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RUBAVANO LIBRI ANTICHI ... CLONANDOLI. ARRESTI TRA GEORGIA E LETTONIA


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In Georgia e Lettonia, sono stati arrestati quattro georgiani sospettati di aver rubato libri antichi e rari dalle biblioteche di tutta Europa. Il gruppo criminale è responsabile del furto di almeno 170 libri dalle biblioteche nazionali e storiche in Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia e Svizzera. Alcuni di questi manufatti storici rubati sono stati venduti tramite case d'aste a St. Pietroburgo e Mosca, rendendoli irrecuperabili. Quando visitavano le biblioteche, i ladri chiedevano di controllare di persona i libri antichi, fingendo uno specifico come l'interesse accademico. In questa occasione, misuravano meticolosamente i libri e scattavano fotografie prima di restituirli. Diversi giorni, settimane o mesi dopo, gli autori sarebbero tornati e avrebbero chiesto di accedere agli stessi libri, questa volta restituendo versioni contraffatte. Gli esperti hanno stabilito che le copie erano di elevata qualità.
L'indagine internazionale è nata dopo che la Francia ha inviato un messaggio a #Europol, che ha spinto altri partner a confermare di aver identificato modi operativi simili nei loro territori. In base alla notizia di libri rari e storici rubati in tutta Europa, Europol ha facilitato lo scambio di informazioni tra i paesi colpiti e ha contribuito a identificare i principali sospettati, tre dei quali sono stati rapidamente arrestati.
Supportata e finanziata da #Eurojust, è stata costituita una squadra investigativa congiunta (#JIC) coinvolgente Francia, Georgia, Lituania, Polonia, Svizzera e la stessa Europol.
Questa voce è stata modificata (2 settimane fa)


La storia della cooperazione. Ultima parte. Fino ai giorni nostri.


A guerra conclusa, nel 1946, su iniziativa del Belgio, fu convocata l’anno dopo a Bruxelles la quindicesima Assemblea Generale per la ricostruzione dell’organizzazione. L’ICPC accettò l’offerta del governo francese di un quartier generale a Parigi insieme a uno staff del Segretariato Generale composto da funzionari di polizia francesi.

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(Giuseppe Dosi)

Nello stesso anno fu scelto – su proposta di un funzionario di polizia italiano, Giuseppe Dosi (immagine precedente) – per l’indirizzo telegrafico il nome “INTERPOL”, che ancora contraddistingue l’Organizzazione.

Nel 1947 venne emesso il primo “Red Notice”, per le ricerche internazionali di un russo ricercato per l’omicidio di un poliziotto. Fu l’avvio del sistema di avvisi codificati a colori, ampliato nel corso degli anni per coprire altri avvisi, seppure l’“Avviso rosso” per le persone ricercate rimane uno strumento chiave e, per certi versi, un simbolo dell’Interpol ancora oggi.

Nel 1949 l’ICPC ottenne lo status consultivo dalle Nazioni Unite (che consentiva ad esso di tenere “accordi adeguati alla consultazione con organizzazioni non governative che si occupano di questioni di sua (dell’ONU, ndr) competenza”). Dal 1946 al 1955 i suoi membri crebbero da 19 Paesi a 55. Nel 1956 l’ICPC ratificò una nuova costituzione, sotto la quale fu ribattezzata Organizzazione Internazionale di Polizia Criminale (OICP–Interpol).

Negli anni a seguire crebbe la connessione con altre Organizzazioni Internazionali: nel 1959 si tenne un primo incontro con la partecipazione del Direttore dell’Ufficio che si occupava di traffico di stupefacenti delle Nazioni Unite.

Il traguardo simbolico di cento Paesi membri fu raggiunto nel 1967. Nel 1972 lo status venne rafforzato da un accordo di sede con la Francia, Paese ospitante, che riconobbe INTERPOL come organizzazione internazionale. Quello stesso anno l’Assemblea Generale adottò le Regole sulla cooperazione internazionale di polizia e sul controllo degli archivi, un quadro giuridico necessario per il trattamento dei dati personali.

