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Assenti i due giornalisti palestinesi: non è stato rilasciato il visto.
www.adnkronos.com/cronaca/premio-archivio-disarmo-colombe-doro-per-la-pace-2025-in-campidoglio-a-roma-41a-edizione_3tmFPf9h1bj5LHckHdzqqX?refresh_ce

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Why Does the FCC Care About Computers?


Unless you are over a certain age, you probably take it for granted that electronic gadgets you buy have some FCC marking on them. But it wasn’t always true. [Ernie] submits that the FCC’s regulation of the computer industry was indirectly the result of the success of CB radio in that same time period.

Today, there is a high chance you don’t watch TV directly over the airwaves or even consume audio from a traditional radio station. Even if you do, the signal is increasingly likely to be digital. But only analog radio and TV were highly susceptible to interference. When a professional radio station or the power company interfered with you watching I Love Lucy, you could count on them to resolve it. Even ham radio operators, a small segment of the population, would, in general, graciously help you if their transmissions interfered with your equipment.

Never mind that, in many cases, it was the cheap TV or some other problem on the receiving end. Then there was another source of potential interference: CB radio. At first, you were about as likely to encounter a CB operator as a ham radio operator. But then in the 1970s, CB exploded, becoming a cultural phenomenon, and you can hear what a state it was in by watching the contemporary TV report in the video below.

This explosion of operators who did nothing more than apply for a license (if they even bothered to do so) and bought their equipment at a local store had no idea how to help curb interference, even if they wanted to. In 1977, the AP reported that 83% of the FCC’s TV interference complaints involved CB radio.

Early computers were also very noisy on the radio bands. So much so that early attempts at computer audio output were simply modulating the radio frequency interference. Again, at first, this wasn’t a huge problem. But as computers became more common, so did computer-related interference, and the FCC didn’t want to deal with another CB radio-style explosion.

The rest is, as they say, history, and [Ernie] covers it all in the post. Getting a product approved by the FCC isn’t trivial, but if you have to do it, we have some advice.

youtube.com/embed/3O0Ak8NySbs?…


hackaday.com/2025/10/23/why-do…



Making a Clock With a Retooled Unihiker K10


The Unihiker K10 is intended to be a small single-board solution for light AI and machine learning tasks. However, you don’t have to use it in that way if you don’t want to. [mircemk] figured out how to repurpose the device, and whipped up a simple Internet clock build to demonstrate how it’s done.

While the Unihiker K10 is based on the common ESP32 microcontroller, out of the box, it isn’t compatible with standard Arduino libraries. However, [mircemk] had previously figured out how to get the K10 to play nice with the Arduino environment, building a simple light meter as a proof of concept. It just took a little tinkering to get everything playing nicely together, but soon enough, the TFT LCD and a light sensor were playing nicely with the K10 platform.

Moving forward, [mircemk] wanted to unlock more capability, so set about figuring out how to get WiFi and the onboard buttons working within the Arduino environment. A great way to test this was building a clock—the screen would show an analog clock face, the buttons would be used for control, and the WiFi would be used to query an NTP time server to keep it synced up and accurate.

It took a little work, particularly as the buttons are accessed through an external I/O expansion chip, but [mircemk] got there in the end. The clock may not be a particularly advanced project, but the write-up demonstrates how the K10 can readily be used with Arduino libraries for when you’re not interested in leveraging its fancier AI/ML capabilities.

We’ve seen a few good builds from [mircemk] before, too, like this neat proximity sensor.

youtube.com/embed/ERkO8fwU9LM?…


hackaday.com/2025/10/23/making…



La Russia legalizza gli hacker white hat con una nuova legge in arrivo


La Russia sta preparando una nuova versione di un disegno di legge che legalizza gli hacker “white hat”. Due fonti di agenzie governative e del settore della sicurezza informatica hanno riferito a RBC che il documento ha già superato la fase di approvazione principale ed è in preparazione per la presentazione alla Duma di Stato.

L’iniziativa prevede la creazione di un sistema unificato di regolamentazione governativa per tutti i tipi di attività di ricerca relative al rilevamento delle vulnerabilità. Il progetto coinvolgerà gli specialisti ingaggiati dalle aziende per testare i loro sistemi informativi, sia direttamente che tramite piattaforme di bug bounty, dove vengono pagate ricompense per errori e vulnerabilità scoperti.

La nuova versione del disegno di legge introduce il concetto di “evento di ricerca di vulnerabilità”. Come spiegato dalle fonti di RBC, questo “potrebbe comprendere tutte le forme di ricerca di vulnerabilità, cancellando le distinzioni esistenti nel settore”. Ciò include sia i programmi commerciali di bug bounty condotti tramite piattaforme specializzate, sia gli audit interni, in cui i dipendenti dell’azienda ricercano vulnerabilità. Questa categoria include anche la ricerca indipendente, in cui specialisti testano il software in modo indipendente, e i penetration test condotti nell’ambito di contratti ufficiali tra organizzazioni.

