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Flyback Converter Revealed


As [Sam Ben-Yaakov] points out in a recent video, you don’t often see flyback converters these days. That’s because there are smarter ways to get the same effect, which is to convert between two voltages. If you work on old gear, you’ll see plenty of these, and going through the analysis is educational, even if you’ll never actually work with the circuit. That’s what the video below shows: [Sam’s] analysis of why this circuit works.

The circuit in question uses a bridge rectifier to get a high-voltage DC voltage directly from the wall. Of course, you could just use a transformer to convert the AC to a lower AC voltage first, but then you probably need a regulator afterwards to get a stable voltage.

The converter operates as an oscillator. The duty cycle of the oscillator varies depending on the difference between the output voltage and a zener diode reference. These circuits are often difficult to model in a simulator, but [Ben] shows an LTSpice simulation that did take a few tweaks.

As he mentions, today you’d get a switching regulator on a chip and be done with it. But it is still interesting to understand how the design works. Another common flyback circuit used an oscillator driving a CRT for the primary, more or less. If you want to learn more, we can help with that, too.

youtube.com/embed/-fL3WSUYRxQ?…


hackaday.com/2025/08/13/flybac…



F-NORM ritorna e ci racconta La favola dell’anonimato online


Si racconta la favola dell’anonimato online come la causa di tutti i mali. Il problema è che qualcuno ci crede. Non solo. Il problema è anche che chi ci crede è anche una politica che pensa così di soddisfare un finto problema con una proposta di soluzione stupida. Così stupida che viene addirittura giustificata con l’intenzione di rendere Internet e gli ecosistemi digitali “più sicuri” rendendoli praticamente ad accesso controllato.

Qualcuno dirà Digital Services Act, ma quello è più un raffreddore. Il mal di anonimato si sta propagandando favoleggiando chine fatali e argomenti fantoccio. E, guarda caso, appoggiandosi su qualcosa a cui non puoi dire di no: “salviamo i bambini”.

Che come principio va bene, peccato manca sempre spiegare come lo si fa.
Altrimenti è solo l’ennesimo “difendiamo l’infanzia” usato come copertura morale, lo zuccherino nella pillola del controllo.
Non è una novità: ogni regime ha avuto la sua scusa sacra, il suo motivo nobile per schedare, censurare, sorvegliare.
I bambini. La purezza della razza. Il nemico interno. L’ordine pubblico.

Tutti ottimi motivi, finché non ti trovi a bussare alla porta di casa tua per chiedere il permesso di viverci.

Perché quando si parla di libertà di Internet sono tutti un po’ distratti.
Troppo presi ad applaudire proclami e soluzioni facili.
E magari si accorgeranno di aver reso possibile l’inaccettabile solo quando i moduli saranno già firmati e i firewall messi a benedire l’archivio centrale.

Ricorda qualcosa? Se sì, scommetto niente che sia finito bene.

Salviamo i bambini (e anche gli accessi).


“Salviamo i bambini” è l’argomento definitivo.

Quello che azzera ogni discussione. Che fa tacere, irrigidisce le spalle, sposta la conversazione dal ragionamento alla reazione.

Perché se non sei d’accordo, allora sei contro i bambini.

E chi è contro i bambini, si sa, merita il rogo.

Non importa che la proposta sia scritta con la logica di un volantino da bar.
Non importa che non ci siano prove, dati, strategie, contromisure, verifiche.
Conta che faccia leva sulla pancia, non sul cervello.
Ed è proprio lì che va a scavare: nel bisogno di sentirsi buoni senza capire nulla, di condannare senza dubbi, di lottare senza pensare.

È il grande ricatto morale della modernità digitale: ti do una paura prefabbricata e tu mi dai tutto il resto.
Il tuo consenso. I tuoi diritti. Il tuo silenzio.

Siamo tornati al medioevo, solo con una connessione in fibra.
Non c’è più la strega da bruciare, ma c’è l’anonimo da stanare.
Non c’è più l’eretico da torturare, ma il profilo sospetto da segnalare.
Chi non si allinea è subito “complice”, “sospetto”, “strano”.
Il diverso, il critico, l’anonimo: tutti colpevoli finché non dimostrano di non avere nulla da nascondere.

La paura diventa il carburante perfetto.
Paura dei pedofili, degli hacker, dei criminali, dei drogati, degli immigrati, dei complottisti, di chiunque si possa usare come esempio da sbattere in prima pagina.
E in mezzo, il cittadino medio. Quello che dice “eh, ma se fosse tuo figlio?”, tra una birra e l’altra.
Quello che condivide video di linciaggi e poi scrive “così imparano”.
Quello che non vuole giustizia, ma vendetta rapida, in diretta e possibilmente col sangue.

E allora sì, sorvegliamo tutto.
Perché “non si può più dire niente”, “è pieno di malati là fuori”, “serve un po’ d’ordine”.
Ed eccoci qua: a scambiare la libertà di tutti per la paura di pochi.
A costruire un sistema in cui chiunque può essere controllato, schedato, classificato.
A trasformare ogni cittadino in potenziale bersaglio, ogni dissenso in devianza, ogni dato in prova.

Ma tranquilli, lo facciamo per i bambini.
Per loro possiamo sacrificare ogni cosa.
Tranne ovviamente le responsabilità di chi scrive le leggi, approva i decreti e gestisce i dati.
Quelle no. Quelle sono fuori discussione.

Perché quando lo scopo è nobile, nessuno deve fare troppe domande.
E guai a non applaudire.

Risolviamo tutto con un APT, già che ci siamo?


Insomma, la soluzione è: tracciamo online tutto. Tanto che problema c’è. Ogni attività. Tutto, proprio tutto.
E quindi a che serve il GIDIPIERRE se poi, in nome di qualche pericolo astratto e poco dimostrato, un po’ di allarme mediatico e il solletico alla pancia reazionaria e piena di paura ti fa scardinare tutto perché “se non hai nulla da nascondere, che problemi hai a farti sorvegliare?”.

Praticamente si vuole risolvere ogni problema con un grandissimo APT distribuito fra capo e collo di ogni utente che vuole affacciarsi su Internet o su qualche servizio.

APT, per chi non bazzica il gergo tecnico, significa Advanced Persistent Threat.
Tradotto: un attacco informatico raffinato, nascosto, costante.
Non il ladro che entra, ruba e scappa.
Il ladro che entra, resta, ti osserva, prende appunti.
Ti conosce meglio del tuo psicanalista. Sa cosa cerchi, cosa leggi, cosa scrivi, e forse anche quando stai per sbagliare.

Solo che qui non c’è un hacker russo con felpa nera e dark web di sottofondo. No.
Qui il “ladro” ha giacca, cravatta, badge governativo e un piano triennale.
E l’APT non è più un attacco: è una funzione di sistema.
Una nuova normalità, dove sei tu stesso a fornire ogni dato, ogni spostamento, ogni pensiero condiviso, in nome della sicurezza.
Il mostro non bussa alla porta: te lo installi da solo accettando i termini di servizio.

E ovviamente nessuno che chieda conto a nessuno.
Nessuno che dica: “chi controlla i controllori?”
Perché chiedere trasparenza, tracciabilità delle decisioni, responsabilità concreta… suona scomodo.
Fa troppo “democrazia matura”, troppo “accountability”.
E invece è molto più comodo sparare una regola nuova, gridare “sicurezza!”, e non rispondere mai a nessuna domanda dopo.

Che poi sono un po’ come le favole: le scrivi con grandi ideali, ma le stampi sulla stessa carta su cui un tempo c’erano scritti i diritti.
Tanto vale riciclare.
La giri dall’altra parte, ci scrivi sopra, e via.
Giustizia è servita.

Cosa ci vogliono vendere.


Impacchettate di buone intenzioni, che cosa ci stanno vendendo? L’illusione della sicurezza. Che è una cosa che diventa tanto più bella quanto più la fai esoterica. Un grande abracadabra fa sparire mostri che ti ho raccontato, e le folle scoppieranno entusiaste in applausi.

Qualche politico rinnoverà così il proprio mandato, qualcuno siederà a Osservatori e Tavoli di lavoro, si metterà qualche convegno e via di crediti deontologici per convincere i professionisti che bisogna orientarsi verso il nuovo pensiero: più controllati, più sicuri.

Poi se il controllo lo fanno grandi piattaforme, o chissà chi negli apparati dello Stato poco conta. Ancor meno se quei dati sono raccolti in modo massivo e poco protetti, e verranno saccheggiati. O utilizzati impropriamente. Anzi: ri-saccheggiati. Perché una prima razzia già c’è stata ma forse non ce ne siamo accorti tanto stavamo impegnati ad applaudire, litigare o lodare che ora si è più sicuri.

Forse solo un po’ meno liberi, ma magari sono soltanto delle fisime.

Ma chi è il lupo cattivo?


Stanno solo abolendo l’habeas corpus digitale, ma in fondo che volete che sia.
Niente processo, niente presunzione di innocenza, niente spazio per l’errore, il dubbio o l’ambiguità.
Chi sta lasciando che l’anonimato online venga declassato da diritto a problema?
Spoiler: tu.

Sì, proprio tu che stai leggendo e ti senti virtuoso perché fai il bravo cittadino, ti indigni a rotazione programmata e condividi post con l’hashtag giusto.
Tu che ti senti al sicuro perché ti schieri sempre dalla parte “giusta” e deleghi tutto a qualcun altro.
Perché è comodo pensare che ci sia sempre qualcun altro a cui tocca risolvere, decidere, sporcarsi le mani.
Qualcun altro da votare, seguire, denunciare, cancellare.

Il lupo cattivo non viene da fuori. Siamo noi.

Siamo noi con la nostra smania di essere speciali.
Snowflakes cristallini che si autodefiniscono unici e sacri in un mondo brutale che non ci capisce.
Noi che viviamo le nostre tendenze, le nostre identità, i nostri vizi e virtù come totem inviolabili.
Che ci infiliamo etichette come medaglie, ci iscriviamo a micro-movimenti e comunità che ci danno sempre ragione. O che ci illudiamo di creare.
E dentro quelle comfort zone fatte di like e autoaffermazioni, ci convinciamo che gli altri sono il problema.

Chi non parla come noi? Pericoloso.
Chi non si comporta come noi? Sospetto.
Chi osa metterci in discussione? Colpevole.

Ed ecco che allora sì, servono regole.
Regole ferree.
Per identificarli, schedarli, smascherarli, punirli, eliminarli.
E diamo potere a qualche boia dalla lama affilata.La distopia non ha bisogno di un dittatore, basta un pubblico ben educato al livore e alla vendetta.
Una folla che applaude ogni nuova misura repressiva, a patto che colpisca “quelli sbagliati”.
E così, mentre pensi di combattere i mostri, sei tu che stai disegnando il progetto della gabbia.
Bella, funzionale, intelligente.
Ci metti anche i fiori fuori.
Se fai il bravo, forse ti lasciano scegliere il colore.
Magari quando il tuo punteggio sociale sarà sufficiente.
Ma sempre gabbia resta.