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(attuale sede dell'Interpol)

Il 27 novembre 1989 il Presidente francese François Mitterrand inaugurò la nuova ed attuale sede, spostata a Lione (immagine precedente). Nel frattempo, gli Stati–membri erano saliti a 150.

L’Organizzazione ricercò nuove possibilità anche sotto l’aspetto prettamente operativo.

Negli anni ’70 la capacità di combattere l’imperversante terrorismo era ostacolata dall’articolo 3 della sua costituzione – che vietava “interventi o attività di carattere politico, militare, religioso o razziale” – e da una risoluzione del 1951 dell’Assemblea Generale che definiva un “reato come quello le cui circostanze e motivazioni sono politiche, anche se il fatto stesso è illegale ai sensi del diritto penale”.

Una fonte di questi ostacoli fu quindi rimossa nel 1984, quando l’Assemblea Generale rivide l’interpretazione dell’articolo 3, per consentire all’Interpol di intraprendere attività antiterroristiche in determinate circostanze ben definite.

Nel 1993 poi fu istituita l’Unità di intelligence criminale analitica, per studiare i collegamenti tra sospetti, crimini e luoghi, identificando così i modelli di criminalità e fornendo avvisi di minacce.

Nel 2001 l’Organizzazione è divenuta operativa 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, in seguito agli attacchi terroristici contro gli Stati Uniti dell’11 settembre, quando il Segretario Generale promise che “le luci dell’INTERPOL non si spegneranno mai più”. Inoltre, venne istituita la carica di Direttore Esecutivo per i servizi di polizia, creata per sovrintendere su diverse Direzioni, comprese quelle per i Servizi di polizia regionali e nazionali, i Reati Specializzati e il Supporto operativo alla polizia.

Tale modernizzazione è stata implementata negli ultimi venti anni anche sotto l’aspetto tecnico, mediante l’AFIS, il sistema automatico di identificazione delle impronte digitali che ha velocizzato i tempi necessari per effettuare i controlli delle impronte digitali (una prova che ha sempre svolto un ruolo cruciale nella polizia, ma le impronte erano precedentemente su carta e venivano confrontate manualmente), ed il Sistema globale di comunicazione della polizia, che offre a tutti i Paesi membri una piattaforma sicura per accedere ai database e alle informazioni ed al database del DNA, per aiutare a collegare i crimini internazionali.

Attualmente più di 80 Paesi forniscono profili DNA di autori di reati e scene del crimine. Il database può essere utilizzato anche per persone scomparse e resti umani non identificati.

Nel 2004, INTERPOL ha aperto un ufficio di Rappresentanza Speciale presso le Nazioni Unite a New York. Seguirà uno presso l’Unione Europea a Bruxelles nel 2009.

Il resto è storia di oggi.

PER SAPERNE DI PIÙ:

https://www.interpol.int/

L. SCHETTINI, La tratta delle bianche in Italia tra paure sociali e pratiche di polizia (XIX-XX secolo), in “Italia contemporanea”, dicembre 2018, n. 288.

M. DEFLEM, The Logic of Nazification: The Case of the International Criminal Police Commission (Interpol) in International Journal of Comparative Sociology 43(1):21–44, 2002.

M. DEFLEM, International Police Cooperation — History of, Pp. 795-798 in The Encyclopedia of Criminology, edited by Richard A. Wright e J. Mitchell Miller, Routledge, New York, 2005.

M. DEFLEM, Wild Beasts Without Nationality: The Uncertain Origins of Interpol, 1898–1910. Pp. 275–285 in The Handbook of Transnational Crime and Justice, edited by Philip Reichel, Thousand Oaks, CA: Sage Publications, 2005.

O. DI TONDO, Giuseppe Dosi, la polizia internazionale e la nascita dell'Interpol, in Giuseppe Dosi il poliziotto artista che inventò l’Interpol italiana, (a cura di) R. CAMPOSANO, Ufficio Storico della Polizia di Stato, Roma, 2014.

