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Nuovi droni avvistati in Belgio, chiuso temporaneamente l’aeroporto di Liegi
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L’impostazione della conferenza ufficiale sulle droghe organizzata dal governo rimane ancorata a un modello repressivo e datato, lontano dalle conoscenze scientifiche e
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John Henry Newman: dottore della fedeltà creatrice
La proclamazione di san John Henry Newman a dottore della Chiesa, fatta da papa Leone XIV in occasione del Giubileo del mondo educativo il 1° novembre 2025, è stata colta da molti come l’opportunità per riflettere su di lui e sul suo pensiero. Da testi sui blog, da articoli di riviste e giornali e da relazioni di convegni accademici sono pervenuti tanti omaggi a colui che papa Benedetto XVI ha beatificato nel 2010 e papa Francesco ha canonizzato nel 2019[1]. Dobbiamo rallegrarci di questa sua ascesa folgorante nel cursus honorum a opera di tre Pontefici successivi, così come deve rallegrarci la sua proclamazione a «co-patrono, insieme a San Tommaso d’Aquino, di tutti i soggetti che partecipano al processo educativo»[2]. Ciò nonostante, la notevole diversità – per non dire la palese contraddittorietà – delle opinioni espresse da molti su di lui è evidente. Parlano di lui anglicani e cattolici – convertiti o cattolici di nascita –, chierici e laici, teologi e giornalisti, conservatori e liberali, tradizionalisti e progressisti, in ogni modo più negli ambienti intellettuali che del cattolicesimo popolare: è ovvio che la sua figura e il suo pensiero colpiscono favorevolmente un ampio ventaglio di cristiani colti.
In tutta questa diversità, ci preme segnalare che, nel voler tirare troppo l’acqua al proprio mulino, tutti rischiamo di indebolire il dottorato, e soprattutto l’insegnamento, del santo cardinale inglese. Ciò è tanto più vero perché, mentre egli scrisse di sé stesso (non senza autoironia): «Sono un controversista, non un teologo»[3], è noto quanto sia fondamentalmente equilibrata la sua teologia, protesa in nuce a respingere complessivamente i pericoli contrastanti e contestuali del razionalismo, del sentimentalismo e del liberalismo[4]. Una fonte di discordia è il fatto che spesso Newman viene citato in modo selettivo. Ebbene, come scrisse il teologo statunitense Avery Dulles: «Non si può studiare Newman tramite stralci, ma solo cogliendo la gamma intera del suo pensiero»[5]. Non si tratta dunque qui per noi di aggiungere un’altra voce discordante alla disputa in corso, bensì di proporre con rispetto una visione che si vuole «cattolica» in senso proprio, ossia «secondo il tutto».
Molti e legittimi sono gli approcci possibili per accostarsi al nuovo dottore e al suo pensiero. In queste poche pagine, noi vorremmo mostrare che la categoria di «fedeltà creatrice» coniata dal filosofo francese Gabriel Marcel è uno di tali approcci, che in questo caso spicca fra tutti per la sua sinteticità ed esattezza, nonché per la sua assenza di partigianeria. Essa infatti rispecchia fedelmente lo spirito con il quale lo stesso Newman concluse il Sermone universitario XIV: «Facciamo sempre nostri la preghiera e il tentativo, che possiamo conoscere l’intero consiglio di Dio, e crescere nella misura della statura della pienezza di Cristo; che ogni pregiudizio, la fiducia in sé stessi, l’insincerità, l’irrealtà, la sicurezza di sé e la partigianeria possano essere eliminate da noi alla luce della sapienza e al fuoco della fede e dell’amore; finché non vedremo le cose come le vede Dio, con il giudizio del Suo Spirito e secondo la mente di Cristo»[6].
In questo articolo, dopo aver chiarito ciò che Marcel intese con l’espressione «fedeltà creatrice», mostreremo come questa categoria si evinca chiaramente non solo dalla vita del nuovo dottore, ma anche dalla sua dottrina, prendendo come modelli il suo studio, accurato e sempre meglio precisato, del rapporto tra fede e ragione e la sua celebre teoria dello «sviluppo del dogma», assunta nel Magistero dal Concilio Vaticano II[7]. Ci sono molti articoli e libri che presentano la vita e il pensiero di Newman; da parte nostra, speriamo di mostrare in particolare che questo santo si potrebbe onorare del titolo di Doctor creatricis fidelitatis[8].
La «fedeltà creatrice» secondo Gabriel Marcel
Non è il caso qui di giustificare la complessità del pensiero del filosofo francese circa la fedeltà creatrice, ma di spiegarne quanto basta per farla vedere all’opera nella vita e nella dottrina di Newman. En passant, vogliamo segnalare che l’espressione – assai più diffusa – «fedeltà creativa» non fa affatto giustizia né a Marcel né a Newman e andrebbe corretta.
L’espressione «fedeltà creatrice» si trova negli scritti di Marcel in una relazione pubblicata come articolo nel 1939 e come capitolo di un libro nel 1940[9]. All’incrocio tra esistenzialismo cristiano e personalismo preoccupato degli «esseri colti nella loro singolarità», cioè degli esseri umani, il pensiero di Marcel non respinge per questo la domanda metafisica classica dell’«essere in quanto essere», cioè di Dio[10]. Un’intuizione folgorante e feconda avuta nel 1930 lo porta a collegare l’essere e gli esseri alla fedeltà: «Dall’essere come luogo della fedeltà»[11]. Attraverso opere teatrali e scritti filosofici, Marcel prosegue così una disamina della fedeltà nei rapporti umani e negli impegni interpersonali, specie tra amici e coniugi e al di là della morte. Nota anzitutto che la fedeltà non è la mera costanza, che rischia di essere solo l’orgoglio egocentrico di esseri identici, immutabili, obbligati fino alla ripugnanza. La vera fedeltà invece esige sia la spontaneità sia la presenza all’altro, a un Tu. E poiché le circostanze della vita faranno sempre sì che Io e Tu cambieremo, questa fedeltà esige di essere «creatrice». Si tratta quindi, per Marcel, di mostrare che «la fedeltà, colta nella sua essenza metafisica, può apparire come il solo mezzo di cui disponiamo per trionfare efficacemente sul tempo – ma anche che questa fedeltà efficace può e deve essere una fedeltà creatrice»[12].
«Creatrice», non semplicemente «creativa»: non basta, per essere fedeli, procedere a cambiamenti superficiali, epidermici, «fenomenologici» nelle pure apparenze. Altrimenti, aggiungiamo noi, si rischia di cadere in quella tentazione perenne di chi cerca di mantenere il potere: il gattopardismo. Per essere fedeli, le creature, esseri singolari, devono riconoscere che sono innestate nell’Essere, in un Creatore che condivide metafisicamente con loro l’essere creatore: «Quando assumo un impegno, pongo come principio che questo impegno non sarà rimesso in discussione […]; con ciò mi metto in condizioni di inventare un certo modus vivendi che altrimenti sarei dispensato dall’immaginare. Appare qui, in forma elementare, ciò che io chiamo la fedeltà creatrice»[13]. Spiega il filosofo francese Xavier Tilliette: «La capacità creatrice è molto di più dell’ingegnosità e delle piccole premure. Creare, per la fedeltà, è letteralmente ricreare, rinnovare, sostituire al Me stagno e opaco un altro Me poroso e accogliente»[14].
Per questo, e perché non possiamo assicurare da soli in futuro la fedeltà giurata qui e ora, qualsiasi fedeltà tra esseri singolari deve radicarsi in una «Fedeltà assoluta» cioè nella «Fede» religiosa[15]. Consapevole di essere ai limiti della filosofia, Marcel afferma tuttavia che tale fede non riguarda in primis «un certo numero di proposizioni alle quali aderisco» – ciò che i teologi dopo sant’Agostino chiamano la fides quae –, bensì «qualche cosa di molto più intimo […]; si tratta qui del fatto di essere in circuito aperto nei confronti di una realtà riconosciuta come un Tu»[16], la fides qua. Pertanto, nella prospettiva marcelliana, fedeltà e fede non sono accidenti della nostra esistenza come esseri singolari: l’io credo, «la credenza [è] l’essere, […] il mio essere, […] il fondo di ciò che sono», anche se va subito riconosciuto che io non sono né sarò mai all’altezza di questo io credo, che si potrebbe tradurre «altrettanto chiaramente in termini d’amore o di carità»[17].
Occorre notare che la riflessione di Marcel sulla fedeltà sorse, secondo il suo diario, quando si convertì alla fede cattolica. Opponendosi ai nichilismi che deridevano ogni impegno, egli dovette fare i conti con l’infedeltà, l’incredulità. Se quindi, al di là dei rischi della costanza, non è esclusa la fedeltà all’Io, questa va sempre coniugata con quella al Tu, in una vita fatta per l’azione e l’impegno: «La nozione di fedeltà creatrice re-instilla la vita nella virtù […]; la fedeltà si salva solo quando crea»[18].
Vediamo ora quanto la vita e il pensiero di Newman illustrino questa esigenza.
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Newman: una vita vissuta all’insegna della «fedeltà creatrice»
Ci sono molti, eccellenti libri sulla vita di Newman; qui si tratta di presentarne alcuni elementi che rivelano la sua fedeltà creatrice.
Senz’altro l’evento chiave della sua vita fu l’incontro personale che ebbe con Dio a 15 anni, nell’autunno del 1816, al termine degli studi nella Great Ealing School. Dopo un tempo di scetticismo filosofico riguardo alla fede cristiana, derivatogli da David Hume e da altri filosofi, alcune opere di teologia calvinista gli avevano aperto nuovi orizzonti. Pertanto, come raccontò anni dopo nella celebre Apologia pro vita sua, accolse come un’evidenza riposante «il pensiero di due soli esseri assoluti e luminosamente evidente in sé stessi, me stesso e il mio Creatore»[19]. Non dobbiamo ignorare che questa fu la prima vera conversione di Newman. L’Apologia ci mostra che, mentre si attenuò a poco a poco l’aspetto calvinista, l’impegno di questa fede assoluta fu costante per lui in tutta la sua vita, non rimanendo mai in balìa delle circostanze, ma rafforzandosi piuttosto con costanti atti ricreatori.
