Tasting the Exploit: HackerHood testa l’exploit di WINRAR CVE-2025-8088
Manuel Roccon, leader del team etico HackerHood di Red Hot Cyber, ha realizzato una dettagliata dimostrazione video su YouTube che espone in modo pratico come funziona CVE-2025-8088 di WinRAR.
Il video mostra passo dopo passo le tecniche utilizzate dagli aggressori per compromettere i sistemi delle vittime attraverso un semplice doppio click su un archivio RAR malevolo.
Il bug CVE-2025-8088 di WinRAR
Il bug in questione è di tipo directory traversal ed è stato sfruttato attivamente in campagne di phishing mirate.
Come spiegato nell’articolo “Hai fatto doppio click su WinRAR? Congratulazioni! Sei stato compromesso”, un archivio manipolato può estrarre file in directory critiche, come le cartelle di avvio automatico di Windows, bypassando la normale destinazione di estrazione selezionata dall’utente.
I Rischi concreti: phishing ed esecuzione di malware
Quando gli attaccanti posizionano il malware nelle cartelle %APPDATA%\Microsoft\Windows\Start Menu\Programs\Startup o %ProgramData%\Microsoft\Windows\Start Menu\Programs\StartUp, il sistema operativo lo esegue automaticamente al successivo avvio, consentendo loro di avviare codice dannoso, backdoor o altri payload malevoli.
I ricercatori hanno attribuito questi exploit al gruppo RomCom (noto anche come Storm-0978, Tropical Scorpius, Void Rabisu o UNC2596), un collettivo cyber-criminale legato alle operazioni di spionaggio russo.
youtube.com/embed/HDZaJsO1wSc?…
Originariamente focalizzato sull’Ucraina, il gruppo ha ampliato i propri obiettivi, attaccando entità legate a progetti umanitari e altre organizzazioni europee. Le loro campagne si avvalgono di malware proprietario e tecniche sofisticate di persistenza e furto dati.
Patch disponibile, ma aggiornamenti manuali necessari
Fortunatamente, gli sviluppatori hanno risolto la vulnerabilità rilasciando WinRAR versione 7.13. Tuttavia, a causa dell’assenza di aggiornamenti automatici in WinRAR, molti utenti potrebbero rimanere esposti se non eseguono manualmente l’update scaricandolo dal sito ufficiale. Questo ritardo nell’adozione della patch ha permesso al bug di essere sfruttato a lungo prima della sua correzione.
Il video realizzato da Manuel Roccon mette in evidenza il valore formativo delle dimostrazioni “hands-on”.
Guardare concretamente come gli attaccanti nascondono i file malevoli in percorsi di sistema critici e li attivano senza alcuna interazione dell’utente aiuta ad aumentare la consapevolezza sul reale impatto della vulnerabilità. Questi contenuti divulgativi sono fondamentali per stimolare un’adozione più rapida delle buone pratiche di sicurezza e la tempestiva installazione degli aggiornamenti.
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Gli Hacker bypassano i WAF più rigidi con una riga JavaScript! Morale? Scrivi sicuro sempre
All’interno di un test di sicurezza, i ricercatori di Ethiack hanno trovato un modo per aggirare anche i firewall per applicazioni Web più severi utilizzando una tecnica insolita: l’iniezione di JavaScript tramite inquinamento dei parametri HTTP. L’oggetto del test era un’applicazione ASP.NET con le regole di filtraggio più rigide. Qualsiasi tentativo di iniettare costrutti XSS standard veniva bloccato, ma grazie alle peculiarità dell’elaborazione dei parametri duplicati, i ricercatori sono stati in grado di raccogliere un payload funzionante che il firewall non aveva nemmeno rilevato.
La chiave per aggirare il problema era che il metodo ASP.NET HttpUtility.ParseQueryString() combina parametri identici utilizzando le virgole.
Pertanto, una stringa di query come q=1’&q=alert(1)&q=’2 si trasforma nella sequenza 1′,alert(1),’2. Quando inserita in JavaScript, questa diventa jsuserInput = ‘1’,alert(1),’2; – ovvero, il codice diventa sintatticamente corretto e l’operatore virgola richiama alert. Questo comportamento consente la distribuzione di frammenti dannosi su più parametri ed evita i classici controlli di firma. Mentre ASP.NET e ASP classico combinano i valori, altre piattaforme come Golang o Python Zope funzionano con gli array, quindi la tecnica non è applicabile ovunque.
Per verificarne la robustezza, sono state testate diciassette configurazioni di diversi fornitori: AWS WAF, Google Cloud Armor, Azure WAF, open-appsec, Cloudflare, Akamai, F5, FortiWeb e NGINX App Protect.
Sono stati utilizzati quattro tipi di payload, rientranti in semplici iniezioni come q=’;alert(1) fino ad arrivare a quelle più complesse con delimitatori e bypass euristici. Solo Google Cloud Armor con ModSecurity, Azure WAF Default Rule Set 2.1 e tutti i livelli di sensibilità di open-appsec sono stati in grado di bloccare completamente tutte le varianti. Mentre le soluzioni AWS WAF, F5 e Cyber Security Cloud hanno fallito in tutti gli scenari. La percentuale complessiva di bypass è aumentata dal 17,6% per una richiesta di iniezione di base al 70,6% per l’inquinamento dei parametri avanzato.
L’hackbot autonomo utilizzato dai ricercatori è riuscito a trovare una soluzione alternativa per le soluzioni che hanno superato i test manuali. In Azure WAF, è stato possibile utilizzare l’elaborazione incoerente dei caratteri di escape tramite la sequenza test’;alert(1);//. In open-appsec, lo strumento ha trovato un’opzione funzionante in mezzo minuto anche per il profilo “critical”, variando le chiamate da alert a confirm e passando a costruzioni più ingegnose come q=’+new Function(‘a’+’lert(1)’)()+’. Per Google Cloud Armor, non è stato possibile aggirare il filtro, ma l’analisi ha mostrato che la logica del server è sensibile alle maiuscole e alle minuscole, il che potrebbe creare delle falle in futuro.
I risultati dei ricercatori di sicurezza evidenziano i limiti sistemici dei WAF basati su firme e persino quelli euristici. Il rilevamento completo degli attacchi distribuiti su più parametri richiederebbe una profonda comprensione della logica di un framework specifico e un’analisi nel contesto JavaScript , difficile da implementare a livello di proxy.
