Jeff Bezos all’Italian Tech Week: “Milioni di persone vivranno nello spazio”
Datacenter nello spazio, lander lunari, missioni marziane: il futuro disegnato da Bezos a Torino. Ma la vera rivelazione è l’aneddoto del nonno che ne svela il profilo umano
Anche quest’anno Torino per tre giorni è stata la capitale europea dell’innovazione, con l’Italian Tech Week che ha riunito icone globali del panorama tech e non solo. Ma il protagonista indiscusso? Jeff Bezos, che tra una visione sul futuro dell’IA e uno sbarco sulla Luna, ha regalato al pubblico anche una lezione di vita inaspettata.
Nei prossimi decenni, milioni di persone vivranno nello spazio. Non è la trama di un film di fantascienza ma la realtà. Jeff Bezos lo dice senza battere ciglio, come se parlasse dell’apertura di una nuova struttura Amazon. È venerdì 3 ottobre 2025, alle OGR di Torino, Italian Tech Week. Un pubblico di migliaia di persone in religioso silenzio.
Tutti pendono dalle sue labbra. John Elkann lo intervista, ruolo insolito per il CEO di EXOR, ma eccelle.
Foto: Ufficio Stampa Italian Tech Week
Il fondatore di Amazon e Blue Origin ha passato un’ora a disegnare il futuro. Datacenter orbitali che addestrano l’intelligenza artificiale con energia solare 24 ore su 24, senza nuvole o maltempo che possano interferire. Depositi lunari di carburante a idrogeno mantenuto liquido a 22 gradi Kelvin, sì, 22 gradi sopra lo zero assoluto, roba da far impallidire qualsiasi ingegnere.
La Luna vista come una stazione di servizio per il resto del sistema solare. Perché? La gravità lunare è un sesto di quella terrestre, serve molta meno energia per decollare.
Sul palco di ITW sono passate tutte le icone globali dei nostri tempi. Da Sam Altman, Peter Thiel, Daniel Ek. I big del venture capital: Sequoia, Andreessen Horowitz, Atomico. Dal 2018 questa manifestazione è diventata il punto dove l’Italia prova a parlare la stessa lingua della Silicon Valley. Non sempre ci riesce, ma ci prova. Però Bezos è Bezos. E quando parla di spazio, la gente ascolta davvero.
Blue Origin: dalla Luna a Marte
Bezos non si limita più all’e-commerce. Punta in alto, molto più in alto. Tra fine ottobre e inizio novembre 2025, Blue Origin dovrebbe lanciare New Glenn verso l’orbita marziana, portando il satellite NASA Escapade attorno a Marte.
Un altro progetto ambizioso è il lunar lander a idrogeno. Blue Origin ha sviluppato dei crio-refrigeratori solari che mantengono l’idrogeno liquido a 22 gradi Kelvin, praticamente 22 gradi sopra lo zero assoluto, o -251°C. Il motivo è risolvere un problema che l’astronautica si trascina da decenni. L’idrogeno offre grandi vantaggi come carburante, ma gestirlo in forma liquida è complesso, evapora così rapidamente che finora non si poteva usare per missioni lunghe.
Senza lasciare spazio a dubbi, Bezos spiega che la Luna non sarà più oggetto esclusivo per poeti e innamorati ma diventerà come una stazione di rifornimento, un deposito di carburante. Il fondatore di Amazon giustifica questa scelta con un dato semplice: la gravità lunare è un sesto di quella terrestre; quindi, serve circa 30 volte meno energia per sollevare un carico dalla Luna. Fare rifornimento lassù invece che partire sempre da qui ha un senso economico evidente.
Ma c’è di più. Datacenter enormi nello spazio entro uno o due decenni, supercomputer da gigawatt per addestrare l’IA. Con energia solare 24/7, senza nuvole o maltempo. “Milioni di persone vivranno nello spazio nei prossimi decenni“, dice Bezos. “Ma soprattutto perché lo vorranno. La robotica sta diventando così avanzata che i robot faranno i lavori pesanti, mentre la gente ci andrà per scelta”. Almeno sulla carta. La tecnologia c’è già: le architetture GPGPU e CUDA che alimentano i supercomputer terrestri, da adattare per essere portate in orbita. Almeno sulla carta.
Foto: Carlo Denza
Intelligenza Artificiale: dove sarà l’impatto
Sull’intelligenza artificiale Bezos è categorico: “È reale, cambierà tutto”. Fa però una distinzione importante. Oggi parliamo di OpenAI, Anthropic, le startup “IA-first”. “Ma non è lì l’impatto vero. L’IA finirà in ogni azienda del mondo: manifattura, hotel, beni di consumo, tutto. È destinata ad aumentare qualità e produttività ovunque”.
