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Donald J. Trump: i primi mesi del secondo mandato


Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump mentre firma degli ordini esecutivi, settembre 2025 (Foto: whitehouse.gov).
Il presidente Donald Trump è stato eletto un anno fa e si avvicina al compimento del primo anno del suo secondo mandato. Come sono stati i primi mesi della sua amministrazione? Quando, nel discorso pronunciato davanti al Congresso nel marzo 2025, ha descritto le prime sei settimane in carica come «azione rapida e incessante», stava in realtà anticipando i mesi successivi con un’esattezza forse ignota persino a lui stesso[1]. I primi mesi del secondo mandato sono stati caratterizzati da un’intensa attività: una raffica di ordini esecutivi, un’azione militare in Iran, dazi e guerre commerciali.

Anche con il blocco delle attività amministrative (government shutdown) negli Stati Uniti, questa accelerazione del ritmo riflette il tempo avuto a disposizione dall’amministrazione Trump per prepararsi tra il primo e il secondo mandato. Ma, più in profondità, esprime la determinazione del Presidente e di molti suoi consiglieri a trasformare il Partito Repubblicano (Grand Old Party, GOP): non più soggetto ai vincoli del proprio establishment o delle convenzioni, come ritengono sia avvenuto durante il primo mandato, bensì orientato a realizzare le politiche volute da Trump, ad ampliare i poteri del Presidente e, in ultima istanza, a consolidare i cambiamenti da lui introdotti nel GOP e nella politica americana.

Questa energia rafforza la tesi di quegli osservatori secondo i quali Trump ha acquisito un nuovo senso della missione dopo il fallito attentato alla propria vita subìto a Butler, in Pennsylvania. Egli è, più di ogni altro presidente recente, il tribuno del popolo: afferma di rappresentarne i bisogni, i desideri e soprattutto le emozioni in un modo che nessun altro eletto è in grado di fare. In quest’«era dei sentimenti», è lui il principale interprete del sentire collettivo[2].

Nel breve periodo, il Presidente e la sua amministrazione dovranno governare affrontando le persistenti difficoltà economiche e politiche, comprese le incertezze generate dai dazi. Sul lungo periodo, è troppo presto per dire se i cambiamenti da lui apportati al Partito Repubblicano e alla vita politica statunitense siano destinati a durare. Ma molte delle tendenze strutturali – in particolare, la concentrazione del potere nella presidenza e l’indebolimento del Congresso – continueranno con ogni probabilità inalterate. Nel frattempo, molti cattolici americani stanno cercando di rispondere alla sfida di un nuovo assetto politico che spesso mette alla prova l’unità dei fedeli.

Politica interna: l’agenda del secondo mandato


«Il trumpismo è una postura culturale anti-sinistra e anti-élite. Non è un programma politico», scriveva Ryan Streeter nel 2020[3]. È senz’altro vero che il fenomeno Trump è stato una reazione populista sia alla sinistra sia alla destra tradizionali, ma la sua campagna si è basata su precise proposte, soprattutto in campo economico e migratorio, che hanno trovato grande riscontro presso gli elettori. Da allora, Trump ha dato seguito a molte di tali promesse, compresa una delle meno popolari: i dazi doganali.

I primi giorni della presidenza sono stati dominati da ordini esecutivi che hanno riguardato numerose questioni emerse durante la campagna: dall’immigrazione alla sicurezza dei confini, fino alla lotta contro il «wokismo»[4]. Un ordine esecutivo è un decreto presidenziale che impone a un dipartimento governativo di intraprendere determinate azioni. Un esempio particolarmente evidente è stato quello con cui il 20 gennaio 2025 è stato istituito il DOGE (Department of Government Efficiency), affidato a Elon Musk fino al maggio successivo, con il compito di «massimizzare l’efficienza e la produttività dell’amministrazione pubblica»[5].

Il DOGE rivela molte delle ambiguità insite nel governare tramite ordini esecutivi. Un ordine esecutivo non è una legge, e quindi non passa dal Congresso; di conseguenza, le attività avviate in base a un provvedimento di questa natura sollevano spesso interrogativi sulla legittimità e sull’autorizzazione parlamentare, come è accaduto, appunto, per il DOGE. Inoltre, quando l’ordine affida a un dipartimento un compito generico, si pone il problema di definirne concretamente gli obiettivi. Nel caso concreto, qual è lo scopo del DOGE? Ridurre i costi? Snellire la regolamentazione? Disarticolare la burocrazia per indebolire il cosiddetto Deep State? I presidenti spesso sono accusati di ricorrere agli ordini esecutivi per aggirare il Congresso. Pertanto, quando il numero di tali provvedimenti diventa elevato, non è un buon segno per chi teme la crescita incontrollata del potere esecutivo negli Stati Uniti[6].

Le politiche di Trump si discostano frequentemente dal libertarismo fiscale in stile Reagan, pur senza abbracciare del tutto il populismo economico che egli stesso proclama. Anche nel secondo mandato si osserva tale ambivalenza. Il traguardo legislativo più significativo finora è stata l’approvazione dell’OBBBA (One Big Beautiful Bill Act), così denominato perché fondeva in un’unica legge «omnibus» misure su tasse, stanziamenti e politiche pubbliche. Con essa, il Presidente ha mantenuto la promessa di estendere i tagli fiscali approvati nel suo primo mandato, nel 2017: probabilmente è stato il suo provvedimento più reaganiano. Al tempo stesso, però, l’aumento del debito federale dimostra che a Washington ormai sono pochi i veri sostenitori del «governo leggero», nonostante alcune riforme parziali in materia di spesa sociale.

Se le politiche fiscali di Trump si allontanano dalla dottrina del fusionismo, lo zelo protezionista in tema di dazi lo avvicina invece ad altri presidenti repubblicani del passato, tra cui Calvin Coolidge. Peraltro, i dazi evocano un protezionismo che, per buona parte del Novecento e oltre, era stato associato più alla sinistra che alla destra, come già la legge tariffaria Smoot-Hawley del 1930, approvata dal presidente Herbert Hoover e considerata una delle cause della Grande Depressione. A questo punto, le problematiche legate ai dazi sono ben note[7]. La vera domanda, tuttavia, è se i dazi finiranno per aggravare proprio uno dei problemi principali che Trump si era impegnato a risolvere, vale a dire l’inflazione[8]. Se così fosse, essi potrebbero spianare la strada a nuove vittorie democratiche alle prossime elezioni e mettere a rischio i recenti successi del Partito Repubblicano tra gli elettori ispanici[9].

L’immigrazione è stata un tema centrale per l’amministrazione Trump sin dalla sua prima campagna del 2015, ispirata a un «populismo nazionale» favorevole alla sicurezza dei confini e alla protezione dei lavoratori americani rispetto alla manodopera immigrata. Questo approccio si inserisce in una lunga tradizione statunitense di restrizioni all’immigrazione, rappresentata negli ultimi decenni dalla figura di Patrick Buchanan[10]. Finora, l’amministrazione ha rivendicato due successi principali: l’aumento significativo delle espulsioni e la drastica riduzione degli ingressi e degli arresti al confine. È probabile che le nuove politiche abbiano scoraggiato molti dall’attraversare la frontiera senza autorizzazione[11]; tuttavia Trump e i suoi collaboratori stanno anche mettendo alla prova i limiti del potere presidenziale in materia di diritto dell’immigrazione, spesso attraverso iniziative mediaticamente molto visibili, pensate per attrarre l’attenzione e stimolare contenziosi. È il caso, ad esempio, della vicenda giudiziaria di Kilmar Ábrego García, che ha generato una forte esposizione mediatica: da un lato, ha rafforzato l’appoggio dei sostenitori di Trump, convinti della sua determinazione sul tema dell’immigrazione; dall’altro, ha mobilitato le proteste dei suoi oppositori.

Le politiche migratorie hanno attirato critiche da molteplici fronti, compresa la Conferenza episcopale degli Stati Uniti, che, pur riconoscendo la necessità di «azioni di polizia volte a garantire l’ordine e la sicurezza delle comunità per il bene comune» e di riformare «un sistema migratorio gravemente carente», ha fatto notare che le azioni intraprese sono ben lontane dalla «comunione di vita e di amore» cui dovrebbe tendere una nazione di immigrati[12]. Parole che riecheggiano la lettera inviata da papa Francesco ai vescovi statunitensi nel febbraio 2025, interamente dedicata al tema dell’immigrazione[13].

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È molto probabile che l’amministrazione Trump continuerà a mantenere una linea dura sull’immigrazione e sulla sicurezza delle frontiere, e che la questione migratoria resterà una delle più divisive nella politica americana, in attesa che emerga uno statista capace di proporre un nuovo consenso.

L’assassinio di Charlie Kirk il 10 settembre ha messo tragicamente in evidenza la fragilità della società americana e le questioni irrisolte che hanno alimentato l’elezione di Trump nel 2024. Kirk, attivista di spicco del movimento MAGA e voce autorevole nei campus universitari, è stato ucciso nel mezzo di un’ondata di violenza politica, sollevando interrogativi sullo stato di salute della società statunitense. La violenza politica è recentemente aumentata nella sinistra, ma non è chiaro se l’amministrazione Trump o i repubblicani saranno in grado di affrontarne le cause. In particolare, molti hanno cercato di «cancellare» i critici di Kirk dopo la sua morte, nonostante la sua reputazione di strenuo difensore della libertà di parola della destra.

Politica estera: la «dottrina Trump»?


Trump ha sempre sostenuto che spetta a lui definire cosa significhi davvero «MAGA» o America First, e forse in nessun ambito questo è più vero che in politica estera. I primi mesi del secondo mandato hanno mostrato che, secondo il Presidente in carica, il principio di sovranità nazionale insito in America First non implica affatto isolamento o disimpegno globale: può benissimo includere un coinvolgimento militare statunitense all’estero, purché serva le priorità dell’America.

I commentatori già da tempo hanno difficoltà a definire con precisione la visione trumpiana in politica estera. A complicare le cose contribuisce il fatto che anche i consiglieri del Presidente appaiono divisi tra le correnti più interventiste e quelle più isolazioniste della destra americana, come ha rivelato lo scandalo «Signalgate», relativo alla fuga di conversazioni riservate su operazioni militari contro gli Houthi nello Yemen[14]. Sebbene sia difficile parlare di una vera e propria «dottrina Trump», non vi è dubbio che nel suo secondo mandato egli sia stato influenzato da convinzioni di lunga data: una grande fiducia nelle proprie capacità negoziali, la ferma opposizione al nucleare iraniano, il sostegno a Israele, l’avversione agli accordi multilaterali che vincolino gli Stati Uniti a difendere altri, e la volontà di aprire nuove opportunità commerciali e di investimento per il capitale statunitense[15].