È in questa luce che dobbiamo considerare l’«altra» e più nota sua conversione: quando, nel 1845, dopo una notte di confessione generale a un passionista italiano, «attraversò il Tevere al nuoto» e si fece cattolico romano. Non fu un fulmine a ciel sereno: l’evento era stato preparato da anni intensi di ricerca intellettuale, in particolare sulla lotta dei Padri alessandrini contro l’arianesimo nel IV secolo, e di unione con altri studiosi a Oxford per affrontare le sfide alla Chiesa ufficiale d’Inghilterra. In quegli anni, alcune scelte insolite – il celibato come ministro anglicano, le visite pastorali ai poveri della parrocchia, la lunga disamina del rapporto tra fede e ragione ecc. – ci rivelano un uomo molto fedele agli impegni verso il Creatore e le creature, e quindi sempre pronto a stringere nuovi legami o a rinnovare quelli già presi, non per un atteggiamento di pura costanza, ma per assicurare a tutti una presenza.
Si sa quanto la vita di Newman sia diventata difficile dopo l’ingresso nella Chiesa cattolica: egli fu accantonato dalla buona società inglese, dalla propria famiglia, dagli ambienti intellettuali e colti che gli erano stati sempre connaturali (sarà riammesso a Oxford solo nel 1878). Ma per 20 anni, neppure i cattolici lo accolsero bene: veniva visto con sospetto sia dagli antichi aristocratici dissidenti (recusant), sia dal sottoproletariato irlandese sfruttato dalla Rivoluzione industriale, sia dai teologi incontrati a Roma negli anni di studio impostigli per cautela, sia dalla gerarchia cattolica inglese restaurata da poco, sia addirittura da Pio IX. Newman discusse con i vescovi irlandesi che nel 1854 lo avevano chiamato per fondare un’università a Dublino e se ne andò dopo quattro anni, non senza aver prima pubblicato le sue interessanti tesi sull’educazione in The Idea of a University (L’idea di università). L’attacco personale di Charles Kingsley in una rivista nel 1864 gli consentì di uscire dalla sua traversata del deserto, quando pubblicò l’Apologia pro vita sua, in cui spiegava la coerenza delle sue scelte di vita – in particolare, quella della Chiesa cattolica –, rivelandone la fedeltà creatrice: «Ho aggiunto – egli scrisse – nuovi articoli [cattolici] al mio credo [anglicano]; ma i vecchi, nei quali credevo allora con fede che avevo da Dio, sono rimasti»[20].
Questa «ricreazione» della sua fede divina, da anglicana a cattolica romana, non era avvenuta senza timore: «Naturalmente per me l’infedeltà a un impegno è – ed è sempre stata, come tu sai – quanto temo di più»[21], scrisse a Edward B. Pusey, il 4 maggio 1843. Tuttavia, egli si era reso conto dei rischi che comportava una fede credulona e priva di autocritica: «Mi ero ritenuto al sicuro finché avevo la garanzia [dei teologi detti Anglican Divines] per quanto dicevo. Avevo dato più prova di credulità (faith) che di senso critico nel trattare la questione. Non che, a causa della mia fiducia (reliance) nella loro autorità, ci fossero state da parte mia delle affermazioni completamente errate, ma trascuratezza in questioni di dettaglio, questa sì c’era stata. E ciò, naturalmente, era una colpa»[22]. Così, per rimanere fedele alla stessa fedeltà divina nel dono costantemente rinnovato della fede, Newman era dovuto andare oltre la credulità, per abbracciare lo spirito critico e mite che Cristo stesso aveva manifestato nelle parabole o nel Discorso della montagna, al fine di confutare ogni idolatria. Come vedremo, egli aveva allora già imparato a evitare «la confusione fra una facoltà critica e una facoltà creativa»[23] (o meglio «creatrice», per dirla con Marcel). Ma non per questo rifiutava la critica, quando gli consentiva di rafforzare fedeltà e impegni.
Nella rilettura della sua conversione del 1864, Newman sottolineò retoricamente che la sua fede non era cambiata dal 1845: «Dal giorno in cui divenni cattolico, naturalmente non ho più alcuna storia delle mie opinioni religiose da narrare. Con questo non voglio dire che la mia mente sia stata oziosa o che io abbia cessato di riflettere su argomenti teologici; ma soltanto che non ho più avuto variazioni da registrare e non ho più avuto alcuna inquietudine nello spirito. Mi sono trovato nella più perfetta pace e tranquillità; non ho mai avuto alcun dubbio. Al momento della mia conversione non fui consapevole di alcun cambiamento, intellettuale o morale, operatosi nel mio spirito. Non ebbi consapevolezza di una fede più ferma nelle verità fondamentali della Rivelazione, o di una maggiore padronanza di me stesso; non provai maggiore fervore; ma fu come entrare in porto dopo essere stati nel mare in burrasca; e la mia felicità, a questo riguardo, dura ininterrotta fino ad oggi»[24].
In realtà, non tutti gli aspetti della vita del Newman cattolico furono così pacifici: discussioni continue con il cardinale Henry Edward Manning (anch’egli convertito), riserve sull’opportunità di proclamare nel 1870 il dogma dell’infallibilità papale, ma non sulla sua sostanza, e così via. Creato cardinale da Leone XIII nel 1879, Newman trovò finalmente, negli ultimi anni della sua vita, la tranquillità reale alla quale aveva tanto anelato e per la quale si era speso con tanta fedeltà creatrice. Con san Paolo, dopo tante tribolazioni, poteva dire: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede» (2 Tm 4,7). Per conservare la fede, appunto, egli aveva dovuto combattere la buona battaglia, quella di una continua ri-creazione, che richiede l’umiltà, la presenza agli altri, l’acutezza mentale, la carità soprannaturale, l’amore per la verità e la libertà spirituale.
Perfezionamento realista dell’insegnamento sul rapporto tra fede e ragione
Ricordando, nell’Apologia pro vita sua, la sua breve ma intensa carriera accademica a Oxford, Newman commentò: «Nei Sermoni universitari presento una serie di discussioni su fede e ragione; anche queste sono un tentativo iniziale di un lavoro importante e necessario – cioè un’indagine sul fondamento ultimo della fede religiosa, antecedente alla distinzione in varie confessioni»[25]. In effetti, fra i testi più studiati di Newman figurano innanzitutto gli ultimi sei Sermoni universitari X-XV, tenuti a Oxford tra il 1839 e il 1843, due anni prima di entrare nella Chiesa romana. Va notato che egli, dopo essere diventato cattolico, fece pubblicare questi testi e non vi trovò (pressoché) nulla da cambiare: rimanendo fedele all’evoluzione storica del suo pensiero teologico, avrà ritenuto che così avrebbe aiutato altri a seguire le orme della sua «fedeltà creatrice».
Una disamina cronologica di questi sei Sermoni – il cui genere letterario, va detto, è tipico più della relazione accademica che dell’omelia liturgica – rivela con quanta cura e quanta onestà intellettuale e morale Newman abbia studiato il rapporto tra fede e ragione e lo abbia comunicato al suo folto uditorio nella parrocchia universitaria di Saint Mary’s. La conversione fondamentale del 1816 era stata di impronta calvinista; pertanto, il punto di partenza per affrontare il rapporto tra fede e ragione era, per Newman, un antirazionalismo tinto di fervore evangelico. Il Sermone parrocchiale «La fede religiosa razionale» (1829) ne risente nella polemica contro quanti, per scetticismo razionalista, «irridono la religione», ma capovolge l’argomento quando afferma che sono loro in realtà a dover dimostrare che non è irrazionale vivere senza fiducia, «mentre che noi [esseri umani in generale] operiamo sulla fiducia in ogni ora della nostra vita»[26]. I toni accesi del giovane predicatore in parrocchia rivelano lo scandalo che costituivano per lui gli intellettuali – oxfordiani e altri – che schernivano come irrazionale la fede dei semplici: fanciulli, persone incolte, contadini e operai. Dello stesso stampo antirazionalista è il Sermone universitario IV (1831), come si evince già dal suo titolo: «Le usurpazioni della ragione»[27].
Podcast | IL PREZZO DELLA DISUGUAGLIANZA
Papa Leone XIV ha lanciato un monito sulla crescente disuguaglianza economica globale. Ma quali sono le ragioni di questo fenomeno e quali i rischi? Lo abbiamo chiesto a due economisti che hanno curato la voce “disuguaglianza” nel Dizionario della Dottrina sociale della Chiesa: Andrea Boitani e Lorenzo Cappellari.
Come conciliare la convinzione che la fede superava la ragione con un’antropologia d’impronta aristotelica che dava ampio spazio al logos? Gli Anglican divines avevano perlopiù abbracciato un razionalismo che contrariava Newman, ma lo infastidivano anche gli eccessi dell’evangelicalismo. Con i Sermoni universitari X-XV egli cercò dunque di fare i conti non solo con le teorie sul rapporto tra fede e ragione, ma ancor più con la realtà della fede vissuta e dell’uso della ragione. Questa distinzione tra «nozionale» e «reale» quanto all’assenso di fede sarebbe poi divenuta nel 1870 un elemento fondamentale della Grammatica dell’assenso[28]. Nel frattempo, il teologo trentenne precisava che cosa intendeva con i termini «fede» e «ragione».
Dopo aver contrapposto, nel Sermone universitario X, le due parole in base a un senso «popolare» della ragione, Newman nel sermone successivo esaminò la «natura della fede in rapporto alla ragione», stabilendo che la fede è un certo tipo di uso della ragione, esercitato alla pari dei grandi strateghi per motivi pratici, in base a «probabilità antecedenti» prerazionali. Che cosa preserva allora la fede dalla superstizione? La risposta viene data dal teologo inglese nel Sermone universitario XII: non la ragione raziocinante, come asserivano i razionalisti, bensì l’amore, «una retta disposizione del cuore»[29], giacché anche l’incredulità è irrazionale. Ritroviamo qui l’atteggiamento lodato da Marcel: l’«essere in circuito aperto nei confronti di una realtà riconosciuta come un Tu», atteggiamento morale radicato nella carità divina prima di implicare l’intelletto e la verità. L’insistenza sul primato dell’agire sul pensare – che forse sorprende in uno studioso così attento alla vita interiore – si ritrova in un articolo pubblicato nel Times nel 1841: «La vita è fatta per l’azione. Se insistiamo sulle prove per tutto, non arriveremo mai ad agire: per agire, bisogna supporre (assume), e questa supposizione è la fede»[30].