I tentativi di implementare il machine learning non garantiscono inoltre la sostenibilità, poiché i bot adattivi si adattano rapidamente e trovano pattern sicuri per se stessi.
In definitiva, i ricercatori ci ricordano che i firewall non possono essere l’unica barriera: la convalida degli input, un’adeguata schermatura e solide pratiche di sviluppo sono tutti elementi necessari. La combinazione di creatività umana e strumenti automatizzati dimostra quanto velocemente anche le vulnerabilità non standard possano essere esposte e perché i test continui rimangano imprescindibili.
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Thermoptic: lo strumento per bypassare i sistemi di blocco basati sulle impronte digitali
Matthew Bryant, un ricercatore specializzato in sicurezza, ha reso noto recentemente Thermoptic, uno strumento innovativo che funziona da proxy HTTP.
Questo strumento è in grado di camuffare le richieste di rete in modo che appaiano come traffico proveniente dal browser Chrome, consentendo così di eludere i sistemi di blocco che si basano sulle impronte digitali. Infatti, servizi del calibro di Cloudflare stanno sempre più adottando questi metodi per identificare client i “non umani”, quali ad esempio bot o parser altamente specializzati.
Thermoptic consente di utilizzare le comuni utilità da riga di comando, ma di far passare le loro richieste come vere richieste del browser. Sincronizza contemporaneamente diversi livelli di “firme” di rete, da TLS e HTTP a certificati X.509 e pacchetti TCP. Di conseguenza, le impronte digitali che il servizio vede dall’esterno coincidono con quelle generate dal vero Chrome.
Lo strumento funziona interagendo con un’istanza reale di Chrome o Chromium tramite il protocollo di debug CDP. Thermoptic genera il contesto necessario, ad esempio un clic su un link o una chiamata fetch(), esegue la richiesta nel browser e restituisce la risposta al client. Grazie a questo, tutti i dettagli di basso livello solitamente utilizzati per distinguere i bot corrispondono.
È possibile implementare un proxy tramite Docker con un solo comando. Per impostazione predefinita, un container viene creato con proxy del traffico tramite una porta locale, ma l’autore del progetto consiglia di modificare login e password predefiniti e, se necessario, di installare un certificato radice per evitare errori di verifica HTTPS.
Lo strumento supporta anche la connessione di “hook“, piccoli script che consentono di superare automaticamente i controlli JavaScript o di impostare i cookie necessari prima di eseguire una richiesta.
Secondo l’autore, la principale differenza tra Thermoptic e altri approcci è che non imita il comportamento del browser, ma utilizza il browser stesso per eseguire la richiesta. Ciò riduce il rischio di desincronizzazione tra i livelli di rete e rende lo strumento meno vulnerabile alle modifiche negli algoritmi di fingerprinting.
Bryant sottolinea che la creazione di Thermoptic è legata al crescente interesse per le tecnologie di fingerprinting come JA4+, attivamente implementate nei moderni WAF e nei sistemi anti-bot. Allo stesso tempo, sottolinea che la responsabilità dell’utilizzo dello strumento ricade interamente sugli utenti e che il progetto stesso è concepito come un esperimento nel campo degli strumenti aperti per ricercatori e sviluppatori.
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NightshadeC2, la nuova botnet che utilizza metodi non convenzionali per aggirare la protezione
eSentire ha segnalato la scoperta di una nuova botnet chiamata NightshadeC2, che utilizza metodi non convenzionali per aggirare la protezione e le sandbox. Il malware viene distribuito tramite versioni contraffatte di programmi legittimi come CCleaner, Express VPN , Advanced IP Scanner ed Everything, nonché tramite lo schema ClickFix, in cui alla vittima viene richiesto di inserire un comando in una finestra Esegui dopo aver completato un captcha falso.
La caratteristica principale di NightshadeC2 è una tecnica chiamata dagli esperti “UAC Prompt Bombing“. Il downloader esegue uno script di PowerShell che tenta di aggiungere il malware all’elenco di esclusione di Windows Defender. Se l’utente rifiuta di confermare l’azione tramite il prompt di sistema UAC, la finestra viene visualizzata ripetutamente, impedendo all’utente di utilizzare il computer finché non acconsente.
Questo metodo impedisce efficacemente anche l’esecuzione del malware nelle sandbox: se il servizio Defender è disabilitato, lo script si blocca in un loop e il payload non viene eseguito. Questo gli consente di bypassare ambienti di analisi come Any.Run, CAPEv2 e Joe Sandbox.
Il payload principale di NightshadeC2 è scritto in C, ma sono state rilevate anche versioni semplificate in Python, presumibilmente generate tramite intelligenza artificiale. La variante in C utilizza le porte 7777, 33336, 33337 e 443, mentre Python utilizza la porta 80. Il file infetto, mascherato da updater.exe, raccoglie informazioni sull’IP di sistema e sull’IP esterno una volta eseguito, utilizza la crittografia RC4 per comunicare con il server di comando e stabilisce la persistenza nel sistema tramite le chiavi di registro Winlogon, RunOncee Active Setup.
NightshadeC2 offre un’ampia gamma di funzionalità che consentono agli aggressori di assumere il pieno controllo del sistema infetto. Il malware fornisce accesso remoto tramite reverse shell , avviando sessioni nascoste di PowerShell o da riga di comando, può scaricare ed eseguire file aggiuntivi in formato DLL o EXE e, se necessario, rimuoversi dal dispositivo.
NightshadeC2 supporta il controllo remoto completo, inclusi screenshot ed emulazione delle azioni dell’utente, e può anche eseguire browser nascosti (Chrome, Edge, Firefox e Brave) su un desktop separato. Inoltre, NightshadeC2 registra le sequenze di tasti premuti e le modifiche negli appunti ed è in grado di estrarre password e cookie dai browser installati che utilizzano i motori Chromium e Gecko.
I dati utente vengono salvati in file nascosti, i cui nomi dipendono dal livello di diritti (ad esempio, JohniiDeppe LuchiiSvet). Il keylogger utilizza una finestra nascosta e hook WinAPI standard per catturare le sequenze di tasti e il contenuto degli appunti. Gli aggressori possono controllare il sistema infetto: copiando e incollando testo, emulando input, avviando browser o finestre di sistema sul desktop nascosto. Alcune varianti di NightshadeC2 ricevono l’indirizzo del server di controllo direttamente dal profilo Steam, il che consente di modificare C2 senza aggiornare il malware stesso.