R. BACH JENSEN, The Battle against Anarchist Terrorism: An International History, 1878–1934. New York: Cambridge University Press, 2014.

T. BEUGNIET, La conférence anti–anarchiste de Rome (1898) et les débuts d’une coopération internationale contre le terrorisme de la fin du XIXe siècle à la Première Guerre mondiale, mémoire, (dir.) Stanislas Jeannesson, Nantes, Université de Nantes, 2016.



Cooperazione un po' di storia. La quarta parte. Nazificazione, II^ Guerra Mondiale. Heydrich ed Hoover.


Proseguiamo nella storia della cooperazione internazionale di polizia.

È ancora una guerra (questa volta la II^), anzi, a ben vedere, i suoi prodromi, a intralciare la organizzazione della cooperazione di polizia. Con l’annessione dell’Austria il 12 marzo 1938 (Anschluss) in attuazione della politica espansionistica di Adolf Hitler che mira alla creazione della “Grande Germania”, l’organizzazione fu di fatto rilevata dal regime nazista. In quello stesso anno, la presidenza dell’ICPC fu assegnata a un funzionario austriaco di fede nazista, in attuazione di un ampliamento iniziato in realtà sin dal 1935, allorquando all’undicesimo incontro ICPC a Copenaghen parteciparono in rappresentanza della Polizia Germanica funzionari di chiara matrice nazista.

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(Reinhard Heydrich)

Il 24 agosto 1940 la finalizzazione della “nazificazione” dell’organizzazione internazionale di polizia fu simboleggiata dalla elezione alla Presidenza della Commissione del gerarca Reinhard Heydrich (immagine precedente), capo della tristemente nota Gestapo, e l’anno seguente con il trasferimento della sede della Commissione a Berlino, nella sede della Reichskriminalpolizeiamt (RKPA), il dipartimento centrale di investigazione criminale della Germania nazista.

Un solo esempio della nazificazione dell’ICPC rende più evidente la infusione dei principi nazisti di polizia con le pratiche di polizia esistenti: dopo che la sede fu trasferita a Berlino i moduli del mandato di perquisizione dell’ICPC furono modificati solo in un aspetto, l’aggiunta della categoria “RASSE” (razza) accanto alla voce “RELIGION”.

Sulla continuità della Commissione durante la Guerra, sotto la direzione della Polizia tedesca come abbiamo appena visto, è interessante notare che un rapporto del 1940 su una pubblicazione di settore dichiarava che l’ICPC aveva continuato a funzionare dallo scoppio della guerra “perché tutti gli stati della Commissione (tranne naturalmente l’Inghilterra e la Francia, ndr) – continuano la collaborazione di polizia nell’ambito di questa Commissione”. Un successivo articolo del 1942 che promuoveva il sistema di polizia nazista, dichiarava ancora che “nonostante la guerra, le relazioni internazionali, sebbene spesso in forme diverse” potevano essere mantenute e promosse.

In un libro pubblicato nel 1943, il segretario generale Oskar Dressler dichiarò che non meno di 21 Paesi – tra cui gli Stati Uniti – stavano ancora cooperando con il quartier generale dell’ICPC a Berlino. In effetti, gli Stati Uniti sono stati legalmente membri dell'ICPC durante la guerra, poiché l'approvazione dell'appartenenza alla Commissione non è mai stata revocata. Che si trattasse di una mera questione formale divenne chiaro quando, dopo la caduta della Germania nazista, si scoprì che l'ICPC, controllato dai nazisti, dopo il 1941 aveva ancora inoltrato circa 100 avvisi di ricerca al Federal Bureau of Investigation, un numero non identificato dei quali, secondo quanto riferito, era stato inoltrato dopo l'entrata in guerra degli USA. Il periodico dell’ICPC, Internationale Kriminalpolizei, continuò a essere pubblicato regolarmente durante gli anni della guerra. La pubblicazione conteneva principalmente articoli di interesse generale e avvisi amministrativi, tutti scritti dalla polizia o da simpatizzanti nazisti. Nel numero del 29 febbraio 1944 del periodico ICPC, apparve un breve articolo su “Il raduno dei membri dell’ICPC a Vienna”, tenutosi dal 22 al 24 novembre 1943. L’incontro fu probabilmente il primo svolto dal 1938, ma l’articolo non menzionava alcun evento o decisione degna di nota raggiunta durante la conferenza.

