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Attacco informatico ad ADC Aerospace: dati Militari USA a rischio


Il produttore americano di componenti per l’aviazione e la difesa ADC Aerospace si è ritrovato sotto i riflettori a causa di un possibile attacco informatico del gruppo ransomware Play, apparso nel loro blog dove gli hacker criminali affermano di aver compromesso dati aziendali e documenti dei clienti.

Disclaimer: Questo rapporto include screenshot e/o testo tratti da fonti pubblicamente accessibili. Le informazioni fornite hanno esclusivamente finalità di intelligence sulle minacce e di sensibilizzazione sui rischi di cybersecurity. Red Hot Cyber condanna qualsiasi accesso non autorizzato, diffusione impropria o utilizzo illecito di tali dati. Al momento, non è possibile verificare in modo indipendente l’autenticità delle informazioni riportate, poiché l’organizzazione coinvolta non ha ancora rilasciato un comunicato ufficiale sul proprio sito web. Di conseguenza, questo articolo deve essere considerato esclusivamente a scopo informativo e di intelligence.
Immagine dal sito nel darkweb di Play Ransomware alle ore 11:27 del 01/12/2025 (Fonte Red Hot Cyber)
Secondo un post sul sito web del ransomware, è stato ottenuto l’accesso alla documentazione dei clienti, a informazioni finanziarie e di bilancio, a registri delle buste paga, a documenti di identità e ad altre informazioni personali riservate. Tuttavia, non è stata fornita alcuna prova sotto forma di campioni di file, quindi la veridicità di queste affermazioni non può essere attualmente verificata.

Tali annunci vengono spesso utilizzati come primo avvertimento alla vittima del furto dei suoi dati, seguito da pressioni per richiedere il pagamento di un riscatto.

Se la fuga di notizie venisse confermata, le conseguenze dell’incidente potrebbero essere gravi per ADC Aerospace. I dati rubati potrebbero essere messi in vendita sui mercati darknet, dove le informazioni sui contractor della difesa statunitense sono tradizionalmente molto richieste. I dati relativi ai pagamenti dei dipendenti, che contengono un ricco set di identificatori personali adatti al furto di identità, rappresentano un’ulteriore minaccia.
Dettaglio del post di Play Ransomware alle ore 11:27 del 01/12/2025 (Fonte Red Hot Cyber)
La combinazione di informazioni finanziarie e personali apre ampie opportunità per gli attacchi di ingegneria sociale. Gli aggressori ottengono le risorse per creare storie di copertura plausibili, anche quando tentano di impersonare rappresentanti del settore e di ottenere un accesso più approfondito ai sistemi interni.

I rischi sono particolarmente evidenti a causa della posizione di ADC Aerospace nella catena di fornitura. L’azienda fornisce componenti a colossi come Northrop Grumman , Collins Aerospace , Philips , Honeywell e altri importanti operatori del settore aerospaziale e della difesa, ampliando potenzialmente la gamma delle controparti interessate.

Il gruppo Play è considerato una delle operazioni ransomware più attive degli ultimi anni. Ad agosto, ha rivendicato la responsabilità di un attacco a Jamco Aerospace, un fornitore di componenti per aerei commerciali e militari che collabora, tra gli altri, con la Marina Militare statunitense, Boeing e Northrop Grumman. In precedenza, a Play sono stati attribuiti attacchi all’ufficio dello sceriffo della contea di Palo Alto in Iowa e al carcere di massima sicurezza Donald W. Wyatt nel Rhode Island, nonché al fornitore di servizi cloud Rackspace, alla catena alberghiera tedesca H-Hotels e alla filiale francese di BMW.

Secondo Adlumin, Play è stato uno dei primi gruppi a utilizzare la crittografia intermittente, che blocca solo porzioni specifiche del file system. Questo approccio accelera l’interruzione dell’infrastruttura e l’estrazione dei dati, ed è stato successivamente adottato da altri noti gruppi ransomware, tra cui ALPHV/BlackCat, DarkBit e BianLian.

ADC Aerospace non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito alle accuse di ransomware. Cybernews non è riuscita a ottenere una risposta dall’azienda al momento della pubblicazione.

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4 milioni di dispositivi Apple sotto tiro! I calendari digitali alleati degli hacker criminali


I calendari digitali sono da tempo un modo pratico per tenere sotto controllo le attività quotidiane, ma una nuova ricerca di Bitsight dimostra che questo strumento familiare può trasformarsi in un vero e proprio canale di attacco.

I ricercatori di Bitsight hanno scoperto oltre 390 domini abbandonati associati alla sincronizzazione di iCalendar, che ricevevano richieste giornaliere da circa 4 milioni di dispositivi iOS e macOS. Chiunque registri nuovamente questi domini ottiene la possibilità di aggiungere furtivamente eventi ai calendari degli utenti, completi di link, file e qualsiasi altro contenuto.

Il problema è che le iscrizioni a calendari di terze parti vengono solitamente create con un solo clic, per festività, calendari di eventi, sconti o promemoria delle app. Ma la comodità comporta anche dei rischi: gli aggressori possono creare un’infrastruttura che induce gli utenti ad abbonarsi ai loro “aggiornamenti”.

Da quel momento in poi, il dispositivo inizia automaticamente, senza l’intervento del proprietario, ad accedere regolarmente al dominio, ricevendo nuovi file .ics. Se il dominio viene registrato nuovamente dai criminali informatici, il calendario inizia a visualizzare promemoria intrusivi, link di phishing, false notifiche su software antivirus o VPN , ovvero qualsiasi cosa che possa invogliare la vittima a cliccare.

Gli esperti hanno scoperto centinaia di domini di questo tipo, molti dei quali erano collegati a milioni di indirizzi IP univoci. Le richieste provenivano chiaramente non da nuovi abbonamenti, ma da vecchi calendari dimenticati, ad esempio quelli con festività in vari paesi. Il semplice dirottamento del dominio avrebbe immediatamente creato un “canale di distribuzione” per un numero enorme di dispositivi.

Allo stesso tempo, Bitsight ha scoperto un’intera infrastruttura progettata per distribuire in massa abbonamenti dannosi: siti web hackerati caricavano di nascosto script offuscati che reindirizzavano i visitatori a false pagine CAPTCHA. Lì, le vittime venivano convinte a cliccare su “Consenti“, apparentemente per superare una procedura di verifica, ma in realtà questo attivava direttamente un abbonamento a notifiche push o eventi del calendario. Queste catene di reindirizzamento utilizzavano spesso domini .biz e .bid ed erano collegate alla famigerata campagna malware Balada Injector .

