Hacking a Pill Camera
A gastroscopy is a procedure that, in simple terms, involves sticking a long, flexible tube down a patient’s throat to inspect the oesophagus and adjacent structures with a camera fitted to the tip. However, modern technology has developed an alternative, in the form of a camera fitted inside a pill. [Aaron Christophel] recently came across one of these devices, and decided to investigate its functionality.
[Aaron’s] first video involves a simple teardown of the camera. The small plastic pill is a marvel of miniaturization. Through the hemispherical transparent lens, we can see a tiny camera and LEDs to provide light in the depths of the human body. Slicing the camera open reveals the hardware inside, however, like the miniature battery, the microcontroller, and the radio hardware that transmits signals outside the body. Unsurprisingly, it’s difficult to get into, since it’s heavily sealed to ensure the human body doesn’t accidentally digest the electronics inside.
Unwilling to stop there, [Aaron] pushed onward—with his second video focusing on reverse engineering. With a little glitching, he was able to dump the firmware from the TI CC1310 microcontroller. From there, he was able to get to the point where he could pull a shaky video feed transmitted from the camera itself. Artists are already making music videos on Ring doorbells; perhaps this is just the the next step.
Smart pills were once the realm of science fiction, but they’re an increasingly common tool in modern medicine. Video after the break.
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Misoginia 2.0: l’istigazione all’odio che zittisce le donne
Questo è il quinto di una serie di articoli dedicati all’analisi della violenza di genere nel contesto digitale, in coincidenza con la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne del 25 novembre . Il focus qui è sulla Misoginia 2.0 e l’impatto dell’odio di genere online sul dibattito democratico.
Il panorama digitale, essenziale per la libertà di espressione, è tristemente divenuto l’ecosistema predominante per la proliferazione dei discorsi d’odio. Tra le manifestazioni più virulente si annovera l’odio misogino online o Online Sexist Hate Speech, un fenomeno che colpisce in modo mirato le donne, in particolare quelle in ruoli di visibilità pubblica, minacciando non solo la loro dignità ma anche l’integrità del dibattito democratico. La rete, infatti, garantisce l’anonimato e una diffusione trans-giurisdizionale che complica notevolmente ogni azione repressiva.
Il silenziamento democratico
La violenza di genere veicolata online non è un fenomeno marginale; i dati evidenziano una prevalenza allarmante tra le giovani donne. L’effetto più insidioso di questa violenza sistematica è il cosiddetto chilling effect, o dinamica di silenziamento.
Donne e persone non conformi al genere sono quotidianamente esposte a minacce online, spesso estreme, che culminano nell’autocensura e nell’esclusione digitale. Per paura dell’abuso, le vittime si trovano nell’impossibilità di partecipare pienamente ed esprimersi online, venendo di fatto estromesse dal dibattito pubblico e dalla vita politica.
L’odio misogino online cessa così di essere un mero attacco alla reputazione individuale e si configura come un attacco diretto ai principi fondamentali di libertà di manifestazione del pensiero (Art. 21 Cost.) e di parità democratica (Art. 3 Cost.). Se metà della popolazione è strutturalmente impedita dal partecipare al principale spazio di dibattito, l’integrità democratica ne è minata.
Il contesto europeo e la lacuna nell’ordinamento giuridico nazionale
Negli ultimi tempi si registra un aumento di discorsi, anche veicolati attraverso la rete, motivati in qualche modo dall’odio, dal disprezzo nei confronti dell’altro, verso il debole, verso il diverso.
Tuttavia, in questo contesto generale, l’odio di genere, e in particolare la misoginia digitale, emerge con una specifica virulenza, amplificando l’esclusione delle donne dal dibattito pubblico e rendendo la loro discriminazione un caso emblematico della necessità di adeguamento normativo.
Tale fenomeno, comunemente indicato con l’espressione hatespeech, pur non essendo specifico di internet, esprime il massimo della lesività proprio attraverso lo strumento telematico e ciò per una serie di ragioni.
In primo luogo perché attraverso la rete posso raggiungere chiunque dovunque si trovi, quindi un bacino di utenza illimitato. In secondo luogo perché il messaggio può travalicare i confini nazionali, rendendo necessaria, per la punibilità dell’autore, una cooperazione internazionale non sempre agevole o possibile. A ciò si aggiunga, soprattutto, che anche se rimosso, un dato messaggio d’odio può riapparire nel tempo in un’altra parte della rete, rendendosi praticamente “eterno”.
Da un punto di vista giuridico si tende ad evidenziare come l’hatespeech si caratterizzi da un lato per la volontà del soggetto agente di discriminare taluno o un gruppo per la sua razza, religione, orientamento sessuale o altro; dall’altro per la reale capacità del messaggio di determinare tale discriminazione e magari il concretizzarsi di azioni violente che da tale messaggio traggono linfa. È appena il caso di sottolineare come anche i messaggi d’odio veicolati in rete finiscono per avere effetti, talvolta gravissimi, nel reale. Pensiamo, ad esempio, alle persone che sono state spinte a tentare il suicidio a seguito di vere e proprie campagne di odio.