Come la maggior parte dei presidenti repubblicani, Trump nutre una forte simpatia per Israele, ma a modo suo. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto ogni sforzo per mantenere un buon rapporto con lui, ma la profonda convinzione del leader Usa nel potere della negoziazione – sua o del suo emissario Steve Witkoff – ha portato a un tentativo di mediazione tra Iran e Israele. Tuttavia Trump si sarebbe convinto che gli iraniani non stavano negoziando in buona fede, e che Israele aveva concrete possibilità di vittoria militare contro Teheran[16]. In ogni caso, la sua ostilità verso un Iran che potrebbe dotarsi di armi nucleari ha finito per convergere con il desiderio di lunga data di Netanyahu di arginare l’influenza iraniana. Mentre Trump ha dichiarato conclusa la guerra tra Israele e Hamas nell’ottobre 2025 con il cessate il fuoco, la questione sarà se e in che misura egli eserciterà pressioni su tutte le parti per risolvere i problemi di fondo e promuovere una pace giusta e duratura.

Quanto alla Russia e all’Ucraina, il Presidente ha più volte espresso la propria insofferenza per le logiche da «Guerra fredda», spostando il Partito Repubblicano verso una posizione critica nei confronti dell’Ucraina. Come altri presidenti statunitensi precedenti, sembra che egli abbia pensato di poter negoziare con Vladimir Putin, nonostante la propria impazienza dichiarata verso il protrarsi della guerra. Il vertice di agosto 2025 in Alaska tra il presidente statunitense e quello russo ha rappresentato un caso emblematico: da un lato, Trump si è mostrato fiducioso nella propria abilità negoziale, ignorando i fallimenti del passato e le preoccupazioni dei leader europei; dall’altro, la frustrazione nei confronti di Putin lo ha spinto a ribadire un ambiguo sostegno all’Ucraina. Il presidente Trump e il vicepresidente J. D. Vance hanno entrambi manifestato un sostegno più forte all’Ucraina nei mesi di settembre e ottobre, con Vance che ha affermato che la Russia deve «svegliarsi e accettare la realtà» della necessità della pace[17]. Restano quindi aperti alcuni interrogativi: «Quanto Trump è disposto a fare pressione su Putin? E fino a che punto è disposto a sostenere Zelensky?»[18].

I leader mondiali hanno reagito a queste mosse con strategie diverse. Gli analisti osservano spesso che Trump tende a essere più duro con gli alleati storici degli Stati Uniti che con i nemici tradizionali. Eppure, sono proprio gli alleati a impegnarsi maggiormente per mantenere relazioni positive con Washington, anche a costo di forti sacrifici[19]. Questo è particolarmente evidente nei rapporti con l’Unione europea e la Nato.

Claudia Sheinbaum, presidente del Messico, è riuscita a instaurare una collaborazione proficua con Trump, anche grazie alla cooperazione sul fronte del traffico di fentanyl verso gli Stati Uniti, che è una delle priorità dell’amministrazione Usa. Tuttavia, la minaccia di azioni militari statunitensi in territorio messicano ha rappresentato una costante fonte di tensione[20]. Similmente, il primo ministro canadese Mark Carney – la cui vittoria alle elezioni del 2025 è stata in gran parte motivata dall’opposizione a Trump – ha cercato di convincere la Casa Bianca che l’accordo commerciale USMCA (United States-Mexico-Canada Agreement) esenta la maggior parte dei beni canadesi dai dazi introdotti da Trump[21]. Ne potrebbe derivare un rafforzamento della cooperazione tra Canada e Messico, nel tentativo di evitare l’innalzamento delle barriere commerciali con gli Stati Uniti[22].

Il Regno Unito, dal canto suo, ha cercato di salvaguardare la «relazione speciale» con gli Stati Uniti, tanto più importante dopo che la Brexit lo ha distanziato dall’Unione europea. Il premier britannico Keir Starmer si è mosso in tal senso, puntando sulla storica alleanza tra Londra e Washington.

Altri Paesi, come l’India e il Brasile, hanno assunto atteggiamenti più apertamente ostili. Per quanto riguarda il Brasile, il caso è reso più complesso dall’amicizia personale tra Trump e l’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro.

La maggiore opposizione che Trump ha incontrato sul piano internazionale riguarda Israele: alcuni Paesi europei hanno proposto alle Nazioni Unite di riconoscere ufficialmente lo Stato palestinese. L’escalation del conflitto tra Israele e Hamas iniziato il 7 ottobre 2023 ha accentuato le fratture tra gli Stati Uniti e gli alleati europei sulla questione palestinese e sulla difesa israeliana: una divergenza profonda che il Presidente non sembra in grado di sanare. In ogni caso, è certo che l’opinione pubblica di molti Paesi europei – e della sinistra americana – si è ulteriormente allontanata da Israele.

L’avvio del secondo mandato di Trump ha riacceso il dibattito sulla possibilità di un nuovo ordine mondiale senza gli Stati Uniti o, quantomeno, di un Occidente costretto ad andare avanti senza il loro apporto. Al momento, questo scenario sembra improbabile. Per alcuni anni, l’Europa tenderà a rimilitarizzarsi; Messico e Canada cercheranno di rafforzare le relazioni commerciali con altri partner; e la Cina si adatterà, anche grazie alla cronica incoerenza statunitense nei suoi confronti. Infatti, data la necessità degli Stati Uniti di negoziare un accordo commerciale più vantaggioso con la Cina, le guerre tariffarie potrebbero finire per avvantaggiare questo Paese, forse a scapito di Taiwan[23].

Tuttavia, gran parte del mondo sembra determinata a fare ciò che è necessario per restare comunque nelle grazie degli Stati Uniti.

Gli altri poteri: Congresso e magistratura


L’amministrazione Trump continua a sostenere la sua visione della presidenza come potere dominante all’interno del sistema federale statunitense, in linea con l’immagine che il Presidente ha di sé e con la teoria cesarista dell’«esecutivo unitario», condivisa da molti suoi consiglieri. Questa impostazione, resa possibile dal controllo repubblicano di entrambe le Camere del Congresso, tuttavia non ha finora prodotto conflitti con la magistratura così gravi come alcuni temevano. La presidenza Trump ha soltanto accentuato la relegazione del Congresso degli Stati Uniti a un ruolo relativamente marginale nella politica americana: quello di sostenitore o critico fazioso del Presidente. È difficile individuare, oggi, dove le prerogative istituzionali del Congresso stiano effettivamente bilanciando il potere della presidenza o i legami di partito tra i due poteri, sia che si tratti di permettere a Trump di ignorare una legge approvata dallo stesso Congresso sul caso TikTok, sia di assecondare la richiesta dell’amministrazione di accorpare un’enorme quantità di provvedimenti eterogenei in un unico, grande e bellissimo disegno di legge, da approvare in blocco senza un dibattito adeguato; oppure di rinunciare a contestare la decisione di Trump di esautorare il Congresso dai poteri che gli spettano, secondo l’Articolo I, sezione 8 della Costituzione, in materia di dazi e regolazione del commercio estero.

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Papa Leone XIV ha lanciato un monito sulla crescente disuguaglianza economica globale. Ma quali sono le ragioni di questo fenomeno e quali i rischi? Lo abbiamo chiesto a due economisti che hanno curato la voce “disuguaglianza” nel Dizionario della Dottrina sociale della Chiesa: Andrea Boitani e Lorenzo Cappellari.

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Non è un’esagerazione affermare che molti membri del Congresso non hanno alcuna esperienza diretta del suo funzionamento costituzionale originario. Tuttavia, come ha osservato Philip Wallach, è altrettanto facile esagerarne l’impotenza[24]. Non sarebbe corretto definire il Congresso un semplice «timbro di approvazione» per l’agenda trumpiana, dal momento che sussistono pur sempre dei limiti alla sua passività. Nel bene o nel male, «la legislazione di partito unico – resa possibile soprattutto grazie alla procedura di riconciliazione di bilancio che aggira l’ostacolo dell’ostruzionismo – è diventata la modalità dominante dell’attività legislativa nel XXI secolo»[25]. Secondo Wallach, il problema del Congresso è persino più grave: non tanto la sua passività, quanto la sua acclarata decadenza.

In The Federalist No. 70, il 5 marzo 1788, Alexander Hamilton scriveva che «l’energia dell’esecutivo è caratteristica essenziale di un buon governo». Proprio questa energia complica oggi il rapporto tra l’amministrazione Trump e il potere giudiziario, che per sua natura si muove a ritmi più lenti. Diverse azioni dell’amministrazione sono finite in tribunale, comprese quelle legate all’invocazione dell’International Emergency Economic Powers Act del 1977 per giustificare lo stato di emergenza a fondamento dei dazi[26]. Ancora più clamorose sono le cause intentate contro l’amministrazione per contestare i trasferimenti forzati e le deportazioni, in alcuni casi avvenuti senza garanzie di un giusto processo, e per essersi appellata all’Alien Enemies Act del 1798 per legittimare tali provvedimenti. Questi sono stati alcuni dei fattori alla base del government shutdown, insieme alla rinnovata convinzione dei democratici che sia necessario negare i fondi governativi all’amministrazione Trump per ostacolare il suo programma[27].

Alcuni osservatori ritengono che l’amministrazione Trump agisca con palese disprezzo verso la magistratura; altri parlano di un piano ben congegnato per indebolire il potere giudiziario in quanto parte integrante del Deep State. La verità sta probabilmente nel mezzo: l’amministrazione adotta spesso un atteggiamento ostile verso ampie parti del sistema giudiziario, ma non sempre riesce a imporre le proprie strategie, nemmeno di fronte a giudici nominati da Trump, né si rifiuta sistematicamente di riconoscere le sconfitte. Inoltre, molte delle modalità con cui si rapporta alla magistratura non differiscono in modo sostanziale da quelle adottate da altri presidenti recenti. Finora le preoccupazioni per una possibile «crisi costituzionale» appaiono esagerate, ma è innegabile che la magistratura fatichi a tenere il passo e che la sua capacità di bilanciare il potere esecutivo sia limitata[28]. E l’amministrazione Trump ne è ben consapevole.

Chiesa cattolica e segni di speranza


Qualunque sia il giudizio su Joe Biden o su Donald Trump, è evidente che l’attuale clima politico statunitense rappresenta una sfida seria per i cattolici. Ma forse la criticità più profonda è interna: la difficoltà della comunità cattolica a superare le proprie appartenenze ideologiche e partigiane. Nella Bolla di indizione del Giubileo della Speranza 2025 Spes non confundit, papa Francesco ha rivolto un duplice invito ai cattolici: «porre attenzione al tanto bene che è presente nel mondo» ed essere «segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio»[29].

Negli Stati Uniti non mancano i segni di speranza, sia all’interno della Chiesa cattolica sia nella società, in particolare con le iniziative promosse dai laici. Tuttavia, anche questi segnali positivi risultano spesso controversi tra i cattolici americani. Il dissenso di per sé non è un male, ma, quando i momenti di speranza nella vita ecclesiale vengono sistematicamente letti come vittorie di una parte e sconfitte dell’altra, si incrina la communio. Le differenze politiche tra i cattolici non dovrebbero irrigidirsi in fratture, ma spesso accade proprio questo, impedendo loro di essere «segni tangibili di speranza» per gli altri fratelli e sorelle.