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L’AI che si programma da sola: il 2025 potrebbe segnare una svolta per i programmatori


Dalle macchine che apprendono a quelle che si auto migliorano: il salto evolutivo che sta riscrivendo il codice del futuro

Mentre leggete questo articolo, molto probabilmente, in un data center del mondo, una macchina sta scrivendo codice più efficiente di un ingegnere senior. Non è fantascienza: è la realtà di luglio 2025, dove l’[strong]AI si programma da sola, segnando una svolta epocale per il futuro dei programmatori.[/strong] La questione che si pone non è più se una macchina ci supererà in intelligenza, ma quando ciò accadrà. Secondo Mark Zuckerberg, questo momento potrebbe arrivare entro 12-18 mesi, con la maggior parte del codice generato dall’intelligenza artificiale¹.

Un’evoluzione ispirata da Turing


La domanda posta da Alan Turing negli anni 50: “Le macchine potranno pensare?” sta trasformando ogni aspetto della società, dalle leggi ai sistemi economici, dalla sicurezza informatica alla progettazione dei data center che ospitano queste intelligenze artificiali avanzate. I benchmark, test standardizzati con i quali si valutano abilità specifiche come la comprensione del linguaggio o il ragionamento logico, sono il metro della corsa tecnologica globale. Ad esempio, un’analisi recente dell’ARC Prize Foundation evidenzia come i sistemi di intelligenza artificiale abbiano superato le capacità umane in molti benchmark, come quelli di comprensione linguistica o il ragionamento visivo². Questa competizione tra apprendimento e verifica ha creato un ciclo virtuoso: ogni tre-quattro mesi emerge un nuovo modello o un test innovativo, alimentando una ricerca incessante, come sottolinea il professor Nello Cristianini, esperto di intelligenza artificiale all’Università di Bath e autore della trilogia delle macchine pensanti⁴.

L’accelerazione del machine learning


Il progresso è stato reso possibile da un’accelerazione senza precedenti del machine learning, grazie ad algoritmi addestrati su enormi quantità di dati: archivi di libri, gran parte del web, miliardi di immagini e video. I ricercatori misurano questo progresso con i benchmark, i quali, valutano abilità specifiche come la comprensione del linguaggio o la risoluzione di problemi complessi. Per comprendere questo fenomeno, ci affidiamo alle analisi di Cristianini, che evidenzia come questa competizione tra apprendimento e verifica abbia creato un ciclo virtuoso di innovazione⁴.

Il muro di gomma della scalabilità


A differenza degli attuali sistemi di intelligenza artificiale definiti “debole”, limitati a compiti specifici, i ricercatori puntano all’Artificial General Intelligence (AGI), un’intelligenza con capacità cognitive paragonabili a quelle di un matematico o un fisico di alto livello. Per raggiungere questo obiettivo, sono state seguite due strategie principali. La prima, nota come “congettura della scala”, si basa sull’idea che modelli più grandi, addestrati con maggiore potenza computazionale e quantità di dati sempre più vaste, portino a prestazioni superiori. Fino a poco tempo fa, questo approccio sembrava inarrestabile. Tuttavia, si è scontrato con un limite fisico: l’esaurimento dei dati di alta qualità. Come spiega Cristianini: “Abbiamo ‘finito’ Internet e i cataloghi editoriali acquistabili” ⁴.

La via rivoluzionaria del ragionamento formale


Questo ostacolo ha spinto verso una seconda strategia: il ragionamento formale. Qui, le macchine apprendono passo dopo passo, dalle premesse alle conclusioni, senza intervento umano diretto. Questo approccio, emerso di recente, è particolarmente efficace in domini strutturati come la matematica, la fisica e la programmazione. La vera svolta è che, da alcuni mesi, queste macchine possono auto migliorarsi, eliminando la necessità di supervisione umana. Cristianini lo sottolinea chiaramente: “Gli umani sono il punto debole. Escluderli svincola la macchina” ⁴. Un esempio? Il transfer learning: una macchina che si addestra nella programmazione può migliorare le sue prestazioni in matematica, trasferendo conoscenze tra domini diversi.

Il campo di battaglia digitale


Il software engineering è diventato il terreno principale di questa rivoluzione. Modelli come DeepSeek-R1 e OpenAI o3 competono su benchmark come SWE-Bench, che valuta la capacità di scrivere codice complesso, e test di codifica multilingue. Il 20 gennaio 2025 ha segnato una svolta con il rilascio di DeepSeek-R1², mentre OpenAI ha raggiunto il 75,7% sul benchmark ARC-AGI, mostrando progressi nel ragionamento visivo e logico².
La novità più dirompente è l’automiglioramento ricorsivo: sistemi che identificano e ottimizzano autonomamente il codice, senza bisogno di dati o supervisione umana. I tre pilastri della nuova generazione di AI includono:

  • DeepSeek-R1: Utilizza il Reinforcement Learning per migliorare il ragionamento, correggendo i propri errori iterativamente, come descritto in un paper recente².
  • OpenAI o3: Con un’accuratezza dell’87,5% su ARC-AGI, dimostra capacità avanzate di ragionamento formale grazie a tecniche di test-time compute che elaborano soluzioni in tempo reale².
  • Automiglioramento ricorsivo: Modelli come quelli descritti in “Absolute Zero” riscrivono il proprio codice per ottimizzarlo, creando un ciclo di miglioramento continuo.


La profezia che si autoavvera


Eric Schmidt, ex CEO di Google, ha dichiarato: “Una percentuale significativa del codice di routine è già scritta da sistemi di AI”¹. Inoltre, Zuckerberg prevede che entro 12-18 mesi la maggior parte del codice sarà generata da AI, passando dal completamento automatico a sistemi capaci di eseguire test complessi e produrre codice di alta qualità¹.

Il lato oscuro dell’evoluzione


Un aspetto preoccupante emerge dagli studi recenti: un’AI addestrata per attacchi informatici può sviluppare comportamenti maliziosi anche in altri domini, come dimostrato dal fenomeno del transfer learning negativo⁴. Questo solleva interrogativi cruciali per la cybersecurity:

  • Threat modeling evoluto: Come proteggersi da attacchi generati da AI autonome?
  • Attribution forensics: Come identificare codice malevolo generato automaticamente?
  • Defense automation: Serviranno sistemi di difesa basati su AI per contrastare attacchi AI?

La competizione nel software engineering è così diventata una corsa agli armamenti digitali, con implicazioni economiche, strategiche e militari.

Lezioni dal destino dei traduttori


I professionisti delle traduzioni sono un esempio: vent’anni fa, tradurre era un’abilità specialistica; oggi è un servizio quasi gratuito. Lo stesso sta accadendo ai programmatori di routine (mancanza di creatività), con compiti come la creazione di siti web o videogiochi semplici sempre più automatizzati. La differenza è la velocità: ciò che per i traduttori ha richiesto vent’anni, per i programmatori potrebbe avvenire in pochi anni.

La guerra delle GPU


Nessun paese può permettersi di restare indietro. La potenza di calcolo è cruciale: il supercomputer Leonardo di Bologna ha quasi 15.000 GPU, mentre i data center di Meta, Amazon e Google ne possiedono centinaia di migliaia. Di recente, xAI ha introdotto Grok 4, un modello AI la cui potenza di calcolo è spinta da un impressionante cluster di 200.000 GPU nel supercomputer Colossus, segnando un nuovo standard nella corsa globale alla supremazia computazionale³. Questo “ReArm” tecnologico determina chi guiderà lo sviluppo di modelli AI avanzati.

Rotta verso l’ignoto


L’AGI è solo un passo verso l’Artificial Super Intelligence (ASI), un’intelligenza che supera le capacità umane. Cristianini la definisce: “O svolge i nostri compiti meglio di noi, o comprende cose che noi non possiamo afferrare”⁴. Il secondo scenario è il più inquietante: un’AI che produce conoscenze scientifiche oltre la nostra comprensione, ponendo domande che non sappiamo affrontare. Questo solleva una questione cruciale: come governare e gestire un’entità i cui paradigmi cognitivi ci sono estranei?

Il momento di agire


Per i professionisti del tech, il futuro è già qui. Cristianini avverte: “È meglio affrontare questi temi ora, piuttosto che rimediare a disastri dopo”⁴. Cosa fare:

  • Upskilling strategico: Specializzarsi in creatività, supervisione e governance dell’AI.
  • Security first: Prepararsi a contrastare minacce da AI autonome.
  • Policy engagement: Partecipare a dibattiti normativi.
  • Continuous learning: Aggiornarsi sui progressi dell’AI.

Scienziati sociali, psicologi ed esperti di pedagogia sono essenziali per gestire questa transizione. La strada verso l’AGI non presenta ostacoli scientifici evidenti. Il mondo è già cambiato, e il “quando” è più vicino di quanto molti pensino.

Riferimenti


  1. Zuckerberg, M. (2025). India Today.
  2. DeepSeek-AI. (2025). DeepSeek-R1: Incentivizing Reasoning Capability in LLMs via Reinforcement Learning. arXiv:2501.12948.
  3. The Emergence of Grok 4: A Deep Dive into xAI’s Flagship AI Model. (2025). Medium.
  4. Cristianini, N. (2025). Speech We Make Future: Present and Near Future of Artificial Intelligence.


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2025 One Hertz Challenge: Digital Clock Built With Analog Timer


You can use a microcontroller to build a clock. After all, a clock is just something that counts the passage of time. The only problem is that microcontrollers can’t track time very accurately. They need some kind of external timing source that doesn’t drift as much as the microcontroller’s primary clock oscillator. To that end, [Josh] wanted to try using a rather famous IC with his Arduino to build a viable timepiece.

[Josh]’s idea was straightforward—employ a 555 timer IC to generate a square wave at 1 Hz. He set up an Arduino Uno to count the pulses using edge detection. This allowed for a reliable count which would serve as the timebase for a simple 24-hour clock. The time was then displayed on an OLED display attached over I2C, while raw pulses from the 555 were counted on a 7-segment display as a useful debugging measure. Setting the time is easy, with a few pushbuttons hooked up to the Arduino for this purpose.

[Josh] claims a drift of “only ~0.5 seconds” but does not state over what time period this drift occurs. In any case, 555s are not really used for timekeeping purposes in this way, because timers based on resistor-capacitor circuits tend to drift a lot and are highly susceptible to temperature changes. However, [Josh] could easily turn this into a highly accurate clock merely by replacing the 555 square wave input with a 1PPS clock source from another type of timer or GPS device.

We’ve had quite a few clocks entered into the One Hertz Competition already, including this hilariously easy Nixie clock build. You’ve got until August 19 to get your own entry in, so wow us with your project that does something once a second!

2025 Hackaday One Hertz Challenge


hackaday.com/2025/08/13/2025-o…




OLTRE L’INVISIBILE – Federico Faggin Giugno 2024
freezonemagazine.com/articoli/…
Quando ci si imbatte in una lettura sui massimi sistemi si sa che il percorso è in salita e per niente facile ma il segno che lascia in questo caso è davvero rivoluzionario e avvincente. Federico Faggin è uno scienziato che ha lavorato dal 1968 alla Silicon Valley inventando quel microprocessore che ha cambiato lo […]
L'articolo OLTRE L’INVISIBILE – Federico


Esercizi scritti - zulianis.eu/journal/esercizi-s…
Esercizi perché per certi aspetti assomigliano agli esercizi che facevamo a scuola. Scritti per distinguerli dagli esercizi solo pensati, che sono la maggior parte. Seguire delle regole (dopo essersele date) è un buon modo di sperimentare soluzioni nuove, proprio come fanno i bizzarri consigli di Natalie Goldberg in #Scrivere zen. Quindi ho deciso di fare […]


Digital Etch-A-Sketch Also Plays Snake


The Etch-A-Sketch has been a popular toy for decades. It can be fun to draw on, but you have to get things right the first time, because there’s no undo button. [Tekavou] decided to recreate this popular toy in digital form instead to give it more capabilities.