Su come considerare l’hatespeech, orientamenti diversi si registrano negli Stati Uniti ed in Europa. Se, infatti, nel primo ci si rifà al Primo Emendamento e quindi in sostanza si cerca di evitare qualunque restrizione alla manifestazione del pensiero, a livello europeo si predilige l’impostazione per cui la libera manifestazione del pensiero non può essere illimitata, per cui si parla di responsabilità di parola.
Per quanto riguarda l’hatespeech telematico importanti indicazioni provengono dal Protocollo addizionale alla Convenzione di Budapest sulla criminalità informatica, relativo all’incriminazione di atti di natura razzista e xenofobica commessi a mezzo di sistemi informatici, che obbliga gli Stati aderenti ad adottare sanzioni penali per punire la diffusione di materiale razzista e xenofobo attraverso i sistemi informatici.
Di estremo interesse è anche il Digital Service Act, che si propone esplicitamente di garantire un ambiente on line sicuro, responsabilizzando il più possibile i provider e le piattaforme digitali che veicolano contenuti e, quindi, anche quelli che esprimono odio e discriminazione.
In Italia, se da un lato l’art. 21 della Costituzione fissa come principio fondamentale quello della libera manifestazione del pensiero, dall’altro la stessa trova dei limiti nel buon costume, nella riservatezza e onorabilità delle persone, nel segreto di Stato, nel segreto giudiziario e, infine, nell’apologia di reato.
Ciò posto, e considerata la copertura costituzionale non illimitata alla libertà di parola, l’espressioni di odio che tendono ad una discriminazione assumono rilevanza giuridica in virtù di quanto statuito dalla legge n.205/1993 (c.d. legge Mancino), che punisce oggi, attraverso l’Art. 604-bis c.p., l’istigazione alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici o religiosi, escludendo, tuttavia, esplicitamente le discriminazioni basate sul genere.
In vero, da tempo si discute in merito a una possibile estensione della norma ai reati basati sulla discriminazione in base all’orientamento sessuale e all’identità di genere, ma allo stato non si è pervenuti a un allargamento delle ipotesi previste, né tanto meno all’introduzione di una legge specifica da più parti auspicata, lasciando così l’odio misogino online senza un’adeguata e specifica cornice sanzionatoria.
L’obbligo di adeguamento europeo
Il quadro italiano è destinato a mutare radicalmente con l’adozione della Direttiva (UE) 2024/1385, che stabilisce norme minime per la lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica.
L’Articolo 8 della Direttiva impone un obbligo di risultato stringente. Gli Stati membri devono punire esplicitamente l’istigazione alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone definito con riferimento al genere, se tale istigazione è diffusa tramite tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC).
Il confronto diretto tra l’Art. 8 UE e l’Art. 604-bis c.p. rivela il gap normativo che non è più sostenibile. L’inclusione del genere nel 604-bis c.p. non è più una facoltà oggetto di dibattito politico, ma un imperativo legale di origine sovranazionale. La riforma che ne deriverà deve consentire al sistema legale di punire l’odio misogino per la sua intrinseca capacità di minare l’uguaglianza, al di là del danno specifico causato alla singola vittima.
La strategia integrata contro la misoginia
La gestione del fenomeno è complessa, sia per il confine mobile tra diffamazione individuale e odio collettivo, sia per le sfide procedurali.
Le indagini sui discorsi d’odio in rete presentano notevoli difficoltà. La natura dinamica e volatile della comunicazione online ostacola l’acquisizione forense dei dati, che possono essere rimossi velocemente dall’autore o dalle piattaforme. Il reperimento e la conservazione delle prove necessitano del ricorso a competenze specialistiche in digital forensics.
La Polizia Postale, in collaborazione con l’OSCAD (Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori), svolge un lavoro cruciale, ma i dati aggregati, che nel 2023 hanno visto 2.712 casi trattati per discriminazione e odio, nascondono una sottostima sistemica (underreporting). Le vittime non denunciano per timore di ritorsioni o sfiducia nel sistema.
Per rafforzare la tutela e affrontare la Misoginia 2.0 occorre, a mio avviso, agire su più fronti.
- Innanzitutto, investire nella formazione specialistica per le Forze dell’Ordine e le Autorità Giudiziarie sul riconoscimento del chilling effect come danno concreto e sulle tecniche avanzate di digital forensics.
- Inoltre, bisogna rafforzare il monitoraggio e l’applicazione sanzionatoria nei confronti degli operatori digitali che non adempiono agli obblighi di moderazione e rimozione di contenuti illegali, in linea con il Digital Services Act e la Direttiva UE.