Si propone di delegare la regolamentazione di tutte queste attività alle forze dell’ordine: l’FSB, l’FSTEC e il Centro Nazionale di Coordinamento per gli Incidenti Informatici. Queste potrebbero essere autorizzate a stabilire requisiti obbligatori per le aree chiave della ricerca di vulnerabilità, indipendentemente dal fatto che i programmi siano commerciali, per uso interno o correlati ad aziende o enti governativi critici.

Ciò include l’identificazione e la verifica obbligatorie degli hacker “white hat”; norme per l’accreditamento e il funzionamento delle organizzazioni che conducono ricerche di vulnerabilità; norme che disciplinano l’elaborazione e la protezione dei dati sulle vulnerabilità identificate; regolamenti su come le informazioni sulle vulnerabilità debbano essere comunicate al proprietario delle risorse e agli enti governativi, e altro ancora.

Si prevede che gli elenchi degli operatori accreditati saranno pubblicati sui siti web ufficiali delle forze dell’ordine. Sarà vietato organizzare eventi al di fuori delle sedi accreditate o in violazione delle norme stabilite. Inoltre, si propone che chiunque scopra una vulnerabilità sia tenuto a segnalarla non solo al proprietario del software, ma anche alle forze dell’ordine.

Il progetto propone modifiche all’articolo 274 del Codice penale russo, che classificherebbero come reato il “trasferimento illegale di vulnerabilità”, ovvero il trasferimento di informazioni in violazione delle norme stabilite. Secondo alcune fonti, si starebbe valutando anche la possibilità di creare un registro statale degli hacker “white hat”.

Il Ministero dello Sviluppo Digitale, delle Comunicazioni e dei Mass Media ha confermato il suo coinvolgimento nella finalizzazione dell’iniziativa. Un portavoce del Ministero ha dichiarato che “il Ministero sta dialogando con l’industria e i colleghi della Duma di Stato su questo disegno di legge”, osservando che non sono ancora pervenute proposte per la creazione di un registro. Ha aggiunto che il progetto mira a legalizzare le attività degli hacker “white hat” per prevenire potenziali conseguenze negative per il loro lavoro. Prima che la legge venga adottata e firmata dal Presidente, il documento potrebbe essere modificato per riflettere il contributo dell’industria e delle agenzie interessate.

Gli esperti intervistati da RBC definiscono la nuova versione dell’iniziativa più rigorosa e sottolineano i rischi della deanonimizzazione obbligatoria degli specialisti. Affermano che la creazione di un registro degli hacker “white hat” e la condivisione dei dati con le forze dell’ordine potrebbero portare a fughe di notizie, minacce alla sicurezza dei ricercatori e un esodo dei partecipanti dai programmi di bug bounty. Alcuni esperti avvertono che aziende e ricercatori indipendenti, temendo le conseguenze, potrebbero ritirarsi nella “zona grigia” e condurre test in modo non ufficiale.

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Visita di Stato dei Reali inglese: in Cappella Sistina la storica preghiera ecumenica del Papa e di Re Carlo


È cominciata con uno scambio di battute l'udienza privata concessa da Papa Leone XIV a re Carlo d’Inghilterra e alla regina Camilla, accolti nel Cortile di San Damaso da mons.


“Nessuna tolleranza per qualsiasi forma di abuso nella Chiesa”. Lo scrive il Papa, sotto forma di appello, in un messaggio inviato alla Conferenza nazionale sulla tutela dei minori, che si chiude oggi a Clark-Angeles, nelle Filippine.


Don Sturzo: mons. Pennisi (Monreale), “contributo originale ed attuale alla costruzione di una civiltà nuova fondata su valori morali”

“Di fronte alle sfide provenienti oggi dagli atti di terrorismo, dai venti di guerra che continuano a spirare nella nostra società globale, le riflessioni elaborate da don Luigi Sturzo, soprattutto fra la prima e la seconda guerra mondiale, sui temi …



Re Carlo III d’Inghilterra e la regina Camilla sono arrivati in Vaticano per la visita di Stato. È il primo incontro tra il sovrano inglese e Papa Leone XIV, e può senz’altro definirsi storico, perché per la prima volta il capo della Chiesa cattolica…


Piraten Podcast 3: De geschiedenis van de partij


Piraten Podcast 3 (22 okt 2025): De geschiedenis van de partij, de geschiedenis van PiratenDeze Piraten Podcast werd opgenomen in HAN Nijmegen Met David, Arjan, en Roberto!en dank aan: Sabrina, Leontien en Bart.

Het bericht Piraten Podcast 3: De geschiedenis van de partij verscheen eerst op Piratenpartij.



Commissariamo la Sicilia!