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il direttore dello statunitense FBI (Federal Bureau of Investigation), Hoover

Atmosfera da romanzo giallo assume il destino dei dossier dell’ICPC dopo la conquista di Berlino da parte degli Alleati. Alla fine della guerra in Europa, voci giornalistiche asserivano che il 2 agosto 1945 le autorità dell’esercito americano avevano scoperto a Berlino gli archivi dell’ICPC formati dai fascicoli relativi a 18.000 criminali internazionali. Studiosi hanno affermato che parte dei documenti dell’ICPC sono stati distrutti durante i raid su Berlino, ma che alcuni sono stati recuperati dalle rovine e forse portati a Mosca dai militari sovietici. In una lettera del 4 dicembre 1945, il direttore dello statunitense FBI (Federal Bureau of Investigation), Hoover (immagine precedente) fu informato del “recupero degli archivi dell’ex Ufficio di Vienna”.
Nel maggio 1946, a Hoover fu detto allo stesso modo che Florent Louwage, il primo presidente dell’ICPC dopo la guerra, era “riuscito a nascondere alcuni dei documenti della Commissione in Germania” e ora aveva “in suo possesso a Bruxelles i fascicoli di circa 4.000 criminali”. Due anni dopo, l’addetto FBI a Parigi confermò che “una parte dei fascicoli della Commissione” era stata “recuperata”.
… continua …



Cooperazione. Dal Primo congresso alla creazione dell'INTERPOL.


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(Johannes Schober)

Nei giorni in cui si festeggiano i 100 anni dell'INTERPOL, proprio a Vienna, capitale ove è nata, continuiamo a ripercorrere la storia della cooperazione di polizia. Dopo il Primo congresso, tenutosi nel Principato di Monaco nel 1914 ...

Si deve attendere la fine della I^ Guerra Mondiale per proseguire nelle ricerche di intese volte a implementare la collaborazione transnazionale. Un primo parziale tentativo è del settembre 1922: durante una riunione della polizia a New York, fu istituita la Conferenza internazionale della polizia (IPC): concepita come un’organizzazione per promuovere e facilitare la cooperazione internazionale tra le forze di polizia, in realtà la Conferenza diede vita ad un’organizzazione prevalentemente americana che si occupava principalmente di favorire standard di professionalità tra le forze dell’ordine locali degli Stati Uniti. L'IPC fu organizzato in modo indipendente da funzionari di polizia, in particolare all'interno del Dipartimento di polizia di New York. La cooperazione era pensata in modo da attuarsi tra i membri della Conferenza, al di fuori del contesto dei sistemi legali formali. A causa della distanza con l'Europa e altre parti del mondo e delle reti di telecomunicazioni non ancora sviluppate, e poiché gli Stati Uniti non avevano ancora una polizia federale ben strutturata, le operazioni di polizia statunitensi in quel momento rimanevano isolate.

L’iniziativa della Polizia Austriaca nel 1923, e del suo Capo Johannes Schober (Cancelliere federale dal 1921 al 1922 e dal 1929 al 1930, immagine precedente), fa sì che si tenga a Vienna una nuova, la seconda, Conferenza internazionale di polizia criminale, durante la quale viene finalmente deliberata la creazione della Commissione Internazionale di Polizia Criminale, primo nucleo di quello che sarà l’attuale Interpol – OIPC, l’organizzazione di polizia internazionale più duratura.

