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la complessità del pensiero
Ministero dell'Istruzione
Al via l’ultima giornata della Fiera Didacta Italia! La settima edizione della più importante Fiera sull’innovazione della #scuola si conclude con numerosi eventi proposti dal #MIM.Telegram
AFGHANISTAN: Attentato a Kandahar, 21 morti
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di Valeria Cagnazzo
Pagine Esteri, 22 marzo 2024 – Ancora violenza in Afghanistan. La mattina del 21 marzo, nella città di Kandahar, la seconda più grande del Paese, un’esplosione davanti alla banca centrale ha provocato la morte di almeno 21 persone. Il target dell’attacco sarebbe stato, secondo alcune fonti, un gruppo di talebani radunati davanti all’edificio, la New Kabul Bank, in attesa di riscuotere i salari. Le autorità talebane avrebbero riferito un numero di vittime ben inferiore rispetto a quello riportato ai corrispondenti internazionali dal personale dell’ospedale locale Mirwais, dove molti feriti nell’esplosione, almeno 50 in tutto, sono stati condotti.
Poche ore dopo, lo Stato Islamico del Khorasan ha rivendicato l’attacco. Sul canale Telegram della sua agenzia di stampa Amaq, il gruppo jihadista avrebbe dichiarato, infatti, che un combattente dell’Isis avrebbe “fatto detonare la sua cintura esplosiva vicino a un assembramento di milizie talebane”.
Il portavoce del ministero dell’interno del governo de facto talebano, Abdul Matin Qani, in una dichiarazione all’Associated France Press ha riferito che l’inchiesta sull’esplosione è ancora in corso e che i responsabili “saranno identificati e puniti”.
Karen Decker, incaricato degli Affari in Afghanistan per il governo degli Stati Uniti, ha condannato l’attentato e “tutti gli atti di terrore” in un post sul suo account X e ha espresso le sue condoglianze alle famiglie delle vittime. “Gli afghani dovrebbero poter osservare il Ramadan in pace e senza paura”, ha scritto.
La città in cui si è verificato l’attentato, capoluogo dell’omonima provincia, è considerata il quartier generale dei talebani, nonché la terra in cui ha preso i natali il movimento.
Lì vive, ad esempio, il leader supremo Hibatullah Akhundzada, colui che per primo aveva ordinato il bando delle bambine afghane dall’istruzione scolastico oltre il sesto grado.
A differenza, pertanto, di molti attentati avvenuti nei mesi scorsi nel Paese, in cui un bersaglio frequente erano le minoranze etniche sciite, prima tra tutte quella hazara, il target di quest’ultimo attacco sembrerebbe essere direttamente la maggioranza sunnita attualmente al governo.
Diverse esplosioni si sono registrate nel Paese dall’11 marzo scorso, data di inizio del mese di Ramadan, ma poche di queste sono state confermate dalle autorità de facto afghane.
Nonostante la drastica riduzione degli attentati nel Paese dalla presa del potere da parte dei talebani nell’agosto del 2021, orgogliosamente rivendicata dal governo de facto, i gruppi armati, primo tra tutti lo Stato Islamico del Khorasan, sono ancora molto attivi, e dalla fine del 2023 il progressivo incremento degli episodi di violenza, principalmente a danno dei civili, sta tornando a minacciare esponenzialmente la sicurezza del paese. Pagine Esteri
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In Cina e Asia – D’Alema al Forum per la Democrazia cinese: "No al confronto ideologico”
I titoli di oggi: Cina, al Terzo Forum Internazionale sulla Democrazia presente anche Massimo D’Alema Gruppo di lavoro per la finanza Cina-UE, i primi incontri a Bruxelles Cina, 9 milioni di dollari a sostegno dell’occupazione La Cina ha il “potenziale” per porre fine alla guerra tra Ucraina e Russia, secondo il ministro degli Esteri ucraino Kuleba Yemen, ok degli Houthi ...
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Fedeltà questione esistenziale
Il Signore Gesù lo aveva predetto a Pietro, ed era dunque qualcosa di importante restagli fedele almeno a parole!
Il pianto amaro di Pietro parla della mancata fedeltà sia alle promesse fatte e sia alla propria vita. Non è solo una questione di coraggio, è una questione di identità: infranta, negata, perduta.
Però Gesù lo ha guardato! Ed è così che Pietro si ricorda e quindi prende coscienza della sua infedeltà e del suo tradimento. Lo sguardo di Gesù svela la sua mancanza e però insieme lo salva. Il pianto amaro di Pietro è una ammissione di colpa e prepara il perdono. Lo sguardo di Gesù è una grazia per Pietro.
pastoredarchino.ch/2024/03/10/…
pastore D'Archino - Fedeltà questione esistenziale
Pietro che rinnega Gesù è uno dei testi che rimane molto impresso nel Tempo di Passione. In Luca è raccontato appena dopo l’arresto di Gesù. Dopo averlo arrestato, lo portarono via e lo condussero …pastore D'Archino
ANCHE IN EUROPA IL COMMERCIO ILLEGALE DI MEDICINALI TRADIZIONALI CINESI
Nel blog abbiamo già parlato della tutela del pangolino, nell’ambito del commercio illegale globale di specie protette e dell’utilizzo di animali come medicina tradizionale (vedi nota a fondo pagina). Le organizzazioni che commettono crimini contro la natura accumulano grandi ricchezze attraverso la violenza, la corruzione e l'intimidazione. I loro crimini rappresentano una grave minaccia per la biodiversità, gli ecosistemi, le economie, le popolazioni indigene e le comunità locali, le specie selvatiche e il clima globale.
Il commercio illegale di animali selvatici è una forma di criminalità organizzata molto redditizia e in crescita, che spesso resta sottoesposta. Una recente attività della #NVWA olandese (Netherlands Food and Consumer Product Safety Authority, Autorità olandese per la sicurezza alimentare e dei prodotti di consumo) ha fatto emergere come i criminali abbiano sfruttato il quel Paese per condurre un commercio illegale su larga scala di medicinali tradizionali cinesi (#MTC) contenenti animali e piante a rischio di estinzione. Earth League International (#ELI) un'organizzazione non governativa innovativa che combatte i crimini legati all'ambiente e alla fauna selvatica ha scoperto che i Paesi Bassi sono un Paese di transito per parti del corpo di animali in via di estinzione come il pangolino ed il rinoceronte. Sulla base di queste informazioni, la NVWA ha avviato un'indagine penale e ha arrestato un abitante dell'Olanda meridionale. Sono state sequestrate 44 scatole di materie prime per sospetta MTC illegale. Si è scoperto che il sospettato offriva varie MTC illegali che includevano scaglie di pangolino e corno di rinoceronte. Durante la perquisizione dei locali commerciali e dell'abitazione del sospettato, gli investigatori non hanno trovato questi prodotti. Hanno però sequestrato una grande quantità di radici della pianta rigorosamente protetta Saussurea Costus. Gli investigatori hanno rinvenuto anche una quantità di polvere della pianta dell'efedra.
Al centro dell'indagine c'era il commercio di specie a rischio di estinzione utilizzate come ingrediente nella medicina tradizionale cinese (MTC). Una parte specifica della MTC utilizza come ingredienti parti del corpo di animali selvatici in via di estinzione. Ciò mette sotto pressione ancora maggiore diverse specie a rischio di estinzione, tra cui il rinoceronte, il pangolino e la tigre. I Paesi Bassi svolgono un ruolo chiave nel commercio di ingredienti illegali per la MTC, con le sue vie di transito come Schiphol e il porto di Rotterdam, rappresentano un collegamento importante nel commercio illegale. La rete criminale olandese emersa dall'indagine è sospettata di aver importato illegalmente dalla Cina parti del corpo di specie animali a rischio di estinzione, di aver utilizzato parti del corpo per fabbricare prodotti illegali di MTC e di aver poi distribuito questi prodotti illegali di MTC nei Paesi Bassi e ad altri Paesi dell'UE.
I prodotti illegali della MTC vengono spesso trasportati insieme a prodotti legali, rendendo più difficile l’identificazione da parte delle forze dell’ordine. Dall'indagine emerge inoltre che questa rete criminale era coinvolta anche in altre forme di criminalità grave, come il riciclaggio di denaro e il traffico di droga.