Questo non era l’unico schema. I ricercatori hanno trovato file APK e documenti PDF che conducevano alle stesse catene. Le app Android si camuffavano da giochi, sparivano dopo l’avvio e aprivano gli URL desiderati tramite WebView. I file PDF contenevano minuscoli URL che conducevano alle stesse pagine false. L’intera infrastruttura era ben organizzata: decine di servizi di hosting, centinaia di domini, migliaia di APK, certificati condivisi e una rete interconnessa di reindirizzamenti.

Nonostante l’entità del problema, la protezione è praticamente inesistente. Le soluzioni MDM non possono impedire agli utenti di aggiungere i propri abbonamenti o persino di visualizzare quelli esistenti. Scansioni, filtri e analisi antivirus sono tutti ben sviluppati per la posta elettronica, ma sono praticamente inesistenti per i calendari, che sono percepiti come uno strumento presumibilmente sicuro.

Bitsight raccomanda a utenti e aziende di controllare regolarmente gli abbonamenti attivi, di trattare link e allegati negli eventi con la stessa cautela delle email, di implementare una policy per l’utilizzo di calendari di terze parti e, ove possibile, di bloccare gli abbonamenti sospetti a livello di rete. Ma la misura più importante è aumentare la consapevolezza: un calendario non è solo uno strumento comodo, ma un altro potenziale vettore di attacco attivamente sfruttato dai criminali informatici oggi. Comprendere le tecniche di ingegneria sociale aiuterà a contrastare tali minacce.

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“I gruppi di lingua ed etnia diversa, e in modo particolare gli italiani presenti in modo massiccio nella Confederazione Elvetica, hanno ancora bisogno di un’attenzione particolare che prepari il terreno per l’avvio di dinamiche interculturali.


“La Chiesa in Libano ha sempre curato molto l’istruzione. Incoraggio tutti voi a continuare in quest’opera lodevole, venendo incontro soprattutto a chi è nel bisogno e non ha mezzi, a chi si trova in situazioni estreme, con scelte improntate alla car…



Papa in Libano: incontro clero, “non rimanere schiacciati dall’ingiustizia e dal sopruso, anche quando si è traditi da persone e organizzazioni che speculano senza scrupoli sulla disperazione di chi non ha alternative”


“Nel Libano di oggi voi siete responsabili della speranza”. È cominciato con questa citazione di Giovanni Paolo II, il discorso rivolto in francese dal Papa ai vescovi, ai sacerdoti, ai consacrati e alle consacrate e agli operatori pastorali, nel San…


"Preghiamo con lei per la pace, per la giustizia e per la rinascita del nostro Libano". Lo ha detto Raphael Bedros XXI, Catholicos-Patriarca di Cilicia degli Armeni cattolici, salutando il Papa al suo ingresso nel Santuario di Nostra Signora del Liba…


Sulla collina di Harissa, a 650 metri di altitudine, si erge la bianca statua della Vergine Maria, con le braccia aperte verso il mare e la città di Jounieh, distesa sulla costa sottostante.


Omnibus digitale: Prima analisi delle proposte GDPR ed ePrivacy della Commissionemickey01 December 2025
Digital Omnibus Report


noyb.eu/it/digital-omnibus-fir…




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La leva

@Informatica (Italy e non Italy 😁)

In questi giorni fonti governative hanno ripetutamente parlato di “leva militare” volontaria. Il dibattito si è aperto sia in Italia, sia in altri Paesi dell’Unione Europea.
L'articolo La leva proviene da GIANO NEWS.
#DIFESA



Session protocol V2: PFS, post-quantum e il futuro della messaggistica privata

I collaboratori di Session hanno lavorato alla progettazione di un aggiornamento del protocollo Session. Questo aggiornamento affronta ogni punto sollevato dalla community, mantenendo al contempo l'esperienza utente che gli utenti di Sessione si aspettano, tra cui:

- Facile collegamento multi-dispositivo e sincronizzazione dei messaggi tra dispositivi.
- Una semplice procedura per recuperare un account Session utilizzando un'unica password di recupero in caso di smarrimento del dispositivo.
- Garanzia che i messaggi vengano recapitati in modo affidabile e rimangano leggibili da tutti i dispositivi collegati autorizzati.

Oggi annunciamo Session Protocol V2 , un aggiornamento proposto per Session Protocol che mira a reimplementare la segretezza, utilizza la nuova crittografia post-quantistica (PQC) e offre funzionalità di gestione dei dispositivi migliorate per garantire una migliore visibilità e autorizzazione dei dispositivi collegati.

getsession.org/blog/session-pr…

@Informatica (Italy e non Italy 😁)



L’ONU accusa Israele: “utilizza la tortura contro i prigionieri palestinesi”


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Un rapporto delle Nazioni Unite accusa Israele di condurre una politica statale che "de facto" sostiene l'utilizzo della tortura nei confronti dei prigionieri palestinesi
L'articolo L’ONU accusa Israele: “utilizza la tortura contro i prigionieri palestinesi” proviene da Pagine



I coloni israeliani picchiano quattro attiviste straniere e sconfinano in Siria


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Un gruppo di coloni armati ha picchiato e derubato quattro volontari italiani e canadesi, un altro ha sconfinato nella Siria meridionale per fondare un insediamento
L'articolo I coloni israeliani picchiano quattro attiviste straniere e sconfinano



I ragazzi e le ragazze della IIE dell'istituto comprensivo Sferracavallo-Onorato chiedono un piano di rinaturalizzazione dell'area di Barcarello e Capo Gallo
che comprenda:

- identificazione delle specie vegetali più adatte al contesto climatico e paesaggistico, preferendo quelle autoctone;
- definizione di misure di prevenzione degli incendi, quali la manutenzione regolare delle aree verdi e la sensibilizzazione della popolazione;
- coinvolgimento di associazioni locali, scuole, e cittadini volontari per favorire la partecipazione attiva della comunità;
- possibilità di accedere a fondi regionali, nazionali ed europei destinati a progetti ambientali.


https://c.org/ByYscBVtDT
change.org/p/aiutate-la-riserv…

@Palermo

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qr.ae/pCu3Ru

sono certa che a parte sporadici gruppi di nazisti presenti in tutto il mondo, l'unico stato che li ha istituzionallizzati e a cui ha dato potere è quello russo. se putin fosse sincero per combattere il nazismo dovrebbe auto distruggersi.



OpenDSA Reading, un nuovo tool made in Italy per la dislessia, è stato rilasciato su Ufficio Zero Linux EDU

OpenDSA: Reading è un'applicazione pensata per aiutare i bambini che hanno difficoltà a leggere. Sapete, ci sono alcuni bambini che, pur essendo intelligenti e svegli, fanno più fatica degli altri quando devono leggere un libro o una frase. Questa difficoltà si chiama "dislessia", ed è un po' come avere gli occhiali appannati quando si cerca di vedere qualcosa: le lettere si confondono, si scambiano di posto, e tutto diventa più complicato.

