Data breach: cosa leggiamo nella relazione del Garante Privacy
All’interno della relazione presentata da parte dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali con riferimento all’attività svolta nel 2024, un capitolo è dedicato ai data breach. Saltano all’occhio il numero di notifiche e la particolare frequenza delle violazioni di riservatezza e disponibilità. Non solo: nel 66,6 % dei casi (quindi: 2 su 3), è avvenuta una notifica per fasi con una notifica preliminare e successive notifiche integrative.
Fonte: relazione 2024 Garante Privacy.
Doverosa considerazione di metodo: il rapporto riguarda i settori che hanno notificato o per cui sono stati rilevati data breach da parte dell’autorità di controllo. Questo impone pertanto di fare attenzione a non incappare nel pregiudizio di sopravvivenza facendo l’errore di ritenere che riguardi tutti i soggetti che hanno subito un data breach. Ad ogni modo è un campione comunque rappresentativo, quanto meno dei soggetti che hanno inteso notificare l’evento di violazione dei dati personali. Che comprende anche quanti, spinti da moventi decisamente meno virtuosi, si sono trovati costretti a non poterli più nascondere.
Ad ogni modo, i settori più colpiti in ambito pubblico sono stati comuni, strutture sanitarie e istituti scolastici. Mentre nel settore privato sono state principalmente le grandi telco, energetiche, bancarie e dei servizi, nonché PMI e professionisti. Questo dato può confermare dunque che nessuno può dirsi esente dall’essere oggetto di attenzioni da parte dei cybercriminali.
Gli attacchi ransomware rimangono i grandi protagonisti della scena, con compromissione di disponibilità e riservatezza dei dati per effetto della doppia estorsione. Sono state riportate come maggiormente significative le violazioni dolose causate da accessi non autorizzati o illeciti a sistemi informativi e compromissione di credenziali. Le divulgazioni accidentali sono invece riconducibili per lo più da errori di configurazione o errori nell’impiego di piattaforme informatiche o sistemi di gestione della posta elettronica.
Comuni denominatori delle istruttorie in caso di data breach.
L’apertura di un’istruttoria in seguito alla ricezione di una notifica di violazione non può essere ridotta ad un “atto dovuto” da parte del Garante di natura meramente burocratica. Piuttosto, è condotta allo scopo di verificare se c’è un’adeguata protezione degli interessati, sia nelle misure adottate o che il titolare altrimenti intende adottare per porre rimedio alla violazione ed attenuare gli effetti negativi nei confronti degli interessati, sia nell’analisi dei rischi svolta.
Bisogna infatti ricordare che queste misure sono prescritte come contenuto essenziale della notifica dall’art. 33 par. 3 GDPR:
La notifica di cui al paragrafo 1 deve almeno:
a) descrivere la natura della violazione dei dati personali compresi, ove possibile, le categorie e il numero approssimativo di interessati in questione nonché le categorie e il numero approssimativo di registrazioni dei dati personali in questione;
b) comunicare il nome e i dati di contatto del responsabile della protezione dei dati o di altro punto di contatto presso cui ottenere più informazioni;
c) descrivere le probabili conseguenze della violazione dei dati personali;
d) descrivere le misure adottate o di cui si propone l’adozione da parte del titolare del trattamento per porre rimedio alla violazione dei dati personali e anche, se del caso, per attenuarne i possibili effetti negativi.
L’esito dell’attività istruttoria è dunque innanzitutto quello di constatare se queste misure sono adeguate, fornendo i correttivi del caso, nonché quello di verificare se il titolare del trattamento sia stato in grado di analizzare compiutamente i rischi. Assumendo, anche con attività ispettive e acquisizioni documentali, tutti gli elementi necessari per valutare tanto i rischi quanto l’adeguatezza delle misure adottate ed esercitare i provvedimenti correttivi del caso. Fra cui, nelle ipotesi di rischi elevati, quello di ingiungere la comunicazione agli interessati coinvolti e fornire le indicazioni specifiche per proteggersi da eventuali conseguenze pregiudizievoli.
In particolare, all’interno del settore sanitario i provvedimenti sanzionatori derivanti da data breach per inadeguatezza delle misure di sicurezza predisposte sono stati talmente significativi da essersi meritati un capo dedicato all’interno della relazione (par. 5.4.1.), con la ricognizione di alcuni casi particolarmente significativi ed esemplari.
Alcuni dubbi sugli obblighi collegati al data breach (che però il Garante non può risolvere).
La relazione conferma alcuni dubbi sugli obblighi di gestione del data breach. Dubbi che richiederebbero un intervento da parte del legislatore in nome di una semplificazione ben più efficace di quella annunciata da Bruxelles e dalle tinte blu ridicolo cui siamo purtroppo abituati. Mettiamo i primi tre sul podio.
Il termine di gestione del data breach di 72 ore serve davvero a qualcosa?
Piuttosto, sembra che i migliori intenti della norma non superino il reality check. Nella realtà è un onere burocratico, svolto per lo più (in 2 casi su 3 da relazione del Garante) con un: compiliamo subito ora, integriamo poi. Con buona pace degli interessati che invece spesse volte dovranno attendere l’intervento del Garante successivo (e ben oltre le 72 ore) per leggere una comunicazione di data breach non sempre chiara, talvolta ridotta a un formalismo, e spesso inefficace per una serie di ragioni legate al fattore tempo. Ne è infatti trascorso abbastanza perchè i più attenti abbiano già appreso l’evento dai media e i più disattenti ne abbiano subito gli effetti negativi. Top timing!
Ben diversa natura ha invece la notifica degli incidenti informatici ad ACN (e che riguarda soggetti PSNC e NIS 2), che va oltre la tutela degli interessati ma segue scopi di sicurezza nazionale, per cui invece la tempestività è d’obbligo.
Non sarebbe meglio prescrivere 72 ore per comunicare agli interessati?
Forse il termine di 72 ore è maggiormente adeguato per la comunicazione agli interessati, senza lasciare quella formula “senza ingiustificato ritardo” che invece comporta continui ritardi o comunicazioni sgangherate. Questo sì che gioverebbe agli interessati consentendo loro di essere consapevoli dell’accaduto adottare tempestivamente misure a loro protezione.
Inoltre, enfatizzerebbe quell’approccio di responsabilizzazione previsto dal GDPR: rendicontare la gestione dell’incidente, dunque dare priorità alle garanzie a tutela degli interessati.
Magari gioverebbe anche una maggiore attenzione da parte del Garante e conseguenti sanzioni per comunicazioni inadeguate. Just to say. Speriamo di trovare un capo dedicato nelle prossime relazioni di attività.
Perchè parlare di rischio improbabile?
Questa è una perla. Semantica e concettuale. Quel concetto di improbabilità riferito al rischio porta con sé il retrogusto dell’ineffabile.
L’art. 33 par. 1 GDPR prevede infatti che:
In caso di violazione dei dati personali, il titolare del trattamento notifica la violazione all’autorità di controllo competente a norma dell’articolo 55 senza ingiustificato ritardo e, ove possibile, entro 72 ore dal momento in cui ne è venuto a conoscenza, a meno che sia improbabile che la violazione dei dati personali presenti un rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche. Qualora la notifica all’autorità di controllo non sia effettuata entro 72 ore, è corredata dei motivi del ritardo.
Certo, il considerando n. 85 propone che stia al titolare comprovare il fatto che” è improbabile che la violazione dei dati personali presenti un rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche”. In nome dell’accountability, che viene spesso citata quando non si sa come spiegare le cose.
Ma dal momento che anche l’EDPB fatica a fornire indicazioni e criteri di carattere generale, profondendosi piuttosto in una miriade di esempi, forse sarebbe meglio riformulare il trigger che fa scattare un esonero dall’obbligo di notifica.
Che so, ad esempio citando un rischio basso. E lasciando (vedi sopra circa le 72 ore) tempo al titolare per valutare correttamente il rischio prima di spammar notifiche di data breach “perchè non si sa mai”. Con buona pace dell’accountability.
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Il mio testamento
Per chi ha conosciuto e segue la vicenda del gesuita p. Paolo Dall’Oglio e della comunità monastica da lui fondata presso il Monastero Deir Mar Musa, nel deserto siriano, questi due volumi erano attesi e sono preziosi. Essi sono il frutto di un lungo lavoro. Nascono infatti dalle 135 conversazioni tenute da Dall’Oglio in arabo alla comunità, commentandone la Regola monastica, tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, prima di lasciare la Siria e scomparire il 29 luglio 2013. Perciò il titolo Il mio testamento è corretto e vale per ambedue i libri. Le registrazioni sono state trascritte da un amico della comunità (600 pagine in arabo!), tradotte in italiano e curate per la stampa. Molte persone si sono impegnate per farci leggere queste pagine, tra cui è giusto menzionare Adib al-Koury, Elena Bolognesi e Luigi Maffezzoli.
I due volumi si aprono con un’Introduzione del p. Jihad Youssef, attuale guida della comunità monastica e, rispettivamente, con una Prefazione di papa Francesco e con un Messaggio del Presidente Sergio Mattarella: un bel riconoscimento del loro significato!