Sono stati identificati anche due metodi per aggirare il Controllo dell’account utente (UAC) . Uno sfrutta una vecchia vulnerabilità nel server RPC, l’altro è integrato nel bootloader e si attiva sui sistemi precedenti a Windows 11. Il secondo sfrutta una combinazione di rege schtasks, che avvia il malware con privilegi elevati senza l’intervento dell’utente e lo aggiunge alle eccezioni di Windows Defender.
Per proteggersi da questo problema, gli esperti consigliano di disattivare la finestra Esegui tramite GPO (sezione del menu Start e della barra delle applicazioni), di formare i dipendenti a riconoscere il phishing e l’ingegneria sociale e di utilizzare soluzioni EDR o NGAV moderne in grado di rilevare comportamenti non standard del malware .
Secondo i ricercatori, NightshadeC2 è uno strumento versatile con funzionalità di backdoor, spionaggio e controllo stealth, e la tecnica della bomba UAC utilizzata è un modo semplice ma efficace per aggirare sia la protezione dell’utente sia l’analisi automatizzata.
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Chi crede non è un borghese
Questo volume offre certamente una lettura nuova del cristianesimo: ricco di realismo, venato sensibilmente di una sottile ironia, pregno di dialoghi con autori moderni e contemporanei. L’A., giovane studioso francese, insegna all’Institut Catholique di Parigi e firma colonne su La Croix e su Le Figaro. A dire il vero, il titolo originario suona Le bon chrétien, tradotto in italiano in modo provocatorio; non si tratta di una traduzione fedelmente letteraria, ma si intravede tuttavia la volontà dirompente che le pagine intendono presentare.
Il sintomo patologico che indica e determina la malattia del cristianesimo è, secondo l’A., un’agognata calma, una buona sistemazione di coscienza, la percezione di essere arrivati alla presunzione di essere buoni. In effetti, «il buon cristiano non è, non sarà e non cerca mai e poi mai di essere, un uomo “ben sistemato”. Il buon cristiano, se esiste, è quello che ogni giorno dice a se stesso: adesso cominciamo ad essere cristiani! È l’uomo che ha deciso di essere felice e non ha paura di rivolgersi al mondo!» (p. 25).
L’inquietudine e la turbolenza della mente e del cuore – c’è molto del pensiero di Pascal nell’argomentazione dell’A. – mantengono le persone sempre in cammino, sempre tese nella ricerca di libertà e di gioia. Al lettore non sfugge, pur se non citato, un pensiero ricorrente nelle conversazioni che papa Francesco aveva con i gesuiti: la tensione al magis, sostenuta da un’irrequietezza spirituale che rifugge dalla paludosa stasi della mente.
Da questo soqquadro interiore può nascere l’incontro con la persona e il programma di Gesù. La gente non irrequieta ma ben sistemata, «arrivata» nella società, sicura della sua collocazione sociale è quella che non cerca Gesù: questo è il velenoso risultato della borghesia. Colui che sente di aver ricevuto un insegnamento religioso che non ha significato per la sua esistenza non può accettare la mediocrità e si volge a una pienezza umana, all’allegria di vivere. Questa tensione verso la pienezza umana, di tutto l’umano, è il disegno di Gesù, e la sua manifestazione è la gioia versata nell’esistenza. Questa progettualità non appartiene alla borghesia, ma è costitutiva dell’essere cristiano.
La seconda parte del volume si snoda con aperture critiche su eventi storici che hanno scandito momenti della Chiesa, soprattutto in Francia: la crisi illuministica, lo svuotamento delle chiese, la carenza di vera cultura cristiana, l’imborghesimento del cristianesimo avvenuto nei secoli XVIII e XIX, la critica di Nietzsche al cristianesimo borghese (belle pagine contro il falso cristianesimo, la staticità borghese), la fase ultimale contemporanea che porta all’anestesia dell’anima. È vero che l’A. ha la propensione a relazionarsi con la cultura francese – e soprattutto francesi sono i suoi interlocutori del mondo moderno e contemporaneo –, ma la diagnosi attenta e dettagliata delle distorsioni accumulatesi nel cristianesimo è di una diamantina attualità.
Non possiamo non riconoscere il costante dialogo che l’A. attua con personaggi cardine della cultura moderna, in particolare della cultura laica (Pascal, Claudel, Bergson, Bach, Rimbaud, Houellebecq e altri ancora): con essi e per essi si va a scrutare spesso cosa il Vangelo annunziava, cosa Paolo proclamava. Questo dialogo, questa amorevole e inattesa conversazione con illustri testimoni della verità e del pensiero fa del volume un’affascinante avventura spirituale, certamente una cristiana provocazione al paludoso mondo dell’inerzia borghese, questa mefitica aria che tenta di screditare la bellezza della fede in Gesù.
Il libro si legge con piacere, apre mondi di domande e speranze, dispiega il prisma della gioia che la scelta per Gesù arreca nel tessuto sociale, familiare ed ecclesiale. Le pagine 181-190, che concludono il volume, sono un piccolo tesoro: si tratta di poche, ma sostanziali «parole chiave» (i sacramenti, il cristiano, la fede, la santità, la preghiera, la parola di Dio, l’ascesi) che distillano nella brevità la loro essenza.
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FREE ASSANGE Italia
info@freeassangeitalia.it Siamo volontari in lotta per la liberazione del coraggioso giornalista investigativo Julian Assange. Vogliamo far capire, in Italia e ovunque, che sotto processo non è soltanto Julian ma anche il nostro #DirittoDiSapere!Telegram
Modos is Open Hardware, Easy on the Eyes
Since e-ink first hit the market a couple decades back, there’s always murmurs of “that’d be great as a second monitor”— but very, very few monitors have ever been made. When the commecial world is delivering very few options, it leaves room for open source hardware projects, like the Modos Glider and Paper Monitor, projects now seeking funding on Crowd Supply.
As far as PC monitors go, the Modos isn’t going to win many awards on specs alone. The screen is only 13.3″ across, and its resolution maxes out at 1600 x 1200. The refresh rate would be totally unremarkable for a budget LCD, at 75 Hz. This Paper Monitor isn’t an LCD, budget or otherwise, and for e-ink, 75 Hz is a blazing fast refresh rate.