Poi incalza il pubblico con il paragone della fibra ottica degli anni 90. Le aziende che l’hanno posata sono fallite quasi tutte, ma la fibra è rimasta a beneficio di tutti. E infine, cesella il discorso: “Viviamo in un’età dell’oro multipla: IA, robotica, spazio. Non c’è mai stato momento migliore per fare l’imprenditore”.
Foto: Ufficio Stampa Italian Tech Week
La lezione del nonno
A questo punto Elkann cambia registro. Il CEO di EXOR parla del nonno, Gianni Agnelli, e di quanto sia stato importante per lui. Bezos risponde condividendo una storia personale che non si trova in nessuna biografia. La madre lo ha avuto a 17 anni, al liceo ad Albuquerque. Rischiava l’espulsione per la gravidanza, ma intervenne il nonno: “No, non potete. È una scuola pubblica. Ha diritto di finire”. E così ha fatto.
I nonni lo prendevano ogni estate nel ranch in Texas. Durante uno di questi viaggi in auto, quando aveva circa 10 anni, accadde un episodio che Bezos ricorda ancora. La nonna fumava in macchina. Lui aveva appena sentito alla radio che ogni sigaretta toglie due minuti di vita; quindi, ha fatto i suoi calcoli da piccolo genio e le ha detto trionfante quanti anni si era “fumata”. La nonna scoppiò a piangere. Il nonno ha accostato, l’ha portato fuori e gli ha detto una cosa che non ha più dimenticato: “Jeff, un giorno capirai che è più difficile essere gentili che essere intelligenti”.
Ottimismo e gentilezza. Fa tornare in mente quello spot in cui Tonino Guerra recitava: “Gianni, l’ottimismo è il profumo della vita”. Forse Bezos, a suo modo, sta diffondendo lo stesso profumo.
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Making the Tiny Air65 Quadcopter Even Smaller
First person view (FPV) quadcopter drones have become increasingly more capable over the years, as well as much smaller. The popular 65 mm format, as measured from hub to hub, is often considered to be about the smallest you can make an FPV drone without making serious compromises. Which is exactly why [Hoarder Sam] decided to make a smaller version that can fit inside a Pringles can, based on the electronics used in the popular Air65 quadcopter from BetaFPV.The 22 mm FPV drone with camera installed and looking all cute. (Credit: Hoarder Sam)
The basic concept for this design is actually based on an older compact FPV drone design called the ‘bone drone’, so called for having two overlapping propellers on each end of the frame, thus creating a bone-like shape. The total hub-to-hub size of the converted Air65 drone ends up at a cool 22 mm, merely requiring a lot of fiddly assembly before the first test flights can commence. Which raises the question of just how cursed this design is when you actually try to fly with it.
Obviously the standard BetaFPV firmware wasn’t going to fly, so the next step was to modify many parameters using the Betaflight Configurator software, which unsurprisingly took a few tries. After this, the fully loaded drone with camera and battery pack, coming in at a whopping 25 grams, turns out to actually be very capable. Surprisingly, it flies not unlike an Air65 and has a similar flight time, losing only about 30 seconds of the typical three minutes.
With propellers sticking out at the top and bottom – with no propeller guards – it’s obviously a bit of a pain to launch and land. But considering what the donor Air65 went through to get to this stage, it’s honestly quite impressive that this extreme modification mostly seems to have altered its dimensions.
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Thanks to [Hari] for the tip.
The Great Northeast Blackout of 1965
At 5:20 PM on November 9, 1965, the Tuesday rush hour was in full bloom outside the studios of WABC in Manhattan’s Upper West Side. The drive-time DJ was Big Dan Ingram, who had just dropped the needle on Jonathan King’s “Everyone’s Gone to the Moon.” To Dan’s trained ear, something was off about the sound, like the turntable speed was off — sometimes running at the usual speed, sometimes running slow. But being a pro, he carried on with his show, injecting practiced patter between ad reads and Top 40 songs, cracking a few jokes about the sound quality along the way.
Within a few minutes, with the studio cart machines now suffering a similar fate and the lights in the studio flickering, it became obvious that something was wrong. Big Dan and the rest of New York City were about to learn that they were on the tail end of a cascading wave of power outages that started minutes before at Niagara Falls before sweeping south and east. The warbling turntable and cartridge machines were just a leading indicator of what was to come, their synchronous motors keeping time with the ever-widening gyrations in power line frequency as grid operators scattered across six states and one Canadian province fought to keep the lights on.