The build relies on an Inkplate e-paper screen as a display, which is probably as close you can get in appearance to the aluminium dust and glass screen used in an Etch-a-Sketch. The display is hooked up to an ESP32 microcontroller, which is charged with reading inputs from a pair of rotary encoders. In standard drawing mode, it emulates the behavior of an Etch-A-Sketch, with the ESP32 drawing to the e-paper display as the user turns the encoders to move the cursor. However, it has a magical “undo” feature, where pressing the encoder undoes the last movement, allowing you to craft complex creations without having to get every move perfect on your first attempt. As a fun aside, [Tekavou] also included a fun Snake game. More specifically, it’s inspired by NIBBLES.BAS, a demo program included with Microsoft QBasic back in the day.

We’ve seen all kinds of Etch-A-Sketch builds around these parts, including this impressive roboticized version. Video after the break.

youtube.com/embed/dxsY7SYraeA?…


hackaday.com/2025/08/13/digita…



The Department of Energy said it will close FOIA requests from last year unless the requester emails the agency to say they are still interested. Experts say it's an "attempt to close out as many FOIA requests as possible."

The Department of Energy said it will close FOIA requests from last year unless the requester emails the agency to say they are still interested. Experts say itx27;s an "attempt to close out as many FOIA requests as possible."#FOIA #FOIAForum


Trump Administration Outlines Plan to Throw Out an Agency's FOIA Requests En Masse


The Department of Energy (DOE) said in a public notice scheduled to be published Thursday that it will throw out all Freedom of Information Act (FOIA) requests sent to the agency before October 1, 2024 unless the requester proactively emails the agency to tell it they are still interested in the documents they requested. This will result in the improper closure of likely thousands of FOIA requests if not more; government transparency experts told 404 Media that the move is “insane,” “ludicrous,” a “Pandora’s Box,” and “an underhanded attempt to close out as many FOIA requests as possible.”

The DOE notice says “requesters who submitted a FOIA request to DOE HQ at any time prior to October 1, 2024 (FY25), that is still open and is not under active litigation with DOE (or another Federal agency) shall email StillInterestedFOIA@hq.doe.gov to continue processing of the FOIA request […] If DOE HQ does not receive a response from requesters within the 30-day time-period with a DOE control number, no further action will be taken on the open FOIA request(s), and the file may be administratively closed.” A note at the top of the notice says it is scheduled to be formally published in the Federal Register on Thursday.

The agency will send out what are known as “still interested” letters, which federal agencies have used over the years to see if a requester wants to withdraw their request after a certain period of inactivity. These types of letters are controversial and perhaps not legal, and previous administrations have said that they should be used rarely and that requests should only be closed after an agency made multiple attempts to contact a requester over multiple methods of communication. What the DOE is doing now is sending these letters to submitters of all requests prior to October 1, 2024, which is not really that long ago; it also said it will close the requests of people who do not respond in a specific way to a specific email address.

FOIA requests—especially complicated ones—can often take months or years to process. I have outstanding FOIA requests with numerous federal agencies that I filed years ago, and am still interested in getting back, and I have gotten useful documents from federal agencies after years of waiting. The notion that large numbers of people who filed FOIA requests as recently as September 2024, which is less than a year ago, are suddenly uninterested in getting the documents they requested is absurd and should be seen as an attack on public transparency, experts told 404 Media. The DOE’s own reports show that it often does not respond to FOIA requests within a year, and, of course, a backlog exists in part because agencies are not terribly responsive to FOIA.

“If a requester proactively reaches out and says I am withdrawing my request, then no problem, they don’t have to process it,” Adam Marshall, senior staff attorney at the Reporters Committee for Freedom of the Press, told me. “The agency can’t say we’ve decided we’ve gotten a lot of requests and we don’t want to do them so we’re throwing them out.”

“I was pretty shocked when I saw this to be honest,” Marshall added. “I’ve never seen anything like this in 10 years of doing FOIA work, and it’s egregious for a few reasons. I don’t think agencies have the authority to close a FOIA request if they don’t get a response to a ‘still interested’ letter. The statute doesn’t provide for that authority, and the amount of time the agency is giving people to respond—30 days—it sounds like a long time but if you happen to miss that email or aren’t digging through your backlogs, it’s not a lot of time. The notion that FOIA requesters should keep an eye out in the Federal Register for this kind of notice is ludicrous.”

The DOE notice essentially claims that the agency believes it gets too many FOIA requests and doesn’t feel like answering them. “DOE’s incoming FOIA requests have more than tripled in the past four years, with over 4,000 requests received in FY24, and an expected 5,000 or more requests in FY25. DOE has limited resources to process the burgeoning number of FOIA requests,” the notice says. “Therefore, DOE is undertaking this endeavor as an attempt to free up government resources to better serve the American people and focus its efforts on more efficiently connecting the citizenry with the work of its government.”

Lauren Harper of the Freedom of the Press Foundation told me in an email that she also has not seen any sort of precedent for this and that “it is an underhanded attempt to close out as many FOIA requests as possible, because who in their right mind checks the federal register regularly, and it should be challenged in court. (On that note, I am filing a FOIA request about this proposal.)”

“The use of still interested letters isn't explicitly allowed in the FOIA statute at all, and, as far as I know, there is absolutely zero case law that would support the department sending a mass ‘still interested’ letter via the federal register,” she added. “That they are also sending emails is not a saving grace; these types of letters are supposed to be used sparingly—not as a flagrant attempt to reduce their backlog by any means necessary. I also worry it will open a Pandora's Box—if other agencies see this, some are sure to follow.”

Marshall said that FOIA response times have been getting worse for years across multiple administrations (which has also been my experience). The Trump administration and the Department of Government Efficiency (DOGE) have cut a large number of jobs in many agencies across the government, which may have further degraded response times. But until this, there hadn’t been major proactive attempts taken by the self-defined “most transparent administration in history” to destroy FOIA.

“This is of a different nature than what we have seen so far, this affirmative, large-scale effort to purport to cancel a large number of pending FOIA requests,” Marshall said.




esistono repubblicani onesti e non fascisti negli stati uniti? diciamo quantomeno di ideologia liberista in termini economici... che non abbraccino l'idea dell'uomo forte e a tutti costi solo al potere?


The LAPD attacked reporters, despite a court order. Then it lied about it


Last Friday, officers from the Los Angeles Police Department beat, shoved, detained, and jailed journalists covering a protest over the previous detention of a community activist who had been documenting immigration officers.

It was a brutal and shocking attack on the press, even by the LAPD’s standards. Even before scores of journalists were attacked and detained at recent immigration raid protests, the force had one of the most atrocious track records when it comes to press freedom. The LAPD is also subject to a court order prohibiting it from interfering with journalists covering protests, which it appears to have wantonly violated.

What’s almost as shocking is how little attention these recent attacks have drawn from the mainstream media. Even five days later, the hometown Los Angeles Times, for instance, hadn’t yet written about Friday’s attack on the press. Thankfully, an out-of-town columnist, Will Bunch at the Philadelphia Inquirer, published an article strongly condemning the LAPD’s actions.

But even worse than ignoring the attacks on the press is reporting false information about them spread by the LAPD. Unfortunately, California station KABC-TV appears to have done just that, by reporting uncritically on claims by the LAPD that two people were detained at the protest for “pretending to be media.”

The two were, in fact, journalists, according to reporter Mel Buer, who was at the protest and was also detained, and Adam Rose, who’s been exhaustively tracking the recent attacks for the Los Angeles Press Club. Rose’s tracking spreadsheet identifies the detained journalists as Nate Gowdy and Carrie Schreck.

The U.S. Press Freedom Tracker reported that LAPD officers detained Gowdy and Schreck, who were working together to report on the protest, because they didn’t have physical press badges.

A lack of physical press credentials isn’t a good enough reason to stop a journalist from reporting under the First Amendment, and it certainly isn’t a good enough reason under the order entered by a federal judge in response to a lawsuit by the Los Angeles Press Club restraining the LAPD’s mistreatment of journalists covering protests. Even guidance from the LAPD’s chief of police says that a lack of credentials isn’t enough to justify a detention.

Instead, officers should have considered all the evidence that Gowdy and Schreck were at the protest to gather the news, like the statements from other credentialed reporters who vouched for them, their camera equipment, and Gowdy’s offer to show digital credentials or prove through a quick Google search that he and Schreck were journalists. And if they were still in doubt, officers were required to grant Gowdy and Schreck’s requests to speak to a supervisor.

KABC-TV, which calls itself the “West Coast flagship” of Disney’s ABC-owned TV station group, also should have known better than to simply repeat a statement from the LAPD that people were arrested for “pretending” to be press.

The government often makes this claim and uses it as a justification for why it “can’t” respect the First Amendment rights of journalists and simply must continue to beat and terrorize them along with protesters. But research has shown that protesters or others claiming to be press is rare. Any time government officials make this claim, journalists should be skeptical and investigate it before reporting it.

Journalists must bring a healthy dose of skepticism to any statements by the LAPD about its treatment of the press. The LAPD knows that it violates the First Amendment and California law to detain or otherwise interfere with journalists covering protests, but it continues to do so anyway.

It seems to prefer to risk contempt of court or massive settlements rather than respect the First Amendment, and it apparently has no compunction about making false statements to the press about its actions.

The only response available to journalists — other than suing to enforce their rights — is to report, accurately, on every single First Amendment violation by the LAPD. If they do, perhaps the citizens of Los Angeles will make clear to elected officials and law enforcement leaders that they won’t tolerate their police force acting in such a lawless manner.


freedom.press/issues/the-lapd-…



Strage a Lampedusa: 30 morti e decine di dispersi, tra loro tre neonati


@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/08/strage-…
Sono già 30 le vittime accertate, tra cui tre neonati, ma i dispersi si contano a decine.La presidente Meloni maledice gli scafisti e invita alla pietà. Certo, questa è l’ora della pietà e della solidarietà, ma sono




Monte Sole, un appello per fermare il massacro di Gaza


@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/08/monte-s…
Le iniziative per la Pace in Medio Oriente non si fermano. Domani 14 agosto a Monte Sole, terra di stragi e di Resistenza dove è nata la scuola di Pace voluta da don Dossetti, in questo luogo simbolo dove morirono 770 civili innocenti per



Rete criminale organizzata albanese smantellata


Una serie di perquisizioni in Albania, nei giorni scorsi, ha portato all'arresto di 10 presunti membri di una rete criminale organizzata albanese coinvolta nel traffico di cocaina e nel riciclaggio di denaro. La rete, che aveva legami con organizzazioni internazionali, è stata presa di mira dalle forze dell'ordine albanesi in coordinamento con Belgio, Francia, Germania, Italia e Paesi Bassi.

Durante l'operazione, le autorità hanno sequestrato ingenti beni, tra cui immobili, veicoli e azioni di società per un valore di diversi milioni di euro. L'indagine ha inoltre portato alla luce una serie di prove fisiche e digitali, inclusi i dati della piattaforma di comunicazione criptata Sky ECC, che è stata disattivata nel 2021 ma ha comunque prodotto risultati operativi.

