as a program that drives a Raster Image Processor (RIP) to draw a page. You can think of a PDF as somewhat akin to a compiled version of that program that describes what the program would do.

Up to PDF 1.4, released in 2001, everything you could do in a PDF file could be done in PostScript. But with PDF 1.4 there were some new things that PostScript didn’t have. In particular, PDFs support layers and transparency. Today, PDF rules the roost and PostScript is largely static and fading.

What’s Inside?


Like we said, a PostScript file is a lot like a Forth program. There’s a comment at the front (%!PS-Adobe-3.0) that tells you it is a PostScript file and the level. Then there’s a prolog that defines functions and fonts. The body section uses words like moveto, lineto, and so on to build up a path that can be stroked, filled, or clipped. You can also do loops and conditionals — PostScript is Turing-complete. A trailer appears at the end of each page and usually has a command to render the page (showpage), which may start a new page.
A simple PostScript file running in GhostScript
A PDF file has a similar structure with a %PDF-1.7 comment. The body contains objects that can refer to pages, dictionaries, references, and image or font streams. There is also a cross-reference table to help find the objects and a trailer that points to the root object. That object brings in other objects to form the entire document. There’s no real code execution in a basic PDF file.

If you want to play with PostScript, there’s a good chance your printer might support it. If not, your printer drivers might. However, you can also grab a copy of GhostScript and write PostScript programs all day. Use GSView to render them on the screen or print them to any printer you can connect to. You can even create PDF files using the tools.

For example, try this:

%!PS
% Draw square
100 100 moveto
100 0 rlineto
0 100 rlineto
-100 0 rlineto
closepath
stroke

% Draw circle
150 150 50 0 360 arc
stroke

% Draw text "Hackaday" centered in the circle
/Times-Roman findfont 12 scalefont setfont % Choose font and size
(Hackaday) dup stringwidth pop 2 div % Calculate half text width
150 exch sub % X = center - half width
150 % Y = vertical center
moveto
(Hackaday) show

showpage

If you want to hack on the code or write your own, here’s the documentation. Think it isn’t really a programming language? [Nicolas] would disagree.


hackaday.com/2025/04/24/from-p…



PrepperDisk is a mini internet box that comes preloaded with offline backups of some of the content that is being deleted by the administration.#DataHoarding


Haptic Soft Buttons Speak(er) to Your Sense of Touch


There’s just something about a satisfying “click” that our world of touchscreens misses out on; the only thing that might be better than a good solid “click” when you hit a button is if device could “click” back in confirmation. [Craig Shultz] and his crew of fine researchers at the Interactive Display Lab at the University of Illinois seem to agree, because they have come up with an ingenious hack to provide haptic feedback using readily-available parts.
An array of shapes showing the different possiblities for hapticoil soft buttons.An array of shapes showing some of the different possibilities for hapticoil soft buttons.
The “hapticoil”, as they call it, has a simple microspeaker at its heart. We didn’t expect a tiny tweeter to have the oomph to produce haptic feedback, and on its own it doesn’t, as finger pressure stops the vibrations easily. The secret behind the hapticoil is to couple the speaker hydraulically to a silicone membrane. In other words, stick the thing in some water, and let that handle the pressure from a smaller soft button on the silicone membrane. That button can be virtually any shape, as seen here.

Aside from the somewhat sophisticated electronics that allow the speaker coil to be both button and actuator (by measuring inductance changes when pressure is applied, while simultaneously driven as a speaker), there’s nothing here a hacker couldn’t very easily replicate: a microspeaker, a 3D printed enclosure, and a silicone membrane that serves as the face of the haptic “soft button”. That’s not to say we aren’t given enough info replicate the electronics; the researchers are kind enough to provide a circuit diagram in figure eight of their paper.

In the video below, you can see a finger-mounted version used to let a user feel pressing a button in virtual reality, which raises some intriguing possibilities. The technology is also demonstrated on a pen stylus and a remote control.

This isn’t the first time we’ve featured hydraulic haptics — [Craig] was also involved with an electroosmotic screen we covered previously, as well as a glove that used the same trick. This new microspeaker technique does seem much more accessible to the hacker set, however.

youtube.com/embed/-F2PaWVy2_I?…


hackaday.com/2025/04/24/haptic…



The Mohmmeter: A Steampunk Multimeter


mohmmeter

[Agatha] sent us this stunning multimeter she built as a gift for her mom. Dubbed the Mohmmeter — a playful nod to its ohmmeter function and her mom — this project combines technical ingenuity with heartfelt craftsmanship.

brass nameplates

At its core, a Raspberry Pi Pico microcontroller reads the selector knob, controls relays, and lights up LEDs on the front panel to show the meter’s active range. The Mohmmeter offers two main measurement modes, each with two sub-ranges for greater precision across a wide spectrum.