They would fail, of course, with the result being 30 million people over 80,000 square miles (207,000 km2) plunged into darkness. The Great Northeast Blackout of 1965 was underway, and when it wrapped up a mere thirteen hours later, it left plenty of lessons about how to engineer a safe and reliable grid, lessons that still echo through the power engineering community 60 years later.
Silent Sentinels
Although it wouldn’t be known until later, the root cause of what was then the largest power outage in world history began with equipment that was designed to protect the grid. Despite its continent-spanning scale and the gargantuan size of the generators, transformers, and switchgear that make it up, the grid is actually quite fragile, in part due to its wide geographic distribution, which exposes most of its components to the ravages of the elements. Without protection, a single lightning strike or windstorm could destroy vital pieces of infrastructure, some of it nearly irreplaceable in practical terms.Protective relays like these at a hydroelectric plant started all the ruckus. Source: Wtshymanski at en.wikipedia, CC BY-SA 3.0
Tasked with this critical protective job are a series of relays. The term “relay” has a certain connotation among electronics hobbyists, one that can be misleading in discussions of power engineering. While we tend to think of relays as electromechanical devices that use electromagnets to make and break contacts to switch heavy loads, in the context of grid protection, relays are instead the instruments that detect a fault and send a control signal to switchgear, such as a circuit breaker.
Relays generally sense faults through a series of instrumentation transformers located at critical points in the system, usually directly within the substation or switchyard. These can either be current transformers, which measure the current in a toroidal coil wrapped around a conductor, much like a clamp meter, or voltage transformers, which use a high-voltage capacitor network as a divider to measure the voltage at the monitored point.
Relays can be configured to use the data from these sensors to detect an overcurrent fault on a transmission line; contacts within the relay would then send 125 VDC from the station’s battery bank to trip the massive circuit breakers out in the yard, opening the circuit. Other relays, such as induction disc relays, sense problems via the torque created on an aluminum disk by opposing sensing coils. They operate on the same principle as the old mechanical electrical meters did, except that under normal conditions, the force exerted by the coils is in balance, keeping the disk from rotating. When an overcurrent fault or a phase shift between the coils occurs, the disc rotates enough to close contacts, which sends the signal to trip the breakers.
The circuit breakers themselves are interesting, too. Turning off a circuit with perhaps 345,000 volts on it is no mean feat, and the circuit breakers that do the job must be engineered to safely handle the inevitable arc that occurs when the circuit is broken. They do this by isolating the contacts from the atmosphere, either by removing the air completely or by replacing the air with pressurized sulfur hexafluoride, a dense, inert gas that quenches arcs quickly. The breaker also has to draw the contacts apart as quickly as possible, to reduce the time during which they’re within breakdown distance. To do this, most transmission line breakers are pneumatically triggered, with the 125 VDC signal from the protective relays triggering a large-diameter dump valve to release pressurized air from a reservoir into a pneumatic cylinder, which operates the contacts via linkages.
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The Cascade Begins
At the time of the incident, each of the five 230 kV lines heading north into Ontario from the Sir Adam Beck Hydroelectric Generating Station, located on the west bank on the Niagara River, was protected by two relays: a primary relay set to open the breakers in the event of a short circuit, and a backup relay to make sure the line would open if the primary relays failed to trip the breaker for some reason. These relays were installed in 1951, but after a near-catastrophe in 1956, where a transmission line fault wasn’t detected and the breaker failed to open, the protective relays were reconfigured to operate at approximately 375 megawatts. When this change was made in 1963, the setting was well above the expected load on the Beck lines. But thanks to the growth of the Toronto-Hamilton area, especially all the newly constructed subdivisions, the margins on those lines had narrowed. Coupled with an emergency outage of a generating station further up the line in Lakeview and increased loads thanks to the deepening cold of the approaching Canadian winter, the relays were edging closer to their limit.Where it all began. Overhead view of the Beck (left) and Moses (right) hydro plants, on the banks of the Niagara River. Source: USGS, Public domain.