Medicine tradizionali cinesi
Le MTC sono prodotti utilizzati nella medicina tradizionale cinese per tutti i tipi di condizioni mediche. Solitamente non si tratta di veri e propri farmaci, ma di integratori alimentari. Sebbene la maggior parte della MTC sia costituita da una miscela di erbe e ingredienti legali, a volte sono inclusi anche piante e animali protetti. Ciò è consentito solo se è dimostrato che questi ingredienti sono stati ottenuti legalmente. Vari rapporti mostrano che una parte significativa del commercio illegale di animali selvatici in via di estinzione è trainata dalla domanda di medicine tradizionali cinesi (MTC). Sebbene solo una piccola percentuale della MTC utilizzi questi ingredienti animali, ciò esercita un’ulteriore pressione su specifiche specie animali. Le scaglie di pangolino, il corno di rinoceronte e le parti del corpo della tigre sono ancora ampiamente commercializzati illegalmente nonostante queste specie siano in grave pericolo di estinzione. Altre specie animali vengono ora utilizzate come sostituti. Ad esempio, la tigre è tradizionalmente un animale amato in una parte specifica della MTC. Poiché questo animale è quasi inesistente in natura ed è quindi molto difficile da cacciare, ora vengono utilizzati altri felini. Leopardi, leoni, leopardi delle nevi e giaguari si trovano regolarmente come ingredienti nei prodotti MTC. I prodotti illegali vengono esportati via treno verso l’UE dalla Cina. Questa tratta ferroviaria fa parte della cosiddetta Belt and Road Initiative della Cina, che sta costruendo nuove infrastrutture in tutto il mondo, compresi i collegamenti ferroviari. La costruzione di infrastrutture in paesi ad alta biodiversità facilita anche il commercio illegale di animali in via di estinzione. Questo commercio illegale non porta solo ad un declino della biodiversità esercitando una pressione ancora maggiore sulle specie già a rischio di estinzione, ma anche sui rischi zoonotici durante il trasporto e lo stoccaggio di (parti del corpo) di animali selvatici. È naturalmente di grande importanza un approccio globale, in cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha un ruolo essenziale da svolgere.
Quali animali e piante sono protetti e a quali condizioni possono essere commercializzati è stabilito nella Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione (CITES).
Il link all’articolo precedente sull’argomento: noblogo.org/cooperazione-inter…
#wildlifetrafficking
CINA. Tutto il potere al partito-stato
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di Michelangelo Cocco*
(nella foto Xinhua l’ingresso della Grande sala del popolo a piazza Tiananmen)
Pagine Esteri, 22 marzo 2024 – Il Partito comunista cinese (Pcc) ha ridotto ulteriormente l’autonomia del Consiglio di stato (il governo della Repubblica popolare cinese) con il varo della riforma del testo unico sul Consiglio di stato (2.883 “sì”, 8 “no” e 9 astenuti) da parte della II sessione della XIV Assemblea nazionale del popolo che si è chiusa l’11 marzo scorso a Pechino.
In seguito agli emendamenti approvati, la legge ora stabilisce che il governo deve “sostenere risolutamente l’autorità del comitato centrale del partito e la sua leadership centralizzata e unificata”, che deve “attuarne le decisioni” e seguire gli insegnamenti politici dei massimi leader, incluso il segretario generale Xi Jinping.
Secondo Deng Yuwen, ex direttore di “Study Times”, il giornale della Scuola centrale di partito:
«L’era della separazione del lavoro tra partito e governo è ormai finita: dopo quattro decenni, la Cina è ora incentrata sulla leadership del partito. Xi ha accentrato tutti i principali poteri decisionali nel partito e nel suo segretario generale, rendendo il Consiglio di stato solo un braccio per eseguire le decisioni politiche del partito. Ha attribuito a Li Qiang il ruolo di premier per assicurarsi che il Consiglio di stato svolga esattamente la funzione che gli è stata assegnata».
Da organismo che contribuisce all’elaborazione delle politiche a mero attuatore delle direttive del vertice del partito dunque, in linea con l’impostazione della leadership uscita dal XVIII congresso e consolidatasi nel XIX (18-24 ottobre 2017), quello aperto da Xi con la citazione di Mao Zedong: «Il governo, l’esercito, la società e le scuole, da nord a sud, da levante a ponente il partito dirige tutto».
Sottrarre poteri agli organismi dello stato a vantaggio di quelli del partito, e concentrarli nel vertice di quest’ultimo è la ricetta utilizzata dalla V generazione di leader incarnata da Xi Jinping per rispondere a una crisi inedita, nella quale alle difficoltà interne (dal rallentamento della crescita economica alle proteste di massa del movimento pro-democrazia di Hong Kong del 2019-2020) si sommano le tensioni internazionali, in primis il confronto con gli Stati Uniti.
Il vice presidente del comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo, Li Hongzhong, l’ha spiegata così: «La politica è al comando, e sia i quadri di partito che la burocrazia del governo sono tenuti a prestare sempre maggiore attenzione ai dettami e alle direttive ideologiche del partito come guida per il processo decisionale quotidiano».
Era stato Deng Xiaoping a spingere per la separazione tra partito ed esecutivo (che, ufficialmente, controlla i 21 ministeri e i governi locali), che era stata formalizzata nella (appena emendata) legge sul Consiglio di stato del 1982.
Il partito aveva ripreso l’iniziativa dopo la repressione del movimento di piazza Tiananmen del 1989, in seguito all’affermazione della fazione conservatrice. Ma è soltanto con la “Nuova era” proclamata da Xi Jinping che si è arrivati, attraverso una serie di riforme (Xi ha concentrato gran parte della sua azione proprio sulla riforma del partito), a un controllo pressoché completo del Consiglio di stato da parte del Pcc.
Grazie al rafforzamento di una serie di comitati di partito (competenti sulla politica estera, le finanze, la propaganda, la sicurezza interna, eccetera) i vertici del Pcc hanno sottratto iniziativa politica al governo.
Infine, sono state ridotte le riunioni del Consiglio di stato (da una ogni settimana a due-tre al mese) e, da quest’anno, è stata abolita la tradizionale conferenza stampa del premier (che presiede il Consiglio di stato) in chiusura della sessione annuale dell’Assemblea nazionale del popolo. Pagine Esteri
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Is Threads Hiding Mentions of Pixelfed?
More than a few Meta employees showed up at FediForum earlier this week, doubling down on their commitment to open protocols and “being a good neighbor on the Fediverse”. While there were some demos and fruitful conversations, one public concern flew under the radar.
An eagle-eyed Threads user noticed that their status giving Pixelfed a positive mention was seemingly hidden from the tree of a public conversation. From there, coverage picked up across the network, and even made it back to Daniel Supernault, Pixelfed’s creator.
“Meta is free to do whatever they want on their platforms,” the developer mentioned, “and I hope this is a bug.”
For now, no one’s quite sure. Various people have tried to recreate the same situation with their Threads accounts, and their comments are still publicly available. We have yet to see a statement from the Threads team on the situation.
Bug or not, a vocal part of the network is apprehensive about Meta’s true intentions with the platform, ranging from pessimism on how much effort Threads is really putting in to the Fediverse, to accusations of hostile behavior. Dropping the ball like this can hurt user confidence, especially when building community goodwill is so crucial.
Prior History
Pixelfed has something of an established history with being at odds with Meta. Some of that points to Pixelfed’s form factor, which bears more than a passing resemblance to Instagram.
Left: my Pixelfed, Right: my Instagram
In the past, the project was warned by a Meta employee about using the same filter names and styles for images, citing a potential violation of Meta’s intellectual property. Pixelfed complied, and changed their image filters and styles in hopes of sidestepping the issue. It never came up again.
Pixelfed filters
Additionally, there have been situations in the past where both Twitter and Facebook have censored posts linking to open source Fediverse alternatives. Even if Threads is an effort to right wrongs of the past, these situations don’t reflect well on Threads or its parent company.
When is a bug just a bug?
For all we know right now, this is very likely an unfortunate bug. However, it’s important for the Threads team to nip this in the bud, if they really want to establish good vibes about their efforts.
FediPact is an Organized Effort to Block Meta’s ActivityPub Platform
wedistribute.org/2023/06/fedip…
On the other hand, it’s important to acknowledge that there’s a segment of the network that won’t be satisfied with an explanation, no matter how much evidence is presented. Some people will block Meta no matter what, and that’s their choice.
Regardless, we’ll keep you posted if we learn anything more.
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Shadowrun Returns è un gioco di ruolo isometrico (RPG) a turni in cui il cyberpunk distopico incontra la fantasia.Il post di @Chris Trottier
Rilasciato nel 2013, Shadowrun Returns è un gioco di ruolo isometrico (RPG) a turni in cui il cyberpunk distopico incontra la fantasia. Fondamentalmente, ciò significa che elfi, orchi e nani non solo camminano tra noi, ma possono anche hackerare i computer. Questo è il quinto gioco della serie di videogiochi Shadowrun, a sua volta ispirata all'omonimo gioco di ruolo da tavolo (TTRPG).