She also included circuitry protections against reverse polarity and over-voltage, ensuring durability. There was also a great deal of effort put into ensuring it was accurate, as the device was put though its paces using a calibrated meter as reference to ensure the final product was as useful as it was beautiful.

The enclosure is a work of art, crafted from colorful wooden panels meticulously jointed together. Stamped brass plates label the meter’s ranges and functions, adding a steampunk flair. This thoughtful design reflects her dedication to creating something truly special.

Want to build a meter for mom, but she’s more of the goth type? The blacked-out Hydameter might be more here style.


hackaday.com/2025/04/24/the-mo…



Stanno cercando proprio la tua VPN Ivanti! oltre 230 IP stanno a caccia di endpoint vulnerabili


I criminali informatici sono a caccia. Sona a caccia di VPN Ivanti e la prossima potrebbe essere quella installata nella tua organizzazione!

I cybercriminali infatti sono alla ricerca di VPN Ivanti da sfruttare e lo stanno facendo attivando scansioni mirate. Un aumento delle attività di scansione rivolte ai sistemi VPN Ivanti Connect Secure (ICS) e Ivanti Pulse Secure (IPS), sono state rilevate recentemente e questo segnala un potenziale sforzo di ricognizione coordinato da parte degli autori della minaccia.

Questo aumento delle scansioni avvengono dopo la pubblicazione della vulnerabilità critica di buffer overflow basata sullo stack in Ivanti Connect Secure (versioni 22.7R2.5 e precedenti), Pulse Connect Secure 9.x (ora fuori supporto), Ivanti Policy Secure e Neurons per i gateway ZTA. Il bug di sicurezza è monitorato dal National Vulnerability Database con il codice CVE-2025-22457.

Anche l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale italiana (ACN) aveva pubblicato un bollettino riportato la fase di sfruttamento attivo del bug di sicurezza all’inizio del mese di aprile. Inizialmente sottovalutata, si è poi scoperto che questa falla permetteva invece l’esecuzione di codice remoto (RCE) non autenticato, consentendo agli aggressori di eseguire codice arbitrario su dispositivi vulnerabili.

L’11 febbraio 2025 è stata rilasciata una patch per CVE-2025-22457 (versione ICS 22.7R2.6), ma molti dispositivi legacy rimangono senza patch e sono esposti.

I sistemi di monitoraggio di GreyNoise hanno segnalato scansioni massive attraverso i loro tag scanner ICS dedicati, che tracciano gli IP che tentano di identificare sistemi ICS/IPS accessibili tramite Internet .

Il picco, che ha registrato oltre 230 indirizzi IP univoci che hanno sondato gli endpoint ICS/IPS in un solo giorno, rappresenta un aumento di nove volte rispetto alla tipica base di riferimento giornaliera di meno di 30 IP univoci.

I tre principali Paesi di origine delle attività di scansione sono Stati Uniti, Germania e Paesi Bassi, mentre i principali obiettivi sono le organizzazioni in questi Paesi. Negli ultimi 90 giorni sono stati osservati 1.004 IP univoci che hanno eseguito scansioni simili, con le seguenti classificazioni: 634 Sospetto, 244 Malizioso, 126 Benigno.

È importante notare che nessuno di questi IP era falsificabile, il che indica che gli aggressori hanno sfruttato infrastrutture reali e tracciabili. Gli IP dannosi precedentemente osservati in altre attività nefaste provengono principalmente dai nodi di uscita Tor e da noti provider cloud o VPS.

Lo sfruttamento in natura è già stato confermato, con gruppi APT (Advanced Persistent Threat) come UNC5221 che hanno sottoposto la patch a reverse engineering per sviluppare exploit funzionanti. Per mitigare i rischi, le organizzazioni dovrebbero:

  • Installare immediatamente le patch più recenti su tutti i sistemi ICS/IPS (ICS 22.7R2.6 o successive).
  • Esaminare i registri per rilevare sospette ricerche e tentativi di accesso da IP nuovi o non attendibili.
  • Bloccare gli IP sospetti o dannosi identificati da GreyNoise e altri feed di threat intelligence.
  • Monitorare attività di autenticazione insolite, in particolare da Tor o da IP ospitati sul cloud.
  • Utilizza lo strumento Integrity Checker (ICT) di Ivanti per identificare i segnali di compromissione.