Quella che fu allora definita ICPC (International Criminal Police Commission), fu il risultato non di una iniziativa diplomatica, ma di una proposta presa indipendentemente da funzionari di polizia di vari Paesi, principalmente europei. L’esigenza era quella di provvedere al controllo di una criminalità mutata alla fine del primo conflitto mondiale anche mercé la maggiore apertura delle frontiere. La particolarità è che la Commissione fu istituita senza la firma di un trattato internazionale o di un documento legale. Le attività dell’ICPC sono state pianificate in occasione di riunioni di polizia e tramite corrispondenza tra funzionari di polizia, senza controllo da parte dei rispettivi Governi. Inoltre, per molto tempo dalla sua fondazione, l’ICPC non ha avuto uno status giuridico riconosciuto a livello internazionale e non è stata formalizzata alcuna procedura legale affinché un’agenzia di polizia, piuttosto che uno Stato nazionale, acquisisse l’appartenenza alla Commissione.

Non a caso l’evento ha luogo al temine della I^ Guerra Mondiale. In tale periodo infatti emerge un aumento transnazionale e un’internazionalizzazione del crimine: nuovi tipi di reato hanno luogo in Paesi in fase di rapido cambiamento sociale e progresso tecnologico. La Commissione istituì nuovi sistemi di mezzi tecnologicamente avanzati per la comunicazione e trasmissioni dirette da polizia a polizia, in reazione alle gravose procedure legali di estradizione. Tra il 1923 e il 1938, la Commissione tenne quattordici incontri internazionali in vari Paesi europei e approfondì costantemente le strutture organizzative. Nel corso degli anni, l’adesione all’ICPC si andava gradualmente ampliando. Basti dire che nel 1940 la Commissione rappresentava più di 40 stati, tra cui la maggior parte delle potenze europee (ad esempio Francia, Germania e Italia) e alcuni Paesi non europei, come Bolivia, Iran, e Cuba.

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(Michael Skubl)

Il quartier generale dell’ICPC fu posto a Vienna. Nel maggio 1934, fu un funzionario della Polizia italiana, Antonio Pizzuto, a proporre che la presidenza dell’ICPC risiedesse stabilmente presso la Direzione della Polizia della capitale austriaca. La mozione fu accolta e il presidente della polizia di Vienna Michael Skubl (immagine precedente) divenne il presidente dell’ICPC. La sede conteneva divisioni specializzate sulla falsificazione di passaporti, assegni e valute, impronte digitali e fotografie e altri sistemi tecnici propri della polizia. Inoltre, mezzi di comunicazione diretta “da polizia a polizia”, come una rete radio e pubblicazioni, risultano tra i primi traguardi della neonata ICPC. Nel 1935 l’organizzazione contava 34 Paesi membri.
… continua …



Cooperazione. Un po' di storia. La seconda parte. Dal white slave traffic al Primo congresso.


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(Locandina di un film sul white slave traffic)