@Lorenzo DM , un giovane divulgatore e Youtuber molto seguito, ha creato questa applicazione proprio per dare una mano a questi bambini. Non con noiose lezioni o compiti da fare, ma con qualcosa di molto più divertente: un gioco!

@Scuola - Gruppo Forum

Grazie a @Ufficio Zero Linux per la segnalazione



L’Ateneo che chiude le porte allo Stato. Il paradosso dell’Alma Mater letto da Caruso

@Notizie dall'Italia e dal mondo

Siamo di fronte a un paradosso che sfida la logica istituzionale: un’università statale, finanziata con oltre 540 milioni di euro di fondi pubblici, nega l’accesso a rappresentanti di un’altra istituzione dello Stato. L’Esercito italiano, previsto e



Apple torna ad allearsi con Intel per far felice Trump?

Per vedere altri post come questo, segui la comunità @Informatica (Italy e non Italy 😁)

Secondo indiscrezioni Apple sarebbe pronta a riportare in patria parte della propria filiera siglando una partnership sui processori con Intel. Una mossa che va nella direzione indicata da Trump ma utile anche a ridurre la propria esposizione alle




Ransomware, il 23% delle vittime paga il riscatto (e gli attaccanti corrono ai ripari)


@Informatica (Italy e non Italy 😁)
Un rapporto Coveware fa il punto della situazione a livello globale. I ransomware continuano a essere le minacce più diffuse, ma tendono a fare meno ricchi gli attaccanti. Il parere dell’esperto
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Sensor Package Aims To Predict Acid Rain


Acid rain sucks, particularly if you run a fancy university with lots of lovely statues outside. If you’d like to try and predict when it’s going to occur, you might like this project from [Mohammad Nihal].

When rain is particularly acidic, it’s usually because of the combination of sulfur dioxide or nitrogen dioxide and moisture in the atmosphere. This combination ends up making sulfuric acid or nitric acid that then falls to the ground as precipitation. The low-pH rain that results can harm ecosystems, melt statues, and just generally give everyone a hard time.

[Mohammed] decided to try and predict acid rain by building a simple device based on an Arduino Nano. It records SO2 levels with an MQ-136 gas sensor, and NO2 levels with an unspecified MEMS-based sensor. There’s also a DHT11 temperature & humidity sensor in the mix, which is important since moisture content plays a role. The Arduino reads these sensors and uses a simple predictive algorithm to create an “Acid Rain Risk Score” that is displayed on a 16×2 character LCD. It’s all wrapped up in a fun 3D printed enclosure that looks like a cloud.

There are some limitations to the device. Namely, it doesn’t necessarily have a great read on atmospheric SO2 and NO2 levels in the atmosphere, particularly at altitudes where rain is formed, because the sensor sits inside the device indoors. However, the basic concept is there, and improvements could certainly be made with some upgrades and further research.


hackaday.com/2025/12/01/sensor…



Benessere Cognitivo e Produttività per professionisti IT e Cyber Security


Ammettiamolo: nel mondo dell’Information Technology (IT) e della Cyber Security, le 24 ore non sono uguali per tutti. La vera risorsa scarsa non è il tempo, ma il bandwidth del cervello.

Se ci sentiamo costantemente sotto assedio, se la nostra giornata è una corsa reattiva da un alert urgente all’altro, abbiamo un problema di architettura cognitiva, non di gestione del tempo.

La differenza tra un team sovraccarico che naviga a vista e un team chirurgico e ad alto impatto non sta negli tool di ultima generazione, ma nel loro sistema operativo interno.

È ora di smettere di rincorrere l’illusione della “gestione del tempo” e di iniziare a padroneggiare ciò che conta davvero: il nostro focus e la nostra energia cognitiva.

Esploriamo come passare dalla RAM satura alla lucidità operativa, trasformando la gestione del rischio da una reazione stanca a una strategia deliberata.

Quando l’allarme è solo rumore


Il risultato del sovraccarico è l’Alert Fatigue. È la condizione per cui l’esposizione cronica a False Positive ci porta a desensibilizzarci.

Quando il True Positive arriva in una coda di 99 avvisi irrilevanti, la nostra velocità di reazione non è più determinata dalla nostra skill, ma dalla nostra tolleranza alla frustrazione e dalla nostra attenzione esaurita.

Urgenza vs. Rischio di Impatto


La vecchia matrice urgente/importante non funziona più perché ogni cosa “importante” è quasi sempre anche “urgente”.

Cosa possiamo fare per riprendere il controllo?

Dobbiamo smettere di sentirci responsabili per tutti i task e concentrarci principalmente sulle Critical Few (le poche cose critiche ed essenziali).

Applichiamo quindi il Principio di Pareto (80/20) e domandiamoci:

Quali 20% di task o vulnerability possono mitigare l’80% del rischio complessivo?

Ogni mattina, identifichiamo le nostre 3 attività che, se completate, avranno il massimo impatto sulla nostra giornata e sul rischio aziendale.

Se abbiamo completato solo quelle, la nostra giornata è stata comunque un successo, indipendentemente dal resto della To-Do List.

Deep Work: la VPN mentale per la concentrazione


Il nostro valore non è nel lavoro superficiale (Shallow Work – rispondere a email e chat), ma nel Deep Work.

Il Deep Work (lavoro profondo) è lo stato di concentrazione senza distrazioni che spinge le nostre capacità cognitive al limite e crea nuovo valore.

Stop al Multitasking: un mito distruttivo!

Ogni volta che saltiamo da un task all’altro, il nostro cervello paga un costo di switching.

La parte di noi che decide (la corteccia prefrontale) si stanca e lascia una residual attention (attenzione residua), come una tab del browser rimasta aperta in background che ci rallenta.

Dobbiamo creare una VPN mentale per il nostro Deep Work:

  1. Time Boxing: prenotiamo blocchi di tempo non negoziabili nel nostro calendar.
  2. Isolamento Rituale: durante il Time Box, chiudiamo Outlook. Ci stiamo letteralmente disconnettendo dal rumore per connetterci al segnale.


Ego Depletion: ogni scelta svuota la batteria


Ogni decisione, dalla scelta della colazione alla prioritizzazione di un patching, consuma energia (questo è l’Ego Depletion).

  • Automatizziamo o deleghiamo il più possibile le micro-decisioni (es. l’ordine delle email, i processi di workflow standard).
  • Conserviamo l’energia per le macro-decisioni critiche (es.incident response complesso, analisi strategica, zero-day).


La padronanza del nostro sistema


Smettiamo di credere di poter hackerare il tempo!

Non possiamo aggiungere ore al giorno, ma possiamo aggiungere qualità al nostro focus.

Nel mondo Cyber/IT, la nostra vera architettura di sicurezza non è solo la nostra suite di tool o il nostro firewall,

è la stabilità e la lucidità della nostra mente!