Qualche giorno fa qualcuno mi ha chiesto se esiste qualche media cyberpunk ambientato in un luogo diverso dal Giappone e dalla California. Beh, che ne dici di Seattle? Con le sue strade scivolose, questa è l'ambientazione perfetta per un gioco cyberpunk.
In questo gioco, l'anno è il 2054. Creature mitiche sono tornate sulla Terra, insieme alla loro magia. In effetti, la tecnologia moderna ora si fonde con la magia! Purtroppo, le multinazionali stanno rendendo la vita opprimente per la gente comune. Tu, un mercenario, noto anche come Shadowrunner, vivi ai margini della società. Mentre sei fuori per lavoro, ti ritrovi a fare i conti con un serial killer. Ora stai indagando e intendi servire la giustizia.
Amo questo gioco. Per quanto riguarda i giochi di ruolo, non fa nulla di rivoluzionario, ma è la storia che mi cattura davvero. Adoro passeggiare per Seattle, mettere le mani su qualche teppista, ottenere quello che voglio con un po' di fascino e un po' di fucile.
Shadowrun Returns è facilissimo da controllare. È interamente guidato dal mouse. Se fai clic in un punto qualsiasi dello schermo, il tuo personaggio lo seguirà. Se vuoi parlare con qualcuno, basta fare clic anche su di lui. E, naturalmente, il combattimento è solo questione di cliccare sul nemico per ferirlo. Poiché Steam Deck ha un trackpad, si traduce bene anche lì.
In termini di grafica, per gli standard odierni, Shadowrun Returns sembra ormai vecchio. Diavolo, non era nemmeno così mozzafiato per gli standard del 2013. Ma quando giochi sullo schermo da 7 pollici di Steam Deck, ringrazierai la tua buona stella per aver realizzato questo gioco come hanno fatto loro, perché è fantastico. Tutto sembra pulito, nitido e facile da vedere!
Mi piace anche il sound design. Gli effetti sonori sono opportunamente futuristici. L'atmosfera dell'ambiente è piacevole. E la colonna sonora contiene musica elettronica composta da più compositori, il che renderebbe orgoglioso Vangelis.
Shadowrun Returns funziona con qualsiasi PC moderno. Hai bisogno di una CPU single core da 1,4 Ghz, 2 GB di RAM, 256 MB di VRAM e 2 GB di spazio. Questo gioco ha compatibilità nativa per Windows, Mac e Linux. Come ho detto in precedenza, è abbastanza giocabile su Steam Deck.
Oltre che per PC, Shadowrun Returns è disponibile per Android, iPad, Xbox One, Xbox Series X|S, Switch, PS4 e PS4.
Anche se in questo gioco non sono presenti microtransazioni, su GOG.com è disponibile un DLC "deluxe" che include la colonna sonora e un PDF di racconti. Questo DLC non è tuttavia disponibile su Steam.
Harebrained Schemes ha sviluppato Shadowrun Returns. Hanno anche sviluppato altri due sequel, Shadowrun: Dragonfall e Shadowrun: Hong Kong. Hanno anche realizzato Necropolis, MechWarrior 5 e The Lamplighter's League.
Su Steam, Shadowrun Returns ha una valutazione positiva dell'88% sulla base di 9.042 recensioni. Su GOG.com , i proprietari verificati gli danno una valutazione di 3,9/5. Epic Games Stores lo valuta 4,4/5. La maggior parte delle persone ama la storia, l'ambientazione, la personalizzazione e la strategia. Tuttavia, alcuni detrattori ritengono che questo gioco di ruolo sia troppo semplicistico.
Secondo me, se ti piace o meno Shadowrun Returns dipende in gran parte da quanto preferisci un gioco di ruolo basato sulla trama. No, questo non è qualcosa che entra nelle erbacce tecniche. E non c'è niente di stravagante in questo. Tuttavia, quando si tratta di narrazione, Shadowrun Returns è di prima classe. Ciò che lo fa funzionare così bene è che il creatore della serie Jordan Weisman è tornato e l'ha cosparso di un ottimo sviluppo della trama.
Su Steam, GOG.com ed Epic Games Store, Shadowrun Returns costa C $ 19,99. Tuttavia, sia su GOG.com che su Epic Games Store, è attualmente scontato del -75%, in vendita a C $ 4,99.
Non c'è dubbio che adoro questo gioco. Ieri sera, mentre stavo bevendo una birra (analcolica) nel pub della mia zona, ho tirato fuori questo gioco e mi sono divertito tantissimo. Ha una costruzione del mondo stellare ed è stato così facile rimanere estasiati dall'azione basata sulla trama.
Lo consiglio? Senza dubbio. Se ami sia la fantascienza che il fantasy, adorerai questo Shadowrun Returns. Questo è il gioco di ruolo perfetto per chiunque ami l'enfasi sulla storia. Ma oltre a ciò, questo gioco è semplicemente fantastico.
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scelta USA VS URSS
📌 Nell'ambito del Protocollo d'intesa tra #MIM e SAIT - Società Astronomica Italiana, è indetta la II edizione della Scuola Estiva di Astronomia del Matese (SEAM).
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola 📌 Nell'ambito del Protocollo d'intesa tra #MIM e SAIT - Società Astronomica Italiana, è indetta la II edizione della Scuola Estiva di Astronomia del Matese (SEAM).Telegram
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GAZA. Quarto giorno di assedio israeliano allo Shifa. 8 palestinesi uccisi in Cisgiordania
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di Michele Giorgio
Pagine esteri, 21 marzo 2024 – Si fa sempre più drammatica la situazione dentro e intorno l’ospedale Shifa di Gaza city, rioccupato e circondato dalle forze armate israeliane a inizio settimana. Da Gaza riferiscono di edifici in fiamme all’interno del complesso ospedaliero che, prima dell’offensiva israeliana, era il più attrezzato a disposizione dei 2,3 milioni di abitanti della Striscia.
L’esercito dello Stato ebraico ha distrutto con esplosivi diverse case vicine allo Shifa divenuto una vera e propria zona di guerra, con persone intrappolate nelle loro case a rischio di bombardamenti. Proseguono sporadicamente anche gli scontri a fuoco tra militari israeliani e combattenti palestinesi. “Israele ha mandato i carri armati nel cuore della città di Gaza per distruggere ciò che resta delle sue case e delle sue strade”, ha detto un abitante a un giornalista della Reuters.
Israele sostiene di aver ucciso più di 50 uomini di Hamas nelle ultime ore portando a 140 il numero dei combattenti uccisi nell’ospedale divenuto, secondo il suo portavoce militare, “un rifugio” per Hamas e il Jihad islami. Già lo scorso novembre, quando lo Shifa fu circondato per giorni e poi occupato, Tel Aviv sostenne la presenza sotto l’ospedale di un “quartier generale a più livelli di Hamas”. Le ispezioni però non confermarono queste affermazioni e fecero emergere solo alcune gallerie e sale sotterranee.
In un video diffuso dalla tv Al Jazeera, un militare israeliano ordina agli sfollati palestinesi ammassati nell’ospedale di non provare ad uscire, altrimenti saranno colpiti e aggiunge che potranno lasciare l’ospedale solo quando verranno liberati gli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas.
pagineesteri.it/wp-content/upl…
Altre decine di persone sono state uccise da missili, bombe, colpi di artiglieria e raffiche di mitra nel campo profughi di Shati, a ovest di Gaza City, a Deir el-Balah e in una casa nel campo di Nuseirat. Nelle ultime 24 ore, secondo i dati del ministero della sanità a Gaza, gli attacchi israeliani hanno ucciso almeno 65 persone e ferito altre 92, molte delle quali nello Shifa e nell’area circostante. Il numero totale dei palestinesi uccisi dal 7 ottobre è salito a 31.988.
La tregua resta una ipotesi ancora remota al tavolo dei negoziati in Qatar, nonostante il segretario di Stato Usa Blinken abbia dichiarato qualche ora fa, durante l’ennesimo tour che sta effettuando nella regione, che Israele e Hamas avrebbero “accorciato le differenze”. Le parti stanno discutendo un cessate il fuoco di circa sei settimane che consentirebbe il rilascio di 40 ostaggi israeliani – donne, bambini ed anziani – in cambio di centinaia di palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Hamas afferma che rilascerà gli ostaggi solo come parte di un accordo ampio volto a porre fine alla guerra. Israele ripete che discuterà solo di una pausa temporanea.