@Politica interna, europea e internazionale

Lunedì 27 ottobre 2025, ore 17:00, Sala del Cenacolo, Camera dei Deputati, Piazza in Campo Marzio, 42 – Roma Interverranno: Sonia Alfano Giuseppe Benedetto Carlo Calenda Partecipa inviando una mail a accrediti@fondazioneluigieinaudi.it Per accedere alla Camera dei Deputati, per gli uomini è d’obbligo la giacca.
L'articolo Commissariamo la Sicilia!

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ULTIM'ORA, 🇩🇪Germania 2025: La polizia spara ai soldati della Bundeswehr

l'esercito si perde durante un'esercitazione in una città della Baviera, dove i cittadini pensano - a ragione, viste le condizioni meteorologiche - di essere stati invasi. Chiamano la polizia, che arriva e non riconosce l'esercito. Iniziano a spararsi a vicenda:
la polizia con munizioni vere, pensando di combattere una minaccia militare, l'esercito con munizioni da esercitazione, pensando che la polizia faccia parte del gioco. Nessuno capisce nulla e si sparano tra di loro.





La Brigata ben presto fu raggiunta da uno dei primi e più feroci rastrellamenti tedeschi collasgarba2.altervista.org/la…


Perché Apple fa alla guerra contro l’Ue

L'articolo proviene da #StartMag e viene ricondiviso sulla comunità Lemmy @Informatica (Italy e non Italy 😁)
Apple attacca la stretta Ue nella più grande sfida giudiziaria alla legge digitale. L'articolo di Bloomberg tratto dalla rassegna di Liturri.

startmag.it/innovazione/apple-…



L’Europa sarà pronta quando scoppierà la bolla dell’intelligenza artificiale?

L'articolo proviene da #Euractiv Italia ed è stato ricondiviso sulla comunità Lemmy @Intelligenza Artificiale
Gli investimenti nell’intelligenza artificiale sono entrati nella fase di euforia. Gli analisti prevedono che la spesa globale raggiungerà 1,5 trilioni di dollari nel



🔁🔁🔁Condividete per aiutarmi a sensibilizzare più persone possibile.

Vivere con la #fibromialgia non è uno scherzo. Alzarsi sempre più stanchi, giorno dopo giorno, per tutta la vita. Le energie che finiscono alle 12, quelle poche. Si dorme con l'emicrania. Dolore ovunque, nebbia cognitiva, si è senza difese nei confronti dello stress.
I nostri non sono capricci.

Non è un capriccio quando ti diamo un appuntamento e poi diamo buca.
Non è un capriccio quando per mesi ti diciamo che a prendere una pizza non ce la facciamo.
Non siamo persone disordinate, è che non abbiamo energie per tenere le cose a posto.
Ogni gesto quotidiano porta dolore,
e i nostri muscoli non riescono a farlo, spesso per mancanza di forza.

Non è che non ti diamo importanza se non ricordiamo un appuntamento, o il tuo cognome.
È che è difficile restare concentrati; quando il dolore urla dentro di noi la sua voce è più forte di quello che dobbiamo fare.

Neanche gli antidolorifici bastano, a volte. E se anche tolgono il dolore, resta quel senso di torpore, di stordimento. Si dormirebbe e basta.
Non abbiamo scelto noi questa condizione che non si vede, ma c'è.
Sii gentile con noi, sempre. Ti arrabbieresti con un non vedente perché non vede un ostacolo?

E allora perché prendersela con chi soffre di #fobromialgia? Forse non ci conosci

Eppure, negli uffici siamo sempre sotto torchio. Lo Stato NON riconosce la nostra patologia come condizione meritevole di tutele.

Dobbiamo correre come gli altri nella gara, ma senza gambe che ci facciano correre.
So che questo sembra "l'ultimo dei problemi" nel contesto attuale, eppure ci sono 2 milioni di persone come me, solo in Italia.

È importante acquisire consapevolezza e fare pressione sulle autorità.

Ti chiedo solo di riflettere e condividere questo post.

#riprendiamoilpercorso
#MalatiInvisibili
#gridomuto



ma io vorrei capire come funziona il diritto internazionale. la russia vota l'annessione del tegame di sua madre. israele l'annessione del tegame di suo padre. l'italia vota l'annessione delle'x impero romano. funziona così? praticamente un atto nullo.
la giurisdizione delle leggi di uno stato termina ai confini dello stato. la cisgiordania è dello stato di palestina. pare evidente. trump sei un grande...

fanpage.it/live/gaza-le-news-i…




I dati personali come merce: come l’accesso facile alimenta i mercati della cybercriminalità


Oggi i dati personali sono diventati una delle merci più importanti su internet. Tuttavia, molte persone non si rendono conto che le informazioni che li riguardano, disponibili online, possono in realtà nuocere quando vengono raccolte silenziosamente, vendute e rivendute da data broker e piattaforme di ricerca persone.

Una volta che i dati vengono venduti, c’è un’enorme probabilità che siano utilizzati in truffe, furti d’identità e campagne di molestia. Questo significa che è necessario essere più vigili riguardo a ciò che si condivide online.

