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Sabato 4 e domenica 5 ottobre si terranno a Roma, contestualmente, il Giubileo del Mondo Missionario e il Giubileo dei Migranti, organizzati in collaborazione con il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale e il Dicastero per l’Evange…


Alla scoperta del firewall emotivo! La vulnerabilità che nessuno sta patchando


Nella cyber arena c’è una criticità che non abbiamo ancora patchato: il nostro firewall emotivo.

Questo non è un problema di rete, ma un blocco mentale collettivo.

Siamo chiamati a smantellare la nostra percezione dell’errore e a riconoscerlo non come un fallimento sistemico, ma come il data-set più prezioso per il nostro apprendimento continuo.

Per noi che viviamo sotto la costante pressione della vulnerabilità e del bug, questa trasformazione mentale non è un lusso: è la chiave per prevenire il burnout e forgiare una resilienza inattaccabile.

Vediamo nello specifico come applicare i nostri principi di sicurezza alla nostra architettura interiore.

Debugging dell’identità


Abituati alla logica del codice, tendiamo a estendere questa ricerca di perfezione alla nostra identità personale, percependo ogni errore umano come un attacco diretto alla nostra competenza.

La soluzione: dobbiamo accettare che il comportamento umano è intrinsecamente caotico e non sempre prevedibile. Impariamo a vedere la nostra vita come un processo di Continuous Integration/Continuous Delivery (CI/CD), dove gli incidenti e gli errori sono semplicemente log di eventi che alimentano e migliorano il ciclo di sviluppo successivo.

La nostra azione: trasformiamo gli errori personali e chiediamoci: “Quali dati ricaviamo da questa esperienza per il nostro refactoring futuro?”

Il nostro valore non è in discussione; esclusivamente il deploy ha bisogno di una correzione.

Zero Trust e rollback emotivo


Zero Trust è la nostra regola d’oro nell’architettura di sicurezza.

E se applicassimo lo stesso rigore alla nostra auto-valutazione”?

Il concetto: adottiamo lo Zero Trust anche verso la nostra pretesa di infallibilità.

Verifichiamo la nostra capacità di recupero. Gli errori sono il delta necessario per la crescita.

Il vero successo non è l’assenza di cadute, ma la rapidità con cui ci rialziamo.

La nostra azione: lavoriamo per sviluppare un basso MTTR (Mean Time to Recovery) emotivo.

Quando commettiamo un errore, dobbiamo isolare immediatamente il senso di colpa o la vergogna e automatizzare il rollback: chiediamo scusa, concediamoci un respiro di pausa e correggiamo immediatamente il tiro.

RCA (Root Cause Analysis )


Usiamo le nostre affinate competenze analitiche per condurre un’analisi consapevole delle nostre reazioni emotive più intense (vergogna, rabbia, ansia).

Il nostro processo di “patching” emotivo:


  1. Diamo un nome all’emozione (“Sentiamo paura”), e non diamo un giudizio su noi stessi (“Siamo degli incapaci). Dobbiamo distinguere il sentimento dal nostro essere.
  2. Comprendiamo cosa ha scatenato la reazione. Spesso, la causa è la nostra interpretazione dell’evento, non l’evento oggettivo.
  3. Individuiamo la credenza limitante che ci sta bloccando, ad esempio: “Se sbagliamo, siamo incompetenti”.
  4. Sostituiamo la credenza limitante con una nuova policy orientata alla crescita: “Il nostro valore non dipende dalle nostre performance variabili”.
  5. Riconosciamo che il burnout è un vero DoS (Denial-of-Service) per la nostra mente. Inseriamo nella nostra routine una scheduled maintenance (sonno, tempo libero, aria aperta, sport, mindfulness).


Coach’s Corner


Abbracciamo l’idea: l’errore non è un punto di arrivo, ma un catalizzatore.

Siamo come un modello di machine learning che si addestra continuamente: gli errori non sono bug, ma dati preziosi che forniscono il feedback necessario per regolare le nostre abitudini e le nostre credenze.

Questo approccio ci renderà non solo più resilienti e predittivi nel lavoro, ma anche individui più equilibrati e capaci di navigare nell’inevitabile caos dell’esistenza.

È ora di disinstallare quel firewall: la nostra crescita dipende dal traffico che siamo disposti a lasciar passare!

Per concretizzare questo cambio di prospettiva e passare da una mentalità difensiva a una generativa, poniamoci le seguenti domande:

  • .Qual è la “policy” mentale orientata alla crescita che decidiamo di implementare come patch definitiva, a partire da domani ?
  • Quale specifica azione di “rollback” possiamo fare non appena riconosciamo un errore?
  • Quale elemento della nostra “scheduled maintenance” possiamo stabilire, a partire da oggi, per proteggere la nostra mente dall’attacco DoS del burnout?

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I quarti posti – tanto celebrati anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – vengono raccontati per la prima volta in un libro scritto a quattro mani dai giornalisti Gerardo De Vivo e Serena Sartini.


Vertice Ue sulla difesa, la premier danese: “Abbiamo il mandato per abbattere i droni”

[quote]COPENAGHEN – Al via al Palazzo Christiansborg di Copenaghen la riunione informale del Consiglio europeo. Al centro del dibattito le questioni legate alla difesa e al sostegno a Kiev. Presente…
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OpenSSL, tre vulnerabilità scoperte, aggiornamenti urgenti necessari


L’iniziativa OpenSSL ha reso noto un bollettino di sicurezza in cui sono state trattate tre vulnerabilità, che potrebbero permettere a malintenzionati di attivare codice da remoto e, potenzialmente, di estrarre chiavi private di crittografia.

Questi difetti interessano più versioni di OpenSSL su diverse piattaforme e potrebbero causare danneggiamento della memoria, attacchi di negazione del servizio e accesso non autorizzato a materiali crittografici sensibili.

La vulnerabilità più grave del bollettino di OpenSSL riguarda le operazioni di memoria fuori dai limiti nella funzionalità di unwrap della chiave di crittografia della chiave (KEK) RFC 3211, tracciata come CVE-2025-9230 con gravità moderata.

Per una correzione immediata è necessario aggiornare alle versioni corrette: OpenSSL 3.5.4, 3.4.3, 3.3.5, 3.2.6, 3.0.18, 1.1.1zd (supporto premium) e 1.0.2zm (supporto premium).

La prima vulnerabilità, CVE-2025-9230, colpisce le versioni 3.5, 3.4, 3.3, 3.2, 3.0, 1.1.1 e 1.0.2 di OpenSSL tramite una gestione impropria della decrittazione dei messaggi CMS. Quando le applicazioni elaborano messaggi CMS crittografati basati su password creati in modo dannoso, la vulnerabilità attiva operazioni di accesso alla memoria fuori dai limiti .

Questa falla si verifica quando le applicazioni tentano di decrittografare i messaggi Cryptographic Message Syntax (CMS) utilizzando la crittografia basata su password (PWRI). La vulnerabilità innesca operazioni di lettura e scrittura fuori dai limiti, con conseguente potenziale danneggiamento della memoria che gli aggressori potrebbero sfruttare per eseguire codice arbitrario o causare arresti anomali del sistema.

I ricercatori di sicurezza di Aisle Research, guidati da Stanislav Fort, hanno scoperto questa vulnerabilità il 9 agosto 2025. L’exploit richiede condizioni specifiche, tra cui l’utilizzo della crittografia basata su password nei messaggi CMS, il che limita la superficie di attacco poiché il supporto della crittografia PWRI è raramente implementato negli ambienti di produzione. Tuttavia, uno sfruttamento riuscito potrebbe compromettere completamente il sistema tramite l’esecuzione di codice in modalità remota.

La seconda falla critica, CVE-2025-9231, introduce una vulnerabilità di tipo timing side-channel nell’implementazione dell’algoritmo crittografico SM2 sulle piattaforme ARM a 64 bit. Secondo l’ avviso di OpenSSL , questa vulnerabilità consente ad aggressori remoti di recuperare chiavi private tramite l’analisi temporale delle operazioni di calcolo della firma.

Inoltre, il CVE-2025-9232 coinvolge operazioni di lettura fuori limite nella gestione no_proxy del client HTTP per gli indirizzi IPv6, sebbene ciò presenti un rischio minore con solo un impatto di negazione del servizio .

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Padre Gabriel Romanelli, con i sacerdoti e le suore della parrocchia Chiesa della Sacra Famiglia di Gaza, il 15 ottobre, alle 17.30, saranno insigniti a Roma del Premio internazionale Achille Silvestrini per il dialogo e la pace.


Quale sarà il futuro di Daniel Ek dopo Spotify?