Before you declare noone could get productive work done on such a tiny screen, stop and think that that screen is larger, and refreshing faster, than everyone’s favourite Macintosh. It can even run up to 8x the colour depth, and people got plenty done back in the day with just black-and-white. Some people still do.
Now that we’ve defended the idea, let’s get to the good part: it’s not just a monitor being crowdsourced. The driver board, called Glider, is fully open with code and design files on the Modos Labs GitHub repository. We sometimes complain about what counts as open hardware, but these guys are the true quill. Glider is using an FPGA with a custom clever configuration to get screens refreshing at that impressive 75 Hz. With the appropriate panel (there’s a list on Git– you’ll need an E Ink branded display, but you aren’t limited to the 13.3″ panel) the board can drive every pixel independently, forcing updates only on those pixels that need them. That’s an impressive trick and we’re not surprised it needed an FPGA to pull off. (It uses a Xilinx Spartan 6, for the record, running a config called Casper)
Because everything is open source, you can do things like you see in the API demo video (embedded below), where every panel in what looks like a tiled display manager is running a different picture mode. (There are more demo videos at the CrowdSupply page). We’re not sure how often that would come up in actual use– that functionality is not yet exposed to a window manager, for example, though it may yet be. Perhaps more interesting is the ability to customize specific refresh modes oneself, rather than relying on someone else’s idea of what a “browsing” or “gaming” mode should be.
For anyone interested, there’s still time to get in on the ground floor: the campaign on CrowdSupply ends September 18, 2025 at 04:59 PM PDT, and has levels to nab yourself a dev kit. It’s 599 USD for the 13″ and 199 USD for a 6″ version. (It’s the same board, just different displays.) For anyone not interested, there is no deadline for not buying things, and it usually costs nothing.
Thanks to [moneppo] for the tip!
youtube.com/embed/AoDYEZE7gDA?…
Retrotechtacular: The Noisy Home Computer from 1967
[Rex Malik] didn’t need an alarm clock. That’s because he had one of two “home computer terminals” next to his bed and, as you can see in the video below, it made quite a racket. The terminal looks like an ASR33 with some modifications. In 1967, it was quite a novelty and, of course, it didn’t have any real processing power. It connected to an “invisible brain” ten miles away.
What do you do with a computer in 1967? Well, it looks like you could trade stocks. It also apparently managed his shopping list and calendar. His young son also learned some letters and numbers. We’d love to hear from the young [Mr. Malik] today to find out what kind of computer he’s using now.
The BBC announcer made some fair predictions. One day, they supposed, every home would have a computer “point” to plug in a rented terminal. They were saying the rent was, at that time, £30 a week. That was relatively steep in those days. Especially considering it couldn’t play Doom or download cat memes.
We couldn’t help but notice that [Malik’s] bedroom had a single bed. With the TeleType going off at all hours, we aren’t really surprised. While it might not be able to download cat memes, the old TeleTypes could download a text-based web page. Well, once there was a web, anyway. This beats the kitchen computer, although we have to admit that at least the kitchen device was really a computer in your home.
youtube.com/embed/w6Ka42eyudA?…
Michael James Pratt was sentenced to federal prison on charges of sex trafficking connected to the GirlsDoPorn crime ring. “He turned my pain into profit, my life into currency,” said one victim.#girlsdoporn
Per chi avesse a disposizione l'indirizzo di posta elettronica certificata, e volesse fare...
Per chi avesse a disposizione l'indirizzo di posta elettronica certificata, e volesse fare copia-incolla di questa lettera: https://t.
How to Use the AT24C32 EEPROM for 4KB External Memory for Microcontrollers
Over on YouTube [Electronic Wizard] explains how to use the AT24C32 EEPROM for external memory for microcontrollers.
He begins by explaining that you don’t want to try modifying your microcontroller flash memory for storing settings, you want to use a separate EEPROM for that. Sometimes your microcontroller will have EEPROM memory attached, but you might still find yourself needing to attach more. The AT24C32 EEPROM is a 4KB non-volatile memory chip. It’s available in various 8-pin packages and two voltage levels, either 2.7 to 5.5 volts or 1.8 to 5.5 volts, and it’s programmed using the I2C protocol.
The AT24C32 has three address pins, A{0,1,2}, a Serial Data pin (SDA), a Serial Clock Input (SCL), and a Write Protect pin. He explains how to use the address pins to set the device I2C address and goes into some detail about how the I2C protocol works. Microcontrollers usually have an API for talking to I2C devices, for STM32 controllers that is functions such as HAL_I2C_Master_Transmit(). He refers the viewer to the datasheet for how to accomplish various write and read operations over I2C. The AT24C32 uses 16 bits for addresses of which only 12 are relevant (13 bits are relevant for the 8KB version of the EEPROM the AT24C64).
If you’re interested in EEPROMs you might also like to read Erasing EEPROMs Isn’t Always As Easy As It Seems and How Do You Test If An EEPROM Can Hold Data For 100 Years?
youtube.com/embed/_Ke4A_McTEY?…
The Incrediplotter: Voice Controlled Plotter from Repurposed Printer
There’s something uniquely satisfying about a pen plotter. Though less speedy or precise than a modern printer, watching a pen glide across the page, mimicking human drawing, is mesmerizing. This project, submitted by [Jacob C], showcases the Incrediplotter, a brilliant repurposing of a 3D printer built by him and his brother.
Starting with a broken 3D printer, [Jacob C] and his brother repurposed its parts to create a voice-controlled pen plotter. They 3D-printed custom components to adapt the printer’s framework for plotting. An STM32 Blue Pill running Klipper controls two TMC2208 motor drivers for the x- and y-axes, while a small standalone servo manages the pen’s height.
The unique twist lies in the software: you can speak to the plotter, and it generates a drawing based on your prompt without needing to select an image. The process involves sending the user’s voice prompt to Google Gemini, which generates an image. The software then converts this image into an SVG compatible with the plotter. Finally, the SVG is translated into G-Code and sent to the plotter to start drawing.