Data collected during the event indicates that one of the backup relays tripped at 5:16:11 PM on November 9; the recorded load on the line was only 356 MW, but it’s likely that a fluctuation that didn’t get recorded pushed the relay over its setpoint. That relay immediately tripped its breaker on one of the five northbound 230 kV lines, with the other four relays doing the same within the next three seconds. With all five lines open, the Beck generating plant suddenly lost 1,500 megawatts of load, and all that power had nowhere else to go but the 345 kV intertie lines heading east to the Robert Moses Generating Plant, a hydroelectric plant on the U.S. side of the Niagara River, directly across from Beck. That almost instantly overloaded the lines heading east to Rochester and Syracuse, tripping their protective relays to isolate the Moses plant and leaving another 1,346 MW of excess generation with nowhere to go. The cascade of failures marched across upstate New York, with protective relays detecting worsening line instabilities and tripping off transmission lines in rapid succession. The detailed event log, which measured events with 1/2-cycle resolution, shows 24 separate circuit trips with the first second of the outage.Oscillogram of the outage showing data from instrumentation transformers around the Beck transmission lines. Source: Northeast Power Failure, November 9 and 10, 1965: A Report to the President. Public domain.
While many of the trips and events were automatically triggered, snap decisions by grid operators all through the system resulted in some circuits being manually opened. For example, the Connecticut Valley Electrical Exchange, which included all of the major utilities covering the tiny state wedged between New York and Massachusetts, noticed that Consolidated Edison, which operated in and around the five boroughs of New York City, was drawing an excess amount of power from their system, in an attempt to make up for the generation capacity lost from upstate. They tried to keep New York afloat, but the CONVEX operators had to make the difficult decision to manually open their ties to the rest of New England to shed excess load about a minute after the outage started, finally completely isolating their generators and loads by 5:21.
Heroics aside, New York City was in deep trouble. The first effects were felt almost within the first second of the event, as automatic protective relays detected excessive power flow and disconnected a substation in Brooklyn from an intertie into New Jersey. Operators at Long Island Light tried to save their system by cutting ties to the Con Ed system, which reduced the generation capacity available to the city and made its problem worse. Operators tried to spin up their steam turbine plants to increase generation capacity, but it was too little, too late. Frequency fluctuations began to mount throughout New York City, resulting in Big Dan’s wobbly turntables at WABC.Well, there’s your problem. Bearings on the #3 turbine at Con Ed’s Ravenwood plant were starved of oil during the outage, resulting in some of the only mechanical damage incurred during the outage. Source: Northeast Power Failure, November 9 and 10, 1965: A Report to the President. Public domain.
As a last-ditch effort to keep the city connected, Con Ed operators started shedding load to better match the dwindling available supply. But with no major industrial users — even in 1965, New York City was almost completely deindustrialized — the only option was to start shutting down sections of the city. Despite these efforts, the frequency dropped lower and lower as the remaining generators became more heavily loaded, tripping automatic relays to disconnect them and prevent permanent damage. Even so, a steam turbine generator at the Con Ed Ravenswood generating plant was damaged when an auxiliary oil feed pump lost power during the outage, starving the bearings of lubrication while the turbine was spinning down.
By 5:28 or so, the outage reached its fullest extent. Over 30 million people began to deal with life without electricity, briefly for some, but up to thirteen hours for others, particularly those in New York City. Luckily, the weather around most of the downstate outage area was unusually clement for early November, so the risk of cold injuries was relatively low, and fires from improvised heating arrangements were minimal. Transportation systems were perhaps the hardest hit, with some 600,000 unfortunates trapped in the dark in packed subway cars. The rail system reaching out into the suburbs was completely shut down, and Kennedy and LaGuardia airports were closed after the last few inbound flights landed by the light of the full moon. Road traffic was snarled thanks to the loss of traffic signals, and the bridges and tunnels in and out of Manhattan quickly became impassable.
Mopping Up
Liberty stands alone. Lighted from the Jersey side, Lady Liberty watches over a darkened Manhattan skyline on November 9. The full moon and clear skies would help with recovery. Source: Robert Yarnell Ritchie collection via DeGolyer Library, Southern Methodist University.
Almost as soon as the lights went out, recovery efforts began. Aside from the damaged turbine in New York and a few transformers and motors scattered throughout the outage area, no major equipment losses were reported. Still, a massive mobilization of line workers and engineers was needed to manually verify that equipment would be safe to re-energize.
Black start power sources had to be located, too, to power fuel and lubrication pumps, reset circuit breakers, and restart conveyors at coal-fired plants. Some generators, especially the ones that spun to a stop and had been sitting idle for hours, also required external power to “jump start” their field coils. For the idled thermal plants upstate, the nearby hydroelectric plants provided excitation current in most cases, but downstate, diesel electric generators had to be brought in for black starts.
In a strange coincidence, neither of the two nuclear plants in the outage area, the Yankee Rowe plant in Massachusetts and the Indian Point station in Westchester County, New York, was online at the time, and so couldn’t participate in the recovery.