L'articolo proviene da #StartMag e viene ricondiviso sulla comunità Lemmy @Informatica (Italy e non Italy 😁)
Nel 2026 Daniel Ek lascerà la carica di amministratore delegato di Spotify, azienda che in quasi vent'anni ha rivoluzionato l'industria della musica (e non solo). Il co-fondatore ha spiegato di volersi concentrare sullo sviluppo di nuove startup innovative



Student journalists fight Trump’s anti-speech deportations


It’s not every day a student newspaper takes on the federal government. But that’s exactly what The Stanford Daily is doing.

Backed by the Foundation for Individual Rights and Expression, the Daily sued Secretary of State Marco Rubio and Secretary of Homeland Security Kristi Noem in August over the Trump administration’s push to deport foreign students for exercising free speech, like writing op-eds and attending protests. The suit argues the administration’s actions violate the First Amendment by retaliating against foreign students for protected speech and chill press freedom by discouraging them from speaking to and writing for the Daily.

We spoke at the start of Stanford University’s fall term with Greta Reich, editor-in-chief of the Daily and president of Stanford Daily Publishing Corp., which operates the paper, about why the Daily is fighting back, even as many corporate media outlets stay silent or capitulate.

Why did The Stanford Daily decide to take this issue to court?

We decided to take this issue to court because we believe legal action would be best for the Daily. Our mission as an independent student paper is to represent the voices of the Stanford community. We cannot fulfill this mission to the fullest extent when a significant portion of students on our campus and in our newsroom are afraid to speak up. The decision ultimately came down to whether or not we felt we could handle the potential negative ramifications of a public suit against the government in order to stay true to our mission. We decided that we could, and we’re hoping for the best outcome.

What happens to your reporting when international students are afraid to talk to your reporters, or when staff quit or avoid covering certain stories because they’re worried about government retaliation?

As we said in our letter from the editors on the lawsuit, fear of government retaliation directly impacts the quality of the Daily’s work.

With every resignation, declined assignment, and refusal to speak on the record, we actively miss out on covering an entire group of students’ voices — as well as the many events and stories on campus that benefit from an international student’s perspective. We are simply not able to conduct our business when speech is chilled like this.

Journalism, and especially student journalism, depends on members of a community not only being able to speak on the record but actively wanting to, at least at times. When an entire subsection of the student population doesn’t feel comfortable speaking with or writing for the Daily, we can’t know what stories are being lost.

When an entire subsection of the student population doesn’t feel comfortable speaking with or writing for the Daily, we can’t know what stories are being lost.


Greta Reich, editor-in-chief of The Stanford Daily

How have people on campus responded to the lawsuit so far?

We only returned to campus this week, so I don’t think I’ve seen every reaction yet, but so far the biggest response has been curiosity. Many of my peers, both in and outside of the Daily, have questions about how the lawsuit is going.

In speaking more in depth with some students throughout the summer and hearing feedback on various social platforms, I know there is a somewhat mixed reaction, though I think it skews positive. Some students, understandably, are concerned about the attention the suit will draw to Stanford as a university. Others have expressed excitement about action being taken to protect First Amendment rights.

I hope that as the suit progresses, students, alumni, faculty, and community members will feel comfortable sharing any opinion with us — we want to hear what people have to say!

How does it feel to stand up for the First Amendment as student journalists when some in corporate media are utterly failing to do so?

It feels great! As student journalists, we definitely face a different set of obstacles and constraints than those in corporate media do. I think that, in a way, these different constraints give us the freedom to take actions like these (though it would be exciting to see more publications taking action too). I am incredibly grateful for all of the support I’ve received from professional journalists and mentors in corporate media, who have reached out with kind words for the Daily. It is not taken for granted one bit.

What outcome are you hoping for, both in terms of the law, but also inspiring student journalists or impacting the national conversation about press freedom?

In terms of the law, we are obviously hoping for the lawsuit to create a real change in how noncitizens are treated with respect to the First Amendment. Whether working for or speaking to our newspaper, no one should fear deportation for what they have to say. In any scenario, I hope those who hear about this lawsuit consider what it means to have a free press and why fear tactics like those the government is currently using have such an impact on it. A central tenet of my education at Stanford has been to form and express my thoughts and opinions with agility. The ability to state these thoughts and opinions publicly is not only being threatened but actively taken away.

And to other student journalists: I am constantly inspired by you and your work, and I hope you are getting through this year with support and engagement from your staff and readers.


freedom.press/issues/student-j…




Al via dal 4 ottobre il XXII Congresso dell’Associazione Luca Coscioni


Appuntamento sabato 4 ottobre alle 9.30 al Palazzo del Capitano del Popolo, in piazza del Popolo 1 ad Orvieto. Il Congresso si svolgerà anche nella giornata di domenica 5 ottobre

Il titolo si ispira a una frase di Laura Santi: “Non rassegnatevi mai”


Oltre 170mila persone hanno sostenuto le nostre richieste alla politica per rimuovere le discriminazioni su fine vita, PMA, aborto e psichedelici. Sono 39 le azioni legali intraprese, 241 le richieste di accesso agli atti. Il Congresso sarà anche l’occasione per fare il punto sui nuovi obiettivi e le azioni politiche del 2026. Filomena Gallo e Marco Cappato commentano: “Non stiamo ad aspettare che vengano tempi migliori per i diritti civili, altrimenti si rischia di tornare indietro come negli USA“.


Nonostante l’ostilità o l’inerzia dei vertici della politica ufficiale e dei partiti, il 2025 è stato un anno di conquiste e azioni concrete per la libertà di scelta, l’autodeterminazione e il diritto alla salute. Dall’approvazione di due leggi regionali per tempi certi di erogazione delle prestazioni sul “suicidio assistito” in Toscana e Sardegna, con proposte analoghe depositate in tutte le Regioni fino alla proposta di legge nazionale in Parlamento per legalizzare l’eutanasia.

E poi, quattro sentenze della Corte costituzionale ottenute tramite procedimenti giudiziari accanto alle persone: due sul fine vita (sentenze 66/2025 e 132/2025) che interpretano come deve essere considerato il requisito del trattamento di sostegno vitale, una sull’accesso alla procreazione medicalmente assistita per donne singole che evidenzia che la cancellazione del divieto non incontra ostacoli costituzionali; una sentenza che ammette con sentenza di incostituzionalità, la firma certificata per le persone che non possono firmare manualmente le liste elettorali, attuando piena partecipazione politica alla vita del paese senza discriminazioni.

La richiesta di garantire l’aborto farmacologico senza obbligo di ricovero e la possibilità alle persone con disabilità di viaggiare in aereo con la propria carrozzina; la pressione sulle ASL per il diritto alla salute in carcere; liste di attesa azioni per garanzie nell’ accesso alle prestazioni. L’Associazione Luca Coscioni ha trasformato nell’ultimo anno le battaglie civili in conquiste di libertà.

Il XXII Congresso, in programma il 4 e 5 ottobre 2025 a Orvieto porrà le basi per le azioni future nella nella Regione dove sono nati Luca Coscioni, pioniere della libertà di ricerca scientifica, e Laura Santi, leader e volto della campagna sul fine vita, che dopo un calvario giudiziario di tre anni ha ottenuto il diritto ad accedere al “suicidio assistito” nel suo Paese, sostenuta dall’Associazione. “Non rassegnatevi mai”, le sue ultime parole, insieme alla memoria di Luca, saranno il filo conduttore del Congresso e delle strategie future dell’Associazione.

Filomena Gallo e Marco Cappato, rispettivamente Segretaria nazionale dell’Associazione e Tesoriere dell’Associazione, hanno dichiarato: “La nostra missione è quella di dare voce e volto alle persone rese invisibili dalla ottusità e dalla violenza delle istituzioni ancora di più che dalla malattia o dalla disabilità e di consentire loro di battersi in prima persona. Non aspettiamo che ‘vengano tempi migliori’ per le libertà civili, perché rischierebbero di non arrivare mai. Infatti, in assenza di lotte sociali nonviolente, in grado di imporsi nell’agenda della politica ufficiale, si rischia anche nel nostro Paese, come sta avvenendo negli USA e in altri Paesi formalmente democratici, un arretramento sul piano dei diritti civili“.

➡ Oltre 170mila firme raccolte


Nell’ultimo anno l’Associazione Luca Coscioni ha raccolto le firme di oltre 170 mila persone in tutta Italia sui temi principali delle sue ventennali battaglie: eutanasia e fine vita, procreazione medicalmente assistita, gravidanza per altri, Aborto senza ricovero, per garantire la possibilità di deospedalizzare l’aborto farmacologico, disabilità, terapie assistite da psichedelici, cannabis legale e firma digitale.