Thanks to [Jacob C] for sharing this impressive project. It’s a fantastic example of repurposing a broken machine, and the voice-to-image feature adds a creative twist, enabling anyone to create unique artwork. Be sure to check out our other featured plotter hacks for more inspiration.
youtube.com/embed/jlRw-0B5N8U?…
A Love Letter to Internet Relay Chat
Although kids these days tend to hang out on so-called “Social Media”, Internet Relay Chat (IRC) was first, by decades. IRC is a real-time communication technology that allows people to socialize online in both chat rooms and private chat sessions. As a decentralized communication protocol, anyone can set up an IRC server and connect multiple servers into networks, with the source code for these servers readily available ever since its inception by a student, and IRC clients are correspondingly very easy to write. In a recent video [The Serial Port] channel dedicates a video to IRC and why all of this makes it into such a great piece of technology, not to mention a great part of recent history.
Because of the straightforward protocol, IRC will happily work on even a Commodore 64, while also enabling all kinds of special services (‘bots’) to be implemented. Even better, the very personal nature of individual IRC networks and channels on them provides an environment where people can be anonymous and yet know each other, somewhat like hanging out at a local hackerspace or pub, depending on the channel. In these channels, people can share information, help each other with technical questions, or just goof off.
In this time of Discord, WhatsApp, and other Big Corp-regulated proprietary real-time communication services, it’s nice to pop back on IRC and to be reminded, as it’s put in the video, of a time when the Internet was a place to escape to, not escape from. Although IRC isn’t as popular as it was around 2000, it’s still alive and kicking. We think it will be around until the end days.
youtube.com/embed/6UbKenFipjo?…
Ricordiamo che su Poliverso non sono ammessi post che esprimano odio o disprezzo verso categorie di persone: questo tipo di contenuti determina la sospensione immediata!
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Il 15 dicembre 2021, la Russia presentò a USA e NATO un “corposo piano di pace”, che prevedeva un’architettura di sicurezza valida per 50 anni in Europa. Ciò avrebbe garantito una nuova fase di prosperità nelle relazioni euro-russe, risparmiando tra l’altro la vita di milioni di persone e generando vantaggi per le economie di ambo i blocchi. Il piano prevedeva la fine dell’allargamento della NATO a Est, ossia la neutralità ucraina, e un ridimensionamento delle forze NATO nel Baltico (che, con la Moldavia, sarà il nuovo fronte caldo negli scenari a venire). La Russia percepiva infatti l’allargamento della NATO in prossimità dei suoi confini come un accerchiamento militare che ne metteva a repentaglio la sicurezza nazionale. In cambio del parziale disimpegno NATO a Est, la Russia avrebbe a sua volta ridotto i propri arsenali militari e assicurato l’integrità ucraina, ossia non avrebbe annesso il Donbass, che sarebbe rimasto ucraino sebbene previe garanzie, tra l’altro previste dagli accordi di Minsk all’epoca vigenti e firmati anche da Germania e Francia, circa la sua autonomia. La risposta di Stoltenberg, all’epoca segretario generale della NATO, alla proposta di pace russa, fu: “La Russia vuole meno NATO ai suoi confini? Bene, avrà più NATO!”. E fu la guerra. La cui genesi sta tutta in quella frase di Stoltenberg. Gli USA e la NATO si rifiutarono infatti persino di prendere in considerazione la proposta di pace russa e chiusero da subito ogni spiraglio alla trattativa. Prevalsero gli interessi di chi, sin dal 1992, aveva deciso che l’allargamento della NATO sarebbe dovuto procedere, a ogni costo e con ogni mezzo, fino a Kiev e Tbilisi. Chi è dunque responsabile politico e morale dell’escalation che ne seguì? La Russia o chi rifiutò ideologicamente di dialogare con essa? Certe cose, sebbene interessino a pochi, è importante ricordarle ogni tanto, per dovere di verità storica.
Paolo Borgognone
LIBERI DAI VELENI DI ROMA.
DOMANI TUTTI AL CORTEO!
Gualtieri vuole farci respirare i veleni di Roma, costruendo un inceneritore a Santa Palomba che brucerà per oltre 30 anni 600 mila tonnellate di rifiuti romani ogni anno inquinando aria, terra e acqua.
E' il momento di reagire alla serie ininterrotta di forzature fatte da Gualtieri coi poteri speciali con il procedimento autorizzatorio reso una farsa e avviato in pieno agosto, la consegna dell'area ad Acea e l'avvio dei lavori di pre-cantierizzazione per un impianto che doveva servire per il Giubileo e che invece non è ancora neppure autorizzato.
L’inceneritore di Santa Palomba porterà veleni, malattie e distruzione ai Castelli romani come nella campagna romana fino al mare.
Ormai ci siamo: domani è il giorno di tutti noi che vogliamo vivere liberi dai veleni di Roma.
Domani sarà il giorno in cui riscatteremo la Terra dove viviamo perché sarà chiaro una volta di più che non ci arrenderemo mai alla barbarie inceneritorista.
Domani serve la presenza di tutti, persone unite per difendere la nostra salute e quella dei nostri figli.
Unione dei Comitati contro l'inceneritore
Ambiente, StopInceneritore, NoInceneritore, NoInceneritori, ZeroWaste, Rifiuti, Riciclo, EconomiaCircolare, NoAlCarbone, EnergiaPulita,
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A new contract with Clearview AI explicitly says ICE is buying the tech to investigate "assaults against law enforcement officers."#News
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Poc'anzi, come gruppo Free Assange Italia abbiamo inoltrato la seguente PEC alla segreteria del Quirinale Presidenza della Repubblica.
Presidente Mattarella.
Ore Formation Processes, Part Two: Hydrothermal Boogaloo
There’s a saying in mine country, the kind that sometimes shows up on bumper stickers: “If it can’t be grown, it has to be mined.” Before mining can ever start, though, there has to be ore in the ground. In the last edition of this series, we learned what counts as ore (anything that can be economically mined) and talked about the ways magma can form ore bodies. The so-called magmatic processes are responsible for only a minority of the mines working today. Much more important, from an economic point of view, are the so-called “hydrothermal” processes.Come back in a few million years, and Yellowstone will be a great mining province.
Image: “Gyser Yellowstone” by amanderson2, CC BY 2.0
When you hear the word “hydrothermal” you probably think of hot water; in the context of geology, that might conjure images of Yellowstone and regions like it : Old Faithful geysers and steaming hot springs. Those hot springs might have a role to play in certain processes, but most of the time when a geologist talks about a “hydrothermal fluid” it’s a lot hotter than that.