Molti non si accorgono che i propri dati stanno già circolando attraverso pipeline digitali. Con elenchi pubblici, social media e archivi governativi, è diventato estremamente facile raccogliere e archiviare informazioni. Con pochi clic, chiunque può accedere a questi dati.

Per chi desidera ridurre la propria esposizione, soluzioni come fast people search removal possono aiutare a riconquistare un certo controllo prima che le informazioni finiscano nelle mani sbagliate. È sempre meglio essere cauti e intraprendere ulteriori passi per limitare la propria esposizione, piuttosto che lasciare il campo libero ai cybercriminali.

Dal Surface Web al Dark Web


Il viaggio dei dati personali inizia quasi sempre con directory aperte e facilmente accessibili. La maggior parte di questi siti sembra innocua, persino utile. Per questo molte persone tendono a fidarsi ciecamente. Ma dietro le quinte, queste piattaforme operano in un meccanismo continuo di raccolta e redistribuzione dei dati. Nella maggior parte dei casi, i proprietari di tali dati non sanno nemmeno che questo sta accadendo.

L’aspetto inquietante è che i cybercriminali sanno esattamente dove guardare. Con le loro competenze, è diventato facile per loro scambiare o vendere queste informazioni nei marketplace del dark web, dove l’anonimato non significa responsabilità.

Perché i cybercriminali valorizzano i dati facilmente reperibili


Per i criminali informatici, anche i dati apparentemente banali sono utili. Ad esempio, avere indirizzo e numero di telefono di una persona permette di effettuare chiamate di phishing. Disporre della data di nascita e di una vecchia password può consentire di reimpostare accessi su diverse piattaforme.

All’inizio può sembrare innocuo, ma è proprio così che funziona la catena dello sfruttamento. I criminali non hanno quasi mai bisogno di tecniche di hacking sofisticate subito. Cominciano raccogliendo piccoli frammenti di dati, fino a metterne insieme abbastanza per ingannare o impersonare la vittima. Per questo motivo il mercato delle informazioni personali continua a crescere.

Il ruolo dei data broker e degli aggregatori


Al centro di questo sistema ci sono i data broker. Queste aziende si specializzano nella raccolta, nell’impacchettamento e nella rivendita di informazioni sui consumatori. Le loro fonti sono enormi: registri elettorali, post sui social media, acquisti online e persino dati di localizzazione raccolti da app mobili. Anche se alcuni broker operano entro i limiti della legge, la mancanza di trasparenza su dove e come i dati vengano condivisi rende quasi impossibile per i singoli tracciare la diffusione delle proprie informazioni.

I motori di ricerca persone rappresentano il livello visibile di questo ecosistema. Monetizzano la visibilità, permettendo a chiunque di accedere a parti del flusso dei dati. Sebbene per queste aziende sia legale compilare e distribuire tali informazioni, le implicazioni etiche e il potenziale di abuso sono enormi.

Ridurre la superficie di attacco


Anche se è impossibile cancellare ogni traccia dei propri dati da internet, passi proattivi possono aiutare a minimizzare l’esposizione. Qui entrano in gioco i servizi specializzati. Strumenti progettati per la rimozione rapida dalle piattaforme di ricerca persone inoltrano richieste ai data broker affinché eliminino le informazioni, aiutando così a ridurre l’impronta digitale individuale.

A differenza degli strumenti di cybersicurezza tradizionali, questi servizi non bloccano direttamente gli hacker. Lavorano invece sul lato preventivo, riducendo la superficie che i criminali possono sfruttare. Ad esempio, richiedendo la cancellazione da più directory, gli utenti rendono molto più difficile ai malintenzionati costruire profili accurati.

Uno sguardo più ampio: la cybersicurezza oltre i firewall


La cybersicurezza viene spesso descritta come questione di password forti, firewall e software antivirus. Sebbene queste difese siano essenziali, non affrontano il problema più profondo: la quantità di dati personali già esposti. I criminali raramente iniziano più con attacchi di forza bruta; partono da informazioni disponibili online gratuitamente o a basso costo.

Trattando i dati personali come la merce preziosa che sono, individui e organizzazioni possono comprendere meglio l’urgenza di limitarne la diffusione. Richieste di cancellazione, unite a comportamenti online più consapevoli, non sono scudi perfetti, ma rappresentano passi concreti per recuperare una certa misura di controllo.

Conclusione: un mercato che non rallenterà


La realtà è chiara: i dati personali resteranno una merce di alto valore finché internet esisterà. La facilità con cui directory e piattaforme di ricerca persone forniscono informazioni garantisce un flusso costante di materiale ai mercati del dark web. I criminali prosperano grazie a questa accessibilità, e ogni nuovo dataset alimenta ulteriori truffe e sfruttamenti.

Ciò che le persone possono fare è concentrarsi nel ridurre al minimo la propria impronta digitale, prima che i loro dati vengano riutilizzati per attività dannose. Consapevolezza, rimozione proattiva e vigilanza costante rimangono le difese più forti in un mondo in cui le informazioni personali sono diventate un bene commerciabile.

