I referendum hanno perso da tempo la loro funzione: è ora di ripensarli
@Politica interna, europea e internazionale
Il referendum dell’8 e 9 giugno si è consumato senza raggiungere il quorum, come facilmente prevedibile e come ormai consuetudine per i referendum abrogativi, che necessitano di un’affluenza superiore al 50 per cento per essere ritenuti validi. Ormai l’impressione è infatti che tale strumento, sempre più
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Carraro e gli altri: la folle corsa alla presidenza del Coni
@Politica interna, europea e internazionale
La folle corsa alla presidenza del Coni ha già registrato un notevole colpo di scena. Nei giorni scorsi sono state annunciate le candidature in vista del voto del 26 giugno. I candidati a prendere il posto di Giovanni Malagò, costretto a farsi da parte per il limite dei tre mandati, sono ben 8 a fronte […]
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Il mondo finisce a Oriente.
Droni, sesta generazione e supply chain. Cosa aspettarsi dal Salone di Le Bourget
@Notizie dall'Italia e dal mondo
La prossima settimana, a Parigi Le Bourget, aprirà i battenti la 55sima edizione del Salone Aerospaziale Internazionale dell’Aeronautica e dello Spazio, con cadenza biennale e alternato a quello inglese di Farnborough. È il più grande evento atteso e
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A Remote-Controlled USB Rubber Ducky Clone
Despite the repeated warnings of system administrators, IT personnel, and anyone moderately aware of operational security, there are still quite a few people who will gladly plug a mysterious flash drive into their computers to see what’s on it. Devices which take advantage of this well-known behavioral vulnerability have a long history, the most famous of which is Hak5’s USB Rubber Ducky. That emulates a USB input device to rapidly execute attacker-defined commands on the target computer.
The main disadvantage of these keystroke injection attacks, from the attacker’s point of view, is that they’re not particularly subtle. It’s usually fairly obvious when something starts typing thousands of words per minute on your computer, and the victim’s next move is probably a call to IT. This is where [Krzysztof Witek]’s open-source Rubber Ducky clone has an advantage: it uses a signal detected by a SYN480R1 RF receiver to trigger the deployment of its payload. This does require the penetration tester who uses this to be on the site of the attack, but unlike with an always-on or timer-delayed Rubber Ducky, the attacker can trigger the payload when the victim is distracted or away from the computer.
This project is based around the ATmega16U2, and runs a firmware based on microdevt, a C framework for embedded development which [Krzysztof] also wrote. The project includes a custom compiler for a reduced form of Hak5’s payload programming language, so at least some of the available DuckyScript programs should be compatible with this. All of the project’s files are available on GitHub.
Perhaps due to the simplicity of the underlying concept, we’ve seen a few open source implementations of malicious input devices. One was even built into a USB cable.
The GBA Console You Never Knew You Wanted
Do you like Nintendo games? How about handhelds? Do you prefer the now-venerable Game Boy Advance (GBA) to more modern platforms, but wish your aging eyes could enjoy its content on a large CRT instead of a dinky LCD? If you answered yes to all those questions, you are exactly the type of person [GouldFish on Games] made this custom console for, and you should probably be friends.
The external appearance of this hack is slick: a 3D printed console with the contours of the GBA in that iconic purple, but with a cartridge bay door like an NES and a SNES controller port. It’s the GBA console Nintendo never made, sitting next to a period-appropriate CRT. Playing GBA game on a CRT with an SNES controller is already hacky; what makes it really hacky is the guts are yet another Nintendo system — the DS Lite.
Why a DS Lite? Two reasons: one, it is cheaper to get a busted DS Lite than an old GBA mainboard. Two, as we covered before, the DS Lite can do composite-out with a relatively cheap add-on board. [GouldFish] really is hacking on the shoulders of giants, and they acknowledge it in the video. Aside from the composite-out board, he also makes use of community knowledge on how to make the DS Lite boot without screens or batteries.
Should you be interested in putting your own version of this console together, [GouldFish] was kind enough to share the STLs for the 3D printed enclosure, as well as the Gerber files for the custom PCB that interfaces with the SNES controller port.
We featured a CRT mod for an original Game Boy before, but this seems a lot more practical, if a lot less portable. [GouldFish] has no shortage of old titles and newer homebrew to chose from for this console, but they could always use more. We once featured a primer on how to get into the GBA homebrew scene, if you want to make a game.
youtube.com/embed/niw_-F2xzqw?…
Thanks to [Kris] for the tip.
freezonemagazine.com/rubriche/…
Da quello che è stato tolto a quello che è stato messo. Ovvero dall’oblio del tempo alla bulimia dello sviluppo industriale. Le mappe registrano tutto, ma non in tempo reale. Neppure Google ci riesce. I satelliti sì. Affollano i nostri cieli come un’autostrada nei giorni del grande esodo e, come le automobili, si scontrano fra […]
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Da quello che è
La strategia UE per difendere la sanità dalle minacce informatiche
@Informatica (Italy e non Italy 😁)
Al'inizio dell'anno la Commissione europea ha svelato un ambizioso programma per rafforzare la cyber security nel settore sanitario, puntando a proteggere ospedali e operatori dalle crescenti minacce cyber. Vediamo cosa comporta
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Days Gone per gli sviluppatori Sony
L'articolo proviene da #StartMag e viene ricondiviso sulla comunità Lemmy @Informatica (Italy e non Italy 😁)
Nel 2024 Sony è inciampata sul videogame Concord, costato oltre 400 milioni e chiuso dopo la vendita di appena 25mila copie. Col biennio di tagli draconiani i bilanci sono tornati a sorridere al gigante nipponico che però resta molto cauto a causa dei dazi di
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Vacanze 2025: Europa al top, Italia rimandata, Stati Uniti bocciati. Ecco i Paesi più sicuri per viaggiare
Il Travel Safety Index 2025 di HelloSafe premia il Vecchio Continente, con la Francia maglia nera. Russia, India e Stati Uniti in fondo alla classifica. Ecco le destinazioni più sicure per il 2025Elmar Burchia (Dove Viaggi)
Un terremoto scuote le fondamenta dell'alleanza tra Stati Uniti e Regno Unito: i servizi segreti britannici hanno drasticamente ridotto l...