Is there a point on the phase diagram that we stop calling it water? We’re edging into supercritical fluid territory, here. The fluids in question can be hundreds of degrees centigrade, and can carry things like silica (SiO2) and a metal more famous for not dissolving: gold. Perhaps that’s why we prefer to talk about a “fluid” instead of “water”. It certainly would not behave like water on surface; on the surface it would be superheated steam. Pressure is a wonderful thing.
Let’s return to where we left off last time, into a magma chamber deep underground. Magma isn’t just molten rock– it also contains small amounts of dissolved gasses, like CO2 and H2O. If magma cools quickly, the water gets trapped inside the matrix of the new rock, or even inside the crystal structure of certain minerals. If it cools slowly, however? You can get a hydrothermal fluid within the magma chamber.
Peg It as a Pegmatite
This can create what’s called a pegmatite deposit. Strictly speaking, “pegmatite” refers to rock with a specific texture; when we’re talking about ore, we’re almost always referring to granitic pegmatites: that is, granite rocks with this texture. That texture is big crystals: centimeter size or bigger. Crystals grow large in a pegmatite deposits in part because of the slow cooling, but in part because of the action of the hydrothermal fluid that is squeezed out of the slowly-cooling rock.When you’re using your hammer for scale next to the crystals, you know it’s a pegmatite. This example is from Radium Creek, Arkaroola, South Australia. Image: Geomartin, CC-BY-SA 4.0
Again, we’re talking about a fluid that’s hundreds of degrees Celsius: seriously supercritical stuff. It can carry a lot of ions. Circulating through the magma chamber, this ion-rich fluid brings each crystal all the metal ions it needs to grow to its full potential. Maybe that’s a garnet the size of your fist, or feldspar crystals like pink playing cards. The ions in the fluid can be leftovers from the earlier melt, but may also include material scoured from surrounding rocks.
Aside from the spectacular granite counter tops and semiprecious gems that sometimes come out of these deposits, granitic pegmatites come in two types: lithium-rich and rare-earth element rich. The lithium rich pegmatites are often called LCT deposits, the letters standing for Lithium, Cesium and Tantalum, the metals of interest. Those–especially the first and last–are not exactly metals of low consequence in this electronic era. That goes double for the rare-earth elements. Especially in North America, there’s a great deal of active prospecting searching for these increasingly valuable deposits.Mica capacitors. You can’t make these guys without mica, and granitic pegmatites are a good source.
Image: Mataresephotos, CC-BY-3.0
Mines have been sunk to extract boron, fluorine, tin, and uranium from pegmatite deposits as well. Of particular note to Hackaday readers would be the mineral Muscovite, a course-grained mica often found in pegmatites, among other locales. Muscovite mica has excellent dielectric properties and fractures easily into thin sheets, making it very useful in capacitors and high voltage applications. The high thermal stability and voltage tolerance of mica capacitors makes them invaluable even today in niche applications, even though ceramics have taken over most of their original uses.
One thing to note about these deposits is that they are not necessarily going to be restricted to Earth. Don’t let the “hydro” in “hydrothermal” fool you– this process is occurring deep underground, in a magma chamber with no access to any surface water. The H2O involved is coming up from the mantle, and the mantle of every rocky body does contain trace water. That even holds true for the Earth’s moon; while older sources will declare that no hydrothermal processes are possible there, newer work has led to a reevaluation of how “wet” lunar rock really is, and re-opened the possibility of lunar pegmatites. Given that, there’s no reason not to expect the process to be at work on every rocky body in the solar system. Look for granitic rock, and you might find an interesting pegmatite.
Orogenic Ores
If the hydrothermal fluid stays put in a magma chamber, it can create pegmatite deposits, but if it breaks free, you’ll find something completely different. Running through faults, fissures, and cracks in the surrounding rock, the somewhat-lower-temperature fluid will have a different mineral content depending both on the melt and the host rock. These hydrothermal vein deposits are sometimes called orogenic ore deposits, because they are often associated with mountain building, which geologists call orogeny.The white quartz vein follows the fissures in the rock hydrothermal fluid once flowed through. “Main Vein (hydrothermal quartz-gold vein), subsurface exposure in Nalunaq Gold Mine, southern Greenland” by James St. John, CC BY 2.0
That doesn’t mean you need to look near mountains: the gold fields of Kirkland Lake, mentioned last time, are actually an orogenic deposit, and Kirkland Lake sits near the middle of the Canadian Shield, as far from any (modern) mountains as you are likely to find. There may have been mountains there, once, but they were eroded away by the time the Dinosaurs walked the Earth. What you will find there are shocking white veins of quartz shooting through the granite of the Canadian Shield– evidence of the hydrothermal fluid’s ability to carry dissolved silica through fissures of the rock– interspersed with flecks and pebbles of gold. Most gold started in hydrothermal deposits like this one, but in an ironic twist, most of the gold humans have mined is actually from a different type of deposit we’ll get to later. For now we’ll say there are secondary processes at work on this planet and leave it at that.Native Silver, from a mine that closed in 1887. Image: “Native silver in hydrothermal vein rock (Proterozoic; Silver Islet Mine, Lake Superior, Ontario, Canada) 1” by James St. John, CC BY 2.0
Gold isn’t the only thing to be found in these hydrothermal veins: native silver and copper mines have also been found chasing quartz veins. Cobalt, Molybdenum, even Tin and Tungsten may be found, though not necessarily in native form. To a geologist, note that the word “native” has nothing to do with tribal affiliation, and everything to do with elemental composition. “Native” metals are just that: metals. Native copper is a lump of Cu, not chemically bound into any mineral.
As you might imagine, native metals are among the most desirable of ores, as they often require very little by way of refining. For that reason, until perhaps Greenland or Antarctica’s melting glaciers expose new lands to prospecting, you’re not likely to ever see a new mine producing native copper.
The redox conditions of the fluid are hugely important here: as you might imagine, native metals aren’t going to precipitate from an oxidizing fluid. Redox reactions are hard enough in chemistry class, though; bring them into the world of geochemistry and it gets hugely complicated. Nature is a messy system with too many variables to easily predict.
That’s something many a prospector has found out to his chagrin, for not every vein of quartz will bear metals. On the other hand, enough quartz veins do that “look for veins of quartz” was common advice for prospectors once upon a time. Not all metal-bearing veins may not be entirely quartz, either; many contain quite a lot of carbonate minerals like calcite. The hydrothermal fluid may start out with different amounts of metals dissolved within it, depending on the source magma; it may also scour more or different minerals from the host rocks it flows through. Veins may go on for miles of nothing but quartz before something in composition of the rock, or its temperature, or the pH causes the fluid to start depositing valuable minerals. Geology can be a crapshoot like that.