For most people, the Great Northeast Power Outage of 1965 was over fairly quickly, but its effects were lasting. Within hours of the outage, President Lyndon Johnson issued an order to the chairman of the Federal Power Commission to launch a thorough study of its cause. Once the lights were back on, the commission was assembled and started gathering data, and by December 6, they had issued their report. Along with a blow-by-blow account of the cascade of failures and a critique of the response and recovery efforts, they made tentative recommendations on what to change to prevent a recurrence and to speed the recovery process should it happen again, which included better and more frequent checks on relay settings, as well as the formation of a body to oversee electrical reliability throughout the nation.
Unfortunately, the next major outage in the region wasn’t all that far away. In July of 1977, lightning strikes damaged equipment and tripped breakers in substations around New York City, plunging the city into chaos. Luckily, the outage was contained to the city proper, and not all of it at that, but it still resulted in several deaths and widespread rioting and looting, which the outage in ’65 managed to avoid. That was followed by the more widespread 2003 Northeast Blackout, which started with an overloaded transmission line in Ohio and eventually spread into Ontario, across Pennsylvania and New York, and into Southern New England.
12 bug di sicurezza scoperti su Ivanti Endpoint Manager (EPM). Aggiornare subito!
13 vulnerabilità nel suo software Endpoint Manager (EPM) di Ivanti sono state pubblicate, tra cui due falle di elevata gravità che potrebbero consentire l’esecuzione di codice remoto e l’escalation dei privilegi.
Nonostante l’assenza di casi di sfruttamento, Tra le vulnerabilità si distingue il CVE-2025-9713 come un problema di path traversal di elevata gravità con un punteggio CVSS di 8,8, che consente ad aggressori remoti non autenticati di eseguire codice arbitrario se gli utenti interagiscono con file dannosi.
Si tratta del CWE-22, che viene sfruttata a causa della scarsa convalida degli input durante il processo di importazione delle configurazioni, il che potrebbe permettere a malintenzionati di caricare ed eseguire codice dannoso sul server.
A completare il tutto c’è la vulnerabilità CVE-2025-11622, una vulnerabilità di deserializzazione non sicura (CVSS 7.8, CWE-502) che consente agli utenti autenticati locali di aumentare i privilegi, garantendo l’accesso non autorizzato a risorse di sistema sensibili.
Le restanti 11 vulnerabilità sono falle di iniezione SQL di gravità media (ciascuna CVSS 6.5, CWE-89), come CVE-2025-11623 e da CVE-2025-62392 a CVE-2025-62384. Di seguito la tabella delle vulnerabilità complessive rilevate.
Ivanti ha sottolineato che tutti i problemi sono stati segnalati in modo responsabile dal ricercatore 06fe5fd2bc53027c4a3b7e395af0b850e7b8a044 tramite la Zero Day Initiative di Trend Micro, sottolineando il valore della divulgazione coordinata nel rafforzamento delle difese.
Al momento della divulgazione, Ivanti ha confermato che non ci sono attacchi attivi in corso. Di conseguenza, non sono stati resi pubblici né exploit proof-of-concept né indicatori di compromissione (IoC).
Tuttavia, il potenziale di esfiltrazione dei dati tramite iniezioni SQL potrebbe favorire campagne più ampie, simili a incidenti passati che hanno preso di mira console di gestione come quelle di SolarWinds o Log4j.
Sono interessate le versioni 2024 SU3 SR1 e precedenti di Ivanti EPM, mentre la versione 2022 è giunta al termine del suo ciclo di vita a partire da ottobre 2025, lasciando gli utenti senza supporto ufficiale.
Per i CVE di gravità elevata, le correzioni sono previste per EPM 2024 SU4, la cui uscita è prevista per il 12 novembre 2025. Le iniezioni SQL seguiranno in SU5 nel primo trimestre del 2026, con un ritardo dovuto alla complessità di risolverle senza interrompere le funzionalità di reporting.
Ivanti ha sottolineato che l’aggiornamento all’ultima versione 2024 mitiga già gran parte del rischio grazie a controlli di sicurezza avanzati. I clienti con versioni EOL (fine del ciclo di vita) sono esposti a un rischio maggiore e dovrebbero migrare tempestivamente per evitare vulnerabilità non corrette.
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Una PNG che contiene un Trojan. Astaroth abusa GitHub con persistenza
I ricercatori di McAfee hanno segnalato una nuova attività del trojan bancario Astaroth, che ha iniziato a utilizzare GitHub come canale persistente per la distribuzione dei dati di configurazione.
Questo approccio consente agli aggressori di mantenere il controllo sui dispositivi infetti anche dopo la disattivazione dei server di comando e controllo primari, aumentando significativamente la capacità di sopravvivenza del malware e complicandone la neutralizzazione.