Paolo parla a una piccola comunità monastica. Lo fa dall’abbondanza del cuore, dalla profondità della sua riflessione religiosa e culturale sul cristianesimo e sull’islam, dalla ricchezza della sua travagliata esperienza e della sua creatività, come portatore di un carisma originale per una nuova comunità. Non è un trattato sistematico, ma una comunicazione orale per la trasmissione di questo carisma, cioè di uno spirito, che è fatta con grande passione. Diciamo pure che non è una lettura facile: va fatta con attenzione, e magari rifatta, per ritrovare il filo dei pensieri, nonostante le non poche – sempre interessanti – digressioni. Tuttavia l’impegno vale certamente la pena, perché con Paolo non si rimane mai al livello superficiale delle disquisizioni teoriche, ma si è obbligati a confrontarsi con la coerenza tra la fede e la vita reale.
Fra i molti temi trattati nelle conversazioni, diversi sono già stati toccati con profondità in altre pubblicazioni: in particolare, l’inculturazione della fede e il dialogo tra cristianesimo e islam, centrali nella missione di Deir Mar Musa. Per evocare lo stile di Paolo, basti una citazione: «La Chiesa non è una comunità contro altre, siano esse l’Islam, l’ebraismo, il marxismo, o altre. Non è nemmeno una comunità tra le altre, una comunità in più da sommarsi al numero totale delle altre. Piuttosto, a causa del nostro battesimo e del nostro rapporto con Gesù (‘Īsā) Cristo, ci troviamo di fronte a una pretesa spaventosa: che dentro di noi c’è il lievito del completamento di ogni religione e di ogni comunità. E che in ogni comunità c’è un tesoro per il completamento di ciò che noi siamo nel mistero ecclesiale. Diciamo, con spaventosa esagerazione, che la Chiesa è il progetto di Dio nella creazione dell’universo» (Dialogo sempre con tutti, p. 39).
Trattandosi di conversazioni per e sulla vita monastica di una comunità insieme maschile e femminile, gran parte di esse approfondiscono l’argomento dei rapporti fra uomini e donne, non al livello della «disciplina della vita religiosa», ma a quello del superamento radicale della «maledizione antica», del conflitto tra uomini e donne e della loro riconciliazione piena come nuove creature in Cristo. Forse è proprio questa la parte più originale dei due libri.
La castità non è in questione: «Se non ami la castità nel cuore e nell’anima, nello spirito e nella lettera, allora non parlate di vita monastica. Perché […] nella castità c’è un segno e una verità mistica fondamentale, fondativa e finale per l’identità monastica nelle Chiese di Dio, nel passato, nel presente e per tutte le generazioni. […] Se non accettate la castità, non avrete nulla a che fare con il monachesimo» (ivi, pp. 153-155). Non si tratta di repressione. Paolo sa che vi sono problemi, ma afferma di «aver conosciuto santi e sante, che conservano nei loro volti e nei loro corpi, nella loro postura e nei loro movimenti, le caratteristiche del successo affettivo. […] Attraverso la loro prosperità spirituale, la loro energia sessuale si è moltiplicata ed è stata imbrigliata al servizio di questa riuscita sublimazione» (ivi, p. 184).
Il dialogo tra uomini e donne è difficile, ma fondamentale: «Trovo nel dialogo profondo fra uomini e donne […] lo spazio fondamentale, il campo educativo per praticare il dialogo interreligioso. Il dialogo tra un uomo e una donna è molto più difficile del dialogo tra un musulmano e un cristiano, e molto più fondamentale. Perché la differenza tra un musulmano e un cristiano è religiosa, intellettuale, culturale e storica, ma la differenza tra un uomo e una donna non ha soluzione. L’uomo, qualunque cosa faccia, non entrerà nella testa della donna per capire le cose come le capisce lei» (ivi, p. 158).
Allo stesso tempo, «ci è parso che la vita consacrata dei discepoli e delle discepole di Cristo sulla via della santità nel quadro di un’unica comunità monastica è possibile, consolante ed è annuncio di una umanità nuova, a condizione che sia costruita sull’umiltà, il realismo, la conoscenza di sé, l’ascesi affettiva, l’apertura all’obbedienza nella direzione spirituale» (Il mio testamento, p. 176). Condizioni quasi impossibili, che valgono però non solo per uomini e donne, ma per uomini e uomini, donne e donne: «È esattamente lo stesso nel caso di una comunità i cui membri siano dello stesso sesso» (ivi).
Paolo è quindi coraggioso e speranzoso, ma giustamente realista: «Mi è stato chiesto: “Come trovi la vita comune tra uomini e donne nel monachesimo?”. Ho risposto: “Molto più bella, molto più ricca e rilevante di quanto immaginassi, e molto più difficile di quanto mi aspettassi”» (Dialogo sempre con tutti, p. 159). Paolo accetta, anche in obbedienza, che nella Chiesa cattolica le donne oggi non siano ammesse agli Ordini sacri, ma sinceramente ne soffre.
Sono passati alcuni decenni da quando Deir Mar Musa ha iniziato il suo cammino, ma è ancora molto giovane rispetto alla storia. Da questi scritti possiamo comprendere ancora una volta la profondità e la forza del suo carisma originario e il suo valore per la Chiesa, sia nel dialogo con l’islam sia nel divenire della vita consacrata. Non possiamo che augurarci che questo carisma continui a trovare le vie per vivere, pur nella storia drammatica della Siria e del mondo, come luogo spirituale di incontro davanti a Dio e tra persone umane diverse, sulla riva di molti deserti.
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О выборах 12-14 сентября 2025 года
11–13 сентября 2025 года состоится очередной трёхдневный так называемый единый день голосования. Избирателям предстоит участвовать в выборах глав субъектов и иных органов власти, включая встроенные в вертикаль после öбнуления Конституции органы местного «самоуправления». Официальным символом голосования власти цинично выбрали символ свободы, жизни и победы.
Пиратская партия России последовательно выступает за внедрение и развитие системы прямого, непрерывного, свободного доступа граждан к участию в решении всех общегосударственных и местных вопросов через систему электронного референдума. Однако, для перехода к прямой демократии представительные органы власти всех уровней должны стать честными, открытыми и подконтрольными гражданам, их выбирающим, а процедуры, предусматривающие реализацию конституционного права каждого гражданина избирать и быть избранным, максимально упрощены.
Мы намерены осуществлять наблюдение за ходом голосования, в том числе на федеральном уровне за тем, что по каким-то причинам всё ещё зовётся системой дистанционного электронного голосования, которая в текущем виде противоречит базовым принципам избирательного права, о чём мы в том числе рассказывали в Госдуме РФ в апреле этого года.
Каждый гражданин вправе самостоятельно принимать решение о своём участии или неучастии в выборах. Мы уважаем выбор каждого, если он сделан свободно, без давления и после внимательного анализа информации о кандидатах и партиях.
Мы призываем фиксировать все нарушения избирательного процесса, сообщать о них наблюдателям и независимым организациям, а также добиваться их публичного обнародования.
Также напоминаем, что жизнь важнее единичного проявления политической позиции хотя бы потому, что живой человек будет способен выражать политическую позицию в дальнейшем. В случае каких-либо осложнений, связанных с вашим местонахождением, здоровьем либо другими потенциально препятствующими факторами, оставайтесь дома или в любом другом безопасном для вас месте.
Сообщение О выборах 12-14 сентября 2025 года появились сначала на Пиратская партия России | PPRU.
Reverse Engineering a Robot Mower’s Fence
There are a variety of robot mower systems on the market employing different navigation methods, and [Eelco] has the story of how one of these was reverse engineered. Second hand Roomba lawnmowers kept appearing for very low prices without the electronics driving the buried-wire fence that keeps them from going astray. The story of their reverse engineering provides us with a handy insight into their operation.
The wire fence is a loop of wire in the ground, so it was modeled using a few-ohm resistor and the waveform across it from a working driver captured with an oscilloscope. The resulting 3 kHz waveform surprisingly to us at least doesn’t appear to encode any information, so it could be replicated easily enough with an ESP32 microcontroller. An LM386 audio amplifier drives the loop, and with a bit of amplitude adjustment the mower is quite happy in its fake fence.
Robot mower hacking has become quite the thing around here.
Captain Jolly Mitch Statement from Sept 10
Sept. 10 – “We, along with the majority of Americans, condemn this and all acts of political violence. We reject the rhetoric inciting violence.
This is NOT the way and never should be.
No matter the party you vote for, violence is not the way.”
Those are the exact words we posted when an attempt was made on the President’s life. Unfortunately since then, the escalation of political violence is has only gotten worse. We have seen political assassinations in Minnesota with the death of Melissa Hortman. Today we saw Turning Point USA’s Charlie Kirk die via gunman’s hands.
This has to end.
The dueling bloodshed of the culture war is your sign that things have gotten too far. Charlie Kirk is a victim of political hatred he was paid handsomely to manufacture. This is the inevitable result of political polarization. We cannot stand by idly and say nothing on this issue.
The time to remember that we are all US Americans and what we share in common dwarfs what makes us different. If we are to make things right in this country, then we need to expel the elephant in the room and not replace it with a donkey. The culture war cannot spiral into a larger conflict. We must remain focused on dealing with the Powers That Be and not turning to political violence on fellow US Americans.