Una svolta decisiva si ha nel Sermone universitario XIII, che distingue tra «ragione implicita e ragione esplicita». Esaminando l’uso della parola «ragione», Newman aveva scoperto che essa significava sia il ragionamento esplicito, quando argomentiamo, sia i motivi impliciti per i quali ragioniamo in un modo o nell’altro «senza pensarci»: «Tutti gli uomini hanno la ragione, ma non gli uomini possono dare una ragione»[31]. La fede, quindi, ragiona implicitamente e non esige argomenti espliciti. Nel Sermone universitario XIV egli spiega che la ragione filosofica serve – insieme alla grazia divina – a portare la fede al suo compimento nella sapienza. In questo stato di sapienza si vede che ogni fede è anche intrisa di un «settarismo» (bigotry)[32] da purificare.
Non restava allora a Newman che predicare su un ultimo impiego della ragione in relazione alla fede, a lui ben noto: la teologia. Nel Sermone universitario XV, intitolato «La teoria degli sviluppi nella dottrina religiosa», con l’epigrafe «Maria serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc2,19)», il teologo prende Maria come «modello di fede, sia nell’accettare sia nello studiare la Verità divina. Ella non pensa che sia sufficiente accettarla, ma dimora in essa; che non basti possederla, ma usarla; che non basti dar l’assenso, ma svilupparla […], prima credendo senza ragionare, poi con amore e rispetto, ragionando dopo aver creduto»[33]. Al ritratto fantastico della Madonna teologa, Newman aggiungeva un altro tocco audace che dovremmo ammirare proprio in relazione alla sua proclamazione a dottore della Chiesa: «E così ella è per noi il simbolo, non solo della fede dei non istruiti, ma anche dei dottori della Chiesa, che devono indagare, soppesare e definire, come professare il Vangelo»[34].
Prima di esporre come Newman analizzò ulteriormente la questione dello sviluppo della dottrina, sorta alla fine del percorso dei sermoni dedicati al rapporto tra fede e ragione, dobbiamo sottolineare di nuovo come tale percorso illustri la «fedeltà creatrice» del teologo, non solo nella forma dello studio evolutivo, autocritico e onesto che egli perseguì, ma anche nel contenuto teologico dei sermoni, a vari livelli. Ascoltiamo dunque la spiegazione newmaniana di come, nella Chiesa, sia fra i teologi positivi sia nel Magistero, dovrebbe operare una vera fedeltà creatrice.
La dottrina dello sviluppo del dogma
Nel Sermone universitario XV, Newman aveva spiegato che «l’uso della ragione nell’indagare le dottrine della fede» era «un tema in realtà molto più adatto ad un volume che al discorso»[35] che stava tenendo. Esso avrebbe trovato compimento nel 1845 con An Essay on the Development of Christian Doctrine (Lo sviluppo della dottrina cristiana), uno scritto pubblicato dal teologo dopo mesi di studio per valutare se le dottrine cattoliche non immediatamente bibliche fossero o meno uno sviluppo cristiano autentico.
Per molti, è questo il suo tema teologico più famoso. Papa Leone XIV ha fatto riferimento ad esso nell’Angelus del 28 settembre 2025, in cui ha annunciato che avrebbe conferito «il titolo di Dottore della Chiesa a San John Henry Newman, il quale contribuì in maniera decisiva al rinnovamento della teologia e alla comprensione della dottrina cristiana nel suo sviluppo»[36]. Come abbiamo già ricordato, il Concilio Vaticano II ne ha canonizzato formalmente il concetto in Dei Verbum 8: «Haec quae est ab Apostolis Traditio sub assistentia Spiritus Sancti in Ecclesia proficit», cioè «progredisce» o «si sviluppa». Anche se Newman non vi è stato citato esplicitamente, la sua presenza implicita era ovvia, come spiegò san Paolo VI in una Lettera del 17 maggio 1970 ai partecipanti a un congresso su Newman in Lussemburgo, e in un’Allocuzione del 7 aprile 1975 ai partecipanti a un simposio su Newman tenutosi a Roma[37].
In An Essay on the Development of Christian Doctrine, contro le critiche anglicane di stampo protestante, che sostenevano la sola Scriptura, Newman stabilì sette criteri per giudicare se uno sviluppo dottrinale della Tradizione sia autentico o meno: 1) la permanenza del tipo; 2) la continuità dei princìpi; 3) il potere di assimilazione; 4) la coerenza logica; 5) l’anticipazione del suo futuro; 6) l’azione conservatrice del suo passato; 7) il vigore perenne. Senza entrare nei particolari, possiamo affermare che questi sette criteri indicano le caratteristiche di una «fedeltà creatrice» ecclesiale a livello dottrinale. Secondo Newman, l’«idea di rivelazione» – cioè Gesù Cristo – si trova meglio raffigurata e realizzata se le dottrine sviluppate – «l’espansione di poche parole, pronunciate, quasi casualmente, dai pescatori della Galilea»[38] – presentano tali note.
Ed è qui che non si deve fraintendere il discorso di Newman: «Una grande idea […] una concezione filosofica o una credenza […] muta […] per restare sempre identica a sé stessa. In un mondo più alto le cose vanno altrimenti, ma qui sulla terra vivere è cambiare, e la perfezione è il risultato di molte trasformazioni»[39]. Questa tesi introduttiva al volume talvolta viene indebitamente scissa in due parti: i conservatori citano l’identità ferma, i progressisti il mutamento continuo. L’essenza del pensiero newmaniano sullo sviluppo del dogma si trova però nella congiunzione dei poli in tensione, nella famosa «fedeltà creatrice». A prima vista, questa potrebbe sembrare una soluzione gattopardiana: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». Ma l’atteggiamento richiesto è tutt’altro, orientato appunto verso l’Altro, in una fedeltà che non ricerca il potere, ma il servizio.
* * *
Nel suo commento al pensiero di Gabriel Marcel, Xavier Tilliette concludeva: «Una fedeltà viva a sé stessi, protettrice dell’intimità personale, insegna paradossalmente ad aprirsi, a entrare in sintonia con l’interiorità degli altri. Ancora di più: la mia “particella di creazione” si risveglia forse solo attraverso l’amore; la mia presenza a me stesso è suscitata, ravvivata dal mistero della presenza degli altri; la mia fedeltà a me stesso è condizionata dalla mia fedeltà agli altri e, in definitiva, condizionata da essa. La fedeltà è rivelatrice»[40]. La «fedeltà creatrice» di Newman derivò dal suo fondamentale amore per il Creatore e per le creature, verso le quali si impegnò nell’amicizia e con un cuore di pastore con l’odore delle pecore. In questo Giubileo della Speranza 2025, il giudizio che Tilliette formulò su Marcel si adatta molto bene a Newman, Doctor creatricis fidelitatis: «Tra la sclerosi e la rivoluzione, tra una fedeltà che non è più creativa a forza di fedeltà e una creazione che non è più fedele a forza di creatività, [Newman] ci traccia un percorso impegnativo ma esaltante, la strada stessa della speranza»[41].
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[1] In tali occasioni, sono stati pubblicati nella nostra rivista i seguenti articoli: M. P. Gallagher, «Il beato Newman, “defensor fidei”», in Civ. Catt. 2010 IV 8-18; N. Steeves,«Newman: fede, santità e immaginazione», in Civ. Catt. 2019 IV 163-176.
[2] vatican.va/content/leo-xiv/it/…
[3] J. H. Newman, «18 February 1866. To W. G. Ward», in C. S. Dessain (ed.), The Letters and Diaries of John Henry Newman, vol. XXII, London, Thomas Nelson and Sons Ltd, 1972, 157.
[4] Cfr M. P. Gallagher, «Il beato Newman, “defensor fidei”», cit.; Id., Mappe della fede. Dieci grandi esploratori cristiani, Milano, Vita e Pensiero, 2011, 15-34.
[5] A. Dulles, Newman, London, Continuum, 2002, 113.
[6] J. H. Newman, «Quindici sermoni all’Università di Oxford», in Id., Scritti filosofici, Milano, Bompiani, 2005, 563. Newman tenne questo sermone a Oxford, il martedì dopo la Pentecoste del 1841, riportando come epigrafe1 Cor 2,15 («L’uomo mosso dallo Spirito, invece, giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno»).
[7] Anche altri tratti del pensiero di Newman potrebbero essere presi in considerazione a tale riguardo: sensus fidelium, unità della Chiesa, coscienza e cuore. Cfr H. Geissler, John Henry Newman. Ein neuer Kirchenlehrer, Heiligenkreuz, Be+Be-Verlag, 2023.
[8] Come altri dottori della Chiesa sono stati definiti da secoli (in ordine di proclamazione): sant’Agostino d’Ippona, Doctor gratiae; san Tommaso d’Aquino, Doctor angelicus; san Bonaventura da Bagnoregio, Doctor seraphicus; san Bernardo da Chiaravalle, Doctor mellifluus; e, più recentemente, santa Teresa di Lisieux, Doctor caritatis; sant’Ireneo di Lione, Doctor unitatis.
[9] Cfr G. Marcel, «La fidélité créatrice», in Revue internationale de philosophie, vol. 2, n. 5, 1939, 90-115; Id., «La fedeltà creatrice», in Id., Dal rifiuto all’invocazione. Saggio di filosofia concreta, Roma, Città Nuova, 1976, 183-210. Cfr X. Tilliette, «La “fidélité créatrice”. Gabriel Marcel», in Communio (ed. fr.), n. 4, 1976, 49-57.
[10] Cfr G. Marcel «La fedeltà creatrice», cit., 183 s.
[11] Ivi, 207; cfr X. Tilliette, «La “fidélité créatrice”. Gabriel Marcel», cit., 49.
[12] G. Marcel, «La fedeltà creatrice», cit., 188 s.
[13] Ivi, 199.
[14] X. Tilliette, «La “fidélité créatrice”. Gabriel Marcel», cit., 55.
[15] Cfr G. Marcel, «La fedeltà creatrice», cit., 204.
[16] Ivi, 207 s.
[17] Ivi, 208.
[18] X. Tilliette, «La “fidélité créatrice”. Gabriel Marcel», cit., 52.
[19] J. H. Newman, Apologia pro vita sua, Milano, Paoline, 2001, 138.