L’attacco inizia con un’e-mail di phishing mascherata da notifica di servizi popolari come DocuSign o contenente presumibilmente il curriculum di un candidato. Il corpo dell’e-mail contiene un collegamento per scaricare un archivio ZIP.
All’interno è presente un file di collegamento (.lnk) che avvia JavaScript nascosto tramite mshta.exe. Questo script scarica un nuovo set di file da un server remoto, il cui accesso è geograficamente limitato: il malware viene scaricato solo sui dispositivi nelle regioni prese di mira.
Il kit scaricato include uno script AutoIT, un interprete AutoIT, il corpo crittografato del Trojan stesso e un file di configurazione separato. Lo script distribuisce lo shellcode in memoria e inietta un file DLL nel processo RegSvc.exe, utilizzando tecniche di bypass dell’analisi e la sostituzione dell’API standard kernel32.dll.
Il modulo scaricato, scritto in Delphi, controlla accuratamente l’ambiente: se viene rilevato un sandbox, un debugger o un sistema con impostazioni locali in inglese, l’esecuzione viene immediatamente terminata.
Astaroth monitora costantemente le finestre aperte. Se l’utente visita il sito web di una banca o di un servizio di criptovaluta, il trojan attiva un keylogger, intercettando tutte le sequenze di tasti. Prende di mira nomi di classi di Windows, come Chrome, Mozilla, IEframe e altri. Le risorse prese di mira includono i siti web delle principali banche brasiliane e piattaforme di criptovaluta, tra cui Binance, Metamask , Etherscan e LocalBitcoins. Tutti i dati rubati vengono trasmessi al server degli aggressori utilizzando un protocollo proprietario o tramite il servizio reverse proxy Ngrok.
Una caratteristica unica di questa campagna è che Astaroth utilizza GitHub per aggiornare la propria configurazione. Ogni due ore, il trojan scarica un’immagine PNG da un repository aperto contenente una configurazione crittografata steganograficamente. I repository scoperti contenevano immagini con un formato di denominazione predefinito e sono stati prontamente rimossi su richiesta dei ricercatori. Tuttavia, questo approccio dimostra come le piattaforme legittime possano essere utilizzate come canale di comunicazione di riserva per il malware.
Per infiltrarsi nel sistema, il trojan inserisce un collegamento nella cartella di avvio, assicurandosi che venga eseguito automaticamente a ogni avvio del computer. Nonostante la complessità tecnica dell’attacco, il vettore principale rimane l’ingegneria sociale e la fiducia degli utenti nelle e-mail.
Durante l’indagine, gli specialisti hanno scoperto che la maggior parte dei contagi si concentra in Sud America, principalmente in Brasile, ma anche in Argentina, Colombia, Cile, Perù, Venezuela e altri paesi della regione. Sono possibili casi anche in Portogallo e Italia.
McAfee sottolinea che tali schemi evidenziano la necessità di una maggiore vigilanza quando si lavora con piattaforme aperte come GitHub, poiché gli aggressori le utilizzano sempre più spesso per aggirare i tradizionali meccanismi di blocco. L’azienda ha già segnalato repository dannosi, che sono stati prontamente rimossi, interrompendo temporaneamente la catena di aggiornamenti di Astaroth.
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e comunque complimenti al Premio Liquore di poesia, che apre la serata della premiazione, l'8 ottobre, con la poesia palestinese, e però è finanziato da Bper, banca che con SGR Arca Fondi ancora al 31 luglio deteneva "titoli di guerra" israeliani per 195 milioni di euro.
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Open letter: The EU must safeguard the independence of data protection authorities
EDRi and 40 civil society organisations urge the European Commission to assess the independence of Ireland’s newly appointed Data Protection Commissioner (DPC), who previously held a senior public affairs role at Meta. The appointment raises serious concerns about impartiality and the credibility of data protection enforcement in the EU.
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Nuova destra, vecchio nazionalismo.
Quello che interessa alle forze politiche che organizzano le masse è molto spesso un riconoscimento identitario. Il tentativo, riuscito, di solleticare il narcisismo degli individui che hanno bisogno di rappresentarsi in uno spettacolo che li faccia sentire migliori, aderenti al proprio sè ideale, purtroppo piuttosto distante da quello impersonato durante la settimana lavorativa e nel tempo libero. Da questo orizzonte pre-politico di mobilitazione popolare le destre non hanno nessuna intenzione di uscire, perchè gli interessi che vanno a rappresentare sono soltanto quelli delle élites, e Trump negli USA lo ha mostrato senza dubbio. Il rilancio del nazionalismo sciovinista serve solo a vincere le elezioni e indirizzare i disoccupati verso l'arruolamento militare. Per le forze socialiste, invece, la sfida è proprio quella di canalizzare l'indignazione in protesta, governandola, per arrivare a costruire forme di organizzazione trasformativa su obiettivi condivisi. Continua a leggere→
Von Windows 10 auf Linux: Was tun, wenn der Computer nicht für Windows 11 geeignet ist?