- Infine,vi è necessità di implementare misure di protezione, assistenza specialistica e valutazione individuale delle esigenze di sicurezza per aumentare la fiducia delle vittime ed incentivare le segnalazioni.
La Misoginia 2.0 esige di essere equiparata all’odio razziale, non per similitudine, ma per l’identico potenziale lesivo della parità democratica. Il sistema giudiziario non può più permettersi l’alibi di una tutela frammentata, che subordina la libertà di espressione delle donne alla mera lesione dell’onore individuale.
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Dalla scrivania alla scuola
pnlug.it/2025/11/19/donazione-…
Segnalato dal Grupo Linux di #Pordenone e pubblicato sulla comunità Lemmy @GNU/Linux Italia
PNLUG e Electrolux danno nuova vita alla tecnologia e all'apprendimento a Pordenone donando 50 pc all’Istituto Comprensivo Pordenone Centro
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Google Chrome, un altro bug critico risolto. Basta una pagina HTML contraffatta per sfruttarlo
Google ha rilasciato nuovi aggiornamenti per il suo browser Chrome nel mezzo di una nuova ondata di attacchi in cui gli aggressori sfruttano una falla nel motore V8. L’azienda ha riconosciuto che una delle vulnerabilità scoperte è già utilizzata in incidenti reali, quindi le patch sono state rilasciate immediatamente.
Il problema principale era il CVE-2025-13223, con severity di 8,8. Si tratta di un bug che può portare alla corruzione della memoria. In uno scenario di successo, un aggressore remoto potrebbe eseguire codice arbitrario tramite una pagina HTML appositamente creata.
Il problema è stato segnalato da Clement Lessin del team Threat Analysis Group, che ha identificato il problema il 12 novembre. L’azienda non ha rivelato chi potrebbe essere stato preso di mira dagli attacchi né la loro portata, ma conferma che esiste già uno strumento antimalware funzionante.
Questo bug è diventato la terza anomalia attiva di questa classe nella V8 di quest’anno, unendosi a CVE-2025-6554 e CVE-2025-10585 . È stato risolto anche un problema simile nel motore, CVE-2025-13224. È stato scoperto dall’agent di intelligenza artificiale interno di Google, Big Sleep .
Entrambi i bug hanno ricevuto lo stesso livello di gravità a causa del rischio di esecuzione di azioni arbitrarie nel sistema.
L’azienda ricorda che, inclusa la versione di novembre, il numero di vulnerabilità zero-day risolte in Chrome dall’inizio dell’anno ha raggiunto quota sette. L’elenco include CVE-2025-2783 , CVE-2025-4664 , CVE-2025-5419 , CVE-2025-6554 , CVE-2025-6558 e CVE-2025-10585 .
Per ridurre i rischi, consigliamo di installare le versioni più recenti di Chrome: 142.0.7444.175 o .176 per Windows, 142.0.7444.176 per macOS e 142.0.7444.175 per Linux.
È possibile verificare la presenza di aggiornamenti andando su Aiuto > Informazioni su Google Chrome e riavviando il browser. Anche gli utenti di Edge, Brave, Opera e Vivaldi dovrebbero attendere il rilascio degli aggiornamenti corrispondenti nelle loro build.
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Kubernetes Cluster Goes Mobile in Pet Carrier
There’s been a bit of a virtualization revolution going on for the last decade or so, where tools like Docker and LXC have made it possible to quickly deploy server applications without worrying much about dependency issues. Of course as these tools got adopted we needed more tools to scale them easily. Enter Kubernetes, a container orchestration platform that normally herds fleets of microservices in sprawling cloud architectures, but it turns out it’s perfectly happy running on a tiny computer stuffed in a cat carrier.
This was a build for the recent Kubecon in Atlanta, and the project’s creator [Justin] wanted it to have an AI angle to it since the core compute in the backpack is an NVIDIA DGX Spark. When someone scans the QR code, the backpack takes a picture and then runs it through a two-node cluster on the Spark running a local AI model that stylizes the picture and sends it back to the user. Only the AI workload runs on the Spark; [Justin] also is using a LattePanda to handle most of everything else rather than host everything on the Spark.
To get power for the mobile cluster [Justin] is using a small power bank, and with that it gets around three hours of use before it needs to be recharged. Originally it was planned to work on the WiFi at the conference as well but this was unreliable and he switched to using a USB tether to his phone. It was a big hit with the conference goers though, with people using it around every ten minutes while he had it on his back. Of course you don’t need a fancy NVIDIA product to run a portable kubernetes cluster. You can always use a few old phones to run one as well.