Un terremoto scuote le fondamenta dell'alleanza tra Stati Uniti e Regno Unito: i servizi segreti britannici hanno drasticamente ridotto lo scambio di informazioni con i loro omologhi americani, a causa delle crescenti preoccupazioni sulla sicurezza d…Quora
Perché il governo rottamerà Spid
L'articolo proviene da #StartMag e viene ricondiviso sulla comunità Lemmy @Informatica (Italy e non Italy 😁)
Butti ringrazia e congeda gli identity provider, partner privati dello Stato nell'avventura della Spid e suggerisce a tutti di passare a Cie: "è gratuita e più sicura". Ma la partita non sembra di così facile risoluzione dato che circolano ancora 40 milioni di
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Perché l’interpretazione della cyber security di Microsoft ha molto senso
@Informatica (Italy e non Italy 😁)
L’esperienza pregressa traccia la via per il futuro e la risposta al cyber crimine deve essere all’altezza delle minacce sempre più sofisticate. Ecco le strategie di Microsoft che, grazie alla loro logica di implementazione, sono una guida per qualsiasi organizzazione
L'articolo Perché
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Huawei a Napoli: l’innovazione “intelligente” incontra l’Italia, tra visione tecnologica e dinamiche globali
Napoli, 21 maggio 2025. In un punto preciso di via Posillipo, strada che abbraccia il versante meridionale dell’omonima collina, troneggia l’elegante Villa Cilento: un’opera d’arte incastonata tra il verde, con lo sguardo rivolto al mare dove Capri e Punta Campanella sembrano volersi stringere in un azzurro abbraccio.
Proprio qui, in questo scrigno di armonia tra architettura e natura, Huawei ha scelto di ambientare la seconda tappa del suo Enterprise Roadshow 2025, un viaggio che unisce tecnologia e bellezza per lanciare la strategia “Italia Intelligente”. Dopo Roma (14 maggio) e prima di Messina (28 maggio), Napoli diventa palcoscenico di innovazione: reti ICT, cloud e soluzioni di storage dialogano con un territorio che ha fatto della sinergia tra tradizione e futuro il suo marchio.
Villa Cilento
Un evento pensato per svelare la strategia “Italia Intelligente”. Un itinerario che ha confermato la volontà del colosso cinese di intrecciare la propria spinta innovativa con le specificità e le eccellenze del tessuto imprenditoriale italiano.
La giornata è stata arricchita da una significativa tavola rotonda dal titolo “Accelerating the Intelligent Italy”, che ha visto la partecipazione di figure chiave del panorama locale e nazionale come Augusto Natale (CEO, Nabacom). Renato Massa (dirigente ASL Napoli 3 Sud), Rocco Saviano (dirigente transizione digitale, Istituto Tumori Pascale di Napoli) e Riccardo Iuzzolino (presidente, Fondazione Cultura e Innovazione).
La Discussione
Durante la discussione sono emerse testimonianze dirette dell’impatto della collaborazione tecnologica sul territorio. Augusto Natale (Nabacom), unico Gold Partner Huawei del Sud Italia, ha lodato la reattività del supporto tecnico. Supporto cruciale per un system integrator che opera a stretto contatto con il cliente finale.
Un’esperienza di vicinanza al cliente confermata da Rocco Saviano (Pascale). Saviano che ha descritto il cruciale progetto di digital pathology della Rete Oncologica Campana. Destinato a impattare 17 strutture sanitarie e reso possibile da soluzioni di storage Huawei e da una profonda collaborazione tecnica che ha incluso la personalizzazione del software per ottimizzare la gestione di pesanti immagini diagnostiche.
Renato Massa (U.O.C. Sistemi Informatici e ICT ASL Napoli 3 Sud) ha illustrato come, nonostante le sfide di un’infrastruttura sanitaria estesa (98 sedi) e risorse umane limitate, soluzioni intelligenti come iMaster NCE e il Wi-Fi 7 di Huawei stiano abilitando la modernizzazione, la semplificazione gestionale e la pianificazione di servizi innovativi per i pazienti, come il monitoraggio dei flussi interni.
La Fondazione
Riccardo Iuzzolino (Fondazione Cultura e Innovazione) ha sottolineato come la sua Fondazione apprezzi la visione di Huawei, riconoscendola come un “partner strategico di circa 170 paesi”. Con la capacità di penetrare nei territori, affiancare gli stakeholder per innovare tecnologicamente i processi educativi e quelli della trasformazione digitale nel mondo enterprise.
Inoltre, questa filosofia si traduce in progetti concreti e pluripremiati (riconosciuti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dell’Istruzione e del Merito):
- la “tracciabilità della filiera 4.0” applicata a eccellenze del Made in Italy come la “pizza 4.0” e la “sfogliatella 4.0” (utilizzando soluzioni IoT e blockchain);
- la creazione del “quartiere intelligente” a Piazza del Gesù a Napoli, che connette sette scuole, artigiani e imprese attraverso tecnologie Huawei.
L’impegno di Huawei: vicinanza, servizi e partnership strategiche
L’impegno di Huawei verso l’Italia, forte di ingenti investimenti globali in Ricerca e Sviluppo (circa il 20% degli utili), è stato al centro dell’intervento di Eduardo Perone, vicepresidente Huawei Europa. Perone ha menzionato le proficue collaborazioni con eccellenze campane come l’Istituto Pascale e l’Università Federico II, definite “best practice nazionali e internazionali” presentate con orgoglio in Europa.
«Veniamo a metterci la faccia», ha affermato Perone con passione, «e ci fa piacere creare questo ponte tra Shenzhen… (La Silicon Valley cinese, ndr) e Napoli… È uno dei ponti più belli del mondo!»
Questo approccio riflette la filosofia Customer First dell’azienda, mirata a una profonda comprensione e vicinanza al cliente. A rafforzare questo impegno, Domenico Mittiga, direttore Service Partner Enablement, Huawei Italia, ha illustrato la strategia dedicata al potenziamento dei partner locali.
“Huawei investe anche sui servizi”, presentando un nuovo dipartimento focalizzato sullo sviluppo delle competenze dei collaboratori italiani attraverso programmi di formazione personalizzati e certificazioni mirate. L’obiettivo è lavorare “spalla a spalla con i nostri partner” per assicurare la trasformazione digitale dei clienti “in sicurezza, efficienza e qualità”.
Tecnologie chiave per l’Italia digitale
Il portfolio tecnologico svelato a Napoli ha confermato la notevole spinta innovativa di Huawei. Per i data center sono state presentate soluzioni ad altissime prestazioni, inclusi switch fino a 100 Tbps e gli avanzati sistemi di storage All-Flash OceanStor, cruciali per carichi mission-critical e la gestione di grandi volumi di dati.