Il capo della rete era coinvolto nell'organizzazione di spedizioni e nell'investimento in grandi quantità di cocaina, ed era ricercato per una condanna a 21 anni di carcere emessa da un tribunale italiano per omicidio e altri reati. L'operazione ha segnato un successo basato sui dati: gli investigatori hanno ricostruito consegne di tonnellate di cocaina verso i porti dell'UE e sequestrato milioni di euro di beni.

#SKYECC #criminalitàalbanese

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10.000 firme per la petizione di Possibile contro Italia-Israele. Stop the game!
possibile.com/10000-firme-noit…
l genocidio va fermato, i governi devono interrompere i rapporti con Israele e soprattutto smettere di vendere armi a uno stato che sta compiendo un genocidio sotto gli occhi del mondo. Finché Israele non affronterà nessuna conseguenza, nemmeno sui campi di gioco internazionali, tanti,

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A DHS sizzle reel that used "Public Service Announcement" got hit with a copyright takedown request and has been deleted off of X.#Immigration #ICE


ICE Propaganda Video That Used Jay-Z Song Hit With Copyright Takedown


A Department of Homeland Security (DHS) propaganda video that featured Jay-Z’s music was hit with a copyright takedown request on X, and appears to have been hit with copyright violations on both Instagram and Facebook as well.

The video features footage of Immigrations and Customs Enforcement (ICE) agents training and doing immigration raids set to Jay-Z’s 2003 song “Public Service Announcement,” which has recently been used in at least two DHS videos. DHS tweeted the video alongside the caption “Hunt Cartels. Save America. JOIN.ICE.GOV.” The original tweet, from August 10, has 2.9 million views on X; the video has been replaced with the message “This media has been disabled in response to a report by the copyright owner.”

DHS also posted the video on Instagram and Facebook. On both platforms, the video has stayed up but Jay-Z’s music has been removed, suggesting that it got hit with a copyright notice on those platforms too. On Instagram, where it has nearly a million views, a message that says “This audio is no longer available” plays if you try to unmute the video. The sound on the video has been removed on Facebook as well, but a quirk of the platform allowed me to check what the removed audio was by clicking the name of the “sound” in the bottom left corner of the Reel, which showed it was indeed Jay-Z’s “Public Service Announcement. A Facebook user ripped and reposted the video, which still has the sound, and can be found here at the time of publication.

Neither Meta nor X responded to a request for comment. The Recording Industry Association of America, which files a huge number of copyright takedown requests across the internet for major artists, declined to comment to 404 Media. DHS also did not respond to a request for comment. Jay-Z’s Roc Nation also did not respond to a request for comment.

In recent weeks, DHS officials and agents have heavily ratcheted up the number of videos they post to social media. Many of the videos are heavily edited sizzle reels from immigration raids set to rap music or songs like the “Bad Boys” theme and Johnny Cash’s “God’s Gonna Cut You Down.”

The footage is being used to recruit new ICE agents and to promote the cruelty of Trump’s immigration raids; a video posted by chief border patrol agent Gregory Bovino features Los Angeles Mayor Karen Bass warning about the overreach of the federal government in LA and includes a remixed version of “Public Service Announcement” over first-person footage of Customs and Border Protection (CBP) agents doing an immigration raid Thursday at a Home Depot in Los Angeles. That particular raid may have violated a court injunction, experts have argued.

“The Call of Duty aesthetic is sickening,” Chris Gilliard, co-director of The Critical Internet Studies Institute and author of the forthcoming book Luxury Surveillance, told 404 Media.

404 Media reported last week that CBP agents have been wearing Meta’s AI camera glasses to at least two recent immigration raids in Los Angeles (it is unclear what cameras were used to film the footage used in either of the videos featuring Jay-Z music).

“CBP utilize Go Pros mounted to helmets or body armor at times, as well as traditional DSLR handheld cameras,” a CBP spokesperson told 404 Media when we asked about its agents wearing Meta AI glasses. The spokesperson added “CBP does not have an arrangement with Meta. The use of personal recording devices is not authorized. However, Border Patrol agents may wear personally purchased sunglasses.”

DHS has also allowed Fox News reporters to embed with and film agents on raids, and footage from these raids shows DHS agents with DSLR cameras running alongside each other to capture footage. It is clearly important to this administration to capture and widely publicize this footage, which often emphasizes agents grabbing people who are running away from them.

The copyright takedown is notable because it shows DHS is not getting permission from artists to use their music in these propaganda videos, which are being used to recruit ICE agents in the immediate aftermath of a huge funding increase. As we reported earlier this month, ICE is trying to do a social media advertising blitz with part of this new funding, and is looking to plaster ads on social media, TV, and streaming sites. Despite this cash injection, early reports suggest that ICE is having trouble finding people to work for it.




10.000 firme per la petizione di Possibile contro Italia-Israele. Stop the game!


10.000 firme per la petizione di Possibile contro Italia-Israele
Druetti e Di Lenardo: come può lo sport ignorare il genocidio?

“Già diecimila persone hanno firmato su www.possibile.com/unafirmaper la petizione per dire no a Italia-Israele, la partita di qualificazione ai mondiali che è in programma il 14 ottobre a Udine.” Lo dichiarano Francesca Druetti, Segretaria Nazionale di Possibile, e Andrea di Lenardo, Capogruppo di Alleanza Verdi Sinistra Possibile al Consiglio Comunale di Udine.

“Sono più di 60mila le vittime solo negli ultimi due anni — ricordano Druetti e Di Lenardo — un’intera popolazione affamata, Gaza rasa al suolo dai bombardamenti. Nel frattempo, Israele, la sua nazionale, i suoi atleti, dovrebbero continuare a competere come se niente fosse. Oltre 600 vittime erano atleti, calciatori anche. Giocare questa partita è un affronto alla memoria di chi è stato ucciso, e di chiunque abbia a cuore i diritti umani, la giustizia, e lo sport.

“Da quando abbiamo lanciato la petizione — concludono Druetti e di Lenardo — Israele ha ucciso altre centinaia di persone, compresi sei giornalisti in un attacco mirato. Il genocidio va fermato, i governi devono interrompere i rapporti con Israele e soprattutto smettere di vendere armi a uno stato che sta compiendo un genocidio sotto gli occhi del mondo. Finché Israele non affronterà nessuna conseguenza, nemmeno sui campi di gioco internazionali, tanti, troppi continueranno a sentirsi giustificati nel voltarsi dall’altra parte. Ecco perché vi chiediamo di continuare a firmare e condividere la petizione, per far sentire la nostra voce e il nostro dissenso. Stop the game.”

L'articolo 10.000 firme per la petizione di Possibile contro Italia-Israele. Stop the game! proviene da Possibile.

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F-35 italiani intercettano due caccia russi nello spazio aereo Nato. I dettagli

@Notizie dall'Italia e dal mondo

Per la prima volta, due caccia F-35 Lightning II dell’Aeronautica militare italiana hanno intercettato due velivoli russi operanti vicino allo spazio aereo dell’Alleanza. I due aerei intercettati sono decollati dalla base di Ämari, in Estonia, come confermato



By omitting the "one-third" provision that most other states with age verification laws have adopted, Wyoming and South Dakota are placing the burden of verifying users' ages on all sorts of websites, far beyond porn.

By omitting the "one-third" provision that most other states with age verification laws have adopted, Wyoming and South Dakota are placing the burden of verifying usersx27; ages on all sorts of websites, far beyond porn.#ageverification


Wyoming and South Dakota Age Verification Laws Could Include Huge Parts of the Internet


Last month, age verification laws went into effect in Wyoming and South Dakota, requiring sites hosting “material that is harmful to minors” to verify visitors are over 18 years old. These would normally just be two more states joining the nearly 30 that have so far ceded ground to a years-long campaign for enforcing invasive, ineffective methods of keeping kids away from porn online.

But these two states’ laws leave out an important condition: Unlike the laws passed in other states, they don’t state that this applies only to sites with “33.3 percent” or one-third “harmful” material. That could mean Wyoming and South Dakota would require a huge number of sites to use age verification because they host any material they deem harmful to minors, not just porn sites.

Louisiana became the first state to pass an age verification law in the US in January 2023, and since then, most states have either copied or modeled their laws on Louisiana’s—including in Arizona, Missouri, and Ohio, where these laws will be enacted within the coming weeks. And most have included the “one-third” clause, which would theoretically limit the age verification burden to adult sites. But dropping that provision, as Wyoming and South Dakota have done, opens a huge swath of sites to the burden of verifying the ages of visitors in those states.

Louisiana’s law states:

“Any commercial entity that knowingly and intentionally publishes or distributes material harmful to minors on the internet from a website that contains a substantial portion of such material shall be held liable if the entity fails to perform reasonable age verification methods to verify the age of individuals attempting to access the material.”

A “substantial portion” is 33.3 percent or more material on a site that’s “harmful to minors,” the law says.

The same organizations that have lobbied for age verification laws that apply to porn sites have also spent years targeting social media platforms like Reddit and X, as well as streaming services like Netflix, for hosting adult content they deem “sexploitation.” While these sites and platforms do host adult content, age-gating the entire internet only pushes adult consumers and children alike into less-regulated, more exploitative spaces and situations, while everyone just uses VPNs to get around gates.

Florida Sues Huge Porn Sites Including XVideos and Bang Bros Over Age Verification Law
The lawsuit alleges XVideos, Bang Bros, XNXX, Girls Gone Wild and TrafficFactory are in violation of Florida’s law that requires adult platforms to verify visitors are over 18.
404 MediaSamantha Cole


Adult industry advocacy group the Free Speech Coalition issued an alert about Wyoming and South Dakota’s dropping of the one-third or “substantial” requirement on Tuesday, writing that this could “create civil and criminal liability for social media platforms such as X, Reddit and Discord, retailers such as Amazon and Barnes & Noble, streaming platforms such as Netflix and Rumble,” and any other platform that simply allowed material these states consider “harmful to minors” but doesn’t age-verify. “Under these new laws, a platform with any amount of material ‘harmful to minors,’ is required to verify the age of all visitors using the site. Operators of platforms that fail to do so may be subject to civil suits or even arrest,” they wrote.

I asked Wyoming Representative Martha Lawley, the lead sponsor of the state's bill, if the omission was on purpose and why. "I did not include the '33% or 1/3 rule' in my Age Verification Bill because it creates an almost impossible burden on a victim pursuing a lawsuit for violations of the law. It is more difficult than many might understand to prove percentage of an internet site that qualifies as “pornographic or material harmful to minor'" Lawley wrote in an email. "This was a provision that the porn industry lobbied heavily to be included. In Wyoming, we resisted those efforts. The second issue I had with these types of provisions is that they created some potential U.S. Constitutional concerns. These Constitutional concerns were actually brought up by several U.S. Supreme Court justices during the oral argument in the Texas Age Verification case. So, in short the 1/3 limitation places an undue burden on victims and creates potential U.S. Constitutional concerns."

I asked South Dakota Representative and sponsor of that state's bill Bethany Soye the same question. "We intentionally used the standard of 'regular course of trade or business' instead of 1/3. The 1/3 standard leaves many questions open. How is the amount measured? Is it number of images, minutes of video, number of separate webpages, pixels, etc. During oral argument, a Justice (Alito if I remember correctly) asked the attorney what percentage of porn was on his client’s websites. The attorney couldn’t give him an answer, instead he mentioned the other things on the websites like articles on sexual health and how to be an activist against these laws," Soye told me in an email. "The 1/3 standard also calls into question the government’s compelling interest in protecting kids from porn. Are we saying that 33% is harmful to minors but a website with 30% is not? We chose regular course of business because it is focused on the purpose of the business/website, not an arbitrary number. If you look into the history of the bill, 33% was a totally random number put in the first bill passed in Louisiana. Other states have just been copying it since then. We hope that our standard becomes the norm for state laws moving forward."