Sotto molti aspetti, la vita della Chiesa cattolica negli Usa riflette quella della società statunitense: le voci più influenti tendono a esprimersi nei termini propri dell’ideologia politica, mentre pochi si soffermano a riconoscere i segni della grazia, che dovrebbero alimentare la speranza. Data la logica di mercato che regola la comunicazione pubblica negli Stati Uniti, non sorprende che molte delle voci cattoliche più in vista godano di tale importanza non tanto per la loro capacità di rappresentare la fede, quanto per la loro credibilità presso determinate fazioni. Questi commentatori inquadrano la realtà ecclesiale in termini di vittorie e sconfitte del proprio schieramento, trascurando un’analisi teologica autentica, capace di orientare lo sguardo verso la speranza. Il risultato, per troppi cattolici disillusi, è una conferma implicita della sensazione che la Chiesa non abbia più nulla da offrire alla società o alla politica.

Il Giubileo della Speranza rappresenta ancora un’occasione propizia per invertire tale tendenza. Una riflessione teologica autentica sulla condizione statunitense richiede di recuperare il dialogo tra fede e ragione, per contrastare l’ideologia di parte e resistere alla tentazione di piegare il Vangelo a sostegno delle proprie opinioni.

A ciò si accompagna un compito teologico classico, risalente almeno a sant’Agostino: contrastare l’apocalitticismo[30]. Alla politica americana il cristianesimo può offrire un antidoto prezioso: non solo tramite il dialogo tra fede e ragione, ma anche attraverso la denuncia dell’apocalitticismo «fuori luogo», ovvero dell’uso sacrale e totalizzante della politica.

Molti cattolici negli Stati Uniti continuano a concepire il momento presente come una battaglia per far trionfare le proprie idee politiche. Le conseguenze di un mancato successo, a loro dire, sarebbero catastrofiche. Tuttavia, paradossalmente, questa visione non è abbastanza ambiziosa: non riconosce la sfida più profonda che è posta ai cattolici, quella a cui si riferiva papa Francesco, quando affermava che «appare chiaro come la vita cristiana sia un cammino, che ha bisogno anche di momenti forti per nutrire e irrobustire la speranza, insostituibile compagna che fa intravedere la meta: l’incontro con il Signore Gesù»[31]. Ed è proprio questa la speranza di cui la politica statunitense ha urgente bisogno.

Una tale teologia, però, non può basarsi solo su un apparato concettuale adeguato: ha bisogno di comunità vive, che offrano un’alternativa concreta a esperienze falsate di appartenenza. Ed è qui, ancora una volta, che il compito decisivo ricade sui laici[32].

Conclusione: una Costituzione della libertà?


Nel suo libro The Right: The Hundred-Year War for American Conservatism, Continetti sostiene che il conservatorismo statunitense oggi si trova attratto da due poli[33]. Da un lato, vi è il nucleo tradizionale: la difesa delle strutture sociali e politiche tradizionali, che negli Stati Uniti si esprime spesso nella venerazione per il governo limitato, delineato nella Dichiarazione d’Indipendenza e nella Costituzione. Dall’altro, vi è un’opposizione viscerale al progressismo, particolarmente accentuata a partire dalla presidenza di Woodrow Wilson e dal New Deal di Franklin Delano Roosevelt. Il conservatorismo americano è dunque anzitutto una difesa delle istituzioni storiche statunitensi o una reazione al progressismo? La risposta è che è entrambe le cose. Tuttavia, il conservatorismo tradizionale ha sempre rappresentato una componente relativamente minoritaria della destra americana, inserita all’interno di una coalizione – o «fusione» – di movimenti diversi, uniti da progetti comuni, in particolare l’anticomunismo durante la «Guerra fredda»[34]. Continetti sostiene che dal 1989 la destra americana è alla ricerca di un nuovo collante che possa sostituire l’anticomunismo. In quest’ottica, la centralità di Trump dal 2015 in poi può essere letta come il tentativo di compattare la destra attorno a una visione favorevole alla politica personalistica del Presidente e contraria al progressismo contemporaneo. La vera questione aperta, dunque, non è solo se esista un «trumpismo» dopo Trump, ma se esso possa essere integrato in una concezione del conservatorismo con cui il Presidente intrattiene un rapporto così ambivalente.

Questo rapporto è complesso anche perché Trump ha sempre dichiarato esplicitamente di non condividere la tradizione politica americana del governo limitato che molti conservatori si propongono di tutelare. Per lui, così come per molti progressisti, la Costituzione non è tanto una «Costituzione della libertà», quanto un ostacolo all’operato del Paese. Il che non significa che Trump aderisca a una teoria costituzionale precisa; significa però che la sua figura risulta funzionale a promuovere l’agenda di molti suoi collaboratori, i quali manifestano un’insofferenza per i vincoli costituzionali che in passato era più spesso attribuita ai movimenti progressisti. Come ha dichiarato Trump stesso nel 2019: «C’è l’Articolo 2, che mi dà il diritto di fare tutto quello che voglio come presidente»[35].

Al di là delle iperboli sulle crisi e sugli eventi «senza precedenti», la situazione attuale è davvero unica nella storia degli Usa: nel 2025, la tradizione politica statunitense non conta praticamente più alcun vero sostenitore tra coloro che detengono il potere politico. Chiunque pensi di poter prevedere con sicurezza i prossimi anni, farebbe bene a ricordare la celebre risposta dell’ex primo ministro britannico Harold Macmillan a chi gli chiedeva quale fosse la maggiore difficoltà in politica: «Gli eventi, ragazzo mio, gli eventi». È ragionevole aspettarsi che il potere presidenziale continuerà a espandersi, che il Congresso difficilmente recupererà un ruolo centrale, e che i partiti politici interpreteranno le proprie piccole vittorie come mandati per svolte ideologiche radicali, esponendosi così al malcontento degli elettori nel ciclo elettorale successivo. Al di là di questo, tutto dipende dagli eventi.

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[1] Cfr «Full Transcript of President Trump’s 2025 Speech to Congress», in The New York Times (nytimes.com/2025/03/04/us/poli…), 4 marzo 2025.

[2] Cfr R. P. George, «The Age of Feelings», in National Review (nationalreview.com/magazine/20…), 12 giugno 2025.

[3] R. Streeter, «Trumpism Is More about Culture Than Economics», in The Dispatch (thedispatch.com/article/trumpism-is-more-about-culture-than), 23 novembre 2020.

[4] Cfr The White House, sezione Executive Orders (whitehouse.gov/presidential-ac…).

[5] Id., Executive Order on Establishing and Implementing the President’s Department of Government Efficiency (whitehouse.gov/presidential-ac…), 20 gennaio 2025.

[6] Cfr J. Levin, «A Rule of Thumb for the Executive Power Debates», in National Review (nationalreview.com/corner/a-ru…), 5 febbraio 2025.

[7] Cfr D. E. Sanger, «Trump’s Big Bet: Americans Will Tolerate Economic Downturn to Restore Manifacturing», in The New York Times (nytimes.com/2025/03/13/us/poli…), 13 marzo 2025.

[8] Cfr J. Bernstein – R. Cummings, «The Economy Is Starting to Pay for Trump’s Chaos», in The New York Times (nytimes.com/2025/08/10/opinion…), 10 agosto 2025.

[9] Cfr E. Findell, «Hispanic Voters in Texas Are Starting to Turn on Trump», in The Wall Street Journal (wsj.com/politics/elections/his…), 21 agosto 2025.

[10] Come scrive Matthew Continetti, Trump «ha riciclato efficacemente l’ideologia “America First” di Charles Lindbergh per il XXI secolo. Ha combinato il nazionalismo distaccato dell’aviatore con il proprio sostegno a Israele e la disponibilità a usare la coercizione economica nei confronti di alleati e avversari. […] La sua destra americana assomigliava al conservatorismo precedente alla Guerra fredda» (M. Continetti, The Right. The Hundred-Year War for American Conservatism, New York, Basic Books, 2022, 387).

[11] Cfr R. Contreras, «Illegal Border Crossings Hit Decades Low Under Trump Crackdown», in Axios (axios.com/2025/07/15/illegal-b…), 15 luglio 2025; U.S. Customs and Border Protection, «Most Secure Border in History: CBP Reports Major Enforcement Wins in June» (cbp.gov/newsroom/national-medi…), 15 luglio 2025.

[12] Cfr United States Conference of Catholic Bishops, «“Count on the commitment of all of us to stand with you in this challenging hour”, says Archbishop Broglio» (usccb.org/news/2025/count-comm…), 2 marzo 2025.

[13] Cfr Francesco, Lettera ai vescovi degli Stati Uniti d’America, 10 febbraio 2025.

[14] Cfr A. Zurcher, «Trump’s national security team’s chat app leak stuns Washington», in BBC News (bbc.com/news/articles/cwyd9e5l…), 25 marzo 2025.

[15] Cfr The White House,«Vice President J.D. Vance Delivers Remarks at the Munich Security Conference» (whitehouse.gov/videos/vice-pre…), 14 febbraio 2025; «A Week That Felt Like a Decade: Europe Reels From J.D. Vance’s Speech in Munich», in EUI (eui.eu/news-hub?id=a-week-that…), 27 febbraio 2025.

[16] Cfr J. Podhoretz, «Trump Changes History With Iran Strike», in Commentary Magazine (commentary.org/john-podhoretz/…), 22 giugno 2025.

[17] Cfr M. Rego, «Vance says Russia has “to wake up and accept reality”», in The Hill (tinyurl.com/4tkf8aux), 28 settembre 2025.

[18] Cfr A. Ward – M. R. Gordon, «How Trump’s Ukraine Peace Push Stalled Out in Four Days», in The Wall Street Journal (wsj.com/world/russia-ukraine-p…), 21 agosto 2025.

[19] Cfr T. Keith – S. Miller, «Art Of The Praise: Why Flattering Trump Is Now The Go-To Diplomatic Move», in NPR (npr.org/2025/08/02/nx-s1-54897…), 2 agosto 2025.

[20] Cfr M. Abi-Habib, «Mexico’s President Says U.S. Forces Are Unwelcome In Her Country», in The New York Times (nytimes.com/2025/08/08/world/a…), 8 agosto 2025.

[21] Cfr W. McCormick, «Le elezioni canadesi del 2025», in Civ. Catt. 2025 II 260-273.

[22] Cfr M. Blanchfield, «Canada courts Mexico as Trump escalates tariff fight», in Politico (politico.com/news/2025/08/08/c…), 8 agosto 2025.

[23] Cfr L. Wei, «Xi Is Chasing Huge Concession From Trump: Opposing Taiwan Independence», in The Wall Street Journal (wsj.com/world/china/trump-xi-t…), 27 settembre 2025.

[24] Cfr Ph. A. Wallach, «Choosing Congressional Irrelevance», in Law & Liberty (lawliberty.org/forum/choosing-congressional-irrelevance), 4 agosto 2025.

[25] Ivi.

[26] Cfr The White House, «Fact Sheet: President Donald J. Trump Declares National Emergency to Increase our Competitive Edge, Protect our Sovereignty, and Strengthen our National and Economic Security» (tinyurl.com/vupk5krv), 2 aprile 2025.

[27] Cfr E. Klein, «Stop Acting Like This Is Normal», in The New York Times (tinyurl.com/bdfmK6em), 7 settembre 2025.

[28] Cfr K. Polantz, «“The courts are helpless”: Inside the Trump administration’s steady erosion of judicial power», in Cnn Politics (cnn.com/2025/08/10/politics/tr…), 10 agosto 2025.