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Violenza di genere online: una sfida crescente che deve essere fermata


La data del 25 novembre è il giorno designato a livello internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, un momento cruciale per riflettere su tutte le forme di aggressione che colpiscono il genere femminile.

In un’era sempre più connessa, un’attenzione particolare va rivolta al fenomeno della violenza facilitata dalla tecnologia o technology-facilitated gender-based violence (TFGBV). Questa rappresenta il lato oscuro della rete, un’estensione digitale della violenza di genere tradizionale.

In vista della ricorrenza che chiude le iniziative di sensibilizzazione, questo articolo inaugura una serie di analisi dedicate alla violenza sulle donne in rete. La trattazione si svilupperà con la pubblicazione di un contributo a settimana, da oggi fino alla fine di novembre.

Da avvocato penalista, specializzato in digital crime e docente di Diritto penale dell’informatica, ho seguito in aula e studiato l’evoluzione di questi fenomeni. La mia esperienza processuale in materia mi ha permesso di osservare direttamente come, negli anni, sia cresciuto il corpus normativo per rispondere a questa emergenza. Purtroppo, sebbene si registri un aumento delle denunce, i fatti più gravi non accennano a diminuire, e anzi, la violenza digitale spesso si rivela un preludio al danno nel mondo reale.

Questo primo contributo fornirà un quadro generale sul fenomeno della TFGBV, definendone la portata e le manifestazioni principali in Italia e in Europa, analizzando la normativa applicabile in via generale. Gli articoli successivi si concentreranno sull’esame dettagliato di singoli reati specifici previsti dal diritto penale italiano, come il cyberstalking o la diffusione illecita di contenuti sessualmente espliciti.

Definizione e forme della violenza online


La TFGBV è definita come qualsiasi atto di violenza di genere compiuto o amplificato tramite mezzi digitali. Secondo l’UN Women, essa comprende ogni atto che utilizza le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e che risulti o possa risultare in danni fisici, sessuali, psicologici, sociali, politici o economici alle vittime. La sua natura non è una deviazione dal sessismo e dal maschilismo, ma piuttosto un loro continuum nella dimensione digitale, trovando nuove e potenti forme di oppressione patriarcale.

Le manifestazioni di questa violenza sono molteplici e subdole. Cyberstalking: condotte persecutorie ripetute via email, social media o messaggi, volte a intimidire o molestare la vittima, compromettendone il benessere e il senso di sicurezza.

Revenge porn: la diffusione non consensuale di immagini o video intimi. Si tratta di un fenomeno in cui le vittime sono quasi sempre donne, con la stragrande maggioranza dei casi in cui il materiale viene diffuso da ex partner.

Hate speech di genere: discorsi d’odio misogini o sessisti diffusi online, finalizzati a denigrare o istigare la discriminazione contro le donne o le minoranze di genere. L’ECRI (Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza) lo definisce come “istigazione… all’odio o alla diffamazione nei confronti di una persona o gruppo… sulla base del sesso, del genere, dell’identità di genere”.

Sextortion: estorsione sessuale online, un ricatto basato sulla minaccia di divulgare materiale intimo sottratto o ottenuto in altro modo, per ottenere favori sessuali o denaro.

La dimensione del fenomeno dati e preoccupazioni


I dati rivelano la gravità globale del problema. A livello mondiale, le stime ONU indicano che tra il 16% e il 58% delle donne sia stata vittima di qualche forma di violenza online. In Europa, già nel 2017 la commissione UE aveva calcolato che circa una donna su 10 (dai 15 anni in su) aveva subito atti persecutori o molestie sul web.

Il fenomeno è diffuso anche in Italia, dove studi recenti riportano che una moltitudine impressionante di persone ha scoperto online foto o video intimi privati senza il loro consenso, e di queste il 70% sono donne. In aggiunta, il 4% delle donne europee più giovani (18-29 anni) dichiara di aver subito online comportamenti persecutori ripetuti nell’ultimo anno. Questi numeri sottolineano l’urgenza di una risposta legale e sociale efficace. La cruda realtà processuale testimonia che la violenza online è raramente fine a sé stessa, ma spesso si traduce in minacce e danni che dal digitale si spostano nel reale, minando l’incolumità fisica e psicologica della vittima nel quotidiano.

I recenti fatti di cronaca, come il caso del gruppo facebook “Mia moglie” o quello che riguardava un portale con video intimi presi illecitamente da telecamere private e messi in vendita sul web, sono, tra l’altro, l’esempio drammatico dei diversi modi in cui la violenza sulle donne si manifesta.

Strumenti normativi europei e nazionali


In assenza di una normativa europea e nazionale organica e interamente dedicata alla TFGBV, la risposta giuridica si fonda sull’applicazione e sull’interpretazione estensiva di norme esistenti, spesso risalenti o concepite per un contesto non digitale, e su specifici interventi settoriali. L’incremento delle denunce, favorito dal miglioramento delle norme e della sensibilizzazione, conferma che le donne stanno trovando il coraggio di uscire dal silenzio, ma è imperativo che le istituzioni continuino a rafforzare la risposta giudiziaria per affrontare la persistenza dei fatti gravi.