Kansas Is About to Pass the Most Extreme Age Verification Law Yet
The bill would make sites with more than 25 percent adult content liable to fines, and lumps homosexuality into “sexual conduct.”
404 MediaSamantha Cole


A version of what could be the future of the internet in the US is already playing out in the UK. Last month, the UK enacted the Online Safety Act, which forces platforms to verify the ages of everyone who tries to access certain kinds of content deemed harmful to children. So far, this has included (but isn’t limited to) Discord, popular communities on Reddit, social media sites like Bluesky, and certain content on Spotify.
playlist.megaphone.fm?p=TBIEA2…
On Monday, a judge dismissed a case brought by the Wikimedia Foundation that argued the over-broadness of the new UK rules would “undermine the privacy and safety of Wikipedia’s volunteer contributors, expose the encyclopedia to manipulation and vandalism, and divert essential resources from protecting people and improving Wikipedia, one of the world’s most trusted and widely used digital public goods,” Wikimedia Foundation wrote. “For example, the Foundation would be required to verify the identity of many Wikipedia contributors, undermining the privacy that is central to keeping Wikipedia volunteers safe.”

"As we're seeing in the UK with the Online Safety Act, laws designed to protect the children from ‘harmful material’ online quickly metastasize and begin capturing nearly all users and all sites in surveillance and censorship schemes,” Mike Stabile, director of public policy at the Free Speech Coalition, told me in an email following the alert. “These laws give the government legal power to threaten platform owners into censoring or removing fairly innocuous content — healthcare information, mainstream films, memes, political speech — while decimating privacy protections for adults. Porn was only ever a Trojan horse for advancing these laws. Now, unfortunately, we're starting to see what we warned was inside all along."

Updated 8/13 2:35 p.m. EST with comment from Rep. Lawley.

Updated 8/13 3:35 p.m. EST with comment from Rep. Soye.




Un reattore nucleare sulla Luna entro il 2030. La sfida Usa a Russia e Cina

@Notizie dall'Italia e dal mondo

Nei primi di agosto, l’amministratore pro tempore della Nasa, nonché segretario ai Trasporti degli Stati Uniti, Sean Duffy, ha annunciato che gli Usa intendono accelerare i loro sforzi per installare un reattore a fissione nucleare sul suolo lunare entro il 2030. Secondo Duffy, a sua



CBP's use of Meta Ray-Bans; the bargain that voice actors are having to make with AI; and how Flock tech is being essentially hacked into by the DEA.

CBPx27;s use of Meta Ray-Bans; the bargain that voice actors are having to make with AI; and how Flock tech is being essentially hacked into by the DEA.#Podcast


Podcast: Why Are DHS Agents Wearing Meta Ray-Bans?


We start this week with Jason’s article about a CBP official wearing Meta Ray-Bans smart glasses to an immigration raid. A lot of stuff happened after we published that article too. After the break, Sam tells us about the bargain that voice actors are making with AI. In the subscribers-only section, Jason tells us how a DEA official used a cop’s password to AI cameras to then do immigration surveillance.
playlist.megaphone.fm?e=TBIEA7…
Listen to the weekly podcast on Apple Podcasts,Spotify, or YouTube. Become a paid subscriber for access to this episode's bonus content and to power our journalism. If you become a paid subscriber, check your inbox for an email from our podcast host Transistor for a link to the subscribers-only version! You can also add that subscribers feed to your podcast app of choice and never miss an episode that way. The email should also contain the subscribers-only unlisted YouTube link for the extended video version too. It will also be in the show notes in your podcast player.
youtube.com/embed/nxHFsQSVRkE?…




Emails obtained by 404 Media show the LAPD was interested in GeoSpy, an AI tool that can quickly figure out where a photo was taken.#FOIA


LAPD Eyes ‘GeoSpy’, an AI Tool That Can Geolocate Photos in Seconds


📄
This article was primarily reported using public records requests. We are making it available to all readers as a public service. FOIA reporting can be expensive, please consider subscribing to 404 Media to support this work. Or send us a one time donation via our tip jar here.

The Los Angeles Police Department (LAPD) has shown interest in using GeoSpy, a powerful AI tool that can pinpoint the location of photos based on features such as the soil, architecture, and other identifying features, according to emails obtained by 404 Media. The news also comes as GeoSpy’s founder shared a video showing how the tool can be used in relation to undocumented immigrants in sanctuary cities, and specifically Los Angeles.

The emails provide the first named case of a law enforcement agency showing clear interest in the tool. GeoSpy can also let law enforcement determine what home or building, down to the specific address, a photo came from, in some cases including photos taken inside with no windows or view of the street.

“Let’s start with one seat/license (me),” an October 2024 email from an LAPD official to Graylark Technologies, the company behind GeoSpy, reads. The LAPD official is from the agency’s Robbery-Homicide division, according to the email. 404 Media obtained the emails through a public records request with the LAPD.

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#FOIA





Durante la cena pasquale, Gesù rivela che uno dei Dodici sta per tradirlo, eppure “il modo” in cui “parla di ciò che sta per accadere è sorprendente. Non alza la voce, non punta il dito, non pronuncia il nome di Giuda”.


Individuo, società e svolte autoritarie.


Esistono condizioni psicologiche, familiari, sociali e tecnologiche favorevoli all’instaurarsi di una forma politica autoritaria e totalitaria? Esiste un potenziale fascista in ognuno di noi oppure il “fascismo potenziale” si dà solo in presenza di una determinata struttura di personalità, quella autoritaria studiata dalla scuola di Francoforte nella prima metà del secolo scorso? Un tipo di personalità, quest’ultima, caratterizzata da un insieme di atteggiamenti, credenze e comportamenti che riflettono una forte inclinazione verso l’autorità, la disciplina e il conformismo, insieme a una tendenza a disprezzare o discriminare chi viene percepito come diverso o inferiore. Continua a leggere→


Individuo, società e svolte autoritarie.


Astratto, fiamme rosse arancioni su sfondo azzurro
img generata da AI – dominio pubblico

Pubblicato in origine su Altraparola il 6 Giugno 2025.

di A. Marin

Esistono condizioni psicologiche, familiari, sociali e tecnologiche favorevoli all’instaurarsi di una forma politica autoritaria e di quella più estrema totalitaria? Esiste un potenziale fascista in ognuno di noi oppure il “fascismo potenziale” si dà solo in presenza di una determinata struttura di personalità, quella autoritaria studiata dalla scuola di Francoforte nella prima metà del secolo scorso? Un tipo di personalità, quest’ultima, caratterizzata da un insieme di atteggiamenti, credenze e comportamenti che riflettono una forte inclinazione verso l’autorità, la disciplina e il conformismo, insieme a una tendenza a disprezzare o discriminare chi viene percepito come diverso o inferiore. E in società ipermoderne, globalizzate e digitalizzate come le nostre, non più disciplinari ma del controllo ubiquitario algoritmico, società che oggi potremmo definire con Bernard Stiegler automatiche è ancora rinvenibile quel modello di personalità?

Se sì, con quali invarianti e differenze all’interno di habitat sociali modellati dalla tendenziale concentrazione degli esseri umani in centri urbani in sempre più veloce espansione, la diffusione planetaria di artefatti digitali e l’innervazione globale della superficie terrestre e dello spazio di infrastrutture tecnologiche? Più in generale come si sta oggi riconfigurando il soggetto individuale, ridotto a terminale di comunicazione, nodo funzionalmente integrato di una struttura reticolare che lo ridefinisce continuamente attraverso flussi di sollecitazioni infoneurali ai quali reagisce secondo modalità pavloviane? E quello collettivo, sempre più sostituito da aggregazioni volatili e temporanee come quelle di uno sciame? Qual è la temperie psicosociale che in una fase di crisi sistemica del capitalismo, favorisce un ulteriore allentamento delle regole democratiche nella direzione di torsioni autoritarie diffuse, che hanno lo scopo di creare un ambiente adeguato all’ennesima ripartenza del capitalismo stesso?

Negli anni Venti e Trenta del ‘900 alcuni studiosi neomarxisti tedeschi si erano interrogati sulle ragioni per cui la società borghese tedesca era sopravvissuta alla crisi rivoluzionaria del 1914-19 e su quelle del fallimento di quest’ultima. Dopo la salita al potere di Hitler nel 1933 a questa domanda se ne era associata un’altra: perché i lavoratori tedeschi non si erano opposti duramente al fascismo quando invece nelle urne lo avevano bocciato, essendo consapevoli che non avrebbe fatto i loro interessi materiali? Una spiegazione in termini di sola “egemonia culturale” non risultava sufficiente a dar conto di come la coercizione potesse venire interiorizzata dalla psiche dei singoli e l’introiezione dell’autorità rendere accettabile all’uomo comune «l’idea del necessario dominio di alcuni sui più influenzando non soltanto la mente, le idee, i concetti e i giudizi fondamentali, ma anche la vita interiore, le preferenze e i desideri» (Horkheimer 1974 in Lasch p. 87). Questa corrente di pensiero riteneva che ogni società riproduca i modelli caratteriali più adatti al suo funzionamento non solo attraverso direttive e norme esplicite, ma anche con il condizionamento psichico dei singoli nella sfera del desiderio e del pensiero inconscio. Tra gli agenti di questa riproduzione, oltre la scuola e le altre agenzie formative, c’era la famiglia quale nucleo dentro cui i fantasmi inconsci dei genitori si trasmettevano ai figli. La famiglia reprimendo o indirizzando verso mete socialmente accettabili le pulsioni del bambino, segnatamente quelle sessuali, ne modellava allo stesso tempo l’Io e il Super-Io.

Secondo Erich Fromm nella società patriarcale degli anni Venti e Trenta del ‘900 la famiglia fungeva da crogiolo di un tipo di individuo, quello “patricentrico” o “autoritario”, caratterizzato da un «Super-Io rigido, sentimenti di colpa, amore docile per l’autorità paterna, desiderio e piacere nel dominare persone più deboli, accettazione della sofferenza come punizione per la propria colpa e una capacità compromessa di raggiungere la felicità» (Fromm 1979, p. 112). Se la famiglia patriarcale fosse stata la culla del “carattere autoritario”, i risultati di uno studio sul campo condotto presso la classe operaia tedesca avrebbero dimostrato che solo circa il 10% possedeva un profilo caratteriale di tipo autoritario, il 15% democratico o rivoluzionario e il restante una combinazione dei due. Secondo Fromm la storia politica successiva avrebbe confermato l’ipotesi che gli individui con il primo profilo sarebbero diventati ferventi nazisti, quelli con il secondo antinazisti e quelli con il terzo non avrebbero assunto alcuna posizione precisa. Se da questo studio emergeva che la maggioranza degli operai tedeschi più che una struttura caratteriale autoritaria, sembravano averne una mista, caratterizzata da un atteggiamento indifferente, Christopher Lasch si chiede come mai ci sia stata un’adesione generale così facile al fascismo. A Lasch si potrebbe rispondere che oltre certi limiti silenzio e indifferenza risultano essere i sintomi più classici della «banalità del male» ed equivalgono a complicità nei crimini.