Se siamo costantemente reattivi, saturi di alert e stanchi, siamo un sistema operativo con risorse insufficienti e un obiettivo facile per chiunque debba eseguire un exploit.

Il professionista resiliente, invece, ha il controllo sui suoi input (le distrazioni) e sui suoi processi (il Deep Work), garantendo che la risorsa più critica di tutte ossia il suo capitale cognitivo sia sempre on target.

La padronanza operativa inizia con la padronanza di sé!

Ecco 3 domande essenziali per applicare subito un fix al nostro sistema operativo personale:

Analisi del Rischio : quali sono le 3 attività a massimo impatto che, se eseguite in Deep Work questa settimana, ridurranno significativamente un rischio o sbloccheranno un valore critico?

Ottimizzazione della RAM : quale singola micro-decisione o task ripetitivo potremmo documentare e delegare/automatizzare subito per liberare il nostro cervello dal “rumore di fondo” decisionale?

Resilienza Operativa : trattiamo il nostro sonno e le nostre pause come un requisito operativo o come un optional?

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Patch o atterri! 6.500 Airbus A320 richiamati per una patch di urgenza


Airbus ha annunciato il richiamo di circa 6.500 aeromobili A320 a causa di potenziali guasti al sistema di controllo ELAC causati da potenti brillamenti solari. Il richiamo è avvenuto in seguito a un’improvvisa perdita di quota durante un volo da Cancún, in Messico, a Newark, che ha causato un atterraggio di emergenza e 15 passeggeri feriti.

Secondo Reuters , la decisione di richiamare l’aereo è stata presa in seguito a un’indagine sull’incidente che ha coinvolto il JetBlue A320. L’indagine ha stabilito che l’incidente è stato causato dalla risposta errata del sottosistema ELAC alle intense eruzioni solari.

Di conseguenza, il sistema ha interpretato erroneamente i movimenti della colonna di controllo. Il produttore ha raccomandato di ripristinare l’aggiornamento software L104 alla versione precedente o di sostituire il modulo di elaborazione.

Oltre 6.000 aeromobili A320 sono interessati dal richiamo. Lufthansa, IndiGo, easyJet, JetBlue, American Airlines e Air France sono state costrette a mettere a terra una parte significativa delle loro flotte, causando ritardi e cancellazioni diffuse durante il fine settimana. La sola Air France ha cancellato 35 voli sabato.

Nel frattempo, IndiGo, easyJet, JetBlue e American Airlines hanno ripristinato in modo indipendente l’aggiornamento problematico: l’operazione ha richiesto solo poche ore, evitando qualsiasi interruzione dei loro programmi.

Solo gli aerei più vecchi necessitano della sostituzione del modulo computer. Secondo una fonte del settore RBC, sembrerebbe che gli aerei della Federazione russa sono immuni a questo problema.

Perchè? l’“immunità” degli A320 russi è dovuta al fatto che il loro software non è stato aggiornato dal 2022 a causa delle sanzioni. Il problematico aggiornamento L104 è stato rilasciato solo nel 2024.”

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Il secondo giorno del Papa a Libano è denso di impegni. La giornata è cominciata con la visita al Monastero di San Maroun ad Annaya, dove il Papa ha pregato sulla tomba di San Charbel, il monaco eremita canonizzato da Paolo VI nel 1977, e ha portato …


“Oggi vogliamo affidare all’intercessione di San Charbel le necessità della Chiesa, del Libano e del mondo”. Lo ha detto il Papa, nel saluto durante la visita al monastero di San Maroun ad Annaya, con cui è iniziato il suo secondo giorno in Libano.


“Rendo grazie a Dio che mi ha concesso di venire pellegrino alla tomba di San Charbel. I miei Predecessori – penso specialmente a San Paolo VI, che lo ha beatificato e canonizzato – l’avrebbero tanto desiderato”.


“Ogni visita del Santo Padre mobilita il Paese che lo ospita. Il Papa arriva in Libano che vive un periodo difficile e complicato. Siamo tormentati per il futuro del nostro Paese. È una visita che significa tantissimo.


Keith Jarrett – The Köln Concert: Cinquant’anni dopo la nascita di un classico senza genere.
freezonemagazine.com/articoli/…
Almeno tre, quattro volte l’anno, specie nei momenti in cui lo stato di ansia e il pessimismo cosmico mi prendono in ostaggio, mi ascolto il Concerto di Colonia del grande pianista di Allentown. Il potere omeopatico della musica vince sempre e dopo l’ascolto tutto torna a posto. Ma, sorvolando il fatto personale che poco interesserà


Safari Sarajevo: il confine tra civiltà e barbarie non è geografico è morale.
freezonemagazine.com/articoli/…
“La guerra vicina, quella con cui possiamo interloquire tutti i giorni, non con cartelli e appelli ma frequentandone le vittime, ci mette in discussione, rende precaria la nostra convivenza perché svela l’inconsistenza dei fondamenti su cui si fonda. Se non abbiamo fermato tutto questo a che serve ciò


OpenAI sotto pressione. Google e Anthropic stanno recuperando


OpenAI, un’azienda valutata circa 500 miliardi di dollari, si trova ad affrontare una concorrenza tecnica sempre più agguerrita. L’ultima versione di Gemini 3 di Google, in particolare, supera GPT-5 di OpenAI in diverse aree.

“Il mondo di oggi è profondamente diverso dalla situazione di due anni fa, quando OpenAI era più avanti di tutti gli altri”, ha dichiarato al Financial Times Thomas Wolf, co-fondatore e direttore scientifico della piattaforma di intelligenza artificiale Hugging Face.

Lo stesso CEO di OpenAI, Sam Altman, ha recentemente ammesso in una nota trapelata al personale che l’azienda deve prepararsi a un periodo di intensa concorrenza.

Solo un anno fa, la posizione di Google sembrava meno favorevole, ma dopo la conferenza degli sviluppatori di maggio e il lancio dello strumento fotografico Nano Banana, il numero di utenti mensili dell’app Gemini è salito da 400 milioni a 650 milioni. Tuttavia, questa crescita non sembra procedere in modo graduale. Nel frattempo, la capitalizzazione di mercato di Alphabet si avvicina ai 4.000 miliardi di dollari.

Sebbene OpenAI vanti circa 800 milioni di utenti settimanali, i dati dello strumento di analisi Similarweb, secondo il Financial Times, mostrano che le persone ora trascorrono più tempo su Gemini che su ChatGPT. La sfida principale di OpenAI risiede nel generare entrate sufficienti, potenzialmente attraverso l’integrazione pubblicitaria e l’espansione della sua base di abbonati.

Un vantaggio fondamentale per Google: l’azienda ha addestrato Gemini 3 utilizzando i propri chip Tensor Processing Unit invece di affidarsi all’hardware Nvidia. “Questo approccio completamente integrato tra hardware e software ci consente di raggiungere consumatori, clienti e aziende su questa scala “, ha dichiarato al Financial Times Koray Kavukcuoglu, architetto AI di Google e CTO di DeepMind.