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Kissing is ubiquitous among many animals, especially primates, suggesting deep evolutionary roots of the behavior.#TheAbstract
“Most drivers are unaware that San Jose’s Police Department is tracking their locations and do not know all that their saved location data can reveal about their private lives and activities."#Flock
Cloudflare va giù nel magnifico Cloud! incidente globale in fase di risoluzione
18 novembre 2025 – Dopo ore di malfunzionamenti diffusi, l’incidente che ha colpito la rete globale di Cloudflare sembra finalmente vicino alla risoluzione. L’azienda ha comunicato di aver implementato una correzione e di essere ora nella fase di monitoraggio attivo, dopo una giornata caratterizzata da disservizi, errori intermittenti e problemi sui servizi applicativi e di sicurezza.
L’incidente, iniziato alle 11:48 UTC, ha coinvolto varie componenti dell’infrastruttura Cloudflare, generando rallentamenti, timeout e blocchi a livello globale, con impatti anche su CDN, API, autenticazione e dashboard di gestione.
Di seguito la ricostruzione completa della giornata.
Timeline dell’incidente Cloudflare
11:48 UTC – Inizio dell’incidente
Cloudflare segnala un degrado interno del servizio. Diversi servizi risultano instabili a livello globale e viene avviata l’analisi del problema.
12:03 UTC – Indagine in corso
Cloudflare conferma che alcuni servizi continuano a essere colpiti da errori intermittenti.
12:21 UTC – Prime evidenze di ripristino parziale
Cloudflare osserva miglioramenti, ma i clienti sperimentano ancora errori più elevati del normale.
12:37 UTC – Indagine ancora attiva
Persistono anomalie diffuse sulla rete.
12:53 UTC – Indagine ancora in corso
I tecnici continuano a lavorare senza individuare ancora una soluzione definitiva.
13:04 UTC – Disattivato temporaneamente l’accesso WARP a Londra
Durante i tentativi di mitigazione, Cloudflare disattiva WARP nella region di Londra. Gli utenti locali non riescono a connettersi tramite il servizio.
13:09 UTC – Problema identificato
Cloudflare comunica di aver individuato la causa dell’incidente e di aver iniziato a implementare una soluzione.
13:13 UTC – Ripristino parziale di Access e WARP
Cloudflare ripristina Access e WARP, riportando i livelli di errore alla normalità.
WARP Londra torna operativo. Si continua a lavorare sui restanti servizi applicativi.
13:35 UTC – Problemi ancora presenti
I servizi applicativi non sono ancora stati ripristinati completamente.
13:58 UTC – Lavori in corso
Continuano gli interventi per riportare online i servizi rimanenti.
14:22 UTC – Ripristino dashboard
La dashboard Cloudflare torna operativa, anche se i servizi applicativi mostrano ancora instabilità.
14:34 UTC – Continuano i lavori di ripristino
Il team tecnico prosegue con le attività necessarie a ripristinare tutti i servizi.
14:42 UTC – Cloudflare: “Incidente risolto, monitoraggio in corso”
Cloudflare annuncia di aver implementato una correzione definitiva. Tutti i servizi dovrebbero tornare progressivamente alla normalità, ma rimane attivo il monitoraggio post-incident.
Impatti dell’incidente
L’incidente ha avuto un impatto rilevante su scala globale. Molti siti web serviti da Cloudflare (tra cui redhotcyber.com) hanno mostrato rallentamenti, pagine non raggiungibili, errori 502, 522 e 526, oltre a problemi di caching e routing.
I servizi di sicurezza e autenticazione, come Cloudflare Access e WARP, sono stati fortemente colpiti nella prima fase. In alcune regioni gli utenti non hanno potuto autenticarsi o accedere alle risorse protette.
Anche Downdetector ha mostrato malfunzionamenti, rendendo difficile monitorare l’ampiezza dell’incidente e contribuendo alla percezione di un blackout molto esteso.
L’infrastruttura globale Cloudflare ha registrato rallentamenti e instabilità, con ripercussioni a catena su servizi non direttamente ospitati sulla piattaforma.
Che cos’è Cloudflare WARP
Cloudflare WARP è un servizio sviluppato da Cloudflare con l’obiettivo di migliorare la sicurezza e le prestazioni della connessione Internet degli utenti. A differenza delle VPN tradizionali, che puntano principalmente a fornire anonimato instradando tutto il traffico attraverso server remoti, WARP è progettato per rendere la navigazione più veloce, stabile e protetta, senza appesantire la connessione.
Come funziona
WARP utilizza il protocollo WireGuard, noto per essere leggero, rapido e altamente sicuro. Il traffico viene instradato attraverso la rete globale di Cloudflare, che funge da “strato protettivo” tra l’utente e il web. Questo permette di:
- criptare le connessioni su reti non sicure (come Wi-Fi pubblici),
- ridurre la latenza grazie alla rete globale Cloudflare,
- filtrare automaticamente traffico malevolo o sospetto,
- proteggere da intercettazioni e attacchi man-in-the-middle.