Il fastidio della memoria
@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/10/il-fast…
C’è un disagio profondo nella destra di governo ogni volta che si parla di memoria. Lo si è visto con chiarezza nelle parole della ministra Eugenia Roccella al convegno dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, quando ha definito le visite ad Auschwitz “gite”. Gite, come se si parlasse di una
La presidenza del Consiglio dice di ignorare chi abbia autorizzato Netanyahu a sorvolare l’Italia
quindi in italia non sappiamo neppure chi è delegato a prendere queste decisioni? o chi ne ha responsabilità? oppure chi le prende non ha la coerenza di sostenere le proprie decisioni pubblicamente? in entrambi i casi siamo un paese di buffoni. oppure è un altro atto illegale di israele?
quanto successo si può vedere in molto modi e molte cose possono essere possibili, ma in nessuno scenario l'italia ci fa una bella figura. siamo burattini.
dillo piccola meloncina che hai fatto tutto per arruffianarti trump. tanto sappiamo che sei così e niente cambi ma al massimo passi per coerente. che tu non ne sappia niente è pure giù grave.
GULMh - Siete pronti per un nuovo inizio?
gulmh.it/siete-pronti-per-un-n…
Segnalato da Linux Italia e pubblicato sulla comunità Lemmy @GNU/Linux Italia
Il fatidico giorno è arrivato, oggi, 14 ottobre 2025, Microsoft decreta la fine del supporto ufficiale a Windows...
C’è un buco nello scudo magnetico della Terra, e si allarga ogni anno di più
La missione Swarm dell’Agenzia Spaziale Europea scopre la “falla” sopra l’Atlantico. Satelliti a rischio e mistero nel cuore della TerraRoberto Zonca (Tiscali.it)
c'è già stato in india un servizio che tramite ai generava codice e poi si è scoperto che erano tanti poveri indianini sottopagati... che intendano seguire lo stesso modello?
il famoso criceto che gira la ruota praticamente
Scoperto il più piccolo grumo di materia oscura mai visto
Un telescopio radio globale rileva l'oggetto oscuro con massa minore mai trovato, un milione di volte il Sole, grazie al lensing gravitazionale.Antonello Buzzi (Tom's Hardware)
Elicotteri italiani per l’esercito americano? I dettagli dell’intesa tra Leonardo e Boeing
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Nel cuore della competizione globale sull’addestramento militare, Leonardo e Boeing uniscono le forze per proporre all’Esercito statunitense una nuova formula di formazione dei piloti. L’intesa nasce dentro una gara che ridefinisce i confini
La guerra ibrida, l’industria e le opinioni pubbliche. Tutti i nodi della difesa europea al dibattito Ecfr
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Da cosa dipenderà il mantenimento della pace in Europa? Sempre che quella attuale possa essere definita pace, la sua fine o il suo prosieguo saranno dettati anche da come si comporterà l’Europa stessa nei
Stavo domandandomi in quale altro posto peggiore si potrebbe nascere ma credo che la Palestina non abbia rivali.
Poliversity - Università ricerca e giornalismo reshared this.
Some random loong chaotic thoughts on fediverse clients and my experience
every now and then I return here on friendica to try and see if I like it as much as sharkey, not feeling any particular difference.
i'm realising the question is wrong-worded: basically the contents are the same, as long as I can follow the same ppl in both (or all three, if we want to add my Mastodon profile currently in standby), so it's only a matter of ui/ux and features on my end? Probably I think. And this is pretty much the good thing of the Fediverse, in theory; the bad thing is that the way this is delivered AND communicated outside of the fedi clique is not always the best imho
Couple days ago a friend managed to (MAYBE) comprehensibly explain me how federation btw instances works, and it kinda doesn't feel that optimal, or basically good. And, notwithstanding all the hashtags, antennas, or any other stuff, I still can't find a quick, simple way to tailor my feed; I understand the control etc but there must be a way to keep control of my presence while not having to spend a week to set it up -and see it doesn't work-.
Ho da mesi un account su questa istanza Friendica e da qualche settimana anche uno su un'istanza Mastodon.
A me sembra che Friendica sia una spanna sopra come usabilità, mi domando perché sia Mastodon la piattaforma più usata nel Fediverso.