A queste si aggiungono le firme 65.000, raccolte in questi anni su Liberi Subito, la proposta di legge regionale che garantisce il percorso di richiesta di suicidio medicalmente assistito e i controlli necessari in tempi certi e adeguati.

➡ Sono state intraprese 39 azioni legali


Fine vita: 24 procedimenti di cui 18 civili e 6 penali, riguardo l’accesso al “suicidio assistito” in Italia e le disobbedienze civili per l’accompagnamento in Svizzera. Di questi 10 sono attualmente in tribunale e gli altri in fase stragiudiziale. Mentre per i procedimenti penali: un procedimento con tre persone sulle quali pende una imputazione coatta (Felicetta Maltese, Chiara Lalli e Marco Cappato) e altre nove indagate nei cinque procedimenti in cui sono in corso le indagini.

PMA: 15 casi sul tema della fecondazione assistita nei tribunali, di cui oltre 10 sul tema della gravidanza per altri (GPA). Di questi 10, almeno 7 anche sul fronte penale. Sono oltre 50 i casi su cui sono stati forniti pareri in fase stragiudiziale. Sul tema della PMA, è stata ottenuta una sentenza della Corte costituzionale in merito all’accesso alla PMA per donne singole a partire del caso di Evita, 40enne torinese, cui è stata negato l’accesso in Italia alla PMA.

➡ Sono stati condotti 241 accessi agli atti


Salute in carcere: a seguito delle diffide per verificare le condizioni igienico-sanitarie negli istituti penitenziari, sono state effettuate 102 richieste di accesso agli atti a tutte le ASL italiane per ottenere le relazioni delle visite in carcere in modo da monitorare le condizioni degli istituti.

Fine vita (“suicidio assistito”): sono state effettuate 93 richieste di accesso agli atti tra Regioni e ASL per conoscere il numero di richieste di accesso al “suicidio assistito” effettuate in Italia dalla sentenza della Corte costituzionale 242 del 2019 sul caso Cappato-Dj Fabo che ha di fatto legalizzato l’accesso alla morte volontaria assisita in Italia a determinate condizioni.

Sempre in tema di fine vita, oltre 16.000 cittadini hanno ricevuto informazioni tramite il Numero Bianco su diritti legati a fine vita. Le iniziative popolari hanno portato all’approvazione di 2 leggi regionali sul suicidio assistito, al deposito in tutte le Regioni (discussa in 6), mentre sono state ottenute 2 udienze in Corte costituzionale sul fine vita. A livello nazionale, è stata depositata una proposta di legge di iniziativa popolare per legalizzare l’eutanasia. Sono 16.000, inoltre, i testamenti biologici scaricati dal sito dell’Associazione.

Barriere architettoniche: L’Associazione sta conducendo anche una attività di ricognizione dei Piani di Eliminazione delle barriere architettoniche nei comuni capoluoghi italiani. A fronte delle informazioni reperite sui siti di 60 capoluoghi, sono state promosse 46 richieste di accessi agli atti nelle restanti città. All’accesso, per il momento, hanno risposto 17 capoluoghi.

➡ Partecipazione e mobilitazione


Oltre 585 eventi pubblici in tutta Italia hanno portato nelle piazze e nelle città temi sociali e scientifici spesso ignorati dalla politica, coinvolgendo 45.000 persone in campagne, petizioni e azioni politiche. Sono state inoltre depositate 2 proposte di legge in Parlamento, una sul fine vita e una sulla legalizzazione della gravidanza per altri.

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La pirateria audiovisiva: tra diritto penale, mercato e nuove tecnologie


La recente operazione condotta dalla Polizia Postale di Catania, coordinata dalla Procura Distrettuale, rappresenta un ulteriore tassello nella complessa lotta alla pirateria audiovisiva. Non un episodio isolato, ma la prosecuzione di un filone investigativo inaugurato con “Gotha” (2022) e “Gotha 2” (2025), a cui si sono affiancate indagini come “Black out” e “Taken down”. L’impiego di oltre 200 investigatori in 18 città testimonia la dimensione nazionale del fenomeno e la sua natura di criminalità organizzata, ben lontana dalla figura romantica dell'”hacker solitario”.

Le accuse che emergono – associazione per delinquere transnazionale, accesso abusivo a sistemi informatici e frode informatica aggravata – non si esauriscono però nel momento dell’arresto. È nelle aule di giustizia che questo tipo di indagini trova il suo vero banco di prova. In questa fase emergono i nodi più complessi.La gestione di enormi quantità di dati digitali, la verifica della catena di custodia, la traduzione tecnica degli accertamenti in elementi probatori che possano essere compresi e valutati dal giudice.

Le indagini internazionali, spesso basate su server collocati all’estero, sollevano poi difficoltà di cooperazione giudiziaria e tempi incompatibili con l’esigenza di bloccare rapidamente il fenomeno. Non meno delicata è la distinzione tra l’utente finale e chi assume un ruolo consapevole e stabile nell’organizzazione.

I processi, infine, sono caratterizzati da un’inevitabile complessità. La quantità di materiale sequestrato rallenta l’istruttoria, le questioni di qualificazione giuridica si moltiplicano e la difesa non manca di sollevare eccezioni sull’utilizzabilità delle prove digitali o sulla legittimità degli strumenti investigativi impiegati. È in questa dimensione operativa, fatta di ostacoli pratici e scelte interpretative, che si misura la reale difficoltà di contrastare la pirateria.

Il business del pezzotto come multinazionale del crimine


Le indagini dimostrano che il modello di business si fonda sulla ritrasmissione abusiva dei palinsesti delle principali piattaforme (Sky, DAZN, Netflix, Prime Video), resa possibile dall’uso di server collocati in Paesi esteri, spesso con normative più permissive. I ricavi sono impressionanti. Secondo l’operazione “Gotha”, il giro d’affari raggiungeva 10 milioni di euro al mese, mentre i mancati introiti per le pay-TV si aggiravano sui 30 milioni mensili.

La pirateria audiovisiva non è dunque solo una violazione di copyright, ma un’economia criminale organizzata e globalizzata, capace di erodere risorse fiscali e occupazionali al sistema Paese.

I numeri nascosti della pirateria tra miliardi sottratti e lavoro perduto


Le stime più aggiornate parlano chiaro poichè solonel 2024 la pirateria ha generato una perdita di 2,2 miliardi di euro di fatturato e un danno diretto al PIL di 904 milioni, con oltre 12.000 posti di lavoro a rischio.

Un dato paradossale è che la percentuale di utenti che praticano pirateria cala lievemente (dal 39% al 38%), ma il numero complessivo di atti rimane altissimo. Il fenomeno si concentra quindi su un nocciolo duro di utenti ad alta intensità, in particolare attratti dagli eventi sportivi live, i più redditizi.

Norme severe e complessità della giustizia penale


Il fondamento normativo resta la Legge n. 633/1941 sul diritto d’autore, ma l’evoluzione tecnologica ha imposto interventi mirati. La Legge n. 93/2023 – nota come “legge anti-pezzotto” – ha introdotto strumenti inediti, tra cui la possibilità per AGCOM di ordinare il blocco in tempo reale (entro 30 minuti) dei siti illeciti.

Le pene previste sono severe: reclusione fino a 3 anni, multe fino a 15.493 euro e confisca dei beni. Ma la vera novità è la responsabilizzazione degli utenti in quanto anche la visione occasionale di contenuti pirata comporta sanzioni da 154 a 1.032 euro, mentre l’uso abituale può costare fino a 5.000 euro.

Nella prassi giudiziaria, i processi che seguono a queste indagini si presentano spesso complessi. Si deve dimostrare non solo la disponibilità tecnica dei contenuti, ma anche l’effettiva partecipazione degli imputati a un’organizzazione con finalità di lucro. Non di rado, la linea di confine tra l’utente finale e il collaboratore attivo della rete criminale diventa sottile, e i Tribunali si trovano a dover distinguere posizioni marginali da ruoli centrali.

Piracy Shield un guardiano imperfetto della rete


Il Piracy Shield rappresenta un salto tecnologico, essendo un sistema automatizzato che obbliga i provider a bloccare i domini segnalati. Tuttavia, presenta criticità.

Il rischio di overblocking, con blocchi estesi a indirizzi IP condivisi con siti legittimi, può danneggiare imprese e utenti estranei. L’assenza di un controllo giudiziario preventivo solleva inoltre dubbi sulla trasparenza e sulla tutela dei diritti fondamentali. Infine, la concentrazione del potere di blocco in un unico sistema crea un potenziale punto debole per la sicurezza nazionale. In questo senso, la normativa anti-pirateria, pur rispondendo a esigenze legittime di tutela, apre scenari inediti di bilanciamento tra interessi economici e diritti costituzionali.