Mass. Pirate News: Trump’s Secret Police comes to Boston
Reposted from the Massachusetts Pirate Party. Joe, Steve and James of the Massachusetts Pirate Party discuss ICE coming to Boston (again), LLM Prompt Injection as a vulnerability, Trump’s FCC taking away kid’s WIFI access and RFK Jr. spying on you. youtube.com/embed/np2Dpdh_ZTQ?…Sign up to our newsletter to get notified of new events or volunteer. Join us on:
Some links we mentioned:
- Our Administrative Coup Memory Bank;
- Our Things to Do when Fascists are Taking Over;
- ICE Is Said to Have Begun Operation in the Boston Area;
- OWASP LLM01: 2025 Prompt Injection;
- FCC chair teams up with Ted Cruz to block Wi-Fi hotspots for schoolkids;
- RFK Jr. wants everyone to use wearables. What are the benefits, risks?
Image Credit: Public Domain via Wikipedia Commons.
“Il valore della testimonianza”, le foto di Andy Rocchelli in mostra a Milano dal 18 settembre
@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/09/il-valo…
Dal 18 al 26 settembre presso il circolo della stampa a Milano è aperta la mostra “Il valore
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11 settembre, finché i popoli continueranno a lottare, là ci sarà un’idea di riscatto sociale e di rivoluzione
@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/09/11-sett…
Migliaia di cileni furono uccisi, fatti sparire,
Alfonso reshared this.
Dalla Libia a Genova: il fascismo che odia le donne
@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/09/dalla-l…
Ci voleva una mente geniale e poliedrica come quella di Francesca Pongiluppi, nella vita assistente sociale, artisticamente parlando cantautrice della band indie pop Anaïs e ora anche autrice del romanzo “Come le
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Using an MCU’s Own Debug Peripheral to Defeat Bootrom Protection
The patient hooked up for some reverse-engineering. (Credit: Caralynx, Twitter)
Released in July of 2025, the Tamagotchi Paradise may look somewhat like the late 90s toy that terrorized parents and teachers alike for years, but it’s significantly more complex and powerful hardware-wise. This has led many to dig into its ARM Cortex-M3-powered guts, including [Yukai Li] who recently tripped over a hidden section in the bootrom of the dual-core Sonix SNC73410 MCU that makes up most of the smarts inside this new Tamagotchi toy.
Interestingly, [Yukai] did see that the visible part of the bootrom image calls into the addresses that make up the hidden part right in the reset handler, which suggests that after reset this hidden bootrom section is accessible, just not when trying to read it via e.g. SWD as the hiding occurs before the SWD interface becomes active. This led [Yukai] to look at a way to make this ROM section not hidden by using the Cortex-M3’s standard Flash Patch and Breakpoint (FPB) unit. This approach is covered in the project’s source file.
With this code running, the FPB successfully unset the responsible ROM hide bit in the OSC_CTRL
register, allowing the full bootrom to be dumped via SWD and thus defeating this copy protection with relatively little effort.
Heading image: PCB and other components of a torn-down Tamagotchi Paradise. (Credit: Tamagotchi Center)
Blogghiamo
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SAREMO TUTTI TERRORISTI
La polizia britannica ha arrestato quasi 900 persone nel fine settimana per aver espresso sostegno al gruppo per la pace Palestine Action. Secondo la legge britannica, è illegale esprimere opinioni favorevoli sul gruppo, poiché Londra l’ha definita un'organizzazione terroristica, come ISIS e Al Qaeda.
La parola "terrorista" sta diventando ogni giorno di più una barzelletta.
Ci è stato detto che lo Yemen è pieno di terroristi perché stanno cercando di fermare l'olocausto del XXI secolo.
Ci è stato detto che il Libano è pieno di terroristi perché si oppongono a uno stato di apartheid genocida.
Ci viene detto che l'Iran è pieno di terroristi perché il suo governo si oppone ai programmi imperialistici di regime change.
Ci è stato detto che Al Qaeda era composta da terroristi per gli attacchi dell'11 settembre, ma quando Al Qaeda ha aiutato l'Occidente a sbarazzarsi di Assad, improvvisamente non sono più terroristi.
L'Iraq doveva essere invaso perché Saddam voleva fornire armi di distruzione di massa ai terroristi, ma dopo l'invasione si scoprì che non esistevano armi di distruzione di massa e l'Iraq fu improvvisamente colpito da un'ondata di attentati suicidi.
L'Afghanistan doveva essere invaso perché i talebani fornivano rifugio ai terroristi, ma dopo 20 anni di occupazione militare l'impero aveva bisogno della sua macchina bellica per altri scopi, così lasciò che i talebani riconquistassero l'Afghanistan.
Nel 2010, l'allora vicepresidente Joe Biden dichiarò Julian Assange un "terrorista high-tech" perché il suo giornalismo con WikiLeaks aveva denunciato i crimini di guerra degli Usa.
Oggi questa etichetta di "terrorismo" viene applicata letteralmente a chiunque rappresenti un ostacolo ai programmi dell'impero occidentale.
Quando agli architetti dell'imperialismo viene concesso un potere illimitato, ci ritroviamo improvvisamente in un mondo pieno di terroristi designati.
Quanto più l'impero occidentale diventa disprezzato, tanti più "terroristi" ci saranno. Perché un terrorista è chiunque intraprenda azioni che arrechino danno all'impero.
Se continua così, presto saremo tutti “terroristi”.
Caitlin Johnstone - giornalista australiana
Non smettiamo di chiedere libertà per Alberto Trentini. Via alla campagna social
@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/09/non-sme…
Venerdì 12 settembre saranno passati trecento giorni da quando Alberto Trentini, cooperante veneziano, una vita dedicata alla cura
Convenzioni, diritto internazionale, umanità: cancellati. Netanyahu oltre ogni limite
@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/09/convenz…
Possibile che in soli tre anni convenzioni condivise da buona parte degli Stati siano state cancellate? L’impegno contro il
Nuovo ricorso di Articolo 21 al Consiglio di Stato contro le nomine del CdA Rai
@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/09/nuovo-r…
Si parla di tante cose con riguardo alla Rai, ma il tema senza alcun dubbio più importante è quello del Media Freedom Act. Queste
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EggStreme: il framework APT senza file che spiava una compagnia militare filippina
@Informatica (Italy e non Italy 😁)
EggStreme, un framework malware integrato e sfuggente da sembrare uscito da un film di spionaggio, ma purtroppo è molto reale. Scoperto da Bitdefender nei primi mesi del 2024, questo toolkit sofisticato è stato utilizzato per prendere di mira una
BgLUG Bergamo: Partecipa come relatore al Linux Day 2025 di Bergamo
bglug.it
Segnalato dal calendario eventi di Linux Italia e pubblicato sulla comunità Lemmy @GNU/Linux Italia
<h2 id="-sabato-25-ottobre-partecipa-la-linux-day-2025-organizzato-dal-bglug-come-relatore-">🧑🏼💼 Sabato 2 5 ottobre, partecipa la Linux Day 2025 organizzato dal BgLUG come relatore
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ARTO: la piattaforma italiana che rivoluziona l’arte con la blockchain e NFT certificati
Nel 2024 avevamo raccontato ARTO come un’intuizione coraggiosa: un progetto che univa arte e blockchain con l’obiettivo di ridurre le frodi nel mercato artistico e di aprire a un nuovo modo di intendere la creatività.
Oggi, a distanza di mesi, quell’intuizione si è trasformata in una piattaforma concreta, già online pronta a raccogliere la sfida di rendere l’arte più sicura, trasparente e accessibile.
Una rete di innovazione e cultura
ARTO non è nato dal nulla: dietro questa visione ci sono tre realtà italiane che da anni lavorano su ricerca, innovazione e cultura.IAD S.r.l., capofila del progetto (cofinanziato dall’Unione Europea Programma PR FESR Regione Lazio 2021- 2027 Avviso pubblico Riposizionamento competitivo RSI Ambito 4 industrie creative e digitali e patrimonio culturale e tecnologie della cultura – Approv. dalla Regione Lazio con Det. n. G14831 del 09/11/2023 – CUP F89J23000910007 e con COR 16161824 – 1661828 – 16161827), ha guidato il percorso insieme a Ulteriora S.r.l. e Mirart Point S.r.l., con il sostegno della Regione Lazio.
(Scopri di più sul sito à artetoken.it/)
Un ecosistema per l’arte digitale
È grazie a questa alleanza che ARTO è diventato molto più di un’idea: oggi è una piattaforma attiva, online, capace di accogliere opere, trasformarle in NFT certificati e proporle in asta in un contesto sicuro, trasparente e scalabile.
Oltre il marketplace: una nuova esperienza culturale
ARTO non è solo un marketplace di NFT. È un ecosistema culturale e tecnologico che ha saputo intrecciare linguaggi diversi in un’unica architettura: l’espressione artistica, le aste digitali, la tracciabilità immutabile della blockchain.
Gli artisti possono caricare le proprie opere, digitalizzarle e trasformarle in certificati unici, mentre il pubblico e i collezionisti possono finalmente vivere un’esperienza libera da intermediazioni opache, basata sulla sicurezza e sulla trasparenza.
Le aste come motore del cambiamento
Il cuore pulsante della piattaforma sono le aste. Non parliamo di aste tradizionali, ma di eventi digitali costruiti su smart contract che garantiscono regole certe e risultati inviolabili. Ogni opera che entra in ARTO trova un palcoscenico dove il suo valore non è stabilito a tavolino, ma riconosciuto da chi partecipa, in un meccanismo che restituisce dignità e autenticità al processo creativo. In questo modo, il mercato dell’arte smette di essere un territorio riservato a pochi e si apre a una comunità più ampia, inclusiva e consapevole.