[20] Ivi, 191.
[21] Ivi, 350.
[22] Ivi, 344.
[23] Id., «Quindici sermoni…», cit., 349.
[24] Id., Apologia pro vita sua, cit., 378.
[25] Ivi, 213.
[26] P. Udini, Il messaggio di J. H. Newman nei Sermoni parrocchiali, Vicenza, Libreria internazionale edizioni francescane, 1981, 66.
[27] J. H. Newman, «Quindici sermoni…», cit., 127.
[28] Cfr Id., An Essay in Aid of a Grammar of Assent, London, Longmans, 1903, I, 4, 36-97 (in it. Grammatica dell’assenso, Milano, Jaca Book, 1980).
[29] Id., «Quindici sermoni…», cit., 435.
[30] Id., Discussions and Arguments, IV, 6, 295; citato in Id., An Essay in Aid of a Grammar of Assent, I, 4, § 3, 95.
[31] Id., «Quindici sermoni…», cit., 475.
[32] Ivi, 563.
[33] Ivi, 567.
[34] Ivi; corsivo nostro.
[35] J. H. Newman, «Quindici sermoni…», cit., 567.
[36] Leone XIV, Angelus, 28 settembre 2025, in vatican.va/content/leo-xiv/it/…
[37] Paolo VI, s., Lettera al vescovo di Lussemburgo, mons. Léon Lommel, sul pensiero del Cardinale John-Henry Newman, 17 maggio 1970, in tinyurl.com/38enc69r/; Id., Discorso agli specialisti e agli studiosi del pensiero del Cardinale Newman, 7 aprile 1975.
[38] J. H. Newman, «Quindici sermoni…», cit., 573.
[39] Id., Lo sviluppo della dottrina cristiana, Milano, Jaca Book, 74 s.
[40] X. Tilliette, «La “fidélité créatrice”. Gabriel Marcel», cit., 55.
[41] Ivi, 57.
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Dopo le Filippine, il tifone Kalmaegi travolge il Vietnam: centinaia di morti
[quote]HANOI – Sud-est asiatico devastato dal tifone Kalmaegi. L’uragano si è abbattuto sul Vietnam provocando cinque morti e sette feriti, oltre al crollo di 57 case e danneggiamenti di altre…
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Medio Oriente, Kazakistan entra negli Accordi di Abramo. Trump rilancia la diplomazia su Gaza e Iran
[quote]WASHINGTON – Nuovo movimento sulla scacchiera diplomatica del Medio Oriente nel giorno in cui al palazzo di vetro si cerca di delineare il futuro della Striscia di Gaza. Il presidente…
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Pechino mostra la sinergia tra droni e piattaforme navali. Ecco l’ultimo test
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Nuovi test della Repubblica Popolare mettono nuovamente in evidenza le ambizioni di Pechino nel settore unmanned, tanto in cielo quanto in terra. Nelle scorse ora sono state infatti diffuse le prime immagini del test navale dell’elicottero senza equipaggio Ar-500Cj,
Vendita di San Siro, il sindaco Sala: “Inchiesta nel giorno del rogito fa pensare. Noi abbiamo rispettato le regole”
[quote]MILANO – L’inchiesta per turbativa d’asta su San Siro “il giorno stesso” del rogito “fa pensare”. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha commentato così l’inizio delle indagini, a margine…
L'articolo Vendita
Un terzo che non è un terzo
@Politica interna, europea e internazionale
L'articolo Un terzo che non è un terzo proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Renato Brunetta si aumenta lo stipendio di 60mila euro come presidente del Cnel: da 250mila a 310mila euro l’anno
@Politica interna, europea e internazionale
Renato Brunetta si alza lo stipendio come presidente del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del Lavoro: è quanto rivela Domani, secondo cui l’ex ministro è passato da 250mila euro a 310mila euro l’anno con un aumento, quindi, di
Automattic, the company that owns Wordpress.com, is asking Automatic.CSS to rebrand.#wordpress #automattic #trademark
Project Nimbus: l’accordo segreto tra Israele, Google e Amazon che aggira regole e tribunali
Nel 2021, Google e Amazon hanno stipulato un contratto da 1,2 miliardi di dollari con il governo israeliano per fornire servizi avanzati di cloud computing e intelligenza artificiale, strumenti che sono stati impiegati durante i due anni di attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza. I dettagli del contratto, noto come Progetto Nimbus, sono stati mantenuti riservati.
Tuttavia, un'indagine condotta da +972 Magazine, Local Call e Guardian ha scoperto che Google e Amazon hanno accettato “clausole” molto poco ortodosse inserite da Israele nell'accordo, in previsione di contestazioni legali sull'uso della tecnologia nei territori occupati della Cisgiordania e di Gaza.
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Ranucci in Vigilanza. Alla solidarietà devono seguire atteggiamenti e posizioni coerenti e conseguenti
@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/11/ranucci…
L’audizione di Sigfrido Ranucci in Antimafia è stata di grande
Alfonso reshared this.
No del governo alla direttiva anti querele temerarie
@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/11/no-del-…
«Da Nordio uno schiaffo alla libertà di stampa». Così Piero De Luca, deputato democratico e capogruppo del Partito Democratico nella Commissione Affari Europei della Camera, commenta la decisione del Governo di
The SFS-Awards 2025 go to…
lugbz.org/the-sfs-awards-2025-…
Segnalato dal LUG di #Bolzano e pubblicato sulla comunità Lemmy @GNU/Linux Italia
As every year, we the LUGBZ was once again right at the heart of the South Tyrol Free Software Conference (SFSCON). Since the very first edition back in 2001, our association has been part of this great event —
kulturjam.it/politica-e-attual…
freezonemagazine.com/news/eile…
In libreria dal 14 Novembre 2025 PER LA PRIMA VOLTA IN ITALIA, UN CULT DI LIBERTÀ E SPERIMENTAZIONE, FIRMATO DA UNA “ROCKSTAR DELLA POESIA CONTEMPORANEA”. Myles è una delle voci più iconiche e radicali della scena letteraria e artistica statunitense: poetessa, attivista queer, figura di riferimento per generazioni di scrittori e artisti. Si […]
L'articolo Eileen Myles – Chelsea Girls provie
In
PODCAST. Non solo New York. Mamdani scuote l’establishment democratico
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Il neosindaco ha dimostrato che la sinistra può e deve tornare a fare la sinistra se vuole battere Donald Trump e mettere in crisi il dominio dell'oligarchia capitalista. L'intervista alla giornalista Giovanna Branca inviata a New York.
L'articolo PODCAST. Non solo
Ambasciata del Fediverso :-) likes this.
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freezonemagazine.com/articoli/…
La vita di ogni giorno, le pieghe della provincia, le ossessioni e l’amore Quelle luci soffuse… …e poi una rinascita che suona rock C’è un momento, nel percorso di ogni cantautore autentico, in cui la necessità di raccontare supera quella di dimostrare. Basta crederci un po’, il nono disco di John Strada (alias Gianni Govoni), […]
L'articolo John Strada – Basta crederci un po’ proviene
adnkronos.com/internazionale/e…
sembra il racconto degli zingari. e alla fine non rimase nessuno...
chi pensa di alimentare un sistema illiberale pensando di guadagnarci (forse all'inizio), in realtà costruisce comunque la rovina di tutti, se stesso incluso. la libertà non è un lusso ma una necessità. ad andare a cacciare le minoranze, ci si abitua a cacciare sempre qualcuno, e prima o poi toccherà anche a chi veniva lasciato stare. è il sistema che funziona così.
e adesso che in russia si comincia a combattere pure per la benzina e la coperta, già stretta, diventa ogni giorno anche più corta, gli animi si infiammano.
chi è solo strumento non può ambire a essere persona.
Russia, la purga di Putin colpisce anche chi sostiene la guerra: il retroscena
Prima ricompensati con denaro, status e influenza e ora finiti nel mirino della macchina repressiva del presidente russoRedazione Adnkronos (Adnkronos)
RFanciola reshared this.
Protecting Minors Online: Can Age Verification Truly Make the Internet Safer?
@politics
european-pirateparty.eu/protec…
The drive to protect minors online has been gaining momentum in recent years and is now making its mark in global policy circles.…
Con Pomelli ora Google minaccia anche agenzie pubblicitarie e social media manager
L'articolo proviene da #StartMag e viene ricondiviso sulla comunità Lemmy @Informatica (Italy e non Italy 😁)
Mountain View sta sguinzagliando un nuovo prodotto, noto come Pomelli, che minaccia l'esistenza delle agenzie pubblicitarie e dei social media manager. La rivoluzione
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BRASILE. La destra bolsonarista dietro la strage nelle favelas, Lula in difficoltà
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Per il governatore Castro si è trattato di una operazione di polizia proporzionata, per i residenti e le associazioni per i diritti umani di un brutale massacro. Il presidente del Brasile, Lula da Silva, critica la violenza della polizia ma è preoccupato dai sondaggi
AFGHANISTAN E COLTIVAZIONE DI OPPIO: IL DIVIETO FUNZIONA?
I risultati nell’Afghanistan Opium Survey 2025 pubblicato da UNODC
Contesto e Obiettivi
Il divieto di coltivazione del papavero da #oppio in #Afghanistan fu introdotto dalle Autorità de facto nel 2022 e ora al terzo anno di applicazione. #UNODC (l’Agenzia delle Nazioni UNite contro il crimine ed il traffico di droga) in un suo recente rapporto (reperibile qui: unodc.org/documents/crop-monit…unodc.org/documents/crop-monit…)) monitora l’evoluzione della coltivazione illecita, la produzione di oppio, e le conseguenze socio-economiche e ambientali per le comunità rurali afghane.
Principali Risultati
1. Riduzione drastica della coltivazione e produzione di oppio
- Coltivazione: Nel 2025, la superficie coltivata a papavero da oppio è stimata in 10.200 ettari, il 20% in meno rispetto al 2024 (12.800 ettari) e solo il 4% dei livelli pre-divieto del 2022 (232.000 ettari).
- Produzione: La produzione potenziale di oppio è scesa del 32% rispetto al 2024, raggiungendo 296 tonnellate (contro le 433 tonnellate del 2024). Questo calo è attribuito a:
- Applicazione rigorosa del divieto.
- Condizioni climatiche avverse, soprattutto siccità in province chiave come Badakhshan.