Nella Cisgiordania occupata intanto è in atto una nuova escalation di attacchi militari israeliani. Quattro palestinesi sono stati uccisi nel campo profughi di Nur Shams (Tulkarem) ed un altro a Ramallah, nel campo di Al Amari. Ieri un drone israeliano aveva ucciso tre combattenti palestinesi a bordo di un’auto nei pressi del campo profughi di Jenin. Pagine Esteri
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L'articolo GAZA. Quarto giorno di assedio israeliano allo Shifa. 8 palestinesi uccisi in Cisgiordania proviene da Pagine Esteri.
New Report Explores Privacy Implications of Driver Safety Systems
Report Offers Recommendations for Organizations Developing, Implementing, and Regulating Technologies
Today, the Future of Privacy Forum (FPF) is releasing a new report explaining how safeguarding driver privacy and data protection will be critical to ensuring widespread acceptance of new safety technology in vehicles. This report comes as the National Highway Traffic Safety Administration (NHTSA) is in the process of establishing new requirements for safety technology that vehicle manufacturers will soon integrate into vehicles of the future.
FPF’s report explores the privacy implications of vehicle safety systems – including Advanced Driver Assistance Systems (ADAS) and Driver Monitoring Systems (DMS) – and impairment detection technologies, which use automated technology to enhance vehicle safety. In addition to core recommendations for public and private entities developing and enforcing these technologies, the report includes insights from a survey completed with the Automotive Coalition for Traffic Safety, which gauges individuals’ attitudes toward the use of Vehicle Safety Systems and explores how to prioritize privacy.
“Vehicle safety systems can save lives and reduce injuries–but only if people use them. Policy makers and auto manufacturers must consider the privacy and data protection implications for all drivers when incorporating new technology into vehicles to bolster driver trust and adoption.”
Adonne Washington, Policy Counsel of Data, Mobility, and Location
The 2021 Infrastructure Investment and Jobs Act requires NHTSA to establish a new Federal Motor Vehicle Safety Standard surrounding impaired driving technology. In response, the report identifies five core recommendations for organizations developing, implementing, and regulating these technologies:
- Regulators, technology developers, and technology deployers should ensure that privacy is a foundational principle for any Vehicle Safety System and should implement appropriate legal, policy, and technical safeguards when personal information is implicated, including measures that:
- Technology developers and technology deployers should de-identify data collected by Vehicle Safety Systems as appropriate.
- Impairment-detection systems should be accurate, should be tested for potential bias, and should not produce false-positive results more often for people from underrepresented, marginalized, and multimarginalized communities. Well-defined standards for consistent deployment and alignment across the industry may be beneficial.
- Driver acceptance should be promoted through transparency about Vehicle Safety Systems functions and operations, as well as the handling of personal data.
- Regulators, technology developers, and technology deployers should identify and mitigate, to the extent possible, potential future harms to drivers, especially to people from underrepresented, marginalized, and multimarginalized communities.
The survey results informed the recommendations. The key findings from the survey revealed that many individuals value advanced vehicle safety technologies but worry about the privacy risks, accuracy of the technology, cost, and data transfers to third parties. Additionally, individuals indicated that they generally trust carmakers’ data practices more than online companies and the government but worry about vehicle systems that collect information about occupant behaviors. Individuals want to incorporate these technologies for safety but need privacy and data protection practices like disclosure limits, encryption, on-car storage, and de-identification to trust these systems.
“Ensuring privacy protections in vehicles is necessary. Privacy protections can’t be considered at the end of the process when developing technology and shouldn’t be considered in a vacuum, but rather privacy should be continually considered in regard not only to every stage of the development pipeline but also to any unique risks for marginalized or multimarginalized individuals and communities.”
Adonne Washington, Policy Counsel of Data, Mobility, and Location
The report examines the strategies needed to protect consumer privacy when technologies, especially those to detect impairment, are included in vehicles. Washington underscored that policy leaders, regulators, and automakers should use the resources published to better understand drivers’ knowledge of data collection and safety systems in and around new and advanced vehicles.
FPF will also host a panel discussion and reception on the report. Learn more about the event here.
Oggi è la Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.
Il #MIM, in collaborazione con l’Associazione “Libera.
Ministero dell'Istruzione
Oggi è la Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Il #MIM, in collaborazione con l’Associazione “Libera.Telegram
senso critico
morale russa e invasione ucraina
morale russa e invaasione ucraina
Ecco Friendica 2024.03: è disponibile la nuova versione stabile “Yellow Archangel” 2024.03.
Siamo molto felici di annunciare la disponibilità della nuova versione stabile di Friendica “Yellow Archangel” 2024.03. Oltre a numerosi miglioramenti e nuove funzionalità, questa versione contiene diverse correzioni per i problemi di sicurezza segnalati da snajafov, arcanicanis e r1pu5u – Grazie per le segnalazioni! Consigliamo vivamente a tutti gli amministratori di Friendica di aggiornare le proprie installazioni a questa versione stabile.
I punti salienti di Friendica 2024.03 sono
Sono state ottimizzate le prestazioni in alcune aree.
- È stato aggiunto un componente aggiuntivo OCR basato su Tesseract per creare facoltativamente descrizioni di immagini mancanti dal testo contenuto in un'immagine.
- La funzionalità Canali, l'algoritmo definito dall'utente per ordinare il flusso di rete introdotto con Friendica 2023.12, è stata migliorata e ampliata.
- La gestione di video e immagini è stata migliorata ed è stato aggiunto il supporto per WebP
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Cuba in lotta contro “la tempesta perfetta”
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di Geraldina Colotti –
Pagine Esteri, 21 marzo 2024. Cuba è nuovamente sotto i riflettori, al centro di una gogna mediatica che si ripete periodicamente con un identico schema: la gente protesta, il socialismo è alla canna del gas (che, però, manca, perché manca il carburante).
Un copione che, come dimostrano i libri dello storico Ernesto Limia (venuto recentemente in Italia per presentare il suo “Patria e cultura in rivoluzione”, tradotto da PGreco) non è iniziato con la vittoria della rivoluzione, il 1° gennaio del 1959. L’ostinata intenzione dell’imperialismo di impadronirsi di Cuba rimanda ai tempi dell’indipendenza. La crescente sofisticazione degli apparati ideologici di controllo ne ha solo perfezionato le tecniche.
José Marti, “Apostolo dell’indipendenza cubana” e uno dei più grandi scrittori del mondo ispanico (nato il 28 gennaio del 1853 e morto combattendo il 19 maggio del 1895), definiva già “la guerra più grande che ci viene fatta” quell’insieme di attacchi che “usano il pensiero come arma principale e che – aggiungeva – dobbiamo vincere con il pensiero”. Una guerra che ha il semplice ma feroce proposito di stroncare il “cattivo esempio” sorto a 500 km dagli Stati uniti, che le hanno provate tutte per raggiungere lo scopo.
Per chi segue le vicende dell’America latina, non è difficile riscontrare consonanze tra l’aggressione mediatica che si è messa nuovamente in moto contro Cuba, e quella che è partita contro il Venezuela subito dopo l’annuncio della data delle elezioni presidenziali, il 28 luglio. Con perfetto tempismo, è partita una raffica di “notizie” per presentare in pessima luce quell’esperienza che si richiama al socialismo, descritta come deleteria e fallimentare sul piano economico, politico, sociale e istituzionale. E, ovviamente, come dittatura che viola i diritti umani. L’obiettivo è sempre il medesimo: bandire dal novero delle opzioni possibili un sistema che intende coniugare il concetto di pace con quello di giustizia sociale.
Torniamo per un momento all’estate 2023, quando il Parlamento europeo ha approvato – con 359 voti a favore, 226 contrari e 50 astensioni, la vergognosa risoluzione contro Cuba, chiedendo formalmente sanzioni contro coloro che considera “responsabili di violazioni dei diritti umani”, incluso il presidente Miguel Diaz-Canel. I termini di quel testo, che ha dato corpo ai peggiori fantasmi della passata “guerra fredda”, riproposti in salsa “democratica” e conditi con la consueta retorica sui “diritti umani”, erano chiari: prendere per oro colato gli “argomenti” dell’opposizione finanziata dagli Usa, a Cuba come in Venezuela, e costruire un “espediente legale” contro la democrazia socialista. Un lawfare parlamentare, si potrebbe dire.