Nel campo della connettività avanzata si è spaziato da FTTO (Fiber to the Office) e DCI (Data Center Interconnect) alla premiata soluzione Wi-Fi 7 AirEngine, per reti fisse e mobili ultraveloci, affidabili e a bassa latenza.
Cuore della strategia software è l’ecosistema Xinghe Intelligent Network, potenziato dall’IA per garantire automazione intelligente, sicurezza predittiva e ottimizzazione delle performance di rete. A questo si affianca la piattaforma Datacom, per cui Huawei è stata riconosciuta “Leader nel Magic Quadrant 2024 di Gartner” per le infrastrutture LAN cablate e wireless aziendali, a testimonianza della solidità della sua offerta.
Prosegue inoltre con decisione l’impegno verso il Net5.5G, standard che integra intelligenza artificiale ed efficienza energetica, proiettando le reti verso le esigenze del prossimo futuro.
Contesto e visione per la Campania
Mentre il dibattito tecnologico globale verte su temi quali sovranità digitale e sicurezza delle infrastrutture, e Huawei ribadisce il proprio impegno per trasparenza e conformità alle normative, l’intervento di Franco Picarone, presidente della Commissione Bilancio della Regione Campania, ha ancorato la discussione alla realtà dei cittadini. Con una visione pragmatica, ha infatti affermato: «Il cittadino non chiede se un chip è cinese o americano. Chiede servizi che funzionino».
Ha illustrato progetti regionali ambiziosi:
- Tracciabilità blockchain del latte di bufala “fino al singolo animale produttore”;
- Potenziamento della medicina territoriale nelle aree interne tramite “botteghe di comunità” e soluzioni di telemedicina;
- Accessibilità universale ai siti culturali per i disabili.
Per affrontare queste sfide servono “idee chiare e partner forti sul territorio”, sottolineando come “la tecnologia è imprescindibile” in un’epoca di grandi cambiamenti.
On. Franco Picarone. Presidente della Commissione Bilancio della Regione Campania
Conclusioni: un impegno per la crescita digitale
L’Enterprise Roadshow 2025 di Huawei ha confermato la determinazione del colosso cinese nel voler essere un protagonista attivo e propositivo nella trasformazione digitale italiana, mettendo a disposizione un notevole patrimonio di innovazione e un forte orientamento alla collaborazione con le specificità locali.
Per le aziende e la pubblica amministrazione italiana si presenta l’opportunità di esplorare e implementare queste tecnologie avanzate, attraverso un’attenta valutazione che consideri performance, sostenibilità, visione futura e integrazione armonica con i propri percorsi di crescita e le esigenze dei cittadini.
Con la tappa di Messina del 28 maggio, il Huawei Italy Enterprise Roadshow 2025 ha concluso il suo viaggio attraverso la penisola. Sarà interessante osservare nei prossimi mesi come le strategie e le soluzioni presentate si concretizzeranno in nuove opportunità e progetti per il dinamico mercato ICT italiano.
La capacità di Huawei di continuare a investire, dialogare e adattarsi alle dinamiche del mercato italiano sarà fondamentale per trasformare le sfide attuali in proficue opportunità di sviluppo reciproco.
Carlo Denza
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Reflections from the 34th Commission on Crime Prevention and Criminal Justice Side Event at UNOV
Last month PPI’s United Nations Office at Vienna main representative Kay Schroeder attended a side event co-hosted by Interpol and the United Nations Office on Drugs and Crime during the 34th Commission on Crime Prevention and Criminal Justice. The event focused on the use of neurotechnologies in criminal justice. PPI is closely monitoring these conversations out of our concern that overzealous institutions will use these technologies to infringe on civil liberties.
Neurotechnology includes everything from functional MRI scanners to brain stimulation devices. And the scary thing is that law enforcement have been adopting these technologies. While these capabilities promise new avenues for crime prevention, they also raise profound questions about privacy and social inequalities. The poor and weaker members of society are at risk, and we must defend them from being abused by these technologies. Unfortunately, many of the speakers at the event did not seem concerned about the negative consequences of unleashing these tools.
Several presenters cited pioneering studies that predict reoffending based on brain activity, showing that it is even more reliable than profiling demographic factors. We worry about the scientific rigor and transparency of these studies, as well as safeguards against discrimination. Neurodata should never be used to reinforce discrimination. A recurring theme was the tension between voluntary interventions and coercive mandates. Rather we believe funding should be allocated to community-led mental-health services, rather than cheap technological attempts to prevent crime.
Speakers touted next-generation wearable devices that can decode semantics from brain-wave patterns. This eerie technology brings to mind the Orwellian thought police. They suggested that within three years, such devices might achieve more than 95% accuracy in lie detection, surpassing polygraphs. Others on site raised immediate concerns about readings, whereby even a 5% error rate can unjustly convict or exonerate. Aside from this, the dystopian invasion of privacy cannot be ignored. What happens when a suspect refuses the test? Would such refusal be deemed noncooperation or proof of guilt? We recommend statutory prohibition on compulsory neural lie detection, judicial oversight, and defending the right to silence.
Several NGOs showcased pilot programs in which neurofeedback helped participants with PTSD, addiction, or impulse-control issues. Such programs that seek to help people might offer positive ways to use this technology. We can be optimistic about some uses of this technology, but we should be careful. We must require informed consent, future studies about long-term impacts before such technologies are implemented, and careful oversight about how these programs are funded. We worry about cases where prisoners and less developed countries will be used as guinea pigs.
A highlight of the side event was a panel on “Neurorights”. They proposed five core entitlements to counterbalance neurotech’s invasive potential: mental privacy, ensuring that personal identity is not reprogrammed to distort one’s sense of self, cognitive liberty, protection from bias, ensuring these technologies do not exacerbate socioeconomic divides.
We believe PPI should call for a ban on covert neural data collection. We also would emphasize that such a ban should be considered on using such technology, except for positive reasons that involve psychological treatments where the patients are fundamentally aware of their rights to participate or refuse treatment. Until rigorous long-term studies are conducted, we should consider banning this technology outright, as we have with chemical weapons and other atrocious tools. We also should be careful that informed consent is not coerced. If a prisoner’s early release hinges on compliance with a “neurorehabilitation” protocol, is consent truly voluntary? Side event speakers recounted cases where incarcerated individuals felt compelled to sign on for neurofeedback to avoid extended sentences.