Non mira all’anonimato totale come una VPN classica, ma si concentra su sicurezza e stabilità della connessione.
La differenza tra WARP e WARP+
Cloudflare offre due versioni del servizio:
- WARP: gratuito, utilizza la rete standard Cloudflare.
- WARP+: a pagamento, instrada parte del traffico tramite la tecnologia Argo Smart Routing, che sceglie dinamicamente il percorso più veloce tra i server Cloudflare, migliorando ulteriormente la velocità.
Situazione attuale
Secondo l’ultimo aggiornamento, la correzione è stata applicata con successo e i servizi stanno tornando alla normalità. Cloudflare è ora nella fase di monitoraggio attivo e nelle prossime ore potrebbero verificarsi residui di instabilità durante l’assestamento della rete
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Ministero dell'Istruzione
Dalle ore 12.00 di domani, mercoledì #19novembre, la piattaforma #CartadelDocente sarà accessibile per gli insegnanti che dispongano di eventuali residui dell’Anno Scolastico 2024/2025 e per i beneficiari di sentenze a cui è stata data esecuzione.Telegram
Roberto Rossetti reshared this.
Gipfel zur Europäischen Digitalen Souveränität: Kehrtwende für die „Innovationsführerschaft“
Ministero dell'Istruzione
La XXIV edizione del #concorso nazionale “I giovani ricordano la #Shoah” per l’anno scolastico 2025/2026 è promossa dal #MIM, in collaborazione con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.Telegram
Interne Dokumente: EU-Staaten einigen sich auf freiwillige Chatkontrolle
Journalists’ cameras become targets at Oregon protests
You’ve probably seen the inflatable frogs, the dance parties, the naked bike ride. Maybe you’ve also seen the darker images: a federal officer aiming a weapon at protesters, or federal agents hurling tear gas and flash bangs into peaceful demonstrations at a Portland, Oregon, immigration facility.
Local journalists have been attacked for bringing images like these to the world. They’re being tear-gassed and shot with crowd-control munitions by federal agents simply for doing their jobs.
Photojournalist John Rudoff is among them. He’s been covering these protests since June, photographing both peaceful marches and violent responses from federal officers that often follow.
On Oct. 11, while documenting a protest, Rudoff was struck by a stinger grenade, even though he was clearly identifiable as press. He was bruised, but not deterred.
“If you cover protests, you’re going to have discomfort and hazard. Period. That’s just the way it is,” Rudoff told us. “They shoot 20-year-old girls, and they shoot 70-year-old men, and they shoot people in wheelchairs, and they shoot blind people,” he added, referring to federal agents using crowd-control munitions. “The word impunity seems to be coined for them.”
Despite the danger, Rudoff refuses to stop documenting. “The entire media ecosystem has been covered with the administration’s rantings about the war-ravaged hellscape of Portland, and the city is burning down, and ICE officers are being attacked, and on and on and on,” he said. “I feel some obligation to try and counter this frankly preposterous narrative that the city’s burning down. It isn’t.”
Independent journalist Kevin Foster, who has also been covering the Portland protests, shares that sense of duty and outrage. “It’s clear the Trump administration wants to paint Portland as a war zone to seize more control, but it’s a lot harder to do that when I’m showing you all the dancing inflatable frogs,” he told us. “At the end of the day, someone needs to be there to document abuses of power.”
Foster has felt the danger up close while reporting from protests. “I’ve seen other press members shot with pepper balls, I’ve had flash bangs go off at my feet, and tear gas canisters explode above my head,” he said. But he continues to work to keep the public informed, reporting on federal agents’ heavy use of force and escalatory tactics at the protests.
For Foster, the concerns go beyond federal agents at protests. “Right-wing influencers and agitators have reportedly doxxed people,” Foster said. “With the state of the presidency and the history of authoritarianism, I do sometimes worry about persecution as well, especially given that a lot of my coverage subverts the narrative produced by right-wing media.”
The incident in Portland that got the most attention involved Katie Daviscourt, a reporter for the conservative news site The Post Millennial. She reported being hit in the face by someone swinging a flagpole at a protest, blackening her eye. Police let the suspect go, prompting feigned outrage from the White House.
Holding federal agents accountable
Violence against the press, from any direction, is an attack on the First Amendment itself, especially when enabled by law enforcement. Unfortunately, those purportedly appalled by the Daviscourt incident have not shown similar concern over federal law enforcement attacks on journalists who don’t further their preferred political narratives.
Since the Portland protests began in June, for instance, photojournalist Mason Lake has been struck by crowd-control munitions twice, pepper-sprayed, and had a rifle aimed at him. Yet federal officials haven’t condemned these attacks, or the attack on Rudoff.