Una piattaforma aperta e partecipativa
La piattaforma è oggi viva e consultabile. Aspetta soltanto gli artisti pronti a mettersi in gioco, a caricare le loro opere, a dare al mondo nuovi sguardi e nuove possibilità. ARTO non nasce solo per creare opportunità economiche, ma per portare l’arte fuori dai recinti elitari e trasformarla in esperienza culturale diffusa, accessibile a tutti.
Emergenza Arte: creatività come cura
Dentro questo impianto trova spazio anche una delle sfide più ambiziose: il progetto “Emergenza Arte”. L’obiettivo è portare l’arte nei reparti pediatrici come strumento di cura, offrendo ai bambini un linguaggio con cui raccontare paure e desideri. Non è ancora una sperimentazione attiva, ma una direzione precisa e dichiarata: sono stati definiti protocolli e strumenti, e la volontà è quella di trasformare questa idea in realtà, convinti che potrà dare un contributo enorme ai piccoli pazienti e alle loro famiglie. ARTO ha già le basi tecnologiche e organizzative per custodire quelle esperienze e trasformarle in NFT unici, che diventerebbero memorie eterne di resilienza e creatività.
Tecnologia al servizio della fiducia
Il percorso compiuto fin qui è stato tutt’altro che semplice. Creare una piattaforma che unisse sicurezza, user experience e tracciabilità ha richiesto mesi di lavoro, test e validazioni. Le componenti tecnologiche più delicate, come gli smart contract per le aste, sono state sviluppate e messe alla prova con rigore. Il risultato è un’infrastruttura robusta, pronta a scalare, in grado di affrontare le sfide di un mercato che sempre più chiede trasparenza e affidabilità.
Le persone dietro il progetto
Questo lavoro è stato possibile grazie anche alle competenze delle persone coinvolte. Tra i protagonisti ci sono Daniele Fiungo, responsabile dell’area Ricerca e Sviluppo di IAD, e Flaviano Cardone, coordinatore tecnico-scientifico del progetto. Entrambi hanno guidato lo sviluppo e la definizione dei processi chiave di ARTO, unendo visione e pragmatismo. E a conferma del loro impegno verso la sicurezza e la qualità, hanno conseguito di recente la certificazione Cyber Threat Intelligence Professional (CTIP) rilasciata da Red Hot Cyber Academy. Un segno di come in ARTO la tecnologia non sia mai separata dal tema della sicurezza, ma al contrario ne rappresenti la spina dorsale.
Il debutto ufficiale: ottobre 2025, Arte Parma Fair
Il futuro è già scritto nel calendario: ottobre 2025, Arte Parma Fair. Qui ARTO avrà il suo debutto ufficiale davanti al grande pubblico, con uno stand pensato per stupire e coinvolgere. Ci saranno NFT visibili in realtà aumentata, aste live, installazioni multimediali e persino un omaggio speciale al maestro Arnaldo Pomodoro, reinterpretato con linguaggi digitali per intrecciare memoria e innovazione. Sarà il momento per mostrare che ARTO non è più un esperimento, ma un modello che può fare scuola, pronto a replicarsi e a crescere.
ARTO: un ponte tra tecnologia e umanità
Oggi ARTO rappresenta un punto di incontro tra digitale e cultura, tra tecnologia e umanità. È la prova che la blockchain non serve solo alla finanza, ma può generare valore reale per artisti, collezionisti e comunità. È un progetto che guarda avanti, con l’ambizione di connettere mondi che spesso restano separati: il mercato dell’arte, le pratiche terapeutiche, la dimensione sociale.
Perché l’arte, se accompagnata da strumenti giusti, può diventare molto più di un segno su una tela. Può trasformarsi in esperienza collettiva, in memoria condivisa, in valore che resta. ARTO è già questo: un modello concreto che nasce dall’innovazione e dalla ricerca, e che oggi è pronto a dare voce a chiunque voglia farsi ascoltare.
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LockBit 5.0: segnali concreti di una possibile rinascita?
Il panorama del ransomware continua a essere caratterizzato da dinamiche di adattamento e resilienza. Anche quando un’operazione internazionale sembra decretare la fine di un gruppo criminale, l’esperienza ci mostra che la scomparsa è spesso solo temporanea.
È questo il caso di LockBit, una delle gang più prolifiche e strutturate dell’ultimo quinquennio, la cui parabola sembrava essersi chiusa con l’operazione Cronos del febbraio 2024. Oggi, tuttavia, nuove evidenze provenienti dal dark web stanno alimentando l’ipotesi di un ritorno sotto una nuova veste: LockBit 5.0.
LockBit: dal dominio incontrastato al declino apparente
LockBit ha rappresentato negli anni un modello di riferimento per l’ecosistema criminale, grazie al suo approccio Ransomware-as-a-Service (RaaS), alla struttura capillare di affiliati e a una costante innovazione nelle tecniche di cifratura e propagazione. L’introduzione dei data leak site (DLS) come strumento di pressione ha reso LockBit una vera e propria icona del cybercrime.
Con l’operazione Cronos, culminata nel sequestro di numerose infrastrutture e nella compromissione dei pannelli affiliati, il gruppo sembrava destinato a un declino definitivo. Tuttavia, come già analizzato nel precedente articolo, tracce residue di attività e segnali sparsi sul dark web lasciavano presagire una possibile riorganizzazione.
L’emergere di LockBit 5.0
Nelle ultime ore è emersa un’immagine che sembra confermare questa ipotesi: una schermata di autenticazione relativa a un nuovo DLS legato al brand LockBit. A differenza dei portali tradizionali, liberamente consultabili per massimizzare l’effetto coercitivo sulle vittime, questa nuova infrastruttura richiede l’inserimento di una chiave privata per poter accedere ai contenuti.
Questa scelta introduce elementi di novità e apre a scenari interpretativi differenti:
- un tentativo di aumentare la segretezza operativa, riducendo l’esposizione verso ricercatori e forze dell’ordine;
- una logica di selezione degli interlocutori, limitando l’accesso a partner fidati o affiliati;
- oppure un esperimento di rebranding, utile a testare nuove modalità di gestione dei dati esfiltrati.
Un ecosistema in evoluzione: AI e automazione
La ricomparsa di LockBit deve essere letta nel contesto di un’evoluzione più ampia. Diversi gruppi ransomware stanno infatti sperimentando nuove tecniche di attacco, integrando automazione, moduli di evasione avanzata e strategie di doppia estorsione più aggressive.
In questo quadro, il dibattito sull’impiego dell’intelligenza artificiale come fattore dirompente è sempre più centrale. Come sottolineato anche nel post di Anastasia Sentsova, la possibilità che in futuro si affermino campagne di AI-orchestrated ransomware apre a scenari in cui targeting, movimento laterale e negoziazione potrebbero essere ottimizzati in tempo reale. In questo senso, la potenziale rinascita di LockBit 5.0 potrebbe segnare l’inizio di una nuova fase sperimentale.
Conclusioni
La schermata di login trapelata dal nuovo DLS, con la richiesta di una chiave privata, non rappresenta soltanto un dettaglio tecnico, ma un indizio capace di alimentare una serie di domande aperte:
- chi gestisce realmente questa infrastruttura?
- è davvero LockBit a orchestrare la riapparizione, o un nuovo attore che sfrutta il brand?
- quale sarà la prossima evoluzione nel modello di estorsione e pubblicazione dei dati?
Al momento, non vi sono risposte definitive. Tuttavia, un elemento è certo: il vuoto lasciato da LockBit nel panorama del ransomware è troppo grande perché rimanga tale a lungo. Se LockBit 5.0 dovesse confermarsi come realtà, il settore potrebbe trovarsi di fronte a un nuovo punto di svolta, con impatti significativi su tattiche, tecniche e procedure del cybercrime internazionale.
L'articolo LockBit 5.0: segnali concreti di una possibile rinascita? proviene da il blog della sicurezza informatica.
The 555 as You’ve Never Seen It: In Textile!
The Diné (aka Navajo) people have been using their weaving as trade goods at least since European contact, and probably long before. They’ve never shied from adopting innovation: churro sheep from the Spanish in the 17th century, aniline dies in the 19th, and in the 20th and 21st… integrated circuits? At least one Navajo Weaver, [Marilou Schultz] thinks they’re a good match for the traditional geometric forms. Her latest creation is a woven depiction of the venerable 555 timer.“Popular Chip” by Marilou Schultz. Photo courtesy of First American Art Magazine, via righto.com
This isn’t the first time [Marilou] has turned an IC into a Navajo rug; she’s been weaving chip rugs since 1994– including a Pentium rug commissioned by Intel that hangs in USA’s National Gallery of Art–but it’s somehow flown below the Hackaday radar until now. The closest thing we’ve seen on these pages was a beaded bracelet embedding a QR code, inspired by traditional Native American forms.
That’s why we’re so thankful to [VivCocoa] for the tip. It’s a wild and wonderful world out there, and we can’t cover all of it without you. Are there any other fusions of tradition and high-tech we’ve been missing out on? Send us a tip.