The side event showed both the promise and the peril of integrating neurotechnology into criminal justice. We applaud technological developments. We do not want to say that we should limit technological development. This technology may have positive uses in psychology and other fields, which can dramatically improve the well-being of some individuals. However, in the context of crime prevention, the use of this technology is frightening. We risk eroding mental privacy, entrenching biases, and coercing vulnerable populations.
As a UN ECOSOC member NGO, we are committed to ensuring that our voice is heard at the UN on these issues.
If you would like to help PPI continue to send representatives to these meetings, please consider making a small donation to our organization or becoming a member. If you would like to be involved personally in the movement, by writing about these issues or attending events, please let us know.
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Ma Gianluca reshared this.
freezonemagazine.com/articoli/…
“Il riscaldamento ci stava tutto, stanotte, perché non ho sentito freddo. Sia chiaro, il riscaldamento ci sta sempre tutto perché non si può spegnere. A volte mi piacerebbe proprio “abbassare il riscaldamento” come dice la gente bene, ma non è possibile perché ora riderai ma il mio riscaldamento è il condotto di ventilazione della metro. […]
L'articolo Max De Paz – Mendicare proviene da FREE ZONE
“Il
La privacy su Meta? Mera illusione!
@Privacy Pride
Il post completo di Christian Bernieri è sul suo blog: garantepiracy.it/blog/meraillu…
È nato un nuovo giorno e, anche oggi, Signorina37 ci regala il suo particolarissimo modo di leggere i fatti. La notizia è di cronaca, ma per interpretarla correttamente servono occhi allenati, esperti, consapevoli e disillusi. Claudia condivide tutti i sentimenti
Privacy Pride reshared this.
Pogrom razzisti, in Irlanda del Nord è caccia allo straniero
@Notizie dall'Italia e dal mondo
In Irlanda del Nord continuano gli scontri con la polizia e gli attacchi razzisti contro i migranti, istigati dalla propaganda e dalle fake news dell'estrema destra
L'articolo Pogrom razzisti, in Irlanda del Nord è caccia allo straniero pagineesteri.it/2025/06/13/mon…
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Intelligenza artificiale e potere: faremo la fine dei cavalli selvaggi? Siamomine
Una riflessione tra McCarthy, Moctezuma e algoritmi: cosa ci distingue davvero dalle macchine? Forse solo la capacità di protestare.Diego Viarengo (Siamomine Mag)
Dentro la mente di LockBit: profilazione criminologica di un gruppo ransomware “aziendale”
Nel mondo del cybercrime moderno, dove le frontiere tra criminalità e imprenditoria si fanno sempre più sfumate, il gruppo ransomware LockBit rappresenta un caso di studio affascinante.
Attivo dal 2019, LockBit è emerso come uno degli attori più pervasivi e strutturati del panorama delle minacce globali, distinguendosi per il suo modello operativo Ransomware-as-a-Service (RaaS) e per una narrazione pubblica che rivela molto più di quanto sembri. Grazie all’intervista esclusiva condotta da Red Hot Cyber e alla documentazione tecnica e comportamentale raccolta tramite la piattaforma Recorded Future, è oggi possibile tracciare una vera e propria profilazione criminologica del gruppo. Non solo sul piano tecnico, ma soprattutto su quello psicologico e organizzativo.
LockBit 3.0 si presenta al mondo con l’immagine di un’organizzazione fredda, razionale, svincolata da logiche ideologiche. Lo afferma chiaramente il loro manifesto di affiliazione: “We are completely apolitical and only interested in money.” Questa frase, all’apparenza banale, è invece un manifesto culturale. Significa che non c’è spazio per ideologie, geopolitica, religione o morale. L’unico codice che viene rispettato è quello del profitto.
La loro piattaforma di affiliazione non è solo un pannello tecnico: è un ecosistema criminale strutturato con dinamiche che ricordano i programmi di partnership delle aziende IT legittime. Ogni affiliato può accedere a un’infrastruttura completa: ransomware preconfigurati, strumenti per la cifratura di sistemi Linux, Windows, NAS, interfacce per comunicare con le vittime, timer per la pubblicazione dei dati, strumenti per l’esfiltrazione tramite Rclone o FreeFileSync, e tool per il bypass degli antivirus più diffusi. Tutto questo è documentato nei dossier pubblicati da Recorded Future, che ne analizzano in dettaglio le TTPs e l’evoluzione infrastrutturale.
Ma ciò che rende LockBit un soggetto unico non è soltanto la sua efficacia tecnica. È la psicologia che permea la sua comunicazione. Ogni riga del loro regolamento rivela una filosofia organizzativa precisa: quella di un gruppo che non tollera errori, che pretende competenza e che agisce con un controllo interno rigido. Gli affiliati devono essere noti nei forum underground, devono versare una cauzione per operare (un chiaro filtro reputazionale), e vengono sottoposti a regole di condotta severe. Chi viola queste regole – ad esempio collaborando con altri gruppi, colpendo target proibiti o disattendendo i pagamenti dovuti al gruppo madre – viene bandito e pubblicamente umiliato. Una gestione interna che ricalca, per struttura e rigore, quella di una vera multinazionale.
La selezione dei target, poi, è altrettanto rivelatrice della loro strategia. Gli attacchi sono calibrati per massimizzare il danno economico riducendo al minimo quello reputazionale. Da una parte, infatti, LockBit esclude esplicitamente obiettivi come ospedali pediatrici, cliniche oncologiche, enti religiosi o istituzioni statali russe e post-sovietiche. Dall’altra, incoraggia i propri affiliati a colpire grandi aziende occidentali, preferibilmente dotate di assicurazioni cyber. Non si tratta di una scelta morale, ma di una fredda logica di risk management: meno attenzione da parte dei media e delle agenzie di intelligence, più spazio per chiudere accordi di pagamento con le vittime.
Durante l’intervista rilasciata a Red Hot Cyber, i portavoce di LockBit hanno ribadito più volte questa distanza da qualsiasi forma di attivismo ideologico, prendendo anche le distanze da altri gruppi più politicizzati come Conti. Hanno dichiarato che il loro obiettivo non è il caos, bensì il profitto. In un passaggio, affermano perfino di essere come “pentester” che aiutano le aziende a migliorare la sicurezza. Una narrazione paradossale, ma coerente con il personaggio pubblico che si sono costruiti: criminali, ma con metodo. Hacker, ma con codice etico (selettivo).
Questa è forse la più pericolosa delle caratteristiche di LockBit: il fatto che si presentino come “affidabili”. Il loro linguaggio, la cura della piattaforma, la trasparenza apparente delle loro regole, tutto è pensato per costruire fiducia. Una fiducia tossica, certo, ma estremamente efficace. Per gli affiliati, LockBit è sinonimo di profitto e stabilità. Per le vittime, è una macchina di estorsione con cui è (tristemente) preferibile trattare, piuttosto che cercare il confronto.