Of Course It’s More Complex
The above description is somewhat misleading as it makes it sound like vein deposits can only be produced from hydrothermal fluid coming from magma, but that is untrue. It is also possible that surface water (called “meteoric” water by geologists who want to confuse you into thinking about space rocks) can trickle down through fractured rocks until itMeteoric water has nothing to do with this.
Image: Navicore, CC-BY-3.0
reaches a hot-zone and picks up elements by dissolving minerals. A mix of meteoric and “crustal” water (that is, water from magma) may be present in a balance that changes over time. It should also be noted that this water can form a convective circuit, down to the hot zone (or melt) to pick up new minerals, then circulate upwards to deposit them in colder rock. Because this circulating fluid is cooler than in the case of fluids coming directly from a melt (“only” three or four hundred degrees Celsius) , they are sometimes called “epithermal” fluids, and the resulting veiny deposits can be called “epithermal” deposits. Those temperatures are not too far off from what you might find in geyser country. While I’m not suggesting anyone go digging under Old Faithful right now, it might be an interesting locality in a few million years or so.
Epithermal/orogenic/quartz vein deposits don’t need meteoric water– crustal water can be enough–but I have seen no references suggesting they might be found on the Moon. Mars, on the other hand, seems to have every condition required, so there may well be gold in them thar’ Arean hills. Meteorites believed to have come from Vesta show evidence of quartz veinlets as well, so don’t count out larger planetoids when talking about hydrothermal processes either.
There are other high-temperature hydrothermal deposits other than granitic pegmatites we haven’t yet gotten into; there are also several lower-temperature types that are likely to be exclusive to Earth. This entry in our series is getting long enough, however, so we will return to the theme of hydrothermal ore deposits another day.
Making an Ultralight Helicopter
Ultralight aviation provides an excellent pathway for those who want to fly, but don’t want to get licensed. These quite often cheap and cheerful DIY aircraft often hide some excellent engineering underneath. This is no more true than in [ultralight helicopter’s] four-year-long helicopter build saga!
While most ultralight builds are fixed-wing, a rotocraft can meet all the legal definitions of ultralight aviation. This helicopter is an excellent example of what’s possible with a lot of time and patience. The construction is largely aluminium with some stainless steel on the skids. A 64-horsepower Rotax 582UL engine powers the two-bladed main rotor and tail rotor. The drivetrain features a multi-belt engine coupler and three gearboxes to ensure correct power output to the two rotors.
It features a control layout familiar to any helicopter pilot with foot pedals that control the rotor pitch for anti-torque control. A cyclic in front of the pilot controls the rotor’s cyclical movements, resulting in forward and sideways flight control. A collective with integrated throttle controls the overall main rotor pitch for altitude and climb control. Finally, a simple clutch sits next to the collective for engine start and idles.
The build was meticulous, with nearly everything from the swashplate to the gearboxes custom-machined. The balance and alignment of everything, from the rotor blades to the input trim, had to be checked. The build is a masterpiece of home workshop engineering.
We’ve seen ultralights before, so make sure to check out this electric fixed-wing ultralight next! Or, if you want really light, try foam.
youtube.com/embed/gbVudZv2ugg?…
Arriva Cephalus! Il gruppo ransomware che attacca tramite la sostituzione DLL
A metà agosto, i ricercatori hanno incontrato il ransomware Cephalus in due incidenti separati. Tra le recenti emergenze di famiglie come Crux e KawaLocker, una richiesta di riscatto che iniziava con le parole “Siamo Cephalus” ha attirato l’attenzione. In entrambi i casi, gli aggressori hanno ottenuto l’accesso iniziale tramite RDP utilizzando credenziali compromesse senza autenticazione a più fattori e hanno utilizzato il servizio cloud MEGA per potenzialmente far trapelare i dati.
L’aspetto più rilevante della catena di attacco è stato il metodo di lancio del ransomware. I criminali hanno fatto ricorso alla sostituzione delle DLL utilizzando il componente legittimo SentinelOne: il file SentinelBrowserNativeHost.exe è stato avviato dalla directory Download, prelevando la libreria SentinelAgentCore.dll, che a sua volta ha caricato il file data.bin con il codice ransomware.
Su uno degli host, il tentativo è stato bloccato da Microsoft Defender, mentre sull’altro è stata avviata la crittografia. Non sono stati rilevati parametri della riga di comando durante l’avvio, il che indica indirettamente l’assenza di una distribuzione “di rete” tra le condivisioni disponibili.
È importante sottolineare che entrambe le organizzazioni interessate utilizzavano effettivamente i prodotti SentinelOne. Allo stesso tempo, il fatto che SentinelBrowserNativeHost.exe sia finito nella cartella Download appare insolito: la telemetria ha mostrato milioni di avvii legittimi di questo file eseguibile nelle infrastrutture dei clienti al giorno, ma non dalla cartella Download degli utenti, il che rende tale posizione un buon indicatore di attività sospetta. I moderni sistemi SIEM sono in grado di rilevare tali anomalie: ad esempio, la regola DLL_Side_Loading in MaxPatrol SIEM rileva la sostituzione della creazione della libreria nella cartella con il file binario e il suo successivo caricamento nel processo.
Prima della crittografia, Cephalus cerca di privare il sistema di qualsiasi possibilità di ripristino e di accecare le difese. E’ stato osservato l’eliminazione delle copie shadow del volume e una sequenza di comandi PowerShell e modifiche al registro volte a disabilitare i componenti di Windows Defender , aggiungere esclusioni e interrompere i servizi correlati. Queste azioni hanno preceduto la creazione della nota e il processo di crittografia stesso, il che corrisponde alle tattiche tipiche dei gruppi moderni.
Un altro dettaglio sono le note con le richieste. Nei casi rilevati, il testo iniziava con una presentazione diretta (“Siamo Cephalus”), conteneva affermazioni sul furto di “dati riservati” e istruzioni per contattarli. A differenza delle varianti precedentemente pubblicate sui social network, la nota era indirizzata al dominio dell’organizzazione vittima e includeva link a due “articoli di giornale” su precedenti attacchi Cephalus, presumibilmente per aumentare la pressione e dare un’apparenza di “notorietà“. In alcuni casi, alla vittima veniva chiesto di seguire il link GoFile e, con una password, di controllare un campione dei file presumibilmente rubati.