[29] Francesco, Bolla di indizione del Giubileo ordinario dell’anno 2025 Spes non confundit, 9 maggio 2024, nn. 7; 10.

[30] Cfr Y. Levin, «Don’t Panic, Just Worry», in The Dispatch (thedispatch.com/p/dont-panic-just-worry), 9 gennaio 2020.

[31] Francesco, Spes non confundit, cit., n. 5.

[32] Cfr M. Regner, «Maybe We Need Fewer Church Professionals?», in Church Life Journal (churchlifejournal.nd.edu/articles/maybe-we-need-fewer-church-professionals), 14 agosto 2025.

[33] Cfr M. Continetti, The Right…, cit., 414 s.

[34] «La domanda che sorge sempre in qualsiasi discussione sul fusionismo è se esso abbia funzionato principalmente come un modo per forgiare alleanze pratiche contro un nemico comune, oppure se rappresentasse una posizione filosofica coerente e autentica» (S. Gregg, «Frank Meyer: The Triumphs of Mr. Fusionism», in Acton Institute [rlo.acton.org/archives/127357-frank-meyer-the-triumphs-of-mr-fusionism.html], 19 agosto 2025).

[35] D. Tokaji, «Trump and Allied Forge Plans to Increase Presidential Power in 2025», in The New York Times (nytimes.com/2023/07/17/us/poli…), 17 luglio 2023.

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Tg del 7 novembre 2025

Conduzione: Marco Bertolini Coordinamento: Elisabetta Guglielmi Ticker: Antonio Fera e Tommaso Di Caprio Collegamento: Chiara Di Benedetto Digiwall: Iris Venuto In redazione: Roberto Abela, Vincenzo Cimmino, Alessio Sebastiano Corsaro, Irene…
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@Universitaly: università & universitari

lumsanews.it/tg-del-7-novembre…



Stranger Things 5, Netflix svela a sorpresa i primi minuti della stagione finale

[quote]LOS ANGELES – 12 novembre 1983. Nell’aria risuonano le note di “Should I Stay or Should I Go”, marchio indelebile degli anni Ottanta firmato The Clash. Siamo nel Sottosopra e…
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Dopo il Green Deal, la Commissione Ue smantellerà anche l’Ai Act?

L'articolo proviene da #StartMag e viene ricondiviso sulla comunità Lemmy @Informatica (Italy e non Italy 😁)
Pressata dall'amministrazione Trump e dalle Big Tech americane, la Commissione europea sta preparando una semplificazione delle regole sull'intelligenza artificiale. L'Ai Act, tanto celebrato da Bruxelles, potrebbe venire



La Cgil proclama lo sciopero generale per il 12 dicembre, Meloni attacca: “In che giorno cadrà?”


@Politica interna, europea e internazionale
Nuovo scontro tra la Cgil e la premier Giorgia Meloni dopo la decisione del sindacato di proclamare lo sciopero generale per il 12 dicembre contro la legge di bilancio del Governo. “Riteniamo che questa sia una manovra ingiusta, sbagliata e la vogliamo

in reply to Elezioni e Politica 2025

@elezioni @Politica interna, europea e internazionale
Quell'inutile pescivendola ha, ancora una volta, aperto quella fogna che ha sulla faccia per insinuare che lo sciopero di venerdì sia solo un pretesto per "allungare il weekend".
​Dal suo pozzo d'ignoranza, dimentica un fatto fondamentale: chi decide di scioperare lo fa sapendo di perdere un giorno di stipendio!
​È ora di finirla di spremere i lavoratori! Se il Paese ha bisogno di risorse, è il momento di andare a chiedere soldi dove si trovano veramente:
​Alle banche.
​Alle società che vendono energia, che dal dopo-Covid hanno incassato fiumi di extraprofitti!
​Dobbiamo ribellarci, dobbiamo bloccare l'Italia!


"La Commissione Ue preferisce "accogliere migranti illegali e disertori ucraini" anziché "turisti con capacità di spesa""

la scelta dovrebbe andare vero criteri di giustizia e non convenienza economica...



Cgil scende in piazza contro la Manovra. Sciopero generale indetto per il 12 dicembre

[quote]Il braccio di ferro sulla manovra si sposta in piazza. La risposta del sindacato contro la legge di bilancio 2026
L'articolo Cgil scende in piazza contro lahttps://www.lumsanews.it/cgil-scende-in-piazza-contro-la-manovra-sciopero-generale-indetto-per-il-12-dicembre/



Ildar Abdrazakov troppo “vicino a Putin”, l’Arena di Verona cancella l’esibizione del baritono russo

[quote]VENEZIA – Il conflitto in Ucraina si ripercuote anche nel campo della cultura. Il baritono russo Ildar Abdrazakov “non prenderà parte all’opera Don Giovanni, in programma dal 18 al 25…
L'articolo Ildar Abdrazakov troppo “vicino a Putin”,



Abu Mazen, a Roma l’incontro con Mattarella e Meloni. Tajani: “Fase concreta di dialogo”

[quote]ROMA – Le porte del Quirinale si aprono al primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas, noto come Abu Mazen. Oggi, 7 novembre, il presidente dell’Olp viene ricevuto dal presidente…
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Guerra in Ucraina, Orbán da Trump per discutere di petrolio russo. Mosca: “Lavrov non è caduto in disgrazia”

[quote]WASHINGTON – Dalla guerra tra Russia e Ucraina alle importazioni di petrolio russo. Saranno questi i tempi principali del colloquio in programma alla Casa Bianca oggi, venerdì 7 novembre, tra…
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Esplode una palazzina a Rivarolo Canavese, ferita una coppia di anziani

RIVAROLO CANAVESE – Un’esplosione ha scosso il paesino di Rivarolo Canavese, in provincia di Torino, questa mattina. Erano da poco passate le 7 quando un violento scoppio ha sventrato un…
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Animazione giapponese contro OpenAI. Denunciato l’utilizzo di materiale coperto da copyright

[quote]TOKYO – I colossi dell’animazione giapponese fanno cordata contro OpenAI. L’Associazione per la Distribuzione di Contenuti all’Estero, che riunisce nomi del calibro di Studio Ghibli, Square Enix, Toei, Bandai Namco…
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Nuovi droni avvistati in Belgio, chiuso temporaneamente l’aeroporto di Liegi

[quote]LIEGI – Nuovo avvistamento di droni nei cieli del Belgio. Dopo una segnalazione ricevuta dai controllori del traffico aereo la mattina del 7 novembre, l’aeroporto di Liegi è stato chiuso…
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Sulle droghe abbiamo un piano: Possibile alla contro-conferenza nazionale sulle droghe
possibile.com/sulle-droghe-abb…
L’impostazione della conferenza ufficiale sulle droghe organizzata dal governo rimane ancorata a un modello repressivo e datato, lontano dalle conoscenze scientifiche e


Mattarella: “Nessuno è solo contro la droga”. Papa Leone: “Nuove dipendenze, da internet non solo benefici”

[quote]ROMA – “La tragedia delle dipendenze e delle vite distrutte dalla presenza della criminalità organizzata richiede un impegno corale e costante. Nessuno si troverà solo perché l’impegno per combattere la…
L'articolo Mattarella:



John Henry Newman: dottore della fedeltà creatrice


Canonizzaione di John Henry Newman (© Mazur/cbcew.org.uk).
La proclamazione di san John Henry Newman a dottore della Chiesa, fatta da papa Leone XIV in occasione del Giubileo del mondo educativo il 1° novembre 2025, è stata colta da molti come l’opportunità per riflettere su di lui e sul suo pensiero. Da testi sui blog, da articoli di riviste e giornali e da relazioni di convegni accademici sono pervenuti tanti omaggi a colui che papa Benedetto XVI ha beatificato nel 2010 e papa Francesco ha canonizzato nel 2019[1]. Dobbiamo rallegrarci di questa sua ascesa folgorante nel cursus honorum a opera di tre Pontefici successivi, così come deve rallegrarci la sua proclamazione a «co-patrono, insieme a San Tommaso d’Aquino, di tutti i soggetti che partecipano al processo educativo»[2]. Ciò nonostante, la notevole diversità – per non dire la palese contraddittorietà – delle opinioni espresse da molti su di lui è evidente. Parlano di lui anglicani e cattolici – convertiti o cattolici di nascita –, chierici e laici, teologi e giornalisti, conservatori e liberali, tradizionalisti e progressisti, in ogni modo più negli ambienti intellettuali che del cattolicesimo popolare: è ovvio che la sua figura e il suo pensiero colpiscono favorevolmente un ampio ventaglio di cristiani colti.

In tutta questa diversità, ci preme segnalare che, nel voler tirare troppo l’acqua al proprio mulino, tutti rischiamo di indebolire il dottorato, e soprattutto l’insegnamento, del santo cardinale inglese. Ciò è tanto più vero perché, mentre egli scrisse di sé stesso (non senza autoironia): «Sono un controversista, non un teologo»[3], è noto quanto sia fondamentalmente equilibrata la sua teologia, protesa in nuce a respingere complessivamente i pericoli contrastanti e contestuali del razionalismo, del sentimentalismo e del liberalismo[4]. Una fonte di discordia è il fatto che spesso Newman viene citato in modo selettivo. Ebbene, come scrisse il teologo statunitense Avery Dulles: «Non si può studiare Newman tramite stralci, ma solo cogliendo la gamma intera del suo pensiero»[5]. Non si tratta dunque qui per noi di aggiungere un’altra voce discordante alla disputa in corso, bensì di proporre con rispetto una visione che si vuole «cattolica» in senso proprio, ossia «secondo il tutto».

Molti e legittimi sono gli approcci possibili per accostarsi al nuovo dottore e al suo pensiero. In queste poche pagine, noi vorremmo mostrare che la categoria di «fedeltà creatrice» coniata dal filosofo francese Gabriel Marcel è uno di tali approcci, che in questo caso spicca fra tutti per la sua sinteticità ed esattezza, nonché per la sua assenza di partigianeria. Essa infatti rispecchia fedelmente lo spirito con il quale lo stesso Newman concluse il Sermone universitario XIV: «Facciamo sempre nostri la preghiera e il tentativo, che possiamo conoscere l’intero consiglio di Dio, e crescere nella misura della statura della pienezza di Cristo; che ogni pregiudizio, la fiducia in sé stessi, l’insincerità, l’irrealtà, la sicurezza di sé e la partigianeria possano essere eliminate da noi alla luce della sapienza e al fuoco della fede e dell’amore; finché non vedremo le cose come le vede Dio, con il giudizio del Suo Spirito e secondo la mente di Cristo»[6].

In questo articolo, dopo aver chiarito ciò che Marcel intese con l’espressione «fedeltà creatrice», mostreremo come questa categoria si evinca chiaramente non solo dalla vita del nuovo dottore, ma anche dalla sua dottrina, prendendo come modelli il suo studio, accurato e sempre meglio precisato, del rapporto tra fede e ragione e la sua celebre teoria dello «sviluppo del dogma», assunta nel Magistero dal Concilio Vaticano II[7]. Ci sono molti articoli e libri che presentano la vita e il pensiero di Newman; da parte nostra, speriamo di mostrare in particolare che questo santo si potrebbe onorare del titolo di Doctor creatricis fidelitatis[8].