C'è qualcuno che ha un account su entrambe le piattaforme, preferisce Mastodon e può spiegarmi perché?
Magari sto sbagliando qualcosa io...
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L’Afghanistan si avvicina all’India ma esplode lo scontro con il Pakistan
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Mentre l’India e l’Afghanistan si avvicinano, tra l’Afghanistan e il Pakistan è esplosa nei giorni scorsi una gravissima crisi, con ricadute non indifferenti per gli equilibri dell’Asia meridionale
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Hanno creato un deserto e la chiamano pace 😬
Ieri mentre facevo un lavoretto domestico seguivo distrattamente la diretta di Rai 1 dedicata al "Giorno della Pace". Uno spettacolo veramente indegno. A parte vabbe', i deliri di Trump alla Knesset, le battute, le risatine, le spallate di complicità con i suoi partners in crime già andate in mondovisione. Poi il modo in cui ha trattato Meloni, da sottoposta due volte, una perché donna l'altra perché premier di un paese vassallo. Ma a dire il vero mentre lui delirava e si vantava di questo e di quello come un bambino di sette anni la cosa che ho trovato più raccapricciante era il tono trionfalistico e i commenti dei vari presentatori e ospiti della diretta. Esperti e giornalisti vari che si affannavano a consacrare la vittoria del capo tribù. Mentre ascoltavo sbigottito tutto questa mostra di servilismo ogni tanto buttavo un occhio e queste persone che sproloquiavano le immaginavo con la bocca sporca di merda, come in certe scene di Salò di Pasolini per intenderci. Raccapricciante. Molinari in particolare mi ha fatto venire i conati di vomito. Abbiamo veramente raggiunto uno dei momenti più bui e vergognosi della nostra storia occidentale. Spero riusciremo presto ad uscire da questo abisso e a raddrizzare un pochino la rotta, altrimenti l'unica cosa che possiamo aspettarci è l'arrivo del crollo definitivo e di un nuovo medioevo.
🤖: L'espressione "hanno creato un deserto e la chiamano pace" è la traduzione o una rielaborazione della frase latina "Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant" (tradotto anche come "dove fanno il deserto, lo chiamano pace").
Questa frase fu pronunciata, secondo lo storico romano Publio Cornelio Tacito, dal capo dei Caledoni, Calgaco, nel suo discorso contro l'imperialismo romano, riportato nell'opera Agricola. La citazione completa, attribuita a Calgaco, è spesso resa come: "Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove hanno fatto il deserto, lo chiamano pace" (Auferre, trucidare, rapere falsis nominibus imperium, atque ubi solitudinem faciunt, pacem appellant).
L'immagine mostra uno screenshot di una trasmissione televisiva. Al centro dell'immagine c'è un rettangolo blu scuro con il testo bianco "IL GIORNO DELLA PACE". All'interno del rettangolo si vede una vista aerea di una città. La città sembra essere densamente popolata con edifici ravvicinati. In basso a destra si trova il logo "TGI". Nell'angolo in basso a sinistra c'è la parola "ica".
Alt-text: L'immagine mostra uno screenshot di una trasmissione televisiva con un rettangolo blu scuro che contiene il testo "IL GIORNO DELLA PACE" sopra una vista aerea di una città. Il logo "TGI" si trova nell'angolo in basso a destra e la parola "ica" nell'angolo in basso a sinistra. L'immagine mostra una vista dall'alto di una città densamente popolata con molti edifici.
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REPORTAGE. Siria. Nei campi con i prigionieri dell’Isis anche due giovani italiane
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PREMIO DI POESIA ELIO PAGLIARANI: SINTESI DELLE INFORMAZIONI
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Don Letts The Rebel Dread at Echo Beach
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VA - Don Letts The Rebel Dread at Echo Beach
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Gaza, non c’è pace senza giustizia
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Con questo concerto inauguro il recupero del materiale video degli anni 90 che ho registrato in vari concerti, qui in particolare alla rassegna storica di Musica in Collina ad Olgiate Comasco per iniziativa del compianto amico Giulio Bianchi. Quindi questa documentazione è soprattutto un omaggio che voglio fare all’impegno e alla passione che hanno contraddistinto […]
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𝓑𝓻𝓸𝓷𝓼𝓸𝓷 🐐
in reply to Max - Poliverso 🇪🇺🇮🇹 • • •Ogni piattaforma ha le sue caratteristiche che possono esserci congeniali o no, l'importante è averne tante e distribuirci il più possibile.
Una delle tante bellezze del Fediverso è proprio la sua varietà.