L’utente sospeso tra convenienza e illegalità


La pirateria non è solo criminalità, ma anche reazione a un mercato percepito come inefficiente. Prezzi elevati e la frammentazione dell’offerta spingono molti utenti a cercare alternative illegali.

Già circa trent’anni fa il mio Maestro, Vittorio Frosini – fondatore della disciplina universitaria dell’informatica giuridica – avvertiva che, se per il software contraffatto i reati erano indispensabili per colpire le organizzazioni, il vero deterrente restava il mercato. Prezzi equi, capaci di non far percepire all’utente un’ingiustizia nel costo del servizio. Parole che conservano intatta la loro attualità anche di fronte al fenomeno delle IPTV illegali.

Molti pirati, infatti, sono consumatori ibridi: pagano per alcuni servizi legali come Netflix o Prime Video, ma ricorrono a IPTV illegali per i contenuti ritenuti troppo costosi. Questo evidenzia come paradosso che le imperfezioni del mercato legale alimentano la domanda illegale.

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La presidenza Trump non è follia, è la conseguenza della politica dello spettacolo


Quando Neil Postman pubblicò Amusing Ourselves to Death (Compiaciamoci fino alla morte) nel 1985, la sua tesi era tanto semplice quanto radicale: non è il contenuto a determinare la qualità del dibattito pubblico, ma il mezzo che lo veicola. Il modo in cui comunichiamo, scriveva, cambia ciò che siamo in grado di pensare e discutere. All’epoca con la televisione come “nuovo mezzo”a trasformare la politica in spettacolo fino ad oggi, con Donald Trump e i social media, quel processo sembra più che compiuto: la politica è intrattenimento puro.

Trump, di cui continuiamo a stupirci e a chiederci “perché”, ne è forse il più banale esempio, paradossalmente.

Dal giornale al tweet: il mezzo è il messaggio


Per capire perché questo modello ha avuto tanto successo, Postman ci invita a guardare indietro. Fino all’Ottocento, negli Stati Uniti il principale mezzo di comunicazione era la parola scritta: libri, giornali, opuscoli. La popolazione era in larga parte alfabetizzata (quasi 98% della popolazione) e aveva l’abitudine di leggere e collegare le informazioni. Non era raro assistere a dibattiti pubblici , come quelli celebri tra Lincoln e Douglas , che duravano piu di quattro ore, con lunghi monologhi e ragionamenti articolati. Non si trattava di intrattenere, ma di argomentare: chi ascoltava era in grado di seguire, analizzare, confutare e il politico non doveva ottenere il tifo da stadio, ma il vero assenso critico.

Con il telegrafo prima e la televisione poi, il tempo di attenzione si è contratto. In una società capitalista, ciò che si vende non è mai neutro: lo spettacolo diventa il fine, il contenuto un pretesto. La notizia non arrivava più come parte di una catena di cause ed effetti, ma come frammento isolato, un “flash” che si consumava in sé. Persino il ritmo dei telegiornali, quel “and now…” che introduce il servizio successivo, contribuisce a dare l’idea che ogni notizia sia un pacchetto isolato, slegato dal contesto, incapace di creare una continuità storica. Il cervello registra, archivia e passa oltre: informati, ma senza davvero comprendere. L’educazione stessa, nei programmi per bambini, si piegava a questa logica: più che formare menti critiche, occorreva mantenere alta l’attenzione, catturare con colori, suoni, immagini veloci.

Da qui alla politica lo scarto è breve. Se il cittadino è trattato come consumatore, e il dibattito politico come un prodotto televisivo, allora ciò che conta non è la coerenza di un programma ma la capacità di intrattenere. È in questo contesto che Trump, come introdotto, non appare come un’anomalia, bensì come il compimento logico di un lungo percorso. Le sue frasi contraddittorie, gli insulti in diretta, le provocazioni da circo non sono “scivoloni” o comportamenti da “outsider” ma parte integrante di un format: quello della politica come show. Trump quindi è il massimo splendore, o il punto più estremo, della politica-spettacolo repubblicana, costruita per scatenare emozioni e fidelizzare il pubblico-elettorato come fosse una tifoseria.

Trump non ha inventato nulla, ma ha colto meglio di chiunque altro lo spirito di questo ecosistema. Ha trasformato la campagna elettorale in reality show, la conferenza stampa in wrestling verbale, il tweet in un orrendo capslock come documento ufficiale di Stato, cosa impensabile in un paese europeo. Per i suoi sostenitori, non importa se le sue affermazioni resistano a un fact-check: importa la loro forza emotiva, la capacità di far arrabbiare l’avversario o di rafforzare l’identità della propria “squadra”.

In questo senso, Postman aveva visto giusto: quando la politica si piega alle regole dell’intrattenimento, il pensiero critico diventa un lusso, la democrazia si riduce a spettacolo.

E in Europa?


A guardarla dall’Europa, questa deriva sembra grottesca, un eccesso tutto americano. Eppure anche noi stiamo importando lo stesso modello, con qualche anno di ritardo. Dai talk show alla comunicazione social dei leader politici, il meccanismo è identico: polarizzazione, frasi a effetto, immagini virali che scatenano emozioni immediate e poco più. Le differenze sono “solo” due: negli Stati Uniti questa logica agisce da decenni, in Italia e in Europa da molto meno. Inoltre, In Italia ed Europa il peso della scuola, della tradizione letteraria e di una cultura politica più stratificata hanno lasciato ancora tracce di profondità. Nonostante l’analfabetismo funzionale crescente, l’educazione alla lettura e all’argomentazione ha conservato uno spazio. Non a caso, almeno da parte maggioritaria della sinistra, il dibattito resta più strutturato, più legato al contenuto che alla performance.

C’è però un elemento nuovo rispetto all’epoca di Postman: i social network. Essi rappresentano allo stesso tempo il problema e la possibile soluzione. Da un lato amplificano la logica dell’infotainment: un tweet o un reel valgono più di un ragionamento complesso, e il meccanismo della viralità favorisce contenuti che generano emozione più che conoscenza. Dall’altro lato, i social possono essere usati anche per il debunking, per spezzare il ciclo dell’emotività e offrire strumenti critici. Sta qui la sfida: trasformare lo stesso mezzo che alimenta la superficialità in un veicolo di consapevolezza.
Un esempio recente di come la politica-spettacolo emotiva repubblicana (“trumpiana”) statunitense si sia infiltrata e adattata perfettamente alla comunicazione politica, di destra in Italia nel particolare, arriva dalla narrazione sulla morte di Charlie Kirk sfruttata come miccia emotiva per generare indignazione e mobilitare il pubblico, indipendentemente dalla verità dei fatti. In questo caso, l’onda mediatica costruita attorno alla vicenda ha fatto leva sulle emozioni immediate degli spettatori, trasformando un evento complesso in un pretesto per uno storytelling politico spettacolare. Paradossalmente, lo stesso mezzo, i social, usati dalla stessa vittima per portare messaggi estremi, divisivi e di “intrattenimento”, potrebbe essere usato anche per il debunking rapido e per restituire al pubblico un quadro più chiaro, insegnando a leggere le notizie con senso critico e a non fermarsi alla reazione emotiva iniziale.

Politica o intrattenimento? Una scelta cruciale


Se lasciamo che l’emotività prevalga sulla razionalità, se non creiamo spazi di confronto e approfondimento, finiremo per importare in blocco il modello americano, con le sue contraddizioni e i suoi rischi.

Il futuro non è scritto, diceva Postman. Ed è vero anche oggi: dipende da come useremo i mezzi di comunicazione, se come strumenti di intrattenimento o come occasioni di pensiero. La differenza non è secondaria. Da essa dipende la qualità della nostra democrazia.

Karin Silvi
Possibile Reggio Emilia

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I Bambini proprio no! 8000 dati personali di bambini di un asilo a rischio pubblicazione


Un gruppo di hacker criminali che si fa chiamare Radiant ha rivendicato il furto dei dati personali di oltre 8.000 bambini iscritti agli asili gestiti da Kido International, società con sede a Londra. La notizia è stata diffusa questa settimana attraverso un portale del dark web riconducibile al gruppo.

Gli autori dell’attacco hanno pubblicato come prova i dati di 10 minori che frequenterebbero uno dei 18 istituti Kido nell’area metropolitana di Londra. Le informazioni divulgate includono nomi, fotografie, indirizzi e recapiti familiari.