In entrambi gli incidenti, MEGAsync non era solo un endpoint per lo scambio, ma anche nella linea di processo sull’host: MEGAcmdUpdater.exe veniva avviato e, in uno degli incidenti, persino tramite Task Scheduler. Questo rientra nel modello della doppia estorsione, in cui la crittografia è integrata da un’esfiltrazione preliminare.
L’insieme delle caratteristiche tecniche forma già un profilo riconoscibile. Le osservazioni includevano l’estensione “.sss” per i file crittografati e il file di note “recover.txt”. Gli artefatti includono il percorso C:Users[user]Downloads come directory di lavoro dell’operatore, il nome della workstation Desktop-uabs01 e i checksum dei componenti della catena: SHA-256 per SentinelBrowserNativeHost.exe – 0d9dfc113712054d8595b50975efd9c68f4cb8960eca010076b46d2fba3d2754 e per SentinelAgentCore.dll – 82f5fb086d15a8079c79275c2d4a6152934e2dd61cc6a4976b492f74062773a7.
Cephalus si inserisce nel familiare panorama dei ransomware, ma combina vecchi punti di ingresso con una tecnica di avvio non banale tramite un eseguibile legittimo. Le implicazioni pratiche per i difensori rimangono rilevanti: chiudere RDP senza MFA, monitorare lanci anomali di SentinelBrowserNativeHost.exe, soprattutto dalle directory utente, limitare o controllare l’uso di MEGA e strumenti simili e monitorare qualsiasi tentativo di interferire con le impostazioni e i servizi di Windows Defender. Maggiore è la visibilità delle azioni prima della crittografia, maggiore è la possibilità di fermare l’attacco prima che compaiano “note” e tempi di inattività.
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WhatsApp e Apple in emergenza: il bug DNG permette il controllo remoto senza click
Il 20 agosto, Apple ha rilasciato un aggiornamento di sicurezza non programmato per tutti i principali sistemi operativi: iOS, iPadOS, macOS e altre piattaforme. La patch risolve la vulnerabilità CVE-2025-43300 nel modulo ImageIO: un errore di buffer overflow che è stato risolto tramite un controllo dei limiti più rigoroso durante l’elaborazione delle immagini. La vulnerabilità ha ricevuto crescente attenzione: è stata segnalata come “sfruttata in attacchi reali” e senza l’intervento dell’utente.
Separatamente, WhatsApp ha rilasciato una correzione, sottolineando che gli aggressori potrebbero forzare il dispositivo della vittima a scaricare una risorsa da un URL arbitrario e ad avviarne l’elaborazione; si ritiene che questo problema possa essere stato parte di una catena di exploit con CVE-2025-43300.
I ricercatori hanno rapidamente smontato la patch e ne hanno individuato la causa principale. Secondo i loro dati, il problema si nasconde nel gestore del formato DNG, quando all’interno del “negativo digitale” vengono rilevati dati compressi dall’algoritmo JPEG Lossless. L’analisi dei file binari ha evidenziato il punto di modifica nel componente RawCamera all’interno di ImageIO. Le nuove build offrono un controllo aggiuntivo per superare i limiti durante la decompressione delle linee di immagine: sono stati aggiunti controlli per la dimensione del buffer allocato e la gestione delle eccezioni nel caso in cui la registrazione possa superare l’area valida.
L’essenza dell’errore è dovuta a una logica errata durante l’unpacking dei frame: il codice era guidato dal numero di “campioni per pixel” e si aspettava almeno due componenti, mentre il numero effettivo di componenti nel flusso poteva essere pari a uno.
A causa di questa discrepanza, il ciclo di unpacking è andato oltre il dovuto e ha scritto dati oltre i limiti della memoria allocata. In termini di formati, stiamo parlando di DNG in rappresentazione TIFF con “stringhe” (strisce), dove vengono utilizzati i campi RowsPerStrip, StripOffsets e StripByteCounts; a causa dell’errore nel tenere conto dei componenti e delle dimensioni delle righe, l’unpacker ha consentito un buffer overflow .
Gli sviluppatori e i reverse engineer hanno registrato una quantità minima di modifiche tra le versioni, come previsto per una patch non programmata, ma chiudono il pericoloso scenario “zero-click”. Secondo i ricercatori, la catena potrebbe essere attivata semplicemente ricevendo immagini tramite messenger o altri canali in cui le immagini vengono elaborate automaticamente dal sistema. Allo stesso tempo, i singoli servizi lungo il percorso di distribuzione potrebbero modificarne la qualità o i metadati, ma ciò non è critico per l’attivazione della vulnerabilità.
La conclusione è prevedibile ma importante: i parser dei formati multimediali sono uno dei punti più insidiosi di qualsiasi sistema. Il bug a livello di conteggio dei componenti e dimensione del buffer sembra ovvio quando si sa dove guardare, ma senza la patch era difficile da individuare: la funzione di unpacking è di grandi dimensioni, utilizza tabelle di Huffman, logica ramificata e l’infrastruttura a oggetti dei framework Apple. La correzione è semplice: gestione aggiuntiva del buffer e un crash iniziale durante il tentativo di sovrascrivere la memoria.
Si consiglia agli utenti di installare le versioni più recenti dei sistemi il prima possibile. Anche se la vulnerabilità è già stata risolta, casi come questo ci ricordano che qualsiasi analisi automatica di contenuti – immagini, documenti o archivi – richiede controlli e protezione rigorosi a livello di piattaforma.
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storiaweb
in reply to Mro • •"Purtroppo non ho trovato alcuna evidenza che Jens Stoltenberg, in qualità di Segretario Generale della NATO, abbia pronunciato la frase "La Russia vuole meno NATO ai suoi confini? Bene, avrà più NATO!" in risposta alla proposta di pace russa.
Questa citazione non sembra essere autentica e non è stata riportata da fonti ufficiali o attendibili. È possibile che si tratti di una citazione inventata o attribuita erroneamente a Stoltenberg.
Come assistente IA, posso solo basarmi su informazioni verificate e non posso confermare l'autenticità di questa presunta dichiarazione. Se hai ulteriori informazioni o fonti che possano confermarla, ti invito a condividerle. In caso contrario, non posso affermare con certezza che Stoltenberg abbia effettivamente pronunciato questa frase."