“It’s very disconcerting to see how free press has been trampled,” Lake told the U.S. Press Freedom Tracker, a project of Freedom of the Press Foundation (FPF). “The best we can do is push back and make sure the truth isn’t run over.”
In other cities, like Chicago, Illinois, and Los Angeles, California, federal court orders protect journalists from such assaults. But Portland currently has no such order. Legal precedent from 2020 protests in Portland recognized reporters’ First Amendment right to cover protests and shielded them from dispersal orders. But it has done little to rein in federal agents today.
“They have to be sued, and they have to be enjoined, and they have to be criminally prosecuted until they stop doing it,” suggested Rudoff.
Until that happens, however, journalists must keep speaking up, not just about what they see, but also for being attacked for witnessing it. “Most attacks on journalists aren’t reported,” explained Rudoff. But, he added, “I don’t know a single journalist out there who hasn’t been shot or hit or knocked over or tear-gassed or pepper-sprayed. It’s everybody.”
Foster put it even more bluntly: “Many Americans seem to have this impression that brutalizing protesters and targeting the press only happens in other countries. If that notion hasn’t shattered for you yet, wait until your ears are ringing from flash bangs and you’re enveloped in a cloud of tear gas so thick you can’t see 15 feet.”
This isn’t some distant dictatorship. It’s the city of Portland. And the First Amendment is under siege.
EU ‘Chat Control’ Proposal Still Poses ‘High Risks’ Despite Removal of Mandatory Scanning, Experts Warn
Following a major public outcry, a clarification in the EU’s controversial “Chat Control” law appeared to secure a victory for privacy advocates. However, a group of 18 of Europe’s top cybersecurity and privacy academics has now issued a stark warning that the latest proposal still contains “high risks to society without clear benefits for children.”
Their open letter arrives just before the EU Council’s ambassadors are set to endorse the proposal on November 19. An endorsement would lock in the EU governments’ position, likely leading to a formal adoption in December and setting the stage for tense negotiations with the European Parliament in the new year.
The controversy centers on the Child Sexual Abuse Regulation (CSAR). After widespread protests, mandatory scanning of private communications was removed from the EU Council’s draft. A further clarification on November 13 confirmed that “Nothing in this Regulation should be understood as imposing any detection obligations on providers.”
This led privacy advocates like former Pirate Party MEP Patrick Breyer to declare a partial victory: “We’ve prevented mandatory Chat Control through the back door. But anonymity-breaking age checks and ‘voluntary’ mass scanning are still planned. The fight continues next year!”
Now, cybersecurity experts from institutions including ETH Zurich, KU Leuven, and the Max Planck Institute are amplifying that warning, arguing that two core elements of the revised Council proposal create new, unacceptable dangers.
Key Concerns Raised by Experts:
1. Flawed ‘voluntary’ AI Chat Control Creates Dangerous False Positives
The experts warn that unlike the previous Council’s proposal, the new text expands scanning of private communications to include automated text analysis, using AI to identify ambiguous “grooming” behaviours. They argue this will create a dragnet that ensnares innocent people. “Current AI technology is far from being precise enough to undertake these tasks with guarantees for the necessary level of accuracy.”
The letter states that this expanded scope “only opens the door to surveil and examine a larger part of conversations, without any guarantee of better protection.” It warns of a “high risk of diminishing overall protection by flooding investigators with false accusations that prevent them from investigating the real cases.”
2. Mandatory Age Verification Systems That Discriminate and Invade Privacy
The Council’s proposal would mandate age verification and assessment for app stores and private messaging services, promising that such measures “should preserve privacy”. The academics describe this as dangerous and unworkable: “Age assessment cannot be performed in a privacy-preserving way with current technology due to reliance on biometric, behavioural or contextual information… In fact, it incentivizes (children’s) data collection and exploitation. We conclude that age assessment presents an inherent disproportionate risk of serious privacy violation and discrimination, without guarantees of effectiveness.”
The alternative approach of requiring official documents for age verification would cut off a “substantial fraction of the population” from essential online services, including vulnerable individuals who may not have easy access to digital IDs.
Perhaps most concerning, the experts warn that age verification measures are easily circumvented and could push children toward more dangerous platforms: “Age verification controls can be easily evaded, by using providers outside the EU or VPNs to avoid geolocation checks… Both cases can result in higher risks for children because these alternate services are likely to present security risks (weak or absent encryption) and extensive tracking practices, sometimes for malicious purposes.”
Outlook:
If the Council does not heed the academics’ warnings, age checks and ‘voluntary’ mass scanning are set to become a central battleground in next year’s negotiations with the European Parliament, whose mandate seeks to remove mandatory age checks and limit scanning to the communications of criminal suspects only.