Radiant ha annunciato l’intenzione di rilasciare ulteriori dati: 30 profili di bambini e 100 di dipendenti. Il gruppo ha dichiarato, tramite comunicazioni sul loro data leak site, di aver avuto accesso per settimane alla rete interna della società e ha affermato di trovarsi in Russia, senza però fornire conferme a sostegno.

Kido International, che dal 2014 offre servizi educativi per l’infanzia ispirati a metodi come Montessori e Reggio Emilia, non ha rilasciato commenti. La Polizia Metropolitana di Londra ha fatto sapere che l’indagine è ancora nelle fasi preliminari e che, al momento, non ci sono stati arresti. L’inchiesta è affidata all’unità specializzata in criminalità informatica.

Secondo i messaggi diffusi dal gruppo Radiant, i dati sottratti comprendono informazioni dettagliate non solo su oltre 1.000 bambini, ma anche sui loro genitori, sui dipendenti e su documenti aziendali. I criminali hanno minacciato di diffondere gradualmente i dati sensibili se l’azienda non avvierà un dialogo diretto con loro.

Il caso rientra in una serie di gravi episodi di ransomware che quest’anno hanno colpito diverse realtà nel Regno Unito. “Prendere di mira strutture che si occupano dell’infanzia è particolarmente odioso”, ha commentato Jonathon Ellison, dirigente del National Cyber Security Centre, parte del GCHQ britannico.

Il governo del Regno Unito sta valutando misure di supporto finanziario per le aziende colpite da interruzioni legate ad attacchi informatici, come già avvenuto per fornitori coinvolti in recenti episodi che hanno causato gravi disagi fino a ottobre.

Gli attacchi non hanno interessato solo il settore dell’educazione. Nei giorni scorsi la polizia ha arrestato un uomo nell’ambito di un’indagine su un ransomware che ha preso di mira Collins Aerospace, azienda della difesa controllata da RTX. L’episodio ha provocato blocchi ai sistemi di check-in all’aeroporto di Heathrow e ripercussioni in altri scali europei.

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Programmazione in crisi: crollano le offerte per i junior mentre l’IA cambia il lavoro


L’intelligenza artificiale non è più un concetto futuristico da film di fantascienza. È già dentro le nostre vite quotidiane e, soprattutto, sta rivoluzionando il mondo del lavoro.

Fino a pochi anni fa, la programmazione era considerata una delle professioni più sicure e con maggiore prospettiva: chi imparava a scrivere codice aveva praticamente la certezza di trovare un impiego, anche senza anni di esperienza alle spalle.

Oggi la situazione è radicalmente cambiata.

Con l’arrivo di strumenti di IA generativa capaci di produrre codice, individuare errori e persino sviluppare applicazioni complete, molte mansioni che prima erano affidate a programmatori alle prime armi vengono eseguite da algoritmi in pochi secondi. Si sta già mettendo in discussione la stessa essenza del linguaggio di programmazione: se un tempo era una scelta identitaria del programmatore, oggi che il codice viene generato da un’IA la lingua utilizzata perde gran parte della sua centralità.

I dati fotografano questa rivoluzione: in vari mercati, gli annunci di lavoro per programmatori sono crollati del 71% in un solo anno. Un tracollo che mette in discussione il percorso tradizionale di ingresso nel settore informatico. Al contrario, la domanda di profili senior non ha subito grandi scossoni, perché l’esperienza e la capacità di affrontare problemi complessi restano insostituibili.

Parallelamente, il mercato del lavoro si è spostato verso nuovi orizzonti. Crescono in modo esponenziale le ricerche di figure junior e specializzate in intelligenza artificiale, machine learning, data science e cybersecurity. La programmazione in sé non è più sufficiente: ciò che conta è la capacità di comprendere, progettare e governare sistemi intelligenti.

Eppure c’è un paradosso interessante. Se da un lato l’IA riduce le opportunità per i giovani programmatori, dall’altro rivaluta alcuni mestieri manuali. Lo stesso Jensen Huang, CEO di NVIDIA, ha sottolineato come ci sia oggi un grande bisogno di idraulici ed elettricisti per costruire i data center che alimentano l’intelligenza artificiale. In altre parole, mentre i “lavori digitali junior” sono sotto attacco, le professioni manuali godono ancora di una relativa protezione. Ma fino a quando? Quando la robotica sarà abbastanza matura, anche questi mestieri entreranno nel mirino dell’automazione.

Bill Gates sottolinea che il mestiere dei programmatori non scomparirà mai: serviranno sempre mani esperte per guidare e controllare l’intelligenza artificiale. Tuttavia, se i professionisti continueranno ad avere un ruolo, per i giovani l’ingresso nel mondo della programmazione diventa sempre più difficile: le aziende, quando possono, preferiscono affidarsi a un bot piuttosto che assumere un junior.

Il messaggio è chiaro: il futuro del lavoro non è finito, ma sta cambiando e velocemente.

La sfida per i ragazzi di oggi è capire dove conviene investire tempo ed energie per non essere superati dalla tecnologia in brevissimo tempo. Se ci fermiamo a riflettere, appena quattro anni fa – meno del tempo di una laurea magistrale – chi di noi avrebbe mai potuto immaginare uno scenario simile?

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A proposito di treni bloccati…

@Politica interna, europea e internazionale

In Germania, un’italiana di Bolzano prende in mano le rotaie delle ferrovie pubbliche. Evelyn Palla, manager cresciuta all’estero ma di chiare origini italiane, è stata nominata alla guida della Deutsche Bahn. Sarà la prima donna a dirigere il colosso tedesco, con un compito ben chiaro: rimettere sui binari un sistema ferroviario che da orgoglio



2025, una lunga estate (troppo) calda


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Nel corso del 2025, l’Europa ha di nuovo vissuto un’estate segnata da incendi devastanti e temperature record, con effetti che si intrecciano a disuguaglianze sociali e fragilità economiche. Dalle ondate di calore alla cooling poverty, il cambiamento climatico ha mostrato ancora una volta il suo
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Mauro in montagna reshared this.



Accidenti, il genocidio è già finito

@Politica interna, europea e internazionale

E ora, come la mettiamo con l’ipotesi genocidaria? Ora che Benjamin Netanyahu ha accettato un piano di pace che non prevede la deportazione dei palestinesi da Gaza, ma, al contrario, la nascita di un governo guidato da “palestinesi”, come potranno i teorici dell’orrida similitudine tra lo Stato di Israele e il Terzo Reich andare



Missili Houthi su nave cargo europea. Perché l’attacco riguarda tutti noi

@Notizie dall'Italia e dal mondo

Il Golfo di Aden, già da tempo teatro di tensioni, è tornato al centro delle cronache a seguito dell’attacco al cargo olandese Minervagracht. Colpita da missili Houthi e ridotta in fiamme, la nave è stata evacuata grazie all’intervento delle fregate europee della missione



MAROCCO. La Generazione Z scende in piazza


@Notizie dall'Italia e dal mondo
I giovani marocchini crescono in un mondo digitale ricco di immagini da ogni parte del mondo che mostrano diritti garantiti e standard di qualità. E li vogliono anche in Marocco
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Il rock della prigione
freezonemagazine.com/rubriche/…
“La guardia organizzò una festa nella prigione della contea, la band era lì e cominciò a darci dentro, la band stava saltando e tutti i carcerati cominciarono ad agitarsi, avreste dovuto sentire come cantavano quei perdenti uccellini in gabbia. Scateniamoci tutti quanti, scateniamoci tutti quanti nell’intero settore delle celle. Ballavano il Rock della Prigione“. In […]
L'articolo Il rock della pr
“La


Qualcuno/a di voi avrà letto che dopo le sanzioni americane contro Francesca Albanese lei aveva provato ad aprire un conto presso Banca Etica e che la banca non aveva potuto aprirglielo.

La spiegazione, in breve:

le banche che offrono servizi a individui o entità presenti nelle liste Ofac sono passibili di sanzioni civili (multe di milioni di dollari, confisca di fondi e asset delle persone sanzionate, etc.) e penali, restrizioni operative su tutta l’operatività in dollari di tutti i clienti, controlli più rigidi e audit da parte delle autorità, implementazione di programmi di compliance più severi che ne possono bloccare interamente l’operatività anche per lunghi periodi di tempo.


Per chi volesse approfondire invece:
altreconomia.it/perche-banca-e…

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rainews.it/articoli/2025/09/uc…

“Salvatore - dice ancora il prete - è una persona fragile, tranquilla. Un lavoratore, anche se in passato aveva sofferto di una depressione da cui era guarito”.