La «fedeltà creatrice» secondo Gabriel Marcel


Non è il caso qui di giustificare la complessità del pensiero del filosofo francese circa la fedeltà creatrice, ma di spiegarne quanto basta per farla vedere all’opera nella vita e nella dottrina di Newman. En passant, vogliamo segnalare che l’espressione – assai più diffusa – «fedeltà creativa» non fa affatto giustizia né a Marcel né a Newman e andrebbe corretta.

L’espressione «fedeltà creatrice» si trova negli scritti di Marcel in una relazione pubblicata come articolo nel 1939 e come capitolo di un libro nel 1940[9]. All’incrocio tra esistenzialismo cristiano e personalismo preoccupato degli «esseri colti nella loro singolarità», cioè degli esseri umani, il pensiero di Marcel non respinge per questo la domanda metafisica classica dell’«essere in quanto essere», cioè di Dio[10]. Un’intuizione folgorante e feconda avuta nel 1930 lo porta a collegare l’essere e gli esseri alla fedeltà: «Dall’essere come luogo della fedeltà»[11]. Attraverso opere teatrali e scritti filosofici, Marcel prosegue così una disamina della fedeltà nei rapporti umani e negli impegni interpersonali, specie tra amici e coniugi e al di là della morte. Nota anzitutto che la fedeltà non è la mera costanza, che rischia di essere solo l’orgoglio egocentrico di esseri identici, immutabili, obbligati fino alla ripugnanza. La vera fedeltà invece esige sia la spontaneità sia la presenza all’altro, a un Tu. E poiché le circostanze della vita faranno sempre sì che Io e Tu cambieremo, questa fedeltà esige di essere «creatrice». Si tratta quindi, per Marcel, di mostrare che «la fedeltà, colta nella sua essenza metafisica, può apparire come il solo mezzo di cui disponiamo per trionfare efficacemente sul tempo – ma anche che questa fedeltà efficace può e deve essere una fedeltà creatrice»[12].

«Creatrice», non semplicemente «creativa»: non basta, per essere fedeli, procedere a cambiamenti superficiali, epidermici, «fenomenologici» nelle pure apparenze. Altrimenti, aggiungiamo noi, si rischia di cadere in quella tentazione perenne di chi cerca di mantenere il potere: il gattopardismo. Per essere fedeli, le creature, esseri singolari, devono riconoscere che sono innestate nell’Essere, in un Creatore che condivide metafisicamente con loro l’essere creatore: «Quando assumo un impegno, pongo come principio che questo impegno non sarà rimesso in discussione […]; con ciò mi metto in condizioni di inventare un certo modus vivendi che altrimenti sarei dispensato dall’immaginare. Appare qui, in forma elementare, ciò che io chiamo la fedeltà creatrice»[13]. Spiega il filosofo francese Xavier Tilliette: «La capacità creatrice è molto di più dell’ingegnosità e delle piccole premure. Creare, per la fedeltà, è letteralmente ricreare, rinnovare, sostituire al Me stagno e opaco un altro Me poroso e accogliente»[14].

Per questo, e perché non possiamo assicurare da soli in futuro la fedeltà giurata qui e ora, qualsiasi fedeltà tra esseri singolari deve radicarsi in una «Fedeltà assoluta» cioè nella «Fede» religiosa[15]. Consapevole di essere ai limiti della filosofia, Marcel afferma tuttavia che tale fede non riguarda in primis «un certo numero di proposizioni alle quali aderisco» – ciò che i teologi dopo sant’Agostino chiamano la fides quae –, bensì «qualche cosa di molto più intimo […]; si tratta qui del fatto di essere in circuito aperto nei confronti di una realtà riconosciuta come un Tu»[16], la fides qua. Pertanto, nella prospettiva marcelliana, fedeltà e fede non sono accidenti della nostra esistenza come esseri singolari: l’io credo, «la credenza [è] l’essere, […] il mio essere, […] il fondo di ciò che sono», anche se va subito riconosciuto che io non sono né sarò mai all’altezza di questo io credo, che si potrebbe tradurre «altrettanto chiaramente in termini d’amore o di carità»[17].

Occorre notare che la riflessione di Marcel sulla fedeltà sorse, secondo il suo diario, quando si convertì alla fede cattolica. Opponendosi ai nichilismi che deridevano ogni impegno, egli dovette fare i conti con l’infedeltà, l’incredulità. Se quindi, al di là dei rischi della costanza, non è esclusa la fedeltà all’Io, questa va sempre coniugata con quella al Tu, in una vita fatta per l’azione e l’impegno: «La nozione di fedeltà creatrice re-instilla la vita nella virtù […]; la fedeltà si salva solo quando crea»[18].

Vediamo ora quanto la vita e il pensiero di Newman illustrino questa esigenza.

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Newman: una vita vissuta all’insegna della «fedeltà creatrice»


Ci sono molti, eccellenti libri sulla vita di Newman; qui si tratta di presentarne alcuni elementi che rivelano la sua fedeltà creatrice.

Senz’altro l’evento chiave della sua vita fu l’incontro personale che ebbe con Dio a 15 anni, nell’autunno del 1816, al termine degli studi nella Great Ealing School. Dopo un tempo di scetticismo filosofico riguardo alla fede cristiana, derivatogli da David Hume e da altri filosofi, alcune opere di teologia calvinista gli avevano aperto nuovi orizzonti. Pertanto, come raccontò anni dopo nella celebre Apologia pro vita sua, accolse come un’evidenza riposante «il pensiero di due soli esseri assoluti e luminosamente evidente in sé stessi, me stesso e il mio Creatore»[19]. Non dobbiamo ignorare che questa fu la prima vera conversione di Newman. L’Apologia ci mostra che, mentre si attenuò a poco a poco l’aspetto calvinista, l’impegno di questa fede assoluta fu costante per lui in tutta la sua vita, non rimanendo mai in balìa delle circostanze, ma rafforzandosi piuttosto con costanti atti ricreatori.

È in questa luce che dobbiamo considerare l’«altra» e più nota sua conversione: quando, nel 1845, dopo una notte di confessione generale a un passionista italiano, «attraversò il Tevere al nuoto» e si fece cattolico romano. Non fu un fulmine a ciel sereno: l’evento era stato preparato da anni intensi di ricerca intellettuale, in particolare sulla lotta dei Padri alessandrini contro l’arianesimo nel IV secolo, e di unione con altri studiosi a Oxford per affrontare le sfide alla Chiesa ufficiale d’Inghilterra. In quegli anni, alcune scelte insolite – il celibato come ministro anglicano, le visite pastorali ai poveri della parrocchia, la lunga disamina del rapporto tra fede e ragione ecc. – ci rivelano un uomo molto fedele agli impegni verso il Creatore e le creature, e quindi sempre pronto a stringere nuovi legami o a rinnovare quelli già presi, non per un atteggiamento di pura costanza, ma per assicurare a tutti una presenza.

Si sa quanto la vita di Newman sia diventata difficile dopo l’ingresso nella Chiesa cattolica: egli fu accantonato dalla buona società inglese, dalla propria famiglia, dagli ambienti intellettuali e colti che gli erano stati sempre connaturali (sarà riammesso a Oxford solo nel 1878). Ma per 20 anni, neppure i cattolici lo accolsero bene: veniva visto con sospetto sia dagli antichi aristocratici dissidenti (recusant), sia dal sottoproletariato irlandese sfruttato dalla Rivoluzione industriale, sia dai teologi incontrati a Roma negli anni di studio impostigli per cautela, sia dalla gerarchia cattolica inglese restaurata da poco, sia addirittura da Pio IX. Newman discusse con i vescovi irlandesi che nel 1854 lo avevano chiamato per fondare un’università a Dublino e se ne andò dopo quattro anni, non senza aver prima pubblicato le sue interessanti tesi sull’educazione in The Idea of a University (L’idea di università). L’attacco personale di Charles Kingsley in una rivista nel 1864 gli consentì di uscire dalla sua traversata del deserto, quando pubblicò l’Apologia pro vita sua, in cui spiegava la coerenza delle sue scelte di vita – in particolare, quella della Chiesa cattolica –, rivelandone la fedeltà creatrice: «Ho aggiunto – egli scrisse – nuovi articoli [cattolici] al mio credo [anglicano]; ma i vecchi, nei quali credevo allora con fede che avevo da Dio, sono rimasti»[20].

Questa «ricreazione» della sua fede divina, da anglicana a cattolica romana, non era avvenuta senza timore: «Naturalmente per me l’infedeltà a un impegno è – ed è sempre stata, come tu sai – quanto temo di più»[21], scrisse a Edward B. Pusey, il 4 maggio 1843. Tuttavia, egli si era reso conto dei rischi che comportava una fede credulona e priva di autocritica: «Mi ero ritenuto al sicuro finché avevo la garanzia [dei teologi detti Anglican Divines] per quanto dicevo. Avevo dato più prova di credulità (faith) che di senso critico nel trattare la questione. Non che, a causa della mia fiducia (reliance) nella loro autorità, ci fossero state da parte mia delle affermazioni completamente errate, ma trascuratezza in questioni di dettaglio, questa sì c’era stata. E ciò, naturalmente, era una colpa»[22]. Così, per rimanere fedele alla stessa fedeltà divina nel dono costantemente rinnovato della fede, Newman era dovuto andare oltre la credulità, per abbracciare lo spirito critico e mite che Cristo stesso aveva manifestato nelle parabole o nel Discorso della montagna, al fine di confutare ogni idolatria. Come vedremo, egli aveva allora già imparato a evitare «la confusione fra una facoltà critica e una facoltà creativa»[23] (o meglio «creatrice», per dirla con Marcel). Ma non per questo rifiutava la critica, quando gli consentiva di rafforzare fedeltà e impegni.

Nella rilettura della sua conversione del 1864, Newman sottolineò retoricamente che la sua fede non era cambiata dal 1845: «Dal giorno in cui divenni cattolico, naturalmente non ho più alcuna storia delle mie opinioni religiose da narrare. Con questo non voglio dire che la mia mente sia stata oziosa o che io abbia cessato di riflettere su argomenti teologici; ma soltanto che non ho più avuto variazioni da registrare e non ho più avuto alcuna inquietudine nello spirito. Mi sono trovato nella più perfetta pace e tranquillità; non ho mai avuto alcun dubbio. Al momento della mia conversione non fui consapevole di alcun cambiamento, intellettuale o morale, operatosi nel mio spirito. Non ebbi consapevolezza di una fede più ferma nelle verità fondamentali della Rivelazione, o di una maggiore padronanza di me stesso; non provai maggiore fervore; ma fu come entrare in porto dopo essere stati nel mare in burrasca; e la mia felicità, a questo riguardo, dura ininterrotta fino ad oggi»[24].