A livello europeo, sebbene non esista ancora un atto specifico omnicomprensivo sulla TFGBV, diversi strumenti contribuiscono alla tutela:

  • Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica) sebbene concepita prima della piena esplosione del digitale, i suoi principi fondamentali impongono agli Stati di sanzionare diverse forme di violenza.
  • Direttiva 2011/93/UE sulla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, che ha rilevanza per i casi di sextortion che coinvolgono vittime minorenni.
  • Direttiva2024/1385 (UE)sulla lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, che include espressamente la repressione di alcune forme di violenza online, come la condivisione non consensuale di materiale intimo e il cyberstalking, riconoscendole come reati che richiedono un approccio comune in tutta l’UnioneEuropea.

In Italia, il contrasto alla TFGBV è affrontato tramite il rigoroso utilizzo e l’interpretazione evolutiva del codice penale, spesso convalidata dalla giurisprudenza di cassazione che estende le tutele ai contesti online.

  • Il cyberstalking è punito dal secondo comma dell’articolo 612-bis del codice penale, che sanziona gli atti persecutori realizzati attraverso strumenti informatici o telematici.
  • Il revenge porn è stato specificamente criminalizzato dall’articolo 612-ter del codice penale (diffusione illecita di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito), introdotto con il codice rosso (Legge n. 69/2019). Tale norma punisce chi, dopo averli realizzati o ottenuti con il consenso della persona, li diffonde senza il suo consenso, cagionandole un pregiudizio.

L’inasprimento delle norme e la richiesta di maggiore responsabilità alle piattaforme sono solo una parte della soluzione. L’unica vera barriera contro ogni forma di sopraffazione, sia essa virtuale o fisica, risiede nella rivoluzione culturale. È indispensabile investire nell’educazione e nella sensibilizzazione per disinnescare alla radice il sessismo e la misoginia che alimentano l’aggressione di genere. La legge punisce, la cultura previene.

L'articolo Violenza di genere online: una sfida crescente che deve essere fermata proviene da Red Hot Cyber.



Ungewollt im Internet: Neue Kampagne gegen Instrumentalisierung von Obdachlosen durch Influencer


netzpolitik.org/2025/ungewollt…





La guerra dei coloni agli ulivi ridisegna la Cisgiordania


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Attacchi record dei settler israeliani ai palestinesi impegnati nella raccolta delle olive. Ferita gravemente anche una anziana
L'articolo La guerra dei coloni agli ulivi ridisegna la pagineesteri.it/2025/10/23/med…




Il sogno del teatro


@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/10/il-sogn…
Teatro Stabile di Catania – Caffè letterario. “Il dominio dei sogni”. Selezione e introduzioni Prof. Gianni Garrera, Coordinamento Egle Doria. Lettura di brani da “I giganti della montagna” di L. Pirandello. Attrice: Laura Giordani. Pirandello ci lasciò, prima di esitare la sua ultima opera. In gran parte




Certo perchè no? Il prossimo passo, chiedere se vuole o può essere arrestato. Magari il delinquente ha degli impegni che deve prima svolgere ,poi magari con calma...
ilfattoquotidiano.it/in-edicol…


#Libano tra ricatto e resistenza


altrenotizie.org/primo-piano/1…



#G20 Istruzione in #Sudafrica, grande interesse per i risultati italiani su #AgendaSud e istruzione tecnico-professionale.


Violenza ed atti persecutori. L'Ordine di Protezione Europeo: Uno Strumento poco conosciuto



Premessa


Il Dipartimento della Pubblica sicurezza - Direzione centrale della Polizia criminale - Servizio analisi criminale ha rilasciato recentemente il Report Trimestrale (terzo trimestre 2025) sui dati relativi agli omicidi volontari, con particolare attenzione ai delitti potenzialmente legati a liti familiari e violenza domestica (reperibile qui interno.gov.it/sites/default/f…), da cui emerge come nel periodo 1 gennaio 30 - settembre 2025, confrontato con periodo del 2024, il numero degli eventi sia in diminuzione (da 255 a 224 (-12%)), come è in calo pure il numero delle vittime di genere femminile, che da 91 scendono a 73 (-20%). Anche i delitti commessi in ambito familiare/affettivo, fanno rilevare un decremento sia nel numero di eventi da 122 a 98 (-20%), che nel numero delle vittime di genere femminile che da 79 passano a 60 (-24%).

Se in genere gli ultimi dati indicano un aumento della consapevolezza e della segnalazione di casi di violenza di genere, dall'altra parte si avverte una persistenza del fenomeno in diverse forme. Ci sono segnali positivi legati all'attivazione di centri antiviolenza e all'introduzione di nuove leggi, ma la strada per un cambiamento culturale e sociale significativo è ancora lunga.