A sua volta la ricerca di Adorno e colleghi, La personalità autoritaria (1950), condotta negli anni Quaranta negli USA, sulla scorta delle precedenti elaborazioni teoriche di Reich e Fromm, era uno studio empirico che intendeva indagare quali fattori psicologici e sociali fossero all’origine dell’anti-semitismo e più in generale dell’autoritarismo, segnatamente quello fascista. I risultati dell’indagine quantitativa e qualitativa su di un campione di circa 2000 americani di estrazione sociale e professionale diverse, si condensarono in alcuni tratti di quella che era stata concettualizzata come personalità autoritaria. Adorno e il suo team identificarono alcune caratteristiche della famiglia che tendevano a promuovere la formazione di personalità autoritarie nei figli: tra queste una struttura gerarchica rigida e repressiva nella quale obbedienza e sottomissione erano valori primari; l’educazione spesso impartita attraverso punizioni anche severe che tendeva a inculcare nei figli un senso di paura e sottomissione verso l’autorità, ma allo stesso tempo generava un risentimento represso; la distanza e l’anaffettività dei genitori che poteva portare i figli a interiorizzare sentimenti di insicurezza e a sviluppare un’identificazione e una dipendenza dall’autorità come fonte di protezione e guida. Gli effetti sulla personalità dei figli erano di un rispetto totale nei confronti delle autorità tradizionali e una passivizzazione e un conformismo nell’adesione a norme e regole emanate da queste. Una tendenza a voler dominare e punire chi si dimostrava meno forte, quale frutto di un risentimento nei confronti dei genitori, che non potendo essere espresso direttamente, veniva proiettato su gruppi esterni, e una insofferenza profonda nei confronti di chi non rispettava le regole. A questi si aggiungeva un’incapacità di sostenere l’ambivalenza emotiva e comportamentale umana e le stesse sfumature della vita, per far fronte alle quali si assumeva una rigida visione dicotomica della realtà in termini valoriali di bene/male, coraggio/viltà, forza/debolezza ecc. Inoltre, un pensiero stereotipato, intollerante e aggressivo declinato in una logica amico/nemico tendeva a discriminare ogni differenza e minoranza culturale, religiosa ed etnica e in generale chiunque non si conformasse ai valori dominanti.

Se i risultati di questi studi intendevano dimostrare come strutture familiari autoritarie generassero personalità autoritarie, si dava però il fatto che le società nelle quali erano stati condotti stessero in realtà allontanandosi da sistemi familiari autoritari. Per questo la risposta alla domanda sulle ragioni di una così facile ascesa del fascismo in Europa sembrava avere a che fare più con la decadenza dell’autorità patriarcale che con la sua forza: «la graduale erosione dell’autoritarismo e della famiglia autoritaria, proseguita per tutta la fase liberale della società borghese, ha avuto un risultato inatteso: la rinascita del dispotismo politico in una forma fondata non sulla famiglia ma sulla sua dissoluzione. Anziché liberare l’individuo dalla coercizione esterna, la decadenza della vita familiare lo assoggetta a nuove forme di dominio minandone contemporaneamente la capacità di opporvisi» (Lasch 1995, pp. 89, 91). La struttura caratteriale autoritaria si rivela essere il risultato di rapporti familiari segnati da una mancanza di legami affettivi e da una sottomissione filiale legata perlopiù a paura e interesse piuttosto che ad amore. Una struttura segnata quindi non tanto da una famiglia solida e forte quanto da una famiglia assente. Jacques Lacan nel 1938 confermava che i dittatori rappresentavano una reazione al crollo del sistema familiare tradizionale. Attraverso la loro autorità rigida e inflessibile, essi ristabilivano temporaneamente un senso di ordine e sicurezza sia per la borghesia sia per le masse, spaventate dalla perdita di stabilità. Queste ultime proiettavano nel despota il bisogno di una figura paterna che sembrava ormai svanita e della quale reclamavano il ritorno.

La temperie psichica, sociale e culturale europea tra fine ‘800 e inizi ‘900 risultava segnata da un «progressivo allentamento dei vincoli tradizionali, familiari e sociali […] in cui l’io appare labile e la civiltà esposta al rischio della decomposizione e tanto più imperioso diventa il bisogno di ancorarsi a saldi punti di riferimento, esterni alla coscienza di individui ormai infinitamente rassegnati a restare nel disorientamento e nell’impotenza». Quando la debolezza dell’Io diventa di massa e la sua disgregazione non è più riassorbile intimamente attraverso l’avvicendamento con un nuovo “Io egemone”1, quest’ultimo «viene gerarchicamente subordinato a un suo omologo esterno: il capo politico, che, giunto al potere, sostituisce l’“Io egemone” di individui ormai stremati – e, proprio per questo, dotati di fortissima “volontà di credere” – con un io egemone esterno» (Bodei 2002, p. 221). Nella massa che viene così a crearsi si ha una omogeneizzazione delle coscienze lungo una direttrice verticale di autorità che obliterandone la ragione, le trasforma in quella che Gustave Le Bon, verso la fine del XIX secolo, aveva chiamato «coalizione di sentimenti». Lo stato dell’individuo nella massa veniva così da lui sintetizzato: «annullamento della personalità cosciente, predominio della personalità incosciente, orientamento per via della suggestione e di contagio dei sentimenti e delle idee in un medesimo senso, tendenza a trasformare immediatamente in atti le idee suggerite: tali sono i principali caratteri dell’individuo in una massa. Egli non é più sé stesso, ma un automa diventato impotente a guidare la propria volontà» (Le Bon 2020, p. 13).

A partire da fine ‘800 e sempre più nei primi decenni del Novecento, il processo politico tenderà a identificarsi con la figura di un capo, nella direzione di progetti politici che coinvolgeranno le masse, allo scopo di scongiurare il collasso di una civiltà. Se le folle in Le Bon erano in qualche modo ancora fluttuanti, l’esperienza bellica della Grande Guerra, segnata da organizzazione e disciplina, sarà lo spartiacque che inaugurerà la vera e propria età delle masse. L’individuo come soldato viene accolto nell’esercito, «un immenso collettivo, una numerosa famiglia autoritaria e anonima, che tempra la sua individualità attraverso ordini e divieti proprio mentre ne dissolve l’autonomia». Secondo Bodei la desertificazione psichica e l’aggravamento della crisi economica e sociale post-belliche, produrranno in molti una forma mentis che sarà terreno fertile per l’ascesa dei totalitarismi: «le virtù della vita militare vengono così velocemente trapiantate nella vita civile: disciplina, abnegazione, esecuzione pronta e automatica degli ordini, disponibilità al sacrificio di sé» (Bodei 2002, pp. 222-224). L’intera società sembra assumere la configurazione di un esercito all’interno del quale la debolezza dell’Ego viene sostenuta dal Noi della massa organizzata. In quest’ultima il singolo non vale tanto per le sue qualità individuali, quanto per quelle virtù gregarie che si declinano in onore, fedeltà e spirito di sacrificio. La produzione antropologica di questo tipo umano serializzato non sarà però un’esclusiva dei regimi totalitari in quanto caratterizzerà, con modalità meno coercitive e violente, anche la fabbrica taylorista-fordista dei paesi liberali e democratici, nel suo disciplinamento spazio-temporale della forza lavoro.

Le società della prima metà del ‘900 sono ancora società disciplinari, nel senso attribuito da Michel Foucault a questo modello di organizzazione sociale. Società caratterizzate da meccanismi di controllo e normalizzazione che plasmano i corpi e i comportamenti degli individui. Istituzioni come scuole, prigioni, fabbriche e ospedali impongono regole rigide e una sorveglianza costante, ispirata al modello del Panopticon, portando gli individui ad auto-disciplinarsi. Il potere disciplinare non si limita a reprimere, ma produce soggettività, definendo ciò che è normale o deviante. Le fonti dell’autorità rimanevano in parte quelle tradizionali della famiglia, sebbene quest’ultima fosse in via di disfacimento, delle istituzioni considerate in generale legittime e di una religione sempre più secolarizzata. Le modalità organizzative si declinavano in termini di ordine, disciplina e gerarchia, mentre le vaste aggregazioni sociali delle metropoli in crescita, continuavano ad avere la consistenza della massa, la quale tendeva ad assumere sempre più il profilo di una folla solitaria2.

La stessa comparsa dei media audiovisivi analogici nel XX secolo, a partire dagli anni ‘20, aveva reso disponibili strumenti decisivi per la ripetizione incessante del pensiero rigido e stereotipato della propaganda fascista e nazista, la quale adunava folle oceaniche nelle piazze delle rispettive capitali. La loro diffusione creava nuove “masse artificiali”, coagulatesi a partire dal dettato ipnotico radiofonico dei regimi.

Queste masse diventeranno in seguito la configurazione sociale ordinaria e permanente delle democrazie industriali le quali, attraverso le industrie di programmi audiovisuali, diventeranno ben presto delle vere e proprie telecrazie (Stiegler 2019, p. 92). Le società disciplinari andranno irreversibilmente scomparendo nella seconda metà del XX secolo a mano a mano che le norme disciplinari perderanno efficacia e verranno sostituite da un soft power, il cui cavallo di troia sarà proprio il mezzo audiovisivo.

Questa transizione dalle società disciplinari a quelle del controllo3 porterà con sé forme più sottili di esercizio del potere e una sorveglianza più fluida e tecnologica.

Se la progressiva erosione delle strutture tradizionali dell’autorità era avvenuta a seguito di mutamenti nella sfera economica, politica e sociale, la diffusione di radio, cinema e poi della televisione, diventati strumenti in mano all’industria culturale, trasformeranno progressivamente le condizioni stesse della riproduzione psichica individuale e collettiva. Sincronizzando i tempi di coscienza individuale, la captazione dell’attenzione degli spettatori dei media audio-visuali di massa, condurrà a una standardizzazione diffusa della sensibilità. L’industria culturale e il marketing commerciale tenderanno a «deviare verso la televisione il processo d’identificazione primaria4 attraverso il quale i bambini ereditano dai loro genitori le capacità di diventare ciò che sono, ossia di regolare le loro identificazioni secondarie tramite cui sono in grado di trasformarsi adottando nuovi modi di vita […] Questo condurrà verso la «DESUBLIMAZIONE, che tenderà a liquidare la psiche stessa» (Stiegler, 2012, p. 99).

I media di massa, in particolare la televisione, favoriranno la creazione di una relazione diretta tra leader e pubblico, bypassando le strutture tradizionali di intermediazione sociale. I leader carismatici, in grado di “parlare” direttamente agli elettori, indeboliranno ulteriormente le istituzioni tradizionali, spostando l’attenzione dalla legittimità istituzionale alla loro immagine personale, nella direzione di una personalizzazione del potere.

Nel perimetro della famiglia, se il declino dell’autorità genitoriale portava con sé quello della sua funzione di modello ideale e normativo del bambino, allo stesso tempo però «le nuove condizioni della vita famigliare non inducono tanto un declino del Super-io quanto piuttosto una modificazione del suo contenuto. L’inadeguatezza dei genitori a fungere da modelli di autocontrollo […] non si traduce automaticamente in un’assenza di Super-io nel bambino che diventa adulto. Favorisce, al contrario, lo sviluppo di un Super-io rigido e punitivo basato in larga misura su raffigurazioni arcaiche dei genitori, amalgamate con grandiose rappresentazioni di sé. In queste condizioni, il Super-io consiste in immagini introiettate dei genitori piuttosto che in modelli di identificazione. Esso indica all’Io standard elevati di fama e successo e lo punisce con selvaggia ferocia quando si rivela inferiore agli standard proposti» (Lasch 1995, p. 200). L’Ego si coagula attorno alla propria immagine, cercando di corrispondere a un Io Ideale che in quanto irraggiungibile, genera quella frustrazione che alimenta un’aggressività rivolta in maniera oscillante dentro e fuori di sé. Depressione ed euforia si alternano, andando a configurare un profilo psicologico dai forti tratti narcisistici.