In realtà, non tutti gli aspetti della vita del Newman cattolico furono così pacifici: discussioni continue con il cardinale Henry Edward Manning (anch’egli convertito), riserve sull’opportunità di proclamare nel 1870 il dogma dell’infallibilità papale, ma non sulla sua sostanza, e così via. Creato cardinale da Leone XIII nel 1879, Newman trovò finalmente, negli ultimi anni della sua vita, la tranquillità reale alla quale aveva tanto anelato e per la quale si era speso con tanta fedeltà creatrice. Con san Paolo, dopo tante tribolazioni, poteva dire: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede» (2 Tm 4,7). Per conservare la fede, appunto, egli aveva dovuto combattere la buona battaglia, quella di una continua ri-creazione, che richiede l’umiltà, la presenza agli altri, l’acutezza mentale, la carità soprannaturale, l’amore per la verità e la libertà spirituale.

Perfezionamento realista dell’insegnamento sul rapporto tra fede e ragione


Ricordando, nell’Apologia pro vita sua, la sua breve ma intensa carriera accademica a Oxford, Newman commentò: «Nei Sermoni universitari presento una serie di discussioni su fede e ragione; anche queste sono un tentativo iniziale di un lavoro importante e necessario – cioè un’indagine sul fondamento ultimo della fede religiosa, antecedente alla distinzione in varie confessioni»[25]. In effetti, fra i testi più studiati di Newman figurano innanzitutto gli ultimi sei Sermoni universitari X-XV, tenuti a Oxford tra il 1839 e il 1843, due anni prima di entrare nella Chiesa romana. Va notato che egli, dopo essere diventato cattolico, fece pubblicare questi testi e non vi trovò (pressoché) nulla da cambiare: rimanendo fedele all’evoluzione storica del suo pensiero teologico, avrà ritenuto che così avrebbe aiutato altri a seguire le orme della sua «fedeltà creatrice».

Una disamina cronologica di questi sei Sermoni – il cui genere letterario, va detto, è tipico più della relazione accademica che dell’omelia liturgica – rivela con quanta cura e quanta onestà intellettuale e morale Newman abbia studiato il rapporto tra fede e ragione e lo abbia comunicato al suo folto uditorio nella parrocchia universitaria di Saint Mary’s. La conversione fondamentale del 1816 era stata di impronta calvinista; pertanto, il punto di partenza per affrontare il rapporto tra fede e ragione era, per Newman, un antirazionalismo tinto di fervore evangelico. Il Sermone parrocchiale «La fede religiosa razionale» (1829) ne risente nella polemica contro quanti, per scetticismo razionalista, «irridono la religione», ma capovolge l’argomento quando afferma che sono loro in realtà a dover dimostrare che non è irrazionale vivere senza fiducia, «mentre che noi [esseri umani in generale] operiamo sulla fiducia in ogni ora della nostra vita»[26]. I toni accesi del giovane predicatore in parrocchia rivelano lo scandalo che costituivano per lui gli intellettuali – oxfordiani e altri – che schernivano come irrazionale la fede dei semplici: fanciulli, persone incolte, contadini e operai. Dello stesso stampo antirazionalista è il Sermone universitario IV (1831), come si evince già dal suo titolo: «Le usurpazioni della ragione»[27].

Podcast | IL PREZZO DELLA DISUGUAGLIANZA


Papa Leone XIV ha lanciato un monito sulla crescente disuguaglianza economica globale. Ma quali sono le ragioni di questo fenomeno e quali i rischi? Lo abbiamo chiesto a due economisti che hanno curato la voce “disuguaglianza” nel Dizionario della Dottrina sociale della Chiesa: Andrea Boitani e Lorenzo Cappellari.

Scopri di più

Come conciliare la convinzione che la fede superava la ragione con un’antropologia d’impronta aristotelica che dava ampio spazio al logos? Gli Anglican divines avevano perlopiù abbracciato un razionalismo che contrariava Newman, ma lo infastidivano anche gli eccessi dell’evangelicalismo. Con i Sermoni universitari X-XV egli cercò dunque di fare i conti non solo con le teorie sul rapporto tra fede e ragione, ma ancor più con la realtà della fede vissuta e dell’uso della ragione. Questa distinzione tra «nozionale» e «reale» quanto all’assenso di fede sarebbe poi divenuta nel 1870 un elemento fondamentale della Grammatica dell’assenso[28]. Nel frattempo, il teologo trentenne precisava che cosa intendeva con i termini «fede» e «ragione».

Dopo aver contrapposto, nel Sermone universitario X, le due parole in base a un senso «popolare» della ragione, Newman nel sermone successivo esaminò la «natura della fede in rapporto alla ragione», stabilendo che la fede è un certo tipo di uso della ragione, esercitato alla pari dei grandi strateghi per motivi pratici, in base a «probabilità antecedenti» prerazionali. Che cosa preserva allora la fede dalla superstizione? La risposta viene data dal teologo inglese nel Sermone universitario XII: non la ragione raziocinante, come asserivano i razionalisti, bensì l’amore, «una retta disposizione del cuore»[29], giacché anche l’incredulità è irrazionale. Ritroviamo qui l’atteggiamento lodato da Marcel: l’«essere in circuito aperto nei confronti di una realtà riconosciuta come un Tu», atteggiamento morale radicato nella carità divina prima di implicare l’intelletto e la verità. L’insistenza sul primato dell’agire sul pensare – che forse sorprende in uno studioso così attento alla vita interiore – si ritrova in un articolo pubblicato nel Times nel 1841: «La vita è fatta per l’azione. Se insistiamo sulle prove per tutto, non arriveremo mai ad agire: per agire, bisogna supporre (assume), e questa supposizione è la fede»[30].

Una svolta decisiva si ha nel Sermone universitario XIII, che distingue tra «ragione implicita e ragione esplicita». Esaminando l’uso della parola «ragione», Newman aveva scoperto che essa significava sia il ragionamento esplicito, quando argomentiamo, sia i motivi impliciti per i quali ragioniamo in un modo o nell’altro «senza pensarci»: «Tutti gli uomini hanno la ragione, ma non gli uomini possono dare una ragione»[31]. La fede, quindi, ragiona implicitamente e non esige argomenti espliciti. Nel Sermone universitario XIV egli spiega che la ragione filosofica serve – insieme alla grazia divina – a portare la fede al suo compimento nella sapienza. In questo stato di sapienza si vede che ogni fede è anche intrisa di un «settarismo» (bigotry)[32] da purificare.

Non restava allora a Newman che predicare su un ultimo impiego della ragione in relazione alla fede, a lui ben noto: la teologia. Nel Sermone universitario XV, intitolato «La teoria degli sviluppi nella dottrina religiosa», con l’epigrafe «Maria serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc2,19)», il teologo prende Maria come «modello di fede, sia nell’accettare sia nello studiare la Verità divina. Ella non pensa che sia sufficiente accettarla, ma dimora in essa; che non basti possederla, ma usarla; che non basti dar l’assenso, ma svilupparla […], prima credendo senza ragionare, poi con amore e rispetto, ragionando dopo aver creduto»[33]. Al ritratto fantastico della Madonna teologa, Newman aggiungeva un altro tocco audace che dovremmo ammirare proprio in relazione alla sua proclamazione a dottore della Chiesa: «E così ella è per noi il simbolo, non solo della fede dei non istruiti, ma anche dei dottori della Chiesa, che devono indagare, soppesare e definire, come professare il Vangelo»[34].

Prima di esporre come Newman analizzò ulteriormente la questione dello sviluppo della dottrina, sorta alla fine del percorso dei sermoni dedicati al rapporto tra fede e ragione, dobbiamo sottolineare di nuovo come tale percorso illustri la «fedeltà creatrice» del teologo, non solo nella forma dello studio evolutivo, autocritico e onesto che egli perseguì, ma anche nel contenuto teologico dei sermoni, a vari livelli. Ascoltiamo dunque la spiegazione newmaniana di come, nella Chiesa, sia fra i teologi positivi sia nel Magistero, dovrebbe operare una vera fedeltà creatrice.

La dottrina dello sviluppo del dogma


Nel Sermone universitario XV, Newman aveva spiegato che «l’uso della ragione nell’indagare le dottrine della fede» era «un tema in realtà molto più adatto ad un volume che al discorso»[35] che stava tenendo. Esso avrebbe trovato compimento nel 1845 con An Essay on the Development of Christian Doctrine (Lo sviluppo della dottrina cristiana), uno scritto pubblicato dal teologo dopo mesi di studio per valutare se le dottrine cattoliche non immediatamente bibliche fossero o meno uno sviluppo cristiano autentico.

Per molti, è questo il suo tema teologico più famoso. Papa Leone XIV ha fatto riferimento ad esso nell’Angelus del 28 settembre 2025, in cui ha annunciato che avrebbe conferito «il titolo di Dottore della Chiesa a San John Henry Newman, il quale contribuì in maniera decisiva al rinnovamento della teologia e alla comprensione della dottrina cristiana nel suo sviluppo»[36]. Come abbiamo già ricordato, il Concilio Vaticano II ne ha canonizzato formalmente il concetto in Dei Verbum 8: «Haec quae est ab Apostolis Traditio sub assistentia Spiritus Sancti in Ecclesia proficit», cioè «progredisce» o «si sviluppa». Anche se Newman non vi è stato citato esplicitamente, la sua presenza implicita era ovvia, come spiegò san Paolo VI in una Lettera del 17 maggio 1970 ai partecipanti a un congresso su Newman in Lussemburgo, e in un’Allocuzione del 7 aprile 1975 ai partecipanti a un simposio su Newman tenutosi a Roma[37].

In An Essay on the Development of Christian Doctrine, contro le critiche anglicane di stampo protestante, che sostenevano la sola Scriptura, Newman stabilì sette criteri per giudicare se uno sviluppo dottrinale della Tradizione sia autentico o meno: 1) la permanenza del tipo; 2) la continuità dei princìpi; 3) il potere di assimilazione; 4) la coerenza logica; 5) l’anticipazione del suo futuro; 6) l’azione conservatrice del suo passato; 7) il vigore perenne. Senza entrare nei particolari, possiamo affermare che questi sette criteri indicano le caratteristiche di una «fedeltà creatrice» ecclesiale a livello dottrinale. Secondo Newman, l’«idea di rivelazione» – cioè Gesù Cristo – si trova meglio raffigurata e realizzata se le dottrine sviluppate – «l’espansione di poche parole, pronunciate, quasi casualmente, dai pescatori della Galilea»[38] – presentano tali note.

Ed è qui che non si deve fraintendere il discorso di Newman: «Una grande idea […] una concezione filosofica o una credenza […] muta […] per restare sempre identica a sé stessa. In un mondo più alto le cose vanno altrimenti, ma qui sulla terra vivere è cambiare, e la perfezione è il risultato di molte trasformazioni»[39]. Questa tesi introduttiva al volume talvolta viene indebitamente scissa in due parti: i conservatori citano l’identità ferma, i progressisti il mutamento continuo. L’essenza del pensiero newmaniano sullo sviluppo del dogma si trova però nella congiunzione dei poli in tensione, nella famosa «fedeltà creatrice». A prima vista, questa potrebbe sembrare una soluzione gattopardiana: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». Ma l’atteggiamento richiesto è tutt’altro, orientato appunto verso l’Altro, in una fedeltà che non ricerca il potere, ma il servizio.