Riportiamo alcuni passi di quella risoluzione: “Considerando che il sistema comunista imposto gradualmente a Cuba esclude qualsiasi prospettiva di cambiamento democratico, in quanto l’articolo 5 della Costituzione cubana afferma che il ‘Partito comunista di Cuba, unico, martiano, fidelista, marxista e leninista’ è la forza politica dirigente superiore della società e dello Stato, mentre gli articoli 4 e 229 definiscono l’attuale sistema politico come irreversibile; considerando che l’articolo 3 della Costituzione cubana stabilisce che un sistema basato su un unico partito politico è dichiarato ‘irrevocabile’; che l’articolo 224 vieta alle generazioni attuali di alterare la futura irreversibilità del socialismo, nonché l’attuale sistema politico e sociale; considerando che l’attuale sistema politico di Cuba è incompatibile con le richieste dell’UE di concludere accordi di cooperazione; che il rispetto dei diritti umani, civili, politici, economici, sociali e culturali è essenziale per l’UE ed è uno dei suoi principali obiettivi nelle sue relazioni con gli altri paesi; la risoluzione, ‘condanna, deplora, disapprova’ e esorta la Ue a “sospendere immediatamente l’accordo di dialogo politico e di cooperazione tra l’UE e Cuba”.
Come si vede, è l’intero istituito cubano (e venezuelano) a dover essere bandito, in quanto incompatibile con la “democrazia”. Un indirizzo esplicitato dalla Nato che, negli orientamenti approvati nel corso dell’ultimo vertice, declina in forme geopolitiche odierne l’ossessione imperialista per il “ritorno” del comunismo. E, anche in questo caso, la Ue segue.
Questo vuol dire che non ci sono problemi a Cuba, che non ve ne sono in Venezuela? Nient’affatto, ma l’enfasi negativa che ne dilata a dismisura le contraddizioni, come avviene anche ora, è pari al silenzio sull’origine di quei problemi e sulla portata delle questioni in campo per chi non consideri il capitalismo l’ultimo approdo dell’umanità. Nominarla, quell’origine, non è un esercizio propagandistico. Serve a non prendere lucciole per lanterne in un mondo frantumato e balcanizzato in cui, a 200 anni dalla nefasta dottrina Monroe, l’imperialismo Usa intende impedire a tutti i costi la possibilità di un secondo tempo al socialismo, seppur “ibridato e corretto”.
La prima osservazione di buon senso è ammettere che Cuba – un’isola a un tiro di schioppo dagli Usa – non potrebbe prosperare economicamente nemmeno se fosse un pozzo di petrolio. Il bloqueo (non un embargo, come si tende a dire, dando a intendere che esista una qualche reciprocità bellica contro un paese che non ha mai aggredito nessuno) dura da oltre sessant’anni.
Impedisce di vendere e comprare quel che serve a un paese; impedisce di accedere al mercato internazionale; preclude i canali finanziari e creditizi. Difficoltà complicate dalla globalizzazione capitalista e dalla caduta dell’Unione sovietica, allora supporto fondamentale dell’economia cubana. Difficoltà moltiplicate dalla perdurante aggressione al Venezuela, che pure è un paese ricco delle prime riserve al mondo di petrolio, delle seconde in oro, eccetera.
Cuba è riuscita a resistere con pianificazione e inventiva provando a non lasciarsi affondare dalla portata delle questioni strutturali dettate dalla difficile fase di transizione, sia a livello regionale che a livello globale. È indubbio che il governo cubano non ha speso i soldi del popolo per le guerre imperialiste e che, se non ci fosse stato il bloqueo – che in oltre sei decenni ha causato danni per quasi 160 mila milioni di dollari – il Pil dell’isola sarebbe cresciuto di almeno il 9% solo tra il 2022 e il 2023, quando il blocco ha provocato ogni mese danni per quasi 5.000 milioni di dollari.
E così si possono inquadrare meglio le cause delle proteste che si sono svolte il 17 marzo in tre zone di Cuba, soprattutto a Santiago, dove centinaia di persone sono scese in piazza per protestare contro i lunghi blackout elettrici, gli alti prezzi, e la generale scarsità di cibo fra i prodotti convenzionati. Fatti che sono la conseguenza diretta della guerra economica alla quale il governo degli Stati Uniti sottopone il popolo cubano.
E il colmo del cinismo si è avuto quando, fidando sul cortocircuito informativo prodotto dalla propaganda Usa, l’ambasciata statunitense all’Avana ha inviato messaggi di “sostegno” ai manifestanti esortando il governo cubano a rispondere alle loro “legittime richieste”. Bisogni negati, appunto, dall’imposizione del feroce blocco, che mira a far soffrire il popolo per spingerlo a rivoltarsi contro i propri rappresentanti.
È accaduto e sta accadendo così in Venezuela, dove le oltre 900 misure coercitive unilaterali illegali hanno fatto precipitare il bilancio economico, e di conseguenza il potere acquisitivo dei settori popolari. Per di più, questa volta, l’enorme stridore fra il profluvio di articoli che tentano di trasformare una protesta pacifica in una rivolta contro il governo e la realtà, è ancora più palese: perché il governo ha subito risposto con il dialogo e non con la repressione, come invece abbiamo visto e continuiamo a vedere nei paesi europei.
Quel che, di certo, non manca a Cuba, è lo studio e il dibattito sui temi strutturali, presente sia nei libri che negli articoli, che nelle assemblee popolari. Il Partito comunista, nel quale si sono ormai avvicendate le generazioni con l’inevitabile riflesso delle diverse scuole di pensiero, ha garantito un alto livello di preparazione politica dei giovani quadri, nonostante siano loro i bersagli principali della propaganda imperialista: per distoglierli dall’impegno e trasformarli in zombi del consumismo, come nei paesi capitalisti.
Cuba è aperta al mondo, quindi anche al rischio di “infezioni”, ma ha costruito i propri anticorpi, e anche i propri vaccini: in senso letterale, come si è visto durante la pandemia da Covid-19. Il primo degli anticorpi è senz’altro il consenso popolare, con il quale il Pc cubano ha approvato le linee di politica economica per adeguare il proprio modello produttivo al contesto internazionale. E non sono mancati quelli che, anche all’interno del partito e da un punto di vista rivoluzionario, hanno segnalato i pericoli della “Nep cubana”.
I termini della svolta, che ora deve confrontarsi con la situazione post-covid e con la crisi del settore turistico – una delle entrate più consistenti per l’economia cubana – è stata illustrata da Cuba nei vari consessi internazionali, sia a livello regionale che globale. Captare una maggior quantità di flussi di investimento estero, è decisivo. Per questo, occorre adeguare il sistema normativo agli standard internazionali e al livello dell’innovazione tecnologica, e fare in modo che la norma risulti attrattiva per le nuove forme di gestione non statale funzionali alla trasformazione produttiva.
L’esperienza fin qui accumulata da Cuba, dimostra l’esistenza di una bussola per scegliere la qualità degli investimenti esteri che diano priorità alla dimensione locale della trasformazione produttiva, mettendo al centro il ruolo dei municipi e delle comunità. Adeguare la macchina dello stato ai ritmi e ai passaggi della nuova fase, non è però impresa facile, né i problemi che sorgono e i costi che implicano possono risolversi con il dottrinarismo.
Durante le celebrazioni del 1° di gennaio, il presidente Miguel Díaz-Canel ha detto che si sono create “profonde distorsioni” nella gestione, provocate dallo sforzo di superare una situazione avversa, e di far quadrare le variabili economiche con la scarsissima disponibilità di valuta estera e con l’impegno a conservare le conquiste sociali. Le riforme, iniziate agli inizi degli anni Novanta per adeguare il modello cubano ai mutamenti del contesto internazionale, hanno consentito un recupero della crescita, ma hanno lasciato sullo sfondo alcune debilità non risolte.
Debolezze che, per arrivare al presente, hanno inevitabilmente esposto maggiormente Cuba agli effetti della crisi sistemica – economica, sociale e sanitaria – evidenziata dalla pandemia a livello globale, e seguita nel post-pandemia. Una situazione che, come in una sorta di “tempesta perfetta” ha colpito in modo più profondo, e a tutti i livelli, le economie in via di sviluppo. Uno scenario poi ulteriormente complicato dalle conseguenze del conflitto in Ucraina.
Per l’economia cubana, vittima del bloqueo anche durante la pandemia, nonostante i successi scientifici ottenuti le conseguenze in termini di crescita interna e di inserimento nel contesto internazionale sono state più pesanti ancora. Gli ambiti nei quali si manifestano con maggior peso e in modo esponenziale gli effetti della crisi mondiale sull’economia cubana sono indubbiamente il commercio estero, il turismo e il debito estero e un’inflazione che, nel 2023, è arrivata al 30%.
Bisogna ricordare che il modello d’inserimento cubano nell’economia internazionale si basa fondamentalmente sull’esportazione di materie prime (nichel, zucchero, piombo e zinco di recente), di alcune produzioni a basso contenuto tecnologico (rum, tabacco, carbone) e sul turismo. Inoltre, le sue relazioni economiche esterne sono concentrate in pochi mercati e paesi, il che accentua le vulnerabilità.