Nella parte precedente abbiamo raccontato degli albori della cooperazione internazionale di polizia.
Un altro focus delle attività di polizia internazionale a conclusione dell’Ottocento – allorquando il tema esordisce con grande forza nel dibattito pubblico – fu posto sulla prostituzione internazionale, definita inizialmente “commercio delle schiave bianche” (white slavery, immagine precedente).
Si trattava di un fenomeno criminale piuttosto esteso, coinvolgente donne maggiorenni ed anche minorenni, che necessitava di una risposta a livello internazionale. Furono soprattutto inchieste giornalistiche ad evidenziare episodi di vendita da parte delle famiglie o di rapimenti di giovani costrette a prostituirsi, in Inghilterra, Francia, Stati Uniti, tanto da divenire argomento di rilievo, che suscitava notevole interesse nei lettori.
Un primo International Congress on the White Slave Trade si tenne a Londra il 21, 22 e 23 giugno del 1899, con la partecipazione di delegati provenienti da Austria, Danimarca, Francia, Germania, Norvegia, Russia, Svezia, Svizzera, la stessa Gran Bretagna e Stati Uniti, su iniziativa della National Vigilance Association, una “association of men and women to enforce and improve the laws for the repression of criminal vice and public immorality, to check the causes of vice, and to protect minors”, considerata l'organizzazione più importante per la lotta contro il traffico sessuale nella Gran Bretagna di fine secolo.
Una più rilevante conferenza internazionale sulla tratta di prostitute fu organizzata dalle autorità francesi a Parigi il 15 luglio 1902. In un successivo incontro sempre nella capitale francese nel 1904, fu firmato l’“Accordo internazionale per la soppressione del traffico di schiave bianche” dai Governi di 12 Paesi europei. Ancora a Parigi il 4 maggio 1910, la “Convenzione internazionale per la soppressione del traffico di schiave bianche” fu firmata da 13 nazioni, tra cui la maggior parte dei Paesi che avevano sottoscritto sei anni prima. La “Convenzione internazionale per la repressione della tratta delle donne e dei fanciulli”, firmata a Ginevra nel 1921, auspicava un coordinamento internazionale ed accordi per le estradizioni degli imputati. Ratificata dall'Italia nel 1923, la Convenzione porterà alla costituzione dell’Ufficio Centrale per la repressione della tratta delle donne e dei fanciulli presso la Direzione Generale della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno.

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(Alberto I di Monaco)

La prima iniziativa del XX secolo per istituire formalmente una organizzazione internazionale di polizia su questioni di natura non politica fu presa al Primo Congresso della Polizia Criminale Internazionale a Monaco, dal 14 al 18 aprile 1914. Aderirono 24 Paesi, su convocazione del Principe Alberto I di Monaco (Immagine precedente[i][/i]).
L’incontro si concentrò sulla applicazione della legge penale. Le discussioni al Congresso si svolsero esclusivamente all’interno di un quadro giuridico, compresi i dibattiti su accordi di diritto internazionale, come le procedure di estradizione, il perfezionamento dei metodi di identificazione e la costituzione di uno schedario centrale nazionale.
Le proposte che riguardavano misure di polizia furono discusse quindi solo in funzione di principi giuridici.
Il Congresso non portò ad istituire un’organizzazione di polizia internazionale, soprattutto perché l’incontro non era stato organizzato da dirigenti di polizia, ma da politici e da funzionari legali. Rimase comunque il corpus delle intenzioni dei partecipanti, definito come “le 12 volontà”, un lascito che servirà da base per la successiva iniziativa di Vienna, di cui parleremo nella parte successiva.
Si parte dal migliorare i contatti diretti tra le forze di polizia dei diversi Paesi, mediante speditezza tecnica di comunicazione e la scelta di un linguaggio comune per armonizzare gli scambi di informazione. Il francese fu designato come lingua internazionale, seppure l’esperanto sia menzionato come una possibilità per il futuro, se fosse diventato sufficientemente diffuso: cosa che – come sappiamo – non avverrà.
La formazione è considerata vitale, sia in termini di studio di scienze forensi per gli studenti di giurisprudenza, sia in termini di pratica investigativa per gli agenti di polizia. Tra le “volontà”, la necessità di creare un sistema internazionale, standardizzato e centralizzato di schedatura dei criminali. Infine, l’estradizione è un punto chiave di discussione al Congresso, con quattro “desideri” relativi a questo argomento: i partecipanti riconoscono la necessità di un trattato di estradizione modello e la trasmissione rapida delle richieste, che devono fungere da base per l’arresto provvisorio.
… continua …



INTERPOL 100 anni. Facciamo un po' di storia della cooperazione internazionale.