FLOSS Weekly Episode 846: Mastering Embedded Linux Programming
This week Jonathan and Dan chat with Frank Vasquez and Chris Simmonds about Embedded Linux, and the 4th edition of the Mastering Embedded Linux Programming book. How has this space changed in the last 20 years, and what’s the latest in Embedded Linux?
- Mastering Embedded Linux Development on Amazon
- 2net.co.uk/
- The Linux Plumbers Conference Call For Proposals page
- AOSP and AAOS meetup on Wednesday 17 September
- aosp-devs.org/
youtube.com/embed/6JKmZAQMgh0?…
Did you know you can watch the live recording of the show right on our YouTube Channel? Have someone you’d like us to interview? Let us know, or contact the guest and have them contact us! Take a look at the schedule here.
play.libsyn.com/embed/episode/…
Direct Download in DRM-free MP3.
If you’d rather read along, here’s the transcript for this week’s episode.
Places to follow the FLOSS Weekly Podcast:
Theme music: “Newer Wave” Kevin MacLeod (incompetech.com)
Licensed under Creative Commons: By Attribution 4.0 License
hackaday.com/2025/09/10/floss-…
“We had promised that gravitational waves would open a new window into the universe, and that has materialized,” one researcher said.”#TheAbstract
Perugia per Laura: la città rende omaggio a Laura Santi
Si terrà martedì 16 settembre alle 17.30 alla Sala dei Notari Perugia per Laura, una commemorazione in memoria di Laura Santi. A volere fortemente questo evento era stata la stessa giornalista, morta il 21 luglio scorso, dopo aver ricevuto il via libera dalla Asl Umbria 1 per il suicidio assistito. Il suo è stato il primo nella regione Umbria.
Seguendo le sue indicazioni, il marito, Stefano Massoli, insieme alla sindaca di Perugia, Vittoria Ferdinandi e al Comune di Perugia, organizzano la cerimonia a cui prenderanno parte rappresentanti delle istituzioni comunali e regionali, esponenti dell’Associazione Luca Coscioni – che ha supportato in modo fondamentale la battaglia portata avanti dalla giornalista malata di sclerosi multipla progressiva – e alcune persone che hanno affiancato Laura Santi nel suo ultimo tratto di vita.
Intento dichiarato della commemorazione è quello di rendere omaggio a una cittadina perugina che ha affrontato la sua malattia con dignità e coraggio, lottando per il riconoscimento di un diritto civile e offrire un’occasione per promuovere un dibattito costruttivo, informare la cittadinanza e sensibilizzare l’opinione pubblica su queste tematiche. Sarà anche un momento per condividere ricordi personali di chi è stato vicino a Laura e raccontare, una volta ancora, chi era la giornalista. Tutta la cittadinanza è invitata a partecipare.
L'articolo Perugia per Laura: la città rende omaggio a Laura Santi proviene da Associazione Luca Coscioni.
Notes of cyber inspector: three clusters of threat in cyberspace
Hacktivism and geopolitically motivated APT groups have become a significant threat to many regions of the world in recent years, damaging infrastructure and important functions of government, business, and society. In late 2022 we predicted that the involvement of hacktivist groups in all major geopolitical conflicts from now on will only increase and this is what we’ve been observing throughout the years. With regard to the Ukrainian-Russian conflict, this has led to a sharp increase of activities carried out by groups that identify themselves as either pro-Ukrainian or pro-Russian.
The rise in cybercrime amid geopolitical tensions is alarming. Our Kaspersky Cyber Threat Intelligence team has been observing several geopolitically motivated threat actors and hacktivist groups operating in various conflict zones. Through collecting and analyzing extensive data on these groups’ tactics, techniques, and procedures (TTPs), we’ve discovered a concerning trend: hacktivists are increasingly interconnected with financially motivated groups. They share tools, infrastructure, and resources.
This collaboration has serious implications. Their campaigns may disrupt not only business operations but also ordinary citizens’ lives, affecting everything from banking services to personal data security or the functioning of the healthcare system. Moreover, monetized techniques can spread exponentially as profit-seeking actors worldwide replicate and refine them. We consider these technical findings a valuable resource for global cybersecurity efforts. In this report, we share observations on threat actors who identify themselves as pro-Ukrainian.
About this report
The main goal of this report is to provide technical evidence supporting the theory we’ve proposed based on our previous research: that most of the groups we describe here actively collaborate, effectively forming three major threat clusters.
This report includes:
- A library of threat groups, current as of 2025, with details on their main TTPs and tools.
- A technical description of signature tactics, techniques, procedures, and toolsets used by these groups. This information is intended for practical use by SOC, DFIR, CTI, and threat hunting professionals.
What this report covers
This report contains information on the current TTPs of hacktivists and APT groups targeting Russian organizations particularly in 2025, however they are not limited to Russia as a target. Further research showed that among some of the groups’ targets, such as CloudAtlas and XDSpy, were assets in European, Asian, and Middle Eastern countries. In particular, traces of infections were discovered in 2024 in Slovakia and Serbia. The report doesn’t include groups that emerged in 2025, as we didn’t have sufficient time to research their activity. We’ve divided all groups into three clusters based on their TTPs:
- Cluster I combines hacktivist and dual-purpose groups that use similar tactics, techniques, and tools. This cluster is characterized by:
- Shared infrastructure
- A unique software suite
- Identical processes, command lines, directories, and so on
- Distinctive TTPs
Example: Cyberthreat landscape in Russia in 2025
Hacktivism remains the key threat to Russian businesses and businesses in other conflict areas today, and the scale and complexity of these attacks keep growing. Traditionally, the term “hacktivism” refers to a blend of hacking and activism, where attackers use their skills to achieve social or political goals. Over the past few years, these threat actors have become more experienced and organized, collaborating with one another and sharing knowledge and tools to achieve common objectives.
Additionally, a new phenomenon known as “dual-purpose groups” has appeared in the Russian threat landscape in recent years. We’ve detected links between hacktivists and financially motivated groups. They use the same tools, techniques, and tactics, and even share common infrastructure and resources. Depending on the victim, they may pursue a variety of goals: demanding a ransom to decrypt data, causing irreparable damage, or leaking stolen data to the media. This suggests that these attackers belong to a single complex cluster.
Beyond this, “traditional” categories of attackers continue to operate in Russia and other regions: groups engaged in cyberespionage and purely financially motivated threat actors also remain a significant problem. Like other groups, geopolitically motivated groups are cybercriminals who undermine the secure and trustworthy use of digitalization opportunities and they can change and adapt their target regions depending on political developments.
That is why it is important to also be aware of the TTPs used by threat actors who appear to be attacking other targets. We will continue to monitor geopolitically motivated threat actors and publish technical reports about their TTPs.
Recommendations
To defend against the threats described in this report, Kaspersky experts recommend the following:
- Provide your SOC teams with access to up-to-date information on the latest attacker tactics, techniques, and procedures (TTPs). Threat intelligence feeds from reliable providers, like Kaspersky Threat Intelligence, can help with this.
- Use a comprehensive security solution that combines centralized monitoring and analysis, advanced threat detection and response, and security incident investigation tools. The Kaspersky NEXT XDR platform provides this functionality and is suitable for medium and large businesses in any industry.
- Protect every component of modern and legacy industrial automation systems with specialized OT security solutions. Kaspersky Industrial CyberSecurity (KICS) — an XDR-class platform — ensures reliable protection for critical infrastructure in energy, manufacturing, mining, and transportation.
- Conduct regular security awareness training for employees to reduce the likelihood of successful phishing and other social engineering attacks. Kaspersky Automated Security Awareness Platform is a good option for this.
The report is available for our partners and customers. If you are interested, please contact report@kaspersky.com
Everything in a Linux Terminal
Here at Hackaday Central, we fancy that we know a little something about Linux. But if you’d tasked us to run any GUI program inside a Linux terminal, we’d have said that wasn’t possible. But, it turns out, you should have asked [mmulet] who put together term.everything.
You might be thinking that of course, you can launch a GUI program from a terminal. Sure. That’s not what this is. Instead, it hijacks the Wayland protocol and renders the graphics as text. Or, if your terminal supports it, as an image. Performance is probably not your goal if you want to do this. As the old saying goes, “It’s not that the dog can sing well; it’s that the dog can sing at all.”
If, like us, you are more interested in how it works, there’s a write up explaining the nuances of the Wayland protocol. The article points out that Wayland doesn’t actually care what you do with the graphical output. In particular, “… you could print out the graphics and give them to a league of crochet grandmas to individually tie together every single pixel into the afghan of legend!” We expect to see this tested at an upcoming hacker conference. Maybe even Supercon.
We generally don’t like Wayland very much. We use a lot of hacks like xdotool and autokey that Wayland doesn’t like. We also think people didn’t understand X11’s network abilities until it was too late. If you think of it as only a video card driver, then you get what you deserve. But we have to admit, we are humbled by term.everything.
Bare Metal STM32: the Various Real Time Clock Flavors
Keeping track of time is essential, even for microcontrollers, which is why a real-time clock (RTC) peripheral is a common feature in MCUs. In the case of the STM32 family there are three varieties of RTC peripherals, with the newest two creatively called ‘RTC2′ and RTC3’, to contrast them from the very basic and barebones RTC that debuted with the STM32F1 series.