Poverino... mi fa una pena...

E invece della moglie e del figlio minorenne, uccisi a sassate, e della figlia in prognosi riservata con una frattura cranica, sempre per i colpi con un sasso, non abbiamo nulla da dire?

Loro non erano "grandi lavoratori"? Non erano persone tranquille? La loro salute com'era?

Loro non salutavano sempre?

E questa è la Rai, gente che dovrebbe avere un'infarinatura di come è opportuno raccontare i femminicidi, e invece... una professionalità da giornalino studentesco.



:: ACUFENI :: FASTIDI AURICOLARI CONTEMPORANEI #32


Nuove recensioni su :: acufeni ::
Questa settimana ci siamo persi (e ritrovati) tra post punk, elettronica, black metal e patchwork sonori fuori da ogni schema.

- Coded Marking – debutto impeccabile, forse fin troppo. Un album che avrebbe potuto gridare, ma sceglie di sussurrare.
- Giant Claw – libertà totale e ironia sonora: un patchwork che funziona come poche volte capita.
- Sea Mosquito – spiritualità oscura e critica alla modernità: psichedelia e black metal intrecciati in un lavoro imponente, anche se non perfetto.
- Siavash Amini – Caligo: la polvere dei bombardamenti a Teheran trasformata in un suono che fa male.
- Xeeland – Master Builder: drone e krautrock per costruire cattedrali di cemento sonoro, fredde e opprimenti.

#iyezine #inyoureyesezine #iyezine.com
iyezine.com/acufeni-fastidi-au…
@Musica Agorà



I sondaggi anonimi su Mastodon sono davvero anonimi? Beh, parliamone...

Riportiamo una sintesi di un post pubblicato un anno fa da @Terence Eden sulla questione dell'anonimato nei sondaggi di Mastodon, ma il post richiama l'attenzione sul fatto che tutto ciò che rende aperto il Fediverso rende necessaria una maggiore consapevolezza da parte degli utenti.

Quando voti in un sondaggio, il tuo server invia un messaggio al server dell'utente che ha creato quel sondaggio dicendo: "Sono l'utente @XXXX@YYY.ZZ e desidero votare per l'opzione X. Ecco una firma HTTP che conferma il mio messaggio."

Le specifiche Activitystreams relative ai sondaggi non sono definite benissimo e anche la documentazione di Mastodon è un po' vaga. Nessuno dei due affronta con chiarezza la questione della privacy.

C'è un eccellente post sul blog di @Humberto Rocha (Aprovecho la oportunidad... Hola Humberto, ¿podrías arreglar el enlace a tu cuenta de Mastodon en tu blog?) che analizza il sondaggio Mastodon in ActivityPub. Mostra chiaramente che un voto è solo un normale messaggio che viene trasmesso al server ricevente.

Servizi come Mastodon sono appositamente sviluppati per non permettere all'autore del sondaggio di vedere chi ha votato e per quale opzione.

Ma questa è solo una convenzione. Non c'è nulla di tecnico che impedisca di recuperare quel dato. Se quel dato esiste, allora c'è un modo per intercettarlo. Un server mastodon inaffiddabile o appositamente configurato per raccogliere dati può collegare le tue preferenze al tuo account

Pertanto, quando vedi un sondaggio su Mastodon, poniti sempre queste domande:

1) dichiarare una preferenza in quel sondaggio può danneggiarmi?
2) il server cui appartiene l'utente che lancia il sondaggio rispetta il GDPR oppure è un server extracomunitario? O, peggio, è un server comunitario senza privacy policy o con una privacy policy ricopiata da un altro server?

All'esposizione di un qualsiasi dato personale, infatti, corrisponde sempre una riduzione delle proprie difese.

Da chi potrebbe essere sfruttata questa caratteristica?

1) un attore che lo fa attraverso un server malevolo, appositamente configurato per raccogliere quetsi dati
2) un attore che lo fa attraverso un server che ha compromesso

Perché qualcuno dovrebbe sfruttare questa caratteristica?

1) per profilare il tuo account anonimo/pseudonimo e renderne più facile l'identificazione
2) per profilare te e il tuo account già correlato alla tua vera identità e colpirti dal punto di vista reputazionale (al tuo datore di lavoro piace avere dipendenti sotto l'attacco di una shitstorm?) o legale (pensa solo a come il governo degli USA sta rendendo illegali opinioni e comportamenti)

Se sei interessato a questi contenuti sul #Fediverso puoi seguire l'utente @Che succede nel Fediverso?; si tratta di un "gruppo activitypub" che simula i gruppi Facebook: quando lo segui, l'account ti ricondivide tutti i messaggi di chi lo menziona! Se vuoi scrivere un post sul Fediverso, ricordati di menzionare quell'utente alla fine del tuo nuovo messaggio

shkspr.mobi/blog/2024/09/no-ac…

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in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

La prima volta che ho fatto un sondaggio mi sono chiesto perché alla fine non mi dicesse chi aveva votato cosa, l'ho sempre trovato strano, mi è sempre stato evidente che "il sistema" avesse l'informazione e mi è sempre sembrato un difetto che questa informazione non fosse accessibile.

Concordo, se si vogliono sondaggi anonimi, l'anonimato va gestito a livello di protocollo. Non chiamerei neppure "malevolo" un server che mostri le informazioni che ha…
@humrochagf @Edent @fediverso

in reply to Pare 🚲 🌞

Comunque il programma che uso per il fediverso, quando scrivo messaggi diretti (privati? personali?) apre un riquadro per ricordarmi che non c'è alcuna vera garanzia di protezione.
Forse sarebbe bene mettere un messaggio del genere anche ogni volta che viene proposto di rispondere a un sondaggio?

Sui media della "concorrenza" non viene ricordato ad ogni piè sospinto che "il sistema registra molte più cose di quanto pensiate", ma qui val la pena farlo, no?
@humrochagf @Edent @fediverso

Questa voce è stata modificata (7 ore fa)
in reply to Pare 🚲 🌞

@Pare 🚲 🌞 @Humberto Rocha @Terence Eden

Forse sarebbe bene mettere un messaggio del genere anche ogni volta che viene proposto di rispondere a un sondaggio?

Sono d'accordo

Fediverso reshared this.

in reply to Pare 🚲 🌞

@Pare 🚲 🌞 il sondaggio deve restare "segreto", soprattutto per evitare effetti distorsivi sui partecipanti ed è giusto che resti "anonimo" perché fa parte del gioco. Ma il punto è che si tratta di un gioco, non di una votazione ufficiale 😅

@Humberto Rocha @Terence Eden

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Documents show that ICE has gone back on its decision to not use location data remotely harvested from peoples' phones. The database is updated every day with billions of pieces of location data.

Documents show that ICE has gone back on its decision to not use location data remotely harvested from peoplesx27; phones. The database is updated every day with billions of pieces of location data.#News


ICE to Buy Tool that Tracks Locations of Hundreds of Millions of Phones Every Day


Immigration and Customs Enforcement (ICE) has bought access to a surveillance tool that is updated every day with billions of pieces of location data from hundreds of millions of mobile phones, according to ICE documents reviewed by 404 Media.

The documents explicitly show that ICE is choosing this product over others offered by the contractor’s competitors because it gives ICE essentially an “all-in-one” tool for searching both masses of location data and information taken from social media. The documents also show that ICE is planning to once again use location data remotely harvested from peoples’ smartphones after previously saying it had stopped the practice.

Surveillance contractors around the world create massive datasets of phones’, and by extension people’s movements, and then sell access to the data to government agencies. In turn, U.S. agencies have used these tools without a warrant or court order.

“The Biden Administration shut down DHS’s location data purchases after an inspector general found that DHS had broken the law. Every American should be concerned that Trump's hand-picked security force is once again buying and using location data without a warrant,” Senator Ron Wyden told 404 Media in a statement.

💡
Do you know anything else about this contract or others? Do you work at Penlink or ICE? I would love to hear from you. Using a non-work device, you can message me securely on Signal at joseph.404 or send me an email at joseph@404media.co.

The ICE document is redacted but says a product made by a contractor called Penlink “leverages a proprietary data platform to compile, process, and validate billions of daily location signals from hundreds of millions of mobile devices, providing both forensic and predictive analytics.” The products the document is discussing are Tangles and Webloc.

Forbes previously reported that ICE spent more than $5 million on these products, including $2 million for Tangles specifically. Tangles and Webloc used to be run by an Israeli company called Cobwebs. Cobwebs joined Penlink in July 2023.