L’aumento del prezzo del petrolio, ha poi particolarmente pesato. A causa della sua capacità di esportazione molto limitata, e a fronte di un’elevata dipendenza dalle importazioni, e ovviamente a causa del bloqueo, Cuba soffre di una carenza cronica di valuta estera e di periodi ricorrenti di crisi del debito, che esacerbano la crisi nel contesto attuale. Un contesto che appare, evidentemente, appetibile all’imperialismo nordamericano e alla sua strategia per ottenere un “cambio di regime” mediante l’aumento di sofferenza del popolo.
Per questo, ancora una volta, il governo cubano ha invitato gli Usa a dismettere le ingerenze e ha convocato l’incaricato d’affari statunitense. Intanto, contro la nuova aggressione, si è messa in moto la solidarietà internazionale: “Cuba non è sola – dicono i comunicati – la maggior parte dei popoli la sostiene”. Pagine Esteri
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Ministero dell'Istruzione
Prosegue Fiera Didacta Italia! Oggi alla seconda giornata della settima edizione della più importante Fiera sull’innovazione della #scuola sono tanti gli eventi in programma al #MIM.Telegram
In Cina e in Asia – La Cina ha pubblicato un piano per attrarre gli investimenti stranieri
I titoli di oggi: Le imprese europee chiedono a Pechino di far crescere la domanda interna La Cina ha pubblicato un piano per attrarre gli investimenti stranieri Il premier cinese Li Qiang visiterà l’Australia Gli scienziati avvertono sui pericoli globali dell’intelligenza artificiale Il presidente vietnamita si dimette: è il secondo a lasciare l’incarico in un anno La Cina ha ...
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"Pagare o andare bene": 1.500 € all'anno per la vostra privacy online? Se "Pay or Okay" dovesse essere legittimato per Meta, le aziende di tutti i settori potrebbero seguirne l'esempio. Ma qual è la situazione attuale negli Stati membri?
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Dialoghi – Nuovi regolamenti per la gig economy cinese
A febbraio Pechino ha emanato nuove linee guida per migliorare le condizioni dei lavoratori della gig economy del paese
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La Danimarca va alla guerra: su le spese militari e leva femminile obbligatoria
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di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 21 marzo 2024 – La corsa verso uno scontro militare diretto dell’occidente con la Russia (e con la Cina) è ormai avviata. Leader politici e comandanti militari europei lo evocano sempre più spesso e sempre più esplicitamente.
Se vogliamo la pace dobbiamo essere pronti alla guerra
L’ultimo, in ordine di tempo, è stato martedì il presidente del consiglio europeo, Charles Michel, che citando la necessità di contrastare la minaccia russa ha affermato: «se vogliamo la pace dobbiamo essere pronti a fare la guerra».
«A due anni dall’inizio della guerra è chiaro che la Russia non si fermerà in Ucraina (…)» ha scritto Michel in un intervento pubblicato da vari media europei, ribadendo che «Mosca rappresenta una seria minaccia militare per il nostro continente europeo e per la sicurezza globale». «Se la risposta dell’Ue non sarà adeguata (…) saremo i prossimi. Non possiamo più contare sugli altri o essere in balia dei cicli elettorali negli Stati Uniti. Dobbiamo rafforzare la nostra capacità, sia per l’Ucraina che per l’Europa, di difendere il mondo democratico», scrive il presidente del Consiglio europeo. Per questo, secondo Michel, che si accoda agli appelli di Ursula von der Leyen, «Dobbiamo essere pronti a difenderci e passare a una modalità di “economia di guerra”. È giunto il momento di assumerci la responsabilità della nostra propria sicurezza».
A parlare, ancor prima delle dichiarazioni dei premier e dei generali, sono soprattutto i fatti, con i vari paesi del continente che stanno vertiginosamente aumentando la spesa militare in ossequio alle richieste sempre più pressanti da parte della Nato e a presunte esigenze di deterrenza.
A pesare è, come ricorda l’appello di Michel, anche la preoccupazione che una vittoria di Donald Trump alle prossime presidenziali spinga gli Stati Uniti a disinvestire dall’Alleanza Atlantica e dalla difesa degli alleati europei.
La Danimarca va alla guerra
Tra i paesi maggiormente mobilitati c’è indubbiamente la Danimarca, che nei giorni scorsi ha presentato un ambizioso piano diretto a “modernizzare” le proprie forze armate aumentando ovviamente anche lo stanziamento per la Difesa.
Tra il 2024 e il 2028, al suo previsto budget militare, il governo danese aggiungerà altri 5,5 miliardi di euro, portando la spesa complessiva per la Difesa al 2,4% del Prodotto Interno Lordo del paese, uno dei livelli più alti di tutta l’Europa, mentre da decenni non dedicava al comparto più dell’1% della ricchezza nazionale. «Ci riarmiamo non per fare la guerra ma per evitarla» ha spiegato la premier danese, la socialdemocratica Mette Frederiksen, nel corso di una conferenza stampa realizzata il 13 marzo.
Già un anno fa, per trovare risorse finanziarie aggiuntive da dedicare al riarmo, il governo danese aveva già deciso di abolire una importante festività religiosa, “Il grande giorno della preghiera”, scatenando le proteste dei sindacati.
Alla fine di febbraio Mette Frederiksen ha visitato l’Ucraina e firmato con Zelensky un accordo di sicurezza della durata di dieci anni che contempla l’invio a Kiev di armi, munizioni ed equipaggiamenti per un valore di quasi 2 miliardi di euro solo nel 2024. Nei prossimi 4 anni, invece, Copenaghen si è impegnata a fornire all’Ucraina altri 8,5 miliardi di aiuti militari e civili. Nel corso dell’estate, inoltre, alcuni caccia F-16danesi saranno consegnati all’aeronautica di Kiev.
La premier danese Mette Frederiksen
Naja obbligatoria anche per le donne
Il governo di Copenaghen intende ora far approvare anche una legge che, a partire dal 2026, renderà obbligatorio il servizio militare anche per le donne e aumenterà il periodo durante il quale si svolge l’addestramento all’uso delle armi.
Attualmente, le giovani donne del piccolo paese nordico possono arruolarsi volontariamente nelle forze armate ma non sono soggette al servizio militare obbligatorio valido invece per gli uomini, estratti a sorte per coprire i posti non occupati dai volontari.
«Proteggere il proprio paese è una delle cose più onorevoli che si possa fare. Per questo il governo propone di ampliare il servizio militare (…). Proponiamo la piena uguaglianza di genere nell’esercito» ha detto Mette Frederiksen. Per la leader danese, sostenuta da una maggioranza formata dai socialdemocratici, dai liberali (centrodestra) e dai Moderati (centro), «una maggiore uguaglianza di genere creerà una difesa più moderna e diversa che rifletta i tempi in cui viviamo». Più pragmaticamente, il Ministro della Difesa di Copenaghen Troels Lund Poulsen ha citato le nuove esigenze poste dal clima di guerra che si respira in Europa, che le decisioni del suo esecutivo contribuiscono indubbiamente ad alimentare.
Con la nuova riforma, dal 2026 la naja in Danimarca dovrebbe passare da quattro a undici mesi: i primi cinque sarebbero destinati ad una formazione militare di base e generica, mentre un secondo periodo dovrebbe essere dedicato all’addestramento specifico nelle forze di terra, nella Marina o nell’Aeronautica.
Lo scorso anno a prestare il servizio militare in Danimarca sono stati quasi 4700 giovani, di cui il 25% erano volontarie donne. Includendo le donne, il Ministero della Difesa danese intende arrivare ad almeno 5000 i richiamati ogni anno, da aggiungere ai 9000 militari professionisti. Il governo intende così rimediare alla cronica scarsità di effettivi da mobilitare in caso di bisogno: finora, ogni anno, almeno un quarto dei posti disponibili nell’esercito professionale rimane infatti scoperto.
Secondo l’Associazione Centrale del personale delle forze armate(CS), il sindacato che rappresenta i militari danesi, il piano del governo non è realistico e l’infrastruttura militare del paese non sarebbe pronta ad una estensione del numero di richiamati.
Servono più militari
La Danimarca sarà comunque il terzo paese europeo che, per ampliare il numero di coscritti, decide di rendere il servizio militare obbligatorio anche per le donne. I due stati che lo hanno già fatto sono entrambi paesi scandinavi: la Norvegia ha fatto da apripista nel 2015 mentre la Svezia ha deciso il passo nel 2017, ripristinando la leva obbligatoria per entrambi i sessi.