Commonly experienced in the ubiquitous and often cloned STM32F103 MCU, this ‘RTC1’ features little more than a basic 32-bit counter alongside an alarm feature and a collection of battery-backed registers that requires you to do all of the heavy lifting of time and date keeping yourself. This is quite a contrast with the two rather similar successor RTC peripherals, which seem to insist on doing everything possible themselves – except offer you that basic counter – including giving you a full-blown calendar and today’s time with consideration for 12/24 hour format, DST and much more.
With such a wide gulf between RTC1 and its successors, this raises the question of how to best approach these from a low-level perspective.
You Can Count On Me
If it was just about counting seconds, then any of the timer peripherals in an MCU would be more than up to the task, limited only by the precision of the used system clock. The RTC requirements are a bit more extensive, however, as indicated by what is called the backup domain in F1 and the backup registers in the RTC2 and RTC3 peripherals. Powered by an external power source, this clock and register data are expected to survive any power event, the CPU being reset, halted or powered off, while happily continuing to count the progress of time until the rest of the MCU and its firmware returns to check up on its progress.
Naturally, this continuation requires two things: the first is a power source to the special power pin on the MCU (VBAT), often provided from a ubiquitous 3 V lithium cell, along with a clock source that remains powered when the rest of the MCU isn’t. This provides the first gotcha as the RTC clock can be configured to be one of these three:
- Low Speed External (LSE): usually an external 32,768 Hz oscillator which is powered via VBAT.
- Low Speed Internal (LSI): a simple internal ~40-ish kHz oscillator that is only powered by VDD.
- High Speed External (HSE): the external clock signal that’s generally used to clock the MCU’s CPU and many of its peripherals. Also not available in all low-power modes.
Thus, the logical RTCCLK
choice for an RTC that has to survive any and all adverse power events is the LSE as it feeds into the RTC. Take for example the STM32F103 RTC block diagram:Simplified RTC diagram of the STM32F103. (Source: RM0008)
Here we can see the elements of the very basic RTC1 peripheral, with the sections that are powered by VBAT marked in grey. The incoming RTCCLK
is used to generate the RTC time base TR_CLK
in the RTC prescaler, which increases the value in the RTC_CNT
register. It being a 32-bit register and TR_CLK
usually being 1 Hz means that this counter can be run for approximately 136 years if we ignore details like leap years, without overflowing.
For initializing and using the RTC1 peripheral, we can consult application note AN2821 alongside reference manual RM0008, which covers a clock and calendar implementation, specifically on the STM3210B-EVAL board, but applicable to all STM32F10x MCUs. If you want to keep a running calendar going, it’s possible to use the backup registers for this whenever the counter reaches a certain number of seconds.
That said, where having just this counter is rather pleasant is when using the C <time.h>
functions with Newlib, such as time()
. As Newlib on STM32 requires you to implement at least [url=https://www.man7.org/linux/man-pages/man2/gettimeofday.2.html]_gettimeofday()[/url]
, this means that you can just let RTC_CNT
do its thing and copy it into the seconds member of a timeval
struct – after converting from BCD to binary – before returning it. This is significantly easier than with RTC2 and 3, with my own implementation in Nodate’s RTC code currently fudging things with mktime()
to get a basic seconds counter again from the clock and calendar register values.
All The Bells And Whistles
If the RTC1 peripheral was rather basic with just a counter, an alarm and some backup registers, its successor and the rather similar RTC3 peripheral are basically the exact opposite. A good, quick comparison is provided here, with AN4759 providing a detailed overview, initialization and usage of these newest RTCs. One nice thing about RTC3 is that it adds back an optional counter much like the – BCD-based – RTC1 counter by extending the RTC_SSR
register to 32-bit and using it as a binary counter. However as the summary by Efton notes, this counter and some other features are not present on every MCU, so beware.
Correspondingly, the block diagram for the RTC2 peripheral is rather more complicated:Block diagram of the RTC 2 peripheral in the STM32F401 MCU. (Source: ST, RM0368)
Although we can still see the prescaler and backup/tamper registers, the prescaler is significantly more complex with added calibration options, the alarms span more registers and there are now three shadow registers for the time, date and sub-seconds in RTC_TR
, RTC_DR
and RTC_SSR
respectively. This is practically identical to the RTC3 block diagram.
These shadow registers lay out the individual values as for example in the RTC_TR
register:The
RTC_TR
register in the STM32F401. (Source: ST, RM0368)
Taking the seconds as an example, we got the tens (ST
) and units (SU
), both in BCD format which together form the current number of seconds. For the minutes and hours the same pattern is used, with PM
keeping track of whether it’s AM or PM if 12 hour format is used. Effectively this makes these shadow registers a direct source of time and calendar information, albeit generally in BCD format and unlike with the basic RTC1 peripheral, using it as the source for C-style functions via Newlib has become rather tricky.
Unix Time Things
In the world of computing the ‘seconds since the Unix Epoch’ thing has become rather defining as the starting point for many timing-related functions. One consequence of this is that indicating a point in time often involves listing the number of seconds since said epoch on January 1st of 1970, at 00:00:00 UTC. This includes the time-related functions in the standard C libraries, such as Newlib, as discussed earlier.
This is perhaps the most frustrating point with these three-ish different STM32 RTC peripherals, as although the RTC1 is barebones, making it work with Newlib is a snap, while RTC2 and RTC3 are for the most part a nightmare, except for the RTC3 implementations that support the binary mode, although even that is a down-counter instead of an up-counter. This leaves one with the dreadful task of turning those shadow register values back into a Unix timestamp.
One way to do this is by using the mktime()
function as mentioned earlier. This takes a tm
struct whose fields define the elements of a date, e.g. for seconds:
tm tt;
tt.tm_sec = (uint8_t) bcd2dec32(RTC_TR & (RTC_TR_ST | RTC_TR_SU));
By repeating this for each part of RTC_TR
and RTC_DR
, we end up with a filled in struct that we can pass to mktime
which will then spit out our coveted Unix timestamp in the form of a time_t
integer. Of course, that would be far too easy, and thus we run head-first into the problem that mktime
is incredibly picky about what it likes, and makes this implementation-dependent.
For example, despite the claims made about ranges for the tm
struct, running a simple local test case in an MSYS2 environment indicated that negative years since 1970 wasn’t allowed, so that not having the RTC set to a current-ish date will always error out when the year is less than 71. It’s quite possible that a custom alternative to mktime
will be less headache-inducing here.
Of course, ST could just have been nice and offered the basic counter of RTC1 along with all of the good stuff added with RTC2 and RTC3, but maybe for that we’ll have to count the seconds until the release of RTC4.
Vulnerabilità critica in Adobe Commerce e Magento: il bug SessionReaper
Adobe ha segnalato un bug critico (CVE-2025-54236) che colpisce le piattaforme Commerce e Magento. I ricercatori hanno chiamato questa vulnerabilità SessionReaper e la descrivono come una delle più gravi nella storia di questi prodotti.
Questa settimana, gli sviluppatori Adobe hanno già rilasciato una patch per il bug di sicurezza, che ha ricevuto un punteggio CVSS di 9,1. Si segnala che la vulnerabilità può essere sfruttata senza autenticazione per prendere il controllo degli account dei clienti tramite l’API REST di Commerce.
Secondo gli esperti della società di sicurezza informatica Sansec, il 4 settembre Adobe ha notificato a “clienti Commerce selezionati” l’imminente correzione, che è stata rilasciata il 9 settembre.
I clienti che utilizzano Adobe Commerce su Cloud sono già protetti da una regola WAF implementata da Adobe come misura di sicurezza provvisoria.
Né Adobe né Sansec sono a conoscenza di casi in cui SessionReaper sia stato utilizzato in attacchi reali. Tuttavia, Sansec segnala che l’hotfix iniziale per CVE-2025-54236 è trapelato la scorsa settimana, il che significa che gli aggressori hanno avuto più tempo per creare un exploit.
Secondo i ricercatori, lo sfruttamento efficace del problema dipende dalla memorizzazione dei dati della sessione nel file system (questa è la configurazione predefinita utilizzata nella maggior parte dei casi). Si consiglia vivamente agli amministratori di installare la patch disponibile il prima possibile. Tuttavia, gli esperti avvertono che la correzione disabilita alcune funzioni interne di Magento e questo potrebbe causare problemi nel codice personalizzato ed esterno.
Gli esperti di Sansec prevedono che CVE-2025-54236 verrà sfruttata in attacchi automatizzati su larga scala. Fanno notare che questa vulnerabilità è tra le più gravi nella storia di Magento, insieme a CosmicSting , TrojanOrder , Ambionics SQLi e Shoplift .
In passato, problemi simili sono stati sfruttati per falsificare sessioni, aumentare i privilegi, accedere a servizi interni ed eseguire codice.
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Gli hacker criminali di The Gentlemen pubblicano la prima vittima italiana
Nella giornata di oggi, la nuova cyber-gang “The Gentlemen” rivendica all’interno del proprio Data Leak Site (DLS) il primo attacco ad una azienda italiana.