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Nei giorni in cui l’INTERPOL (abbreviazione di "Organizzazione Internazionale di Polizia Criminale"), ovvero la più importante organizzazione internazionale che facilita la cooperazione tra le forze di polizia di diversi paesi, celebra a Vienna i suoi 100 anni di vita (nell'immagine il segretario generale Jürgen Stock tiene il discorso d'apertura della 91a Assemblea Generale), ripercorriamo a tappe la storia della mutua assistenza tra Nazioni nel settore del contrasto alla criminalità globale, cominciando dall’inizio …

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Luigi Lucheni uccide l’imperatrice Elisabetta d’Austria

Siamo nel 1898. Il Governo italiano convoca a Roma una “Conferenza Internazionale per la difesa sociale contro gli anarchici” che si tiene dal 24 novembre al 21 dicembre. Il 10 settembre precedente, sulla passeggiata del Lago di Ginevra, in attuazione della dottrina anarchica della propaganda del fatto che prevede di colpire i simboli del potere, Luigi Lucheni aveva assassinato l’imperatrice Elisabetta d’Austria, popolarmente nota come Sissi (immagine precedente). L’ attentato si inserisce in quella che viene definita la “Decade del Regicidio”. Nel corso del decennio, attentati riconducibili agli anarchici hanno registrato 60 omicidi ed il ferimento di circa 200 persone.
Una settimana dopo l’assassinio di Sissi, il ministro degli esteri austriaco propone al suo collega svizzero di formare una “Lega internazionale di polizia” anti–anarchica. Il piano austro–svizzero rimane inattuato, ma il 29 settembre successivo il governo italiano indìce la conferenza internazionale che si terrà a Roma per organizzare la lotta all’anarchismo.
Partecipano 54 delegati provenienti da 21 Paesi europei, inclusi Gran Bretagna, l’Impero Germanico, Francia ed Austria–Ungheria. Nel protocollo finale sono individuate tre direttrici: monitoraggio del fenomeno anarchico – che utilizzava “mezzi violenti per distruggere l’organizzazione della società” –, creazione di agenzie specializzate e scambio di informazioni.

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Alphonse Bertillon e le misurazioni antropometriche

Ciò anche con riguardo alla identificazione attraverso il metodo del portrait parlé, sviluppato dal sistema di bertillonage inventato da Alphonse Bertillon, che prevedeva la classificazione dei sospetti criminali sulla base di misurazioni antropometriche (immagine precedente). Anche l'identificazione attraverso l'utilizzo delle impronte digitali (tuttora utilizzata) farà ingresso nell’ambito della polizia criminale-scientifica verso la fine dell’Ottocento.

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Nel novembre di due anni dopo, sono le autorità russe a prendere a monito l’assassinio del Presidente degli Stati Uniti McKinley (immagine sopra) per mano dell’anarchico di origini polacche Leon Czolgosz, quale occasione per implementare il Protocollo di Roma. La Conferenza si tiene nel marzo del 1904, a San Pietroburgo, allora capitale della Russia. Ad incontrarsi stavolta dieci delegazioni, che raggiungono un accordo su un Protocollo Segreto per una “guerra internazionale all’Anarchismo”.
In realtà, le pratiche di polizia internazionale dalla metà del XIX secolo in poi erano organizzate su base limitata. La maggior parte della cooperazione di polizia europea fino all’inizio del XX secolo come abbiamo visto riguardava per lo più compiti politici, relativi alla protezione del governo e mirati a contrastare attività sovversive.
Un esempio ci viene dalla Unione di polizia degli Stati tedeschi, un'organizzazione di polizia internazionale attiva dal 1851 al 1866 per sopprimere l'opposizione politica di liberali, democratici e socialisti. L'Unione di polizia coinvolgeva sette nazioni di lingua tedesca, che erano ideologicamente affini e politicamente federate.
Gli stessi Protocolli di Roma e San Pietroburgo non assumono la veste di Trattati da ratificare, e pochi Paesi introducono nella propria legislazione i suggerimenti provenienti dalle Conferenze.
Insomma, per il momento la Cooperazione rimane materia da trattarsi in via amministrativa a livello di Forze di Polizia.
… continua …