- Eradicazione: Le Autorità de facto hanno riportato l’eradicazione di oltre 4.000 ettari (40% dell’area coltivata stimata), sebbene l’UNODC non abbia potuto verificare tecnicamente questi dati.
2. Impatto economico sulle comunità rurali
- Reddito dei coltivatori: Il reddito derivante dalla vendita di oppio è crollato del 48%, passando da 260 milioni di USD nel 2024 a 134 milioni nel 2025.
- Un ettaro di papavero genera ancora 12.000–17.000 USD (a seconda della provincia), ma questo valore è in forte calo rispetto agli anni precedenti.
- Confronti: Colture lecite come il frumento rendono solo 800 USD/ettaro, il cotone 1.600 USD/ettaro.
- Conseguenze: Tre anni di redditi minimi o nulli dall’oppio hanno aggravato la vulnerabilità economica rurale, con oltre il 40% dei terreni agricoli lasciati incolti per mancanza di alternative redditizie.
3. Cambiamenti nell’uso del suolo
- Sostituzione delle colture: Il 67% dei terreni precedentemente dedicati al papavero è stato convertito a cereali (soprattutto frumento), ma con un calo del reddito per i coltivatori.
- Terreni incolti: La siccità e la mancanza di alternative hanno portato all’abbandono di vasti appezzamenti, soprattutto nelle aree non irrigue.
4. Mercato degli oppiacei e metanfetamine
- Oppiacei: La riduzione dell’offerta afghana ha portato a un aumento dei prezzi fino al 2024, seguito da un calo nel 2025, possibile segno di:
- Vendita di scorte accumulate.
- Spostamento della produzione in paesi vicini (es. aumento dell’eradicazione del papavero in due paesi confinanti, da 5.868 ettari nel 2022 a 13.200 nel 2023).
- Metanfetamine: Le sequestri sono aumentati e i prezzi diminuiti (sotto i 600 USD/kg), suggerendo una maggiore disponibilità, probabilmente dovuta a:
- Produzione interna resiliente ( Nonostante il divieto, la produzione di metanfetamina sembra non essere stata colpita).
- Importazione da altri paesi.
5. Crisi umanitaria e ambientale
- Siccità e cambiamento climatico: Precipitazioni sotto la media (-60-75%) e temperature elevate hanno ridotto la produttività agricola, colpendo sia l’oppio che le colture alimentari.
- Ritorno dei migranti: Circa 4 milioni di afghani sono tornati da Pakistan e Iran nel 2024-2025, aumentando la pressione su risorse già scarse e opportunità lavorative limitate.
- Gestione dell’acqua: La siccità ha esacerbato la crisi idrica, con falde acquifere in calo e sistemi irrigui tradizionali (come i qanat) in fallimento.
6. Implicazioni politiche
- Sviluppo alternativo: Urgente necessità di programmi che offrano colture sostitutive redditizie, accesso ai mercati, e investimenti in infrastrutture e clima.
- Cooperazione regionale: Monitoraggio congiunto per contrastare lo spostamento della produzione di oppio (“balloon effect”) e il traffico di droghe sintetiche.
- Riforme strutturali: Servono investimenti a lungo termine in agricoltura sostenibile, formazione professionale e governance per ridurre la dipendenza dall’economia illecita.
Conclusione
Il divieto ha ridotto drasticamente la produzione di oppio, ma ha anche:
- Impoverito le comunità rurali, senza alternative economiche sostenibili.
- Spinto verso droghe sintetiche (metanfetamine), più difficili da contrastare.
- Aggravato la crisi umanitaria, legata a siccità, migrazione e instabilità economica.
Le Raccomandazioni finali di UNODC riguardano
- La necessità di Supporto internazionale per lo sviluppo rurale e la resilienza climatica.
- Il Monitoraggio regionale per prevenire lo spostamento della produzione illecita.
- Investimenti in infrastrutture idriche e agricoltura sostenibile.
fabrizio reshared this.
DIY Powerwall Blows Clouds, Competition Out of the Water
Economists have this idea that we live in an efficient market, but it’s hard to fathom that when disposable vapes are equipped with rechargeable lithium cells. Still, just as market economists point out that if you leave a dollar on the sidewalk someone will pick it up, if you leave dollars worth of lithium batteries on the sidewalk, [Chris Doel] will pick them up and build a DIY home battery bank that we really hope won’t burn down his shop.Testing salvaged batteries.
The Powerwall-like arrangement uses 500 batteries salvaged from disposable vapes. His personal quality control measure while pulling the cells from the vapes was to skip any that had been discharged past 3 V. On the other hand, we’d be conservative too if we had to live with this thing, solid brick construction or not.
That quality control was accomplished by a clever hack in and of itself: he built a device to blow through the found vapes and see if they lit up. (That starts at 3:20 in the vid.) No light? Not enough voltage. Easy. Even if you’re not building a hoe powerbank, you might take note of that hack if you’re interested in harvesting other people’s deathsticks for lithium cells. The secret ingredient was the pump from a CPAP machine. Actually, it was the only ingredient.)
In another nod to safety, he fuses every battery and the links between the 3D printed OSHA unapproved packs. The juxtoposition between janky build and careful design nods makes this hack delightful, and we really hope [Chris] doesn’t burn down his shed, because like the cut of his jib and hope to see more hacks from this lad. They likely won’t involve nicotine-soaked lithium, however, as the UK is finally banning disposable vapes.
In some ways, that’s a pity, since they’re apparently good for more than just batteries — you can host a website on some of these things. How’s that for market efficiency?
youtube.com/embed/dy-wFixuRVU?…
Japan’s Forgotten Analog HDTV Standard Was Well Ahead Of Its Time
When we talk about HDTV, we’re typically talking about any one of a number of standards from when television made the paradigm switch from analog to digital transmission. At the dawn of the new millenium, high-definition TV was a step-change for the medium, perhaps the biggest leap forward since color transmissions began in the middle of the 20th century.
However, a higher-resolution television format did indeed exist well before the TV world went digital. Over in Japan, television engineers had developed an analog HD format that promised quality far beyond regular old NTSC and PAL transmissions. All this, decades before flat screens and digital TV were ever seen in consumer households!
Resolution
Japan’s efforts to develop a better standard of analog television were pursued by the Science and Technical Research Laboratories of NHK, the national public broadcaster. Starting in the 1970s, research and development focused on how to deliver a higher-quality television signal, as well as how to best capture, store, and display it.The higher resolution of Hi-Vision was seen to make viewing a larger, closer television more desirable. The figures chosen were based on an intended viewing distance that of three times the height of the screen. Credit: NHK Handbook
This work led to the development of a standard known as Hi-Vision, which aimed to greatly improve the resolution and quality of broadcast television. At 1125 lines, it offered over double the vertical resolution of the prevailing 60 Hz NTSC standard in Japan. The precise number was chosen for meeting minimum requirements for image quality for a viewer with good vision, while being a convenient integer ratio to NTSC’s 525 lines (15:7), and PAL’s 625 lines (9:5). Hi-Vision also introduced a shift to the 16:9 aspect ratio from the more traditional 4:3 used in conventional analog television. The new standard also brought with it improved audio, with four independent channels—left, center, right, and rear—in what was termed “3-1 mode.” This was not unlike the layout used by Dolby Surround systems of the mid-1980s, though the NHK spec suggests using multiple speakers behind the viewers to deliver the single rear sound channel.Hi-Vision offered improved sound, encoded with PCM. Credit: NHK handbook
Hi-Vision referred most specifically to the video standard itself; the broadcast standard was called MUSE—standing for Multiple sub-Nyquist Sampling Encoding. This was a method for dealing with the high bandwidth requirements of higher-quality television. Where an NTSC TV broadcast might only need 4.2 MHz of bandwidth, the Hi-Vision standard needed 20-25 MHz of bandwidth. That wasn’t practical to fit in alongside terrestrial broadcasts of the time, and even for satellite delivery, it was considered too great. Thus, MUSE offered a way to compress the high-resolution signal down into a more manageable 8.1 MHz, with a combination of dot interlacing and advanced multiplexing techniques. The method used meant that ultimately four frames were needed to make up a full image. Special motion-sensitive encoding techniques were also used to limit the blurring impact of camera pans due to the use of the dot interlaced method. Meanwhile, the four-channel digital audio stream was squeezed into the vertical blanking period.
MUSE broadcasts began on an experimental basis in 1989. NHK would eventually begin using the standard regularly on its BShi satellite service, with a handful of other Japanese broadcasters eventually following suit. Broadcasts ran until 2007, when NHK finally shut down the service with digital TV by then well established.
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An NHK station sign-on animation used from 1991 to 1994.A station ident from NHK’s Hi-Vision broadcasts from 1995 to 1997. Note the 16:9 aspect ratio—then very unusual for TV. Credit: NHK
The technology wasn’t just limited to higher-quality broadcasts, either. Recorded media capable of delivering higher-resolution content also permeated the Japanese market. W-VHS (Wide-VHS) hit the market in 1993 as a video cassette standard capable of recording Hi-Vision/MUSE broadcast material. The W moniker was initially chosen for its shorthand meaning in Japanese of “double”—since Hi-Vision used 1125 lines which was just over double the 525 lines in an NTSC broadcast.
Later, in 1994, Panasonic released its Hi-Vision LaserDisc player, with Pioneer and Sony eventually offering similar products. They similarly offered 1,125 lines (1,035 visible) of resolution in a native 16:9 aspect ratio. The discs were read using a narrower-wavelength laser than standard laser discs, which also offered improved read performance and reliability.
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Sample video from a MUSE Hi-Vision Laserdisc. Note the extreme level of detail visible in the makeup palettes and skin, and the motion trails in some of the lens flares.
The hope was that Hi-Vision would become an international standard for HDTV, supplanting the ugly mix of NTSC, PAL, and SECAM formats around the world. Unfortunately, that never came to pass. While Hi-Vision and MUSE did offer a better quality image, there simply wasn’t much content that was actually broadcast in the standard. Only a few channels in Japan were available, creating a limited incentive for households to upgrade their existing sets. Similarly, the amount of recorded media available was also limited. The bandwidth requirements were also too great; even with MUSE squishing the signals down, the 8.1MHz required was still considered too much for practical use in the US market. Meanwhile, being based on a 60 Hz standard meant the European industry was not interested.