Parallelamente, Anthropic, fondata nel 2021 da ex dipendenti di OpenAI, sta costruendo una solida attività imprenditoriale.

L’azienda sta raccogliendo capitali per una valutazione prevista di circa 300 miliardi di dollari. Secondo il Financial Times, il chatbot Claude è particolarmente apprezzato dai clienti aziendali nel settore della programmazione

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Sarà una tappa molto significativa quella di Papa Leone XIV al Monastero di San Maroun ad Annaya, dove pregherà sulla tomba di San Charbel Makhlouf, conosciuto da molti come il “Padre Pio libanese”.


All Handheld Antennas Are Not Born The Same


If you own a handheld transceiver of any type then the chances are it will come with a “rubber duck” style antenna. These flexible rubber-coated antennas are a compromise in performance, being significantly smaller than a wavelength at their frequency of operation. [OM40ET] has an interesting video in which he investigates this by tearing down a cheap rubber duck antenna and an even cheaper fake.

These antennas usually have a flexible upper section and a bulge at the bottom over the connector. The fake one has nothing in the bulge except the antenna wire and thus has a very high SWR, while the “real” one has a loading coil. This coil is an interesting design, because it’s designed such that the antenna has two resonant points at the 2 metre and 70 centimetre amateur bands. On paper it’s a tapped coil fed at the tap through a capacitor for matching, but a more detailed appraisal will tell you that the two halves of the coil are designed to return those two resonances. It’s still a not-very-good antenna, but the fact that it works at all is something.

If you want something better at VHF and haven’t got much space, all is not lost. We recently featured a VHF magnetic loop.

youtube.com/embed/O8fsiwHHRRs?…


hackaday.com/2025/11/30/all-ha…



Ricerca Veeam sull’applicazione della normativa DORA: il 96% delle aziende finanziarie in EMEA non è pronto


A nove mesi dall’entrata in vigore del Digital Operational Resilience Act (DORA), il settore finanziario europeo si trova di fronte a una sfida cruciale: garantire una resilienza dei dati all’altezza delle nuove normative. Secondo un recente sondaggio di Veeamcondotto da Censuswide, il 96% delle organizzazioni finanziarie in EMEA ammette che il proprio livello di resilienza non è ancora sufficiente per soddisfare i requisiti imposti dal regolamento europeo.

La normativa DORA, entrata in vigore a gennaio 2025, nasce con l’obiettivo di rafforzare la sicurezza digitale e la continuità operativa delle istituzioni finanziarie, in un contesto in cui le minacce informatiche sono sempre più sofisticate e pervasive. Eppure, nonostante il 94% delle aziende intervistate dichiari di attribuire oggi a DORA una priorità maggiore rispetto al passato, il percorso verso la piena conformità è tutt’altro che concluso.

Cybersecurity sotto pressione


Il regolamento ha avuto un impatto diretto sui team IT e di sicurezza: il 41% delle organizzazioni segnala un aumento dello stress e della pressione interna, mentre il 37% deve affrontare costi crescenti imposti dai fornitori ICT. A ciò si aggiunge un dato preoccupante: il 20% delle aziende non ha ancora ottenuto il budget necessario per implementare le misure richieste dalla normativa DORA.

In questo scenario, la cybersecurity diventa il pilastro su cui costruire una vera resilienza operativa. Non si tratta solo di proteggere i dati, ma di garantire che siano sempre disponibili, recuperabili e sicuri, anche in caso di attacco o interruzione. La “resilienza radicale” promossa da Veeam si fonda proprio su questo principio: offrire soluzioni in grado di integrare backup, ripristino, portabilità e intelligence, in ambienti cloud, virtuali, fisici, SaaS e Kubernetes.

Le lacune da colmare

Il sondaggio evidenzia come molte organizzazioni siano ancora lontane dal soddisfare alcuni requisiti fondamentali del DORA. Il 24% non ha avviato test di continuità operativa, né implementato procedure di segnalazione degli incidenti. Il 21% non ha ancora garantito l’integrità dei backup e il recupero sicuro dei dati e il 34% considera la gestione del rischio dei fornitori terzi il requisito più difficile da implementare, a causa della scarsa visibilità sulle supply chain e della complessità delle reti esterne.

Secondo Alessio di Benedetto, Country Manager di Veeam Software Italia, “La normativa DORA ha acceso i riflettori sulla necessità di una resilienza operativa concreta. In Italia, molte aziende stanno ancora cercando di colmare il divario tra conformità e protezione reale. In Veeam crediamo che la cybersecurity debba essere al centro di questa trasformazione: non solo per difendere i dati, ma per garantirne disponibilità e ripristino immediato. È il momento di andare oltre il backup tradizionale e costruire una resilienza digitale duratura“.

È qui che la cybersecurity assume un ruolo strategico: non solo come strumento di protezione, ma come leva per una governance più consapevole e integrata.

Verso una resilienza informatica duratura


La normativa DORA non è solo una questione di conformità, ma un’occasione per ripensare laresilienza informatica. Le organizzazioni che sapranno investirvi, puntando su cybersecurity e data protection avanzata, saranno le più pronte ad affrontare le sfide future.

L’iniziativa “Veeam è Molto di Più” invita aziende e professionisti ad andare oltre il semplice backup e considerarlo non più come una semplice copia dei dati, ma come pilastro strategico per garantire continuità, sicurezza e agilità del business. La vera resilienza nasce dalla capacità diripristinare rapidamente sistemi e ambienti, di gestire laportabilità dei dati tra cloud, infrastrutture virtuali e container, e diproteggerli con soluzioni sicure, immutabili e crittografate. In un modello dicloud ibrido, che unisce flessibilità e controllo, la resilienza dei dati diventa così una necessità strategica per assicurare la continuità operativa in un mondo in cui le interruzioni non sono più l’eccezione, ma la norma.

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La nomina del Referente CSIRT: un passo cruciale per la sicurezza informatica italiana


L’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) ha imposto un’accelerazione decisiva per la sicurezza informatica italiana. Con la Determinazione n. 333017/2025, ha formalizzato la figura del Referente CSIRT, il punto di contatto obbligatorio con il CSIRT Italia nell’ambito della Direttiva NIS2.

La finestra temporale è ristretta: dal 20 novembre al 31 dicembre 2025. Questa scadenza non è un mero adempimento, ma un test concreto di resilienza per tutte le organizzazioni NIS2.

In un contesto di minacce in aumento, la capacità di reagire in modo rapido e coordinato è il fattore discriminante tra contenimento del danno e caos operativo.