GreyNoise continua a monitorare questa minaccia in evoluzione e consiglia ai team di sicurezza di restare vigili.

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GPT-4 scrive un exploit prima del PoC pubblico. La corsa alla Patch non è mai stata così essenziale


AI, AI e ancora AI. E sembra che l’intelligenza artificiale giorno dopo giorno ci porti innovazioni sia come difesa ma soprattutto, come attacco.

L’intelligenza artificiale è già in grado di creare exploit funzionanti per vulnerabilità critiche, anche prima che vengano pubblicate le versioni PoC. Ciò è stato dimostrato dal ricercatore di sicurezza Matt Keeley, che ha scritto un exploit con GPT-4 utilizzando vulnerabilità CVE-2025-32433 nel server SSH Erlang/OTP. La vulnerabilità ha ricevuto il punteggio CVSS massimo di 10,0 e consente l’esecuzione di codice remoto senza autenticazione.

La descrizione CVE stessa si è rivelata sufficiente: l’IA non solo ha capito qual era il problema, ma ha anche trovato in modo indipendente il commit con la correzione, lo ha confrontato con il vecchio codice, ha identificato le differenze, ha trovato vulnerabilità, ha scritto il PoC, lo ha testato, ne ha eseguito il debug e lo ha migliorato.

Da quanto riportato da Keely, tutto questo è avvenuto in una sera. Qualche anno fa, questo tipo di lavoro avrebbe richiesto una conoscenza approfondita di Erlang e molte ore di analisi manuale.

La vulnerabilità, divulgata il 16 aprile 2025, è dovuta a un bug nella gestione dei messaggi del protocollo SSH nella fase iniziale della connessione.

Ciò consente a un aggressore di eseguire codice arbitrario con privilegi elevati sul server. Keeley ha iniziato a interessarsi al bug dopo aver letto un tweet di Horizon3.ai, in cui si affermava di aver creato un exploit ma di non averlo reso pubblico. Il ricercatore ha quindi deciso di testare le capacità di GPT-4 e ha ottenuto un risultato funzionante, guidando l’IA passo dopo passo.

Questa scoperta sta suscitando entusiasmo tra gli esperti, ma sta anche suscitando preoccupazione. L’automazione del processo di individuazione delle vulnerabilità e di creazione di exploit riduce drasticamente la barriera d’ingresso per gli aggressori.

Entro 24 ore dalla divulgazione della vulnerabilità, diversi team avevano presentato le loro versioni degli exploit e il team Platform Security aveva addirittura reso disponibile al pubblico su GitHub il loro PoC generato dall’intelligenza artificiale.

Le versioni vulnerabili di Erlang/OTP (OTP-27.3.2 e precedenti, OTP-26.2.5.10 e precedenti, OTP-25.3.2.19 e precedenti) sono state aggiornate urgentemente. Si consiglia di effettuare l’aggiornamento a OTP-27.3.3, OTP-26.2.5.11 o OTP-25.3.2.20 il prima possibile.

Questa storia mostra chiaramente come l’intelligenza artificiale stia cambiando le regole del gioco nella sicurezza informatica. Quanto più potenti diventano gli strumenti, tanto minore è il tempo che intercorre tra la scoperta di una vulnerabilità e il suo sfruttamento. Ciò significa solo una cosa: la strategia dell’applicazione istantanea delle patch è ora più importante che mai.

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Papa Francesco, attenti alle tante truffe online che ne sfruttano la morte


@Informatica (Italy e non Italy 😁)
Secondo Check Point, la tattica non è nuova, ma fa leva sull'emotività e sulla curiosità che suscita l'addio di un Pontefice molto amato e popolare. Ecco come mitigare il rischio della diffusione disinformazione basata su immagini fasulle generate dall'AI