In conclusione, LockBit 3.0 rappresenta la piena maturità della criminalità cyber-organizzata. Non è più solo un gruppo di hacker, ma un’azienda illegale con infrastrutture, marketing, supporto clienti e controllo qualità. Un brand, insomma. E in un mondo dove i brand ispirano fiducia, LockBit ha capito come giocare la sua partita.
Il pericolo non è solo il codice maligno che distribuisce, ma la mentalità imprenditoriale che incarna. Combatterlo richiede molto più che antivirus e patch. Serve una comprensione profonda di come oggi si struttura il crimine, a partire dalle sue logiche organizzative e psicologiche.
E serve anche il coraggio di ammettere che, in questa guerra silenziosa, il nemico non ha più il volto del teppista con l’hoodie, ma quello di un CEO in giacca e cravatta. Solo che, invece di presentazioni PowerPoint, scrive malware.
Tabella di sintesi analitica
La seguente tabella rappresenta una sintesi strutturata del profilo criminologico di LockBit 3.0, elaborata sulla base di fonti OSINT, threat intelligence e documenti originali del gruppo, inclusi regolamenti di affiliazione e comunicazioni pubbliche. Ogni categoria analizzata evidenzia specifici tratti comportamentali, organizzativi e tecnici, al fine di delineare una visione completa del gruppo sia sotto l’aspetto operativo che psicologico-criminale.
La classificazione segue un modello mutuato dall’analisi del comportamento criminale organizzato e dal framework MITRE ATT&CK, con l’integrazione di elementi qualitativi quali: livello di strutturazione interna, tono comunicativo, codici etici interni (reali o dichiarati), modelli di affiliazione, strumenti tecnici forniti, modalità di targeting e meccanismi di controllo interno.
Questa analisi consente una rapida identificazione del livello di maturità, pericolosità e prevedibilità del gruppo e può essere utilizzata come riferimento per:
- Attività di profiling per analisti CTI
- Pianificazione di difese specifiche nel SOC
- Briefing per decision maker aziendali
- Formazione in ambito cybersecurity forense e criminologia digitale
Dettagli:
PROFILO PSICO-SOCIALE DEL GRUPPO
Motivazione primaria: economica
“We are completely apolitical and only interested in money.”
LockBit si dichiara totalmente apolitico, focalizzato esclusivamente sul profitto. Questo li differenzia dai gruppi filo-governativi (es. Sandworm o Conti), posizionandoli come criminali pragmatici, non ideologici.
Etica criminale interna (selettiva)
“It is illegal to encrypt files in hospitals, clinics… oncology centers, maternity hospitals…”
“It is forbidden to attack post-Soviet countries such as Armenia, Belarus, Georgia, Kazakhstan, Kyrgyzstan…”
Il gruppo dichiara di escludere target “sensibili”, per proteggere la propria reputazione nel crimine organizzato. In realtà, è una scelta opportunistica: meno attenzione delle autorità, meno rischio geopolitico, più “customer care” verso i propri affiliati.
MODELLO ORGANIZZATIVO
Schema decentralizzato tipo “franchising” criminale
- Chiunque può affiliarsi, senza limiti geografici o linguistici
- Richiesta una cauzione del 20% per operare con il pannello
- Il pannello di affiliazione è completo di funzioni: upload, chat con le vittime, decryptor testing, timer, ecc.
- Le estorsioni sono personalizzabili dall’affiliato, anche nei toni e nei metodi
“You personally communicate with the attacked companies and decide yourself how much money to take for your invaluable patient work.”
Questo evidenzia delega operativa totale, ma controllo infrastrutturale centrale.
STRUMENTAZIONE E TOOLING
Dotazione dell’affiliato:
- Ransomware preconfigurato con supporto per 14 architetture Linux
- Admin panel con funzioni integrate:
- Upload file e decryptor
- Estensione del timer per pubblicazione dati
- Comunicazione cifrata con le vittime
- Tool di esfiltrazione: Rclone, FreeFileSync, WinSCP
- Bypass di Windows Defender e altri AV
- Supporto cifratura di storage NAS (RAID, ZFS, ext4, Btrfs)
“The fastest and most efficient encryption (without the possibility of file space error encryption).”
Si posizionano come fornitore di ransomware “premium”.
CONTROLLO, VIGILANZA E “ASSICURAZIONI”
- Sistemi reputazionali basati su forum underground
- Obbligo di non collaborare con altri gruppi ransomware: “Do not work with competitors”
- Possibilità di espulsione o punizione in caso di furti, truffe o comportamento scorretto
- Inserimento in “blacklist” se si violano le regole
“Be understanding with such a careful attitude to your candidacy, because you personally would not be very pleased if your newly encrypted company were decrypted for free.”
In altre parole: “o giochi secondo le regole, o roviniamo la tua reputazione”.
SELEZIONE DEI TARGET
Vietato colpire:
- Sanità (solo in casi estremi e chirurgicamente selezionati)
- Enti religiosi
- ONG
- Enti governativi ex-URSS
Preferiti:
- Aziende occidentali
- Aziende con elevato flusso finanziario
- Compagnie assicurate (con ransom coverage)
- Infrastrutture private critiche
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Attenzione: Chap ha violato Telegram? Chap è un mitomane? Chap è la Direction générale de la Sécurité extérieure? 😈
Un autore di minacce che utilizza l'alias Chap ha rivendicato la responsabilità della violazione di Telegram, affermando di aver avuto accesso sia al database di Telegram che al pannello di amministrazione.
Chap ha avvertito che se Telegram non li contatterà entro 24 ore, inizieranno a divulgare i dati esfiltrati, che presumibilmente includono numeri di telefono, indirizzi email e informazioni potenzialmente più sensibili.
Un annuncio importante sulla fuga di notizie è previsto dopo 48 ore, se non si riceverà alcuna risposta.
Questa affermazione è fondata o no? Non lo sappiamo ancora, ma continueremo a monitorare la situazione. Ulteriori aggiornamenti saranno pubblicati non appena disponibili.
https://x.com/H4ckmanac/status/1933071433694917009
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Più le AI diventano come noi, più soffriranno di Social Engineering? Il caso di Copilot che preoccupa
Microsoft 365 Copilot è uno strumento di intelligenza artificiale integrato in applicazioni Office come Word, Excel, Outlook, PowerPoint e Teams. I ricercatori hanno recentemente scoperto che lo strumento presenta una grave vulnerabilità di sicurezza, rivelando i rischi più ampi che gli agenti di intelligenza artificiale possono comportare in caso di attacchi informatici.