* * *


Nel suo commento al pensiero di Gabriel Marcel, Xavier Tilliette concludeva: «Una fedeltà viva a sé stessi, protettrice dell’intimità personale, insegna paradossalmente ad aprirsi, a entrare in sintonia con l’interiorità degli altri. Ancora di più: la mia “particella di creazione” si risveglia forse solo attraverso l’amore; la mia presenza a me stesso è suscitata, ravvivata dal mistero della presenza degli altri; la mia fedeltà a me stesso è condizionata dalla mia fedeltà agli altri e, in definitiva, condizionata da essa. La fedeltà è rivelatrice»[40]. La «fedeltà creatrice» di Newman derivò dal suo fondamentale amore per il Creatore e per le creature, verso le quali si impegnò nell’amicizia e con un cuore di pastore con l’odore delle pecore. In questo Giubileo della Speranza 2025, il giudizio che Tilliette formulò su Marcel si adatta molto bene a Newman, Doctor creatricis fidelitatis: «Tra la sclerosi e la rivoluzione, tra una fedeltà che non è più creativa a forza di fedeltà e una creazione che non è più fedele a forza di creatività, [Newman] ci traccia un percorso impegnativo ma esaltante, la strada stessa della speranza»[41].

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[1] In tali occasioni, sono stati pubblicati nella nostra rivista i seguenti articoli: M. P. Gallagher, «Il beato Newman, “defensor fidei”», in Civ. Catt. 2010 IV 8-18; N. Steeves,«Newman: fede, santità e immaginazione», in Civ. Catt. 2019 IV 163-176.

[2] vatican.va/content/leo-xiv/it/…

[3] J. H. Newman, «18 February 1866. To W. G. Ward», in C. S. Dessain (ed.), The Letters and Diaries of John Henry Newman, vol. XXII, London, Thomas Nelson and Sons Ltd, 1972, 157.

[4] Cfr M. P. Gallagher, «Il beato Newman, “defensor fidei”», cit.; Id., Mappe della fede. Dieci grandi esploratori cristiani, Milano, Vita e Pensiero, 2011, 15-34.

[5] A. Dulles, Newman, London, Continuum, 2002, 113.

[6] J. H. Newman, «Quindici sermoni all’Università di Oxford», in Id., Scritti filosofici, Milano, Bompiani, 2005, 563. Newman tenne questo sermone a Oxford, il martedì dopo la Pentecoste del 1841, riportando come epigrafe1 Cor 2,15 («L’uomo mosso dallo Spirito, invece, giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno»).

[7] Anche altri tratti del pensiero di Newman potrebbero essere presi in considerazione a tale riguardo: sensus fidelium, unità della Chiesa, coscienza e cuore. Cfr H. Geissler, John Henry Newman. Ein neuer Kirchenlehrer, Heiligenkreuz, Be+Be-Verlag, 2023.

[8] Come altri dottori della Chiesa sono stati definiti da secoli (in ordine di proclamazione): sant’Agostino d’Ippona, Doctor gratiae; san Tommaso d’Aquino, Doctor angelicus; san Bonaventura da Bagnoregio, Doctor seraphicus; san Bernardo da Chiaravalle, Doctor mellifluus; e, più recentemente, santa Teresa di Lisieux, Doctor caritatis; sant’Ireneo di Lione, Doctor unitatis.

[9] Cfr G. Marcel, «La fidélité créatrice», in Revue internationale de philosophie, vol. 2, n. 5, 1939, 90-115; Id., «La fedeltà creatrice», in Id., Dal rifiuto all’invocazione. Saggio di filosofia concreta, Roma, Città Nuova, 1976, 183-210. Cfr X. Tilliette, «La “fidélité créatrice”. Gabriel Marcel», in Communio (ed. fr.), n. 4, 1976, 49-57.

[10] Cfr G. Marcel «La fedeltà creatrice», cit., 183 s.

[11] Ivi, 207; cfr X. Tilliette, «La “fidélité créatrice”. Gabriel Marcel», cit., 49.

[12] G. Marcel, «La fedeltà creatrice», cit., 188 s.

[13] Ivi, 199.

[14] X. Tilliette, «La “fidélité créatrice”. Gabriel Marcel», cit., 55.

[15] Cfr G. Marcel, «La fedeltà creatrice», cit., 204.

[16] Ivi, 207 s.

[17] Ivi, 208.

[18] X. Tilliette, «La “fidélité créatrice”. Gabriel Marcel», cit., 52.

[19] J. H. Newman, Apologia pro vita sua, Milano, Paoline, 2001, 138.

[20] Ivi, 191.

[21] Ivi, 350.

[22] Ivi, 344.

[23] Id., «Quindici sermoni…», cit., 349.

[24] Id., Apologia pro vita sua, cit., 378.

[25] Ivi, 213.

[26] P. Udini, Il messaggio di J. H. Newman nei Sermoni parrocchiali, Vicenza, Libreria internazionale edizioni francescane, 1981, 66.

[27] J. H. Newman, «Quindici sermoni…», cit., 127.

[28] Cfr Id., An Essay in Aid of a Grammar of Assent, London, Longmans, 1903, I, 4, 36-97 (in it. Grammatica dell’assenso, Milano, Jaca Book, 1980).

[29] Id., «Quindici sermoni…», cit., 435.

[30] Id., Discussions and Arguments, IV, 6, 295; citato in Id., An Essay in Aid of a Grammar of Assent, I, 4, § 3, 95.

[31] Id., «Quindici sermoni…», cit., 475.

[32] Ivi, 563.

[33] Ivi, 567.

[34] Ivi; corsivo nostro.

[35] J. H. Newman, «Quindici sermoni…», cit., 567.

[36] Leone XIV, Angelus, 28 settembre 2025, in vatican.va/content/leo-xiv/it/…

[37] Paolo VI, s., Lettera al vescovo di Lussemburgo, mons. Léon Lommel, sul pensiero del Cardinale John-Henry Newman, 17 maggio 1970, in tinyurl.com/38enc69r/; Id., Discorso agli specialisti e agli studiosi del pensiero del Cardinale Newman, 7 aprile 1975.

[38] J. H. Newman, «Quindici sermoni…», cit., 573.

[39] Id., Lo sviluppo della dottrina cristiana, Milano, Jaca Book, 74 s.

[40] X. Tilliette, «La “fidélité créatrice”. Gabriel Marcel», cit., 55.

[41] Ivi, 57.

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Medio Oriente, Kazakistan entra negli Accordi di Abramo. Trump rilancia la diplomazia su Gaza e Iran

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Pechino mostra la sinergia tra droni e piattaforme navali. Ecco l’ultimo test

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Nuovi test della Repubblica Popolare mettono nuovamente in evidenza le ambizioni di Pechino nel settore unmanned, tanto in cielo quanto in terra. Nelle scorse ora sono state infatti diffuse le prime immagini del test navale dell’elicottero senza equipaggio Ar-500Cj,



Vendita di San Siro, il sindaco Sala: “Inchiesta nel giorno del rogito fa pensare. Noi abbiamo rispettato le regole”

[quote]MILANO – L’inchiesta per turbativa d’asta su San Siro “il giorno stesso” del rogito “fa pensare”. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha commentato così l’inizio delle indagini, a margine…
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Renato Brunetta si aumenta lo stipendio di 60mila euro come presidente del Cnel: da 250mila a 310mila euro l’anno


@Politica interna, europea e internazionale
Renato Brunetta si alza lo stipendio come presidente del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del Lavoro: è quanto rivela Domani, secondo cui l’ex ministro è passato da 250mila euro a 310mila euro l’anno con un aumento, quindi, di



Automattic, the company that owns Wordpress.com, is asking Automatic.CSS to rebrand.#wordpress #automattic #trademark


Automattic Inc. Claims It Owns the Word 'Automatic'


Automattic, the company that owns WordPress.com, is asking Automatic.CSS—a company that provides a CSS framework for WordPress page builders—to change its name amid public spats between Automattic founder Matt Mullenweg and Automatic.CSS creator Kevin Geary. Automattic has two T’s as a nod to Matt.

“As you know, our client owns and operates a wide range of software brands and services, including the very popular web building and hosting platform WordPress.com,” Jim Davis, an intellectual property attorney representing Automattic, wrote in a letter dated Oct. 30.

“Automattic is also well-known for its longtime and extensive contributions to the WordPress system. Our client owns many trademark registrations for its Automattic mark covering those types of services and software,” Davis continued. “As we hope you can appreciate, our client is concerned about your use of a nearly identical name and trademark to provide closely related WordPress services. Automattic and Automatic differ by only one letter, are phonetically identical, and are marketed to many of the same people. This all enhances the potential for consumer confusion and dilution of our client's Automattic mark.”

💡
Do you have a tip? I would love to hear from you. Using a non-work device, you can message me securely on Signal at sam.404. Otherwise, send me an email at sam@404media.co.

Automattic “requests that you rebrand away from using Automatic or anything similar to Automattic,” Davis wrote.

Geary posted the full letter on X, where Mullenweg replied, “We also own automatic.com. You had to know this was a fraught naming area.”

“AutomaticCSS is called ‘automatic’ because it's the only CSS framework that does a lot of things automatically,” Geary replied to Mullenweg. “Congratulations on owning the domain name for a generic term. Let me know when that fact becomes relevant.”

In its trademark filing, Automattic lists the word “automatic” as a disclaimer, meaning an unregistrable word, “such as wording or a design that doesn’t indicate the source of your goods or services or is otherwise merely descriptive of them,” according to the U.S. Patent and Trademark Office.

This beef has gone on for months. On July 14, Mullenweg asked Geary publicly: “is it possible to get some text on automaticcss.com clarifying it has nothing to do with automattic?” “Sure, we'll add it to the footer,” Geary replied. Automatic.CSS has a disclaimer on the bottom of the page that says “(not affiliated with Automattic).”

And just a week before Automattic sent its request to Automatic to change their name, Geary and Mullenweg were beefing about whether making websites without coding expertise is sustainable... or something. “Best of luck selling your solution, I hope you can do so without creating FUD and dissing WordPress in the process,” Mullenweg said, midway through the argument. “You sound completely out of touch. When is the last time you coached someone on learning web design? For me it was yesterday. I’m the one that’s most in touch,” Geary replied.

Geary and Mullenweg have frequently sparred on X, especially after the legal battle between WP Engine and Automattic began last year. In September 2024, Mullenweg started publicly accusing WP Engine of misusing the WordPress brand and not contributing enough to the open-source community, which led to the companies volleying cease and desists, including Automattic demanding WP Engine change its name. “Your unauthorized use of our Client’s trademarks infringes on their rights and dilutes their famous and well-known marks,” Automattic’s September 2024 cease and desist said. This eventually escalated to WP Engine suing Automattic, claiming that Automattic extorted the company by suggesting WP Engine pay “a mere 8% royalty” on WP Engine’s roughly $400 million in annual revenue, which would amount to about $32 million.

Employees Describe an Environment of Paranoia and Fear Inside Automattic Over WordPress Chaos
Automattic CEO Matt Mullenweg made another buyout offer this week, and threatened employees who speak to the press with termination.
404 MediaSamantha Cole


Last week, Automattic filed counterclaims in that case, claiming, “This case arises from WPEngine, Inc.’s (‘WP Engine’) deliberate misappropriation of WordPress-related trademarks and its false attempts to pass itself off as the company behind the world-renowned open-source WordPress software,” and that WP Engine “sought to inflate its valuation and engineer a quick, lucrative exit” as part of a deal with private equity firm Silver Lake, and “exploited the reputation, goodwill, and community trust built over two decades by counterclaimants Automattic, Inc., Matthew Mullenweg, WordPress Foundation, and WooCommerce Inc.”