in italia crescono sempre i movimenti no-qualsiasi cosa. e magari poi ci lamentiamo della disoccupazione.
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friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
simona
 — (Livorno)
@GianK_hill l'energia serve e servirà sempre di più. rinunciare a ciò che consuma energia è come l'aver rinunciato alle acciaierie per lo stesso motivo. è tutto pil in meno. e per di più lavoro specializzato in meno. rinunciare a tutto quello che consuma energia servirà solo a riportare l'italia all'età della pietra. si può immaginare lo sviluppo senza uso di energia? non vogliamo i datacenter, non vogliamo la ricerca perché controversa, non vogliamo la sperimentazione, non vogliamo ponti... alla fine non vogliamo fare niente e ci lamentiamo e basta. e sopratutto ci aspettiamo che altri risolvano i nostri problemi. oltretutto i datacenter sonno importanti in ottica di sganciarsi in questo senso da fornitori e condizionamenti esteri, google o amazon in primis. chi produce e sviluppa innovazione davvero ha bisogno di infrastrutture e servizi avanzati, cose che solo un datacenter può fornire. se non capiamo neppure questo meritiamo il declino e l'oblio verso cui siamo decisamente diretti. tanto per cominciare i datacenter, per chi non lo sapesse, sono quelle strutture che permette i servizi avanzati della sanità, che permette alle banche di lavorare, è quindi uno strumento determinante e davvero critico sia in termini di sicurezza che in termini di indipendenza politica. il controllo moderno passa dall'avere datacenter con dati di altri paesi e spiare traffico e attività e poterli spegnere e disattivare in caso di divergenza politica. altro che gattini. l'ai poi ha risolto e può risolvere, se ben utilizzata, problemi al momento virtualmente impossibili. se tutti ragionassero così saremmo già tornati alla caverne (e con una popolazione mondiale di qualche milione di persona) da un bel po'. non si può essere così ostili OGNI VOLTA al progresso e rifiutarsi di capire. a stare nel proprio orticello e pensare che tutto sommato qualche grado in più medio non faccia la differenza a casa propria.in epoca moderna non si può progredire senza computer e centri di calcolo.


STATI UNITI. La crociata di Trump contro i parchi nazionali e gli animali a rischio


@Notizie dall'Italia e dal mondo
E' un ritorno all’ideologia dell’America-frontiera, dove ogni albero è legno da tagliare e ogni montagna è una cava in attesa
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Dazi temporanei, danni permanenti: la scure di Trump sul PIL globale

@Politica interna, europea e internazionale

Poco più di cento giorni, segnati da minacce, ritorsioni e tentativi di sabotaggio delle relazioni internazionali. Tanto è bastato all’amministrazione Trump per sconvolgere il già precario equilibrio dei commerci globali. Poco importa che le paventate politiche



..in caso di guerra

@Politica interna, europea e internazionale

Fino a pochi mesi fa, in Italia nessuno avrebbe mai pensato di inserire in un contratto commerciale una clausola che permetta il recesso in caso di guerra. E invece è successo. Se scoppia una guerra, che possa coinvolgere il nostro Paese, il contratto può essere sciolto. Sapevamo che nei contratti di grandi aziende contenevano le […]
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Una faccia, una razza. Le poste polacche e il ricorrente vizietto di non utilizzare il cervello.


@Privacy Pride
Il post completo di Christian Bernieri è sul suo blog: garantepiracy.it/blog/polonia/
Già lo sento arrivare: "ma tanto i dati anagrafici non sono pericolosi." Ma certo, come no. Il "Garante Privacy" polacco ha sanzionato pesantemente le POSTE POLACCHE (€6.400.000) e il Ministro degli Affari digitali

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Giorgio Mulè (Forza Italia) a TPI: “Senza Difesa non può esserci Welfare”


@Politica interna, europea e internazionale
Onorevole Mulè, con Donald Trump alla Casa Bianca siamo entrati in un’era di dazi. C’è di che essere preoccupati? «I dazi sono un modo violento e sbagliato per provare a regolare un sistema che secondo gli Stati Uniti va aggiustato. Sono il contrario di quello che



I dazi americani, dal presidente McKinley (fine Ottocento) a Trump

Un #podcast del prof. Mario Del Pero (Professore di Storia Internazionale presso SciencesPo, Parigi) e di Riccardo Alcaro (Coordinatore delle Ricerche e responsabile del Programma Attori globali dello IAI
in Storia in Podcast di #Focus

Pagina web episodio: spreaker.com/show/la-voce-dell…

File multimediale: traffic.megaphone.fm/MONDADORI…

#storiainpodcast #Storia #dazi #iai #SciencesPo

@Storia

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Cyber sicurezza: il filo rosso che unisce la piccola impresa al Quirinale


@Informatica (Italy e non Italy 😁)
La pubblicazione dei numeri di telefono di alcuni esponenti politici del nostro Paese ha suscitato preoccupazione sulla vulnerabilità delle informazioni istituzionali, ma è un monito sulla necessità di un approccio integrato e sistemico alla protezione delle informazioni digitali.