La startup di sicurezza AI Aim Security ha scoperto e divulgato la vulnerabilità, che ha definito il primo attacco “zero-click” noto contro un agente AI. Un agente AI è un sistema AI in grado di completare un obiettivo specifico in modo autonomo. Grazie alla natura specifica della vulnerabilità, gli aggressori possono accedere a informazioni sensibili presenti in applicazioni e fonti dati connesse all’agente AI senza che gli utenti debbano fare clic o interagire con tali informazioni.
Nel caso di Microsoft 365 Copilot, agli aggressori è bastato inviare un’e-mail all’utente per lanciare l’attacco, senza ricorrere a tattiche di phishing o malware. La catena di attacco ha utilizzato una serie di accorgimenti tecnici ingegnosi per guidare l’assistente AI ad “attaccare se stesso”.
Un’e-mail ruba dati AI sensibili dalle aziende
Microsoft 365 Copilot può eseguire attività basate sulle istruzioni dell’utente nelle applicazioni di Office, come l’accesso a documenti o la generazione di suggerimenti. Una volta sfruttato dagli hacker, lo strumento può essere utilizzato per accedere a informazioni interne sensibili come email, fogli di calcolo e registri di chat. Tali attacchi aggirano i meccanismi di protezione integrati di Copilot, il che può portare alla fuga di dati proprietari, riservati o relativi alla conformità.
Figura: Diagramma della catena di attacco
L’attacco è iniziato con un’e-mail dannosa inviata all’utente preso di mira, il cui contenuto non aveva nulla a che fare con Copilot ed era camuffato da normale documento aziendale. Nell’email era incorporato un prompt injection nascosto, che ordinava al modello di grandi dimensioni di estrarre e divulgare dati interni sensibili. Poiché il testo di questi prompt sembrava normale contenuto scritto a esseri umani, il sistema ha aggirato con successo il classificatore Microsoft per la protezione dagli attacchi Cross-Prompt Injection (XPIA).
Successivamente, quando un utente pone a Copilot una domanda di carattere lavorativo, l’e-mail viene incorporata nel contesto di un prompt nel modello più ampio dal motore RAG (Retrieval Augmentation Generation) grazie al suo formato e alla sua apparente pertinenza. Una volta all’interno del modello, le iniezioni dannose possono “ingannare” il modello inducendolo a estrarre dati interni sensibili e a inserirli in link o immagini realizzati con cura.
Aim Security ha scoperto che alcuni formati di immagine Markdown fanno sì che il browser avvii una richiesta di immagine e invii automaticamente i dati incorporati nell’URL al server dell’aggressore. I criteri di sicurezza dei contenuti (CSP) di Microsoft bloccano l’accesso dalla maggior parte dei domini esterni, ma gli URL di Microsoft Teams e SharePoint sono considerati fonti attendibili e possono quindi essere sfruttati in modo improprio dagli aggressori per esfiltrare facilmente dati.
Figura: Effetto attacco
Le vulnerabilità espongono difetti fondamentali negli agenti di intelligenza artificiale
Il team di ricerca di Aim Security ha chiamato la vulnerabilità “EchoLeak“. Microsoft ha risposto di aver risolto il problema in Copilot e che attualmente nessun cliente è interessato. “Ringraziamo Aim per aver scoperto e segnalato responsabilmente questo problema, consentendoci di risolverlo prima che i clienti ne fossero colpiti”, ha dichiarato un portavoce di Microsoft in una nota. “Abbiamo aggiornato i nostri prodotti per mitigare la vulnerabilità e non è richiesta alcuna azione da parte dei clienti. Abbiamo inoltre implementato ulteriori misure di difesa approfondita per rafforzare ulteriormente il nostro livello di sicurezza.”
I ricercatori di Aim sottolineano che EchoLeak non è solo una comune vulnerabilità di sicurezza. Il suo impatto va oltre Copilot e rivela una falla fondamentale nella progettazione di agenti di intelligenza artificiale di grandi dimensioni. Questo è simile alle vulnerabilità software degli anni ’90. A quel tempo, gli aggressori iniziarono a sfruttare queste vulnerabilità per controllare dispositivi come laptop e telefoni cellulari.
Adir Gruss, co-fondatore e CTO di Aim Security, ha affermato che lui e il suo team di ricerca hanno trascorso circa tre mesi a effettuare il reverse engineering di Microsoft 365 Copilot, un assistente AI generativo ampiamente utilizzato, nella speranza di identificare rischi simili a precedenti vulnerabilità software e di sviluppare meccanismi di protezione.
Gruss ha spiegato di aver contattato immediatamente il Microsoft Security Response Center, responsabile delle indagini su tutti i problemi di sicurezza che riguardano i prodotti e i servizi Microsoft, dopo aver scoperto la vulnerabilità a gennaio. Ha affermato: “Prendono davvero sul serio la sicurezza dei loro clienti. Ci hanno detto che questa scoperta è rivoluzionaria per loro”.
Tuttavia, Microsoft ha impiegato cinque mesi per risolvere finalmente il problema. Gruss ha affermato: “Per un problema di questo livello, si tratta di un ciclo di risoluzione molto lungo”. Ha sottolineato che uno dei motivi è che la vulnerabilità è molto recente e Microsoft ha bisogno di tempo per mobilitare il team giusto, comprendere il problema e sviluppare un piano di mitigazione.
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Build a 400 MHz Logic Analyzer for $35
What do you do when you’re a starving student and you need a 400 MHz logic analyzer for your digital circuit investigations? As [nanofix] shows in a recent video, you find one that’s available as an open hardware project and build it yourself.
The project, aptly named LogicAnalyzer was developed by [Dr. Gusman] a few years back, and has actually graced these pages in the past. In the video below, [nanofix] concentrates on the mechanics of actually putting the board together with a focus on soldering. The back of the build is the Raspberry Pi Pico 2 and the TXU0104 level shifters.
If you’d like to follow along at home, all the build instructions and design files are available on GitHub. For your convenience the Gerber files have been shared at PCBWay
Of course we have heaps of material here at Hackaday covering logic analyzers. If you’re interested in budget options check out $13 Scope And Logic Analyzer Hits 18 Msps or how to build one using a ZX Spectrum! If you’re just getting started with logic analyzers (or if you’re not sure why you should) check out Logic Analyzers: Tapping Into Raspberry Pi Secrets.