Altri paesi, nel continente, stanno comunque progettando di ripristinare la leva militare obbligatoria almeno per gli uomini dopo averla abolita negli anni o nei decenni scorsi.
Ad esempio il governo tedesco sta valutando la reintroduzione di una leva semi obbligatoria, ispirata al modello svedese. Il ministro della Difesa di Berlino, Boris Pistorius, dovrebbe presentare a giorni una proposta di legge in questo senso, rivedendo parzialmente l’abolizione del servizio militare obbligatorio decisa nel 2011.
La Francia, invece, sta decidendo di innalzare il limite d’età per richiamare in caso di necessità i riservisti dell’esercito, che finora è fissata tra i 62 e i 65 anni e potrebbe essere portata sino ai 72 anni. Secondo il ministro della Difesa di Parigi, Sebastien Lecornu, l’esigenza è quella di poter contare su 300 mila soldati, di cui 100 mila riservisti. Finora invece i riservisti in Francia sono circa 77 mila. Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, El Salto Diario e Berria
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CORRUZIONE E CRIMINALITÀ ORGANIZZATA: UN MIX MICIDIALE! UNO SGUARDO ALLA CONVENZIONE DELL’ONU
Criminalità organizzata e corruzione sono fenomeni complessi e globali che minano i processi democratici, rallentano lo sviluppo e contribuiscono all’instabilità. Sono intrinsecamente interconnesse in modo tale che “la criminalità organizzata alimenta la corruzione e la corruzione alimenta la criminalità organizzata”.
Man mano che il commercio, la finanza, i viaggi e le comunicazioni sono diventati più aperti, si sono diffusi anche la produzione, il transito e il consumo di beni illeciti, con persone in posizioni di potere che cercano di trarne vantaggio. Le reti criminali cercano di corrompere i funzionari pubblici per facilitare le loro attività, rendendo la corruzione un importante facilitatore della criminalità. La valutazione della minaccia rappresentata dalla criminalità organizzata è grave e a sua volta la corruzione è una delle principali minacce da affrontare nella lotta contro criminalità organizzata.
Il diffuso ricorso alla corruzione è una caratteristica fondamentale della criminalità organizzata, con quasi il 60% delle reti criminali segnalate coinvolte nella corruzione nell’ #UE. Si tratta di una minaccia alla sicurezza, alla crescita economica, allo stato di diritto e alla coesione sociale.
A livello internazionale, la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC) è l'unico strumento universale anticorruzione giuridicamente vincolante. Adottato nel 2003, il lavoro dell’UNCAC (unodc.org/corruption/en/index.…) è necessario oggi più che mai, poiché la corruzione prospera nelle crisi e la recente pandemia di Covid-19 non ha fatto eccezione. Anche se l’intera portata della corruzione nella crisi del Covid-19 potrebbe non essere ancora nota, i prodotti medici e i kit di test per il Covid-19 falsificati e i prodotti correlati al Covid-19 (veri e falsi) venivano venduti sui mercati del dark web dall’inizio della pandemia.
Data l’urgenza delle situazioni di crisi e di ripresa, i governi, le banche e altri soggetti si sentono spesso obbligati a rinunciare a controlli rigorosi in nome della rapidità, rendendo la corruzione una grande preoccupazione in questi tempi. I gruppi criminali organizzati sono particolarmente ben posizionati per trarre vantaggio da questa situazione e dirottare le risorse tanto necessarie attraverso la corruzione. Poiché funge da facilitatore del traffico illecito, la corruzione è una preoccupazione sempre presente ed è necessario trovare modi per affrontarla.
In questo contesto, un importante ruolo è giocato da #CRIMJUST, parte del Programma globale sull’interruzione delle reti criminali (#GPCD) dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (#UNODC), in collaborazione con #INTERPOL. CRIMJUST in particolare ha lavorato per sostenere gli operatori della giustizia penale nell'identificazione e nell'affrontare le sfide in materia di integrità e responsabilità nella lotta alla criminalità organizzata, attraverso programmi di formazione specifici sull’etica e l’integrità per le forze dell’ordine e la magistratura. CRIMJUST ha fornito corsi specializzati in etica e integrità alle task force congiunte di interdizione aeroportuale, alle unità congiunte di controllo marittimo e alle unità di intelligence marittima.
L’UNCAC rimane un risultato fondamentale nella lotta globale contro la corruzione e ci sono richieste per un approccio più coordinato che colleghi l’UNCAC con la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale. Ciò consentirebbe di affrontare in modo più completo queste minacce transnazionali intrecciate, poiché la necessità di coordinare le risposte alla corruzione e alla criminalità organizzata è ancora più urgente.
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Privacy and the Rise of “Neurorights” in Latin America
Authors: Beth Do, Maria Badillo, Randy Cantz, Jameson Spivack
“Neurorights,” a set of proposed rights that specifically protect mental freedom and privacy, have captured the interest of many governments, scholars, and advocates. Nowhere is that more apparent than in Latin America, where several countries are actively seeking to enshrine these rights in law, and some even in their Constitutions.
The rapid global proliferation of neurotechnology—devices that can access mental states by decoding and modulating neural activity—has generated a large amount of consumer neurodata (also known as neural, brain, or cerebral data; brain information; mental activity; etc.). As most existing privacy laws do not separately or explicitly regulate neurodata—even though such data is normally covered by the broad definitions of “personal data” in such legislation—several governments and international bodies have begun to develop specific legal protections for this type of personal data.
This analysis focuses on current legislative efforts in Chile, Mexico, and Brazil, which are indicative of how far the conversation in Latin America has progressed. Other jurisdictions, such as the United States, Israel, South Korea, and Europe, are also in the nascent stages of discussing protections for mental privacy. As neurotechnologies continue to evolve, industry and regulatory bodies alike should look to Latin America for developing trends and best practices.
1. What is neurotechnology?
Neurotechnology is an umbrella term for technologies that allow access to neurodata. Raw neurodata is collected from an individual’s central nervous system (the brain and spinal cord) and/or peripheral nervous system (the nerves outside the brain and spinal cord), including electrical activity between these systems. Neurotechnology includes both traditional techniques such as electroencephalography (EEG) testing and magnetic resonance imaging (MRI) scans, as well as new methods that can monitor or modulate brain activity.
Neurodata is valuable and uniquely sensitive as it can access a person’s emotions, biases, and memories. For example, EEGs can measure inattention, as brainwaves can indicate whether someone’s mind is focused or wandering. With sufficient data over a period of time, brainwave patterns may also even be more uniquely identifying than fingerprints.
2. What are neurorights?
“Neurorights” have been formulated to encompass mental privacy, integrity, and liberty. They are not yet widely recognized at the national level or codified in an international human rights framework, and there is disagreement about their usefulness as a conceptual framework. Some prefer using other terms such as “mental privacy” or “cognitive liberty;” others question the necessity of introducing new rights, or if current legal frameworks are sufficient or could be strengthened to account for them. Neurorights can be simplified into five fundamental rights:
- Mental Privacy: Personal neurodata should be private, and should not be stored or sold without consent.
- Personal Identity: Neurotechnology should not alter “mental integrity,” or an individual’s sense of self.
- Free Will: Individuals should retain decision-making control, without unknown manipulation via neurotechnology.
- Fair Access to Mental Augmentation: Cognitive enhancement neurotechnology should be accessible to everyone.
- Protection from Bias: Neurotechnology algorithms should not discriminate.
3. The emergence of neurorights
Advances in neurotechnology, partly funded by large research programs such as the US-based Brain Research Through Advancing Innovative Neurotechnologies (BRAIN) Initiative, have spurred global interest in establishing legal safeguards for the brain and neurodata. In 2019, the Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD) developed the first international standards to respond to neurotechnology’s ethical, legal, and social challenges. The OECD’s Recommendation on Responsible Innovation in Neurotechnology provides guiding principles to prioritize safety, inclusivity, collaboration, and trust in neurotechnology. In 2022, the UNESCO International Bioethics Committee issued a report on the ethical issues of neurotechnology and advocated for a comprehensive governance framework.
On a regional level, the Inter-American Juridical Committee of the Organization of American States (OAS) issued a Declaration on neuroscience and neurotechnologies and human rights in 2021. Two years later, the OAS followed up with a set of Principles to align international standards to national frameworks. In the same year, the Ibero-American Network of Data Protection Authorities (RIPD), the main forum for Spanish- and Portuguese-speaking data protection regulators, declared support for the OAS Declaration and Principles and announced the establishment of a working group on neurodata.
Perhaps the most consequential call for action was the 2022 Neurorights Model Law, drafted by the Latin American and Caribbean Parliament (Parlatino), a regional organization that promotes regional integration through legislative harmonization. The model law provides both structure and foundational concepts to regulate neurotechnology, including establishing an independent oversight authority and providing redress mechanisms.