Further worsening the situation was that by 1996, DVD technology had been released, offering better quality and all the associated benefits of a digital medium. Digital television technology was not far behind, and buildouts began in countries around the world by the late 1990s. These transmissions offered higher quality and the ability to deliver more channels with the same bandwidth, and would ultimately take over.
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Only a handful of Hi-Vision displays still exist in the world.
Hi-Vision and MUSE offered a huge step up in image quality, but their technical limitations and broadcast difficulties meant that they would never compete with the new digital technologies that were coming down the line. There was simply not enough time for the technology to find a foothold in the market before something better came along. Still, it’s quite something to look back on the content and hardware from the late 1980s and early 1990s that was able, in many ways, to measure up in quality to the digital flat screen TVs that wouldn’t arrive for another 15 years or so. Quite a technical feat indeed, even if it didn’t win the day!
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Countdown To Pi 1 Loss Of Support, Activated
The older Raspberry Pi boards have had a long life, serving faithfully since 2012. Frankly, their continued support is a rarity these days — it’s truly incredible that an up-to-date OS image can still be downloaded for them in 2025. All good things must eventually come to an end though, and perhaps one of the first signs of that moment for the BCM2385 could be evident in Phoronix’s report on Debian dropping support for MIPS64EL & ARMEL architectures. Both are now long in the tooth and other than ARMEL in the Pi, rarely encountered now, so were it not for the little board from Cambridge this might hardly be news. But what does it mean for the older Pi?
It’s first important to remind readers that there’s no need to panic just yet, as the support is going not for the mainstream Debian releases, but the unstable and experimental ones. The mainstream Debian support period for the current releases presumably including the Debian-based Raspberry Pi OS extends until 2030, which tallies well with Raspberry Pi’s own end-of-life date for their earlier boards. But it’s a salutary reminder that that the clock’s ticking, should (like some of us) you be running an older Pi. You’ve got about five years.
Make Metal Rain with Thermal Spraying
For those of us hackers who have gone down a machining rabbit hole, we all know how annoying it can be to over-machine a part. Thermal spraying, while sounding sci-fi, is a method where you can just spray that metal back on your workpiece. If you don’t care about machining, how about a gun that shoots a shower of sparks just to coat your enemies in a layer of metal? Welcome to the world of thermal spraying, led by the one and only [Alec Steele].
There are three main techniques shown that can be used to coat using metal spools. The first, termed flame spraying, uses a propane flame and compressed air to blast fine drops of molten metal onto your surface. A fuel-heavy mixture allows the metal to remain unoxidized and protect any surface beneath. Perhaps one of the most fun to use is the arc method of thermal spray. Two wires feed together to short a high current circuit; all it takes from there is a little pressured air to create a shower of molten metal. This leaves the last method similar to the first, but uses a powder material rather than the wires used in flame spraying.
As with much crazy tech, the main uses of thermal spraying are somewhat mundane. Coating is applied to prevent oxidation, add material to be re-machined, or improve the mechanical resistance of a part. As expensive as this tech is, we would love to see someone attempt an open-source version to allow all of us at Hackaday to play with. Can’t call it too crazy when we have people making their own X-ray machines.
youtube.com/embed/e-QcseGvU5o?…
12,5 milioni di film HD al secondo! Il cavo sottomarino di Amazon che collegherà gli USA all’Irlanda
Tra qualche anno, l’Irlanda e gli Stati Uniti saranno collegati da un cavo di comunicazione sottomarino progettato per aiutare Amazon a migliorare i suoi servizi AWS.
I cavi sottomarini sono una parte vitale dell’infrastruttura che collega i continenti. Secondo i media, attualmente sono circa 570 i cavi posati attraverso oceani e mari, e altri 81 sono in programma. Tra questi c’è il nuovo cavo Amazon Fastnet, progettato per collegare gli Stati Uniti e l’Irlanda in pochi anni e migliorare la rete AWS.
Come annunciato da Amazon in un comunicato stampa, il cavo sottomarino verrà posato tra il Maryland, negli Stati Uniti, e la contea di Cork, in Irlanda. Sebbene Amazon non abbia specificato la lunghezza esatta del cavo AWS, la distanza tra i due punti è di circa 5.300 chilometri (3.000 miglia) in linea d’aria. Amazon prevede di completare il progetto entro il 2028.
Secondo Amazon, il collegamento tra Maryland e Cork è importante per due motivi. In primo luogo, Fastnet è progettato per fungere da collegamento di comunicazione di backup in caso di guasto di altri cavi sottomarini. Poiché la riparazione di tali cavi sottomarini è complessa, il ripristino della funzionalità dopo un danno può richiedere più tempo. Fastnet è inoltre progettato per soddisfare la crescente domanda di cloud computing e intelligenza artificiale tramite i servizi AWS.
Il cavo sottomarino, spesso 37 millimetri nel punto più largo, trasmetterà i dati tra i due punti utilizzando la tecnologia in fibra ottica. Secondo Amazon, ciò consentirà velocità di trasferimento dati fino a 320 terabit al secondo, paragonabili allo streaming simultaneo di 12,5 milioni di film in HD.
L’elevata capacità di trasmissione consentirà al sistema di monitoraggio automatizzato di Amazon AWS di gestire e reindirizzare più facilmente i carichi pesanti. Inoltre, il cavo fornisce ad Amazon un ulteriore livello di ridondanza, mitigando l’impatto di eventuali guasti su altri cavi.
Per prevenire guasti, il cavo sottomarino sarà meglio protetto dalle influenze esterne nelle zone costiere. Oltre ai conduttori in acciaio più sottili che proteggono la fibra ottica all’interno del cavo, nelle sezioni più piatte viene utilizzato uno strato aggiuntivo. In questi casi, fili in acciaio più spessi avvolgono l’intero cavo e sono a loro volta rivestiti da una guaina in nylon. Secondo Amazon, questa soluzione è progettata per proteggere meglio il cavo da “fattori naturali e artificiali”.
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Post SMTP sotto sfruttamento attivo: 400.000 siti WordPress sono a rischio
Gli aggressori stanno attaccando i siti web WordPress sfruttando una vulnerabilità critica nel plugin Post SMTP, che conta oltre 400.000 installazioni. Gli hacker stanno dirottando gli account amministratore e ottenendo il controllo completo sulle risorse vulnerabili.
Post SMTP è uno dei plugin più popolari per l’invio di email da siti WordPress. I suoi sviluppatori lo propongono come un’alternativa avanzata alla funzione standard wp_mail(), offrendo funzionalità avanzate e maggiore affidabilità.
La vulnerabilità è stata scoperta da un ricercatore di sicurezza di nome netranger, che l’ha segnalata a Wordfence l’11 ottobre. Le è stato assegnato l’identificatore CVE-2025-11833 (punteggio CVSS 9,8). Il bug interessa tutte le versioni di Post SMTP dalla 3.6.0 in poi.
La radice del problema risiede nella mancanza di controllo dei diritti di accesso quando si utilizza la funzione _construct in PostmanEmailLogs.
Il componente responsabile della registrazione delle email inviate restituisce direttamente il contenuto del log su richiesta, senza verificare chi lo sta richiedendo. Di conseguenza, chiunque può leggere le email memorizzate nei log, inclusi i messaggi di reimpostazione della password con link per modificare le credenziali di amministratore. Intercettando un’email di questo tipo, un hacker criminale può modificare la password dell’amministratore e ottenere il controllo completo del sito.
Wordfence ha notificato allo sviluppatore del plugin la vulnerabilità critica il 15 ottobre, ma la patch è stata rilasciata solo il 29 ottobre: la versione 3.6.1 corregge il bug. Tuttavia, secondo le statistiche di WordPress.org, circa la metà degli utenti del plugin ha installato l’aggiornamento, il che significa che circa 200.000 siti web rimangono vulnerabili.
Quel che è peggio è che gli hacker stanno già sfruttando quest’ultima vulnerabilità. Secondo gli esperti, i tentativi di sfruttare la vulnerabilità CVE-2025-11833 sono stati registrati dal 1° novembre e, negli ultimi giorni, l’azienda ha bloccato oltre 4.500 attacchi di questo tipo sui siti web dei suoi clienti. Considerando che Wordfence protegge solo una parte dell’ecosistema WordPress, il numero effettivo di tentativi di hacking potrebbe essere nell’ordine delle decine di migliaia.
Vale la pena notare che questa è la seconda grave vulnerabilità scoperta in Post SMTP negli ultimi mesi. Nel luglio 2025, l’azienda di sicurezza informatica PatchStack ha scoperto una vulnerabilità simile , CVE-2025-24000. Questo bug consentiva anche la lettura dei log e l’intercettazione delle email di reimpostazione della password, anche da parte di utenti con privilegi minimi.
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Ti hanno detto che il 6G sarà veloce vero? Ma non ti hanno detto tutta la verità
Non è “solo più veloce”: il 6G cambia la natura stessa della rete!
Quando parliamo di 6G rischiamo di ridurre tutto a un upgrade di velocità, come se la rete del futuro fosse solo un 5G con più cavalli. In realtà il salto non riguarda la banda, ma il modo in cui la rete percepirà il mondo. Per la prima volta, una rete mobile non si limiterà a trasmettere e ricevere segnali, ma osserverà l’ambiente per poter operare correttamente.
MSCP: la fusione tra sensori visivi e radio che cambia il paradigma
Lo studio IEEE introduce la tecnica MSCP, un approccio ibrido che fonde informazioni RF e immagini ambientali. Le telecamere analizzano il contesto, i modelli AI prevedono il comportamento del canale radio, il sistema corregge la trasmissione prima che l’ostacolo avvenga.
Il guadagno, scientificamente parlando, è enorme: oltre il 77% in accuratezza predittiva rispetto alle tecniche basate solo sul segnale radio. Ma per ottenere questa precisione, la rete deve sapere chi si muove, dove si muove e come si muove.
Dettagli tecnici e risultati completi sono descritti nel paper IEEE su MSCP e nei lavori sul dataset DeepSense 6G che abilitano la predizione multimodale del canale.
Il prezzo nascosto: la rete non “vede i dati”, vede i corpi
Qui non stiamo parlando di analisi del traffico o telemetria tecnica. Stiamo parlando di una rete che, per funzionare, deve costruire un modello spazio-temporale dei movimenti umani. Non importa se non riconosce i volti: la traiettoria è già un identificatore comportamentale.