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Assumed Breach. Il Perimetro è Caduto: Benvenuti nella Guerra “Dentro” la Rete
Dalla prospettiva del Red Team, un’analisi critica della fallacia della sicurezza perimetrale e dell’imperativo di testare le capacità di rilevamento e risposta interne.
Per decenni, il paradigma dominante nella cybersecurity è stato quello della “fortezza”: costruire difese perimetrali sempre più alte e sofisticate per tenere gli attaccanti fuori. Firewall di nuova generazione, sistemi di prevenzione delle intrusioni, gateway di sicurezza web ed email – un arsenale imponente schierato a guardia del castello digitale. Tuttavia, dalla prospettiva di chi, come i Red Team, ha il compito di simulare gli avversari più determinati, questa visione si scontra quotidianamente con una realtà più complessa: il perimetro, per quanto robusto, è destinato a essere violato.
Che sia attraverso un’ingegnosa campagna di spear phishing, lo sfruttamento di una vulnerabilità zero-day, una falla nella supply chain o un errore umano, l’accesso iniziale è spesso una questione di “quando”, non di “se”. È qui che l’approccio strategico dell’“Assumed Breach” (o compromissione presunta) emerge non come una teoria pessimistica, ma come una necessità pragmatica per testare e migliorare la reale resilienza di un’organizzazione.
Quando le Mura Cedono: Il Campo di Battaglia Interno
Una volta che un attaccante (o un Red Team che ne simula le azioni) ottiene un primo punto d’appoggio all’interno della rete – un endpoint compromesso, credenziali valide – lo scenario cambia radicalmente. La sicurezza perimetrale ha fallito il suo primo compito e la partita si sposta interamente sulle capacità di difesa, rilevamento e risposta interne. È in questo scenario che il Red Team opera con maggiore efficacia, mettendo a nudo le debolezze spesso trascurate. Le nostre attività si concentrano tipicamente su:
- Ricognizione Interna e “Consolidamento del Piede di Porco”: Mappatura della rete interna, identificazione di segmenti di valore, enumerazione di utenti e servizi e stabilizzazione dell’accesso iniziale.
- Lateral Movement: Questa è forse la fase più critica e, spesso, la più rumorosa se i sistemi di rilevamento sono ben tarati. Utilizziamo una varietà di tecniche, dal classico Pass-the-Hash/Ticket all’abuso di protocolli come RDP, SMB, WinRM, fino allo sfruttamento di relazioni di fiducia tra sistemi e applicazioni mal configurate. La mancanza di una segmentazione di rete efficace (micro-segmentazione) e di un monitoraggio del traffico Est-Ovest facilita enormemente queste manovre.
- Privilege Escalation: L’obiettivo è elevare i privilegi dall’account inizialmente compromesso fino a ottenere accessi amministrativi (Domain Admin, root, Cloud administrator). Questo avviene sfruttando credenziali deboli o riutilizzate, servizi configurati con permessi eccessivi, vulnerabilità note non patchate su sistemi interni, o debolezze strutturali in Active Directory (es. Kerberoasting, ACL permissive).
- Evasion e Persistence: Mantenere un accesso persistente e operare sotto traccia è fondamentale. Tecniche di evasione mirano a bypassare EDR/XDR, antivirus e altri controlli locali, mentre la persistenza viene stabilita tramite scheduled task, servizi, chiavi di registro modificate o backdoor più sofisticate.
- Raggiungimento dell’Obiettivo (Data Exfiltration, Impatto): Che si tratti di esfiltrare dati sensibili (simulando tecniche per aggirare le soluzioni DLP), cifrare sistemi (in scenari ransomware) o compromettere processi critici, è il culmine dell’operazione.
L’Efficacia del Test “Assumed Breach”
Adottare una metodologia di test basata sull’ “Assumed Breach” significa iniziare l’assessment partendo da uno scenario di compromissione già avvenuta (es. fornendo al Red Team credenziali a basso privilegio o l’accesso a un endpoint “infetto”). I benefici sono molteplici:
- Focus sul “Detection & Response”: Valuta direttamente la capacità del Blue Team e del SOC di rilevare attività malevole interne e di rispondere efficacemente.
- Realismo Aumentato: Simula più fedelmente gli scenari di attacco avanzati, dove l’attaccante opera già all’interno.
- Ottimizzazione degli Investimenti: Aiuta a identificare dove gli investimenti in sicurezza interna (EDR, NDR, SIEM, SOAR, IAM, segmentazione) sono più carenti o dove le configurazioni necessitano di miglioramenti.
- Validazione dei Playbook di Incident Response: Mette alla prova l’efficacia e la praticità delle procedure di risposta agli incidenti.
Rafforzare la Fortezza dall’Interno: Implicazioni per i Difensori
L’approccio “Assumed Breach” non è un atto d’accusa contro le difese perimetrali, ma un’integrazione necessaria. I difensori devono chiedersi:
- Visibilità Interna: Abbiamo una visibilità adeguata su ciò che accade all’interno della nostra rete? I nostri log sono sufficienti e correttamente correlati?
- Capacità di Rilevamento Avanzato: I nostri strumenti (EDR/XDR, NDR, UEBA) sono in grado di rilevare TTPs post-exploitation piuttosto che solo firme di malware note?
- Principio del Minimo Privilegio e Zero Trust: Stiamo realmente applicando questi principi o esistono scorciatoie e permessi eccessivi che facilitano il movimento laterale?
- Prontezza alla Risposta: Quanto velocemente possiamo isolare un sistema compromesso, revocare credenziali, analizzare l’incidente e recuperare?
Dalla Prevenzione alla Resilienza
L’evoluzione del panorama delle minacce impone un cambio di paradigma: dalla speranza di una prevenzione infallibile alla costruzione di una resilienza robusta. L’approccio “Assumed Breach”, incarnato dalle attività di Red Teaming, è uno strumento fondamentale in questo percorso. Non si tratta solo di trovare vulnerabilità, ma di testare l’intero ecosistema di difesa – persone, processi e tecnologie – nella sua capacità di resistere, rilevare e rispondere a un avversario che è già riuscito a superare le prime linee.
Solo accettando la possibilità della compromissione possiamo prepararci efficacemente a gestirla, trasformando potenziali disastri in incidenti contenuti e lezioni apprese.