Disclaimer: Questo rapporto include screenshot e/o testo tratti da fonti pubblicamente accessibili. Le informazioni fornite hanno esclusivamente finalità di intelligence sulle minacce e di sensibilizzazione sui rischi di cybersecurity. Red Hot Cyber condanna qualsiasi accesso non autorizzato, diffusione impropria o utilizzo illecito di tali dati. Al momento, non è possibile verificare in modo indipendente l’autenticità delle informazioni riportate, poiché l’organizzazione coinvolta non ha ancora rilasciato un comunicato ufficiale sul proprio sito web. Di conseguenza, questo articolo deve essere considerato esclusivamente a scopo informativo e di intelligence.
All’interno del post, la gang riporta quanto segue:
Laboratorio Clinico Santa Rita
Santa Rita Laboratorios offers a wide range of medical laboratory services, including hematology, immunology, microbiology, and molecular biology. The company is committed to preserving health through accurate diagnostics and operates with state-of-the-art technology and high-resolution equipment. They provide personalized medical assistance 24/7, as well as home sample collection services for client convenience. Intended clients include individuals seeking reliable laboratory tests and diagnostics.”
Chi sono i criminali informatici di The gentlemen
La cyber gang The Gentlemen è emersa di recente nello scenario del cybercrime distinguendosi per un approccio organizzato e un’infrastruttura ben strutturata. Il gruppo opera attraverso un proprio data leak site nel dark web, dove pubblica avvisi di compromissione e minacce di esposizione dei dati.
La loro comunicazione è caratterizzata da uno stile curato e studiato, con un’immagine pubblica che mira a costruire credibilità e timore nel settore della criminalità informatica, nonostante la relativa novità della loro presenza. Questo aspetto lascia intendere che dietro al progetto possano esserci attori già esperti di ransomware e data extortion.
Il modus operandi dei The Gentlemen ricalca i modelli tipici del ransomware moderno: compromissione iniziale delle infrastrutture, esfiltrazione dei dati sensibili e successiva estorsione basata sulla minaccia di pubblicazione. Le prime vittime individuate dal gruppo appartengono a settori sensibili come sanità, manifattura e servizi, aree particolarmente appetibili per la pressione che la perdita o la fuga di informazioni può generare. Il loro sito non si limita a elencare le vittime, ma fornisce anche dettagli sui dati sottratti, aumentando così la pressione psicologica sulle aziende colpite.
La rapidità con cui il gruppo si è imposto nell’ecosistema del cybercrime solleva interrogativi sulla sua reale origine e sulla possibilità che sia una riorganizzazione o una “costola” di operatori già noti. La capacità di attrarre l’attenzione della comunità di sicurezza informatica. In un panorama già saturo di gang ransomware, i The Gentlemen puntano a differenziarsi con uno stile comunicativo elegante ma allo stesso tempo aggressivo, posizionandosi rapidamente come una minaccia emergente di cui monitorare attentamente le mosse future.
Come nostra consuetudine, lasciamo sempre spazio ad una dichiarazione da parte dell’azienda qualora voglia darci degli aggiornamenti sulla vicenda. Saremo lieti di pubblicare tali informazioni con uno specifico articolo dando risalto alla questione.
RHC monitorerà l’evoluzione della vicenda in modo da pubblicare ulteriori news sul blog, qualora ci fossero novità sostanziali. Qualora ci siano persone informate sui fatti che volessero fornire informazioni in modo anonimo possono utilizzare la mail crittografata del whistleblower.
Cos’è il ransomware as a service (RaaS)
Il ransomware, è una tipologia di malware che viene inoculato all’interno di una organizzazione, per poter cifrare i dati e rendere indisponibili i sistemi. Una volta cifrati i dati, i criminali chiedono alla vittima il pagamento di un riscatto, da pagare in criptovalute, per poterli decifrare.
Qualora la vittima non voglia pagare il riscatto, i criminali procederanno con la doppia estorsione, ovvero la minaccia della pubblicazione di dati sensibili precedentemente esfiltrati dalle infrastrutture IT della vittima.
Per comprendere meglio il funzionamento delle organizzazioni criminali all’interno del business del ransomware as a service (RaaS), vi rimandiamo a questi articoli:
- Il ransomware cos’è. Scopriamo il funzionamento della RaaS
- Perché l’Italia è al terzo posto negli attacchi ransomware
- Difficoltà di attribuzione di un attacco informatico e false flag
- Alla scoperta del gruppo Ransomware Lockbit 2.0
- Intervista al rappresentante di LockBit 2.0
- Il 2021 è stato un anno difficile sul piano degli incidenti informatici
- Alla scoperta del gruppo Ransomware Darkside
- Intervista al portavoce di Revil UNKNOW, sul forum XSS
- Intervista al portavoce di BlackMatter
Come proteggersi dal ransomware
Le infezioni da ransomware possono essere devastanti per un’organizzazione e il ripristino dei dati può essere un processo difficile e laborioso che richiede operatori altamente specializzati per un recupero affidabile, e anche se in assenza di un backup dei dati, sono molte le volte che il ripristino non ha avuto successo.
Infatti, si consiglia agli utenti e agli amministratori di adottare delle misure di sicurezza preventive per proteggere le proprie reti dalle infezioni da ransomware e sono in ordine di complessità:
- Formare il personale attraverso corsi di Awareness;
- Utilizzare un piano di backup e ripristino dei dati per tutte le informazioni critiche. Eseguire e testare backup regolari per limitare l’impatto della perdita di dati o del sistema e per accelerare il processo di ripristino. Da tenere presente che anche i backup connessi alla rete possono essere influenzati dal ransomware. I backup critici devono essere isolati dalla rete per una protezione ottimale;
- Mantenere il sistema operativo e tutto il software sempre aggiornato con le patch più recenti. Le applicazioni ei sistemi operativi vulnerabili sono l’obiettivo della maggior parte degli attacchi. Garantire che questi siano corretti con gli ultimi aggiornamenti riduce notevolmente il numero di punti di ingresso sfruttabili a disposizione di un utente malintenzionato;
- Mantenere aggiornato il software antivirus ed eseguire la scansione di tutto il software scaricato da Internet prima dell’esecuzione;
- Limitare la capacità degli utenti (autorizzazioni) di installare ed eseguire applicazioni software indesiderate e applicare il principio del “privilegio minimo” a tutti i sistemi e servizi. La limitazione di questi privilegi può impedire l’esecuzione del malware o limitarne la capacità di diffondersi attraverso la rete;
- Evitare di abilitare le macro dagli allegati di posta elettronica. Se un utente apre l’allegato e abilita le macro, il codice incorporato eseguirà il malware sul computer;
- Non seguire i collegamenti Web non richiesti nelle e-mail;
- Esporre le connessione Remote Desktop Protocol (RDP) mai direttamente su internet. Qualora si ha necessità di un accesso da internet, il tutto deve essere mediato da una VPN;
- Implementare sistemi di Intrusion Prevention System (IPS) e Web Application Firewall (WAF) come protezione perimetrale a ridosso dei servizi esposti su internet.
- Implementare una piattaforma di sicurezza XDR, nativamente automatizzata, possibilmente supportata da un servizio MDR 24 ore su 24, 7 giorni su 7, consentendo di raggiungere una protezione e una visibilità completa ed efficace su endpoint, utenti, reti e applicazioni, indipendentemente dalle risorse, dalle dimensioni del team o dalle competenze, fornendo altresì rilevamento, correlazione, analisi e risposta automatizzate.
Sia gli individui che le organizzazioni sono scoraggiati dal pagare il riscatto, in quanto anche dopo il pagamento le cyber gang possono non rilasciare la chiave di decrittazione oppure le operazioni di ripristino possono subire degli errori e delle inconsistenze.
La sicurezza informatica è una cosa seria e oggi può minare profondamente il business di una azienda.
Oggi occorre cambiare immediatamente mentalità e pensare alla cybersecurity come una parte integrante del business e non pensarci solo dopo che è avvenuto un incidente di sicurezza informatica.
L'articolo Gli hacker criminali di The Gentlemen pubblicano la prima vittima italiana proviene da il blog della sicurezza informatica.
Phishing in Classe! 115.000 email per 13.500 organizzazioni con Google Classroom
I ricercatori di Check Point hanno scoperto una campagna di phishing attiva su larga scala che sfrutta Google Classroom, una piattaforma a cui si affidano milioni di studenti ed educatori in tutto il mondo.
Nel corso di una sola settimana, gli aggressori hanno lanciato cinque ondate coordinate, distribuendo più di 115.000 e-mail di phishing rivolte a 13.500 organizzazioni di diversi settori. Sono state prese di mira organizzazioni in Europa, Nord America, Medio Oriente e Asia.
Uno strumento affidabile trasformato in un vettore di minacce
Google Classroom è progettato per mettere in contatto insegnanti e studenti attraverso inviti a partecipare a classi virtuali. Gli aggressori hanno sfruttato questa fiducia inviando inviti fasulli che contenevano offerte commerciali non correlate, che andavano dalla rivendita di prodotti ai servizi SEO.
Ogni e-mail indirizzava i destinatari a contattare i truffatori tramite un numero di telefono WhatsApp, una tattica spesso legata a schemi di frode.
L’inganno funziona perché i sistemi di sicurezza tendono a fidarsi dei messaggi provenienti da servizi Google legittimi. Sfruttando l’infrastruttura di Google Classroom, gli aggressori sono stati in grado di aggirare alcuni livelli di sicurezza tradizionali, tentando di raggiungere le caselle di posta elettronica di oltre 13.500 aziende prima che le difese venissero attivate.