L’OBBLIGO NIS2: DALLA NOMINA FORMALE ALLA REALTÀ OPERATIVA


Il Referente CSIRT è la figura responsabile della gestione e notifica degli incidenti significativi. La sfida principale non è nominare una persona, ma garantire che questo ruolo sia integrato in un processo di Incident Response (IR) funzionante.

Il Rischio della Conformità Fittizia


La Determina ACN definisce l’obbligo, ma molti aspetti operativi restano in ombra. Il rischio più evidente è la nomina puramente formale, priva di reali capacità operative.

Secondo Riccardo Margarito, Cyber Security Expert in Nais: «La paper compliance è una falsa conformità che nasconde gravi gap operativi. L’obbligo di notifica all’ACN scatta entro le 24 ore dal momento in cui l’incidente è noto. Senza un vero processo IR e di “contenimento dell’incidente” (eradication) a seguito di un’analisi preliminare svolta da un SOC L2-L3, la notifica sarà inevitabilmente tardiva.»

Questo problema è aggravato dall’approccio ancora largamente reattivo e non preventivo in Italia: oltre il 50% delle organizzazioni interviene sulla propria superficie d’attacco solo dopo aver subito un incidente, un’inerzia incompatibile con le tempistiche NIS2.

IL CONTO ALLA ROVESCIA TECNICO: PRONTEZZA NELLE PRIME ORE


La crescente domanda di un Referente CSIRT realmente competente non è un vezzo normativo, ma la risposta diretta a un panorama di minacce sempre più mirato. L‘ACN, ENISA e il CSIRT Italia delineano un ecosistema ad altissima pressione: oltre la metà degli incidenti registrati (53,7%) ha colpito le “entità essenziali” definite dalla NIS2, dimostrando che la criticità normativa funge ormai da vero e proprio faro per gli attaccanti. La PA rimane il bersaglio primario, seguita dal settore sanitario che registra un inquietante +40% di attacchi nel 2025 e il manifatturiero assediato da un aumento del 71% nell’attività criminale.

Sul fronte della prontezza operativa, la vera battaglia non si combatte sulla quantità di notifiche, ma sulla loro qualità. L’esperto Riccardo Margarito sposta il focus dall’evento in sé alla comprensione profonda dell’intrusione: «Il vero ostacolo non è la notifica, ma la qualità del dato che la alimenta. La risposta iniziale non può limitarsi a constatare il danno, ma deve fondarsi su una triade operativa irrinunciabile: Deep Visibility, Automation & Threat Intelligence

La figura del Referente CSIRT non deve limitarsi a gestire un allarme, ma deve interpretare l’intera Kill Chain, distinguendo un falso positivo dall’azione mirata di un noto gruppo Ransomware. Margarito definisce la gestione dell’attacco come una vera e propria “Golden Hour”: il momento cruciale in cui si gioca la partita tra la detection del SOC e l’effettivo dispiegamento delle procedure di Incident Response. Se in quell’ora l’azienda non ha la capacità di correlare i segnali o identificare i primi accessi, la notifica all’ACN rischia di essere tardiva o priva dei fondamentali IoC (Indicators of Compromise) e IoA (Indicators of Attack) richiesti. Il dato più allarmante è che in Italia e in Europa, il 74% delle violazioni viene rilevato da terze parti (come il law enforcement) e non dai team interni, un indicatore inequivocabile di una profonda carenza di Self-Detection.

IL LABIRINTO GIURIDICO: REFERENTE CSIRT VS. DPO


La sovrapposizione tra NIS2 e GDPR è una delle criticità maggiori in caso di attacco. In presenza di dati personali, si attivano due figure con mandati distinti: il Referente CSIRT, responsabile verso ACN, il DPO, responsabile verso il Garante Privacy.

Ivana Genestrone, Avvocato e DPO, consulente legale per Nais, evidenzia il doppio binario normativo: «Il Referente tutela la resilienza dei servizi essenziali e notifica gli incidenti significativi secondo NIS2. Il DPO valuta l’impatto sui dati personali e supporta il soggetto nella fase di valutazione dell’evento/incidente, della sua qualificazione come Data Breach e della eventuale necessità di procedere anche con la comunicazione agli interessati.

La categorizzazione dell’incidente: lo snodo critico


Nelle prime ore è essenziale classificare correttamente l’evento come: incidente NIS2, data breach GDPR, oppure entrambi (caso frequente nei ransomware).

Il problema è che senza competenze integrate, molte aziende non riescono a categorizzare correttamente l’incidente, ritardando una delle due notifiche.

Sulla gestione della crisi, Genestrone è netta: «L’analisi tecnica del Referente – IoC , impatto, categorizzazione – deve alimentare immediatamente la valutazione legale del DPO. Senza un flusso decisionale chiaro, il rischio è una doppia sanzione: per mancata conformità NIS2 e per gestione errata del data breach.»

LA FUGA DI COMPETENZE E IL TREND DELL’OUTSOURCING


Dal confronto quotidiano con le imprese, Nais – specializzata in servizi gestiti cyber e IT – registra una costante: la criticità non è solo normativa o tecnologica, ma soprattutto umana.
La carenza di competenze cyber è strutturale: le aziende faticano a trovare profili qualificati e i team interni assorbono nuove responsabilità senza adeguata formazione, anche in vista della NIS2. Ne deriva un divario crescente tra richieste normative e capacità operative.

In assenza di figure ibride capaci di unire competenze legali e tecniche, l’esternalizzazione emerge come risposta pragmatica per garantire la conformità.

«Il mercato italiano è molto eterogeneo: accanto alle realtà più strutturate c’è un ampio tessuto di PMI che si confronta con la NIS2 senza risorse dedicate», osserva Bianca Amico di Meane, Head of Marketing & Business Development di Nais. «La difficoltà è sempre la stessa: trovare una figura che unisca aspetti legali e tecnici. Per molte aziende questa combinazione non è costruibile internamente. L’esternalizzazione a un Referente CSIRT As-a-Service non significa acquistare una persona, ma un ecosistema: playbook, competenze integrate, SOC e Incident Response».

CONCLUSIONE: L’ORA DELLA VERITÀ OPERATIVA


La scadenza di fine dicembre 2025 non è negoziabile. La nomina del Referente CSIRT è la formalizzazione del punto nevralgico della risposta cyber nazionale. Le aziende soggette alla NIS2 devono comprendere che trattare questa figura come una semplice incombenza amministrativa espone l’organizzazione a un rischio inaccettabile, specialmente in un contesto di minacce incessanti (ACN, ENISA).

La vera conformità NIS2 richiede un Referente CSIRT con autorità esecutiva, supportato da un processo di Incident Response validato e da una sinergia impeccabile con la funzione legale (DPO). Quando si verifica l’incidente, la velocità con cui vengono raccolti gli IoC e notificati all’ACN è la differenza tra la resilienza e la sanzione.