Transnational stakeholders such as the OAS and Parlatino have played large roles in establishing Latin America as a leading player in the neurorights discussion. However, legislative initiatives at the domestic level may prove more influential, as their impact continues to reverberate in Latin America and beyond.
4. Chile: The first country to protect “mental integrity” in its Constitution
As a pioneer in the neuroprivacy movement, Chile was the first country to amend its Constitution to protect “mental integrity” and neurodata in 2021. Specifically, the provision states that “the law shall regulate the requirements, conditions, and restrictions for [neurodata], and shall especially protect brain activity, as well as the information derived from it.” Furthermore, scientific and technological developments are to be conducted with “respect for […] physical and mental integrity.”
Led by Senator Guido Girardi Lavín and several other legislators, the amendment centered on the individual identity as an intrinsic value of human evolution and referred to physical and psychic integrity as its main elements. The legislators asserted that any technological development affecting mental integrity, as a fundamental right, should be authorized by law. Simultaneously, the same legislators introduced Bill 13.828-19, which aimed to further regulate neurotechnology by requiring consent to use neurotechnology and establishing penalties for noncompliance.
In 2023, only two years after the country’s Constitution was amended, Chile’s Supreme Court became the first court to rule on aneuroprivacy case. The plaintiff, Senator Girardi, alleged that his brain data was insufficiently protected by the US-based Emotiv’s “Insight” device, a headband that records detailed information about the brain’s electrical activity. The Court ultimately found thatEmotiv violated Sen. Girardi’s constitutional rights to physical and psychological integrity as well as the right to privacy, setting aside Emotiv’s arguments that the harms were hypothetical. Citing both Chilean domestic law and international human rights law, the Court focused on the fact that Emotiv retained Sen. Girardi’s data for research purposes, even in anonymized form, without obtaining prior consent for this specific purpose. In addition to setting a precedent for neuroprivacy litigation, this case reflects the neurorights movement’s influence beyond the policy sphere.
5. Mexico: Proposed constitutional amendment for neuroprivacy rights
As of March 2024, there are two pending neuroprivacy bills that seek to amend Mexico’s Constitution. The first bill, proposed by Deputy María Eugenia Hernández Pérez, would include the right toindividual identity, as well as physical and psychological integrity. The Chilean constitutional amendment’s influence is noticeable throughout the Mexican bill, including language requiring the State to respect mental privacy and integrity. Moreover, the proposal has the same wording as Chile’s constitutional amendment and similarly spotlights the value of individual identity.
The proposal centers on human identity and its relation to technology, and not solely privacy and data protection, which are already recognized as two separate fundamental rights under Article 16 of Mexico’s Constitution. It includes broad legal safeguards to ensure the confidentiality of neurodata collection, informed consent before access, clear limits on neurotechnologies, and anti-discrimination measures. Moreover, the bill notes that while some local laws protect human rights and neurodata in the context of medical and scientific uses, there is a lack of regulation for non-medical uses.
The second Mexican bill, spearheaded by Senator Alejandra Lagunes Soto Ruiz, would amend Article 73 of the Constitution to provide congressional authorization to pass federal legislation related to artificial intelligence (AI), cybersecurity, and neurorights. Under this authority, Congress could safeguard mental privacy, cognitive autonomy, informed consent for the use of brain data, identity and self-expression, non-discrimination, and equal access to technology.
Both bills acknowledge that neuroprivacy is an emerging concept and focus on how neurotechnology could jeopardize fundamental rights. Although these bills approach the issue from different viewpoints, they both seek to protect personal data and build citizen trust. Additionally, in November 2023 the Mexican Data Protection Authority published a Digital Human Rights Charter that recognizes the five fundamental neurorights.
6. Brazil: Proposed constitutional amendment and neuroprivacy rights in privacy law
Several neuroprivacy initiatives have gained traction in Brazil. Bill 29/2023, introduced by Senator Randolph Frederich Rodrigues Alves in June 2023, seeks to amend the Brazilian Constitution to include protections for mental integrity and algorithmic transparency. In particular, the proposal highlights that recognizing “mental integrity” is essential to expand the “legal and normative understanding of human dignity in this new digital context” that protects both personal data and the “psychic and physical integrity of human beings.” The proposal was presented to the Senate in June 2023 and is pending until a Rapporteur is appointed to review the bill. 1 Of note, the Brazilian Constitution was amended in February 2022 to include a right to the protection of personal data, distinct from the right to privacy.
Separately, Bill 522/2022, introduced by Deputy Carlos Henrique Gaguim in March 2022, would amend Brazil’s General Data Protection Law (LGPD) to regulate neurodataas a category of sensitive data. The bill would add a new section to regulate the processing of neurodata, emphasizing that therequest for consent must “clearly and prominently indicate the possible physical, cognitive and emotional effects” of processing neurodata. Currently, Article 5 of the LGPD establishes racial and ethnic origin; religious, political, and philosophical affiliations; health, sexual and life data; and genetic and biometric data as categories of sensitive data. However, the proposal highlights the need to include neurodata as a distinct category of sensitive data, not to be confused or associated with biometric data. The bill was approved by the Health Commission Rapporteur in October 2023 and awaits further consideration.
The neurorights discussion has also made its way into Brazil’s Federal Civil Code. In December 2023, the Sub-Committee on Digital Law of the Commission of Jurists, who are responsible for reviewing the Civil Code, submitted a report that seeks to recognize neuroprivacyunder the LGPD. Independently, in December 2023, Río Grande do Sul, Brazil’s fifth-largest state by population, amended its Constitution to include neurorights, specifying mental integrity as a constitutional principle.
7. Other regional initiatives
Similar legislative efforts are underway in the region, with some variations:
- Costa Rica proposed amending the country’s data protection law to include a definition of biometric data which, in contrast to Brazil’s proposal, categorizes neurodata as biometric data.
- Colombia is considering updating its data protection law to include a section specific to the processing of data through AI and neurotechnologies. The proposal sets out specific obligations for accessing and processing neurodata.
- Argentina has two pending bills: Bill 2446/23 proposed the creation of a bicameral committee to develop a neurorights framework. Separately, another bill would amend the Federal Code of Civil Procedure to allow neurotechnologies that infer mental activity as admissible evidence.
- Uruguay’s Parliament reported that elected officials have met with their Chilean counterparts to discuss neurorights. In February 2024, Deputy Rodrigo Goñi indicated that Parliament is considering regulating neurotechnologies and providing safeguards for brain integrity and neurodata.
As neurotechnology continues to advance, it raises key questions about how the data involved should be regulated. Latin America is at the forefront of that conversation and has paved the way in recognizing neuroprivacy, from Chile’s Constitution, to Mexico and Brazil’s pending legislation. Regional frameworks, such as the OAS Declaration and Principles, illustrate that neurorights are coalescing on the international level as well. The groundswell of legislative proposals and domestic laws demonstrates that the fight for neuroprivacy is here to stay—and for now, at least, Latin America is the place to watch.
1 According to the Brazilian Chamber of Deputies Internal Rules, Art. 56, committee bills and other proposals will be examined by a Rapporteur who must issue an opinion.
Luca Alloatti
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ • • •@programma_il_futuro
Grazie per questa bellissima presentazione. Vorrei che la vedessero tutti gli insegnati d'Italia!
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macfranc
in reply to Luca Alloatti • • •@luca ti ringrazio per il tuo riscontro positivo.
Io continuo a sperare che sempre più scuole possano avviare progetti basati sulla Fediverso e sul FOSS, ma dovrebbe iniziare la pubblica amministrazione centrale a intraprendere qualche iniziativa di questo tipo...
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Luca Alloatti
in reply to macfranc • • •condivido pienamente, ma ci sono molti aspetti da considerare (la strategia da usare, la preparazione degli insegnanti, il supporto "dal basso",...).
Hai per caso voglia di fare una chiacchierata?
Mi trovi qui alle 15:00
bbb.f-si.org/rooms/wtx-e9k-rlr…
(se qualcun altro volesse unirsi -ben volentieri)
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FOSS a scuola
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macfranc
in reply to Luca Alloatti • • •@luca
> ci sono molti aspetti da considerare (la strategia da usare, la preparazione degli insegnanti, il supporto "dal basso",...).
Vero. È importante lavorare sulla formazione (e l'autoformazione) degli insegnanti oltre che preparare dei "menù pronti" da poter modificare a seconda del contesto
> Hai per caso voglia di fare una chiacchierata?
Volentieri, ma non questa settimana. Se vuoi, possiamo sentirci da lunedì in poi
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