Lo dice il GDPR, lo conferma l’AEPD, lo dimostrano anni di studi su fingerprinting e re-identificazione tramite metadati. Se il Wi-Fi tracking è già considerato trattamento di dati personali, immaginate un sistema che combina radio, video e machine learning in tempo reale.
La sorveglianza senza telecamere dichiarate: il trucco perfetto
Una telecamera classica richiede cartelli, informative, limiti d’uso, base giuridica. Una rete 6G con sensing integrato no: è “parte dell’infrastruttura tecnica”. Non registra video, genera metadati. Non sembra sorveglianza, ma lo è. E lo sarà in modo più capillare, invisibile e incontestabile di qualunque sistema CCTV. Non serve più installare un occhio elettronico su un palo: basta un’antenna su un tetto. La direzione “sensing + AI” non è episodica: progetti come DeepSense 6Graccolgono dati reali multi-modalità (mmWave, camera, GPS, LiDAR, radar) proprio per abilitare queste funzioni di predizione del canale e di localizzazione.
Violazione della privacy? No, violazione della sovranità del corpo nello spazio
Il vero rischio non è lo sguardo sul singolo individuo, ma la perdita del diritto collettivo all’invisibilità fisica. Una rete che mappa i movimenti delle persone in modo continuo abilita, per definizione, scenari di monitoraggio sociale: flussi di protesta, geofencing comportamentale, analisi predittiva dei gruppi, controllo delle folle, profiling ambientale. Tutto senza dover invocare né il riconoscimento facciale né la biometria classica.
Il quadro legale europeo oggi sarebbe già incompatibile – se qualcuno lo facesse davvero rispettare
Il principio di minimizzazione del GDPR renderebbe difficilmente difendibile l’uso di visione artificiale per risolvere un problema tecnico delle telecomunicazioni, se esistono alternative meno invasive. L’ePrivacy vieta analisi occulte dei terminali. L’AI Act classificherà i sistemi di sorveglianza ambientale come ad alto rischio. Ma il vero nodo è un altro: finché la tecnologia resta nei paper, il diritto non reagisce. Quando arriverà nei prodotti, sarà già troppo tardi.
La domanda finale non è tecnica: è politica
- È lecito usare la visione artificiale per migliorare un canale radio?
- È proporzionato?
- È necessario?
Chi decide quando la rete osserva, cosa osserva, per quanto e con quali limiti?
E soprattutto: chi garantisce che lo farà solo per “ottimizzare la qualità del servizio”?
Conclusioni
Se accettiamo senza reagire l’idea che “la rete deve vederci per funzionare”, allora non ci servirà più un garante della privacy. Ci servirà un garante del movimento umano non monitorato.
Il 6G sarà una meraviglia tecnologica.
Ma ricordiamoci una regola semplice:
quando una tecnologia ti offre prestazioni straordinarie in cambio di un nuovo livello di tracciamento, non sta innovando.
Sta negoziando la tua libertà.
E come sempre, la parte debole del contratto… sei tu.
La differenza tra infrastruttura e sorveglianza è una sola cosa:
il limite che decidi di imporle prima che diventi inevitabile.
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Aumentano gli attacchi informatici contro applicazioni pubbliche. Il report di CISCO
Milano, 4 novembre 2025 – Aumentano gli attacchi informatici che sfruttano applicazioni accessibili al pubblico, come siti web o portali aziendali, per entrare nei sistemi delle organizzazioni, e cresce anche il phishing condotto attraverso account aziendali compromessi. In calo invece gli attacchi ransomware, anche se di questo tipo di minaccia sono state rilevate nuove pericolose varianti.
Questi i dati più significativi emersi dal Report di Cisco Talos – relativo al trimestre luglio, agosto e settembre del 2025.
Per quanto riguarda attacchi informatici che sfruttano applicazioni accessibili al pubblico, si tratta di una modalità utilizzata in oltre sei casi su dieci tra gli interventi gestiti dal team di Incident Response, rispetto al 10% del trimestre precedente. Un aumento vertiginoso, legato in particolare a una serie di attacchi contro server Microsoft SharePoint installati localmente, che hanno sfruttato falle di sicurezza rese note a luglio.
Gli attacchi ransomware hanno rappresentato circa il 20% degli incidenti, in calo rispetto al 50% del trimestre precedente. Nonostante la diminuzione, il ransomware resta però una delle minacce più diffuse e persistenti per le aziende. Per la prima volta, il team di Cisco Talos ha affrontato nuove varianti come Warlock, Babuk e Kraken, oltre a famiglie già note come Qilin e LockBit.
In un caso, gli esperti hanno attribuito con “moderata certezza” un attacco a un gruppo di cybercriminali legato alla Cina, noto come Storm-2603. Un elemento insolito di questo attacco è stato l’uso di Velociraptor, un software open source normalmente usato per analisi forensi digitali, qui sfruttato per mantenere l’accesso ai sistemi violati, un comportamento mai osservato prima in questo tipo di attacchi. Infine, è stato registrato un aumento degli attacchi legati al ransomware Qilin, segno che questo gruppo sta intensificando la propria attività.
Attacchi informatici: cresce l’impatto della catena ToolShell e delle nuove falle di SharePoint
Gli attacchi legati alla cosiddetta catena ToolShell confermano quanto sia importante per le aziende segmentare correttamente la rete e installare subito gli aggiornamenti di sicurezza. Nel corso dell’ultimo trimestre, oltre il 60% degli incidenti analizzati da Cisco Talos ha avuto origine da applicazioni accessibili pubblicamente, come siti web o portali aziendali. In quasi quattro casi su dieci è stata riscontrata l’attività della catena ToolShell, una tecnica che ha contribuito in modo significativo alla crescita di questo tipo di attacchi.
A partire da metà luglio 2025, i criminali informatici hanno iniziato a sfruttare due nuove vulnerabilità nei server Microsoft SharePoint installati localmente (identificate come CVE-2025-53770 e CVE-2025-53771). Queste falle, collegate ad altre già corrette da Microsoft a inizio luglio, permettono ai criminali di eseguire un codice da remoto senza bisogno di accedere con credenziali valide.
Phishing da account compromessi: una minaccia in evoluzione
Come anticipato, gli attacchi di phishing lanciati da account aziendali compromessi continuano a rappresentare una minaccia concreta. I criminali informatici sfruttano email interne già violate per diffondere l’attacco all’interno dell’organizzazione o verso partner esterni.
Gli esperti di Talos hanno osservato che la catena ToolShell è stata sfruttata già prima dell’avviso ufficiale di Microsoft, con la maggior parte degli attacchi concentrata nei dieci giorni successivi. Questa tecnica è stata riscontrata in circa un terzo degli incidenti del trimestre, in aumento rispetto al periodo precedente. In molti casi è stata combinata con il phishing: durante uno degli attacchi monitorati, un account Microsoft 365 compromesso è stato usato per inviare quasi 3.000 email fraudolente.
Ransomware: nonostante il calo, la minacciaresta costante
Diminuiscono invece i ransomware. Nel trimestre appena concluso, gli attacchi ransomware hanno rappresentato circa il 20% degli incidenti gestiti da Cisco Talos, in calo rispetto al 50% del periodo precedente. Per la prima volta però, il teamdi Talos Incident Response ha affrontato nuove varianti come Warlock, Babuk e Kraken, oltre a famiglie già note come Qilin e LockBit.
Velociraptor: uno strumento legittimo usato in un attacco ransomware
Cisco Talos ha gestito un attacco ransomware attribuito con moderata certezza al gruppo di origine cinese Storm-2603. L’attacco ha colpito gravemente l’infrastruttura IT di un’azienda del settore telecomunicazioni, inclusi sistemi operativi critici per la gestione delle operazioni. Durante l’indagine, gli esperti di Talos hanno scoperto che i criminali informatici avevano installato una versione obsoleta di Velociraptor, uno strumento open source normalmente usato per le analisi forensi digitali e la risposta agli incidenti, su cinque server compromessi.
Velociraptor è stato utilizzato per mantenere l’accesso ai sistemi anche dopo l’isolamento di alcuni host – un comportamento mai osservato prima in un attacco ransomware. La versione impiegata presentava una vulnerabilità di sicurezza che consentiva agli attaccanti di controllare da remoto i sistemi infettati. Questo caso conferma una tendenza già evidenziata da Cisco Talos: i cybercriminali usano sempre più spesso strumenti legittimi, sia commerciali che open source, per rendere gli attacchi più efficaci e difficili da individuare.
Cresce l’attività del gruppo ransomware Qilin
Il gruppo Qilin, comparso per la prima volta nel trimestre precedente, ha intensificato le proprie operazioni, come mostra il numero crescente di fughe di dati pubblicate online a partire da febbraio 2025. Gli attacchi di Qilin seguono uno schema ormai consolidato: accesso iniziale con credenziali rubate, uso di un crittografo personalizzato per ogni vittima e impiego dello strumento CyberDuck per rubare e trasferire i dati. L’attività crescente del gruppo indica che Qilin resterà una delle principali minacce ransomware almeno fino alla fine del 2025.
Pubblica Amministrazione nel mirino
Per la prima volta dal 2021, la Pubblica Amministrazione è stata il settore più colpito. Gli enti pubblici sono obiettivi attraenti perché spesso dispongono di budget limitati e usano sistemi di difesa obsoleti. In questo trimestre gli attacchi hanno riguardato principalmente enti locali, che gestiscono anche scuole e strutture sanitarie e che trattano dati sensibili e non possono quindi permettersi lunghi periodi di inattività. Queste caratteristiche li rendono appetibili sia per cybercriminali orientati al profitto, sia per quelli motivati da spionaggio.
Accesso iniziale: app e phishing tra i principali vettori
Nel trimestre preso in considerazione, il modo piùcomune per ottenere l’accesso iniziale ai sistemi aziendali è stato lo sfruttamento di applicazioni su internet, spesso legato all’attività di ToolShell. Altri metodi osservati includono phishing, uso di credenziali valide compromesse e attacchi tramite siti web malevoli.