Nelle società contemporanee alla definitiva estinzione della famiglia patriarcale è seguito il disfacimento dello stesso principio paterno quello che, con l’imprinting della Legge di interdizione del desiderio incestuoso dell’Edipo, costituiva il modello di ogni autorità interna ed esterna, fungendo allo stesso tempo da Ideale di identificazione dell’Ego. Privo di un principio ordinatore interno e di stabili riferimenti ideali, il soggetto post-edipico non crede più a nulla e la sua adesione a norme e regole rimane solo un atto distaccato e passivo. Senza alcuna bussola che aiuti la navigazione nella vita molti brancolano nel web delegando il loro saper-vivere all’influencer di turno e altrettanti il loro saper-decidere a nuove figure di leader populisti che promettono di farlo al loro posto e per il loro bene.

Il progressivo impoverimento di ampie fasce della popolazione, la crisi generale delle agenzie di socializzazione, il disorientamento psichico e valoriale, una sfiducia diffusa nelle istituzioni unita a una disaffezione politica crescente, la monocultura del denaro, la sussunzione crescente della vita offline in quella online, il crollo di ogni idealità e la paura e l’insicurezza diffuse, derivanti da crisi economiche, pandemia, migrazioni e cambiamenti climatici e accresciute da una specifica forma imprenditoriale, stanno mutando le democrazie occidentali, da tempo ridotte a simulacri post-democratici, in forme autoritarie di governo guidate da leader che tendono ad assumere su di sé ogni processo decisionale. In mancanza di punti di riferimento attorno ai quali costruire il senso della propria vita, la libertà arriva a generare nell’individuo angoscia o a venir fraintesa con il lasciar libero sfogo alle proprie pulsioni. La tendenziale estinzione della cultura e della famiglia patriarcale, seguite dallo sgretolamento dello stesso principio paterno, portano con sé una serie di rigurgiti a livello individuale di cui la crescita del numero di femminicidi costituisce l’espressione più eclatante.

In questo quadro psicosociale emergono diffusi tratti di personalità che potrebbero andare a configurare, mutatis mutandis, una nuova versione di personalità autoritaria. Tratti di una personalità che tende a sostenere leader populisti e movimenti illiberali, come sta accadendo oggi al di qua e al di là dell’Atlantico, e che risulta tollerante verso il controllo autoritario e la repressione delle minoranze. Caratteristiche caratteriali favorite dalla crescente erosione dei residuali valori democratici e dal declino della fiducia nelle istituzioni, i quali si associano a una percezione di corruzione e inefficienza, il tutto alimentando il ricorso a soluzioni semplicistiche ammannite da un leaderismo autoritario.

Se nella versione classica di questa personalità tratti caratteriali quali il conformismo e il gregarismo venivano polarizzati da un capo, altrettanto avviene con la diffusione dei social media, i quali alimentano comportamenti mimetici virali, che tendono a coagularsi attorno a figure di leaderismo digitale. Gli individui psichici vengono attratti dentro quell’«effetto di rete, che diviene con il social networking un effetto automaticamente gregario, cioè altamente mimetico. Si costituisce così una nuova forma di massa convenzionale» (Stiegler 2019, p. 91). Le connessioni all’interno di quest’ultima sono però talmente volatili da farla assomigliare più a uno sciame che a una massa: «la nuova folla si chiama sciame digitale e ha caratteristiche che la differenziano radicalmente dal classico schieramento dei molti, vale a dire dalla folla». La folla, ovvero la massa, non è infatti un semplice aggregato, una somma di individui isolati, ma una neoformazione omogenea che va a modificare la coscienza dei singoli, i quali trovano nel capo politico cui si sottomettono, lo specchio in grado di rimandare loro i riflessi del loro Io ideale e colui che sembra corrispondere ai loro sogni. L’aggregazione casuale di uno sciame, viceversa, non possiede quello spirito unico che anima la folla con la voce di un solo Noi. Lo sciame digitale «non si esprime come una sola voce», ma come una cacofonia di voci giustapposte, quali quelle di una shitstorm (Han 2015, pp. 22, 23). In questa società che Stiegler chiama “società automatica”, le espressioni comportamentali tendono a diventare sempre più compulsive, mimetiche, gregarie e automatizzate, nella direzione di una società falsamente individualista, perché in realtà società-gregge, società-formicaio (Stiegler 2019). Ed è proprio la volatilità dello sciame digitale, a non rendere possibile il cristallizzarsi di alcuna forma di aggregazione politica ma solo spostamenti ondivaghi polarizzati da significanti guida intercambiabili, veicolati da circuiti informazionali che viaggiano alla velocità della luce.

Secondo Stiegler oggi ci troviamo di fronte a una «totalizzazione permanente e planetaria costitutiva essa stessa di un totalitarismo soft, che sfrutta industrialmente e matematicamente le pulsioni e gli arcaismi mimetici che li sottendono, in una tecnosfera diventata esosferica e costituente una macchina dal calcolo in real time di scala cosmica, e che Peter Thiel teorizza annunciando la liquidazione algoritmica del politico stesso» (Stiegler 2019, pp. 159-160).

La fuoriuscita dal politico teorizzata dal cofondatore di PayPal annuncia quella società tecno-oligarchica che il duo Trump e Musk, assieme a gran parte del gotha digitale, sembrano intenzionati a portare a compimento. Una società nella quale il monopolio privato di big data e infrastrutture informazionali in grado di drenarli, trasformarli e inocularli nella rete, modellando i profili digitali nei quali sempre più ciascuno si rispecchia, prefigura una sua rifeudalizzazione ad opera di un tecno-totalitarismo plutocratico.

Attualmente la circolazione infosferica accelerata di flussi ininterrotti di informazioni, delle quali risulta spesso difficile stabilirne la veridicità, la trasformazione della stessa configurazione psichico cognitiva dell’individuo ad opera di un’eccitazione infoneurale continua e la manipolazione degli orientamenti di voto attraverso una profilazione digitale personalizzata, conducono verso forme di populismo digitale che condizionano i comportamenti degli individui nella società reale.

L’automatizzazione della facoltà analitica dell’intelletto umano, a mezzo del lavoro accelerato degli algoritmi, spinge a un’accelerazione la stessa ragione la quale, presa in velocità, come facoltà sintetica ed ermeneutica, strumento di riflessione critica, ne risulta cortocircuitata.

L’eccitazione attenzionale ininterrotta operata da flussi velocissimi di stimoli altamente volatili, non lascia tempo alle tracce ritenzionali digitali di depositarsi in modo permanente nella memoria degli individui, compromettendone la sedimentazione. La velocità degli automatismi e la variabilità degli stimoli che attenzionano la coscienza è tale da non consentire quell’intermittenza necessaria alla costruzione di un deposito mnestico e quindi di un soggetto della memoria. La capacità di conservazione di quest’ultima si indebolisce e luoghi, persone e fatti, per essere richiamati alla coscienza, necessitano dell’accesso ad un cloud collocato fisicamente su di un server. L’atrofizzazione delle ritenzioni mnestiche colpisce in particolare la memoria dichiarativa, la quale viene progressivamente sostituita da quella procedurale5. Secondo Stiegler l’entropia informazionale conduce alla scomparsa dello spirito critico e alla cancellazione delle capacità curative e trasformative del pensiero, aprendo la strada alla post-verità, alla stupidità funzionale e alla post-democrazia.

Questo habitat tecno-psico-sociale risulta favorevole all’emergere di una nuova personalità autoritaria. Gli “sciami digitali” vengono polarizzati da flussi di stimoli infoneurali che catturano anticipatamente le protensioni individuali, ovvero le aspettative di futuro, secondo uno schema di stimolo-risposta che va a configurare un gemello digitale profilato dal neuromarketing psicopolitico. La ripetuta trasmissione e ritrasmissione di segnali informativi tende a coagularsi in ambiti omogenei e chiusi, in cui visioni e interpretazioni divergenti finiscono per non trovare più considerazione e scompaiono dibattito e contraddittorio. Vengono a crearsi echo-chambers nelle quali la nuova personalità autoritaria tende a conformarsi rigidamente ai valori del proprio gruppo di appartenenza, sia esso un movimento estremista online o una comunità ideologica chiusa, sviluppando tratti paranoico-fascisti e complottisti. Ad esempio Qanon, un gruppo politico di estrema destra, sostiene una teoria del complotto secondo la quale esisterebbe un complesso piano segreto orchestrato da un presunto Deep State, ovvero i poteri occulti, con l’intento di ostacolare il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e i suoi sostenitori. Questi ultimi, al contrario, sarebbero riusciti a prendere il potere con lo scopo di smantellare un presunto Nuovo Ordine Mondiale, ritenuto colluso con reti globali di pedofilia, pratiche esoteriche legate all’ebraismo, società segrete e, più in generale, orientato al controllo globale.

Rieccheggiano le massime di 1984, «La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza», declinate all’interno di un regime di post-verità che si diffonde nel web e che è sintetizzato dall’ossimorico nome del social network creato da Trump, Truth. All’interno di quest’ultimo, come in quello di Elon Musk, X, e in generale nei social media ormai non più sottoposti al fact checking, si moltiplicano contenuti manipolati (fake news) che creano una realtà alternativa, che rafforza le credenze autoritarie. Algoritmi e intelligenza artificiale diventano gli strumenti con i quali creare un mondo alla Truman Show del quale ognuno di noi ne è inconsapevole protagonista.

Arroccamenti etnocentrici, nazionalisti e identitari si diffondono su entrambe le sponde dell’Atlantico, alimentando una visione del mondo in termini di gruppi contrapposti, come “noi contro loro”, i quali vanno a generare una polarizzazione che crea divisioni e conflitti crescenti, in termini politici, etnici e financo religiosi. A ciò si aggiunga una crescente sfiducia nelle istituzioni tradizionali (governi, media tradizionali, scienza ufficiale), alla quale corrisponde una fedeltà verso fonti alternative, spesso marginali o cospirazioniste. Queste tendenze diventano il terreno più adatto ad alimentare forme di autoritarismo politico e culturale. A sua volta, il malessere diffuso in molti cittadini si esprime in un risentimento, che nell’epoca della post-verità, viene agevolmente indirizzato verso un caprio espiatorio dal pifferaio digitale di turno. La sofferenza cerca un sollievo attraverso quello “spirito di vendetta” che vuole che anche gli altri abbiano ugualmente a soffrire: «Lo spirito di vendetta: amici, su nient’altro finora gli uomini hanno meglio riflettuto; e dov’era sofferenza, sempre doveva essere una punizione» (Nietzsche 1988, p. 171).

Se la governance algoritmica capitalista sembra portare con sé la fine dei tempi politici, allo stesso tempo il «totalitarismo soft di questo capitalismo smart genera delle regressioni autoritarie che portano verso la ripetizione delle forme più hard di repressione e di sottomissione – e c’è da temere che le imprese computazionali vi si accomoderanno perfettamente», com’è puntualmente accaduto con i GAFAM dopo l’elezione di Donald Trump in America (Stiegler 2024, pp. 159, 160, 184).