The new documents provide much more detail about the sort of location data ICE will now have access to, and why ICE chose to buy access to this vast dataset from Penlink specifically.

“Without an all-in-one tool that provides comprehensive web investigations capabilities and automated analysis of location-based data within specified geographic areas, intelligence teams face significant operational challenges,” the document reads. The agency said that the issue with other companies was that they required analysts to “manually collect and correlate data from fragmented sources,” which increased the chance of missing “connections between online behaviors and physical movements.”
A screenshot from the document.
ICE’s Homeland Security Investigations (HSI) conducted market research in May and June, according to the document. The document lists two other companies, Babel Street and Venntel, which also sell location data but which the agency decided not to partner with.

404 Media and a group of other media outlets previously obtained detailed demonstration videos of Babel Street in action. They showed it was possible for users to track phones visiting and leaving abortion clinics, places of worship, and other sensitive locations. Venntel, meanwhile, was for some years a popular choice among U.S. government agencies looking to monitor the location of mobile phones. Its clients have included ICE, CBP, and the FBI. Its contracts with U.S. law enforcement have dried up in more recent years, with ICE closing out its work with the company in August, according to procurement records reviewed by 404 Media.

Companies that obtain mobile phone location data generally do it in two different ways. The first is through software development kits (SDKs) embedded in ordinary smartphone apps, like games or weather forecasters. These SDKs continuously gather a user’s granular location, transfer that to the data broker, and then sell that data onward or repackage it and sell access to government agencies.

The second is through real-time bidding (RTB). When an advert is about to be served to a mobile phone user, there is a near instantaneous, and invisible, bidding process in which different companies vie to have their advert placed in front of certain demographics. A side-effect is that this demographic data, including mobile phones’ location, can be harvested by surveillance firms. Sometimes spy companies buy ad tech companies out right to insert themselves into this data supply chain. We previously found at least thousands of apps were hijacked to provide location data in this way.

Penlink did not respond to a request for comment on how it gathers or sources its location data.
playlist.megaphone.fm?p=TBIEA2…
Regardless, the documents say that “HSI INTEL requires Penlink's Tangles and Weblocas [sic] an integral part of their investigations mission.” Although HSI has historically been focused on criminal investigations, 90 percent of HSI have been diverted to carry out immigration enforcement, according to data published by the Cato Institute. Meaning it is unclear whether use of the data will be limited to criminal investigations or not.

After this article was published, DHS Assistant Secretary Tricia McLaughlin told 404 Media in a statement “DHS is not going to confirm or deny law enforcement capabilities or methods. The fact of the matter is the media is more concerned with peddling narratives to demonize ICE agents who are keeping Americans safe than they are with reporting on the criminals who have victimized our communities.” This is a boilerplate statement that DHS has repeatedly provided 404 Media when asked about public documents detailing the agency’s surveillance capabilities, and which inaccurately attacks the media.

In 2020, The Wall Street Journal first revealed that ICE and CBP were using commercially smartphone location data to investigate various crimes and for border enforcement. I then found CBP had a $400,000 contract with a location data broker and that the data it bought access to was “global.” I also found a Muslim prayer app was selling location data to a data broker whose clients included U.S. military contractors.

In October 2023, the Department of Homeland Security (DHS) Inspector General published a report that found ICE, CBP, and the Secret Service all broke the law when using location data harvested from phones. The oversight body found that those DHS components did not have sufficient policies and procedures in place to ensure that the location data was used appropriately. In one case, a CBP official used the technology to track the location of coworkers, the report said.

The report recommended that CBP stop its use of such data; CBP said at the time it did not intend to renew its contracts anyway. The Inspector General also recommended that ICE stop using such data until it obtained the necessary approvals. But ICE’s response in the report said it would continue to use the data. “CTD is an important mission contributor to the ICE investigative process as, in combination with other information and investigative methods, it can fill knowledge gaps and produce investigative leads that might otherwise remain hidden. Accordingly, continued use of CTD enables ICE HSI to successfully accomplish its law enforcement mission,” the response at the time said.

In January 2024, ICE said it had stopped the purchase of such “commercial telemetry data,” or CTD, which is how DHS refers to location data.

Update: this piece has been updated with a statement from DHS.


#News #x27


La UE sta per svuotare di significato il consenso sui cookies. L'analisichiarissima di @Matteo G.P. Flora

@Etica Digitale (Feddit)

Addio ai fastidiosi popup? Sì, ma il rischio è perdere davvero il controllo sui tuoi dati: il consenso diventa un click nascosto nelle impostazioni, e il tracciamento dei big del web vola. Secondo la Commissione Europea, questa mossa dovrebbe alleggerire del 25% il peso normativo, ma il consenso informato rischia di diventare solo una formalità.

Se passa, potresti non dover più cliccare niente… ma tutto quello che viene tracciato su di te finirà direttamente nei data center delle Big Tech, pronto per essere venduto e sfruttato senza il tuo reale permesso.

Vale davvero la pena scambiare meno fastidi per meno libertà digitale? Sei pro semplificazione o pro trasparenza?

youtu.be/tDRlipjE2W0

in reply to The Privacy Post

ricordo che i banner sono fastidiosi e scomodi perché sono stati progettati (da Big Tech, non dalla CE) per essere fastidiosi e scomodi.

Ciccio dell’Oca reshared this.



Riceviamo e pubblichiamo: Ministero della Salute Palestinese – Gaza
Rapporto statistico quotidiano sulle vittime e i feriti dell’aggressione israeliana alla Striscia di Gaza
Aggiornato al 30 settembre 2025
Ultime 24 ore:
• Sono arrivati agli ospedali della Striscia di Gaza 42 martiri e 190 feriti.
• Numerose vittime rimangono ancora sotto le macerie o per le strade, impossibili da raggiungere a causa dell’intensità dei bombardamenti e del collasso dei servizi di soccorso e protezione civile.

Bilancio complessivo dell’aggressione (dal 7 ottobre 2023):
• Totale martiri: 66.097
• Totale feriti: 168.536
Bilancio dal 18 marzo 2025 ad oggi:
• Martiri: 13.229
• Feriti: 56.495

Vittime tra coloro che cercavano aiuti umanitari (“martiri del pane”):
• Nelle ultime 24 ore, sono arrivati agli ospedali 5 martiri e 56 feriti mentre tentavano di accedere agli aiuti alimentari.
• Il bilancio totale sale a:
➤ 2.576 martiri
➤ Oltre 18.873 feriti

Morti per fame e malnutrizione:
Secondo i dati ufficiali del Ministero della Salute a Gaza:
• Il numero totale delle vittime causate dalla carestia e dalla malnutrizione ha raggiunto 453 martiri, tra cui 150 bambini.
• Dalla dichiarazione ufficiale di carestia da parte dell’IPC (Integrated Food Security Phase Classification), sono stati registrati:
➤ 175 decessi, tra cui 35 bambini, fino alla data odierna.

Appello urgente:
Il Ministero della Salute e le autorità palestinesi rinnovano l’appello alla comunità internazionale, alle organizzazioni umanitarie e ai media affinché:
• Si imponga un cessate il fuoco immediato e duraturo
• Si garantisca l’ingresso sicuro e incondizionato degli aiuti umanitari
• Si denunci pubblicamente l’uso della fame come arma di guerra, in flagrante violazione del diritto internazionale umanitario

Questo rapporto è pubblicato a fini di documentazione, trasparenza e per sollecitare un’azione urgente da parte della comunità internazionale.
Ministero della Salute Palestinese – Gaza
30 settembre 2025

Gazzetta del Cadavere reshared this.



The Secretary of War lectured America’s generals on fitness standards, beards, and warriors for an hour.#News #military


In Unhinged Speech, Pete Hegseth Says He's Tired of ‘Fat Troops,’ Says Military Needs to Go Full AI


Last week, Secretary of War Pete Hegseth called America’s Generals to Quantico to meet for an unknown reason. America’s top civilian military leader calling the generals home all at once is strange and unprecedented. It’s the kind of move that often presages something like a major war. But that’s not what he wanted. During a bizarre, unhinged speech before America’s military leadership, Hegseth focused almost entirely on the culture wars and called for the restoration of what he called a “warrior ethos.” He said some of America’s generals are fat, demanded the Pentagon go all in on AI, whined about beards and accountability, told the troops they “kill people and break things for a living,” and plugged his book.