Anatomia della campagna
- Scala: 115.000 e-mail di phishing inviate tra il 6 e il 12 agosto 2025.
- Obiettivi: 13.500 organizzazioni in tutto il mondo, in diversi settori.
- Esca: Falsi inviti a Google Classroom contenenti offerte non correlate all’istruzione
- Invito all’azione (call to action): Un numero di telefono WhatsApp, progettato per spostare la conversazione al di fuori della posta elettronica e del monitoraggio aziendale.
- Metodo di consegna: Cinque ondate principali, ognuna delle quali ha sfruttato la legittimità di Google Classroom per eludere i filtri.
Come Check Point ha bloccato l’attacco
Nonostante l’uso sofisticato da parte degli aggressori della fidata infrastruttura, la tecnologia SmartPhish di Check Point Harmony Email & Collaboration ha rilevato e bloccato automaticamente la maggior parte dei tentativi di phishing. Ulteriori livelli di sicurezza hanno impedito ai messaggi rimanenti di raggiungere gli utenti finali.
Questo incidente sottolinea l’importanza delle difese a più livelli. Gli aggressori utilizzano sempre più spesso servizi cloud legittimi, rendendo i gateway di posta elettronica tradizionali insufficienti a bloccare le tattiche di phishing in continua evoluzione.
Cosa devono fare le organizzazioni
- Educare: Istruire utenti, studenti e dipendenti a trattare con cautela gli inviti inattesi (anche quelli provenienti da piattaforme familiari).
- Prevenzione avanzata delle minacce: Utilizzate un rilevamento basato sull’intelligenza artificiale che analizza il contesto e l’intento, non solo la reputazione del mittente.
- Monitorare le applicazioni cloud: Estendete la protezione dal phishing oltre le e-mail anche alle app di collaborazione, alle piattaforme di messaggistica e ai servizi SaaS.
- Difendersi dall’ingegneria sociale: Essere consapevoli che gli aggressori spingono sempre più spesso le vittime verso comunicazioni al di fuori dei canali “ufficiali” (come WhatsApp) per eludere i controlli aziendali.
Gli aggressori continuano a trovare modi creativi per sfruttare servizi legittimi come Google Classroom per ottenere fiducia, aggirare le difese e raggiungere obiettivi su larga scala. Con oltre 115.000 e-mail in una sola settimana, questa campagna evidenzia la facilità con cui i criminali informatici possono armare le piattaforme digitali a scopo di frode.
Riconosciuto come Leader e Outperformer nel GigaOm Radar 2025 per l’Anti-Phishing, Check Point Harmony Email & Collaboration fornisce la difesa avanzata e stratificata necessaria per proteggere le organizzazioni dagli attacchi di phishing, anche quando si nascondono in bella vista.
L'articolo Phishing in Classe! 115.000 email per 13.500 organizzazioni con Google Classroom proviene da il blog della sicurezza informatica.
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NO INCENERITORE: LIBERI DAI VELENI DI ROMA È UN PATTO PER IL FUTURO
NO INCENERITORE: LIBERI DAI VELENI DI ROMA È UN PATTO PER IL FUTURO
“No all’inceneritore” è stato lo striscione che Carla, attivista di Albano, ha confezionato con le sue mani per consegnarlo a bambine e bambini che, con orgoglio hanno poi portato lungo tutto il percorso del corteo. Con quella luce negli occhi che solo i più piccoli sanno sprigionare, erano a decine, tanto da formare con le loro mamme e papà una testa del corteo numericamente tanto significativa da separare, a grande distanza da tutti loro riempita, lo striscione liberi dai veleni di Roma che gli attivisti dell’Unione dei Comitati hanno condiviso con i tre Sindaci di Albano, Ardea e Pomezia. Il “No all’inceneritore” è stato il coro continuo che ha accompagnato tutto il corteo fino alla Chimec, primo stabilimento a rischio di incidente rilevante (RIR), situato a poche centinaia di metri dal terreno di Ama. L’elevata concentrazione di stabilimenti RIR, quattro nella sola area di Santa Palomba, fa dell’area un’area a elevato rischio di crisi ambientale e in quanto tale inidonea a ospitare l’impianto.
In migliaia siamo partiti per arrivare davanti alla Chimec dove ci sono stati gli interventi istituzionali aperti da Veronica Felici, Sindaco di Pomezia, Maurizio Cremonini, Sindaco di Ardea e Massimiliano Borrelli, Sindaco di Albano. Per il Municipio 9, il sito ricade nel suo territorio, il Consigliere Massimiliano De Julis; gli interventi istituzionali sono terminati con Alessandra Zeppieri, Consigliera alla Regione Lazio. Al corteo i consiglieri comunali di Pomezia Giacomo castro e Renzo Mercanti, di Albano Salvatore Tedone e Barbara Cerro, consigliera di Marino.
La fiaccolata che al ritorno ha concluso il corteo ha reso ancor più suggestiva la straordinaria mobilitazione a sostegno di “liberi dai veleni di Roma”, una mobilitazione che ha coinvolto in donne e uomini consapevoli che la difesa della Terra dove viviamo, della salute di tutti noi e delle generazioni che verranno, dell’ambiente e di un paesaggio senza eguali passa per l’impegno in prima persona. Liberi dai Veleni di Roma diviene così un patto per il futuro della Terra dove viviamo capace di coinvolgere cittadini e istituzioni anche nei passi successivi.
Infatti, a sostegno della nuova petizione abbiamo raccolto oltre seimila firme, gran parte delle quali nei martedì estivi in presidio al sito. La prossima settimana intendiamo far valere tutte quelle firme davanti al Parlamento perché tutte le forze politiche comprendano che va posta fine alla stagione di Gualtieri posto al di sopra della legge per effetto di una norma che ha favorito e legalizzato l’abuso di potere. A chiedere di cancellare il potere di ordinanza in deroga a tutte le pertinenti normative di settore sono le donne e gli uomini che pretendono che la legge sia uguale per tutti, Gualtieri compreso, e che Repubblica finalmente tuteli tutti noi, oltre quanto di nostro già facciamo, specialmente per quei meravigliosi piccoli che aprivano il corteo di ieri. È per loro che trasformeremo il sito destinato a emettere veleni per oltre trent’anni in un parco naturale con polo museale perché Santa Palomba siamo tutti noi che difendiamo il diritto al futuro della Terra dove viviamo. Liberi dai veleni di Roma è quindi il nostro patto per il futuro.
Ambiente, StopInceneritore, NoInceneritore, NoInceneritori, ZeroWaste, Rifiuti, Riciclo, EconomiaCircolare, NoAlCarbone, EnergiaPulita,
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Signor Amministratore ⁂
in reply to Massimiliano Pesenti • •Ciao @Massimiliano Pesenti e benvenuto!
Se vuoi sapere cosa succede qui, puoi iniziare da
1) Questo link poliverso.org/community che ti mostra i contenuti prodotti dagli utenti del solo server Poliverso
2) Questo link poliverso.org/community/global che ti mostra i contenuti prodotti dagli utenti di server diversi da Poliverso
3) Questo link poliverso.org/network dove vedrai gli aggiornamenti dei tuoi contatti; e se anche non hai ancora contatti (e quindi non vedrai nulla nella pagina principale), puoi dare un'occhiata ai link a sinistra, dove troverai un filtro sui contenuti, in base alla tua lingua, gli ultimi contenuti pubblicati oppure tag come #Art #Socialmedia e #USA.
4) Questo link poliverso.org/calendar che ti mostra gli eventi federati condivisi da persone del tuo server o dai contatti dei tuoi contatti
Infine ti do il link di un promemoria utile per i nuovi utenti Friendica (ma anche per quelli meno nuovi)
informapirata
2025-02-02 12:57:58
Signor Amministratore ⁂
in reply to Signor Amministratore ⁂ • •@Massimiliano Pesenti , vorrei anche condividere con te degli appunti su una questione che riguarda i post Friendica con il titolo
Formattazione post con titolo leggibili da Mastodon
Come forse saprai già, con Friendica possiamo scegliere di scrivere post con il titolo (come su WordPress) e post senza titolo (come su Mastodon). Uno dei problemi più fastidiosi per chi desidera scrivere post con il titolo è il fatto che gli utenti Mastodon leggeranno il tuo post come se fosse costituito dal solo titolo e, due a capi più in basso, dal link al post originale: questo non è di certo il modo miglior per rendere leggibili e interessanti i tuoi post!
Gli utenti Mastodon infatti hanno molti limiti di visualizzazione, ma sono pur sempre la comunità più grande del Fediverso e perciò è importante che vedano correttamente i vostri post: poter contare sulla loro visibilità è un'opportunità per aggiungere ulteriori possibilità di interazioni con altre persone.
Fortunatamente, con le ultime release di Friendica abbiamo la possibilità di modificare un'impostazione per rendere perfettamente leggibili anche i post con il titolo. Ecco come fare:
A) dal proprio account bisogna andare alla pagina delle impostazioni e, da lì, alla voce "Social Network" al link poliverso.org/settings/connect…
B) Selezionando la prima sezione "Impostazione media sociali" e scorrendo in basso si può trovare la voce "Article Mode", con un menu a cascataC) Delle tre voci disponibili bisogna scegliere "Embed the title in the body"
Ecco che adesso i nostri post saranno completamente leggibili da Mastodon!