Le politiche economiche di stampo neoliberista che hanno dominato dopo “i gloriosi trenta” e che hanno spinto verso delocalizzazione e globalizzazione, stanno provocando riterritorializzazioni di stampo nazionalista, che iniziano a contemplare modalità di esercizio del potere nuovamente coercitive. Con il neopresidente americano e i suoi numerosi correligionari europei ritorna una forte enfasi sulla difesa dell’identità culturale, religiosa ed etnica, in opposizione a fenomeni come l’immigrazione e la globalizzazione. Torna anche l’esibizione muscolare del potere e della forza del capo nella quale individui impoveriti, impauriti e disorientati si identificano, trovando risarcimento al vuoto di senso delle loro vite, alla loro fragilità e progressiva perdita di autonomia. Riemergono figure di padre-padrone non più a livello familiare ma politico le quali esercitano il potere in una maniera feroce, che genera ulteriore violenza. Se nella terribile stagione del totalitarismo del Novecento il padre-Duce, il padre-Fuhrer rassicurava le folle negando loro la libertà, oggi lo fa lasciando sfogare sfrenatamente le pulsioni più antisociali e distruttive, come sta avvenendo nella nuova guerra civile e sociale americana. Dopo la morte del padre edipico, Trump incarna un padre perverso e strupratore che lascia libero sfogo alle pulsioni dei figli della sua Nazione, ai quali non impone più il dovere ma il godere, incitandoli con slogan come “MAGA” e “America first” e con affermazioni anti-establishment tipicamente populiste.

Oggi sembra si stia costituendo un’Internazionale Nera6 animata da nazionalismi etno-identitari in Europa e suprematismo bianco in America, accomunati dal disprezzo per l’altro, con tentativi da parte dei suoi membri di esautorare i rispettivi parlamenti, accentrando i poteri in una sola persona, con spregio per la loro divisione, come per la stampa e per ogni forma di dissenso e con l’assunzione di toni messianici, complottisti e populisti. I diritti fondamentali, civili e sociali, vengono progressivamente erosi, mentre la propaganda mediatica trasforma la realtà a immagine di una falsa ed esorbitante narrazione, che per molti è diventata verità.

La depoliticizzazione sta in realtà mutando in «una politicizzazione nel senso più arcaico e tribale di “politica”, intesa come sfera delle relazioni amico-nemico e continuazione della guerra con altri mezzi. Un’evoluzione dell’autoritarismo, più ferino e insieme indissociabile dalla tecnologia, e soprattutto radicato ormai nel potere aziendale e digitale, un completo rovesciamento del Leviatano o “stato etico” fascista, un nazismo a guida privata. Dove l’abolizione della differenza fra il vero e il falso avviene in nome della libertà di opinione e di espressione, e con la forza degli algoritmi che governano i social, per cui poi l’attacco allo straccio di stampa che resta sembra ancora quasi onesto: ti bastono perché non mi piace ciò che dici, all’antica» (De Monticelli 2025).

L’autoritarismo crescente e il suo allargamento su scala internazionale possono essere favoriti da ogni individuo portatore della nuova personalità autoritaria, se non addirittura da elementi potenzialmente presenti in ciascuno di noi come pensavano Deleuze e Guattari, per i quali le masse non erano state ingannate ma avevano veramente desiderato il fascismo e l’oppressione, animate dalla perversione del desiderio gregario.

Prima che la montante marea nera si abbatta sulle nostre società, riducendole a democrature quali stadi embrionali di vere e proprie dittature, risulta centrale che chi si batte ancora per l’autonomia degli individui esiga un’attenzione particolare verso la disautomatizzazione delle tecnologie digitali, l’educazione volta al pensiero critico e il consolidamento delle strutture democratiche.

Note


1 La teoria della confederazione di anime dei medici filosofi Ribot, Janet e Binet, sostiene il carattere illusorio dell’unicità monolitica dell’Io. La personalità viene pensata come una pluralità di Io che si pone sotto il controllo di un Io egemone che li coordina. La nostra identità è solo il risultato instabile del controllo esercitato da questo Io egemone sulle altre anime, controllo che richiede un grande impiego di energia. Per i médecins philosophes, scrive Bodei, «l’io degli individui psicologicamente ritenuti normali è soltanto il più forte, non l’unico. La sua egemonia si basa su un sistema di alleanze e di equilibri psichici costruiti, non naturali, che richiedono un continuo dispendio di energia» (Bodei 2002, p. 57).

2 Il concetto di folla solitaria (The Lonely Crowd) è stato sviluppato dal sociologo David Riesman nel 1950. Descrive una società in cui gli individui, pur vivendo in ambienti affollati e interconnessi, si sentono isolati e privi di legami autentici. Riesman distingue tre tipi di orientamento sociale: quello che segue le norme ereditate dal passato, quello guidato da valori interiorizzati e quello influenzato principalmente dall’opinione degli altri e dai media. La folla solitaria rappresenta quest’ultima condizione: individui che si conformano alle aspettative sociali senza una vera autonomia, portando a un senso di alienazione e superficialità nei rapporti umani.

3 Come scriveva Gilles Deleuze nel 1990, nel suo Poscritto sulle società di controllo, la società di controllo sostituisce all’uomo rinchiuso l’uomo indebitato, all’individuo il «dividuo» rivale di sé stesso e degli altri che cerca di emulare, alla massa i campioni statistici, alla fabbrica l’impresa, che si pone come modello di società e la cui anima è la sua divisione commerciale. Il controllo sociale assume una forma non rigida, coercitiva e discontinua come quella degli ambienti chiusi (scuola, ospedale, fabbrica, carcere) delle società disciplinari ma aperta, continua e infinitamente modulabile come quella dell’impresa capitalistica. Tramite il mezzo televisivo, la pubblicità e il marketing, il controllo si fa invisibile e affabile e il soggetto viene controllato senza neanche sapere di esserlo, anzi credendosi libero autore delle proprie scelte. La società di controllo opera anche attraverso tecnologie quali i computer e i dispositivi informatici, che permettono di individuare «la posizione di ciascuno, lecita o illecita e di operare una modulazione universale […] non c’è bisogno di ricorrere alla fantascienza per concepire un meccanismo di controllo che ad ogni istante dia la posizione di un elemento in ambiente aperto, animale in una riserva, uomo in un’impresa (collare elettronico)» (Deleuze 2019, p. 205).

4 Per Freud l’identificazione primaria consiste nell’adozione da parte del bambino del modello genitoriale, mentre le identificazioni secondarie riguardano la strutturazione della personalità adulta, attraverso l’adozione di oggetti affettivi, legami e forme di sublimazione.

5 Aggiungiamo che dal punto di vista cognitivo, l’essere umano dispone di facoltà intuitive e di facoltà razionali. Le prime corrispondono a frame mentali, già depositati nella nostra memoria procedurale, con i quali interpretiamo una situazione in maniera automatica. Agiamo in modo intuitivo quando ci riferiamo a procedure acquisite nel passato. Un problema che non possiamo riportare intuitivamente a schemi mentali precedenti, dobbiamo affrontarlo con le nostre facoltà razionali. Queste ultime afferiscono alla memoria dichiarativa e implicano una riflessione che si articola in alcune fasi diverse, che richiedono un diverso impegno cognitivo e una durata maggiore. Tramite l’intuizione sappiamo come agire, mentre con il ragionamento sappiamo perché. Ad esempio, leggendo un manuale, posso spiegare in teoria come si guida una macchina, senza saperla guidare in pratica. Viceversa, posso saper suonare uno strumento musicale, senza aver alcuna conoscenza di teoria e solfeggio. Usare in continuazione un mezzo digitale, attraverso interfacce web, permette di apprendere procedure e dopo un po’ di eseguirle in modo automatico, senza alcun bisogno di pensare e senza sapere nulla con quali criteri e valori sono state costruite. Data la grande plasticità dell’organo cerebrale e il suo veloce modificarsi tramite l’apprendimento di procedure, soprattutto se dotate di interfacce user friendly e gamificate, il rischio paventato di un’esposizione sempre più massiva ai device digitali, soprattutto dei più giovani, è quello di una atrofizzazione della memoria dichiarativa a favore di quella procedurale, laddove risultano entrambe indispensabili nell’interazione con il mondo reale.

6 «Non mi sento solo, perché nuovi alleati hanno abbracciato le idee di libertà in ogni angolo del mondo, dall’incredibile Musk alla mia cara Giorgia Meloni fino al presidente israeliano Netanyahu e al presidente Usa Donald Trump». Il presidente argentino Javier Milei ha espresso queste dichiarazioni durante il suo discorso al Forum di Davos. Nel suo intervento non è mancata una critica abituale al cosiddetto “wokismo”, termine generico impiegato da coloro che mirano a delegittimare le classi sociali più deboli e discriminate. Quest’alleanza globale di forze reazionarie, suprematiste e promotrici di un nazionalismo economico aggressivo si percepisce oggi in una posizione di forza.

Bibliografia


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B. Stiegler, Pensare, curare. Riflessioni sul pensiero nell’epoca della post-verità, Meltemi, Milano 2024

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La mattanza del popolo palestinese è senza dubbio un genocidio ed è risibile il tentativo di edulcorare le parole. È amaro dirlo, ma le cose vanno chiamate con il loro nome. E una componente dell’orribile mattanza è il killeraggio seriale di giornaliste e




Perché OpenAI ha dovuto risuscitare il suo vecchio modello Gpt-4o?

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A volte il vecchio è meglio del nuovo. O almeno, sembrerebbe così nel caso dell'ultimo modello di OpenAI. Dopo nemmeno 24 ore dal lancio di Gpt-5 gli utenti hanno rivoluto indietro il suo predecessore



Ivan Pozzoni. Kolektivne NSEAE
freezonemagazine.com/articoli/…
È difficile racchiudere in una definizione sintetica una figura di alto livello e versatile come quella di Ivan Pozzoni, ma bisogna comunque partire da un punto inequivocabile: siamo di fronte ad un grande poeta e soprattutto uno dei più originali, innovativi, degli anni 2000 della poesia italiana, versante sul quale la nostra poesia contemporanea, non […]
L'articolo Ivan Pozzoni.


LA CINA HA CREATO IL PRIMO REATTORE NUCLEARE AL MONDO CHE NON PUÒ FONDERSI… DAVVERO?

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La notizia non ha avuto molta eco, però merita un approfondimento: “La Cina ha testato con successo un reattore nucleare rivoluzionario..
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Carlo Bencini =/\= reshared this.



Dopo più di 30 anni Aol disconnette la connessione Internet dial-up

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Protagonista indiscusso dell'era di Internet 1.0, Aol ha scontato diversi errori strategici ed è stato zavorrato dall'evidente incapacità di innovare, finendo presto relegata ai margini della Rete.



Difesa, la capacità produttiva europea è triplicata rispetto al 2021

@Notizie dall'Italia e dal mondo

L’industria della difesa europea sta attraversando la più ampia fase di espansione dalla fine della Guerra fredda. Secondo un report del Financial Times, i cantieri legati alla produzione di armamenti si moltiplicano a un ritmo tre volte superiore rispetto ai tempi pre-invasione dell’Ucraina, con oltre