According to a leaked government memo, Italy also raised concerns last week, questioning whether voluntary chat surveillance can adequately safeguard user privacy. The Italian government fears the tool could be expanded to cover other crimes, which makes it difficult for them to support the proposal. Poland, too, reserved further examination.
About the Signatories:
The letter is signed by 18 distinguished professors and researchers in cybersecurity, cryptography, and data privacy from leading universities and research centers across Europe, including Aarhus University (Denmark), École Polytechnique (France), CISPA Helmholtz Center for Information Security (Germany), ETH Zurich (Switzerland), and KU Leuven (Belgium).
Read the scientists’ open letter: csa-scientist-open-letter.org/…
See also Patrick Breyer’s assessment
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#Ucraina: l'utopia e la realtà
Ucraina: l’utopia e la realtà
La realtà dei fatti, da una parte, e il comportamento del regime ucraino e dei suoi sponsor europei, dall’altra, continuano a muoversi su strade totalmente divergenti, con decisioni, prese da parte di questi ultimi, che non hanno nessuna giustificazi…www.altrenotizie.org
Paolo Berizzi: “Vi racconto misteri e legami di CasaPound”
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Da poco in libreria con un testo che sta facendo particolarmente discutere (“Il libro segreto di CasaPound”, Fuoriscena editore), Paolo Berizzi ha deciso di devolvere alla nostra associazione una parte
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"I.A. BASTA!”: l’appello dei docenti contro l’intelligenza artificiale a scuola - L'INDIPENDENTE
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Un appello, una mozione e un questionario per dire “basta” all’intelligenza artificiale nella scuola. È questo il cuore della mobilitazione lanciata dal gruppo auto-organizzato di lavoratrici e lavoratori della scuola, che vede la partecipazione di docenti, personale ATA, rappresentanti del sindacal
La militarizzazione dell’AI è già iniziata. Ma dove arriverà?
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Molti analisti parlano ormai dell’uso bellico dell’Intelligenza Artificiale in guerra come del vero “momento Oppenheimer” della nostra epoca. Un termine che indica l’idea che, come accadde con il nucleare a metà Novecento, stiamo varcando una soglia dalla quale sarà difficile tornare indietro. Un
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Perché la Commissione Ue indaga sul cloud di Amazon e Microsoft
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La Commissione europea sta indagando su Amazon Web Service e Microsoft Azure per stabilire se le due società vadano considerate delle "gatekeeper" nel mercato del cloud. Nuove tensioni in vista tra Bruxelles e
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Il direttore del Parlamento Ue in Italia a TPI: “Senza rafforzare l’Europa la nostra indipendenza è a rischio”
@Politica interna, europea e internazionale
Oggi l’Europa è sotto attacco? «Assolutamente sì, l’ha ricordato in plenaria al Parlamento europeo, nel momento istituzionale più delicato e importante, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Le sue prime parole
Politica interna, europea e internazionale reshared this.
Caselli torna in antimafia e spazza il campo dalla falsa valanga di “mafia appalti”
@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/11/caselli…
Lo “spazza-neve” Caselli torna in Antimafia e finisce il lavoro: sgombrato completamente il campo dalla falsa valanga di “mafia
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Dal dominio cognitivo a quello cibernetico. L’Italia sotto attacco ibrido nel dossier Crosetto
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Presentato durante la riunione del Consiglio Supremo di Difesa, il “Non-paper sul contrasto alla guerra ibrida” del ministro della Difesa, Guido Crosetto, parla chiaro: l’Italia è già in un conflitto sottosoglia, quotidiano, mutevole
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fanpage.it/wamily/quando-torni…
ma perché? le donne devono occuparsi dolo di fare figli e crescere la prole... sono sicura che c'è un sacco di gente (più uomini) che concorderebbe infatti con questa affermazione. questa è una donna santa....
Ucci ucci, è in vendita la villa di Angelo Balducci
@Politica interna, europea e internazionale
Un annuncio, apparso in questi giorni su uno dei principali portali immobiliari, ha destato la curiosità dei frequentatori di salotti e circoli romani: in vendita esclusiva villa con parco e piscina nel cuore di Roma, in via delle Mura Latine 44. Così recita l’inserzione di Idealista, che ripropone quella originaria di
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(N.B. Il titolo dell’iniziativa non ha nulla a che vedere con il libro.)
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📅 Martedì 18 novembre, ore 18:00
PEDAGOGIA HACKER — con Collettivo C.I.R.C.E.
Un’esplorazione su come costruire relazioni più consapevoli con il digitale.
Rivolto a chi educa, crea, si prende cura o semplicemente vuole abitare la tecnologia con un’attitudine critica e conviviale.
Per ridurre l’alienazione tecnica e sperimentare forme di immaginazione liberatoria.