La nomina del Referente CSIRT non è un semplice adempimento formale, ma una funzione critica per garantire la resilienza cyber nelle prime ore dell’incidente. Richiede competenze legali, tecniche e di coordinamento integrate – molto più della semplice “nomina”.

L'articolo La nomina del Referente CSIRT: un passo cruciale per la sicurezza informatica italiana proviene da Red Hot Cyber.

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Apoicalypse365: Quando l’interfaccia di Microsoft Outlook diventa un’arma


Questo articolo analizza la disclosure presentata a Microsoft e consultabile in inglese su digitaldefense, dove sono disponibili immagini, video dimostrativi e un esempio di codice Python.

Negli ultimi anni la sicurezza delle comunicazioni digitali ha amplificato un certo paradigma: l’attacco non punta più soltanto a violare l’infrastruttura, ma a smantellare la fiducia dell’utente sfruttando ogni tipo di aggancio cognitivo.

Se email, calendari e piattaforme di collaborazione rappresentano il centro di gravità della vita aziendale, la superficie di attacco più efficace non è quella puramente tecnica, ma quella capace di incide sul fattore umano.

Il fenomeno analizzato dal presente articolo non riguarda prodotti certamente marginali o scenari teorici. Colpisce Outlook Web e Outlook Desktop nella sua versione moderna, nonché Microsoft Teams sia in versione Web sia Desktop. Parliamo quindi dell’ecosistema su cui si fonda la quotidianità operativa di moltissime aziende. In questo quadro merita un’annotazione significativa: la versione “classica” di Outlook, quella storica e meno recente, non è affetta dal problema. Il comportamento critico emerge soltanto nel nuovo stack applicativo, dove l’interfaccia ha assunto un ruolo più centrale e integrato nell’esperienza utente.

In questo contesto, le evidenze riportate nel prosieguo dell’articolo, relative a un ambiente di comunicazione basato su Microsoft Outlook e Teams, assumono un’importanza critica. Comprenderle significa acquisire consapevolezza di quanto possa accadere nella quotidianità operativa di un’azienda.

Mostreremo come sia possibile, con relativa semplicità, manipolare l’interfaccia, alterare l’identità dei mittenti e indirizzare l’utente verso destinazioni controllate dall’attaccante. Tutto questo sfruttando la fiducia consolidata negli strumenti di produttività che utilizziamo ogni giorno, aumentando drasticamente le probabilità di successo delle campagne malevole.

Si tratta di un caso emblematico di come anche gli strumenti più comuni, se non supportati da un modello di sicurezza adeguato, possono trasformarsi in vettori di rischio tanto subdoli quanto inattesi.

A rendere la questione ancora più rilevante è il contesto della disclosure. Le vulnerabilità sono state segnalate a Microsoft MSRC per la prima volta nel dicembre 2024 (VULN-144184). Nonostante l’evidente impatto sulla fiducia dell’utente e sulla capacità di inganno dell’interfaccia, il comportamento è stato classificato come “atteso” oppure non meritevole di un intervento correttivo.

La segnalazione è stata riaperta nell’ottobre 2025 (VULN-164593), con un set di evidenze tecniche più ampio, prove complete dell’intera catena di attacco e l’introduzione di due ulteriori criticità capaci di alterare il comportamento degli strumenti. Anche queste nuove vulnerabilità sono state definite “moderate“, senza alcuna data stimata di remediation (ETA), mentre le due evidenze di impersonificazione, che consentono di presentare un aggressore come un contatto interno legittimo, sono state considerate come un comportamento previsto.

A complicare ulteriormente il quadro è la scelta di non associare alcuna CVE. La motivazione ufficiale è che non viene richiesto alcun intervento agli utenti e che eventuali mitigazioni possono essere applicate in modo silente lato SaaS. Questo approccio esclude la possibilità di riconoscere le vulnerabilità in modo trasparente e impedisce di attribuire il merito a chi le ha individuate. Di conseguenza si indebolisce la catena di fiducia tra ricercatori e vendor, scoraggiando la divulgazione responsabile e normalizzando il rischio per gli utenti finali.

Questa cornice solleva una domanda scomoda per il settore. Se una vulnerabilità non compromette i sistemi dell’azienda che li sviluppa ma mina la fiducia degli utenti che li utilizzano ogni giorno, può davvero essere trattata come un problema secondario?

Dal phishing alla “interface poisoning”


Le campagne di phishing classiche cercano di convincere l’utente ad aprire un allegato o cliccare un link sospetto. Oggi il livello si alza: il sospetto potrebbe non bastare. L’attaccante può impersonare identità interne e presentarsi attraverso indicatori visivi credibili: nome, foto profilo, contesto aziendale.

La chiave di volta è la gestione dei file ICS (iCal), che Microsoft utilizza per le convocazioni calendario. Attraverso campi ical normalmente legittimi, come:

  • X-ALT-DESC o DESCRIPTION, dove è possibile inserire HTML e che sarà mostrato come testo della mail al posto del body standard.
  • X-MICROSOFT-SKYPETEAMSMEETINGURL, che determina il comportamento del pulsante “Join meeting

l’attaccante non sfrutta un exploit, ma funzionalità standard, manipolandole a proprio favore.

Risultato:

  • l’evento malevolo si inserisce automaticamente in Outlook e Teams,
  • l’interfaccia mostra mittente, titolo, immagine e pulsanti come se provenissero da un contatto interno,
  • il tasto “Partecipa” di Outlook e di Teams può essere fatto puntare a un sito realizzato per sottrazione credenziali o download di malware.
  • Il messaggio nel body sarà innocuo o assente, e il messaggio che l’utente vedrà sarà la descrizione dell’evento, evitando così l’intervento dei filtri antispam (provato con 2 differenti vendor)

Questa dinamica comporta un salto qualitativo: l’utente non vede più un link sospetto, vede una funzione di piattaforma affidabile.

La schermata parla: fidati di ciò che vedi


Il valore di un’interfaccia moderna sta nella capacità di astrarre complessità. Ma dove l’interfaccia semplifica, si creano “zone cieche” per la sicurezza.

Quando un utente vede nel calendario un invito:

  • dal proprio CFO,
  • con la sua immagine di profilo,
  • dentro un ambiente aziendale familiare,
  • con il pulsante standard “Partecipa alla riunione”,

il livello di diffidenza arriva quasi a zero.
Non c’è più contesto sospetto, non c’è un dominio esterno nel corpo della mail, non c’è un banner di avvertimento.

L’attacco sfrutta la fiducia sedimentata nell’ecosistema Microsoft 365, non una falla tecnica isolata.