Le raccomandazioni di Cisco Talos
Nel corso dell’ultimo trimestre quasi un terzo degli incidenti ha coinvolto abusi dell’autenticazione a più fattori (MFA), come la MFA fatigue – richieste ripetute per indurre l’errore – o il bypass dei controlli. Per contrastare questi attacchi, Talos consiglia di attivare sistemi di rilevamento delle anomalie, come accessi da località incompatibili, e di rafforzare i criteri MFA. Un’altra criticità emersa riguarda la registrazione dei log: in molti casi, la mancanza di log completi ha ostacolato le indagini, con problemi frequenti come log eliminati, disabilitati o conservati per periodi troppo brevi. Cisco Talos raccomanda l’utilizzo di soluzioni SIEM (Security Information and Event Management) per centralizzare e proteggere i log, così da preservare le tracce anche in caso di compromissione dei sistemi. Infine, circa il 15% degli attacchi ha sfruttato sistemi non aggiornati, tra cui server SharePoint rimasti vulnerabili settimane dopo il rilascio delle patch. Per ridurre le vulnerabilità e impedire movimenti laterali degli aggressori, è fondamentale applicare tempestivamente gli aggiornamenti.
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Epic contro Google: accordo storico per gli sviluppatori di app
Proprio quando sembrava che il caso Epic contro Google fosse a un passo dalla vittoria finale per lo sviluppatore – a seguito del potenziale rigetto del ricorso di Google da parte della Corte Suprema – le parti hanno inaspettatamente annunciato un accordo martedì sera.
Se il giudice James Donato approvasse le modifiche proposte, la vittoria di Epic potrebbe trasformarsi in un successo globale a lungo termine.
Il giudice Donato aveva precedentemente accolto le principali richieste di Epic. Aveva emesso un’ingiunzione permanente che imponeva a Google di ospitare app store concorrenti sul proprio Google Play Store e di fornire loro l’accesso al suo catalogo completo di app.
A Google era stato inoltre impedito di richiedere agli sviluppatori di utilizzare Google Play Billing dopo che una giuria aveva ritenuto illegittimo il collegamento dell’app store al sistema di pagamento dell’azienda.
Tuttavia, queste modifiche sono state in vigore solo negli Stati Uniti, sono state limitate a tre anni e non hanno influito sull’entità delle commissioni dell’app store.
Ora Google ha accettato di andare oltre. L’azienda ridurrà la sua commissione standard al 20% o al 9%, a seconda che l’acquisto fornisca un vantaggio significativo nel gameplay (superiore a un vantaggio de minimis).
Google creerà anche un nuovo programma nella prossima versione di Android, grazie al quale gli app store alternativi potranno registrarsi e diventare membri a pieno titolo dell’ecosistema, consentendo agli utenti di installare facilmente le proprie app.
La principale differenza rispetto alla sentenza originale è la sua portata globale. Il programma per i negozi registrati e le commissioni ridotte saranno in vigore in tutto il mondo fino a giugno 2032, ovvero per sei anni e mezzo.
“Se il tribunale approva questa proposta, la nostra controversia sarà risolta“, ha scritto martedì sera il presidente di Android, Samir Samat. Anche il CEO di Epic, Tim Sweeney, ha confermato che Google ha fatto un’offerta eccellente che “riporta Android alla sua visione originale di piattaforma aperta, con supporto globale per gli store di terze parti, commissioni ridotte e la possibilità di offrire pagamenti alternativi“.
I dettagli delle commissioni sono piuttosto complessi e sono in parte adattati alle esigenze di sviluppatori di giochi come Epic. Google può addebitare il 20% se un acquisto offre più di un vantaggio minimo in-game, o il 9% in caso contrario. Alle app e agli abbonamenti tramite Google Play verrà addebitata una commissione del 9%, ma potrebbe essere aggiunto un ulteriore 5% per l’utilizzo della fatturazione di Play.
A titolo di riferimento, Google attualmente addebita il 15% per gli abbonamenti e il 15% del primo milione di dollari di fatturato annuo per gli sviluppatori, e poi il 30%.
Utilizzando un sistema di pagamento alternativo, gli sviluppatori non pagheranno alcuna commissione di elaborazione dei pagamenti, sebbene Google si riservi il diritto di addebitare una commissione di servizio. L’azienda può persino ricevere una percentuale se un utente reindirizza al sito web dello sviluppatore e paga l’acquisto entro 24 ore.
L’accordo affronta uno dei principali argomenti di Epic contro i principali app store: il problema delle “schermate inquietanti” e delle difficoltà di installazione di app store di terze parti. A partire dalla prossima versione di Android e fino al 30 giugno 2032, Google modificherà il sistema operativo per consentire agli utenti di installare app store registrati dal proprio sito web con un solo clic, utilizzando un linguaggio neutro, e lo store riceverà automaticamente l’autorizzazione a installare app.
Molte delle altre vittorie di Epic restano valide. Google deve smettere di condividere denaro o privilegi con produttori di telefoni, operatori e sviluppatori di app in cambio di esclusività o preinstallazione su Google Play. Gli sviluppatori possono anche rivelare i prezzi ai propri clienti al di fuori del Play Store.
Google ed Epic discuteranno questa proposta con un giudice giovedì 6 novembre. Se l’accordo verrà approvato e le commissioni saranno effettivamente significativamente più basse, ciò potrebbe creare un effetto a catena in tutto il settore e costringere Apple, Sony, Microsoft, Nintendo e Valve a riconsiderare le proprie politiche.
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Nella mente dell’hacker
I dilettanti hackerano i computer, i professionisti hackerano le persone. Questa efficace e famosa sintesi di cosa significhi l’hacking, Bruce Schneier la argomenta con un raffinato ragionamento nel suo ultimo libro: La mente dell’hacker. Trovare la falla per migliorare il sistemapubblicato nel 2024 in italiano da Luiss University Press.
Il titolo dice già molto. Intanto l’hacker non è più il mostro della peggiore pubblicistica degli ultimi anni, ma una figura che va letta in chiaroscuro rispetto all’evoluzione dei sistemi umani.
In aggiunta, l’hacking, l’esplorazione delle possibilità all’interno di un sistema dato, termine in origine legato al mondo dell’informatica, secondo Schneier è diventato una pratica onnipresente nei sistemi economici, finanziari e sociali. Approccio metodico alla ricerca delle vulnerabilità strutturali che definiscono il nostro mondo, l’hacking dimostra come ogni sistema, dalle leggi fiscali alle intelligenze artificiali, può essere manipolato e sfruttato. Dall’hacking del sistema fiscale per pagare meno tasse, vedi Google & Co. fino al jackpotting, al ransomware e agli attacchi cibernetici tra gli Stati. Per l’autore ogni hack può essere letto come strumento chiave nella gestione del potere e del denaro nei suoi molteplici aspetti.
Un hack è infatti «un’attività consentita da un sistema, che sovverte però gli scopi o gli intenti del sistema stesso». E cos’altro è un sistema se non «un processo complesso, determinato da una serie di regole o norme, pensato per produrre un o più esisti desiderati»? Quindi l’hacking è esattamente questo: individuare la vulnerabilità di un sistema e trovare l’exploit per sfruttarla. In definitiva vale per ogni sistema, quelli informatici, quelli sociotecnici, quelli cognitivi. Lo scopo dell’hacking è di ottenere un vantaggio. Ma le contromisure sono sempre possibili. E questo vale anche per la democrazia, che può difendersi dagli usi imprevisti della libertà che consente, e vale anche per l’Intelligenza Artificiale: hackerandola capiamo meglio come possa essere messa al servizio delle persone e non della guerra e del profitto. Poiché libertà e democrazia riposano oggi su sistemi informatici, gli hacker possono ancora fregiarsi del titolo di «eroi della rivoluzione informatica» come li chiamava Stephen Levy già nel 1996.
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Ho sognato una rete intergalattica
Internet non è il Web, e il Web non è Internet. Internet non nasce come strumento militare, e i militari non hanno mai controllato l’intera Internet. Mettetevelo in testa.
Oggi, a 56 anni dalla nascita di Internet ce lo ricorda un libro, a firma di chi la Rete l’ha pensata e progettata, e cioè J.C.R. Licklider, un secchione, psicologo, esperto di psicoacustica, che in questo modo ha influenzato per sempre comunicazione e società. Il libro si chiama «Ho sognato una rete intergalattica. Scritti su Internet prima di Internet» e, con la prefazione del professore Luigi Laura, ed è stato pubblicato nel luglio del 2025 dalla Luiss University Press di Roma.
Licklider progettò Internet, l’Intergalactic computer network,come lo chiamava lui, nella forma che poi assunse, quando dirigeva l’IPTO, l’ufficio competente dell’Advanced Research Project Agency, ARPA, e il suo avvio viene fatto coincidere con il primo scambio di saluti attraverso quella che era chiamata inizialmente Arpanet, cioè la rete dell’Arpa.
Era il 29 ottobre 1969.
Il Web venne trent’anni dopo. Fu progettato nel 1989, chiamato World Wide Web nel 1990 e solo nel 1991 comparve il primo sito Web. Tutto merito di uno scienziato inglese di stanza al CERN di Ginevra, sir Tim Berners Lee, affascinato del modo in cui gli italiani si scambiavano informazioni piene di dettagli e racconti basati su continue digressioni e collegamenti.
Arpanet nel 1969 collegava 4 nodi e si chiamerà Internet solo dopo due eventi: il fork tra Arpanet e Milnet, e la creazione del protocollo TCP/IP.
Fu proprio uno dei due scienzati che ne scrissero il protocollo principale a dargli il nome Internet, con la maiuscola. Si chiamava Robert “Bob” Khan, che ci lavorò per dieci anni insieme a Vinton Cerf. Il protocollo TCP/IP (in realtà una famiglia di protocolli), era pensato per consentire a “computer diversi appartenenti a reti eterogenee”, di comunicare fra di loro. E attualizzava proprio l’idea di quel geniaccio di Robbnett Licklider: consentire alle persone di collaborare a distanza.
Il resto è una storia bella da conoscere.
DK 10x09 - Euro Digitale
Tutto quello che ci promettono con l'Euro digitale esiste già. Non è che tralasciano qualche dettaglio?
spreaker.com/episode/dk-10x09-…
Peppe Namir (ジュゼッペ )
in reply to Elezioni e Politica 2025 • • •ilmessaggero.it/politica/brune…
Brunetta, niente aumento di stipendio: l'ira di Meloni e il dietrofront. Palazzo Chigi: «Inopportuno»
Andrea Bulleri (Il Messaggero)