WP Engine told Techcrunch in a statement: “WP Engine’s use of the WordPress trademark to refer to the open-source software is consistent with longstanding industry practice and fair use under settled trademark law, and we will defend against these baseless claims.”

Geary and Davis did not respond to 404 Media’s request for comment.




Project Nimbus: l’accordo segreto tra Israele, Google e Amazon che aggira regole e tribunali

Nel 2021, Google e Amazon hanno stipulato un contratto da 1,2 miliardi di dollari con il governo israeliano per fornire servizi avanzati di cloud computing e intelligenza artificiale, strumenti che sono stati impiegati durante i due anni di attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza. I dettagli del contratto, noto come Progetto Nimbus, sono stati mantenuti riservati.

Tuttavia, un'indagine condotta da +972 Magazine, Local Call e Guardian ha scoperto che Google e Amazon hanno accettato “clausole” molto poco ortodosse inserite da Israele nell'accordo, in previsione di contestazioni legali sull'uso della tecnologia nei territori occupati della Cisgiordania e di Gaza.

valigiablu.it/israele-google-a…

@Etica Digitale (Feddit)

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No del governo alla direttiva anti querele temerarie


@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/11/no-del-…
«Da Nordio uno schiaffo alla libertà di stampa». Così Piero De Luca, deputato democratico e capogruppo del Partito Democratico nella Commissione Affari Europei della Camera, commenta la decisione del Governo di



nell'enlintengement quantistico le particelle "legate" hanno spin opposto. questo non implica una "copia sporadica" ma una sorta di relazione particella e anti-particella dal punto di vista dello spin. ma a questo punto ci si può chiedere: se queste particelle hanno una antiparticella, poiché fra l'altro non sono apparentemente neppure speciali, nel senso che non hanno una caratteristica unica evidente, a parte il "legame", non è che TUTTE le particelle hanno una aiti-particella (sempre non nel senso di antimateria ma di anti-spin)? semplicemente non sappiamo dove sia l'anti-particella? e quindi questa cosa dell'entilengement non è una duplicazione, ma una precisa duplicazione e inversione sistemica, una proprietà dell'universo, magari pure legata all'eventuale "multiverso"


The SFS-Awards 2025 go to…

lugbz.org/the-sfs-awards-2025-…

Segnalato dal LUG di #Bolzano e pubblicato sulla comunità Lemmy @GNU/Linux Italia

As every year, we the LUGBZ was once again right at the heart of the South Tyrol Free Software Conference (SFSCON). Since the very first edition back in 2001, our association has been part of this great event —



Dalla Cina al Venezuela: "Se non ce la fai col grande, colpisci il piccolo". La virata di Trump - Kulturjam
kulturjam.it/politica-e-attual…


Eileen Myles – Chelsea Girls
freezonemagazine.com/news/eile…
In libreria dal 14 Novembre 2025 PER LA PRIMA VOLTA IN ITALIA, UN CULT DI LIBERTÀ E SPERIMENTAZIONE, FIRMATO DA UNA “ROCKSTAR DELLA POESIA CONTEMPORANEA”. Myles è una delle voci più iconiche e radicali della scena letteraria e artistica statunitense: poetessa, attivista queer, figura di riferimento per generazioni di scrittori e artisti. Si […]
L'articolo Eileen Myles – Chelsea Girls provie
In


PODCAST. Non solo New York. Mamdani scuote l’establishment democratico


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Il neosindaco ha dimostrato che la sinistra può e deve tornare a fare la sinistra se vuole battere Donald Trump e mettere in crisi il dominio dell'oligarchia capitalista. L'intervista alla giornalista Giovanna Branca inviata a New York.
L'articolo PODCAST. Non solo



John Strada – Basta crederci un po’
freezonemagazine.com/articoli/…
La vita di ogni giorno, le pieghe della provincia, le ossessioni e l’amore Quelle luci soffuse… …e poi una rinascita che suona rock C’è un momento, nel percorso di ogni cantautore autentico, in cui la necessità di raccontare supera quella di dimostrare. Basta crederci un po’, il nono disco di John Strada (alias Gianni Govoni), […]
L'articolo John Strada – Basta crederci un po’ proviene


adnkronos.com/internazionale/e…

sembra il racconto degli zingari. e alla fine non rimase nessuno...

chi pensa di alimentare un sistema illiberale pensando di guadagnarci (forse all'inizio), in realtà costruisce comunque la rovina di tutti, se stesso incluso. la libertà non è un lusso ma una necessità. ad andare a cacciare le minoranze, ci si abitua a cacciare sempre qualcuno, e prima o poi toccherà anche a chi veniva lasciato stare. è il sistema che funziona così.

e adesso che in russia si comincia a combattere pure per la benzina e la coperta, già stretta, diventa ogni giorno anche più corta, gli animi si infiammano.

chi è solo strumento non può ambire a essere persona.

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Con Pomelli ora Google minaccia anche agenzie pubblicitarie e social media manager

L'articolo proviene da #StartMag e viene ricondiviso sulla comunità Lemmy @Informatica (Italy e non Italy 😁)
Mountain View sta sguinzagliando un nuovo prodotto, noto come Pomelli, che minaccia l'esistenza delle agenzie pubblicitarie e dei social media manager. La rivoluzione

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BRASILE. La destra bolsonarista dietro la strage nelle favelas, Lula in difficoltà


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Per il governatore Castro si è trattato di una operazione di polizia proporzionata, per i residenti e le associazioni per i diritti umani di un brutale massacro. Il presidente del Brasile, Lula da Silva, critica la violenza della polizia ma è preoccupato dai sondaggi



AFGHANISTAN E COLTIVAZIONE DI OPPIO: IL DIVIETO FUNZIONA?

I risultati nell’Afghanistan Opium Survey 2025 pubblicato da UNODC



Contesto e Obiettivi


Il divieto di coltivazione del papavero da #oppio in #Afghanistan fu introdotto dalle Autorità de facto nel 2022 e ora al terzo anno di applicazione. #UNODC (l’Agenzia delle Nazioni UNite contro il crimine ed il traffico di droga) in un suo recente rapporto (reperibile qui: unodc.org/documents/crop-monit…unodc.org/documents/crop-monit…)) monitora l’evoluzione della coltivazione illecita, la produzione di oppio, e le conseguenze socio-economiche e ambientali per le comunità rurali afghane.

Principali Risultati
1. Riduzione drastica della coltivazione e produzione di oppio


  • Coltivazione: Nel 2025, la superficie coltivata a papavero da oppio è stimata in 10.200 ettari, il 20% in meno rispetto al 2024 (12.800 ettari) e solo il 4% dei livelli pre-divieto del 2022 (232.000 ettari).
  • Produzione: La produzione potenziale di oppio è scesa del 32% rispetto al 2024, raggiungendo 296 tonnellate (contro le 433 tonnellate del 2024). Questo calo è attribuito a:
    • Applicazione rigorosa del divieto.
    • Condizioni climatiche avverse, soprattutto siccità in province chiave come Badakhshan.


  • Eradicazione: Le Autorità de facto hanno riportato l’eradicazione di oltre 4.000 ettari (40% dell’area coltivata stimata), sebbene l’UNODC non abbia potuto verificare tecnicamente questi dati.


2. Impatto economico sulle comunità rurali


  • Reddito dei coltivatori: Il reddito derivante dalla vendita di oppio è crollato del 48%, passando da 260 milioni di USD nel 2024 a 134 milioni nel 2025.
    • Un ettaro di papavero genera ancora 12.000–17.000 USD (a seconda della provincia), ma questo valore è in forte calo rispetto agli anni precedenti.
    • Confronti: Colture lecite come il frumento rendono solo 800 USD/ettaro, il cotone 1.600 USD/ettaro.


  • Conseguenze: Tre anni di redditi minimi o nulli dall’oppio hanno aggravato la vulnerabilità economica rurale, con oltre il 40% dei terreni agricoli lasciati incolti per mancanza di alternative redditizie.


3. Cambiamenti nell’uso del suolo


  • Sostituzione delle colture: Il 67% dei terreni precedentemente dedicati al papavero è stato convertito a cereali (soprattutto frumento), ma con un calo del reddito per i coltivatori.
  • Terreni incolti: La siccità e la mancanza di alternative hanno portato all’abbandono di vasti appezzamenti, soprattutto nelle aree non irrigue.


4. Mercato degli oppiacei e metanfetamine


  • Oppiacei: La riduzione dell’offerta afghana ha portato a un aumento dei prezzi fino al 2024, seguito da un calo nel 2025, possibile segno di:
    • Vendita di scorte accumulate.
    • Spostamento della produzione in paesi vicini (es. aumento dell’eradicazione del papavero in due paesi confinanti, da 5.868 ettari nel 2022 a 13.200 nel 2023).


  • Metanfetamine: Le sequestri sono aumentati e i prezzi diminuiti (sotto i 600 USD/kg), suggerendo una maggiore disponibilità, probabilmente dovuta a:
    • Produzione interna resiliente ( Nonostante il divieto, la produzione di metanfetamina sembra non essere stata colpita).
    • Importazione da altri paesi.



5. Crisi umanitaria e ambientale


  • Siccità e cambiamento climatico: Precipitazioni sotto la media (-60-75%) e temperature elevate hanno ridotto la produttività agricola, colpendo sia l’oppio che le colture alimentari.
  • Ritorno dei migranti: Circa 4 milioni di afghani sono tornati da Pakistan e Iran nel 2024-2025, aumentando la pressione su risorse già scarse e opportunità lavorative limitate.
  • Gestione dell’acqua: La siccità ha esacerbato la crisi idrica, con falde acquifere in calo e sistemi irrigui tradizionali (come i qanat) in fallimento.


6. Implicazioni politiche


  • Sviluppo alternativo: Urgente necessità di programmi che offrano colture sostitutive redditizie, accesso ai mercati, e investimenti in infrastrutture e clima.
  • Cooperazione regionale: Monitoraggio congiunto per contrastare lo spostamento della produzione di oppio (“balloon effect”) e il traffico di droghe sintetiche.
  • Riforme strutturali: Servono investimenti a lungo termine in agricoltura sostenibile, formazione professionale e governance per ridurre la dipendenza dall’economia illecita.


Conclusione


Il divieto ha ridotto drasticamente la produzione di oppio, ma ha anche:

  • Impoverito le comunità rurali, senza alternative economiche sostenibili.
  • Spinto verso droghe sintetiche (metanfetamine), più difficili da contrastare.
  • Aggravato la crisi umanitaria, legata a siccità, migrazione e instabilità economica.

Le Raccomandazioni finali di UNODC riguardano

  • La necessità di Supporto internazionale per lo sviluppo rurale e la resilienza climatica.
  • Il Monitoraggio regionale per prevenire lo spostamento della produzione illecita.
  • Investimenti in infrastrutture idriche e agricoltura sostenibile.

@Attualità, Geopolitica e Satira

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