L’anomalia più subdola: l’assenza della traccia


Nei casi osservati emerge un ulteriore elemento che amplifica il rischio: la scomparsa della dicitura “per conto di” (on behalf of) dalla mail ricevuta, ottenuta con un semplice accorgimento tecnico, come l’inserimento di una lunga sequenza di caratteri “_” (underscore) nel nome del mittente. L’utente si trova di fronte a un messaggio email che sembra provenire da un account interno (ma anche esterno), completo di tutti gli elementi grafici associati a quel contatto che l’interfaccia ci farebbe normalmente vedere, come foto profilo e informazioni correlate. Non perché tali elementi siano stati alterati o generati artificialmente, ma perché le applicazioni coinvolte estraggono e mostrano realmente i dati del contatto impersonato. Questo accade anche se l’email è stata inviata tramite SMTP da un servizio terzo, ad esempio Gmail senza l’essenziale necessità di registrate domini fake per indurre in errore l’occhio dell’utente.

Il punto critico si manifesta quando il contenuto dell’invito viene automaticamente proiettato nel calendario: l’email, pur alterata, mantiene ancora tracce della sua origine esterna, mentre l’evento calendarizzato le perde completamente. Nel calendario spariscono i riferimenti a servizi terzi, sparisce qualsiasi indicazione del reale mittente e rimane solo la rappresentazione “pulita” dell’identità impersonata, con il relativo nome e la foto profilo aziendale. L’invito non è più una comunicazione sospetta, ma un appuntamento apparentemente interno, coerente e perfettamente integrato nel contesto lavorativo.

La mail è il punto di ingresso e l’utente quindi si trova di fronte a un messaggio che sembra provenire da un account interno, completo di tutti gli elementi grafici associati a quel contatto, come foto profilo e informazioni correlate. Non perché tali elementi siano stati alterati o forzati, ma perché le applicazioni coinvolte mostrano effettivamente i dati del contatto impersonato. Questo accade anche se l’email è stata inviata tramite SMTP da un servizio terzo, ad esempio Gmail.

È vero che osservando gli header del messaggio o esplorando angoli meno evidenti dell’interfaccia si possono individuare gli indizi dell’origine reale. Ma la domanda è tanto semplice quanto scomoda: quanti utenti lo faranno davvero? Nella percezione visiva e nell’uso quotidiano, l’unica identità che rimane è quella impersonata, mentre il mittente reale scompare.

Non si tratta di una vulnerabilità tecnica in senso tradizionale, ma di un difetto nella presentazione che indebolisce il modello di fiducia. L’identità visibile non corrisponde all’identità reale, creando un contesto in cui l’interfaccia diventa parte dell’inganno.

Calendar flooding: l’attacco silenzioso e scalabile


L’inserimento automatico di inviti in calendario apre un altro vettore: il calendar flooding.
Un attaccante può saturare l’agenda aziendale di eventi fraudolenti:

  • senza superare barriere tecniche,
  • senza interattività dell’utente,
  • senza innescare filtri anti-phishing tradizionali.

Perché è critico?

  • Molti utenti interagiranno con almeno uno degli eventi, anche solo per curiosità.
  • L’impatto di un singolo click è sufficiente: credenziali rubate, dropper attivato, sessione compromessa.
  • Tanti più eventi avremo a calendario, magari posizionati a distanza temporale di sicurezza (es: tra 1,2 mesi nel futuro) , tante più possibilità avrà l’attacante che un utente vittima ci clicchi.

Il rischio scala linearmente col numero di target, non con la complessità dell’attacco.

L’aspetto più insidioso non è quindi soltanto la manipolazione del messaggio email. Arriva una mail, e immediatamente compare un invito nel calendario dell’utente, senza che sia necessaria alcuna azione. Il contenuto della mail può contenere alterazioni, indicatori sospetti o tracce dell’origine reale. L’evento calendarizzato invece no. È la versione “pulita”, priva di ogni riferimento a terze parti.

Nel momento in cui l’invito viene inseritocome evento di calendario in Outlook o Teams, il sistema perde completamente i riferimenti all’indirizzo o al servizio esterno che lo ha generato. Rimane soltanto la rappresentazione visiva dell’account impersonato: nome, foto profilo, entità apparente dell’organizzatore. Tutto ciò che potrebbe suggerire un’origine non legittima viene assorbito dall’interfaccia.

L’email è il vettore di ingresso, l’evento calendario è il cavallo di Troia. L’utente, o peggio ancora un gruppo aziendale che usa il calendario come fonte operativa, non vede più solo un messaggio sospetto o un mittente anomalo. Vede un appuntamento interno, formalmente coerente con il contesto aziendale e accompagnato dalla UI che ha imparato a considerare “sicura”.

Non stiamo parlando di un difetto cosmetico, ma di un cortocircuito nel modello di fiducia. Si passa da una comunicazione che porta ancora con sé tracce dell’origine reale a un oggetto applicativo che non ne conserva più nessuna. L’attaccante smette di sembrare un attaccante. Diventa un collega, un manager, un referente, un contatto di fiducia. E a quel punto, l’utente smette semplicemente di difendersi.

UI vs Cybersecurity: un conflitto culturale


Il punto più delicato non riguarda esclusivamente Microsoft. È un problema di settore.
La sicurezza delle interfacce non viene trattata alla stregua delle vulnerabilità di sistema perché non produce RCE, privilege escalation o memory corruption. Non “buca” i server.

Ma la sicurezza non è solo integrità tecnica.
Una piattaforma che guida milioni di persone a cliccare automaticamente su pulsanti il cui significato può essere alterato è una piattaforma vulnerabile, anche se il backend risulti integro. Sarebbe come dire che una XSS non è una vulnerabilità, solo perché non intacca il backend.

Le aziende che oggi operano in ecosistemi Microsoft 365 non subiscono più attacchi di tipo tecnico, subiscono attacchi che tentano di minare la loro fiducia quindi la sicurezza deve essere parte integrante anche della user interface, che è di fatto quella che la maggioranza di utenti hanno a che fare continuamente tutti i giorni.

La vera domanda: “Chi stiamo proteggendo?”


Se una vulnerabilità espone al rischio “solo” gli utenti e non la piattaforma, deve essere considerata “moderata”? In un mondo fatto (ancora) da umani, la risposta è semplice: no!

Quando il perimetro privilegiato è il comportamento umano, non basta dire che il problema non intacca l’infrastruttura o i sistemi.
Un attacco che rende indistinguibili interazioni legittime e false è un problema di primo livello, perché mina il principio stesso di autenticità.

In un contesto in cui:

  • i fattori sociali sono il primo ingresso agli incidenti,
  • la supply chain è interconnessa,
  • MFA e Zero Trust diventano baseline,
  • il fattore “visivo” guida le decisioni operative,

la fiducia nell’interfaccia è un asset primario di sicurezza.
E come tale deve essere trattata.

L'articolo Apoicalypse365: Quando l’interfaccia di Microsoft Outlook diventa un’arma proviene da Red Hot Cyber.