Anche la conoscenza delle norme, da parte degli operatori che pure dovrebbero recepirle nel dettaglio, appare a volte lacunosa. Ci riferiamo all' Ordine di Protezione Europeo (OPE), uno strumento di cooperazione giudiziaria europea transfrontaliera che dalla sua comparsa sotto forma di Direttiva nel 2011 (e suo recepimento nella normativa nazionale italiana nel pacchetto legislativo noto come "Codice Rosso") è stato utilizzato pochissimo.


Introduzione: La Protezione che Viaggia con Te


Immaginiamo una persona che, in Italia, ha ottenuto un provvedimento di protezione da minacce, violenze o atti persecutori. Cosa accade se questa persona ha la necessità, per lavoro o per scelta personale, di trasferirsi o anche solo di soggiornare in un altro Paese dell'Unione Europea? Perde forse la tutela che le era stata garantita? Per rispondere a questa fondamentale esigenza di sicurezza, è stato creato uno strumento giuridico specifico: l'Ordine di Protezione Europeo (OPE). L'OPE è concepito per risolvere proprio questo problema, assicurando che le misure di protezione concesse in Italia possano "viaggiare" insieme alla vittima, mantenendo la loro validità ed efficacia oltre i confini nazionali.

Per comprendere appieno come funziona questo meccanismo transfrontaliero, è essenziale partire dalle fondamenta: le misure di protezione nazionali che costituiscono il presupposto per poterlo attivare.


Le Misure di Protezione Nazionali: Il Fondamento dell'OPE


Nel nostro ordinamento, l'Ordine di Protezione Europeo si basa su due specifiche misure cautelari previste dal codice di procedura penale. Queste non sono state pensate per reati generici, ma per fornire uno specifico strumento di tutela nelle fasi che precedono l'accertamento della responsabilità penale rispetto a fattispecie delittuose caratterizzate dalla reiterazione della condotta pregiudizievole, come i maltrattamenti contro familiari (art. 572 c.p.) e gli atti persecutori, meglio noti come stalking (art. 612-bis c.p.).

Articolo 282-bis c.p.p.: L'Allontanamento dalla Casa Familiare


Questa misura è uno strumento cruciale per la tutela delle vittime in contesti di violenza domestica. Il suo scopo primario è interrompere la convivenza forzata e pericolosa, allontanando fisicamente la persona che costituisce una minaccia dall'ambiente familiare.

Quando applica questa misura, il giudice può imporre una serie di provvedimenti molto concreti:

  • Ordinare all'imputato di lasciare immediatamente la casa familiare.
  • Vietare all'imputato di rientrare in casa o di accedervi senza una specifica autorizzazione del giudice, che può anche stabilire precise modalità di visita.
  • Prescrivere di non avvicinarsi a luoghi specifici frequentati abitualmente dalla persona offesa (ad esempio, il luogo di lavoro, il domicilio dei familiari, la scuola dei figli).
  • Ingiungere il pagamento di un assegno periodico a favore dei conviventi che, a causa dell'allontanamento, rimangono privi di mezzi economici adeguati.

Questa misura viene applicata in contesti delittuosi gravi, come i maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 del codice penale) o gli atti persecutori, meglio noti come stalking (art. 612-bis del codice penale).

Articolo 282-ter c.p.p.: Il Divieto di Avvicinamento


Mentre la misura precedente si concentra sul contesto domestico, il divieto di avvicinamento è uno strumento flessibile, finalizzato a proteggere la vittima nella sua vita quotidiana, sociale e lavorativa, al di fuori delle mura di casa. Il giudice ha un'ampia discrezionalità nel definire i contorni della misura, adattandola alle specifiche esigenze di protezione del caso concreto.

I divieti che il giudice può imporre includono:

  1. Imporre all'imputato di non avvicinarsi a luoghi specifici abitualmente frequentati dalla persona offesa o dai suoi congiunti (parenti, partner, persone conviventi o legate da una relazione affettiva).
  2. Ordinare di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o, in modo ancora più incisivo e dinamico, direttamente dalla persona offesa, ovunque essa si trovi.
  3. Vietare all'imputato di comunicare con la vittima o con persone a lei vicine attraverso qualsiasi mezzo, sia esso diretto (incontri) o indiretto (telefono, email, social media, messaggi tramite terzi).

Per garantire il rispetto di questa misura, il giudice può disporre l'utilizzo di strumenti di controllo tecnologico, come il cosiddetto "braccialetto elettronico", che segnala alle forze dell'ordine un'eventuale violazione delle distanze imposte.

Sono proprio questi provvedimenti, così centrali per la tutela delle vittime in Italia, a costituire il ponte verso una protezione estesa a livello europeo.


Il Ponte verso l'Europa: L'Ordine di Protezione Europeo (OPE)

Cos'è l'OPE e a Cosa Serve?