“The speech today is about the nature of ourselves,” Hegseth said. For the next hour, before setting up President Trump for remarks, Hegseth spoke about a new American military that will shave its beards, reduce the number of women in combat, and focus on killing. “To our enemies: FAFO. If necessary, our troops can translate that for you. Peace through strength, brought to you by the warrior ethos.”(FAFO means fuck around and find out.)
playlist.megaphone.fm?p=TBIEA2…
An earlier theme of the speech was more and faster. “This urgent moment, of course, requires more troops, more munitions, more drones, more [Patriot missiles], more submarines, more B-21 bombers,” Hegseth said. “It requires more innovation, more AI in everything and ahead of the curve, more cyber effects, more counter [unmanned aerial systems], more space, more speed. America is the strongest, but we need to get stronger and quickly.”

The alarming speech took most of the attention of social media Tuesday morning and comes at a time where Donald Trump has deployed troops in American cities, has threatened to invade Portland, and told the military they should use American cities as a “training ground.” Hegseth himself has been said to be more or less having a meltdown, according to reporting by The Daily Mail.

The Pentagon has been all in on AI and drones for years now, but it hasn’t gone well. Last week, The Wall Street Journal reported that the Pentagon is struggling to deploy AI weapons and is worried about catching up to China. A Biden era initiative called Replicator was meant to help bridge the gap between dreams and reality, but hasn’t worked fast enough for its critics. So the Pentagon is turning the project over to Special Operations Command—the part of the Pentagon in charge of its operators—under a new division called Defense Autonomous Warfare Group (DAWG). This means that the military leaders who run SEAL Team Six will soon be in charge of getting AI controlled drone swarms to the troops.

Much of Hegseth’s speech was about aesthetics and fitness. For him, a return to the “warrior ethos” meant never seeing a fat general or admiral ever again. “Every member of the joint force at any rank is required to take a PT test twice a year as well as meet height and weight requirements twice a year, every year of service,” he said. “Also today, at my direction, every warrior across our joint force is required to do PT every duty day. Should be common sense…but we’re codifying it. And we’re not talking hot yoga and stretching. Real hard PT, either as a unit or an individual. At every level, from the Joint Chiefs to everyone in this room to the lowest private.”

“It all starts with physical fitness and appearance,” Hegseth said. “If the Secretary of War can do regular, hard PT, so can every member of our joint force. Frankly, it's tiring to look out at combat formations, or really any formation, and see fat troops. Likewise, it's completely unacceptable to see fat generals and admirals in the halls of the Pentagon and leading commands around the country in the world, it's a bad look. It is bad and it's not who we are.”

Hegseth’s aesthetic concerns extended to facial hair. “This also means grooming standards. No more beards. Long hair. Superficial individual expression. We’re going to cut our hair, shave our beards, and adhere to standards. It’s like the broken windows theory of policing. When you let the small stuff go, the big stuff eventually goes. So you have to address the small stuff,” he said.

There was, of course, a carve out for America’s operators. “ If you want a beard you can join Special Forces. If not, then shave. We don’t have a military full of Nordic Pagans. At my direction, the era of unprofessional appearance is over. No more beardos. The era of rampant and ridiculous shaving profiles is done.”

Beards may seem like small stuff in the grand scheme of things, but it’s a hot topic among military recruits. Over the past few years, military recruits have fought and won exemptions for grooming standards based on their religion, often in court. A federal court told the Marine Corps it couldn't force Sikh recruits to shave in 2022. There’s also medical issues. Men with pseudofolliculitis barbae, a condition that causes painful ingrown hairs and razor burn after shaving, have gotten long gotten waivers to exempt them from shaving in the military. Around 60 percent of black men have pseudofolliculitis barbae.

💡
Do you know anything else about this story? I would love to hear from you. Using a non-work device, you can message me securely on Signal at +1 347 762-9212 or send me an email at matthew@404media.co.

Hegseth made it clear that these new conditions mean there will be fewer women on the frontlines and in physically demanding roles. “I don’t want my son serving alongside troops who are out of shape or in combat units with females who can’t meet the same combat arm physical standards as men,” he said. “When it comes to any job that requires physical power to perform in combat, those physical standards must be high and gender neutral. If women can make it excellent,” he said. “If not, it is what it is. If that means no women qualify for some combat jobs. So be it, that is not the intent, but it could be the result.”

The Secretary also said he would end the tyranny of accountability in the military. “We are overhauling an Inspector General process, the IG that has been weaponized, putting complainers, ideologues and poor performers in the driver's seat,” he said. “We're doing the same with the Equal Opportunity and Military Equal Opportunity policies. The EO and MEO at our department. No more frivolous complaints, no more anonymous complaints, no more repeat complaints. No more smearing reputations. No more endless waiting. No more legal limbo. No more side-tracking careers, no more walking on eggshells.”

Pentagon acting Inspector General Steven Stebbins is currently investigating Hegseth over his use of an unsecured Signal clone to plan military operations.

A modern military is a technological and logistics machine. A warrior takes many shapes and, if Hegseth wants to go all in on cyber, drones, and AI, then harsh grooming standards and increased physical fitness requirements will cut off many of the brightest minds who could help him fulfill that goal.

That doesn’t seem to matter to Hegseth and Trump as much as aesthetics does. Towards the end of his speech, the Secretary said the Pentagon lost its way. Then he plugged his 2024 book The War on Warriors. “We became the woke department, but not anymore. No more identity months, DEI offices, dudes in dresses. No more climate change worship. No more division, distraction, or gender delusions. No more debris. As I’ve said before and will say again: we are done with that shit,” he said.

“You might say we’re ending the war on warriors. I hear someone wrote a book about that.”











IL PARLAMENTO METTA UN FRENO ALLA CONCENTRAZIONE DI POTERI NELLE MANI DI GUALTIERI


Oggi pomeriggio abbiamo depositato alla Camera dei deputati 24 mila firme che chiedono la fine dei poteri speciali di Gualtieri che beneficia di una concentrazione di potere senza precedenti cumulando ruolo e funzioni di Sindaco di Roma, di Sindaco della Città metropolitana e di Commissario straordinario di governo al Giubileo con poteri illimitati in materia di rifiuti. Come è arcinoto, i poteri straordinari relativi ai rifiuti sono attributi per affrontare l’afflusso dei pellegrini del Giubileo 2025 che però è sta per finire. Poteri concentrati nelle mani di Gualtieri che, da subito, li ha utilizzati in spregio alle normative di settore anche di derivazione europea per impianti che con il Giubileo non c’entrano quindi nulla e rispetto ai quali, come nel caso dell’inceneritore, in campagna elettorale si era pubblicamente dichiarato contrario in un confronto con lo sfidante Calenda.

Oggi pomeriggio davanti al Palazzo di Montecitorio abbiamo innalzato lo striscione che riafferma davanti alla Camera dei deputati che, con il Senato, approva le leggi il principio costituzionale per il quale tutti sono eguali davanti alla legge. Non a Roma dove da tre anni esatti non è così perché Roberto Gualtieri in quanto Commissario con poteri speciali può impunemente violare le leggi. Questo accade perché finora non abbiamo trovato un giudice coraggioso capace di portare la norma attributiva dei poteri davanti alla Corte costituzionale.

Allora siamo quindi tornati alla Camera, presto torneremo al Senato perché quella norma il Parlamento l’ha scritta e il Parlamento dovrà cambiarla perché una concentrazione di potere nelle mani di uno solo viola il principio democratico e non può quindi più essere tollerata laddove ci si riconosca nei principi della Costituzione della Repubblica italiana.

Con noi oggi c’erano e hanno preso lo striscione i deputati Francesco Emilio Borrelli, Filiberto Zaratti e Andrea Volpi, Sindaco di Lanuvio, unitamente ai Sindaci di Albano, Massimiliano Borelli, di Ardea, Maurizio Cremonini, di Ariccia Gianluca Staccoli e di Genzano Carlo Zoccolotti. I consiglieri regionali Alessandra Zeppieri e Adriano Zuccala, i consiglieri comunali di Albano Salvatore Tedone, di Pomezia Giacomo Castro e Luisa Navisse e Marco Cerisola consigliere del Municipio IX.

L’Unione dei Comitati contro l’inceneritore



Il messaggio di Nave Alpino alla Global Sumud Flotilla


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Questo pomeriggio la nave Alpino della Marina Militare italiana, che segue la flotta, ha diramato un avviso ufficiale a tutte le imbarcazioni, dichiarandosi disponibile ad accogliere ogni persona che manifesti



#Gaza, una trappola chiamata pace


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Il campo profughi di Jenin. Il reportage sulla Cisgiordania


@Giornalismo e disordine informativo
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Si conclude con il campo profughi di Jenin il reportage esclusivo per Articolo 21 di Sandra Cecchi, giornalista Rai (ex TG2) di ritorno dai Territori occupati. Quel che resta del campo profughi di