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Sei stato vittima del Ransomware? Il governo aiuterà la tua azienda… con una multa salata
L’Australia sta lanciando una nuova fase nella lotta alla criminalità informatica, imponendo alle grandi aziende di segnalare formalmente al governo qualsiasi pagamento di riscatto agli operatori di ransomware. L’obbligo è sancito dal Cyber Security Bill 2024 entrato in vigore il 30 maggio.
Le norme si applicano a tutte le aziende con un fatturato annuo superiore a 3 milioni di dollari australiani, ovvero circa 1,92 milioni di dollari USA. Hanno 72 ore di tempo per informare l’Australian Signals Directorate (ASD) di aver trasferito denaro a truffatori. I pagamenti in sé non sono soggetti al divieto, ma le autorità sottolineano che tali azioni sono ufficialmente sconsigliate.
Il rapporto dell’ASD dell’anno scorso elencava solo 121 indagini su tali incidenti, mentre gli attacchi effettivi erano molto più numerosi. Per questo motivo, le autorità contano su nuove segnalazioni.
Una volta entrata in vigore la legge, le aziende avranno esattamente sei mesi per “adattarsi”: durante questo periodo, saranno perseguite solo le violazioni più gravi. Dal 2026, l’obbligo di notifica entrerà in vigore a pieno titolo. La mancata osservanza comporterà una multa di 19.800 dollari australiani, ma questo importo potrebbe aumentare in futuro.
Le organizzazioni saranno ora tenute a fornire non solo il proprio numero aziendale, ma anche i dettagli dell’incidente: l’ora dell’attacco, se le informazioni sono state rubate o crittografate, quali vulnerabilità hanno sfruttato gli aggressori, le perdite stimate, l’importo e la valuta del riscatto.
Le autorità australiane spiegano che la raccolta di questi dati consentirà loro di comprendere meglio quali famiglie di ransomware prendono di mira più spesso le aziende locali e quanto sia diffuso il problema. L’analisi delle statistiche potrebbe influenzare lo sviluppo di future iniziative legislative.
La soglia per la segnalazione obbligatoria è piuttosto elevata: secondo i calcoli del governo, le nuove norme interesseranno meno del 7% delle aziende del Paese. Tuttavia, sono proprio queste aziende a detenere i maggiori volumi di dati personali e a rappresentare il principale interesse per gli aggressori.
Leggi simili sono attualmente in fase di elaborazione in altri paesi. Negli Stati Uniti, l’agenzia CISA sta attualmente lavorando alle norme definitive per la segnalazione dei pagamenti di riscatto. Nel Regno Unito, si prevede di andare ancora oltre: vietare in linea di principio il pagamento di riscatti al settore pubblico, nonché richiedere alle grandi aziende non statali di segnalare tutti i casi di pagamento di riscatto e introdurre una procedura speciale in cui la vittima deve prima ottenere l’approvazione del governo per pagare gli aggressori
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La Danimarca dice addio a Windows e Word: il ministero della Digitalizzazione passa a Linux e LibreOffice | DDay.it
dday.it/redazione/53314/la-dan…
Il ministero danese ha avviato la transizione a software open source per rafforzare la sovranità digitale e ridurre la dipendenza da Big Tech statunitensi
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Boston Dyke March Friday
Join us at the Boston Dyke March this Friday, June 13th, 6-8pm.
Other upcoming events:
- Sunday, June 15th, 10am-4pm: Attend our party conference in Somerville. Details at our conference page;
- Tuesday, June 17th, 6pm: Map surveillance cameras in Cambridge. Meet at Cambridge Kiosk (former Out of Town News), Harvard Square;
- Saturday, June 21st: Join us at the Boxborough Fifers Day. Tell us if you will help us at the table.
Simple Open Source Photobioreactor
[Bhuvanmakes] says that he has the simplest open source photobioreactor. Is it? Since it is the only photobioreactor we are aware of, we’ll assume that it is. According to the post, other designs are either difficult to recreate since they require PC boards, sensors, and significant coding.
This project uses no microcontroller, so it has no coding. It also has no sensors. The device is essentially an acrylic tube with an air pump and some LEDs.
The base is 3D printed and contains very limited electronics. In addition to the normal construction, apparently, the cylinder has to be very clean before you introduce the bioreactant.
Of course, you also need something to bioreact, if that’s even a real word. The biomass of choice in this case was Scenedesmus algae. While photobioreactors are used in commercial settings where you need to grow something that requires light, like algae, this one appears to mostly be for decorative purposes. Sort of an aquarium for algae. Then again, maybe someone has some use for this. If that’s you, let us know what your plans are in the comments.
We’ve seen a lantern repurposed into a bioreactor. It doesn’t really have the photo part, but we’ve seen a homebrew bioreactor for making penicillin.
youtube.com/embed/He-LUacT_SY?…
Neues Berliner Verfassungsschutzgesetz: Mehr Überwachung, weniger Kontrolle, erschwerte Auskünfte
COTS Components Combine to DIY Solar Power Station
They’re marketed as “Solar Generators” or “Solar Power Stations” but what they are is a nice box with a battery, charge controller, and inverter inside. [DoItYourselfDad] on Youtube decided that since all of those parts are available separately, he could put one together himself.
The project is a nice simple job for a weekend afternoon. (He claims 2 hours.) Because it’s all COTS components, it just a matter of wiring everything together, and sticking into a box. [DoItYourselfDad] walks his viewers through this process very clearly, including installing a shunt to monitor the battery. (This is the kind of video you could send to your brother-in-law in good conscience.)
Strictly speaking, he didn’t need the shunt, since his fancy LiFePo pack from TimeUSB has one built in with Bluetooth connectivity. Having a dedicated screen is nice, though, as is the ability to charge from wall power or solar, via the two different charge controllers [DoItYourselfDad] includes. If it were our power station, we’d be sure to put in a DC-DC converter for USB-PD functionality, but his use case must be different as he has a 120 V inverter as the only output. That’s the nice thing about doing it yourself, though: you can include all the features you want, and none that you don’t.
We’re not totally sure about his claim that the clear cargo box was chosen because he was inspired by late-90s Macintosh computers, but it’s a perfectly usable case, and the build quality is probably as good as the cheapest options on TEMU.
This project is simple, but it does the job. Have you made a more sophisticated battery box, or other more-impressive project? Don’t cast shade on [DoItYourselfDad]: cast light on your work by letting us know about it!.
youtube.com/embed/g_v6E-MYMdc?…
Brasilianisches Verfassungsgericht: Soziale Medien sollen für Postings von Nutzer:innen haften
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