L'Ordine di Protezione Europeo (OPE), introdotto dalla Direttiva 2011/99/UE, è una decisione giudiziaria basata sul principio del reciproco riconoscimento tra gli Stati membri. Il suo obiettivo primario è semplice ma fondamentale: estendere l'efficacia di una "misura di protezione" nazionale al territorio di un altro Stato membro in cui la vittima decide di risiedere o soggiornare.

In questo meccanismo, si distinguono due ruoli:

  • Stato di emissione: È il Paese che ha adottato la misura di protezione originaria (in questo caso, l'Italia).
  • Stato di esecuzione: È il Paese dell'Unione Europea in cui la persona protetta si trasferisce e dove l'OPE dovrà essere riconosciuto e applicato.


Il Collegamento Indissolubile con le Misure Italiane


È fondamentale sottolineare un punto chiave: nell'ordinamento italiano, le uniche misure cautelari che costituiscono il presupposto per poter richiedere l'emissione di un OPE sono quelle previste dagli articoli 282-bis e 282-ter del codice di procedura penale.

Questo significa che l'esistenza di un provvedimento di allontanamento dalla casa familiare o di divieto di avvicinamento è la condizione necessaria e imprescindibile per attivare la tutela a livello europeo. Senza una di queste due misure attive in Italia, non è possibile richiedere un Ordine di Protezione Europeo.

Come Viene Informata la Vittima?


Per assicurare che la vittima sia pienamente consapevole di questa opportunità, la legge italiana (attraverso l'introduzione del comma 1-bis all'art. 282-quater c.p.p.) stabilisce un obbligo preciso. Quando il giudice emette una delle due misure cautelari (art. 282-bis o 282-ter), deve obbligatoriamente comunicare alla persona offesa la sua facoltà di richiedere l'emissione di un Ordine di Protezione Europeo. Questo obbligo di informazione garantisce che un diritto così importante non rimanga inascoltato, fornendo alla vittima uno strumento concreto per pianificare il proprio futuro in sicurezza, anche al di fuori dei confini nazionali.

Conclusione: Una Tutela Senza Frontiere


In sintesi, l'ordinamento italiano dispone di strumenti di protezione specifici ed efficaci (artt. 282-bis e 282-ter c.p.p.) per tutelare le vittime di reati gravi come la violenza domestica e lo stalking. L'Ordine di Protezione Europeo rappresenta l'evoluzione naturale di questa tutela, trasformandola da un provvedimento puramente nazionale a un diritto esigibile in tutta l'Unione Europea. Grazie a questo meccanismo di cooperazione giudiziaria, la protezione non si ferma più alla frontiera, ma viaggia insieme alla persona, rafforzando in modo concreto la sua sicurezza e la sua libertà di circolare e vivere all'interno dello spazio comune europeo.

Tuttavia, nonostante la sua importanza fondamentale, l'OPE rimane uno strumento ancora poco conosciuto e utilizzato. La piena consapevolezza di questo diritto da parte delle vittime e degli operatori legali è essenziale per trasformare la promessa di una tutela senza frontiere in una realtà concreta e diffusa, garantendo che la sicurezza non sia mai un ostacolo alla libertà di movimento.

#violenzadigenere #stalking #codicerosso #ordinediprotezioneeuropeo #OPE

@Notizie dall'Italia e dal mondo

fabrizio reshared this.




Fastweb, tutti i casini di connessione

L'articolo proviene da #StartMag e viene ricondiviso sulla comunità Lemmy @Informatica (Italy e non Italy 😁)
Mattinata nera per Fastweb e gli altri operatori telefonici (ma non solo), con decine di migliaia di segnalazioni di disservizi in tutta Italia. Il problema di connettività si è risolto verso le 14. startmag.it/innovazione/fastwe…




Una collega ha un PC portatile del 2017 che "grazie" a Windows 10 deve buttare via (non solo per il discorso della fine supporto, ma è anche lentissimo).

Le ho detto che prima di comprarne un altro possiamo provare con #linux , e che molto probabilmente le tornerà prestante quasi come da nuovo.

Nota: lei lo usa veramente solo per navigare con Chrome, è un utente davvero semplice da accontentare. Al più ogni tanto scrive una lettera e la stampa. Stop.

Io ho pensato a Mint, se non altro perché offre un supporto lungo e perché è la distribuzione che uso anch'io (versione Debian).

Pensate a quanti utenti così esistono.
Moltiplicate e avrete un'idea dello spreco.

#windows #spreco #ambiente

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in reply to Simon Perry

Anche il mio laptop è del 2017 e corcazzo che lo butto via solo perché MS ha deciso di essere iperstronza. Installato Mint ormai mesi fa, non mi manca nulla.
in reply to Floreana

@Floreana

Per un uso standard non manca davvero nulla. Cioè per la maggior parte degli utenti.

Sentiamo tanto parlare di ambiente e poi le cose basilari come questa...nulla.
Mah.