📍 Via Fontanellato 69, al Che Guevara Roma
Processo al leader di Do.Ra. per la diffamazione di Berizzi, il pm aggiunge altre accuse
@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/11/process…
L'imputato si è presentato in udienza con una maglietta nera recante la scritta “Spiriti Armati”
L'articolo
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Brasile: leader guarani ucciso in un attacco alla sua comunità
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Mentre alla COP30 si discute di tutela climatica e diritti dei popoli originari, l’assalto armato contro la comunità di Pyelito Kue rivela la realtà quotidiana dei Guarani Kaiowá: terre usurpate, demarcazioni bloccate e violenze sistematiche nell’impunità dello Stato brasiliano.
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Accessibilità in cammino – Passeggiata per il diritto alla mobilità
Firenze – Giardino di Fortezza da Basso (nei pressi della fontana)
Mercoledì 19 novembre 2025
Ore 14:30
In occasione della Settimana Europea della Mobilità 2025, la Cellula Coscioni di Firenze organizza, in collaborazione con Legambiente Firenze e il Comune di Firenze, una passeggiata pubblica dal titolo:
ACCESSIBILITÀ IN CAMMINO – Garantire il diritto alla mobilità
Un’iniziativa per testare insieme una nuova app che permette di fotografare e monitorare lo stato reale dell’accessibilità nella città. Unisciti a noi per camminare, osservare, segnalare e difendere il diritto alla mobilità di tutte le persone.
La partecipazione è libera e aperta a tutte e tutti.
L'articolo Accessibilità in cammino – Passeggiata per il diritto alla mobilità proviene da Associazione Luca Coscioni.
Avv. Massimo Rossi a Pavia – “Diritto di scegliere: dialogo sull’eutanasia negata”
Massimo Rossi a Pavia – “Diritto di scegliere: dialogo sull’eutanasia negata”
Aula Disegno, Università di Pavia – Piazza Leonardo Da Vinci 5
17 novembre 2025
Ore 18:00
In occasione dell’incontro “Diritto di scegliere: dialogo sull’eutanasia negata”, il Coordinamento UDU Pavia, in collaborazione con l’Università di Pavia, ospita Massimo Rossi, avvocato, membro dell’Associazione Luca Coscioni e difensore di Marco Cappato nei noti casi di DJ Fabo e Davide Trentini.
L’incontro sarà dedicato ai più recenti sviluppi politici e giuridici in materia di eutanasia e suicidio medicalmente assistito. Dalla strada aperta dalle sentenze della Corte costituzionale, alle proposte di legge oggi in discussione fino alle leggi regionali approvate in Toscana e Sardegna.
Un momento di riflessione e confronto sullo stato del diritto all’autodeterminazione in Italia e sulle battaglie ancora aperte per la libertà di scelta alla fine della vita.
L'articolo Avv. Massimo Rossi a Pavia – “Diritto di scegliere: dialogo sull’eutanasia negata” proviene da Associazione Luca Coscioni.
Riceviamo e pubblichiamo: Comunicato stampa
Con il continuo peggioramento del maltempo e della crisi umanitaria nella Striscia di Gaza, centinaia di migliaia di famiglie Gazawi vivono in tende logore che non offrono alcuna protezione dal freddo e dalle piogge, causando una situazione catastrofica che colpisce soprattutto bambini, donne e anziani.
Riteniamo la comunità internazionale responsabile del proprio silenzio e sottolineiamo che il persistente divieto di far entrare gli aiuti essenziali – in particolare tende adeguate, caravan e materiali di riparo – rappresenta una grave violazione degli obblighi umanitari e una minaccia diretta alla vita di centinaia di migliaia di sfollati.
Chiediamo alle Nazioni Unite, alle organizzazioni internazionali e all’UNRWA di intervenire immediatamente e di esercitare una pressione concreta per garantire l’ingresso immediato degli aiuti e l’avvio della ricostruzione, ponendo fine alle restrizioni che aggravano la sofferenza e spingono Gaza verso un inverno disastroso.
La situazione è ormai insostenibile: ogni ritardo vuol dire mettere a rischio altre vite.
17/11/2025
Associazione dei Palestinesi in Italia (API)
FREE ASSANGE Italia
Riceviamo e pubblichiamo: Comunicato stampa Con il continuo peggioramento del maltempo e della crisi umanitaria nella Striscia di Gaza, centinaia di migliaia di famiglie Gazawi vivono in tende logore che non offrono alcuna protezione dal freddo e da…Telegram
Cosa combinerà Bezos con Project Prometheus
L'articolo proviene da #StartMag e viene ricondiviso sulla comunità Lemmy @Informatica (Italy e non Italy 😁)
Jeff Bezos ritiene che l’intelligenza artificiale si trovi all’interno di una “bolla industriale”, ma non per questo non va cavalcata. Ecco quindi che, insieme a un ex di Google, ha fondato la startup Project Prometheus, tornando a ricoprire un
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simona
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